cereali (la base dell’alimentazione degli europei). Si susseguirono così ripetute carestie che affamarono e indebolirono le popolazioni. L’Europa dell’assolutismo Irlanda R E G NO D ’I N G H I LT E R R A M I M P E R O Livonia Riga R U S S O Mosca PRUSSIA REGNO Brandeburgo Du Paesi Varsavia Colonia c Bassi Sassonia . d Spagnoli IMPERO GERMANICOi Sle sia istola V Parigi Palatinato Boemia Moravia Württenberg ia Loira er Baviera Vienna gh Franca REGNO DI Contea Austria CONF. Budapest FRANCIA ELVETICA Tirolo D I P O LO N I A Kijev nn Se Atlantico Dne pr Siviglia ro R E G NO D I S PAG N A Eb Lisbona Barcellona Corsica DELLA CHIESA Sardegna Baleari Mare REP. DI GENOVA GRAND. DI TOSCANA STATO Transilvania Moldavia gn o d’ Un a Avignone REGNO DI PORTOGALLO Ta Madrid go DUC. DI Duc. di REP. DI SAVOIA Milano VENEZIA Volga a r DUCATO DI Pomerania PROVINCE UNITE Londra tic o Edimburgo al M a re DI DANIMARCA d el Nord E NORVEGIA Novgorod Estonia Stoccolma B REGNO DI SCOZIA Oceano REGNO DI SVEZIA REGNO Re Belgrado Valacchia Mar Nero ubio Dan Costantinopoli I M P E R O O T T O M A N O Mediterraneo Sicilia Domini degli Asburgo di Spagna Atene Creta Cipro Domini degli Asburgo d’Austria L’Europa dopo la pace di Westfalia (1648) 13.1 L’economia europea nel Seicento La crisi demografica ed economica nella prima metà del Seicento La prima metà del Seicento in Europa fu segnata da una pesante recessione economica, che penalizzò in modo particolare i principali paesi dell’area mediterranea, la Germania e l’Europa centrale. Gli storici individuano la causa principale di questa crisi nel netto decremento demografico che colpì proprio quei paesi, e che non interessò se non in modo limitato le aree più dinamiche del • Si riaffacciò con violenza il flagello della peste, che già aveva decimato la popolazione nel Trecento. Le epidemie colpirono soprattutto le aree dove le popolazioni erano già indebolite dalle ricorrenti carestie: in particolare Germania, Italia e Spagna. continente: Francia, Olanda e Inghilterra. Le cause di questa debolezza demografica a loro volta vanno individuate principalmente in alcuni fenomeni eccezionali che si verificarono nella prima metà del secolo: • Tra il 1618 e il 1648 Austria, Boemia e Germania furono investite dalla Guerra dei Trent’Anni, l’ultima grande «guerra di religione», tra principati protestanti e cattolici: un conflitto che devastò a lungo le campagne di quei paesi e portò a stragi, confische dei raccolti e un diffuso clima di insicurezza. • Nella prima metà del secolo si verificò un consistente raffreddamento del clima, che colpì soprattutto le colture di Il calo della popolazione determinò dunque una riduzione netta della domanda di beni primari e, di conseguenza, un crollo della produzione agricola. E questo accadde in economie in cui il settore agricolo ricopriva ancora un ruolo preponderante. Questi eventi straordinari si innestavano però su elementi di strutturale debolezza del sistema produttivo europeo. Per tutto il Cinquecento l’economia del continente aveva goduto di una fase di sviluppo. Essa era stata favorita dalla disponibilità di metalli preziosi e beni provenienti dalle colonie latinoamericane, dal relativo livello di stabilità nella produzione agricola e dall’attivismo industriale e commerciale di diverse aree del continente: l’Italia (ancora al centro degli scambi con l’Oriente), l’Olanda e l’Inghilterra (potenze marittime emergenti), la Spagna e il Portogallo, protagoniste delle esplorazioni e delle prime conquiste coloniali. Uno sviluppo che tuttavia aveva favorito solo uno strato piuttosto ristretto delle società europee: la nobiltà dei grandi proprietari terrieri e la borghesia mercantile. La grande massa dei contadini e degli operai salariati non aveva invece affatto migliorato le proprie condizioni di vita. Al contrario, l’incremento della popolazione (che caratterizzò tutto il Cinquecento) aveva aumentato la disponibilità di manodopera, determinando così una riduzione dei salari; a loro volta, l’aumento della domanda conseguente all’aumento demografico e la rilevante liquidità circolante (favorita dalla grande disponibilità di metalli preziosi, in particolare argento, con cui venivano coniate le monete) avevano portato alla crescita dei prezzi anche dei generi di prima necessità. In altre parole l’economia cinquecentesca – pur in pieno sviluppo – aveva posto le basi per un generale impoverimento della popolazione. Il carnevale a Roma in un dipinto del XVII sec. L’evoluzione demografica nella prima metà del Seicento (valori in milioni di abitanti) 25 20 15 10 5 0 Scandinavia Isole britanniche 1600 Francia Germania Austria, Boemia, Spagna, Ungheria Portogallo 1490 Balcani 1650 © Loescher Editore – Torino 274 Italia © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 275 3 13 Le origini dell’Europa moderna Diego Velasquez, La resa di Breda, 1635, Madrid, Museo del Prado. Bovini al pascolo in una stampa del XVII sec. La permanente arretratezza dell’agricoltura in alcune aree del continente La crisi colpì in particolare le aree rurali, dove l’impoverimento della popolazione era più evidente, ma, come abbiamo detto, non allo stesso modo in tutte le aree del continente. Nei paesi dell’area mediterranea e in Europa centrale l’agricoltura versava infatti in uno stato di permanente arretratezza. In primo luogo, in queste aree, caratterizzate dalla monocoltura dei cereali, i terreni risultavano ormai impoveriti da decenni di sfruttamento intensivo e per questo erano molto più esposti alle avversità climatiche che caratterizzarono il Seicento. Proprio in questi paesi si verificarono le carestie più devastanti, che invece furono rare nelle aree a maggiore diversificazione delle colture (ad esempio Inghilterra, Olanda e Francia settentrionale). In secondo luogo, ai primi segnali della crisi spesso i proprietari terrieri rinunciarono agli investimenti commerciali per tornare a vivere passivamente delle rendite dei fondi. Inoltre, per ovviare al calo di profitti causato dal crollo della domanda e dal calo dei prezzi, essi cercarono di imporre ai contadini condizioni particolarmente dure (canoni di affitto più alti, prestazioni d’opera gratuite, limitazioni della libertà personale). Si giunse così in alcuni casi a un vero e proprio fenomeno di «rifeudalizzazione» delle aree rurali (in particolare nei paesi mediterranei e in Europa orientale), e qui molti contadini ritornarono alla condizione di servi della gleba, legati a vita al proprietario terriero. La decadenza della Spagna Tra gli Stati che nel corso del Seicento videro tramontare la loro potenza economica (e con essa anche gran parte della loro influenza politica) menzione particolare merita la Spagna. Lo Stato iberico era stato nel Cinquecento il fulcro dell’espansione commerciale europea e con le sue risorse aveva finanziato la dispendiosa politica imperialista di Carlo V e Filippo II, e le guerre contro l’espansione turca nel Mediterraneo e contro i ribelli dei Paesi Bassi. All’inizio del Seicento la Spagna ricopriva ancora un ruolo di primo piano a livello internazionale (con importanti possedimenti in Italia e nelle Fiandre) e poteva contare sul supporto delle colonie del Nuovo Mondo. Tuttavia, l’altissima pressione fiscale imposta ai territori controllati e il continuo afflusso di metalli preziosi e altre merci dall’America (insidiato sempre più delle navi corsare inglesi) non riuscivano a compensare la mancata evoluzione del sistema produttivo e commerciale del paese, e anzi erano in parte causa dell’immobilismo della classe dirigente iberica. L’economia era inoltre appesantita da un’agricoltura arretrata, da un insufficiente sviluppo delle manifatture e da un sistema di prelievo fiscale inefficiente e iniquo (perché gravante soprattutto sui più poveri e sull’esigua borghesia mercantile sviluppatasi sulle coste meridionali e in Aragona). In più occasioni (1596, 1607, 1627, 1645) lo Stato fu costretto dichiarare bancarotta, non riuscendo a onorare i debiti. In queste condizioni divenne sempre più difficile per la Spagna contrastare lo sviluppo delle potenze commerciali sue concorrenti: Olanda e Inghilterra. Nei primi decenni del secolo, una vittoria decisiva contro l’Olanda sembrava ancora possibile. Infatti, per limitare l’autonomia e lo sviluppo di quella che a Madrid veniva ancora considerata una «provincia ribelle», nel 1621 era stata decisa una ripresa della guerra. Il conte di Olivares, potentissimo ministro delle Finanze del re Filippo IV (16211665), era un convinto sostenitore della necessità di restaurare la potenza della Spagna. Egli cercò di trovare le risorse economiche necessarie per la nuova guerra contro gli olandesi attraverso un accordo con i banchieri genovesi: costoro accordarono allo Stato spagnolo i prestiti richiesti, ottenendo come garanzia la promessa di partecipare ai vantaggi economici che la vittoria spagnola avrebbe portato (vittoria che peraltro non venne). Olivares fu di fatto il vero detentore del potere fino al 1643, e volle riformare, almeno in parte, il sistema fiscale spagnolo, dando inoltre vigore e accentramento all’amministrazione del paese e delle colonie. La sua politica sostanzialmente si risolse in un fallimento e provocò rivolte in diverse autonomie regionali (Castiglia, Aragona). La partecipazione alla Guerra dei Trent’Anni prosciugò infine definitivamente le risorse dello Stato spagnolo. Il Seicento è stato definito il siglo de oro («secolo d’oro») della Spagna, in virtù dell’innegabile forza e dell’apparente prosperità dello Stato iberico. Tuttavia, dalla metà del secolo emerse con chiarezza il declino di uno Stato fondamentalmente arretrato e incapace di reggere la concorrenza delle potenze marittime del Nord. Le nuove potenze emergenti: Inghilterra e Olanda Ben altro sviluppo conobbero, soprattutto a partire dalla seconda metà del Seicento (e in maniera straordinaria nel Settecento), le economie di Olanda e Inghilterra. Alla base di questo crescente successo ci furono anzitutto la riorganizzazione dell’agricoltura e della produzione artigianale e manifatturiera. In questi due paesi (e in parte anche in Francia e in Italia del Nord) i proprietari agricoli reagirono alla situazione di crisi intensificando gli investimenti per differenziare le colture: in particolare furono potenziate quelle industriali (lino e canapa), che alimentavano un’industria in piena espansione. Anche le tecniche agricole vennero modernizzate e la manodopera di contadini liberi salariati fu sempre più largamente utilizzata. P. P. Rubens, Apoteosi di re Giacomo I, 1632-34, Londra, Banqueting House. © Loescher Editore – Torino 276 1490 L’Europa dell’assolutismo © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 277 3 13 Le origini dell’Europa moderna La principale novità fu rappresentata dalla razionalizzazione dello sfruttamento delle terre, in particolare in Inghilterra. Qui, infatti, si diffuse il sistema delle enclosures («recinzioni»): le terre che per tutto il Medioevo erano state lasciate libere e dove i contadini dei villaggi potevano pascolare il loro bestiame o raccogliere frutti e legname furono progressivamente racchiuse in proprietà private. Questo processo portò al rafforzamento dei medi proprietari terrieri, che da passivi gestori di rendite agricole regolate da accordi con le popolazioni locali, si trasformarono in imprenditori agricoli intenzionati a investire nello sviluppo e a ottenere il massimo reddito dalle loro proprietà. Si sviluppò inoltre una classe sociale in parte nuova: quella dei mercanti che investivano i loro crescenti guadagni nell’acquisto di terre che poi gestivano con la stessa mentalità imprenditoriale sviluppata nel settore commerciale. I mercanti-imprenditori divennero i nuovi motori dell’economia. Essi, per esempio, diedero impulso alla coltivazione di lino e canapa per poi usare la materia prima nelle industrie tessili. Oppure incrementarono, nei loro ampi pascoli recintati, l’allevamento delle pecore per ottenere lana da usare sempre nelle medesime manifatture tessili. I nuovi proprietari terrieri erano quindi in prima persona interessati allo sviluppo del settore manifatturiero, in particolare tessile. Essi, quindi, si fecero promotori del primo sviluppo dell’industria. con l’attività manifatturiera e lo facevano in cambio di salari più bassi di quelli stabiliti dalle corporazioni degli operai tessili di città. Il lavoro veniva pagato «a cottimo» (cioè in base alla quantità di pezzi prodotta) e così si otteneva il massimo da ogni unità produttiva. La produzione industriale aumentò, ma divenne sempre più evidente la necessità di concentrare il lavoro in grandi opifici, cioè in manifatture accentrate con un alto numero di operai che avrebbero consentito un’ulteriore crescita produttiva: i prototipi di quelle che sarebbero diventate le grandi industrie. La manodopera necessaria fu fornita dal crescente numero di contadini che il sistema delle enclosures aveva impoverito e spinto a cercare una diversa occupazione. La presenza di mercanti-imprenditori, di un’agricoltura moderna e di manodopera sempre più disponibile e attiva nelle industrie a domicilio costituirono dunque la base, a partire proprio dall’Inghilterra, del primo sviluppo dell’industria moderna. La definitiva riorganizzazione del commercio mondiale Alla base della ripresa demografica, della riorganizzazione produttiva e del rinnovato slancio economico di Inghilterra e Olanda (e almeno in parte della Francia) ci fu la defini- La nascita delle «industrie a domicilio» Quando all’inizio del Settecento le popolazioni di Inghilterra, Olanda e Francia ripresero a crescere, si verificò un incremento della richiesta di beni primari. L’aumento della domanda interna e lo sviluppo dei commerci stimolarono allora il passaggio dalla tradizionale produzione artigianale dei beni (concentrata nei laboratori di città) al nuovo sistema dell’industria a domicilio, che coinvolgeva le famiglie di campagna. Il mercante-imprenditore, che possedeva le materie prime e poteva fornire alle famiglie dei contadini i macchinari per la produzione (per esempio i telai per la tessitura), distribuiva il lavoro in più case di contadini. Costoro accettavano di arrotondare i loro guadagni nel lavoro dei campi J. Reynolds, George Clive e la sua famiglia con una fantesca indiana, 1765-66, Berlino, Gemaldegalerie. Le rotte del commercio mondiale alla fine del Seicento Acapulco New York Québec L’Avana Guadalupa Nuova Amsterdam Lima Macao Canton Manila Calcutta Londra Lisbona Amsterdam La Rochelle Pondicherry Bombay Batavia Cadice Caienne Accra Rio de Janeiro Bahia Buenos Aires Sofala Città del Capo tiva riorganizzazione del commercio mondiale, inaugurata dalle scoperte geografiche del Quattrocento e del Cinquecento e dalle importazioni di Spagna e Portogallo. D7 Nel corso del Seicento l’area del Mediterraneo perse definitivamente la sua centralità nel sistema degli scambi con l’Oriente a favore delle rotte commerciali che partivano dall’Oceano Atlantico. D8 Nello sfruttamento di queste rotte Inghilterra, Olanda e Francia erano favorite dalla loro posizione geografica, mentre la decadenza di Spagna e Portogallo apriva loro ampie possibilità di sviluppo verso l’America del Nord e gli oceani Indiano e Pacifico. Inghilterra, Olanda e, con qualche ritardo, la Francia potenziarono le loro flotte e istituirono grandi compagnie commerciali, che poi incentivarono con la concessione di monopoli su alcune merci (zucchero, tabacco, tè) e garantendo lo sfruttamento esclusivo di alcune aree geografiche. Ricordiamo, per la loro importanza, la Compagnia inglese delle Indie Orientali (1600), la Compagnia olandese delle Indie Orientali (1602), la Compagnia olandese delle Indie Occidentali (1614). Si trattava di compagnie formate da imprenditori privati che investivano i propri capitali non solo per poter sfruttare di traffici sempre più intensi, ma anche per conquistare basi commerciali e vere e proprie colonie. Direttrici economiche portoghesi spagnole inglesi francesi olandesi altri Le autorità politiche favorirono in ogni modo i commerci delle proprie compagnie: in primo luogo costruirono porti e cantieri, difesero con la flotta militare e con gli eserciti le basi commerciali e le prime colonie in America settentrionale, in India, nel Sudest asiatico e nel Pacifico; in secondo luogo attuarono politiche protezionistiche, imponendo tasse sulle merci trasportate da mercanti di altri paesi o prodotte in altri paesi e poi importate. Nella seconda metà del Seicento, il commercio internazionale era ormai in mano alle potenze del Nord Europa: poco restava del tradizionale predominio dell’Italia e della più recente egemonia spagnola e portoghese. In particolare, Olanda e Inghilterra divennero anche protagoniste del cosiddetto «commercio triangolare», con il quale si esportavano merci europee in tutto il mondo, si importavano materie prime dalle Americhe e dalle colonie d’Asia e si commerciava in schiavi dall’Africa alle Americhe. © Loescher Editore – Torino 278 1490 L’Europa dell’assolutismo Dossier 7 p. 340 Dossier 8 p. 342 Disegno di vascello olandese, il fluyt: la più importante nave mercantile del XVII secolo, giocò un ruolo fondamentale per l’espansione commerciale delle Fiandre. © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 279 13 Le origini dell’Europa moderna PROVINCE UNITE Montagna Bianca (1620) Praga Palatinato Boemia Vienna Baviera Austria CONF. SVIZZERA Possedimenti degli Asburgo di Spagna Possedimenti degli Asburgo d’Austria B REGN OD IU NG H Vienna E Nordingen (1634) Interventi asburgici Interventi asburgici o PROVINCE Brandeburgo UNITE Osnabrück Münster Sassonia Rocroi (1643) Boemia REGNO DI FRANCIA Alsazia Baviera CONF. SVIZZERA Interventi francesi r B a REGNO DI POLONIA A RI Interventi asburgici © Loescher Editore – Torino 1490 Ma E A RI ic REGNO DI DANIMARCA Trattati di Westfalia REGNO DI POLONIA CONF. SVIZZERA 280 ti Baviera Austria IA NG H ar Praga Interventi svedesi R E G NO DI F RA NCIA Mare del Nord t al Lützen (1632) J. Callot, Miserie e disgrazie: distruzione e incendio di un villaggio, 1633: incisione raffigurante un episodio della Guerra dei Trent’Anni. Praga Boemia La fase francese (1635-1648) M PROVINCE UNITE FRANCIA REGNO DI POLONIA Lutter Dessau Interventi danesi Aree di Guerra Nord REGNO DI al Interventi asburgici REGNO DI DANIMARCA del PROVINCE UNITE B ar M CONF. SVIZZERA La fase svedese (1630-1635) Mare co Nord REGNO DI POLONIA REGNO DI FRANCIA REGNO DI DANIMARCA ER r del NG H Ma B Mare lt Nord al R EG REGNO DI DANIMARCA del NO DI U co Mare La fase danese (1625-1629) REGN OD IU 2)La fase danese (1625-1629). La dura repressione cattolica che seguì la vittoria degli Asburgo scatenò l’ostilità dei principati e dei regni protestanti. Nel 1625 il re Cristiano IV di Danimarca, appoggiato e finanziato da Inghilterra, Olanda e Francia, entrò in guerra contro l’Austria. Egli tuttavia subì pesanti sconfitte da parte delle truppe imperiali cattoliche e nel 1629 dovette accettare un accordo e uscire dal conflitto per evitare di perdere importanti territori. Ferdinando II d’Asburgo poté così imporre in tutta la Germania un «editto di restituzione», con il quale si obbligavano i principi protestanti a restituire alla Chiesa cattolica i beni ad essa espropriati dopo la Riforma. Sembrò che il mondo protestante tedesco fosse sul punto di crollare. La fase boemo-palatina (1618-1625) ti 1)La fase boemo-palatina (1618-1625). Reagendo alla rivolta, l’imperatore si alleò con la Spagna e la Polonia, attaccò i protestanti boemi, sostenuti dal principe elettore del Palatinato (protestante), e li sconfisse nel 1620 nella battaglia della «Montagna Bianca» (presso Praga). Dopo la sconfitta, la Boemia fu sottoposta a una dura repressione e anche il Palatinato fu riportato con la forza al cattolicesimo. L’Europa dell’assolutismo 4)La fase francese (1635-1648). Venne così il turno della Francia, dove il re Luigi XIII e il suo primo ministro Richelieu (un cardinale e quindi esponente della Chiesa cattolica) intendevano impedire che austriaci e spagnoli affermassero la propria supremazia sul continente. Anche se si trattava di uno Stato cattolico, la Francia decise quindi di muovere guerra contro gli Asburgo, sostenuta da Olanda, Svezia, Savoia, Mantova e Parma. Nel 1643 i francesi sconfissero gli spagnoli nella battaglia di Rocroi, ma la vittoria non fu decisiva. Ben prima della fine della guerra era chiaro che in realtà non ci sarebbe stato un vero vincitore. RIA Mentre la Spagna, l’Inghilterra, la Francia si sviluppavano nel corso del Cinquecento e del Seicento come Stati unitari, i vasti territori dell’Impero di Germania e dell’Europa centrale erano frammentati e divisi in principati indipendenti. Alcuni di essi erano cattolici, altri protestanti. La potenza più importante della regione erano gli Asburgo d’Austria, cattolici, detentori della dignità imperiale ma che non esercitavano una vera autorità. All’inizio del Seicento, l’aspirazione degli Asburgo era quella di estendere la propria supremazia a tutti gli Stati tedeschi e unificarli dal punto di vista politico e religioso, imponendo ovunque la fede cattolica. Questo ambizioso progetto incontrava l’ostilità dei principi protestanti tedeschi e dei regni protestanti dell’Europa settentrionale, Danimarca e Svezia. Anche la cattolica Francia temeva la formazione ai suoi confini orientali di un impero troppo potente, proprio in una fase in cui si andava consolidando e accentrando il suo sistema di potere. Unico alleato dell’Austria erano dunque gli Asburgo sovrani di Spagna, dominatori in Italia di Napoli e Milano, e da sempre nemici dei protestanti e della Francia. A cominciare dal 1618, tra tutte queste nazioni si combatté (soprattutto sul territorio dell’attuale Germania) una terribile guerra che, per la sua durata fino al 1648, fu detta «Guerra dei Trent’Anni». NGH E Le ambizioni degli Asburgo d’Austria Nel 1618, i protestanti della Boemia (Stato controllato dall’Austria) si ribellarono all’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, che intendeva riportarli alla fede cattolica. Cominciava così l’ultima grande guerra di religione europea, un conflitto in cui i motivi religiosi erano la giustificazione per una ben più accesa lotta per la supremazia politica. La guerra si svolse in quattro fasi. 3)La fase svedese (1630-1635). Lo strapotere imperiale degli Asburgo preoccupava anche il re di Svezia Gustavo II Adolfo, che scese in Germania con le sue truppe e giunse fino in Baviera. In questa fase fu particolarmente intenso il costoso intervento della Spagna al fianco di Ferdinando II. La guerra si svolse incerta tra vittorie svedesi e vittorie imperiali, e giunse a una fase di equilibrio che, dopo la morte in battaglia del re di Svezia, portò nel 1635 alla pace di Praga: la Svezia si ritirava dal conflitto e i principi protestanti tedeschi si sottomettevano a Ferdinando II in cambio della sospensione dell’editto di restituzione. REGNO DI U d’Austria e la Guerra dei Trent’Anni La Guerra dei Trent’Anni o 13.2 Gli Asburgo ic 3 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 281 3 13 Le origini dell’Europa moderna 13.3 L’assolutismo in Francia: da Richelieu al «Re Sole» L’Europa dell’assolutismo Anonimo, Ritratto di Federico II, re di Prussia, a cavallo, 1780 circa. Luigi XIII e il progetto di creare una «monarchia assoluta» Nel 1610 moriva, in Francia, il re Enrico IV, che con l’Editto di Nantes aveva posto fine alle guerre di religione. Sul trono salì, a soli 9 anni, suo figlio, Luigi XIII. Per la giovanissima età del re, il potere fu esercitato a lungo dalla madre, Maria de’ Medici. Ma in questo periodo di transizione la situazione interna del paese fu tutt’altro che tranquilla, per due motivi in particolare: 1)le pretese della nobiltà, che voleva affermare la sua autonomia dal potere del re; Gerard Terborch, La ratifica della pace di Westfalia a Münster, 1648, Amsterdam, Rijksmuseum. La pace di Westfalia p. 314 Nel 1648 si giunse finalmente a firmare la pace di Westfalia. Il progetto degli Asburgo d’Austria era fallito: l’Impero sopravviveva ormai solo con un valore simbolico e la reale situazione politica dell’Europa centrale rimase sostanzialmente immutata. La guerra ebbe tuttavia alcune importanti conseguenze: • la fine delle guerre di religione, perché con la pace di Westfalia fu stabilito che in tutti i territori dell’impero ciascuno potesse praticare la confessione cristiana in cui si trovava alla data dell’accordo; • il cambiamento della politica degli Asburgo d’Austria, che da questo momento si dedicheranno a rafforzare il proprio regno come una monarchia assoluta senza più tentare costruire uno Stato unitario tedesco; • la definitiva conferma dell’indipendenza della Repubblica delle Province Unite (l’Olanda) e della Confederazione elvetica (la Svizzera); Dossier 4 p. 334 • la sistemazione della situazione europea permise successivamente all’Austria (tra il 1680 e il 1699) di intraprendere diverse iniziative militari contro i Turchi e di riconquistare due nazioni rilevanti come l’Ungheria e la Croazia. L’Impero asburgico dunque riprese a espandersi non verso ovest (Germania) ma in Europa centrale e nei Balcani. La Guerra dei Trent’Anni coinvolse direttamente, con terribili sofferenze, le popolazioni civili. Nei lunghi anni dell’interminabile conflitto, le campagne e le città tedesche furono ripetutamente attraversate dagli eserciti, composti prevalentemente da mercenari: vera e propria piaga delle popolazioni, essi trassero sostentamento dal saccheggio sistematico dei luoghi che attraversavano e commisero continue violenze sulle genti. In questo senso si può affermare che la Guerra dei Trent’Anni fu la prima grande guerra europea dell’epoca moderna. D4 Gli schieramenti durante la Guerra dei Trent’Anni Alleanza cattolica Alleanza protestante Austria Spagna Principati protestanti della Germania settentrionale Francia (cattolica) (1635-48) Danimarca (1625-29) Svezia (1630-35) 2)il crescente peso della minoranza di ugonotti, che con le loro attività economiche e le loro fortezze costituivano una specie di «Stato nello Stato» e suscitavano l’ostilità dei cattolici. Divenuto ormai adulto, Luigi XIII si convinse che l’unità, la prosperità, la pace interna e la potenza della Francia verso l’esterno potevano essere rafforzate solo dalla piena affermazione del potere della monarchia. Egli pensava che il re, attraverso i suoi ministri, dovesse controllare ogni aspetto della vita dei sudditi, dalla religione all’economia. E questo senza dover rispondere a nessuno del suo operato, sostenendo che la sua autorità derivasse direttamente da Dio. Per realizzare questo progetto, nel 1624 il sovrano nominò primo ministro il cardinale Richelieu, convinto sostenitore del potere assoluto del re. [ I NODI DELLA STORIA p. 290] La politica di Richelieu Richelieu guidò di fatto la Francia per tutto il periodo del regno di Luigi XIII. Sul fronte interno egli ridusse il potere e i privilegi della nobiltà: molti castelli delle famiglie più indipendenti furono confiscati e ai nobili furono sottratti i ruoli di amministratori delle province, di giudici e di difensori dell’ordine pubblico, ruoli che furono assunti da funzionari dello Stato borghesi fedeli al re. In tutto il paese, e in particolare nelle città più ricche, la pressione fiscale fu inasprita e venne sviluppato un efficace sistema di riscossione. L’amministrazione del gettito fiscale fu riservata strettamente al re e ai suoi ministri, e venne di fatto annullato ogni potere di controllo agli Stati Generali, l’assemblea dove sedevano i rappresentanti del clero, dei nobili e della borghesia. L’assemblea veniva infatti convocata solo in situazioni particolarmente difficili per il paese e in ogni caso solo su disposizione regia. L’autorità della monarchia fu imposta anche agli ugonotti. Richelieu condusse contro di essi una lotta senza quartiere, riconquistando tutte le loro piazzeforti e costringendoli a sottomettersi all’autorità dello Stato senza eccezioni, come tutti gli altri cittadini. In politica estera, il primo ministro coinvolse la Francia nella Guerra dei Trent’Anni e, pur essendo un alto membro della Chiesa cattolica, si schierò contro l’alleanza cattolica tra Spagna e Austria. Dopo una serie di conflitti, la Francia riuscì così a riprendere la sua politica di espansione, che aveva conosciuto una battuta di arresto nel corso del Cinquecento a causa delle sconfitte contro Carlo V e Filippo II. Alla morte di Richelieu (1642) e di Luigi XIII (1643) lo Stato, guidato dalla monarchia, aveva affermato con forza la sua autorità. La corona si trovava comunque a dover mediare tra ordini sociali rigidamente costituiti – un sistema che modellava una società sostanzialmente bloccata – e che reclamavano ognuno la propria parte di vantaggi dal rafforzamento dell’autorità centrale: da una parte l’alta nobiltà e il clero, che intendevano difendere ad ogni costo i privilegi storicamente acquisiti; dall’altra parte la borghesia mercantile, principale fi- © Loescher Editore – Torino 282 1490 p. 204 potere assoluto: è quello che viene esercitato da un’autorità (in questo caso quella del re) che assume e impone le proprie decisioni senza doversi confrontare con un’altra autorità, per esempio quella di un parlamento o dei rappresentanti di importanti ceti sociali, come la nobiltà o la ricca borghesia. © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 283 3 13 Le origini dell’Europa moderna Philippe de Champaigne, Il cardinale Richelieu, 1637, Londra, National Gallery. nanziatore dello Stato tramite il versamento delle tasse, che pretendeva dalla monarchia sia un maggiore impegno nel proteggere le produzioni francesi dalla concorrenza estera, sia una politica estera espansionistica che allargasse mercati, sfere di influenza e colonie. In posizione intermedia si schieravano i nuovi aristocratici della «nobiltà di toga», cioè coloro che avevano acquistato dallo Stato (pagando la tassa detta paulette) un titolo nobiliare associato alla funzione di amministratore o di esattore delle tasse. Costoro formavano l’élite dei funzionari che, pur legati alla monarchia – origine delle loro fortune – tendevano a rendersi sempre più autonomi (conseguenza dell’ereditarietà delle cariche acquisite) e a pretendere una limitazione ai poteri dello Stato (prima di tutto in materia fiscale). Il primo periodo del regno di Luigi XIV: la «fronda» Il successore di Luigi XIII – Luigi XIV – aveva solo cinque anni quando ascese al trono nel 1643 (ma sarebbe rimasto al potere fino al 1715). La reggenza fu assunta dal nuovo primo ministro: il cardinale Giulio Mazzarino (1602-1661), che intendeva seguire le orme del predecessore Richelieu e rafforzare la monarchia. In quegli anni la Francia era ancora coinvolta nella Guerra dei Trent’Anni e la crescente pressione fiscale era causa di frequenti ribellioni da parte dei contadini (che soffrivano condizioni di grave povertà), dei nobili (sempre insofferenti del potere regio), e – per la prima volta dalla sua istituzione – da parte della nobiltà di toga. Quest’ultima occupava un ruolo di rilievo nei «parlamenti», assemblee provinciali che dovevano approvare e far applicare i provvedimenti fiscali emanati dal governo centrale. Proprio dalla nobiltà di toga ebbe origine nel 1648 la rivolta antiassolutistica detta «fronda parlamentare». Essa fu provocata dalla proposta di aumentare la paulette e dal progetto di Mazzarino di riservare la riscossione delle tasse a intendenti di nomina e di completa dipendenza regia. La rivolta, che ebbe origine nel parlamento di Parigi si saldò a movimenti popolari. Mazzarino e il re dovettero addirittura abbandonare Parigi sotto la minaccia della pressione popolare. Tuttavia, il primo ministro seppe sfruttare le divisioni tra gli stessi rivoltosi che, privi di una strategia comune (gli interessi della nobiltà di toga, della borghesia cittadina e del popolo non erano coincidenti), cedettero di fronte alla forza delle armi e ad alcune limitate concessioni fiscali. Immediatamente dopo, nel 1650, l’alta nobiltà (la tradizionale «nobiltà di spada» dei grandi proprietari terrieri) cercò di sfruttare il momento di difficoltà della monarchia per riaffermare il proprio ruolo politico e istituzionale. Scoppiò allora la cosiddetta «fronda dei principi». Anche in questo caso la rivolta poté avvalersi in molte aree della Francia del sostegno popolare, ma dopo un paio d’anni gli insorti vennero sconfitti dall’esercito fedele alla monarchia. Nel mese di ottobre del 1652 Luigi XIV faceva ritorno a Parigi e riprendeva saldamente il potere. Le rivolte popolari erano dunque state represse duramente e i nobili, sia di toga che di spada, avevano subito una pesantissima sconfitta che riduceva pesantemente la loro influenza all’interno dell’organizzazione statale francese. L’ideologia e la politica del «Re Sole» Morto Mazzarino nel 1661, Luigi XIV si mostrò consapevole dell’esigenza di affermare da subito, con grande energia, la propria autorità contro tutte le pretese delle classi sociali dominanti e contro le spinte autonomistiche dei parlamenti provinciali. Egli si propose come il centro di tutto: proprio per questo e per la sua magnificenza, fu chiamato il «Re Sole». Infatti, come i pianeti ruotano intorno al Sole, tutta la vita del regno francese ruotava intorno al sovrano e dipendeva da lui. Il potere personale del sovrano era dunque superiore a qualsiasi altra autorità e traeva legittimità – affermava il re – direttamente da Dio. A Luigi XIV viene spesso attribuita questa frase: «L’État c’est moi!» (cioè «Lo Stato sono io!»). Coerentemente con questa concezione, egli non nominò un nuovo primo ministro in sostituzione di Mazzarino, e si assunse il compito di governare direttamente lo Stato con l’aiuto di quattro consiglieri e quattro ministri, da lui personalmente nominati. Questi collaboratori erano privi di poteri autonomi, ed esercitavano il ruolo di consulenti del sovrano; dovevano inoltre eseguire i suoi comandi una volta che il re avesse scelto la politica da seguire in ogni circostanza e nei diversi settori del governo: finanza, questioni religiose, politica estera e politica interna. Le decisioni assunte dal re erano fatte applicare tramite il sistema dell’amministrazione intermedia dello Stato, affidata a fedeli intendenti. A costoro veniva affidato un incarico personale, temporaneo (cioè poteva essere revocato in caso di inefficienza e infedeltà) e non ereditario, come invece accadeva nel caso della nobiltà di toga. Compito principale degli intendenti era quello di occuparsi della regolarità delle entrate fiscali e di vigilare sull’operato delle amministrazioni locali, provinciali e municipali, che venivano così sottoposte al controllo del governo centrale. Attraverso gli intendenti, il re e i suoi ministri esercitavano dunque un controllo diretto su tutte le questioni più importanti: la burocrazia statale rendeva così presente ed efficace l’autorità suprema del re in ogni angolo del paese. I nobili furono privati di ogni potere. Essi ottennero in cambio la conferma di alcu- Pierre Patel, Il castello di Versailles verso il 1668. ni privilegi, il più importante dei quali era l’esenzione dal pagamento delle tasse. Inoltre, Luigi XIV fece costruire una splendida reggia a Versailles, ad alcuni chilometri da Parigi, dove risiedere con una corte di nobili che potevano così essere tenuti sotto controllo: infatti, in funzione di una precisa strategia volta a ridurre il potere della nobiltà, creò un’aristocrazia di corte, totalmente fine a se stessa, parassita dell’ambiente regio ma asservita ai desideri del sovrano. [Testimonianze documento 5, p. 318] A Il controllo dello Stato sulla società e sull’economia Il principale e più ascoltato consigliere di re Luigi XIV, efficace interprete della sua politica di rafforzamento del potere centrale, fu il ministro delle Finanze Jean-Baptiste Colbert, che rimase a fianco del sovrano dal 1661 al 1683. Colbert impose in campo economico il centralismo e il forte intervento dello Stato, seguendo con coerenza una politica produttiva e fiscale gradita alla borghesia mercantile. Utilizzò un approccio protezionistico, imponendo forti dazi sulle merci provenienti dall’estero (e in particolare da Inghilterra e Olanda) e avvantaggiando le produzioni francesi. Favorendo e sviluppando con questo strumento il mercato interno, Colbert poté contare su entrate fiscali crescenti provenienti dal regolare prelievo dello Stato sulle attività economiche e commerciali: © Loescher Editore – Torino 284 1490 L’Europa dell’assolutismo Album p. 292 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 285 3 13 Le origini dell’Europa moderna del ministero delle finanze furono create nel 1664 una Compagnia delle Indie Orientali e una Compagnia delle Indie Occidentali, dotate di agevolazioni fiscali e di diritti esclusivi su alcune importazioni. Le Compagnie diedero impulso all’espansione coloniale francese in Asia (con la creazione di basi in India e in Indocina) e in America settentrionale (Canada e Louisiana, una colonia così denominata in onore di Luigi XIV). La politica mercantilistica di Colbert diede un impulso decisivo allo sviluppo della Francia. Tuttavia, il sistema produttivo e mercantile francese, proprio perché protetto e stimolato dal costante intervento dello Stato, mostrò minori capacità imprenditoriali rispetto ai concorrenti sistemi inglese e olandese: una differenza destinata a pesare quando, tra Seicento e Settecento, in Inghilterra prese avvio la Rivoluzione industriale, rispetto alla quale il sistema francese subì per lungo tempo un ritardo significativo. É. Le Blond, Luigi XIV visita la manifattura dei Gobelins, arazzo, XVII sec., Versailles, Musée du Château un prelievo razionalizzato e garantito anche dallo sviluppo del sistema degli intendenti, che limitava al minimo i passaggi intermedi tra il contribuente e lo Stato. In questo modo le casse pubbliche si arricchirono e fu possibile dotare il regno di un forte esercito, che fu utilizzato da Luigi XIV per promuovere una politica estera espansionistica (altra scelta gradita ai ceti impreditoriali e produttivi). L’interventismo statale in campo economico non si limitò alla protezione dalla concorrenza estera. Colbert assegnò allo Stato stesso un ruolo attivo nel sistema manifatturiero: la produzione di alcune merci (in particolare i beni di lusso destinati in buona parte all’esportazione come sete, tappezzerie, ceramiche, ma anche la produzione di metalli e armamenti) fu infatti riservata a fabbriche create e gestite direttamente dal governo (le «manifatture della Corona») o da privati autorizzati dal governo (nelle «manifatture reali»). Inoltre, lo Stato si riservò il monopolio in alcuni importanti commerci (ad esempio, sale, tabacco e carte da gioco). Lo Stato francese seppe anche investire parte delle sue entrate per la costruzione di infrastrutture destinate a migliorare la circolazione di merci: strade, ponti, canali fluviali, porti e cantieri navali. Sempre su iniziativa p. 314 La normalizzazione della vita religiosa Anche in materia religiosa Luigi XIV attuò una politica accentratrice. Questa fu perseguita lungo due direttrici: la persecuzione delle minoranze religiose (prima fra tutte quella calvinista degli ugonotti) e il crescente controllo sulla Chiesa cattolica. Luigi XIV, a dispetto dell’editto di Nantes, limitò fortemente la libertà di ogni culto diverso da quello cattolico; negò inoltre agli ugonotti l’accesso alle cariche pubbliche e l’esercizio di alcune professioni. Nel 1685, poi, emanò l’editto di Fontainebleau, che sopprimeva definitivamente quello di Nantes, proibiva esplicitamente il culto calvinista e toglieva agli ugonotti il diritto di mantenere piazzeforti e città fortificate a loro difesa. Di conseguenza, si verificò una massiccia emigrazione calvinista verso l’estero: almeno in 350.000 si rifugiarono in Olanda, Svizzera, Inghilterra e Prussia. In buona parte si trattava di artigiani, professionisti e imprenditori: il definitivo recupero dell’unità religiosa fu raggiunto dunque al prezzo di un significativo indebolimento del sistema produttivo. Luigi XIV intervenne direttamente anche contro la Chiesa cattolica, la quale, nella visione politica della monarchia assoluta, doveva diventare un docile strumento del potere politico. Il re volle quindi intromettersi nell’amministrazione delle diocesi e riservarsi il diritto di nomina dei vescovi. Nacque un duro conflitto con lo Stato pontificio. Alla ferma reazione del papa Innocenzo XI (1676-1689) Luigi XIV oppose la convocazione nel 1682 di un’Assemblea nazionale del clero: in questa sede fu approvata una Dichiarazione dei quattro articoli (detti «articoli gallicani», cioè a difesa della tradizionale autonomia da Roma della Chiesa francese) che affermava la necessità di limitare l’autorità del papato (si sosteneva ad esempio la superiorità dei concili sul papa) e la piena potestà del re nella nomina dei vescovi. Il papa scomunicò il re ma non ottenne di farlo recedere dalla sua politica. Solo dopo il 1691, con il nuovo papa Innocenzo XII, fu raggiunto un compromesso che di fatto confermava l’autonomia della Chiesa francese e l’autorità su di essa del sovrano: Roma riconosceva i vescovi nominati da Luigi XIV in cambio della condanna delle teorie più estreme contenute nella Dichiarazione del 1682. Un altro fronte religioso sul quale, sempre per motivi politici, Luigi XIV si mosse con veemenza fu quello della repressione del movimento giansenista, un movimento spirituale cristiano che sosteneva la necessità di tornare a un maggior rigore morale. Tra le aspirazioni che animavano i giansenisti vi era anche quella ridurre la compromissione tra religione e potere politico: una richiesta chiaramente intollerabile per il Re Sole. Egli insistette con il papa per la condanna assoluta e definitiva del giansenismo e intervenne duramente distruggendo l’abbazia di Port-Royal, sede principale del movimento. H. Rigaud, Ritratto di Jacques Benigne Bossuet, 1702, Parigi, Louvre. L’espansione della francia durante il regno di Luigi XIV PROVINCE UNITE PA E REGNO DI INGHILTERRA 1490 BA SS IS La Manic a PA G I M PE RO NO LI G E RM A N ICO Rouen Se Caen nn Parigi a Versailles La politica estera espansionistica Châlonssur-Marne Strasburgo Loi ra Tours Digione Nantes Besançon Bourges Poitiers CONFED. SVIZZERA O c e a no A tla ntic o Limoges Lione DUCATO DI SAVOIA ClermontFerrand Grenoble Bordeaux Gar onn a Regno di Francia nel 1643 Territori conquistati da Luigi XIV Confine del Regno di Francia nel 1715 © Loescher Editore – Torino 286 SI Lille Rennes Il lungo regno di Luigi XIV fu caratterizzato da una politica estera espansionistica che pose la Francia in costante conflitto con tutte le principali potenze europee. A questo scopo si procedette anzitutto a una radicale riforma dell’esercito. La guida delle truppe fu in gran parte sottratta all’aristocrazia e affidata a professionisti; gli avanzamenti di carriera vennero accordati in base ai meriti conseguiti, e fu abbandonato il criterio dell’anzianità o del titolo nobiliare. A tutti i militari furono assicura- L’Europa dell’assolutismo Montpellier Tolosa Avignone Aix-en-Provence Marsiglia Tolone Mare Mediterraneo © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 287 3 13 Le origini dell’Europa moderna Il re di Francia Luigi XIV proclama il duca d’Angiò re di Spagna, stampa a colori del XVIII sec. ti salari regolari e, nel caso degli ufficiali, particolarmente elevati. Fu così possibile migliorare la disciplina delle truppe e imporre il rispetto delle strutture gerarchiche di comando. Furono introdotte nuove armi (granatieri, fucilieri) e razionalizzata la divisione in reggimenti e in reparti. In breve, l’esercito diventò un formidabile strumento a disposizione della corona e venne largamente impiegato per imporre gli interessi francesi sullo scacchiere internazionale. La Francia si impegnò anzitutto nel sostenere le pretese del re nella successione al trono di Spagna. Luigi XIV aveva infatti sposato la figlia di Filippo IV di Spagna e alla morte del sovrano spagnolo (1665) decise di sostenere i diritti della moglie. Era un pretesto per impossessarsi dei Paesi Bassi spagnoli: nel 1667 le truppe francesi occuparono alcune città delle Fiandre. La reazione spagnola e la mediazione dell’Olanda e dell’Inghilterra stabilizzarono la situazione e nel 1668 Luigi XIV firmò la pace di Aquisgrana, che accordava alla Francia modesti vantaggi territoriali nelle Fiandre. Nel 1672 fu la volta dell’Olanda, potentissimo concorrente commerciale della Francia. Il paese fu invaso e le truppe francesi vennero fermate solo inondando il territorio tramite la rotture delle dighe marine. Anche in questo caso, la reazione del fronte antifrancese limitò le conquiste di Luigi XIV all’annessione della Franca Contea, come stabilito dalla pace di Nimega del 1678. Successivamente la Francia rivolse la propria attenzione al rafforzamento dei confini orientali del regno e occupò l’Alsazia, la Lorena, il Lussemburgo e la città di Strasburgo. La preoccupazione delle potenze europee fu tale che, su iniziativa austriaca, venne promossa un’alleanza antifrancese composta da Spagna, Olanda, Svezia, alcuni principati tedeschi, Inghilterra e, appunto, Austria: la cosiddetta «Lega di Augusta». Il conflitto fu estenuante (e costosissimo) e terminò con gli accordi di Ryswick (1697), che assegnavano l’Alsazia e Strasburgo alla Francia, la quale però doveva rinunciare alla Lorena e al Lussemburgo. Dopo lunghi anni di guerre ed enormi spese militari la Francia aveva fallito l’obiettivo di conseguire la supremazia continentale, e anzi si era trovata in una condizione di assoluto isolamento nel contesto politico europeo. La monarchia assoluta francese inoltre era uscita sostanzialmente indebolita dalle vicende belliche. In primo luogo, le casse dello Stato erano state praticamente prosciugate e la borghesia mercantile non aveva ottenuto la tanto desiderata espansione territoriale, coloniale e commerciale. In secondo luogo, divennero evidenti ai più le contraddizioni del sistema politico della monarchia assoluta: in particolare i rischi di affidare il destino di un paese alla limitata visione di un re e dei suoi consiglieri. Cominciò a emergere la superiorità di sistemi politici, quali ad esempio quello inglese, in cui, attraverso il Parlamento, le classi sociali emergenti potevano esercitare un controllo sulla conduzione dello Stato. [Testimonianze documento 6, p. 318] 13.4 La Prussia e la Russia La Prussia, uno Stato accentrato sempre più potente Nel Seicento il ducato di Prussia (la regione di Berlino con una parte separata dal territorio polacco) era guidata dalla famiglia degli Hohenzollern, che esercitavano un potere assoluto su un territorio molto frammentato. Tra il 1640 e il 1688, il duca Federico Guglielmo riuscì a espandere i propri domini anche grazie alla partecipazione alla Guerra dei Trent’Anni e ad alcuni vantaggi territoriali ottenuti con la pace di Westfalia, e pose le basi per la nascita di una futura potenza europea. Il ducato non era molto ricco: la maggior parte della popolazione era costituita da contadini poveri che vivevano in grandi proprietà terriere gestite in modo sostanzialmente feudale; inoltre le città erano piccole e prive di quelle attività di grande commercio che facevano la fortuna delle maggiori potenze europei. Federico Guglielmo, tuttavia, riuscì rafforzare il suo Stato frammentato sviluppando un forte esercito, lasciandolo in eredità, come principale ricchezza, al figlio Federico III (1688-1713). Nel 1701 questi assunse il titolo di re di Prussia e seguì le orme del padre nel governare con autorevolezza secondo il modello della monarchia assoluta. Nell’ultima fase del Seicento la Prussia accolse migliaia di espatriati francesi ugonotti, che impressero un forte impulso alla modernizzazione del paese, in particolare potenziando il settore produttivo artigianale e avviando le prime produzioni industriali. In generale, la preminenza dei nobili proprietari terrieri e la presenza di uno Stato sempre più accentrato e moderno furono i tratti distintivi di questo regno, tratti che caratterizzarono la stessa Prussia e poi il futuro Stato unitario tedesco fino all’inizio del XX secolo. Fino al 1689, infatti, nel principato di Moscovia, guidato dalla dinastia dei Romanov, il potere era in gran parte nelle mani dei nobili proprietari terrieri (detti «boiardi») e della Chiesa ortodossa. Entrambe queste componenti della società mantenevano il paese in una condizione di arretratezza medievale: la popolazione era costituita principalmente da contadini poveri e analfabeti, veri e propri «servi della gleba», proprietà dei padroni delle terre e privati di ogni diritto. L’economia era particolarmente poco sviluppata: oltre all’agricoltura – peraltro essa stessa fortemente arretrata – mancavano le industrie e i commerci erano ridotti al minimo, anche perché a sud e a est permaneva il dominio dei Tartari, che limitavano i contatti con l’Asia. La Russia era isolata dal resto del mondo e quasi nessun abitante del principato era a conoscenza dei grandi progressi compiuti dall’economia e dalla cultura degli Stati moderni in Europa occidentale. Il Regno dello zar Pietro I «il Grande» Nel 1689 salì al trono lo zar Pietro I, che governò fino al 1725. Egli, per l’efficacia della sua politica e per le sue ambizioni fu detto «il Grande»: nel corso del suo regno la Russia fece un importante balzo in avanti come Stato europeo. La Russia verso la fine del Seicento Dopo la Spagna, la Francia, l’Austria e la Prussia, tra Seicento e Settecento anche la Russia divenne uno Stato guidato da un sovrano assoluto. J.M. Nattier, Ritratto di Pietro I il Grande, 1717, San Pietroburgo, Hermitage. © Loescher Editore – Torino 288 1490 L’Europa dell’assolutismo © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 289 3 13 Le origini dell’Europa moderna Pietro combatté e limitò il potere e le ricchezze dei boiardi e della Chiesa, impose ai nobili modi di vita occidentali e rafforzò la monarchia. Comportandosi come un sovrano assoluto, costrinse la Russia a una rapida modernizzazione: • spostò la capitale da Mosca a San Pietroburgo, da lui stesso fondata e costruita come una città europea; A • la nuova capitale si affacciava sul mar Baltico, da dove lo zar aumentò i contatti con l’Europa e diede impulso ai commerci; • la Russia si dotò di un forte esercito e una grande flotta, che fu costruita da numerosi cantieri navali; J.-B. Martin, L’assedio di Namur da parte di Luigi XIV, Versailles, Musée du Château. Album p. 292 • molti artisti, architetti, ingegneri e tecnici furono fatti venire dall’Europa per sviluppare le industrie, costruire palazzi, strade e ponti. A loro volta, molti giovani figli delle più importanti famiglie russe furono mandati a studiare in Europa; • seguendo l’esempio della Francia fu for- mata una classe di funzionari stipendiati dallo Stato e incaricati di far eseguire gli ordini dello zar. La modernizzazione forzata della Russia ebbe effetti vistosi, come le vittorie militari contro la Svezia e la Turchia, l’espansione dei territori dell’Impero e l’incremento della produzione industriale e dei commerci. Tuttavia, la parte preponderante della società russa, cioè la popolazione contadina, non fu interessata da questi provvedimenti: i servi della gleba continuarono a vivere nelle stesse condizioni dei secoli precedenti. Il modello di governo della monarchia assoluta espresse dunque, in Russia, tutta la sua efficacia, ma anche tutti i suoi limiti: il paese divenne una potenza di livello europeo, ma al suo interno non si sviluppò, se non in misura molto limitata, quella borghesia industriale e mercantile che in quei decenni e per tutti i due secoli successivi costituì il motore dello sviluppo delle due potenze realmente emergenti: l’Inghilterra e l’Olanda. Quali furono le caratteristiche dell’assolutismo? 290 © Loescher Editore – Torino 1600 Fondazione della Compagnia inglese delle Indie Orientali 1602 Fondazione della Compagnia olandese delle Indie Orientali 1618-1648 Guerra dei Trent’Anni 1624-1642 Richelieu primo ministro di Francia 1643-1715 Luigi XIV re di Francia I NODI DELLA STORIA L’assolutismo monarchico, venuto a completa maturazione nel corso del Seicento, fu un passaggio fondamentale per l’affermazione dello Stato moderno. La questione può sembrare oggi paradossale: per noi, che siamo affezionati all’idea della democrazia rappresentativa e della sovranità impersonale, la coincidenza del potere politico del re con la sua stessa persona fisica sembrerebbe essere un modello lontanissimo. In realtà, se analizziamo lo stesso termine «assolutismo», comprendiamo molti aspetti della questione. Assoluto significa absolutus, ossia sciolto da qualsiasi legame. Nel Medioevo i sovrani dei nascenti Stati nazionali erano fortemente condizionati, se non addirittura imbrigliati, in una fitta tela di rapporti vassallatici e di rivendicazioni della propria autonomia da parte dei signori locali, delle città, dei vari poteri ecclesiastici e civili. Si trattava di quello che gli storici hanno chiamato il policentrismo medioevale, una realtà nella quale il sovrano era percepito più come un primus inter pares che come un vero sovrano. A partire dalla fine della Guerra dei Cent’Anni, ma con un’accelerazione significativa al principio del XVII secolo, i sovrani nazionali cominciano a rivendicare il potere sulla periferia del regno e a non tollerare più l’autonomia dei ceti privilegiati, la vecchia aristocrazia militare e la nuova nobiltà di toga. La necessità di vendere le cariche pubbliche, d’altronde, era una caratteristica del nuovo Stato moderno. Non si trattava solo di una necessità economi- 1596-1645 La Spagna va per quattro volte in bancarotta ca, ma anche di un modo per complicare gli assetti sociali della nazione, per generare nuove clientele e fedeltà personali verso il sovrano. Ma, alla lunga, anche il sistema della venalità delle cariche e della contrapposizione tra vecchia nobiltà di spada e nuova aristocrazia di toga si sarebbe rivelato insufficiente. Il sovrano assoluto aveva bisogno di nuovi servitori e di nuovi strumenti per ribadire il proprio dominio. Era la strada iniziata in Francia da Richelieu, con l’introduzione degli intendenti, personaggi reclutati fuori dalla cerchia della nobiltà in virtù della loro competenza e della loro fedeltà al sovrano. Con Luigi XIV il sistema si sarebbe raffinato: sconvolto dalle rivolte frondiste avvenute durante la sua minore età, il Re Sole tolse definitivamente all’aristocrazia ogni velleità di condivisione del potere. Convinse i nobili a lasciare la periferia (dove erano scarsamente controllabili) e a venire nella capitale; offrì loro il meraviglioso spettacolo del suo potere assoluto nella cornice grandiosa e barocca della reggia di Versailles. Senza apparentemente più ostacoli, il cammino dell’assolutismo sembrava destinato a ulteriori grandiose vittorie. In realtà, nuove contraddizioni si profilavano all’orizzonte: il costo eccessivo della «società di corte»; il fascino contagioso del modello costituzionale inglese; l’aspirazione della parte più dinamica del Terzo Stato (cioè i cittadini che non appartenevano né al clero né alla nobiltà) di contare finalmente qualcosa negli assetti dei poteri costituiti. 1664 Fondazione della Compagnia francese delle Indie Orientali 1680-1699 L’Austria strappa al dominio turco Ungheria e Croazia 1685 Luigi XIV sopprime la libertà di culto in Francia 1689 Pietro I Romanov zar di Russia 1701 Federico III Hohenzollern acquisisce il titolo di re di Prussia L’Europa dell’assolutismo 1 L’economia europea nel Seicento attraversa una fase di crisi, che ha come esito la definizione di un diverso sviluppo tra Nord da una parte e Sud e Est dall’altra. Nel corso del XVII secolo la popolazione europea diminuì sensibilmente in paesi come la Spagna, l’Italia e la Germania, mentre crebbe lentamente (per riprendere dopo la metà del secolo) in Francia, Olanda e Inghilterra. I motivi della contrazione demografica furono sia eccezionali (cambiamenti climatici, carestie, guerre, disordini sociali dovuti alla povertà) sia strutturali (impoverimento delle classi popolari, aumento dei prezzi del cibo, arretratezza delle agricolture nei paesi meridionali e orientali). Dalla crisi economica si ripresero brillantemente l’Inghilterra, l’Olanda e in parte la Francia. In questi paesi l’agricoltura si differenziò e modernizzò, le terre vennero recintate e sfruttate appieno da proprietari-imprenditori, si diffusero le colture industriali, cominciò a organizzarsi la produzione manifatturiera (sia nel lavoro a domicilio sia nelle prime grandi fabbriche). I commerci mondiali si riorganizzarono sulle rotte oceaniche e il Mediterraneo fu definitivamente abbandonato. 2 Tra 1618 e 1648 si combatte la Guerra dei Trent’Anni: l’ultima grande guerra di religione, originata dalle mire espansionistiche degli Asburgo d’Austria in Germania e Europa centrale. Nella prima metà del Seicento, con la terribile Guerra dei Trent’Anni, fallì il sogno degli Asburgo d’Austria di regnare da imperatori su una Germania unita e riportata all’unità della fede cattolica. Con la pace di Westfalia (1648), gli Asburgo dovettero rassegnarsi alla frammentazione politica della Germania e si dedicarono a rafforzare il proprio regno come una monarchia assoluta. Essi si opposero con successo ai Turchi, frenando la loro avanzata in Europa centrale, e cominciarono a espandersi nei Balcani. 3 In Francia si afferma la «monarchia assoluta», che raggiunge il suo apice nel regno di Luigi XIV, detto il «Re Sole». Come già la Spagna, grande potenza in declino nel Seicento, così anche la Francia nel corso del secolo venne guidata da una monarchia assoluta: un sistema di governo che poneva il re al centro di ogni aspetto della vita politica, economica, culturale e sociale. Egli sottrasse potere ai nobili e governò senza sottoporre le sue decisioni all’approvazione di un Parlamento. A porre la basi della monarchia assoluta in Francia fu il cardinale Richelieu, che dal 1624 al 1642 fu primo ministro durante il regno di Luigi XIII. Egli ridusse i poteri dei nobili e combatté gli ugonotti, che godevano di alcuni privilegi e di autonomia. Il successore di Richelieu, il cardinale Mazzarino, servì come primo ministro nella prima parte del regno di Luigi XIV e lo difese dalle rivolte dei nobili. Nel 1661, alla morte di Mazzarino, Luigi XIV non nominò un primo ministro e decise di governare da solo: egli venne chiamato il «Re Sole» e regnò con l’aiuto di pochi fidati consiglieri e ministri, prendendo direttamente ogni decisione. I nobili furono privati di ogni influenza sulla politica dello Stato; in cambio il re riservò loro il privilegio di non pagare le tasse e di risiedere nella sua corte, a Versailles. L’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico e la riscossione delle tasse furono riservati a funzionari fedeli al sovrano. In economia, lo Stato si riservò dei monopoli, cioè la produzione e il commercio in esclusiva di alcuni prodotti. Infine, Luigi XIV impose l’unità religiosa alla Francia, perseguitando gli ugonotti e costringendoli o alla conversione o all’esilio. 4 Il sistema della monarchia assoluta guida allo sviluppo e alla modernizzazione anche la Prussia e la Russia. Nel corso del Seicento si assistette al primo sviluppo dello Stato prussiano, guidato con mano ferma dalla famiglia degli Hoenzollern. Più a est, grazie alla modernizzazione imposta dallo zar Pietro I il Grande, la Russia si avviò a diventare una potenza europea: ebbe una nuova capitale, San Pietroburgo, un esercito e una flotta, un’amministrazione guidata dallo Stato, una nobiltà e una Chiesa sottomesse all’autorità del sovrano. Le riforme, tuttavia, non cambiarono la vita nelle campagne, dove vivevano migliaia di servi della gleba. © Loescher Editore – Torino 291 3 13 Le origini dell’Europa moderna L’Europa dell’assolutismo La corte: residenza del sovrano e centro del potere assolutistico In epoca medievale e nei primi secoli dell’Età moderna la corte aveva rappresentato principalmente il luogo di residenza del re e della sua famiglia. Il personale che vi abitava era stato piuttosto limitato e si era occupato soprattutto dei servizi indispensabili per la vita quotidiana del sovrano. Questi servizi riguardavano la gestione del guardaroba, della cucina, degli appartamenti, degli equipaggi di cavalleria, delle attività di caccia e dei divertimenti. Con l’affermazione dell’assolutismo e con il rafforzamento del potere regio, la corte assunse invece, fra XVII e XVIII secolo, un’importanza crescente. Non fu più solo la residenza privata del re, ma divenne anche la sede del governo e dei ministri, di tutti i principali funzionari dell’amministrazione statale e dei nobili più importanti del regno. Il castello di Schönbrunn a Vienna. Tra città e campagna Nel corso del XVII e del XVIII secolo le principali dinastie europee fissarono definitivamente la loro residenza presso la capitale del regno, abbandonando la consuetudine di cambiare spesso città. I sovrani edificarono allora un palazzo di città, collocato nell’area centrale della capitale, e anche una residenza di campagna dotata non solo di grandi e sontuosi giardini, ma anche di un bosco da dedicare alla caccia, uno dei passatempi più diffusi. Veduta aerea della Piazza del Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo. Il Binnenhof all’Aia, sede degli Stati generali della Repubblica delle Province Unite. La stanza della regina nella reggia di Versailles. Gli Stati non assolutistici: la centralità del Parlamento Nuovi palazzi reali Galleria degli specchi della reggia di Versailles. 292 © Loescher Editore – Torino La centralità della corte e l’aumento del personale che doveva lavorarvi e abitarvi spinsero i sovrani europei, nel corso del XVII secolo, a costruire nuovi palazzi più grandi e spaziosi. Lo scopo principale di questa decisione non era, in realtà, quello di garantire maggiore comfort alla nobiltà e ai funzionari della corona, ma quello di sottolineare il potere e il prestigio del sovrano, considerati proporzionali alla grandezza e al lusso del palazzo reale. Negli Stati che non conobbero lo sviluppo di un sistema di governo assolutistico, le istituzioni rappresentative di tipo parlamentare conservarono un’importanza e una visibilità maggiori rispetto alla corte del sovrano. Di conseguenza, nel XVII secolo gli edifici che ospitavano tali istituzioni si caratterizzarono ancora per una evidente centralità all’interno delle capitali di questi Stati. Il palazzo di Westminster a Londra, sede del Parlamento britannico. © Loescher Editore – Torino 293 3 13 Le origini dell’Europa moderna Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva le cartine a p. 281 e incrociando le informazioni fornite da esse e quelle che ricavi dal testo, ricostruisci le fasi della Guerra dei Trent’Anni. Ferdinando II d’Asburgo conclude la pace di Praga con i principi protestanti, che si sottomettono 1 Nel all’imperatore in cambio della sospensione dell’editto di restituzione 2 Nel i francesi sconfiggono gli spagnoli nella battaglia di Rocroi 3 Nel viene firmata la pace di Westfalia 4 Nel Luigi XIII nomina primo ministro il cardinale Richelieu 5 Nel , sotto il regno di Luigi XIV, viene nominato primo ministro il cardinale Giulio Mazzarino 6 Nel scoppia la rivolta antiassolutistica detta «fronda parlamentare» 7 Nel scoppia la «fronda dei principi», animata dal desiderio della nobiltà di riaffermare il proprio ruolo politico e istituzionale 8 Dal al il ministro delle Finanze Jean-Baptiste Colbert avvia il riordino delle finanze, imponendo in campo economico il centralismo e un forte intervento statale 9 Nel Luigi XIV emana l’editto di Fontainebleau che proibisce la libertà di culto per i calvinisti 10 Nel Federico III assume il titolo di re di Prussia 11 Dal al lo zar Pietro «il Grande» regna in Russia 12 Nel Luigi XIV convoca l’Assemblea nazionale del clero, nel corso della quale viene approvata la dichiarazione degli «articoli gallicani» in difesa dell’autonomia da Roma della Chiesa francese Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel Seicento. 1 2 3 4 5 6 7 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi distingui con due colori diversi gli eventi contemporanei alla Guerra dei Trent’Anni e quelli che avvengono dopo. 5 Recessione economica Debolezza strutturale Liquidità Canone di affitto Prototipo Fronda Contribuente Nel capitolo si parla dei «Parlamenti» francesi, protagonisti della «fronda parlamentare» del 1648. Prova a riflettere sul significato di «Parlamento» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega la differenza tra la funzione dei Parlamenti francesi del Seicento e quella dell’attuale Parlamento italiano. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alla recessione economica della prima metà del Seicento. Poi rispondi alle domande. Le cause prossime e remote della recessione economica della prima metà del Seicento 1 Quali sono le cause e le conseguenze della riduzione della popolazione nel Seicento? 2 Quali sono le cause delle crisi ereditate dal Cinquecento? 3 Quali sono le ragioni dell’impoverimento della popolazione nel Cinquecento? Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Nel corso del Seicento la Francia vede l’affermazione dell’assolutismo, che ha come protagonisti i sovrani Luigi XIII e Luigi XIV e i potenti primi ministri Richelieu e Mazzarino. Il progetto di Luigi XIII, infatti, è quello di creare una (1) assoluta per ridare unità e prosperità al paese, attraverso il controllo di ogni aspetto della (2) dei sudditi, dalla religione all’economia. Per realizzare questo progetto, egli nomina primo ministro il cardinale (3) , convinto sostenitore del potere assoluto del re, che di fatto guida la Francia per tutto il periodo del regno di Luigi XIII. In politica interna egli si preoccupa di ridurre i privilegi della (4) e annulla ogni potere di controllo agli Stati Generali; inoltre impone l’autorità della monarchia anche agli ugonotti, riconquistando tutte le loro (5) e costringendoli a sottomettersi all’autorità dello Stato. In politica estera, invece, il primo ministro coinvolge la Francia nella Guerra dei Trent’Anni, riprendendo così una politica di (6) . Scomparsi Luigi XIII e Richelieu, il potere passa nelle mani di Luigi XIV, ancora bambino, e del cardinale Mazzarino; quest’ultimo continua la politica accentratrice del suo predecessore e sconfigge le rivolte della «fronda (7) » e della «fronda dei principi». Dopo la sua morte, Luigi XIV assume personalmente le redini del governo, imponendosi come sovrano assoluto e assumendo per questo l’appellativo di «Re Sole». La sua politica segue quella già delineata da Richelieu e Mazzarino e si caratterizza per una forte (8) amministrativa, un ferreo controllo dello Stato sulla società e l’economia (attuato grazie al fedele consigliere e ministro delle (9) Jean-Baptiste Colbert) nonché la normalizzazione della vita religiosa attraverso la persecuzione degli Ugonotti e il crescente controllo sulla (10) cattolica. Egli inoltre persegue una politica estera espansionistica volta a imporre l’egemonia francese sul continente; tuttavia, questa non darà i risultati sperati e ben presto la Francia vedrà emergere le contraddizioni e i rischi di un sistema politico basato sul potere (11) di un monarca. 294 © Loescher Editore – Torino L’Europa dell’assolutismo Mostra quello che sai 7 Osserva l’immagine a p. 284 e analizza postura e posizione del personaggio: quale atteggiamento traspare? Perché, secondo te, è stato scelto un ritratto a figura intera? © Loescher Editore – Torino 295