Orizzonti 1 Capitolo XIII File

cereali (la base dell’alimentazione degli
europei). Si susseguirono così ripetute
carestie che affamarono e indebolirono
le popolazioni.
L’Europa dell’assolutismo
Irlanda
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Mediterraneo
Sicilia
Domini degli Asburgo di Spagna
Atene
Creta
Cipro
Domini degli Asburgo d’Austria
L’Europa dopo la pace di Westfalia (1648)
13.1 L’economia europea
nel Seicento
La crisi demografica
ed economica nella prima
metà del Seicento
La prima metà del Seicento in Europa fu segnata da una pesante recessione economica,
che penalizzò in modo particolare i principali paesi dell’area mediterranea, la Germania
e l’Europa centrale. Gli storici individuano
la causa principale di questa crisi nel netto
decremento demografico che colpì proprio quei paesi, e che non interessò se non
in modo limitato le aree più dinamiche del
• Si riaffacciò con violenza il flagello della
peste, che già aveva decimato la popolazione nel Trecento. Le epidemie colpirono soprattutto le aree dove le popolazioni erano già indebolite dalle ricorrenti
carestie: in particolare Germania, Italia e
Spagna.
continente: Francia, Olanda e Inghilterra.
Le cause di questa debolezza demografica a loro volta vanno individuate principalmente in alcuni fenomeni eccezionali che si
verificarono nella prima metà del secolo:
• Tra il 1618 e il 1648 Austria, Boemia e Germania furono investite dalla Guerra dei
Trent’Anni, l’ultima grande «guerra di religione», tra principati protestanti e cattolici: un conflitto che devastò a lungo le
campagne di quei paesi e portò a stragi,
confische dei raccolti e un diffuso clima
di insicurezza.
• Nella prima metà del secolo si verificò
un consistente raffreddamento del clima, che colpì soprattutto le colture di
Il calo della popolazione determinò dunque
una riduzione netta della domanda di beni
primari e, di conseguenza, un crollo della
produzione agricola. E questo accadde in
economie in cui il settore agricolo ricopriva
ancora un ruolo preponderante.
Questi eventi straordinari si innestavano
però su elementi di strutturale debolezza
del sistema produttivo europeo. Per tutto
il Cinquecento l’economia del continente
aveva goduto di una fase di sviluppo. Essa
era stata favorita dalla disponibilità di metalli preziosi e beni provenienti dalle colonie latinoamericane, dal relativo livello di
stabilità nella produzione agricola e dall’attivismo industriale e commerciale di diverse aree del continente: l’Italia (ancora al
centro degli scambi con l’Oriente), l’Olanda
e l’Inghilterra (potenze marittime emergenti), la Spagna e il Portogallo, protagoniste
delle esplorazioni e delle prime conquiste
coloniali. Uno sviluppo che tuttavia aveva
favorito solo uno strato piuttosto ristretto
delle società europee: la nobiltà dei grandi
proprietari terrieri e la borghesia mercantile. La grande massa dei contadini e degli
operai salariati non aveva invece affatto migliorato le proprie condizioni di vita. Al contrario, l’incremento della popolazione (che
caratterizzò tutto il Cinquecento) aveva aumentato la disponibilità di manodopera,
determinando così una riduzione dei salari; a loro volta, l’aumento della domanda
conseguente all’aumento demografico e la
rilevante liquidità circolante (favorita dalla
grande disponibilità di metalli preziosi, in
particolare argento, con cui venivano coniate le monete) avevano portato alla crescita
dei prezzi anche dei generi di prima necessità. In altre parole l’economia cinquecentesca – pur in pieno sviluppo – aveva posto
le basi per un generale impoverimento della
popolazione.
Il carnevale a Roma in un dipinto del XVII sec.
L’evoluzione demografica nella prima metà del Seicento
(valori in milioni di abitanti)
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Scandinavia
Isole
britanniche
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Francia
Germania Austria, Boemia, Spagna,
Ungheria
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Balcani
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Italia
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XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta
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Le origini dell’Europa moderna
Diego Velasquez, La resa di Breda, 1635, Madrid, Museo del Prado.
Bovini al pascolo in una stampa del XVII sec.
La permanente arretratezza
dell’agricoltura in alcune aree
del continente
La crisi colpì in particolare le aree rurali,
dove l’impoverimento della popolazione era
più evidente, ma, come abbiamo detto, non
allo stesso modo in tutte le aree del continente. Nei paesi dell’area mediterranea e in
Europa centrale l’agricoltura versava infatti
in uno stato di permanente arretratezza.
In primo luogo, in queste aree, caratterizzate dalla monocoltura dei cereali, i terreni
risultavano ormai impoveriti da decenni di
sfruttamento intensivo e per questo erano
molto più esposti alle avversità climatiche
che caratterizzarono il Seicento. Proprio in
questi paesi si verificarono le carestie più
devastanti, che invece furono rare nelle aree
a maggiore diversificazione delle colture (ad
esempio Inghilterra, Olanda e Francia settentrionale).
In secondo luogo, ai primi segnali della
crisi spesso i proprietari terrieri rinunciarono agli investimenti commerciali per tornare a vivere passivamente delle rendite dei
fondi. Inoltre, per ovviare al calo di profitti
causato dal crollo della domanda e dal calo
dei prezzi, essi cercarono di imporre ai contadini condizioni particolarmente dure (canoni di affitto più alti, prestazioni d’opera
gratuite, limitazioni della libertà personale).
Si giunse così in alcuni casi a un vero e proprio fenomeno di «rifeudalizzazione» delle
aree rurali (in particolare nei paesi mediterranei e in Europa orientale), e qui molti
contadini ritornarono alla condizione di
servi della gleba, legati a vita al proprietario
terriero.
La decadenza della Spagna
Tra gli Stati che nel corso del Seicento videro tramontare la loro potenza economica
(e con essa anche gran parte della loro influenza politica) menzione particolare merita la Spagna. Lo Stato iberico era stato nel
Cinquecento il fulcro dell’espansione commerciale europea e con le sue risorse aveva
finanziato la dispendiosa politica imperialista di Carlo V e Filippo II, e le guerre contro
l’espansione turca nel Mediterraneo e contro i ribelli dei Paesi Bassi.
All’inizio del Seicento la Spagna ricopriva
ancora un ruolo di primo piano a livello internazionale (con importanti possedimenti
in Italia e nelle Fiandre) e poteva contare
sul supporto delle colonie del Nuovo Mondo. Tuttavia, l’altissima pressione fiscale
imposta ai territori controllati e il continuo afflusso di metalli preziosi e altre merci dall’America (insidiato sempre più delle
navi corsare inglesi) non riuscivano a compensare la mancata evoluzione del sistema
produttivo e commerciale del paese, e anzi
erano in parte causa dell’immobilismo della classe dirigente iberica. L’economia era
inoltre appesantita da un’agricoltura arretrata, da un insufficiente sviluppo delle
manifatture e da un sistema di prelievo fiscale inefficiente e iniquo (perché gravante
soprattutto sui più poveri e sull’esigua borghesia mercantile sviluppatasi sulle coste
meridionali e in Aragona).
In più occasioni (1596, 1607, 1627, 1645)
lo Stato fu costretto dichiarare bancarotta,
non riuscendo a onorare i debiti. In queste
condizioni divenne sempre più difficile per
la Spagna contrastare lo sviluppo delle potenze commerciali sue concorrenti: Olanda
e Inghilterra.
Nei primi decenni del secolo, una vittoria
decisiva contro l’Olanda sembrava ancora
possibile. Infatti, per limitare l’autonomia
e lo sviluppo di quella che a Madrid veniva
ancora considerata una «provincia ribelle»,
nel 1621 era stata decisa una ripresa della
guerra.
Il conte di Olivares, potentissimo ministro delle Finanze del re Filippo IV (16211665), era un convinto sostenitore della
necessità di restaurare la potenza della Spagna. Egli cercò di trovare le risorse economiche necessarie per la nuova guerra contro gli olandesi attraverso un accordo con
i banchieri genovesi: costoro accordarono
allo Stato spagnolo i prestiti richiesti, ottenendo come garanzia la promessa di partecipare ai vantaggi economici che la vittoria
spagnola avrebbe portato (vittoria che peraltro non venne). Olivares fu di fatto il vero
detentore del potere fino al 1643, e volle riformare, almeno in parte, il sistema fiscale
spagnolo, dando inoltre vigore e accentramento all’amministrazione del paese e delle colonie. La sua politica sostanzialmente
si risolse in un fallimento e provocò rivolte
in diverse autonomie regionali (Castiglia,
Aragona). La partecipazione alla Guerra dei
Trent’Anni prosciugò infine definitivamente le risorse dello Stato spagnolo.
Il Seicento è stato definito il siglo de
oro («secolo d’oro») della Spagna, in virtù
dell’innegabile forza e dell’apparente prosperità dello Stato iberico. Tuttavia, dalla
metà del secolo emerse con chiarezza il declino di uno Stato fondamentalmente arretrato e incapace di reggere la concorrenza
delle potenze marittime del Nord.
Le nuove potenze emergenti:
Inghilterra e Olanda
Ben altro sviluppo conobbero, soprattutto a
partire dalla seconda metà del Seicento (e in
maniera straordinaria nel Settecento), le economie di Olanda e Inghilterra. Alla base di
questo crescente successo ci furono anzitutto la riorganizzazione dell’agricoltura e della
produzione artigianale e manifatturiera.
In questi due paesi (e in parte anche in
Francia e in Italia del Nord) i proprietari
agricoli reagirono alla situazione di crisi intensificando gli investimenti per differenziare le colture: in particolare furono potenziate quelle industriali (lino e canapa), che
alimentavano un’industria in piena espansione. Anche le tecniche agricole vennero
modernizzate e la manodopera di contadini
liberi salariati fu sempre più largamente utilizzata.
P. P. Rubens, Apoteosi di re Giacomo I, 1632-34, Londra, Banqueting House.
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L’Europa dell’assolutismo
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Le origini dell’Europa moderna
La principale novità fu rappresentata dalla
razionalizzazione dello sfruttamento delle
terre, in particolare in Inghilterra. Qui, infatti, si diffuse il sistema delle enclosures («recinzioni»): le terre che per tutto il Medioevo
erano state lasciate libere e dove i contadini
dei villaggi potevano pascolare il loro bestiame o raccogliere frutti e legname furono progressivamente racchiuse in proprietà private. Questo processo portò al rafforzamento
dei medi proprietari terrieri, che da passivi
gestori di rendite agricole regolate da accordi con le popolazioni locali, si trasformarono
in imprenditori agricoli intenzionati a investire nello sviluppo e a ottenere il massimo
reddito dalle loro proprietà.
Si sviluppò inoltre una classe sociale in
parte nuova: quella dei mercanti che investivano i loro crescenti guadagni nell’acquisto
di terre che poi gestivano con la stessa mentalità imprenditoriale sviluppata nel settore
commerciale. I mercanti-imprenditori divennero i nuovi motori dell’economia. Essi,
per esempio, diedero impulso alla coltivazione di lino e canapa per poi usare la materia
prima nelle industrie tessili. Oppure incrementarono, nei loro ampi pascoli recintati,
l’allevamento delle pecore per ottenere lana
da usare sempre nelle medesime manifatture tessili. I nuovi proprietari terrieri erano
quindi in prima persona interessati allo sviluppo del settore manifatturiero, in particolare tessile. Essi, quindi, si fecero promotori
del primo sviluppo dell’industria.
con l’attività manifatturiera e lo facevano
in cambio di salari più bassi di quelli stabiliti dalle corporazioni degli operai tessili
di città. Il lavoro veniva pagato «a cottimo»
(cioè in base alla quantità di pezzi prodotta)
e così si otteneva il massimo da ogni unità
produttiva.
La produzione industriale aumentò, ma
divenne sempre più evidente la necessità
di concentrare il lavoro in grandi opifici,
cioè in manifatture accentrate con un alto
numero di operai che avrebbero consentito
un’ulteriore crescita produttiva: i prototipi
di quelle che sarebbero diventate le grandi
industrie. La manodopera necessaria fu fornita dal crescente numero di contadini che
il sistema delle enclosures aveva impoverito
e spinto a cercare una diversa occupazione.
La presenza di mercanti-imprenditori,
di un’agricoltura moderna e di manodopera sempre più disponibile e attiva nelle industrie a domicilio costituirono dunque la
base, a partire proprio dall’Inghilterra, del
primo sviluppo dell’industria moderna.
La definitiva riorganizzazione
del commercio mondiale
Alla base della ripresa demografica, della
riorganizzazione produttiva e del rinnovato
slancio economico di Inghilterra e Olanda (e
almeno in parte della Francia) ci fu la defini-
La nascita delle «industrie
a domicilio»
Quando all’inizio del Settecento le popolazioni di Inghilterra, Olanda e Francia ripresero a crescere, si verificò un incremento
della richiesta di beni primari. L’aumento
della domanda interna e lo sviluppo dei
commerci stimolarono allora il passaggio
dalla tradizionale produzione artigianale
dei beni (concentrata nei laboratori di città)
al nuovo sistema dell’industria a domicilio,
che coinvolgeva le famiglie di campagna.
Il mercante-imprenditore, che possedeva le materie prime e poteva fornire alle
famiglie dei contadini i macchinari per la
produzione (per esempio i telai per la tessitura), distribuiva il lavoro in più case di
contadini. Costoro accettavano di arrotondare i loro guadagni nel lavoro dei campi
J. Reynolds, George Clive e la sua famiglia con una
fantesca indiana, 1765-66, Berlino, Gemaldegalerie.
Le rotte del commercio mondiale alla fine del Seicento
Acapulco
New York
Québec
L’Avana
Guadalupa
Nuova
Amsterdam
Lima
Macao
Canton
Manila
Calcutta
Londra
Lisbona
Amsterdam
La Rochelle
Pondicherry
Bombay
Batavia
Cadice
Caienne
Accra
Rio de Janeiro Bahia
Buenos Aires
Sofala
Città del Capo
tiva riorganizzazione del commercio mondiale, inaugurata dalle scoperte geografiche
del Quattrocento e del Cinquecento e dalle
importazioni di Spagna e Portogallo. D7
Nel corso del Seicento l’area del Mediterraneo perse definitivamente la sua centralità nel sistema degli scambi con l’Oriente a
favore delle rotte commerciali che partivano dall’Oceano Atlantico. D8 Nello sfruttamento di queste rotte Inghilterra, Olanda e
Francia erano favorite dalla loro posizione
geografica, mentre la decadenza di Spagna
e Portogallo apriva loro ampie possibilità di
sviluppo verso l’America del Nord e gli oceani Indiano e Pacifico.
Inghilterra, Olanda e, con qualche ritardo, la Francia potenziarono le loro flotte e
istituirono grandi compagnie commerciali, che poi incentivarono con la concessione di monopoli su alcune merci (zucchero,
tabacco, tè) e garantendo lo sfruttamento
esclusivo di alcune aree geografiche. Ricordiamo, per la loro importanza, la Compagnia inglese delle Indie Orientali (1600), la
Compagnia olandese delle Indie Orientali
(1602), la Compagnia olandese delle Indie
Occidentali (1614). Si trattava di compagnie
formate da imprenditori privati che investivano i propri capitali non solo per poter
sfruttare di traffici sempre più intensi, ma
anche per conquistare basi commerciali e
vere e proprie colonie.
Direttrici economiche
portoghesi
spagnole
inglesi
francesi
olandesi
altri
Le autorità politiche favorirono in ogni
modo i commerci delle proprie compagnie:
in primo luogo costruirono porti e cantieri,
difesero con la flotta militare e con gli eserciti le basi commerciali e le prime colonie
in America settentrionale, in India, nel Sudest asiatico e nel Pacifico; in secondo luogo
attuarono politiche protezionistiche, imponendo tasse sulle merci trasportate da mercanti di altri paesi o prodotte in altri paesi e
poi importate.
Nella seconda metà del Seicento, il commercio internazionale era ormai in mano
alle potenze del Nord Europa: poco restava del tradizionale predominio dell’Italia
e della più recente egemonia spagnola e
portoghese. In particolare, Olanda e
Inghilterra divennero anche
protagoniste del cosiddetto «commercio triangolare», con il quale si
esportavano merci
europee in tutto il mondo, si
importavano materie
prime dalle
Americhe e dalle colonie d’Asia e
si commerciava in
schiavi dall’Africa alle
Americhe.
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L’Europa dell’assolutismo
Dossier 7 p. 340
Dossier 8 p. 342
Disegno di vascello
olandese, il fluyt:
la più importante nave
mercantile del XVII
secolo, giocò un ruolo
fondamentale per
l’espansione commerciale
delle Fiandre.
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PROVINCE
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Montagna Bianca
(1620)
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Palatinato
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Possedimenti degli
Asburgo di Spagna
Possedimenti degli
Asburgo d’Austria
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(1634)
Interventi asburgici
Interventi asburgici
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Brandeburgo
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Rocroi
(1643)
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FRANCIA
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Interventi francesi
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Interventi asburgici
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1490
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REGNO DI
DANIMARCA
Trattati di Westfalia
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Interventi svedesi
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Lützen
(1632)
J. Callot, Miserie e disgrazie: distruzione e incendio di un villaggio, 1633: incisione raffigurante un episodio della Guerra dei Trent’Anni.
Praga
Boemia
La fase francese (1635-1648)
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PROVINCE
UNITE
FRANCIA
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Interventi danesi
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Interventi asburgici
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DANIMARCA
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PROVINCE
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SVIZZERA
La fase svedese (1630-1635)
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REGNO DI
DANIMARCA
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La fase danese (1625-1629)
REGN
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2)La fase danese (1625-1629). La dura repressione cattolica che seguì la vittoria
degli Asburgo scatenò l’ostilità dei principati e dei regni protestanti. Nel 1625 il
re Cristiano IV di Danimarca, appoggiato e finanziato da Inghilterra, Olanda e
Francia, entrò in guerra contro l’Austria.
Egli tuttavia subì pesanti sconfitte da parte delle truppe imperiali cattoliche e nel
1629 dovette accettare un accordo e uscire dal conflitto per evitare di perdere importanti territori. Ferdinando II d’Asburgo poté così imporre in tutta la Germania
un «editto di restituzione», con il quale si
obbligavano i principi protestanti a restituire alla Chiesa cattolica i beni ad essa
espropriati dopo la Riforma. Sembrò che
il mondo protestante tedesco fosse sul
punto di crollare.
La fase boemo-palatina (1618-1625)
ti
1)La fase boemo-palatina (1618-1625).
Reagendo alla rivolta, l’imperatore si alleò con la Spagna e la Polonia, attaccò i
protestanti boemi, sostenuti dal principe
elettore del Palatinato (protestante), e li
sconfisse nel 1620 nella battaglia della
«Montagna Bianca» (presso Praga). Dopo
la sconfitta, la Boemia fu sottoposta a una
dura repressione e anche il Palatinato fu
riportato con la forza al cattolicesimo.
L’Europa dell’assolutismo
4)La fase francese (1635-1648). Venne così
il turno della Francia, dove il re Luigi XIII
e il suo primo ministro Richelieu (un cardinale e quindi esponente della Chiesa
cattolica) intendevano impedire che austriaci e spagnoli affermassero la propria
supremazia sul continente. Anche se si
trattava di uno Stato cattolico, la Francia
decise quindi di muovere guerra contro
gli Asburgo, sostenuta da Olanda, Svezia,
Savoia, Mantova e Parma. Nel 1643 i francesi sconfissero gli spagnoli nella battaglia di Rocroi, ma la vittoria non fu decisiva. Ben prima della fine della guerra era
chiaro che in realtà non ci sarebbe stato
un vero vincitore.
RIA
Mentre la Spagna, l’Inghilterra, la Francia si
sviluppavano nel corso del Cinquecento e
del Seicento come Stati unitari, i vasti territori dell’Impero di Germania e dell’Europa
centrale erano frammentati e divisi in principati indipendenti. Alcuni di essi erano
cattolici, altri protestanti.
La potenza più importante della regione
erano gli Asburgo d’Austria, cattolici, detentori della dignità imperiale ma che non
esercitavano una vera autorità. All’inizio del
Seicento, l’aspirazione degli Asburgo era
quella di estendere la propria supremazia
a tutti gli Stati tedeschi e unificarli dal punto di vista politico e religioso, imponendo
ovunque la fede cattolica.
Questo ambizioso progetto incontrava
l’ostilità dei principi protestanti tedeschi e
dei regni protestanti dell’Europa settentrionale, Danimarca e Svezia. Anche la cattolica
Francia temeva la formazione ai suoi confini
orientali di un impero troppo potente, proprio in una fase in cui si andava consolidando e accentrando il suo sistema di potere.
Unico alleato dell’Austria erano dunque
gli Asburgo sovrani di Spagna, dominatori in Italia di Napoli e Milano, e da sempre
nemici dei protestanti e della Francia. A
cominciare dal 1618, tra tutte queste nazioni si combatté (soprattutto sul territorio
dell’attuale Germania) una terribile guerra
che, per la sua durata fino al 1648, fu detta
«Guerra dei Trent’Anni».
NGH
E
Le ambizioni degli Asburgo
d’Austria
Nel 1618, i protestanti della Boemia (Stato controllato dall’Austria) si ribellarono
all’imperatore Ferdinando II d’Asburgo,
che intendeva riportarli alla fede cattolica.
Cominciava così l’ultima grande guerra di
religione europea, un conflitto in cui i motivi religiosi erano la giustificazione per una
ben più accesa lotta per la supremazia politica. La guerra si svolse in quattro fasi.
3)La fase svedese (1630-1635). Lo strapotere imperiale degli Asburgo preoccupava
anche il re di Svezia Gustavo II Adolfo,
che scese in Germania con le sue truppe
e giunse fino in Baviera. In questa fase fu
particolarmente intenso il costoso intervento della Spagna al fianco di Ferdinando II. La guerra si svolse incerta tra vittorie svedesi e vittorie imperiali, e giunse a
una fase di equilibrio che, dopo la morte in battaglia del re di Svezia, portò nel
1635 alla pace di Praga: la Svezia si ritirava dal conflitto e i principi protestanti
tedeschi si sottomettevano a Ferdinando
II in cambio della sospensione dell’editto
di restituzione.
REGNO DI U
d’Austria e la Guerra
dei Trent’Anni
La Guerra dei Trent’Anni
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13.2 Gli Asburgo
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Le origini dell’Europa moderna
13.3 L’assolutismo in
Francia: da Richelieu
al «Re Sole»
L’Europa dell’assolutismo
Anonimo, Ritratto di
Federico II, re di
Prussia, a cavallo,
1780 circa.
Luigi XIII e il progetto di
creare una «monarchia assoluta»
Nel 1610 moriva, in Francia, il re Enrico IV,
che con l’Editto di Nantes aveva posto fine
alle guerre di religione. Sul trono salì, a soli 9
anni, suo figlio, Luigi XIII. Per la giovanissima età del re, il potere fu esercitato a lungo
dalla madre, Maria de’ Medici. Ma in questo
periodo di transizione la situazione interna
del paese fu tutt’altro che tranquilla, per due
motivi in particolare:
1)le pretese della nobiltà, che voleva affermare la sua autonomia dal potere del re;
Gerard Terborch, La ratifica della pace di Westfalia a Münster, 1648, Amsterdam, Rijksmuseum.
La pace di Westfalia
p. 314
Nel 1648 si giunse finalmente a firmare la
pace di Westfalia. Il progetto degli Asburgo
d’Austria era fallito: l’Impero sopravviveva
ormai solo con un valore simbolico e la reale situazione politica dell’Europa centrale
rimase sostanzialmente immutata. La guerra ebbe tuttavia alcune importanti conseguenze:
• la fine delle guerre di religione, perché
con la pace di Westfalia fu stabilito che in
tutti i territori dell’impero ciascuno potesse praticare la confessione cristiana in
cui si trovava alla data dell’accordo;
• il cambiamento della politica degli Asburgo d’Austria, che da questo momento si
dedicheranno a rafforzare il proprio regno come una monarchia assoluta senza
più tentare costruire uno Stato unitario
tedesco;
• la definitiva conferma dell’indipendenza della Repubblica delle Province Unite
(l’Olanda) e della Confederazione elvetica (la Svizzera);
Dossier 4 p. 334
• la sistemazione della situazione europea
permise successivamente all’Austria (tra
il 1680 e il 1699) di intraprendere diverse
iniziative militari contro i Turchi e di riconquistare due nazioni rilevanti come
l’Ungheria e la Croazia. L’Impero asburgico dunque riprese a espandersi non verso
ovest (Germania) ma in Europa centrale e
nei Balcani.
La Guerra dei Trent’Anni coinvolse direttamente, con terribili sofferenze, le popolazioni civili. Nei lunghi anni dell’interminabile
conflitto, le campagne e le città tedesche furono ripetutamente attraversate dagli eserciti, composti prevalentemente da mercenari: vera e propria piaga delle popolazioni,
essi trassero sostentamento dal saccheggio
sistematico dei luoghi che attraversavano e
commisero continue violenze sulle genti. In
questo senso si può affermare che la Guerra dei Trent’Anni fu la prima grande guerra
europea dell’epoca moderna. D4
Gli schieramenti durante la Guerra
dei Trent’Anni
Alleanza
cattolica
Alleanza
protestante
Austria
Spagna
Principati protestanti
della Germania
settentrionale
Francia (cattolica)
(1635-48)
Danimarca (1625-29)
Svezia (1630-35)
2)il crescente peso della minoranza di ugonotti, che con le loro attività economiche
e le loro fortezze costituivano una specie
di «Stato nello Stato» e suscitavano l’ostilità dei cattolici.
Divenuto ormai adulto, Luigi XIII si convinse che l’unità, la prosperità, la pace interna
e la potenza della Francia verso l’esterno
potevano essere rafforzate solo dalla piena
affermazione del potere della monarchia.
Egli pensava che il re, attraverso i suoi ministri, dovesse controllare ogni aspetto della
vita dei sudditi, dalla religione all’economia.
E questo senza dover rispondere a nessuno
del suo operato, sostenendo che la sua autorità derivasse direttamente da Dio.
Per realizzare questo progetto, nel 1624 il
sovrano nominò primo ministro il cardinale
Richelieu, convinto sostenitore del potere assoluto del re. [ I NODI DELLA STORIA p. 290]
La politica di Richelieu
Richelieu guidò di fatto la Francia per tutto il
periodo del regno di Luigi XIII. Sul fronte interno egli ridusse il potere e i privilegi della
nobiltà: molti castelli delle famiglie più indipendenti furono confiscati e ai nobili furono sottratti i ruoli di amministratori delle
province, di giudici e di difensori dell’ordine
pubblico, ruoli che furono assunti da funzionari dello Stato borghesi fedeli al re.
In tutto il paese, e in particolare nelle città più ricche, la pressione fiscale fu inasprita e venne sviluppato un efficace sistema di
riscossione. L’amministrazione del gettito
fiscale fu riservata strettamente al re e ai
suoi ministri, e venne di fatto annullato ogni
potere di controllo agli Stati Generali, l’assemblea dove sedevano i rappresentanti del
clero, dei nobili e della borghesia. L’assemblea veniva infatti convocata solo in situazioni particolarmente difficili per il paese e
in ogni caso solo su disposizione regia.
L’autorità della monarchia fu imposta
anche agli ugonotti. Richelieu condusse
contro di essi una lotta senza quartiere, riconquistando tutte le loro piazzeforti e costringendoli a sottomettersi all’autorità dello Stato senza eccezioni, come tutti gli altri
cittadini.
In politica estera, il primo ministro coinvolse la Francia nella Guerra dei Trent’Anni
e, pur essendo un alto membro della Chiesa
cattolica, si schierò contro l’alleanza cattolica tra Spagna e Austria. Dopo una serie di
conflitti, la Francia riuscì così a riprendere
la sua politica di espansione, che aveva conosciuto una battuta di arresto nel corso del
Cinquecento a causa delle sconfitte contro
Carlo V e Filippo II.
Alla morte di Richelieu (1642) e di Luigi XIII (1643) lo Stato, guidato dalla monarchia, aveva affermato con forza la sua
autorità. La corona si trovava comunque a
dover mediare tra ordini sociali rigidamente costituiti – un sistema che modellava
una società sostanzialmente bloccata – e
che reclamavano ognuno la propria parte
di vantaggi dal rafforzamento dell’autorità
centrale: da una parte l’alta nobiltà e il clero, che intendevano difendere ad ogni costo
i privilegi storicamente acquisiti; dall’altra
parte la borghesia mercantile, principale fi-
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282
1490
p. 204
potere assoluto:
è quello che viene
esercitato da un’autorità
(in questo caso quella
del re) che assume
e impone le proprie
decisioni senza doversi
confrontare con un’altra
autorità, per esempio
quella di un parlamento
o dei rappresentanti di
importanti ceti sociali,
come la nobiltà o la ricca
borghesia.
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1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini
1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti
1561 Prima fiera del libro a Francoforte
XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta
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Le origini dell’Europa moderna
Philippe de Champaigne, Il cardinale
Richelieu, 1637, Londra, National Gallery.
nanziatore dello Stato tramite il versamento
delle tasse, che pretendeva dalla monarchia
sia un maggiore impegno nel proteggere le
produzioni francesi dalla concorrenza estera, sia una politica estera espansionistica
che allargasse mercati, sfere di influenza e
colonie. In posizione intermedia si schieravano i nuovi aristocratici della «nobiltà di
toga», cioè coloro che avevano acquistato
dallo Stato (pagando la tassa detta paulette)
un titolo nobiliare associato alla funzione di
amministratore o di esattore delle tasse. Costoro formavano l’élite dei funzionari che,
pur legati alla monarchia – origine delle loro
fortune – tendevano a rendersi sempre più
autonomi (conseguenza dell’ereditarietà
delle cariche acquisite) e a pretendere una
limitazione ai poteri dello Stato (prima di
tutto in materia fiscale).
Il primo periodo del regno
di Luigi XIV: la «fronda»
Il successore di Luigi XIII – Luigi XIV –
aveva solo cinque anni quando ascese al
trono nel 1643 (ma sarebbe rimasto al potere fino al 1715). La reggenza fu assunta dal
nuovo primo ministro: il cardinale Giulio
Mazzarino (1602-1661), che intendeva seguire le orme del predecessore Richelieu e
rafforzare la monarchia.
In quegli anni la Francia era ancora
coinvolta nella Guerra dei Trent’Anni e la
crescente pressione fiscale era causa di
frequenti ribellioni da parte dei contadini
(che soffrivano condizioni di grave povertà), dei nobili (sempre insofferenti del potere regio), e – per la prima volta dalla sua
istituzione – da parte della nobiltà di toga.
Quest’ultima occupava un ruolo di rilievo
nei «parlamenti», assemblee provinciali che
dovevano approvare e far applicare i provvedimenti fiscali emanati dal governo centrale. Proprio dalla nobiltà di toga ebbe origine
nel 1648 la rivolta antiassolutistica detta
«fronda parlamentare». Essa fu provocata
dalla proposta di aumentare la paulette e
dal progetto di Mazzarino di riservare la riscossione delle tasse a intendenti di nomina
e di completa dipendenza regia. La rivolta,
che ebbe origine nel parlamento di Parigi si
saldò a movimenti popolari. Mazzarino e il
re dovettero addirittura abbandonare Parigi
sotto la minaccia della pressione popolare.
Tuttavia, il primo ministro seppe sfruttare le
divisioni tra gli stessi rivoltosi che, privi di
una strategia comune (gli interessi della nobiltà di toga, della borghesia cittadina e del
popolo non erano coincidenti), cedettero di
fronte alla forza delle armi e ad alcune limitate concessioni fiscali.
Immediatamente dopo, nel 1650, l’alta
nobiltà (la tradizionale «nobiltà di spada»
dei grandi proprietari terrieri) cercò di sfruttare il momento di difficoltà della monarchia per riaffermare il proprio ruolo politico
e istituzionale. Scoppiò allora la cosiddetta
«fronda dei principi». Anche in questo caso
la rivolta poté avvalersi in molte aree della Francia del sostegno popolare, ma dopo
un paio d’anni gli insorti vennero sconfitti
dall’esercito fedele alla monarchia. Nel mese
di ottobre del 1652 Luigi XIV faceva ritorno a
Parigi e riprendeva saldamente il potere.
Le rivolte popolari erano dunque state
represse duramente e i nobili, sia di toga che
di spada, avevano subito una pesantissima
sconfitta che riduceva pesantemente la loro
influenza all’interno dell’organizzazione
statale francese.
L’ideologia e la politica
del «Re Sole»
Morto Mazzarino nel 1661, Luigi XIV si mostrò consapevole dell’esigenza di affermare
da subito, con grande energia, la propria
autorità contro tutte le pretese delle classi
sociali dominanti e contro le spinte autonomistiche dei parlamenti provinciali. Egli
si propose come il centro di tutto: proprio
per questo e per la sua magnificenza, fu
chiamato il «Re Sole». Infatti, come i pianeti ruotano intorno al Sole, tutta la vita del
regno francese ruotava intorno al sovrano
e dipendeva da lui. Il potere personale del
sovrano era dunque superiore a qualsiasi altra autorità e traeva legittimità – affermava
il re – direttamente da Dio. A Luigi XIV viene
spesso attribuita questa frase: «L’État c’est
moi!» (cioè «Lo Stato sono io!»).
Coerentemente con questa concezione,
egli non nominò un nuovo primo ministro
in sostituzione di Mazzarino, e si assunse il compito di governare direttamente lo
Stato con l’aiuto di quattro consiglieri e
quattro ministri, da lui personalmente nominati. Questi collaboratori erano privi di
poteri autonomi, ed esercitavano il ruolo
di consulenti del sovrano; dovevano inoltre
eseguire i suoi comandi una volta che il re
avesse scelto la politica da seguire in ogni
circostanza e nei diversi settori del governo:
finanza, questioni religiose, politica estera e
politica interna.
Le decisioni assunte dal re erano fatte
applicare tramite il sistema dell’amministrazione intermedia dello Stato, affidata a
fedeli intendenti. A costoro veniva affidato
un incarico personale, temporaneo (cioè
poteva essere revocato in caso di inefficienza e infedeltà) e non ereditario, come
invece accadeva nel caso della nobiltà di
toga. Compito principale degli intendenti
era quello di occuparsi della regolarità delle
entrate fiscali e di vigilare sull’operato delle
amministrazioni locali, provinciali e municipali, che venivano così sottoposte al controllo del governo centrale. Attraverso gli intendenti, il re e i suoi ministri esercitavano
dunque un controllo diretto su tutte le questioni più importanti: la burocrazia statale
rendeva così presente ed efficace l’autorità
suprema del re in ogni angolo del paese.
I nobili furono privati di ogni potere. Essi
ottennero in cambio la conferma di alcu-
Pierre Patel, Il castello di Versailles verso il 1668.
ni privilegi, il più importante dei quali era
l’esenzione dal pagamento delle tasse. Inoltre, Luigi XIV fece costruire una splendida
reggia a Versailles, ad alcuni chilometri da
Parigi, dove risiedere con una corte di nobili che potevano così essere tenuti sotto
controllo: infatti, in funzione di una precisa
strategia volta a ridurre il potere della nobiltà, creò un’aristocrazia di corte, totalmente fine a se stessa, parassita dell’ambiente
regio ma asservita ai desideri del sovrano.
[Testimonianze  documento 5, p. 318] A
Il controllo dello Stato sulla
società e sull’economia
Il principale e più ascoltato consigliere di re
Luigi XIV, efficace interprete della sua politica di rafforzamento del potere centrale, fu
il ministro delle Finanze Jean-Baptiste Colbert, che rimase a fianco del sovrano dal 1661
al 1683.
Colbert impose in campo economico il
centralismo e il forte intervento dello Stato,
seguendo con coerenza una politica produttiva e fiscale gradita alla borghesia mercantile. Utilizzò un approccio protezionistico,
imponendo forti dazi sulle merci provenienti dall’estero (e in particolare da Inghilterra
e Olanda) e avvantaggiando le produzioni
francesi. Favorendo e sviluppando con questo strumento il mercato interno, Colbert
poté contare su entrate fiscali crescenti
provenienti dal regolare prelievo dello Stato sulle attività economiche e commerciali:
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L’Europa dell’assolutismo
Album p. 292
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XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta
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Le origini dell’Europa moderna
del ministero delle finanze furono create nel
1664 una Compagnia delle Indie Orientali e
una Compagnia delle Indie Occidentali, dotate di agevolazioni fiscali e di diritti esclusivi su alcune importazioni. Le Compagnie
diedero impulso all’espansione coloniale
francese in Asia (con la creazione di basi in
India e in Indocina) e in America settentrionale (Canada e Louisiana, una colonia così
denominata in onore di Luigi XIV).
La politica mercantilistica di Colbert diede un impulso decisivo allo sviluppo della
Francia. Tuttavia, il sistema produttivo e
mercantile francese, proprio perché protetto e stimolato dal costante intervento dello
Stato, mostrò minori capacità imprenditoriali rispetto ai concorrenti sistemi inglese e
olandese: una differenza destinata a pesare
quando, tra Seicento e Settecento, in Inghilterra prese avvio la Rivoluzione industriale,
rispetto alla quale il sistema francese subì
per lungo tempo un ritardo significativo.
É. Le Blond, Luigi XIV visita la manifattura dei Gobelins,
arazzo, XVII sec., Versailles, Musée du Château
un prelievo razionalizzato e garantito anche
dallo sviluppo del sistema degli intendenti,
che limitava al minimo i passaggi intermedi
tra il contribuente e lo Stato. In questo modo
le casse pubbliche si arricchirono e fu possibile dotare il regno di un forte esercito, che fu
utilizzato da Luigi XIV per promuovere una
politica estera espansionistica (altra scelta
gradita ai ceti impreditoriali e produttivi).
L’interventismo statale in campo economico non si limitò alla protezione dalla concorrenza estera. Colbert assegnò allo Stato
stesso un ruolo attivo nel sistema manifatturiero: la produzione di alcune merci (in
particolare i beni di lusso destinati in buona
parte all’esportazione come sete, tappezzerie, ceramiche, ma anche la produzione di
metalli e armamenti) fu infatti riservata a
fabbriche create e gestite direttamente dal
governo (le «manifatture della Corona») o
da privati autorizzati dal governo (nelle «manifatture reali»). Inoltre, lo Stato si riservò il
monopolio in alcuni importanti commerci
(ad esempio, sale, tabacco e carte da gioco).
Lo Stato francese seppe anche investire
parte delle sue entrate per la costruzione di
infrastrutture destinate a migliorare la circolazione di merci: strade, ponti, canali fluviali,
porti e cantieri navali. Sempre su iniziativa
p. 314
La normalizzazione della vita
religiosa
Anche in materia religiosa Luigi XIV attuò
una politica accentratrice. Questa fu perseguita lungo due direttrici: la persecuzione
delle minoranze religiose (prima fra tutte
quella calvinista degli ugonotti) e il crescente controllo sulla Chiesa cattolica.
Luigi XIV, a dispetto dell’editto di Nantes,
limitò fortemente la libertà di ogni culto diverso da quello cattolico; negò inoltre agli
ugonotti l’accesso alle cariche pubbliche e
l’esercizio di alcune professioni. Nel 1685,
poi, emanò l’editto di Fontainebleau, che
sopprimeva definitivamente quello di Nantes, proibiva esplicitamente il culto calvinista e toglieva agli ugonotti il diritto di mantenere piazzeforti e città fortificate a loro
difesa. Di conseguenza, si verificò una massiccia emigrazione calvinista verso l’estero:
almeno in 350.000 si rifugiarono in Olanda,
Svizzera, Inghilterra e Prussia. In buona parte si trattava di artigiani, professionisti e imprenditori: il definitivo recupero dell’unità
religiosa fu raggiunto dunque al prezzo di
un significativo indebolimento del sistema
produttivo.
Luigi XIV intervenne direttamente anche
contro la Chiesa cattolica, la quale, nella
visione politica della monarchia assoluta,
doveva diventare un docile strumento del
potere politico. Il re volle quindi intromettersi nell’amministrazione delle diocesi e
riservarsi il diritto di nomina dei vescovi.
Nacque un duro conflitto con lo Stato pontificio. Alla ferma reazione del papa Innocenzo XI (1676-1689) Luigi XIV oppose la
convocazione nel 1682 di un’Assemblea
nazionale del clero: in questa sede fu approvata una Dichiarazione dei quattro articoli (detti «articoli gallicani», cioè a difesa
della tradizionale autonomia da Roma della
Chiesa francese) che affermava la necessità
di limitare l’autorità del papato (si sosteneva ad esempio la superiorità dei concili sul
papa) e la piena potestà del re nella nomina
dei vescovi. Il papa scomunicò il re ma non
ottenne di farlo recedere dalla sua politica.
Solo dopo il 1691, con il nuovo papa Innocenzo XII, fu raggiunto un compromesso
che di fatto confermava l’autonomia della
Chiesa francese e l’autorità su di essa del sovrano: Roma riconosceva i vescovi nominati
da Luigi XIV in cambio della condanna delle
teorie più estreme contenute nella Dichiarazione del 1682.
Un altro fronte religioso sul quale, sempre per motivi politici, Luigi XIV si mosse
con veemenza fu quello della repressione
del movimento giansenista, un movimento
spirituale cristiano che sosteneva la necessità di tornare a un maggior rigore morale. Tra
le aspirazioni che animavano i giansenisti vi
era anche quella ridurre la compromissione
tra religione e potere politico: una richiesta
chiaramente intollerabile per il Re Sole. Egli
insistette con il papa per la condanna assoluta e definitiva del giansenismo e intervenne duramente distruggendo l’abbazia di
Port-Royal, sede principale del movimento.
H. Rigaud, Ritratto di Jacques Benigne Bossuet, 1702, Parigi, Louvre.
L’espansione della francia durante il regno di Luigi XIV
PROVINCE UNITE
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REGNO DI INGHILTERRA
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Versailles
La politica estera
espansionistica
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Regno di Francia nel 1643
Territori conquistati
da Luigi XIV
Confine del Regno
di Francia nel 1715
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Lille
Rennes
Il lungo regno di Luigi XIV fu caratterizzato
da una politica estera espansionistica che
pose la Francia in costante conflitto con tutte le principali potenze europee.
A questo scopo si procedette anzitutto a
una radicale riforma dell’esercito. La guida delle truppe fu in gran parte sottratta
all’aristocrazia e affidata a professionisti;
gli avanzamenti di carriera vennero accordati in base ai meriti conseguiti, e fu abbandonato il criterio dell’anzianità o del titolo
nobiliare. A tutti i militari furono assicura-
L’Europa dell’assolutismo
Montpellier
Tolosa
Avignone
Aix-en-Provence
Marsiglia
Tolone
Mare Mediterraneo
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1561 Prima fiera del libro a Francoforte
XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta
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Le origini dell’Europa moderna
Il re di Francia Luigi XIV proclama il duca d’Angiò
re di Spagna, stampa a colori del XVIII sec.
ti salari regolari e, nel caso degli ufficiali,
particolarmente elevati. Fu così possibile
migliorare la disciplina delle truppe e imporre il rispetto delle strutture gerarchiche
di comando. Furono introdotte nuove armi
(granatieri, fucilieri) e razionalizzata la divisione in reggimenti e in reparti. In breve,
l’esercito diventò un formidabile strumento
a disposizione della corona e venne largamente impiegato per imporre gli interessi
francesi sullo scacchiere internazionale.
La Francia si impegnò anzitutto nel sostenere le pretese del re nella successione
al trono di Spagna. Luigi XIV aveva infatti
sposato la figlia di Filippo IV di Spagna e
alla morte del sovrano spagnolo (1665) decise di sostenere i diritti della moglie. Era un
pretesto per impossessarsi dei Paesi Bassi
spagnoli: nel 1667 le truppe francesi occuparono alcune città delle Fiandre. La reazione spagnola e la mediazione dell’Olanda e
dell’Inghilterra stabilizzarono la situazione
e nel 1668 Luigi XIV firmò la pace di Aquisgrana, che accordava alla Francia modesti
vantaggi territoriali nelle Fiandre.
Nel 1672 fu la volta dell’Olanda, potentissimo concorrente commerciale della
Francia. Il paese fu invaso e le truppe francesi vennero fermate solo inondando il territorio tramite la rotture delle dighe marine.
Anche in questo caso, la reazione del fronte
antifrancese limitò le conquiste di Luigi XIV
all’annessione della Franca Contea, come
stabilito dalla pace di Nimega del 1678.
Successivamente la Francia rivolse la propria attenzione al rafforzamento dei confini
orientali del regno e occupò l’Alsazia, la Lorena, il Lussemburgo e la città di Strasburgo.
La preoccupazione delle potenze europee fu
tale che, su iniziativa austriaca, venne promossa un’alleanza antifrancese composta
da Spagna, Olanda, Svezia, alcuni principati
tedeschi, Inghilterra e, appunto, Austria: la
cosiddetta «Lega di Augusta». Il conflitto fu
estenuante (e costosissimo) e terminò con
gli accordi di Ryswick (1697), che assegnavano l’Alsazia e Strasburgo alla Francia, la
quale però doveva rinunciare alla Lorena e
al Lussemburgo.
Dopo lunghi anni di guerre ed enormi
spese militari la Francia aveva fallito l’obiettivo di conseguire la supremazia continentale, e anzi si era trovata in una condizione
di assoluto isolamento nel contesto politico
europeo. La monarchia assoluta francese
inoltre era uscita sostanzialmente indebolita dalle vicende belliche. In primo luogo, le
casse dello Stato erano state praticamente
prosciugate e la borghesia mercantile non
aveva ottenuto la tanto desiderata espansione territoriale, coloniale e commerciale.
In secondo luogo, divennero evidenti ai più
le contraddizioni del sistema politico della
monarchia assoluta: in particolare i rischi di
affidare il destino di un paese alla limitata
visione di un re e dei suoi consiglieri. Cominciò a emergere la superiorità di sistemi
politici, quali ad esempio quello inglese, in
cui, attraverso il Parlamento, le classi sociali
emergenti potevano esercitare un controllo
sulla conduzione dello Stato. [Testimonianze  documento 6, p. 318]
13.4 La Prussia
e la Russia
La Prussia, uno Stato
accentrato sempre più potente
Nel Seicento il ducato di Prussia (la regione
di Berlino con una parte separata dal territorio polacco) era guidata dalla famiglia
degli Hohenzollern, che esercitavano un
potere assoluto su un territorio molto frammentato.
Tra il 1640 e il 1688, il duca Federico Guglielmo riuscì a espandere i propri domini
anche grazie alla partecipazione alla Guerra
dei Trent’Anni e ad alcuni vantaggi territoriali ottenuti con la pace di Westfalia, e pose
le basi per la nascita di una futura potenza
europea. Il ducato non era molto ricco: la
maggior parte della popolazione era costituita da contadini poveri che vivevano in
grandi proprietà terriere gestite in modo
sostanzialmente feudale; inoltre le città erano piccole e prive di quelle attività di grande commercio che facevano la fortuna delle
maggiori potenze europei.
Federico Guglielmo, tuttavia, riuscì rafforzare il suo Stato frammentato sviluppando un forte esercito, lasciandolo in eredità,
come principale ricchezza, al figlio Federico
III (1688-1713). Nel 1701 questi assunse il titolo di re di Prussia e seguì le orme del padre
nel governare con autorevolezza secondo il
modello della monarchia assoluta.
Nell’ultima fase del Seicento la Prussia
accolse migliaia di espatriati francesi ugonotti, che impressero un forte impulso alla
modernizzazione del paese, in particolare
potenziando il settore produttivo artigianale e avviando le prime produzioni industriali. In generale, la preminenza dei nobili proprietari terrieri e la presenza di uno Stato
sempre più accentrato e moderno furono
i tratti distintivi di questo regno, tratti che
caratterizzarono la stessa Prussia e poi il futuro Stato unitario tedesco fino all’inizio del
XX secolo.
Fino al 1689, infatti, nel principato di Moscovia, guidato dalla dinastia dei Romanov,
il potere era in gran parte nelle mani dei
nobili proprietari terrieri (detti «boiardi»)
e della Chiesa ortodossa. Entrambe queste
componenti della società mantenevano il
paese in una condizione di arretratezza medievale: la popolazione era costituita principalmente da contadini poveri e analfabeti,
veri e propri «servi della gleba», proprietà
dei padroni delle terre e privati di ogni diritto. L’economia era particolarmente poco
sviluppata: oltre all’agricoltura – peraltro
essa stessa fortemente arretrata – mancavano le industrie e i commerci erano ridotti al
minimo, anche perché a sud e a est permaneva il dominio dei Tartari, che limitavano i
contatti con l’Asia.
La Russia era isolata dal resto del mondo e
quasi nessun abitante del principato era a
conoscenza dei grandi progressi compiuti
dall’economia e dalla cultura degli Stati moderni in Europa occidentale.
Il Regno dello zar Pietro I
«il Grande»
Nel 1689 salì al trono lo zar Pietro I, che governò fino al 1725. Egli, per l’efficacia della
sua politica e per le sue ambizioni fu detto
«il Grande»: nel corso del suo regno la Russia fece un importante balzo in avanti come
Stato europeo.
La Russia verso la fine
del Seicento
Dopo la Spagna, la Francia, l’Austria e la
Prussia, tra Seicento e Settecento anche la
Russia divenne uno Stato guidato da un sovrano assoluto.
J.M. Nattier, Ritratto di Pietro I il Grande,
1717, San Pietroburgo, Hermitage.
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L’Europa dell’assolutismo
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XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta
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Le origini dell’Europa moderna
Pietro combatté e limitò il potere e le ricchezze dei boiardi e della Chiesa, impose ai
nobili modi di vita occidentali e rafforzò la
monarchia. Comportandosi come un sovrano assoluto, costrinse la Russia a una rapida
modernizzazione:
• spostò la capitale da Mosca a San Pietroburgo, da lui stesso fondata e costruita
come una città europea; A
• la nuova capitale si affacciava sul mar Baltico, da dove lo zar aumentò i contatti con
l’Europa e diede impulso ai commerci;
• la Russia si dotò di un forte esercito e una
grande flotta, che fu costruita da numerosi cantieri navali;
J.-B. Martin, L’assedio di
Namur da parte di Luigi XIV,
Versailles, Musée du Château.
Album p. 292
• molti artisti, architetti, ingegneri e tecnici furono fatti venire dall’Europa per
sviluppare le industrie, costruire palazzi,
strade e ponti. A loro volta, molti giovani
figli delle più importanti famiglie russe furono mandati a studiare in Europa;
• seguendo l’esempio della Francia fu for-
mata una classe di funzionari stipendiati
dallo Stato e incaricati di far eseguire gli
ordini dello zar.
La modernizzazione forzata della Russia
ebbe effetti vistosi, come le vittorie militari contro la Svezia e la Turchia, l’espansione
dei territori dell’Impero e l’incremento della produzione industriale e dei commerci.
Tuttavia, la parte preponderante della società russa, cioè la popolazione contadina,
non fu interessata da questi provvedimenti: i
servi della gleba continuarono a vivere nelle
stesse condizioni dei secoli precedenti.
Il modello di governo della monarchia assoluta espresse dunque, in Russia, tutta la sua
efficacia, ma anche tutti i suoi limiti: il paese
divenne una potenza di livello europeo, ma
al suo interno non si sviluppò, se non in misura molto limitata, quella borghesia industriale e mercantile che in quei decenni e per
tutti i due secoli successivi costituì il motore
dello sviluppo delle due potenze realmente
emergenti: l’Inghilterra e l’Olanda.
Quali furono le caratteristiche dell’assolutismo?
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Fondazione della Compagnia
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Richelieu primo ministro
di Francia
1643-1715
Luigi XIV re di Francia
I NODI DELLA STORIA
L’assolutismo monarchico, venuto a completa maturazione nel
corso del Seicento, fu un passaggio fondamentale per l’affermazione dello Stato moderno. La questione può sembrare
oggi paradossale: per noi, che siamo affezionati all’idea della
democrazia rappresentativa e della sovranità impersonale, la
coincidenza del potere politico del re con la sua stessa persona
fisica sembrerebbe essere un modello lontanissimo. In realtà,
se analizziamo lo stesso termine «assolutismo», comprendiamo
molti aspetti della questione. Assoluto significa absolutus, ossia
sciolto da qualsiasi legame. Nel Medioevo i sovrani dei nascenti
Stati nazionali erano fortemente condizionati, se non addirittura
imbrigliati, in una fitta tela di rapporti vassallatici e di rivendicazioni della propria autonomia da parte dei signori locali, delle
città, dei vari poteri ecclesiastici e civili. Si trattava di quello che
gli storici hanno chiamato il policentrismo medioevale, una
realtà nella quale il sovrano era percepito più come un primus
inter pares che come un vero sovrano. A partire dalla fine della
Guerra dei Cent’Anni, ma con un’accelerazione significativa al
principio del XVII secolo, i sovrani nazionali cominciano a rivendicare il potere sulla periferia del regno e a non tollerare più
l’autonomia dei ceti privilegiati, la vecchia aristocrazia militare e la nuova nobiltà di toga. La necessità di vendere le
cariche pubbliche, d’altronde, era una caratteristica del nuovo
Stato moderno. Non si trattava solo di una necessità economi-
1596-1645
La Spagna va per quattro volte
in bancarotta
ca, ma anche di un modo per complicare gli assetti sociali della
nazione, per generare nuove clientele e fedeltà personali verso
il sovrano. Ma, alla lunga, anche il sistema della venalità delle
cariche e della contrapposizione tra vecchia nobiltà di spada
e nuova aristocrazia di toga si sarebbe rivelato insufficiente.
Il sovrano assoluto aveva bisogno di nuovi servitori e di nuovi
strumenti per ribadire il proprio dominio. Era la strada iniziata
in Francia da Richelieu, con l’introduzione degli intendenti,
personaggi reclutati fuori dalla cerchia della nobiltà in virtù della
loro competenza e della loro fedeltà al sovrano. Con Luigi XIV
il sistema si sarebbe raffinato: sconvolto dalle rivolte frondiste
avvenute durante la sua minore età, il Re Sole tolse definitivamente all’aristocrazia ogni velleità di condivisione del potere.
Convinse i nobili a lasciare la periferia (dove erano scarsamente
controllabili) e a venire nella capitale; offrì loro il meraviglioso
spettacolo del suo potere assoluto nella cornice grandiosa e
barocca della reggia di Versailles. Senza apparentemente più
ostacoli, il cammino dell’assolutismo sembrava destinato a ulteriori grandiose vittorie. In realtà, nuove contraddizioni si profilavano all’orizzonte: il costo eccessivo della «società di corte»;
il fascino contagioso del modello costituzionale inglese; l’aspirazione della parte più dinamica del Terzo Stato (cioè i cittadini
che non appartenevano né al clero né alla nobiltà) di contare
finalmente qualcosa negli assetti dei poteri costituiti.
1664
Fondazione della Compagnia
francese delle Indie Orientali
1680-1699
L’Austria strappa al dominio
turco Ungheria e Croazia
1685
Luigi XIV sopprime la libertà
di culto in Francia
1689
Pietro I Romanov zar di Russia
1701
Federico III Hohenzollern
acquisisce il titolo di re
di Prussia
L’Europa dell’assolutismo
1 L’economia europea nel Seicento attraversa una fase di crisi, che ha
come esito la definizione di un diverso sviluppo tra Nord da una parte e
Sud e Est dall’altra. Nel corso del XVII secolo la popolazione europea diminuì sensibilmente in paesi come la Spagna, l’Italia e la Germania, mentre crebbe lentamente
(per riprendere dopo la metà del secolo) in Francia, Olanda e Inghilterra. I motivi
della contrazione demografica furono sia eccezionali (cambiamenti climatici, carestie, guerre, disordini sociali dovuti alla povertà) sia strutturali (impoverimento delle
classi popolari, aumento dei prezzi del cibo, arretratezza delle agricolture nei paesi
meridionali e orientali). Dalla crisi economica si ripresero brillantemente l’Inghilterra,
l’Olanda e in parte la Francia. In questi paesi l’agricoltura si differenziò e modernizzò,
le terre vennero recintate e sfruttate appieno da proprietari-imprenditori, si diffusero
le colture industriali, cominciò a organizzarsi la produzione manifatturiera (sia nel
lavoro a domicilio sia nelle prime grandi fabbriche). I commerci mondiali si riorganizzarono sulle rotte oceaniche e il Mediterraneo fu definitivamente abbandonato.
2 Tra 1618 e 1648 si combatte la Guerra dei Trent’Anni: l’ultima grande
guerra di religione, originata dalle mire espansionistiche degli Asburgo
d’Austria in Germania e Europa centrale. Nella prima metà del Seicento, con la
terribile Guerra dei Trent’Anni, fallì il sogno degli Asburgo d’Austria di regnare da imperatori su una Germania unita e riportata all’unità della fede cattolica. Con la pace
di Westfalia (1648), gli Asburgo dovettero rassegnarsi alla frammentazione politica
della Germania e si dedicarono a rafforzare il proprio regno come una monarchia assoluta. Essi si opposero con successo ai Turchi, frenando la loro avanzata in Europa
centrale, e cominciarono a espandersi nei Balcani.
3 In Francia si afferma la «monarchia assoluta», che raggiunge il suo apice
nel regno di Luigi XIV, detto il «Re Sole». Come già la Spagna, grande potenza
in declino nel Seicento, così anche la Francia nel corso del secolo venne guidata da
una monarchia assoluta: un sistema di governo che poneva il re al centro di ogni
aspetto della vita politica, economica, culturale e sociale. Egli sottrasse potere ai
nobili e governò senza sottoporre le sue decisioni all’approvazione di un Parlamento.
A porre la basi della monarchia assoluta in Francia fu il cardinale Richelieu, che dal
1624 al 1642 fu primo ministro durante il regno di Luigi XIII. Egli ridusse i poteri dei
nobili e combatté gli ugonotti, che godevano di alcuni privilegi e di autonomia. Il successore di Richelieu, il cardinale Mazzarino, servì come primo ministro nella prima
parte del regno di Luigi XIV e lo difese dalle rivolte dei nobili. Nel 1661, alla morte di
Mazzarino, Luigi XIV non nominò un primo ministro e decise di governare da solo: egli
venne chiamato il «Re Sole» e regnò con l’aiuto di pochi fidati consiglieri e ministri,
prendendo direttamente ogni decisione. I nobili furono privati di ogni influenza sulla
politica dello Stato; in cambio il re riservò loro il privilegio di non pagare le tasse e
di risiedere nella sua corte, a Versailles. L’amministrazione della giustizia, l’ordine
pubblico e la riscossione delle tasse furono riservati a funzionari fedeli al sovrano.
In economia, lo Stato si riservò dei monopoli, cioè la produzione e il commercio in
esclusiva di alcuni prodotti. Infine, Luigi XIV impose l’unità religiosa alla Francia,
perseguitando gli ugonotti e costringendoli o alla conversione o all’esilio.
4 Il sistema della monarchia assoluta guida allo sviluppo e alla modernizzazione anche la Prussia e la Russia. Nel corso del Seicento si assistette al
primo sviluppo dello Stato prussiano, guidato con mano ferma dalla famiglia degli
Hoenzollern. Più a est, grazie alla modernizzazione imposta dallo zar Pietro I il Grande, la Russia si avviò a diventare una potenza europea: ebbe una nuova capitale, San
Pietroburgo, un esercito e una flotta, un’amministrazione guidata dallo Stato, una
nobiltà e una Chiesa sottomesse all’autorità del sovrano. Le riforme, tuttavia, non
cambiarono la vita nelle campagne, dove vivevano migliaia di servi della gleba.
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3
13
Le origini dell’Europa moderna
L’Europa dell’assolutismo
La corte: residenza del sovrano e centro
del potere assolutistico
In epoca medievale e nei primi secoli dell’Età moderna la corte aveva rappresentato principalmente il luogo
di residenza del re e della sua famiglia. Il personale che vi abitava era stato piuttosto limitato e si era occupato soprattutto dei servizi indispensabili per la vita quotidiana del sovrano. Questi servizi riguardavano
la gestione del guardaroba, della cucina, degli appartamenti, degli equipaggi di cavalleria, delle attività di
caccia e dei divertimenti. Con l’affermazione dell’assolutismo e con il rafforzamento del potere regio, la corte assunse invece, fra XVII e XVIII secolo, un’importanza crescente. Non fu più solo la residenza privata del
re, ma divenne anche la sede del governo e dei ministri, di tutti i principali funzionari dell’amministrazione
statale e dei nobili più importanti del regno.
Il castello di Schönbrunn a Vienna.
Tra città e campagna
Nel corso del XVII e del XVIII secolo le
principali dinastie europee fissarono definitivamente la loro residenza presso la
capitale del regno, abbandonando la consuetudine di cambiare spesso città. I sovrani edificarono allora un palazzo di città,
collocato nell’area centrale della capitale,
e anche una residenza di campagna dotata non solo di grandi e sontuosi giardini,
ma anche di un bosco da dedicare alla
caccia, uno dei passatempi più diffusi.
Veduta aerea della Piazza del Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo.
Il Binnenhof all’Aia, sede degli Stati generali
della Repubblica delle Province Unite.
La stanza della regina nella reggia di Versailles.
Gli Stati non assolutistici: la centralità del Parlamento
Nuovi palazzi reali
Galleria degli specchi della reggia di Versailles.
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La centralità della corte e l’aumento del
personale che doveva lavorarvi e abitarvi
spinsero i sovrani europei, nel corso del
XVII secolo, a costruire nuovi palazzi più
grandi e spaziosi. Lo scopo principale di
questa decisione non era, in realtà, quello
di garantire maggiore comfort alla nobiltà e ai funzionari della corona, ma quello
di sottolineare il potere e il prestigio del
sovrano, considerati proporzionali alla
grandezza e al lusso del palazzo reale.
Negli Stati che non conobbero lo sviluppo di un sistema di governo assolutistico, le istituzioni rappresentative di tipo parlamentare
conservarono un’importanza e una visibilità maggiori rispetto alla corte del sovrano. Di conseguenza, nel XVII secolo gli edifici che
ospitavano tali istituzioni si caratterizzarono ancora per una evidente centralità all’interno delle capitali di questi Stati.
Il palazzo di Westminster a Londra, sede del Parlamento britannico.
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293
3
13
Le origini dell’Europa moderna
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
ATTIVITÀ
2
Osserva le cartine a p. 281 e incrociando le informazioni fornite da esse e quelle che ricavi dal testo, ricostruisci
le fasi della Guerra dei Trent’Anni.
Ferdinando II d’Asburgo conclude la pace di Praga con i principi protestanti, che si sottomettono
1 Nel
all’imperatore in cambio della sospensione dell’editto di restituzione
2 Nel
i francesi sconfiggono gli spagnoli nella battaglia di Rocroi
3 Nel
viene firmata la pace di Westfalia
4 Nel
Luigi XIII nomina primo ministro il cardinale Richelieu
5 Nel
, sotto il regno di Luigi XIV, viene nominato primo ministro il cardinale Giulio Mazzarino
6 Nel
scoppia la rivolta antiassolutistica detta «fronda parlamentare»
7 Nel
scoppia la «fronda dei principi», animata dal desiderio della nobiltà di riaffermare il proprio ruolo politico
e istituzionale
8 Dal
al
il ministro delle Finanze Jean-Baptiste Colbert avvia il riordino delle finanze, imponendo
in campo economico il centralismo e un forte intervento statale
9 Nel
Luigi XIV emana l’editto di Fontainebleau che proibisce la libertà di culto per i calvinisti
10 Nel
Federico III assume il titolo di re di Prussia
11 Dal
al
lo zar Pietro «il Grande» regna in Russia
12 Nel
Luigi XIV convoca l’Assemblea nazionale del clero, nel corso della quale viene approvata la
dichiarazione degli «articoli gallicani» in difesa dell’autonomia da Roma della Chiesa francese
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel Seicento.
1
2
3
4
5
6
7
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi distingui con due colori diversi gli eventi
contemporanei alla Guerra dei Trent’Anni e quelli che avvengono dopo.
5
Recessione economica
Debolezza strutturale
Liquidità
Canone di affitto
Prototipo
Fronda
Contribuente
Nel capitolo si parla dei «Parlamenti» francesi, protagonisti della «fronda parlamentare» del 1648. Prova a riflettere
sul significato di «Parlamento» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega la differenza tra la funzione dei
Parlamenti francesi del Seicento e quella dell’attuale Parlamento italiano.
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa alla recessione economica della prima metà del Seicento.
Poi rispondi alle domande.
Le cause prossime e remote della recessione economica della prima metà del Seicento
1 Quali sono le cause e le
conseguenze della riduzione
della popolazione nel Seicento?
2 Quali sono le cause delle crisi
ereditate dal Cinquecento?
3 Quali sono le ragioni
dell’impoverimento della
popolazione nel Cinquecento?
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
Nel corso del Seicento la Francia vede l’affermazione dell’assolutismo, che ha come protagonisti i sovrani
Luigi XIII e Luigi XIV e i potenti primi ministri Richelieu e Mazzarino. Il progetto di Luigi XIII, infatti,
è quello di creare una (1)
assoluta per ridare unità e prosperità al paese, attraverso il
controllo di ogni aspetto della (2)
dei sudditi, dalla religione all’economia. Per realizzare
questo progetto, egli nomina primo ministro il cardinale (3)
, convinto sostenitore del
potere assoluto del re, che di fatto guida la Francia per tutto il periodo del regno di Luigi XIII. In politica
interna egli si preoccupa di ridurre i privilegi della (4)
e annulla ogni potere di controllo
agli Stati Generali; inoltre impone l’autorità della monarchia anche agli ugonotti, riconquistando tutte
le loro (5)
e costringendoli a sottomettersi all’autorità dello Stato. In politica estera,
invece, il primo ministro coinvolge la Francia nella Guerra dei Trent’Anni, riprendendo così una politica
di (6)
.
Scomparsi Luigi XIII e Richelieu, il potere passa nelle mani di Luigi XIV, ancora bambino, e del
cardinale Mazzarino; quest’ultimo continua la politica accentratrice del suo predecessore e sconfigge
le rivolte della «fronda (7)
» e della «fronda dei principi». Dopo la sua morte, Luigi XIV
assume personalmente le redini del governo, imponendosi come sovrano assoluto e assumendo per
questo l’appellativo di «Re Sole». La sua politica segue quella già delineata da Richelieu e Mazzarino
e si caratterizza per una forte (8)
amministrativa, un ferreo controllo dello Stato
sulla società e l’economia (attuato grazie al fedele consigliere e ministro delle (9)
Jean-Baptiste Colbert) nonché la normalizzazione della vita religiosa attraverso la persecuzione
degli Ugonotti e il crescente controllo sulla (10)
cattolica. Egli inoltre persegue una
politica estera espansionistica volta a imporre l’egemonia francese sul continente; tuttavia, questa non
darà i risultati sperati e ben presto la Francia vedrà emergere le contraddizioni e i rischi di un sistema
politico basato sul potere (11)
di un monarca.
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L’Europa dell’assolutismo
Mostra quello che sai
7
Osserva l’immagine a p. 284 e analizza postura e posizione del personaggio: quale atteggiamento traspare?
Perché, secondo te, è stato scelto un ritratto a figura intera?
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