http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Edizioni HacMed Presenta ANATOMIA D’ORGANO Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 1 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione CAVITÀ ADDOMINALE La cavità addominale è la più grande del corpo, si trova nel tronco, al di sotto di quella toracica, da cui è separata dal diaframma. Il limite inferiore è il piano immaginario passante per lo stretto superiore della pelvi, luogo di passaggio tra grande e piccola pelvi. Gli organi sotto a questo piano sono detti organi pelvici. La grande pelvi fa quindi parte della cavità addominale. Scheletro Parte lombare della colonna vertebrale. Il diaframma, essendo cupuliforme, ha il culmine che proietta verso la parete toracica. L5 (ultima vertebra lombare) si continua nella cifosi sacrale. L’osso sacro è l’osso dorsale principale della piccola pelvi. Questo si articola in un osso molto grande, piatto, pari e simmetrico: l’osso dell’anca, che ha forma di 8 un po’ contorto, con la parte superiore molto più larga dell’inferiore. Sotto c’è un foro, chiuso dalla membrana otturatoria. Sopra niente buco. Nasce dalla fusione di 3 ossa: • osso ileo (l’aggettivo corrispondente è iliaco), la parte superiore, a ventaglio, che fa parte della cavità addominale. Di profilo vediamo che non è pianeggiante. È delimitato superiormente dalla cresta iliaca, molto rugosa (questo indica l’inserzione di muscoli usati molto frequentemente), che termina anteriormente con una protuberanza detta spina iliaca anteriore superiore (con fantasia ricorda la spina di una rosa). In posizione caudale troviamo la spina iliaca anteriore inferiore. La cresta iliaca ha la forma di una S, non è rettilinea perché la superficie antero-mediale dell’osso è concava, tanto che si parla di fossa iliaca destra e sinistra, la superficie posteriore è invece concava lateralmente; • pube, la parte anteromediale, ha una componente superiore e una inferiore, che dapprima è verticale, poi gira obliqua e si continua con la branca dell’ischio. Seguendo la branca superiore del pube, prima di arrivare alla sinfisi, si incontra una protuberanza, sia a destra sia a sinistra, detta tubercolo pubico; • ischio (l’aggettivo corrispondente è ischiatico), la parte posterolaterale, che appartiene alla piccola pelvi. Inferiormente forma una L. La parte più dorsale, più laterale e più caudale dell’ischio è la tuberosità ischiatica, su di essa ci appoggiamo sedendoci. Le ossa dell’anca posteriormente chiudono l’addome connettendosi con l’osso sacro, poi compiono un mezzo giro in avanti e finiscono per articolarsi tra loro nella sinfisi pubica. L’articolazione è generalmente immobile, con interposto un disco fibroso. L’angolo pubico è molto minore di 90° nel maschio, maggiore di 90°, a volte anche di 100° nella femmina. Si genera il cingolo pelvico o bacino (cavità deputata a contenere organi e formata dalle 2 ossa dell’anca, l’osso sacro ed il coccige). Le 2 ossa iliache di destra e di sinistra formano una cavità in avanti verso l’alto che è la fossa iliaca di destra e di sinistra. La parete addominale molle è fatta da muscoli che si attaccano al pube (che partecipa con la sua parte superiore a costituire lo scheletro dell’addome). Le ossa dell’anca inferiormente partecipano alla costituzione della piccola pelvi, esiste una linea di demarcazione tra la piccola e la grande pelvi: metto la mano sul promontorio del sacro (dove l’ultima vertebra lombare si articola con la prima sacrale) poi vado indietro e lateralmente, lungo l’ala del sacro, se continuo passo per l’articolazione sacro iliaca seguendo la linea arcuata (confine tra ileo e pube) fino alla sinfisi pubica Disegna un cerchio nei maschi e un’ellisse nelle femmine: stretto superiore della pelvi (o del bacino) che è il piano di passaggio dall’addome alla piccola pelvi. Il resto della parete è molle (cute, sottocute e muscoli) per garantire le inclinazioni in avanti e laterali. Se si contrae la parete essa si può appiattire con un aumento della pressione intraddominale (per es: per facilitare l’uscita dell’urina e la defecazione). La parete molle è importante nella donna, che deve portare avanti la gravidanza. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 2 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Suddividiamo la superficie anterolaterale dell’addome in 9 quadranti, attraverso tre linee orizzontali parallele e due che vanno dall’alto in basso, non verticali. a’ b’ c’ a b a’’ b’’ c c’’ La linea orizzontale più alta è detta linea basisternale, passa per il processo xifoideo. La seconda linea orizzontale è la linea biscostale, passa per i punti più declivi delle arcate costali. La linea orizzontale più caudale è la linea bisiliaca, passante per le due spine iliache anteriori superiori. Le linee oblique più lunghe e più interne sono realizzate prendendo due linea emiclaveari (partenti cioè da metà clavicola) e facendole arrivare ai tubercoli pubici. Le altre due linee oblique contengono i legamenti inguinali. a = epigastrio: (tessuto molle) impari e mediano; a’e a’’ = ipocondrio di destra e di sinistra, è la parte di cavità addominale posta profondamente rispetto alle cartilagini costali; b = mesogastrio, corrispondente alla superficie ombelicale; b’e b’’ = regioni del fianco di destra e di sinistra, tra la cresta iliaca e la parte più declive delle coste, anche queste completamente molli, senza ossa; c = ipogastrio, sopra alla sinfisi pubica; c’ e c’’ = a forma di triangolo scaleno: regione inguinoaddominale. Al limite tra l’addome e l’arto inferiore c’è una piega, detta piega inguinale. La regione sottostante è detta inguinofemorale o inguinocrurale (crus cruris, gamba in latino. Ma che belle digressioni di latino che fa il nostro prof..). I nomi mesogastrio e ipogastrio sono attribuiti per assonanza, non corrispondono alle relazioni dei quadranti con lo stomaco. In questa zona sono contenuti quasi tutti gli organi dell’apparato digerente, una parte notevole dell’apparato urinario, milza e vasi. Apparato digerente: si occupa dell’assunzione, della digestione, e dell’assorbimento del cibo e dell’eliminazione di prodotti solidi e liposolubili. È costituito da bocca, faringe, laringe (comuni al respiratorio) e esofago, che attraversa il diaframma e, dopo circa 3-4 cm, si dilata asimmetricamente per diventare stomaco. Lo stomaco si continua con 7,5-8 m di tubo intestinale. L’intestino sconfina nella pelvi e termina con l’apertura anale. Nel suo tragitto il tubo digerente riceve i secreti di ghiandole annesse all’apparato digerente. A parte le salivari le ghiandole si trovano tutte nell’addome: • fegato: organo vitale, centrale metabolica che usa ciò che è stato assimilato in parte per le proprie esigenze, sia per fabbricare prodotti più complessi ad alto valore aggiunto a partire da glucosio, amminoacidi ecc. Riceve dall’intestino le sostanze assorbite le rielabora e le rimette in circolo. Inoltre produce e secerne nell’intestino tenue la bile (che serve per eliminare le sostanze liposolubili, gli ormoni steroidei, per emulsionare i grassi); • cistifellea o colecisti: non è proprio una ghiandola, ma un serbatoio in cui si accumula la bile tra un pasto e un altro, non la produce, la raccoglie, elabora e secerne. La produzione di bile da parte del fegato è continua (circa 1,6 L al giorno), esce dal fegato con un colore giallo intenso, moderatamente viscosa. La bile della colecisti, invece, è di un verde intenso, Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 3 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione • molto scuro. La componente acquosa è stata assorbita dalla mucosa della colecisti. Il grasso contenuto nel chimo stimola alcune cellule epiteliali della mucosa duodenale a produrre ed immettere in circolo un ormone (colecistochinina pancreozimina) che provoca il rilascio dello sfintere d’Oddi e la contrazione della cistifellea, quindi la secrezione bile nell’intestino tenue. Il fondo della colecisti fa capolinea dal margine del fegato nell’ipocondrio di destra. Ha la forma di una pera, è incollata alla faccia inferiore del fegato, che la copre. Non dovrebbe essere palpabile. Il punto d’incontro tra l’arcata costale di sinistra e la bisettrice dell’angolo formato dalla linea passante per appendice xifoidea e cicatrice ombelicale e la linea orizzontale sempre passante per tale cicatrice è detto punto cistico, lì troviamo la cistifellea; pancreas (componente esocrina): immette nell’intestino tenue enzimi litici, che servono per digerire lipidi, proteine, carboidrati (in più favorisce la formazione dello ione bicarbonato). L’intestino si divide in piccolo e grande, in base al calibro interno. Il tubo termina nell’apertura anale (che si trova nella piccola pelvi). Piccolo intestino o intestino tenue Ha una parete molto sottile, un calibro di circa 1,5 cm decrescente dall’origine alla terminazione e è lungo poco più di 6 m. Le sue componenti sono: • duodeno, lungo tra i 25 e i 30 cm; • digiuno, lungo 1,5-1,7 m, chiamato così perché nei cadaveri si trova sempre vuoto; • ileo, la parte più lunga (ileo in greco significa contorto) ed è ripiegato in anse disposte molto ordinatamente. Queste anse, numerosissime, ricoprono il colon ileopelvico e parte dell’ascendente e del discendente. L’osso iliaco si chiama così perché anteriormente contiene queste anse. L’ileo finisce ad angolo retto nel grande intestino, la continuazione tra i due non è di tipo termino-terminale. Grande intestino Ha un calibro di 3-4 cm, è lungo 1,60-1,80 m (più o meno come l’altezza dell’individuo). È composto da: • cieco, molto piccolo, è la parte a fondo cieco del passaggio tra grande e piccolo intestino. Ha un’appendice, detta appendice vermiforme o ciecale o anche solo appendice; • colon ascendente, a destra, sale dalla fossa iliaca andando un po’ indietro. Si trova nell’ipocondrio di destra, termina con la flessura colica di destra, anche detta epatica, perché prossima al fegato; • colon trasverso, da destra a sinistra, divide l’addome in due parti, è convesso in basso e in avanti; • colon discendente, a sinistra; • colon ileopelvico (o colon sigmoideo o colon sigma per i clinici); • colon retto (o semplicemente retto). Il colon trasverso è sostenuto nella sua posizione dal mesocolon trasverso (meso sta per strumento), un legamento peritoneale. Il 30-40% craniale della cavità addominale, posto sopra al colon e al mesocolon trasversi, è detto regione sopramesocolica e coincide grossolanamente con l’epigastrio e i due ipocondri. Gli organi della regione sopramesocolica più vicini alla parete anteriore sono fegato, stomaco e milza. In gran parte (la milza completamente), occupano la concavità del diaframma, proiettando sulla parete toracica. In condizioni fisiologiche la milza non deborda dall’arcata costale. Solo una piccola parte di stomaco è a contatto, nella regione epigastrica, con la parete addominale anteriore, quindi quest’organo è poco palpabile, anche perché è vuoto 20 ore al giorno. Anche il fegato è palpabile Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 4 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione solo in parte, in caso contrario ci troviamo di fronte a uno spostamento o un ingrossamento anomalo da studiare. Questi tre organi sono tra loro imbricati: il fegato copre parzialmente lo stomaco, che, a sua volta, copre parzialmente la milza. Il 60-70% caudale della cavità addominale è detto regione sottomesocolica. Anche il piccolo intestino, in particolare digiuno e ileo, hanno bisogno di un mezzo di fissità, costituito da un legamento, anche questo di natura peritoneale, detto mesentere. È il più grande dei mesi che abbiamo, avvolge digiuno e ileo e li connette alla parete addominale posteriore. Alla sua radice il mesentere è lungo meno di 30 cm, mentre attorno al piccolo intestino è lungo come quest’ultimo. È come un ventaglio piegato. La radice è orientata da L1 alla fossa iliaco di destra. Le anse del piccolo intestino seguono un andamento a Z rovesciata, sono dotate di mobilità passiva, questo perché in gravidanza possano essere spostate dall’utero in crescita. Nell’esecuzione di tagli cesarei e interventi retroperitoneali le anse sono tolte fisicamente e poi riposte a fine operazione. A causa della pressione a destra del fegato la flessura colica di destra si colloca più in basso della sinistra, di conseguenza il colon trasverso va dal basso verso l’alto. Il colon sigmoideo è un organo in gran parte pelvico. Arrivato nella fossa pelvica di sinistra, deve scendere nella piccola pelvi (c’è un gradino ad angolo retto), per farlo si flette a 90°. Successivamente si piega verso l’alto a formare una V, determinando, nell’andare in avanti e in alto, un semicerchio con la convessità verso l’avanti e superando verso destra la linea mediana. Continua la curva indietro, si fa più verticale e diventa, all’altezza della 3a vertebra sacrale, colon retto. REGIONE SOPRAMESOCOLICA STOMACO È un organo sacciforme che deriva dalla dilatazione asimmetrica dell’esofago. Si colloca in parte nell’epigastrio e in parte nell’ipocondrio di sinistra. Fa seguito all’esofago e si continua con l’intestino. È un viscere cavo. Quando è vuoto (per la maggior parte della giornata) presenta una faccia anteriore, che guarda leggermente in alto e a destra, una posteriore, che guarda leggermente in basso e a sinistra, e due margini, a destra e a sinistra. Quello di destra, piccolo e concavo, è detto piccola curvatura. Quello di sinistra, convesso e più grande, è detto grande curvatura. Dividiamo lo stomaco in tre parti fondamentali: • fondo dello stomaco, la parte superiore alla linea parallela al piano terra passante per l’orifizio di passaggio tra esofago e stomaco, detto cardia (o cardias). È diretto in alto e si trova a diretto contatto con il diaframma: tra fondo dello stomaco e margine sinistro dell’esofago c’è un angolo acuto, che determina l’incisura cardiale, la quale segue il cardia sulla superficie esterna; • corpo dello stomaco, compreso tra la linea di cui sopra e la linea verticale passante per l’incisura gastrica (punto di minimo della piccola curvatura, anche detto piega angolare). È la parte più estesa dello stomaco; • parte pilorica, va dal corpo al piloro, uno sfintere che regola il passaggio del chimo tra stomaco e duodeno (non è una valvola). È la parte più fina dello stomaco, è curva in avanti. La prima porzione del corpo, convessa in basso, è detta antro pilorico, la seconda, più o meno cilindrica, canale pilorico. La maggior parte dell’organo si trova nella concavità diaframmatica, coperta anteriormente dall’arcata costale e dal fegato. Proiettano sulla parete addominale solo la parte pilorica e la porzione inferiore del corpo Ciò che deglutiamo, da che infila il faringe, prende il nome di bolo. Dopo 30-60 min il bolo si mescola con il succo gastrico prodotto da alcune cellule della mucosa, prendendo il nome di chimo gastrico. Perché il bolo diventi chimo è necessario che lo stomaco si contragga a piloro chiuso. La spinta è operata soprattutto dalla parte di corpo dello stomaco prospiciente la grande curvatura. Il bolo incontra il piloro chiuso, tornando su alla piccola curvatura per Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 5 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione ricevere una nuova spinta verso il basso. Questo processo induce alla completa omogeneizzazione di bolo e succo. Rapporti Lo stomaco ha un rapporto posteriore con la milza (tav. 255), dietro alla parte più alta del corpo. C’è dietro anche parte del rene di sinistra, il corpo e la coda del pancreas. Dietro anche la ghiandola surrenale di sinistra. Dietro e sopra al fondo c’è il diaframma. Attraverso questo il fondo è in rapporto con la base del polmone di sinistra, un po’ con la faccia diaframmatica del cuore. Anche la parte più alta della flessura colica di sinistra si trova dietro, incuneata tra stomaco e milza. Dietro alla parte pilorica collochiamo la flessura duodeno-digiunale, con l’interposizione del mesocolon trasverso. La parte della faccia anteriore a contatto con la parete toracica corrisponde allo spazio semilunare del Traube, una semiluna con convessità volta in alto e a sinistra. Il limite inferiore, rettilineo, appoggia sul margine delle cartilagini costali dal processo xifoideo alla 9a o 10 a costa. Superiormente la semiluna arriva alla 5 a o 6 a costa. Lateralmente è delimitata grossolanamente da una linea verticale un po’ laterale a quella emiclaveare. La parte della faccia anteriore a diretto contatto con la parete addominale è detta triangolo di Labbè, i cui lati sono: medialmente l margine sinistro del fegato, lateralmente l’arata condrosternale e inferiormente la grande curvatura. Se mandiamo giù aria questa può, alla fine di un pasto, risalire al fondo dello stomaco sotto forma di una bolla gastrica che proietta sulla superficie della parete toracica di sinistra. Non la si deve confondere, nel radiogramma, con una cisti polmonare Il tubo si contrae in seguito a un’onda di contrazione peristaltica causata dalla muscolatura, per far progredire il contenuto. Il piloro sta più chiuso che aperto: si rilascia nel tempo in cui si svuota lo stomaco (45-60 min), aprendosi un numero limitato di volte. Ciò che deglutiamo prende il nome di bolo, da ce infila il faringe. Lo stomaco ha una mucosa con cellule che producono succo gastrico (H2O, HCl, enzimi litici e muco). dopo 30-60 min il bolo si mescola al succo gastrico e prende il nome di chimo gastrico. Abbandonato lo stomaco, prosegue fluido col nome di chilo. Uno degli enzimi litici è la pepsina, che serve essenzialmente a iniziare la digestione delle proteine. Perché il bolo si faccia chimo è necessario che lo stomaco si contragga a piloro chiuso. La spinta è operata soprattutto dalla parte di corpo dello stomaco prospiciente la grande curvatura. Il bolo incontra il piloro chiuso, tornando su alla grande curvatura. Riceve qui un’altra spinta verso il basso. Questo induce la completa omogeneizzazione tra bolo e succo. Ogni tanto il piloro si rilascia e qualcosa va nel duodeno. Il tempo d’apertura è breve. Questo accade fino al completo svuotamento dello stomaco. Svuotatosi, lo stomaco si contrae molto raramente. Questo evento è regolato dal sistema nervoso autonomo (che ne controlla anche le secrezioni) e da ormoni secreti da intestino e stomaco (che controllano secrezioni e contrazione in parte). Dal duodeno in poi abitano nel tubo batteri, che agiscono da antibiotici naturali (competono con i patogeni per il cibo) e sono importanti per il metabolismo di alcune vitamine. Per questo motivo la cura di infezioni con antibiotici è da integrare con fermenti lattici. Nutrendosi questi batteri producono come rifiuto dei gas. DUODENO Il duodeno è disposto a formare una C (la C duodenale) e costituisce la parte iniziale del piccolo intestino. Può essere inscritto in una sorta di rettangolo che proietta tra T11 ed L2-L3. È l’unica parte del corpo che riceve i liquidi di cistifellea e pancreas. In latino duodeno significa 12 dita, è infatti lungo 22-28cm. Proietta in parte sull’epigastrio e in parte sul mesogastrio, la sua parte più bassa si trova poco sopra alla cicatrice ombelicale. Comincia a livello di L1 e finisce a L2. Viene diviso in quattro parti: • prima parte o bulbo-duodenale, è un segmento di 3-4 cm che si slarga a valle del piloro e è diretto in alto, a destra e indietro. Questa convessità anteriore è dovuta alla presenza del pancreas, dell’aorta e della lordosi della colonna lombare; Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 6 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione seconda parte o discendente, inizia dove il duodeno piega improvvisamente in giù, è lunga in media 8 cm; • terza parte o trasversa, va da destra a sinistra dolcemente, senza grandi flessure. Anche questa è convessa e addirittura sporge un po’ in avanti; • quarta parte o ascendente, risale fino a L2. Una parte di noi ha un duodeno a V, in cui la terza parte è quasi inesistente, costituita da una flessura. Un’altra minoranza presenta un duodeno a U, con un passaggio molto dolce tra terza e quarta parte. Il tubo compie di nuovo un’improvvisa piega in basso, dando inizio al digiuno. È la flessura digiuno-duodenale, a forma di V rovesciata. È fissata alla parete posteriore da peritoneo parietale e al diaframma dal muscolo o legamento sospensore del duodeno, o di Treitz (Tav. 253), su cui si appoggia il polo inferiore del rene. Rapporti Nella concavità della C duodenale si incastra la testa del pancreas (la sua parte più a destra e più grande). Dietro alla prima parte del duodeno c’è un vaso, che si origina dietro la testa del pancreas, la vena porta; davanti invece ci sono fegato e colecisti, che copre il passaggio tra prima e seconda parte. La seconda parte si trova su un piano leggermente più ventrale, perché posteriormente ha la parte mediale del rene di destra, dove c’è l’ilo del rene (luogo di entrata dei vasi e di uscita dell’uretere). Davanti alla seconda parte del duodeno si trovano radice del mesocolon trasverso, colon trasverso e anse digiunali. Lateralmente è in rapporto con il lobo destro del fegato. La terza parte è anch’essa coperta da anse digiunali, posteriormente si rapporta con l’aorta discendente addominale e con la cava inferiore (a destra dell’aorta). L’arteria mesenterica superiore, che irrora piccolo intestino e intestino crasso, nasce dall’aorta addominale all’altezza circa di L1. Alla nascita passa dietro al pancreas, poi scende in basso, leggermente a destra e un po’ in avanti. Disegna un angolo acuto detto angolo aorto-mesenterico, che accoglie la terza parte del duodeno. Quindi i vasi (aorta e vena) mesenterici passano davanti alla terza parte. Un angolo aorto-mesenterico troppo stretto può ostacolare la crescita del duodeno causando uno strozzamento passivo e quindi una riduzione del calibro. Dietro alla quarta parte troviamo la pelvi renale di sinistra e parte dell’aorta, davanti ancora anse del digiuno e la parte pilorica dello stomaco. Nella chirurgia è molto importante il rapporto tra pelvi renale di sinistra e flessura digiuno-duodenale, infatti quest’ultima è punto di repere per la prima. essendo attraversato dalla radice del mesocolon trasverso, il duodeno è in parte sopra e in parte sottomesocolico. • PEDUNCOLO EPATICO La via biliare extraepatica è costituita da una serie di condutture su cui confluisce la bile prodotta dal fegato e raccolta nei condotti biliari extraepatici. Due (a volte tre) dotti epatici, di destra e di sinistra, convergono, poco lontano dal fegato, a formare il dotto epatico comune. Il dotto epatico comune riceve, più in basso, il dotto cistico (condotto della colecisti) diventando coledoco. Il coledoco va a scomparire dietro al duodeno, per poi sboccare nella sua parte discendente. Si trova incastrato tra duodeno e testa del pancreas. Lì la parete duodenale è sollevata in una papilla: la papilla duodenale maggiore; questo per l’inserzione del coledoco e per la presenza intorno ad esso dello sfintere coledocico di Oddi. Normalmente lo sfintere è contratto, l’apertura è chiusa. La presenza di grasso nel duodeno innesca l’apertura dello sfintere e la contrazione della colecisti. La bile raggiunge la cistifellea quando lo sfintere è contratto, seguendo il gradiente pressorio. A sinistra (in genere) del coledoco si trova l’arteria epatica propria. Dietro a coledoco e arteria epatica propria intravediamo la vena porta, che si origina dietro la testa del pancreas per la confluenza di un albero venoso che raccoglie tutto il sangue del tratto gastroenterico sottodiaframmatico. Tutto ciò che assorbiamo durante la digestione arriva al fegato tramite questo vaso. Questa vena entra nel fegato, costituendo un’eccezione poiché, solitamente, le vene escono dagli organi. Arteria epatica e vena porta, entrate nel fegato, vi si ramificano. Via biliare extraepatica, vena porta e arteria epatica vanno a costituire il peduncolo epatico. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 7 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione PANCREAS Il pancreas è una ghiandola tubolo-acinosa, il cui parenchima è organizzato a lobuli. È molto parenchimatoso e vascolarizzato e per questo è molle e friabile. È avvolto da una sottile capsula fibrosa. Si estende da destra a sinistra, leggermente verso l’alto. È convesso verso l’avanti per la presenza della colonna vertebrale e dei due grossi vasi prevertebrali. Si trova tra T11 e L1. Il passaggio tra testa e corpo è segnato da un’incisura che delimita l’istmo del pancreas. Nel corpo e soprattutto nella coda troviamo gli isolotti del Langerans, che costituiscono la parte endocrina dell’organo. Il secreto, dalle ghiandole, è raccolto in condottini, poi in condotti, quindi nel condotto pancreatico principale (o dotto di Wirsung). Il secreto è raccolto a partire dalla coda, poi dal corpo e la metà inferiore della testa, dove il dotto si unisce al coledoco. Per sboccare nel duodeno il dotto usa la papilla duodenale maggiore o inferiore. In caso di ostruzione, a causa di un calcolo, della papilla duodenale maggiore può avvenire la chiusura del dotto di Wirsung. Non potendo arrivare al duodeno gli enzimi pancreatici finiscono con l’agire sul pancreas, ne può conseguire una pancreatite. In aggiunta a quello di Wirsung, un altro condotto pancreatico, detto dotto pancreatico minore o di Santorini, che raggiunge il duodeno tramite la papilla duodenale minore o superiore, posta superiormente all’altra. Solitamente il dotto di Santorini è un ramo collaterale del principale, a volte è indipendente. Lo sfintere qui non c’è, questo ci indica che quello della papilla duodenale maggiore è esclusiva del coledoco. Infatti il pancreas è una ghiandola a secrezione regolata, non continua. La presenza del chimo nel duodeno attiva cellule endocrine che producono ormoni che agiscono sul pancreas, non servono sfinteri. I dotti di Wirsung e Santorini sono biforcazioni del dotto principale che originano nell’istmo del pancreas. Non c’è proporzione tra i condotti e le papille, il dotto di Wirsung è il doppio di quello di Santorini ma la papilla maior è molto più del doppio della minor, questo perché a livello della maior vi è anche lo sbocco del coledoco e la muscolatura liscia disposta circolarmente a costituire lo sfintere di oddi. Dalla papilla maior quindi vengono secrete 2 sostanze: succo pancreatico e bile. Il pancreas origina due abbozzi, dorsale e ventrale, dell’intestino primitivo, per questo è in così stretto rapporto col duodeno. Rapporti L’estremo inferiore della testa del pancreas si continua in un prolungamento, detto processo uncinato. A volte il processo uncinato della testa del pancreas è vicino a dove passano i vasi mesenterici. La testa del pancreas contrae rapporti con la C duodenale e con il coledoco, che lascia un’impronta. È attraversata dalla radice del mesocolon trasverso. Dietro la testa troviamo l’origine della vena porta. Davanti al corpo c’è il corpo dello stomaco, che copre anche la testa del pancreas. Dietro al corpo e alla coda troviamo l’aorta addominale, andando a sinistra la pelvi renale (ovviamente del rene di sinistra), poi arriva all’ilo della milza. Superiormente il corpo arriva sotto al tronco celiaco. Nella parte superoposteriore di corpo e coda del pancreas lasciano il loro solco la vena e (più cranialmente) l’arteria spleniche. FEGATO I romani, nell’antichità, osservarono che se le oche mangiavano tanti fichi (in latino ficatum) presentavano un fegato ingrossato, questa è l’etimologia del termine. È l’organo più grande che abbiamo, pesa 1,5-1,7 kg, ha un colore rosso brunastro e una consistenza pastosa, conferitigli dal fatto che è molto vascolarizzato e parenchimatoso e che ha poco connettivo. Proietta sulla parete toracica, ne deborda minimamente. Occupa l’ipocondrio di destra, parte dell’epigastrio e parte dell’ipocondrio di sinistra. Contiene 500-600 mL di sangue (poco più del 10% del totale). Ha grossolanamente la forma di un semiovoide (mezzo uovo). Presenta una superficie convessa che rappresenta il calco del diaframma, è la faccia diaframmatica, rivolta in avanti, in alto e soprattutto a destra. In basso e indietro guarda invece la faccia postero-inferiore, piano-concava, a contatto con i visceri della regione sopramesocolica; è detta faccia viscerale. Il Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 8 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione fegato ha anche due margini, uno antero-inferiore (in genere detto inferiore), molto sottile, che si continua a destra e a sinistra nel margine posteriore. Questi due margini rappresentano il contorno della faccia viscerale. Molto sottile a sinistra, il posteriore è allargato e molto arrotondato verso destra, tanto che alcuni lo chiamano faccia posteriore (per il prof. fa lo stesso). La faccia viscerale è percorsa da una coppia più o meno parallela di solchi longitudinali, a formare una specie di binario. Sono detti solco longitudinale di destra e di sinistra, entrambi vanno dal margine posteriore al superiore. Sono connessi tra loro da un solco trasverso. Ne risulta un tracciato a forma di H che divide il fegato in quattro lobi. Lobo di destra, a destra del solco longitudinale di destra, il più grande di tutti, lobo di sinistra, a sinistra del solco longitudinale, lobo quadrato (in realtà è più rettangolare), anteriormente e lobo caudato, posteriore al quadrato. Caudato significa con la coda, è chiamato così perché sporge, avendo spazio, indietro e in alto. Il solco di destra è composto da due fosse: la fossa cistica, anteriormente, per la cistifellea, che lì è adesa al fegato e, a terminare il solco, la fossa della cava inferiore, che contiene 6-7 cm della vena a cui deve il nome. La cava si approfonda nel fegato proprio come un piede nella neve fresca (com’è poetico quell’uomo). In questa regione la cava inferiore riceve le vene reflue del fegato, le vene sovraepatiche, in questo modo i prodotti elaborati dal fegato sono subito immessi nel piccolo e poi nel grande circolo. Nel solco di sinistra troviamo il legamento rotondo del fegato. Tale tralcio fibroso è uno dei due (nei maschi) tre (nelle femmine) legamenti rotondi che abbiamo, non è quindi sufficiente chiamarlo rotondo. Durante tutta la vita fetale il sangue arriva al feto tramite la vena ombelicale. Questa vena entra dalla futura cicatrice ombelicale e arriva alla cava inferiore passando sotto al fegato. La prima parte del legamento nasce dall’obliterazione della vena ombelicale, la seconda da quella del dotto di Aranzio. Il legamento rotondo del fegato ha a che fare con una dei legamenti peritoneali del fegato. Nel solco trasverso troviamo l’ilo del fegato, dove entrano e escono condotti di varia natura: arteria epatica, vena porta, qualche struttura nervosa, dotti epatici e vasi linfatici. È più prossimo alla faccia posteriore che al margine anteriore. Nella faccia diaframmatica due soli lobi, destro e sinistro. Il primo molto più grande del secondo. A dividere i due lobi abbiamo il legamento falciforme del fegato, al cui margine inferiore abbiamo il solco sagittale superiore. Questa distinzione in lobi è puramente convenzionale, le vere lobature sono legate alla via biliare infraepatica. Rapporti A causa della sua consistenza pastosa il fegato presenta una serie di impronte corrispondenti agli organi con cui si rapporta. Superiormente è in gran parte in rapporto col muscolo diaframma, del quale segue, entro certi limiti, le escursioni (infatti il medico ci fa inspirare per toccarlo, di modo che si abbassi). Il diaframma lascia dei solchi orientati in senso anteroposteriore, detti impressioni diaframmatiche. Anteriormente e caudalmente a queste troviamo l’impronta lasciata dal margine libero dell’arcata. Nella regione addominale è in rapporto con la parete addominale molle. Con l’interposizione del diaframma è in rapporto con: a destra la base del polmone di destra, andando a sinistra la faccia diaframmatica del cuore, all’estremo di sinistra la base del polmone di sinistra. A seconda delle variazioni anatomiche nei soggetti bassi e larghi riscontreremo un fegato allungato che avrà un maggiore rapporto con il polmone di sinistra, il contrario avverrà nei soggetti longilinei. Ci sono organi in strettissimo rapporto con la faccia viscerale, incollati al fegato. Il lobo di destra ha una fossa al suo estremo inferiore, è l’impronta lasciata dalla flessura colica di destra. Verso l’alto troviamo l’impronta renale, lasciata da parte del rene di destra. A seguire quella lasciata dalla ghiandola surrenale di destra. A livello del lobo caudato niente impronte, si rapporta col diaframma che scende da dietro. Dietro a questo lobo non visceri ma parete. Il lobo quadrato ha rapporti con la prima parte del duodeno e un pezzo della parte discendente. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 9 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Il lobo di sinistra presenta un’unica impronta, lasciata da parte dello stomaco. L’esofago addominale lascia un’impronta sul margine posteriore, detta incisura del margine posteriore. Rapporto anche con esofago e nervi vaghi, oltre che, come detto sopra, cava inferiore. Una percentuale significativa di noi (circa il 30 %) ha un terzo dotto epatico, detto accessorio, che drena dal lobo destro. Ci sono quatto possibilità: • dotto epatico accessorio a livello della convergenza degli altri due; • accessorio che finisce nel dotto epatico comune; • accessorio che finisce nel punto di confluenza tra cistico e comune; • accessorio che finisce nel dotto cistico. Il dato è importante se si deve sottoporre il paziente a colecistectomia (asportazione chirurgica della colecisti), se non ci si accorge che l’accessorio finisce nel dotto cistico, tagliando e tirando via la cistifellea si rischia di strappare il dotto cistico, con conseguenze gravissime. Dividiamo il fegato in otto zone epatiche o biliari, nominate dalla 1 alla 8. Sono distribuite in senso orario partendo dal lobo caudato, cui coincide la zona 1, poi 2-3-4 coincidono col sinistro e 56-7 col destro. Ogni zona drena la bile a uno specifico ramo della via biliare intraepatica. REGIONE SOTTOMESOCOLICA Il calibro interno del grosso intestino arriva a essere anche due tre volte quello del piccolo. Su radiogramma il grosso risulta come composto da segmenti, questo perché sono presenti frequenti strozzature, tipo salsiccia o, meglio, soppressata (golosone, lui!). In corrispondenza della giunzione ileo-colica troviamo una valvola, che permette il passaggio del chilo in una sola direzione. L’ileo finisce ad angolo retto sulla parete postero-mediale del grande intestino. Nel passaggio due labbra costituiscono la valvola ileo-ciecale. Il chilo va da ileo a grosso intestino, ma non viceversa. La concavità è rivolta verso l’ileo o assente a seconda del verso della spinta. La tenuta della valvola non è perfetta, specialmente nel bambino. Il piano passante per la valvola ileo-ciecale segue il passaggio tra cieco e colon ascendente. Poco sotto lo sbocco dell’ileo c’è l’appendice vermiforme o ciecale, o solo appendice. È un’evaginazione del cieco lunga tra i 7 e i 15 cm. Il grosso intestino è diviso in moduli da solchi circolari (in realtà non strozzature) cui all’interno corrispondono delle pieghe semicircolari. Tra una piega e l’altra le superfici sono dette gibbosità (gibbo = gobba). La corrispondente cavità interna prende il nome di haustra (scavo, antro, fossa caverna). Cieco e appendice possono anche trovarsi nella fossa iliaca di sinistra o nell’ipocondrio di destra, sono variabilità anatomiche. Durante l’organogenesi avviene una rotazione del grosso intestino in senso antiorario attorno ai vasi mesenterici. Queste variazioni sono dovute a una rotazione incompleta. Se lunga, l’appendice può scendere nella piccola pelvi o salire assieme al cieco. Nel piccolo lume dell’appendice può entrare del materiale e non riuscire a uscirne, ne può conseguire una risposta infiammatoria, l’appendicite. Le differenti maniere in cui l’appendice può posizionarsi causano problemi di diagnosi differenziale di tale malattia. Il colon ileopelvico forma una S. A differenza del colon discendente è mobile. Presenta un legamento peritoneale, detto mesosigma, che permette l’accrescimento dell’utero senza offrire resistenza. MILZA È situata nell’ipocondrio di sinistra, è un organo linfoide, il principale dell’emocateresi. È l’organo principale dell’emocateresi. È relativamente piccolo, di consistenza dura (il libro dice molle), ha molto connettivo. L’imponente vascolarizzazione gli conferisce il colorito rosso bruno. Ha la forma di una pagnotta, con l’asse maggiore orientato in basso e a sinistra. Superiormente ha una convessità che si adatta al diaframma, la faccia diaframmatica, che guarda a sinistra. La faccia viscerale guarda invece verso destra, medialmente. La milza proietta sulle ultime coste e non deborda mai dall’arcata costale, neanche inspirando al massimo. Il suo profilo è ellittico. La sua posizione varia a seconda degli atti respiratori. In espirazione forzata arriva poco sotto all’8a costa, Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 10 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione in inspirazione forzata all’11a. In caso di respirazione tranquilla l’escursione è molto limitata. La milza è individuabile con la percussione, si sente un suono di coscia. L’ilo della milza si trova sulla faccia gastrica ed è il luogo di ingresso dell’arteria splenica o lienale e di uscita della vena omonima. La milza è mantenuta in posizione da legamenti che la uniscono a diaframma, stomaco e pancreas, nonché dalla pressione addominale positiva. È anche sostenuta dal legamento frenocolico, sul quale appoggia con il polo inferiore. Rapporti In realtà dal lato viscerale abbiamo due facce, una concavità si adatta alla convessità del rene, un’altra, più ventrale, a quella dello stomaco (facce renale e gastrica). La milza quasi si incastra tra questi due organi. La faccia gastrica prende rapporto anche con la flessura colica di sinistra. La coda del pancreas si spinge quasi a contatto con l’ilo della milza. PERITONEO (a mio avviso sono utilissimi, per questo argomento, le diapositive a lezione, tratte dal Testut e i disegni del prof.) Membrana sierosa che avvolge in maniera incompleta più organi, a differenza di pericardio e pleura che li coprono completamente. Inoltre pericardio e pleura hanno più connettivo, mentre il peritoneo è trasparente. Embriogenesi dell’apparato digerente Il tubo digerente embrionale va da apertura orale a apertura anale. L’entoderma da piatto diventa tubulare. Il mesoderma si apre lateralmente da entrambe le parti e avvolge il tubo, determinando la cavità celomatica. Un pezzo di mesoderma diventerà aorta, da cui origineranno più vasi diretti al tubo digerente. Dall’entoderma epitelio, il resto dal mesoderma. Il tubo si allarga, non può andare indietro, quindi va in avanti. Celoma e cavità celomatica cambiano nome in peritoneo e cavità peritoneale. Una parte di peritoneo sta a ridosso degli organi, un’altra parte, in continuità con la prima, riveste la parete addominale. Si parla di peritoneo viscerale e parietale. A connettere viscerale e parietale una parte di peritoneo che assume la forma di un legamento che collega i visceri alle pareti: legamento peritoneale. Questo legamento è fatto da due foglietti, dei quali uno è la continuazione dell’altro. Tutte le volte che abbiamo due foglietti di peritoneo che si guardano, di cui uno è la continuazione dell’altro, abbiamo un legamento peritoneale. Se sono larghi si chiamano mesi (es: mesocolon trasverso, mesosigma). Fa eccezione il mesoovario. Il legamento di cui di cui parlavamo sopra è il mesogastrio dorsale. La situazione ora è quella di un tubo lungo quante tutto l’embrione. Col progredire dello sviluppo, la situazione cambia, cominciano a svilupparsi il fegato e il coledoco, che si differenzia nei vari tubicini. Dal coledoco si sviluppa il parenchima a formare la ghiandola. Il coledoco si forma dalla faccia anteriore del duodeno. Il peritoneo è spinto in avanti e si allarga per adattarsi alle nuove forme. Siamo in presenza di un nuovo legamento, il mesogastrio ventrale, che connette futuro duodeno e fegato. Vena ombelicale e dotto di Aranzio, passando, danno sangue al fegato. La vena ombelicale si è formata con la placenta, mentre la parete dell’embrione si chiuderà sulla futura cicatrice ombelicale, quindi la vena non buca l’addome. Per ora si chiama mesogastrio ventrale anche il legamento che contiene la vena ombelicale. Quindi al momento possiamo dire che il fegato si trova nella compagine del mesogastrio ventrale. È questa una fase che dura poco. Il fegato deve accrescersi, ruota verso destra e indietro. Ruota di 90° gradi anche la parte di mesogastrio ventrale posteriore al fegato. I due foglietti ora presentano una faccia anteriore e una posteriore. Nasce la milza, che deve entrare in funzione da subito. È un organo totalmente mesodermico (come l’aorta e i suoi vasi). Contemporaneamente alla rotazione del fegato dal vaso che congiunge aorta e intestino primitivo viene fuori un altro vaso che va verso sinistra, si ramifica e organizza il tessuto che comporrà la milza. Anche stomaco e duodeno ruotano a destra di 90°, diventando da sagittali a frontali. Grande e piccola curvatura si dispongono. Si forma la C duodenale, perché lo spazio a disposizione è poco. Le cavità peritoneali destra e sinistra diventano posteriore e anteriore. Il mesogastrio ventrale si estende soltanto fino alla lunghezza del fegato. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 11 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Nasce a causa di questo, sotto ad esso non è presente. Ubi fegato ibi mesogastrio ventrale (com’è dotto st’omo). Il mesogastrio dorsale, invece, si estende per tutta la lunghezza del tubo. Ancora il digiuno-ileo è molto corto. Il grosso intestino è il primo ad allungarsi. Non ha spazio e inizialmente piega in avanti. Il futuro cieco va a trovarsi dove sarà la cicatrice ombelicale. L’allungamento procede in alto e in avanti, tanto che l’intestino precedente il cieco viene a trovarsi al di sopra dell’arteria mesenterica superiore. Contestualmente all’intestino si sposta la parte di mesogastrio che collega il tubo alla parete. L’escursione maggiore è ovviamente quella della parte mobile. Ultima parte dell’ileo e del futuro intestino si trovano dentro la futura cicatrice ombelicale con la vena ombelicale (nell’allantoide). Da ora non si parla più di mesogastrio, ma di legamento. Il legamento che connette il fegato alla parete anteriore, ex mesogastrio ventrale, prende il nome di legamento falciforme del fegato (somiglia ad una falce). Segue la convessità del fegato e la concavità del diaframma, è stretto e poco profondo. Il foglietto di destra del legamento si continua con quello di sinistra, lungo una linea di chiusura, il margine libero del legamento. Lungo il margine libero, nello spessore del legamento falciforme, si trova il legamento rotondo del fegato, residuo della vena ombelicale. A livello della faccia diaframmatica del fegato i due foglietti si separano e lo vanno a rivestire verso destra e verso sinistra, passando nella faccia viscerale; poi cercano di completare il giro per dietro, ma trovano un ostacolo, perché a livello del margine posteriore, lungo una regione vagamente romboidale (il prof dice losangica) il fegato è incollato al muscolo diaframma. Il diaframma è infatti uno dei più potenti mezzi di fissità del fegato. La componente epiteliale del fegato deriva dall’apparato digerente (endoderma epitelio). Il setto trasverso, che separa addome e torace, darà origine al diaframma, ma non solo, anche al pezzo di cava inferiore che lo attraversa e la componente vascolare del fegato dalle vene sovraepatiche ai capillari, passando per le venule. Possiamo quindi dire che il fegato nasce dall’incontro e dalla vicendevole penetrazione di due abbozzi: quello epiteliale dell’ectoderma e quello vascolare del mesoderma del setto trasverso. Il rapporto tra fegato e diaframma, perciò, è anteriore all’arrivo del peritoneo. Il peritoneo che sta ricoprendo la faccia diaframmatica del fegato, trovato l’impedimento, si ribalta e torna ad essere parietale, rivestendo prima il diaframma, poi la parete. La stessa cosa avviene dietro, a destra e a sinistra. La superficie non tappezzata da peritoneo è detta area nuda del fegato. Troviamo attorno al fegato un altro legamento peritoneale, fatto da quattro foglietti e per questo unico nel suo genere, detto legamento coronario del fegato. Ha due foglietti anteriori, destro e sinistro, e due posteriori. Foglietto anteriore destro e posteriore destro si continuano e lo stesso succede a sinistra, ne consegue la formazione dei legamenti triangolari destro e sinistro, estremi laterali del coronario (cambiando punto di vista i due triangolari convergono a formare il coronario). Il legamento falciforme è una specie di lama, il suo margine libero arriva più o meno alla cicatrice ombelicale. Il foglietto destro, sul lobo destro della faccia viscerale, incontra un altro ostacolo, la vena cava inferiore (vedi fossa della cava). Cerca di passare ai lati di essa, ne costeggia il lato destro, dove si trova in rapporto col fegato, intimamente connessa ad esso, risale quindi lungo la cava. È il legamento epatocavale nasce dal foglietto ex destro del legamento falciforme, il peritoneo aggira la cava meglio sul lato sinistro che sul destro, a causa del diaframma, si riflette su di esso dopo aver percorso un bel po’ di spazio ricoprendo il lobo caudato del fegato. La cava inferiore è il secondo potente mezzo di fissità del fegato. Il terzo mezzo è il legamento falciforme, essendo molto stretto e molto poco profondo. Il foglietto di sinistra, proveniente dal legamento falciforme, prima del diaframma incontra un altro ostacolo, il peduncolo epatico. I foglietti destro e sinistro del peritoneo si piegano per avvolgere il peduncolo epatico, formando un legamento che lo contiene. Il nome generale del legamento è piccolo omento. Una parte del piccolo omento va dal solco trasverso, ilo del fegato alla prima parte del duodeno. È il vecchio mesogastrio ventrale. Questa parte di legamento tesa tra fegato e duodeno Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 12 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione è detta legamento epato-duodenale. Altra parte che completa la forma di ventaglio, che va dalla prima parte del duodeno lungo la piccola curvatura dello stomaco, è anche questo piccolo omento, ex mesogastrio ventrale. Dall’ilo del fegato alla piccola curvatura dello stomaco è detto legamento epato-gastrico. Epatogastrico e epatoduodenale concorrono a formare il piccolo omento. Questo è importante perché lega fegato, stomaco e duodeno. L’epatoduodenale è detto anche pars tensa del piccolo legamento, l’epatogastrico pars lassa. Il piccolo omento nasce dal ripiegamento di un unico foglietto, che voleva, circondando il fegato, andare in alto, ma ha trovato un ostacolo. Ogni legamento peritoneale contiene qualcosa, minimo dei vasi. Il peritoneo copre la colecisti, che quindi non rappresenta un ostacolo come il peduncolo epatico e fa sì che sia incollata alla fossa cistica. Il peritoneo avvolge dunque il peduncolo epatico. Il foglietto posteriore (TAV 256) del piccolo omento tappezza quasi tutta la parte posteriore dello stomaco. Quasi tutta perché incontra un ostacolo (vasi) che lo costringe a un’inversione a U, va dunque a rivestire il pancreas, parietale. Il foglietto anteriore, quando incontra lo stesso ostacolo, va a rivestire tutta la milza, a livello della faccia renale della milza (più o meno all’ilo) incontra un altro ostacolo, gira e va a tappezzare il rene di sinistra fino alla faccia anteriore, per poi diventare parietale. Il legamento gastro-splenico (o gastro-lienale) va dallo stomaco alla milza. Un altro legamento è il pancreatico-lienale, che va da pancreas a milza e contiene vasi importanti. Passando dietro al piccolo omento (all’epatoduodenale) arrivo nello spazio compreso dietro allo stomaco, davanti a pancreas e aorta, detto borsa omentale o retrocavità degli epiploon. È una cavità del peritoneo. È detta borsa perché ha una sola apertura, omentale da omento perché ha a che fare con piccolo e grande omento. Retrocavità perché è un elemento posteriore, degli epiploon perché epiploon significa omento, grembiule. Dietro al piccolo omento la sensazione è di trovarsi in una fessura. Tirando in avanti sento, attraverso il peritoneo, la vena porta, elemento più importante (come grandezza) del peduncolo epatico. Spingendo indietro trovo la cava inferiore. Questo ingresso della borsa omentale si chiama anello epiplooico o di Winslow (non foro, a lui non piace). Tramite il peritoneo cava inferiore e vena porta si guardano. Spingendo in alto sento peritoneo che tappezza il lobo caudato del fegato. Spingendo in basso trovo la prima parte del duodeno. Non posso scendere più di tanto, perché il peritoneo che copre il duodeno a un certo punto risale, con un inversione a U, e diventa parietale. La retrocavità degli epiploon si forma con la rotazione dello stomaco. Ruotato il duodeno, esso deve essere incollato alla parete posteriore affinché lo stomaco assuma la sua posizione, molto importante funzionalmente. Quasi tutto il foglietto ex destro, diventato posteriore, si fonde al peritoneo parietale, tanto da non poter più essere distinto da esso. L’unico a non fondersi è il peritoneo ricoprente la 1a parte del duodeno, risultato è che solo questa parte ha peritoneo davanti e dietro, mentre 2 a, 3 a e 4 a parte sono retroperitoneali. I due foglietti peritoneali, anteriore e posteriore della grande curvatura scendono formando un lungo legamento che fino a circa i 30 anni arriva fino all’epigastrio, poi risalgono per arrivare al colon trasverso, dove si separano per passare uno sotto e uno sopra ad esso. Dal colon trasverso, come abbiamo già detto, il legamento che va indietro è il mesocolon trasverso. Quattro foglietti, due che scendono e due che salgono, formano il grande epiploon o grembiule omentale. Con l’invecchiamento l’estremo inferiore del grembiule si ritira, è quasi nullo verso gli 80-90 anni. Copre le anse del piccolo intestino, è trasparente tranne che per le appendici epiplooiche, delle parti di grasso. Aperta la pancia è molto mobile. Il foglietto del mesocolon trasverso risale diventando parietale, coprendo la 3a e 4a parte del duodeno (non le ricopre l foglietto che scende?), il pancreas e tornando al fegato. Si delimita quindi una cavità con una sola entrata e uscita. Il pavimento della borsa omentale è costituito dal colon e mesocolon trasversi; il tetto da fegato e diaframma. Lo spazio tra le due coppie di foglietti del grande omento è detto recesso della borsa omentale. Il foglietto di mesocolon trasverso che scende va a ricoprire ogni singola ansa dell’intestino per poi tornare a essere parietale (è l’ex mesogastrio dorsale primitivo Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 13 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione che ha dovuto seguire l’allungamento dell’intestino). Altro legamento quindi tra le anse del digiuno e dell’ileo e la parete dell’addome: il mesentere; per questo digiuno e ileo sono anche detti intestino mesenteriale. Quindi due foglietti di peritoneo stanno davanti al pancreas e vanno da sinistra a destra e dall’alto in basso, convergendo al mesocolon trasverso: un foglietto sale a coprire il pancreas, un altro scende e diventa mesentere. La flessura digiuno-duodenale si trova sotto al mesocolon trasverso, questo lo separa dalla parte pilorica dello stomaco, che sta davanti. Una parte di duodeno è sopramesocolica (1a parte e un po’ della 2 a) un’altra è sottomesocolica (un po’ della 2 a , 3 a e 4 a). Corpo e coda del pancreas sono sopramesocolici, la testa è un po’ sopra e un po’ sotto. Il margine convesso del mesentere ha un fronte di 5,5 m. ha la forma di un ventaglio con la radice di un po’ meno di 20 cm, scende in basso verso destra fino alla fossa iliaca di destra, dove i due foglietti si separano. Da lì vanno verso l’alto fino all’ipocondrio, in una regione non coperta da peritoneo, la regione ascendente del colon. Quindi il colon ascendente è retroperitoneale. Il grosso intestino è cresciuto molto più del suo peritoneo, quindi il peritoneo passa semplicemente sopra al colon ascendente, fissandolo alla parete (questo è il suo scopo). All’altezza della flessura colica di destra i due foglietti si riavvicinano, il mesocolon trasverso va da destra a sinistra, dal basso verso l’alto, fino alla flessura colica di sinistra. Neanche il colon discendente ha il suo meso, è anch’esso retroperitoneale, fissato alla parete fino alla fossa iliaca di sinistra. Lì comincia il colon ileopelvico, che deve essere mobile per il motivo, già detto, dell’accrescimento dell’utero. I foglietti si riavvicinano formando un legamento a forma di V aperta in basso, il mesosigma. Immobile è invece il retto (mai dire mesoretto, non esiste). Il cieco è peritoneale, avvolto davanti e ai lati da peritoneo, lo posso afferrare da sotto, è un po’ mobile. Anche l’appendice vermiforme ha un suo meso, chiamato mesenteriolo. Anche l’appendice è dotata di una certa mobilità, vedi la digressione sulla diagnosi differenziale. VASCOLARIZZAZIONE DIGERENTE SISTEMA ARTERIOSO Arterie freniche inferiori Tra T11 e T12 l’aorta e il dotto toracico passano attraverso un’apertura (non proprio un orifizio) del diaframma. Lì l’aorta dà origine alle arterie freniche inferiori, che contribuiscono alla vascolarizzazione del diaframma. Arteria celiaca Tra T11 e T12 si diparte dall’aorta un vaso impari e mediano, molto corto, l’arteria o tronco celiaco. Dopo 2-3 cm il tronco celiaco si divide in tre rami. • Uno va verso sinistra, per finire nella milza. È il suo vaso principale, l’unico, detto arteria splenica o lienale. • Un altro va verso sinistra e in alto, l’arteria gastrica di sinistra. • Il terzo vaso va verso destra, con il nome di arteria gastroepatica o epatica comune. Arteria gastrica di sinistra Sale in alto per arrivare più o meno alla regione del cardias, per impegnarsi nelle pagine del legamento epatogastrico, scende quindi lungo la piccola curvatura dello stomaco. In questo tragitto dà dei rami, anteriori e posteriori. Seconda cosa che fa questa arteria è andare a dare dei rami alla parte addominale dell’esofago, le arterie esofagee inferiori. Arteria gastroepatica o epatica comune È diretta verso la prima parte del duodeno, tende ad andargli dietro. Lì si divide in due rami, uno che scende, con il nome di arteria gastroduodenale, dietro la prima parte del duodeno; l’altro, più grosso, prende il nome di arteria epatica propria ed è elemento del peduncolo epatico. Arteria epatica propria dà origine: • arteria cistica, diretta alla colecisti; • un altro ramo, arteria gastrica di destra, scende in giù per arrivare alla piccola curvatura e si anastomizza con la gastrica di sinistra a pieno canale. Quindi lungo la piccola curvatura abbiamo un’arcata anastomotica di derivazione inferiore e superiore. Anche la gastrica di Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 14 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione destra dà rami anteriori e posteriori al corpo e alla parte pilorica dello stomaco (non al fondo). Da lì l’irrorazione coinvolge solo la parte di stomaco prospiciente la piccola curvatura. Arteria gastroduodenale Alla prima parte del duodeno si divide in due: • un ramo, arteria pancreaticoduodenale superiore, va a incastrarsi nella C duodenale seguendone la concavità. Contribuisce a irrorare il duodeno e la testa del pancreas; • il secondo ramo si dirige verso la grande curvatura dello stomaco, con il nome di arteria gastroepiplooica di destra, contribuisce a irrorare lo stomaco e il grande epiploon, che, come tutto il peritoneo, è molto vascolarizzato (questo spiega la grande pericolosità delle peritoniti). Tra testa del pancreas e C duodenale si trova l’arteria pancreaticoduodenale inferiore, primo ramo di divisione dell’arteria mesenterica superiore, di cui parleremo più avanti. Nella concavità della C duodenale c’è un’altra arcata anastomotica tra arterie pancreaticoduodenali superiore e inferiore, che irrorerà duodeno e testa del pancreas. Arteria splenica È un ramo enorme, fatto che indica che ha un grande territorio di distribuzione. La milza infatti è molto vascolarizzata, riceve molto sangue nell’unità di tempo. Altro motivo della grandezza di questo vaso è che nell’andare alla milza viaggia lungo il margine superiore di corpo e coda del pancreas, dandogli rami detti rami pancreatici. Poco prima di finire nella milza dà un altro ramo, che scende in basso a raggiungere la grande curvatura dello stomaco, parte di sinistra, percorrendola e anastomizzandosi con l’arteria gastroepiplooica di destra: è l’arteria gastroepiplooica di sinistra. Questa darà origine a rami anteriori e posteriori che irrorano la parte pilorica e il corpo dello stomaco, in particolare la parte prospiciente la grande curvatura. Altro ramo della splenica prima dell’arteria gastroepiplooica di sinistra è l’arteria gastrica posteriore, che si dirige verso la parte alta della grande curvatura dando una serie di rami senza nome che irrorano la faccia posteriore del fondo dello stomaco e, girato l’angolo, la faccia anteriore. In alcuni di noi dalla splenica vengono fuori rami già separati, le arterie gastriche brevi. Arteria mesenterica superiore Esce dall’aorta addominale, all’altezza di L1. Incrocia posteriormente il corpo del pancreas e scavalca la 3a parte dl duodeno. Nel 25-27% di noi, dall’arteria mesenterica superiore viene fuori un ramo che percorre il margine inferiore di corpo e coda del pancreas, con il nome di arteria pancreatica inferiore. La mesenterica superiore va lungo la radice del mesentere per tutta la sua stessa lunghezza, per finire nella fossa iliaca di destra (se lì si trova il cieco, cioè nella maggior parte di noi). Viaggia quindi in posizione retroperitoneale. Il lato convesso dell’arteria si trova a sinistra e il concavo a destra. Dal lato convesso vengono fuori dai 12 ai 20 rami che vanno verso sinistra, detti genericamente arterie mesenteriche, le troviamo tra le due pagine del mesentere, ciascuna di queste, dopo un tragitto variabile, si divide a T (lui dice sempre maiuscolo stampatello). I rami di divisione si anastomizzano a pieno canale con i rami superiore e inferiore delle vicine. Si forma così una prima arcata anastomotica. Dalla convessità di questa arcata anastomotica vengono fuori rami più piccoli e numerosi. Anch’essi si dividono a T per formare una seconda arcata anastomotica. Dalla convessità di questa arcata se ne forma una terza. Tutto contenuto nello spessore del mesentere. In questo modo aumenta enormemente il letto vascolare. In aggiunta a queste tre canoniche, possedute da tutti, in alcuni punti abbiamo una quarta e una quinta arcata. Dall’ultima (quale che sia, terza, quarta o quinta) vengono fuori rami che penetrano nella parete dell’intestino. Sono rami terminali, in senso anatomico e funzionale. In caso di infarto di questi vasi si può avere angina addominis, che tipicamente colpisce dopo il pasto, durante la digestione. Dal lato concavo dell’arteria mesenterica vengono fuori tre rami: Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 15 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione arteria colica media, che va a finire, dopo un breve tragitto, tra i due foglietti del mesocolon trasverso, lì si divide a T, un ramo va verso la flessura colica di destra, l’altro verso quella di sinistra; • arteria colica di destra, dà anche lei due rami, quello che sale si anastomizza con il ramo destro di divisione dell’arteria colica media; • arteria ileocolica, va dall’alto in basso, si divide anch’essa a T, un ramo, ascendente si anastomizza a pieno canale con il discendente della colica di destra, l’altro scende e si anastomizza con l’arteria mesenterica superiore (lo splendido trucchetto di Donato per ricordarlo è l’incesto della nipote con la nonna). L’ileocolica irrora anche l’ultima parte dell’ileo e il cieco. Dall’anastomosi più bassa parte un piccolo ramo per l’appendice ciecale, l’arteria appendicolare. Arteria mesenterica inferiore All’altezza circa di L3 (a circa L4 l’aorta si divide in due rami terminali) l’aorta dà l’arteria mesenterica inferiore. Questa arriva alla fossa iliaca di sinistra, ma la troviamo soprattutto piuttosto medialmente nello sbocco della pelvi. Va in basso e a sinistra (la superiore andava in basso e a destra). Dà un ramo, l’arteria colica di sinistra, che a sua volta ne darà uno che sale e uno che scende. Quello che sale si anastomizza a pieno canale con il ramo sinistro di divisione dell’arteria colica media. Dalla mesenterica inferiore vengono fuori anche due o tre arterie sigmoidee. Dalla prima parte un ramo che sale e che si anastomizza a pieno canale con il ramo discendente di divisione dell’arteria colica di sinistra. Un altro ramo invece scende con le altre due sigmoidee a irrorare il colon ileopelvico (colon sigma) senza fare anastomosi. Rami delle sigmoidee irrorano il terzo superiore dell’intestino retto, prendendo il nome di arterie rettali (o emorroidali) superiori. SISTEMA VENOSO Tutti i vasi di cui si è parlato hanno le loro vene comites. Vene mesenteriche superiori e inferiori e rami con gli stessi nomi delle arterie. Il sangue refluo dell’apparato digerente fino al terzo superiore del retto, più quello che milza e pancreas deve andare a finire nel fegato. Nel fegato entra la vena porta, che nasce dalla confluenza delle sue due radici: la vena mesenterica superiore e la vena splenica. La splenica, prima di congiungersi alla mesenterica superiore, riceve la vena mesenterica inferiore. Per questo la vena mesenterica inferiore è più lunga dell’arteria corrispondente di un paio di corpi vertebrali, mentre la prima la troviamo a L1, la seconda a L3. la vena mesenterica inferiore, salendo, passa dietro al pancreas. Dalla milza arriva in continuazione sangue contenente eme da smaltire, in quanto tossico, ogni volta che mangiamo dall’intestino arriva sangue arricchito dai prodotti della digestione. La porta entra nell’ilo del fegato. Il sangue refluo dallo stomaco va o nella porta o, in alcuni di noi, le vene gastriche entrano da sole nel fegato con il nome di vene porte accessorie. Le vene esofagee inferiori vanno nella vena gastrica di sinistra, che entra nel fegato direttamente o indirettamente. Nel fegato la porta si ramifica generando un territorio vascolare enorme. Il fegato è un organo centrale nel metabolismo di zuccheri, proteine e grassi. È l’unico produttore di albumina e fibrinogeno, una delle sedi principali di sintesi della vitamina A, produce ormoni. È abituato a lavorare a regimi di bassa pressione di O2. L’insufficienza epatica è un’invenzione italiana. Può verificarsi il caso di distruzione di epatociti, per esempio con l’ingestione eccessiva di alcool, sostanza tossica anche per cervello e cuore. L’alcool etilico dà energia, 4 cal/g. Il fegato si fa più duro, chiaro, nodoso, si parla di cirrosi epatica, in questo caso alcolica. Il flusso di sangue è rallentato ulteriormente dalla presenza di connettivo. La pressione all’interno della porta tende ad aumentare, si scaricherà nella milza, che si ingrossa, il sangue ristagna nell’intestino, con una conseguente sindrome da melassorbimento. Ristagna anche sangue nel mesentere, la sua parte liquida tende a andare nell’interstizio: ascite (acqua nella pancia). Raramente un cirrotico muore di insufficienza epatica grave, più spesso capita che le vene esofagee si dilatino fino a rompersi; in questo caso la morte per dissanguamento è rapidissima. • Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 16 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Anatomia microscopica del Digerente La parete del tubo gastroenterico ha un modulo di base che si ripete, con variazioni a seconda della funzione nei suoi vari tratti, che sono di dimensioni variabili ma sempre costituiti da 4 strati: • Mucosa, costituita da epitelio, tonaca propria e muscolaris mucosae, una sottile tonaca appena percepibile, ma molto importante; • Sottomucosa, fatta di connettivo che sostiene vasi sanguigni e linfatici, strutture nervose e, a volte, noduli linfatici; • Muscolare; • Sierosa, laddove c’è il peritoneo o avventizia, dove non c’è il peritoneo, come fra stomaco e diaframma. Fra una zona e l’altra dell’intestino le modificazioni maggiori avvengono nella mucosa, in parte nella muscolare. ESOFAGO Veicola il bolo allo stomaco, non interviene nella digestione. Dato che l’esofago è un tubo di passaggio, esso deve essere strutturato in modo da sopportare il passaggio continuo del bolo e l’attrito conseguente. TONACA MUCOSA L’epitelio è uguale a quello della bocca nella parte interna delle labbra, pavimentoso pluristratificato non cheratinizzato. Nei felini e negli animali che mangiano pezzi di ossa è cheratinizzato per protezione. L’epitelio riposa su una lamina propria , connettivo relativamente lasso (il libro dice denso) contenente vasi e terminazioni nervose. Nella lamina propria, soprattutto nella zona di transizione con lo stomaco, si trovano le ghiandole cardiali esofagee o aberranti, di struttura uguale alle ghiandole della parte cardiale dello stomaco, possiamo inoltre osservare isole di mucosa gastrica. All’esterno della tonaca propria c’è un sottilissimo strato di muscolatura liscia con fibre disposte in fasce longitudinali chiamato muscolaris mucosae. L’esofago a riposo è un tubo appiattito in senso anteroposteriore, ha un lume virtuale che però si dilata al passaggio del cibo. Nell’esofago a riposo la superficie è sollevata in una serie di pieghe longitudinali il cui andamento è seguito dalla muscolaris mucosae. Tonaca sottomucosa Nella sottomucosa dell’esofago, di natura connettivale lassa, passano vasi e sono presenti piccole ghiandole ramificate di tipo acinoso, esocrine, in genere a secrezione mucosa, altrimenti mista: le ghiandole esofagee. Hanno una funzione protettiva, non lubrificante, analogamente a quello che accade a livello vaginale: il muco separa l’esofago da ciò che ci passa. TONACA MUSCOLARE La muscolare è spessa, le fibre di muscolatura liscia involontaria sono disposte circolarmente all’interno e longitudinalmente all’esterno. Questo tipo di muscolatura perché alla contrazione della circolare corrisponde una riduzione del calibro, alla contrazione della longitudinale un accorciamento dell’organo e quindi un aumento del calibro. Queste contrazioni non coinvolgono assieme tutto l’organo, ma solo segmenti di esso. In questo modo è possibile produrre un’onda peristaltica grazie alla quale il bolo percorre l’esofago da cima a fondo. Ad ogni deglutizione si susseguono cicli di contrazione e rilassamento; la stessa cosa accade nel piccolo e grosso intestino, non nello stomaco. Al passaggio del bolo la circolare interna rilascia, la longitudinale esterna si contrae. Il tratto a monte del bolo riduce il suo calibro anche dopo il suo passaggio, per contrastarne la risalita. La riduzione del calibro è data più che altro dalla contrazione della circolare interna, ma il rilasciamento della longitudinale contribuisce. La contrazione concertante tra i vari segmenti è regolata dal sistema nervoso centrale autonomo o vegetativo. Tra mucosa e sottomucosa, per tutto il tratto gastroenterico, troviamo tre strati di strutture nervose, che regolano l’attività della muscolatura e quella secretoria della ghiandole: • • • plesso sottomucoso o di Meisner; plesso mioenterico o di Amerbach; plesso mucoso, nella mucosa, piccolo e poco abbondante. STOMACO A stomaco vuoto la mucosa gastrica è sollevata in pieghe gastriche dirette prevalentemente secondo l’asse longitudinale dell’organo e anastomizzate tra loro per formare un reticolo a maglie allungate. Le pieghe gastriche non sono formazioni permanenti e scompaiono con la dilatazione dello stomaco. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 17 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione TONACA MUCOSA Luogo di deposito dove il bolo è trasformato in chimo. Epitelio monostratificato (tutte le cellule riposano sulla stessa membrana basale) fino al colon: non è un epitelio continuo ma pieno di una miriade di “buchi” detti fossette gastriche sui quali sboccano altrettante ghiandole tubulari semplici (zona del fondo e del corpo) o tubulari ramificate (zona cardiale e pilorica). Queste ghiandole sono il risultato dell’invaginazione delle cellule epiteliali nello spessore della tonaca propria. Sono esocrine, e secernono sostanze che trasformano il bolo in chilo. Nello spazio fra un buco e l’altro l’epitelio è continuo. Le cellule gastriche sono così numerose che si dispongono l’una attaccata all’altra, e di fatto il connettivo fra di esse è molto sottile e non si vede. L’epitelio che delimita le ghiandole facendogli da parete si chiama epitelio ghiandolare, quello che guarda il lume dello stomaco epitelio di rivestimento. Lo stesso concetto vale per l’intestino. La lamina propria è connettivale lassa, contiene capillari sanguigni con endotelio provvisto di pori. La parte superficiale della lamina forma l’asse delle pieghe, la profonda accoglie le ghiandole gastriche. Nella lamina propria troviamo anche ammassi di linfociti. LA MUSCOLARIS MUCOSAE È PARTICOLARMENTE SVILUPPATA. È COSTITUITA DA UNO STRATO INTERNO CIRCOLARE E UNO LONGITUDINALE ESTERNO. ALCUNE SUE FIBRE SI SPINGONO NEL CONNETTIVO TRA I TUBULI GHIANDOLARI E TRA LE FOSSETTE, IN MODO CHE SIA POSSIBILE, CON LA CONTRAZIONE, FAVORIRE IL RILASCIO DEL SECRETO. A livello del cardias e del piloro ogni fossetta gastrica è il condotto di una ghiandola tubulare ramificata, per aumentare la quantità di secreto. Le ghiandole sono tubulari semplici nel fondo e nel corpo dello stomaco. L’epitelio dello stomaco è semplice, non pluristratificato; le sue cellule sono prismatiche, con rari microvilli, a secrezione mucosa (pseudoglicani) e il muco ha funzione protettiva dall’acidità e dagli enzimi litici. Secernono anche anidrasi carbonica, un enzima che idrata la CO2 ad acido carbonico (H2CO3), che si dissocia in ione idrogeno (H+) e HCO3-, ossia ione bicarbonato, una base che tampona l’acido gastrico con formazione di acqua e anidride carbonica. Nelle ramificate troviamo ancora cellule mucipare. Corpo e fondo delle semplici hanno, anziché cellule mucipare, 3 tipi di cellule: • Cellule principali o zimogeniche: le più numerose, prismatiche Secernono pepsinogeno, enzima inattivo di tipo proteasico che taglia le proteine in peptidi (non può ricavare singoli amminoacidi). Per poter agire deve subire una digestione, e ciò avviene grazie all’idrolisi acida che lo trasforma in pepsina. Presentano sulla superficie libera qualche microvillo, sono unite tra loro da desmosomi. Nei lattanti fino allo svezzamento (il libro dice anche dopo lo svezzamento), anziché pepsina, le cellule zimogeniche producono rennina, una proteasi che digerisce le proteine del latte. • Cellule parietali o di rivestimento o delomorfe: hanno forma piramidale, sono le più grosse della parete delle ghiandole gastriche. Sono in grado di secernere nel lume della ghiandola H + e Cl- (appare rosa). In presenza di succhi gastrici avremo nello stomaco circa 10-2 M di HCl, corrispondenti a pH2. Questa concentrazione è necessaria per la formazione della pepsina. Secernono anche il fattore intrinseco di Castle, che serve a creare un involucro attorno alla vitamina B12 che deve arrivare integra nell’intestino per essere assorbita. Il nostro organismo non è in grado di sintetizzare la vitamina B12, che permette la maturazione del megacariocita a globulo rosso. Senza di essa tale maturazione non avviene, quindi chi non secerne questo fattore ha anemia perniciosa. • Cellule del sistema GEP (gastroenteropancreatico): si trovano in tutto il tubo gastroenterico e nel pancreas. Il tubo gastroenterico è quindi una ghiandola endocrina, da questo punto di vista la più grande del nostro corpo, i cui elementi sono distribuiti nella sua lunghezza, sparse nell’epitelio ghiandolare. In presenza del bolo le cellule secernono i loro prodotto non nel lume delle ghiandole, ma nell’interstizio tra cellula e cellula. Poi il secreto imbocca la via del sangue (secrezione endocrina) o agisce localmente (secrezione paracrina). La presenza dl chimo è sicuramente uno stimolo per il funzionamento delle cellule in questione, ma non è da escludere che concorrano a questo anche stimoli nervosi. I principali tipi di cellule del GEP che troviamo nelle ghiandole gastriche sono: 1. cellule che producono serotonina (5-idrossi-triptamina), che viene secreta con effetto paracrino e agisce sulle cellule della muscolaris mucosae. Le fibrocellule, distribuite parallelamente al corpo della ghiandola, contraendosi riducono tutta la tonaca propria, la ghiandola si accorcia e il suo contenuto va a finire nel lume dello stomaco. C’è anche un effetto endocrino della serotonina, essa agisce sulla muscolatura di stomaco e intestino favorendo la peristalsi, sommando quindi il suo effetto agli stimoli del sistema nervoso. Queste cellule sono disposte più o meno uniformemente nello stomaco. L’attivazione del sistema serotoninergico è responsabile della sensazione di benessere che proviamo mangiando. 2. cellule che producono gastrina, quasi tutte concentrate nella parte pilorica. La gastrina ha come bersaglio le cellule parietali, le stimola a secernere H + e Cl- e fattore estrinseco. Può avere azione paracrina o endocrina. Queste cellule sono attivate dalla presenza del chimo associata a quella dell’istamina. 3. cellule a istamina, che viene liberata localmente per stimolare la produzione di gastrina e agisce sulla parietale per favorire l’azione della gastrina stessa. È un cofattore, ha un’azione permissiva sulla Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 18 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione gastrina. Ha un eccesso di istamina segue un eccesso di HCl, può conseguirne dapprima una gastrite, quindi un’ulcera. 4. cellule a somatostatina, anche queste si trovano nel piloro e agiscono sempre sulla parietale, ma per inibirla. È un’antagonista della gastrina. Ci sono anche altri tipi cellulari, ma meno importanti. Il cibo nel lume gastrico stimola a sua volta la liberazione degli ormoni dalle cellule gastriche (regione pilorica, cellule a gastrina e serotonina. Le cellule sono comunque mucose). A livello del cardias e del abbiamo ghiandole tubulari gastriche ramificate (ecco perché non si scorgono i lumi delle ghiandole) in numero elevatissimo, così vicine da non distinguere il connettivo fra di loro. La mucosa gastrica è organizzata in formazioni fungiformi (hanno in realtà le forme più diverse). Ciascuna di queste aree prende il nome di areola gastrica e è delimitata da un vallo. Sulle areole troviamo numerosi infossamenti, le fossette gastriche, che come già detto costituiscono lo sbocco delle ghiandole dello stomaco. Il pezzettino di mucosa tra le fossette gastriche, ricoperto di solo epitelio di rivestimento sostenuto da tonaca propria, è un po’ sopraelevato e prende il nome di cresta gastrica. Nella tonaca propria, o talvolta nella sottomucosa, vediamo anche delle formazioni ricche di cellule bianche, agglomerati di tessuto linfatico: sono i noduli linfatici propri del tratto gastroenterico. Il tessuto linfatico serve perché il lume gastroenterico comunica con l’esterno. TONACA SOTTOMUCOSA Connettivale lassa, contiene il plesso nervoso sottomucoso di Meissner TONACA MUSCOLARE Oltre agli strati circolare interno e longitudinale esterno, troviamo internamente alla circolare (libro dice tra i due) lo strato delle oblique. Non è ubiquitario, si trova soprattutto nel corpo e nel fondo. A questo punto si parla di strati circolare intermedio e obliquo interno. Le fibre longitudinali sono disposte a parabola sulla grande curvatura e spingono il bolo sul piloro (come una fionda) che è chiuso. Il bolo è spinto lungo la piccola curvatura fino al cardias, ipertonico e quindi parzialmente chiuso. Il bolo torna al fondo dello stomaco e il ciclo si ripete finché lo sfintere pilorico non si rilascia. Le fibre circolari sono in realtà ellittiche perché lo stomaco è schiacciato in senso anteroposteriore, questo strato di muscolatura è particolarmente sviluppato in regione pilorica, dove costituisce lo sfintere. Le contrazioni tendono a avvicinare la grande curvatura alla piccola, questo perché il piccolo omento è più corto del grande e offre quindi più resistenza. Le fibre si contraggono a catena non contemporaneamente, la riduzione del calibro avviene quindi sotto forma di onda anche nello stomaco. La muscolatura obliqua si diparte dalla piccola curvatura e si distribuisce a ventaglio, a interessare fondo e corpo. Alla contrazione l’azione delle oblique si somma a quella delle circolari, con il tentativo di avvicinamento della grande curvatura alla piccola. Tutto questo per amalgamare al massimo bolo e succhi gastrici. PICCOLO INTESTINO Qui la digestione viene completata e i suoi prodotti sono assorbiti. E’ percorso da pieghe della parete che sono quasi circolari e si susseguono a breve distanza prendendo il nome di valvole conniventi, pur non avendo funzione valvolare. Sia lungo le pieghe sia negli intervalli tra le pieghe notiamo delle strutture come di velluto, estroflessioni a dito di guanto, i villi intestinali, la cui densità è enorme. Se già le pieghe servono per aumentare la superficie ancora di più essa si può aumentare se ogni piega ha molti villi. Questi sono formati da estroflessioni esclusivamente della mucosa, non anche della sottomucosa come le pieghe. Nel duodeno il numero delle pieghe è piccolo, mentre è elevato nel digiuno e nell’ileo. Fra un villo e l'altro l’epitelio forma delle introflessioni nella tonaca propria, il cui spessore non è quindi costante. Queste introflessioni sono ghiandole chiamate cripte intestinali, perché sono in profondità e più piccole di quelle gastriche. L'epitelio che riveste la superficie del villo e la sua base è monostratificato, quello della cripta è invece ghiandolare. Nell’epitelio di rivestimento troviamo due tipi di cellule: • Enterociti, cellule prismatiche riposanti sulla stessa membrana basale, esse hanno apicalmente sulla membrana plasmatica, nel versante del lume intestinale, una miriade di piccole estroflessioni che interessano solo la membrana cellulare e che prendono il nome di microvilli. Questo serve ad aumentare ancora di più la superficie assorbente; il sistema delle pieghe, villi, microvilli permette un’elevata attività assorbente. Si tratta dell’assorbimento costitutivo dei prodotti della digestione (amminoacidi, zuccheri e grassi). Sono il 95-98% di tutte le cellule dell’epitelio, ricoprono i villi intestinali e rappresentano gran parte delle cellule che rivestono le cripte. Sono uniti verso l’apice da piccoli desmosomi. • Le cellule caliciformi mucipare solo il 5%, mescolate alle cellule assorbenti, secernono muco e anidrasi carbonica. Sono più numerose nelle cripte che nei villi. Nell'intestino le cellule muco secernenti sono molte di meno che nello stomaco. Nell'epitelio ghiandolare troviamo, oltre a quelli già descritti, altri due tipi di cellule: • Cellula di Paneth, apparentemente zimogenica, che ha la funzione di produrre e introdurre nel lume dell’intestino sostanze antivirali (lisozima) e soprattutto antibatteriche, dette difensine.. Queste cellule sono in numero limitato e non possono contribuire alla digestione. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 19 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Cellula del sistema GEP, che si localizzano verso il fondo della ghiandola, ognuna delle quali produce un ormone: 1. cellule a serotonina, di cui abbiamo già parlato e che troviamo in tutto il tubo gastroenterico; 2. cellule a gastrina, già trovate nella parte pilorica dello stomaco, che difatti è quella più vicina al duodeno; 3. cellule a secretina, il cui bersaglio è il pancreas esocrino, lo stimola a secernere enzimi nel duodeno. Nel duodeno inizia? e si completa la digestione degli zuccheri complessi, inizia anche quella dei grassi. Lipasi, maltasi, amilasi, tripsina... sono tutti prodotti del pancreas. Lo stimolo principale alla produzione di secretina è ancora la presenza chimico-fisica del chimo gastrico. Il pancreas secerne enzimi litici e HCO3-. Il bicarbonato ha funzione di tampone e in più, coesistendo con gli enzimi all’intero del pancreas, li mantiene inattivi. L’attivazione di questi enzimi avviene da parte delle enterasi intestinali, che sono anch’esse degli enzimi. La secretina agisce anche sulle cellule parietali dello stomaco per inibirle, attua assieme alla somatostatina una regolazione in negativo; 4. cellule a colecistochimina o pancreozima, sinergico alla secretina, ma meno potente. La secrezione di questo ormone è condizione necessaria, ma non sufficiente, per far arrivare la bile. Questo ormone ha anche l’azione di far rilassare lo sfintere di Oddi. Terzo bersaglio sono alcune regioni del cervello, per farci smettere di mangiare; 5. cellule a somatostatina; 6. cellule a enteroglucagone, è il glucagone delle cellule GEP dell’intestino. Il glucagone ha un’azione iperglicemizzante, cioè ha l’effetto di alzare la glicemia, grazie agli zuccheri che vengono dal fegato. Garantisce, assieme all’insulina, il mantenimento di un livello di glicemia costante nell’arco della giornata (escluso il tempo dopo mangiato). Mentre esiste una malattia per deficit d’insulina, non esiste per il glucagone. Nella sottomucosa troviamo ghiandole sottomucose duodenali, dette ghiandole del Brunner (tedesco, guai a chi dice branna) che producono e secernono muco. Hanno condotti che attraversano la mucosa per sbucare tra un villo e l’altro, riversando una grande quantità di muco nel duodeno, muco che si somma a quello delle cellule caliciformi mucipare. Questo fenomeno si verifica solo nel duodeno, perché dopo non c’è bisogno di così tanto muco; prima già ne avevamo trovate nell’esofago. Nello stomaco invece il bisogno è supplito dalla presenza di una miriade di cellule caliciformi mucipare. Queste ghiandole sono necessarie nel duodeno perché ci arriva il chimo pH 2-3, acidità che verrà quasi tempestivamente tamponata dallo ione bicarbonato proveniente dal pancreas. • Assorbimento dei grassi Il villo presenta nel suo asse tonaca propria e fascetti di muscolatura della muscolaris mucosae. L’enterocita assume elementi e li riversa all’interno del villo. Lì troviamo capillari tra arteriole e venule. Nel torrente ematico sono riversati tutti i prodotti della digestione, ma solo una piccola parte dei grassi. Il grosso dei grassi, infatti, non lo troviamo nelle venule. Ciò che assorbiamo dal sangue è portato al fegato in piccole quantità, nel tempo che intercorre tra un pasto e l’altro. Nell’asse del villo troviamo un vaso linfatico a fondo cieco (caratteristica di tutti i vasi linfatici, ovunque si trovino), il cui nome è vaso chilifero. Questo nome deriva dall’aspetto del liquido che troviamo al suo interno dopo l’assunzione di grassi. Normalmente la linfa è semitrasparente, formata in massima parte da liquido interstiziale. La linfa che sta percorrendo il vaso chilifero un’ora o più dopo aver mangiato, specialmente se ho mangiato molti grassi, sarà lattescente; questo perché contiene palline di grassi chiamate chilomicroni. La linfa dal condotto toracico finisce nella vena succlavia di sinistra, diluendosi mano a mano che arriva al cuore e da lì va a tutti gli organi, compreso il fegato. In questo modo il grasso arriva diluito al fegato e l’epatocita no si sovraccarica di grassi, cosa che ne causerebbe la morte. I vasi presenti nell’asse del villo sono compressi dalla contrazione della muscolatura liscia disposta longitudinalmente nel suo asse. I vasi sanguiferi non hanno tanto bisogno di questo, ma i linfatici ne ricavano la spinta per far progredire la linfa. È questa un’altra utilità della peristalsi. Per la digestione dei grassi oltre alle lipasi sono necessari i sali biliari, molecole anfipatiche che si organizzano attorno a particelle di grasso, le penetrano e spezzettano formando piccole micelle, aumentando in questo modo la superficie disponibile alla digestione (disegno 6-10). La lipasi scinde i trigliceridi in acidi grassi e glicerolo, anfipatici i primi solubili in acqua i secondi, tutti pronti alla digestione. Per superare la barriera della membrana plasmatica i grassi sono assorbiti dall’enterocita in micelle formate da sali biliari attorno acidi grassi o glicerolo. All’interno dell’enterocita queste micelle si fondono per formare particelle più grandi, in cui si riformano i trigliceridi. La rifabbricazione dei trigliceridi è necessaria per indirizzare i grassi alla linfa anziché al sangue. GROSSO INTESTINO Tonaca muscolare La muscolatura longitudinale esterna non è distribuita uniformemente attorno al grosso intestino, ma raccolta in tre formazioni dette tenie coli. Lungo le pieghe del grosso intestino la presenza delle fibre circolari aumenta di molto, grazie al contributo di tante fibre longitudinali delle tenie che, a livello della piega, girano ad angolo retto diventando circolari. Queste pieghe rallentano la velocità Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 20 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione del contenuto, lasciando più tempo agli enterociti per l’assorbimento, altrimenti il numero di tali cellule sarebbe insufficiente. Per contro, se la velocità è troppo bassa gli enterociti assorbono più ioni acqua e le feci si fanno secche, dure, fino alla situazione limite dei fecolini (o fecalini?), corpi duri. Non si può evacuare, ne consegue un’occlusione intestinale. Questa tonaca accoglie il plesso mioenterico di Auerbach. Tonaca mucosa Ha la solita composizione, non presenta né pieghe né villi. Troviamo noduli linfatici isolati. ci sono ghiandole tubulari semplici, anche qui in numero enorme, forse meno che nello stomaco, ma comunque stipate. Le ghiandole sono in maggioranza costituite da cellule caliciformi mucipare. Cambia la forma, ma il concetto è simile allo stomaco (lì erano prismatiche). Nel grosso intestino è prodotta un’enorme quantità di muco, questo perché le feci sono irritanti meccanicamente. Sono grasse e contengono bile residua, scivolosa, ma c’è bisogno di protezione. Il muco di piccolo e grosso intestino ha come prima funzione quella protettiva, tuttavia il muco, soprattutto nel grosso, può aiutare la progressione del materiale fecale. Ciò non significa che il muco abbia funzione lubrificante, ma se è sufficientemente idratato diventa filamentoso e contribuisce allo scivolamento. La principale responsabile dello scivolamento è quindi la bile. L’assorbimento di ioni acqua da parte dell’enterocita è costitutivo, ci sono però ormoni che impediscono un eccesso di assorbimento, favorendo l’idratazione del muco. In caso di affezioni infiammatorie del grosso intestino le cellule mucipare aumentano la produzione di muco. se lo vedo nelle feci penso magari a un’infiammazione degli ultimi tratti. Sono presenti anche le cellule di Paneth. Nell’ambito dell’epitelio ghiandolare dobbiamo includere anche le cellule endocrine, le solite cellule a serotonina, che ha funzione paracrina (forse anche endocrina), agisce localmente sulla muscolatura. Ci sono anche altri tipi di cellule meno studiati. Lungo l’epitelio di rivestimento troviamo, inframezzate agli enterociti, scoperte da una ventina d’anni e poco numerose, le cellule sensoriali. È molto probabile che queste cellule esistano anche nel piccolo intestino. Sono innervate e è molto probabile che costituiscano una specie di pacemaker, che registrerebbero come recettori la composizione chimico-fisica del contenuto del grosso intestino per inviare informazioni ai plessi della sottomucosa, mioenterico e mucoso, che rispondono attivando la contrazione di quel segmento di muscolatura. Quindi l’ordine per la contrazione della muscolatura non dipende solo dal SNC, c’è la serotonina che fa contrarre localmente, ma lo stimolo attiva anche i plessi di cui sopra. Disegno cellula sensoriale neurone cellula muscolare. Possiamo chiamarlo pacemaker perché segna il ritmo, localmente, di un haustra. Appendice vermiforme Non ci sono tenie. Nella tonaca propria ci sono sì ghiandole, ma c’è un enorme quantità di noduli linfatici, cosa che spiega la maggiore incidenza delle appendiciti rispetto alle coliti. Il materiale fecale che entra nel piccolo lume dell’appendice viene spinto fuori da onde peristaltiche, se invece permane lì la mucosa si irrita. Vedi valvola ileocecale p 162 Intestino retto? p 163 Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 21 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione LE PARTI IN CORSIVO NERO SONO NOSTRE OSSERVAZIONI PERSONALI O FUMETTISTICHE DIGRESSIONI DI PATOLOGIA O FISIOLOGIA O ALTRO, CHE ABBIAMO DECISO DI METTERE IN EVIDENZA PERCHÉ, SEPPURE INTERESSANTI E UTILI PER LA MEMORIZZAZIONE, SONO POCO APPROFONDITE E A VOLTE ANCHE DI DUBBIA FONDATEZZA (COLPA QUESTA NON SOLO DEL PROF., MA ANCHE DI CHI SCRIVE). RESTA IL FATTO CHE AL PROF. PIACE SENTIRLE E CHE, A VOLTE, LE CHIEDE ANCHE. Le parti in corsivo blu indicano incertezza sulla correttezza del concetto espresso, vi invitiamo a chiarirle e informarci a riguardo. I rimandi a tavole anatomiche si riferiscono al Netter. Buono studio! ANATOMIA UMANA Anatomia: parola che deriva dal greco anatomé “dissezione”, derivazione di anatémnein “tagliare” La struttura è il risultato della funzione, non viceversa. È dunque la funzione che fa l’organo, che a sua volta rende possibile tale funzione. Apparato anatomico: insieme di organi diversi che concorrono nell’effettuare una stessa funzione • Sistema anatomico: insieme di organi, ciascuno deputato a svolgere la propria funzione. Ognuno di questi organi ha quindi una sua dignità funzionale. Descrivendo il nostro corpo si è solito riferirsi a tre piani di taglio: • Frontale: perpendicolare al piano terra e appoggiato alla fronte; • Longitudinale o sagittale: perpendicolare al piano terra e a quello frontale (c’è un unico piano sagittale mediano che divide in due metà il corpo umano); • Trasversale: perpendicolare ai due piani di cui sopra e parallelo al piano terra. • I visceri sono l’insieme di 1. Organi cavi: sono fatti da una parete che delimita una cavità. 2. Organi pieni: fatti da un’impalcatura connettivale (stroma) e da una serie di altri elementi che costituiscono la parte funzionale (parenchima). I. Apparato locomotore: la differenza principale tra le piante e gli animali è il movimento. Lo scheletro (che nell’uomo è prevalentemente osseo) è indispensabile per il movimento (che si definisce come lo spostamento di un segmento osseo rispetto ad un altro e rispetto alla terra). La ossa non si spostano da sole: c’è bisogno dei muscoli scheletrici e di capsule articolari (che tengono insieme le ossa e consentono loro un certo grado di mobilità. Le ossa si dispongono a delimitare cavità corporee. A volte però, come nel caso dell’addome, le ossa sono solo la struttura portante, perché c’è bisogno di elementi molli. Altre funzioni delle ossa sono la produzione degli elementi figurati del sangue (midollo osseo) e l’immagazzinamento con funzione di riserva degli ioni Ca++. II. sistema circolatorio: le cellule muscolari, per contrarsi, devono sintetizzare e consumare ATP. Per produrre ATP è necessario che materiale energetico arrivi dall’esterno a tutte le cellule. Questo materiale è trasportato dall’apparato cardiocircolatorio, composto di vasi sanguiferi. Il sangue è composto da elementi figurati e plasma (che contiene ioni, vitamine e proteine tra cui fibrinogeno e albumina). A monte dell’apparato circolatorio c’è il cuore, che ha la funzione di una pompa che spinge il sangue attraverso vene e arterie. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 22 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione III. Apparato respiratorio: il nostro corpo ha bisogno di O2 per produrre energia (ATP). Il sangue in uscita dai polmoni è ricco di O2 assunto grazie a questo apparato e trasportato a tutte le cellule. IV. Apparato digerente: digerisce ed assorbe sostanze (glucidi e lipidi) da cui la cellula animale ricava ATP. V. Apparato escretore: i prodotti di rifiuto derivati dal catabolismo (cioè dalla distruzione di elementi per la sintesi di ATP) sono di tre tipi: • Gassosi (CO2) prodotto tossico espulso dall’apparato respiratorio, • Liquidi (urina) prodotti di rifiuto idrosolubili (eccesso di H2O, ioni, urea, acido urico), • Solidi (feci) prodotti di rifiuto liposolubili, che derivano dalla scomposizione degli eritrociti. VI. Apparato riproduttore: accoppiamento di due esseri complementari tra loro per la trasmissione del genoma. VII. sistema nervoso e sistema endocrino: attua funzioni di controllo e di regolazione. Senza sistema nervoso saremmo dei vegetali. L’endocrino è fatto di ghiandole e organi che sintetizzano e secernono primi messaggeri (ormoni) che arrivano in cellule provviste di recettori e attivano secondi messaggeri (come gli ioni Ca++) scheletro È costituito da una struttura portate che è la colonna vertebrale, che si estende dalla parte più craniale del soma (cioè dalla vertebra detta atlante) fino al residuo di coda (coccige). La colonna vertebrale è divisa in 5 segmenti per un totale di 32 o 33 vertebre: I. Cervicale = 7 vertebre (da C1 a C7); II. Toracico = 12 vertebre (da T1 a T12); III. Lombare = 5 vertebre (da L1 a L5); IV. Sacrale = 5 vertebre (da S1 a S5) fuse tra loro a formare l’osso sacro; V. Coccigeo = 3 o 4 vertebre (da Co1 a Co3). Dalla colonna si dipartono direttamente o indirettamente le altre ossa. La colonna non è dritta, ma costituita da una successione di curvature, corrispondenti ai 5 segmenti. Dalla visione anteriore abbiamo due convessità alternate a due concavità, il contrario dalla visione posteriore. Si parla di lordosi cervicale e lombare (convessità ant.) e cifosi toracica e sacrale (convessità post.) La curvatura della colonna è il risultato di un processo evolutivo. Si è partiti dall’appoggiarsi su quattro zampe per passare a due, modificando la conformazione delle spalle. Dalla parte laterale del bacino si diparte il femore, il piano che lo contiene è perpendicolare al piano terra e è chiamato piano frontale. Un allargamento di 90° del bacino, a scapito del suo spessore, ha consentito all’uomo di camminare su due zampe avendo quindi le mani libere per altre attività. Prima di questo il peso corporeo si esercitava sui 4 arti (articolazioni delle ginocchia, dell’anca, la regione lombare) per i ⅔ dell’esistenza (⅓ lo passiamo distesi, dormendo). Per ottimizzare lo scarico dei pesi in posizione eretta e per guadagnare in mobilità si è formata la lordosi lombare, la cifosi toracica per compensazione e così via. Tronco: la parte del nostro corpo che, nello scheletro, va dalla zona vertebrale toracica a quella coccigea. Comprende quindi le vertebre toraciche, lombari, sacrali e coccigee. Collo: la parte del nostro corpo il cui scheletro è costituito dal tratto cervicale della colonna. Cranio: ciò che sormonta il tratto cervicale. Arti: le 4 appendici (2 superiori e 2 inferiori) Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 23 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Bacino: visto dall’alto ha una forma vagamente ellittica, per questo lo scheletro del bacino è anche detto cingolo pelvico o pelvi. Vi si articola il femore. Cingolo scapolare: altro cingolo, che si trova in alto. La testa dell’omero si articola con la scapola, un osso triangolare che è mantenuto in situ dalla clavicola (osso corto a forma di S), che a sua volta si articola con un osso impari, unico e mediano: lo sterno. Anche le due clavicole e le due scapole, viste dall’alto, formano una specie di ellisse. Torace È la parte craniale del tronco, una cavità corporea contenente organi avente la forma di un tronco di cono appiattito in senso antero-posteriore, con l’apice molto arrotondato. Il diametro trasverso è molto maggiore di quello sagittale. È delimitato dal seguente insieme osteocartilagineo, detto GABBIA TORACICA: 12 vertebre toraciche, ciascuna delle quali si articola con una coppia di coste, la quale (descrivendo una sezione di ellisse) si dirige anteriormente verso lo sterno. La distanza T1T12 è 35-40 cm. • 12 coppie di coste, delle ossa piatte le prime dieci delle quali raggiungono lo sterno, a differenza delle ultime due, chiamate fluttuanti o libere o asternali. Più precisamente le prime sette coste raggiungono lo sterno individualmente e separatamente l’una dall’altra e sono dette per questo coste vere o sternali, mentre ottava, nona e decima, false coste propriamente dette convergono anteriormente, formando dei gradini, nella cartilagine della settima, che come detto raggiungerà lo sterno. La maggior parte del loro tessuto è osseo, la parte anteriore è cartilaginea fibrosa. Tra una costa e l’altra c’è uno spazio intercostale (11 spazi a destra e 11 a sinistra) riempito da muscoli. Testa e collo di ciascuna vertebra si dirigono indietro e lateralmente, 2-3 cm dopo deviano lateralmente in maniera piuttosto brusca in direzione anteriore in corrispondenza di un punto detto flesso. Sommando i 12 angoli costali formiamo la doccia paravetebrale o costovertebrale. Le docce servono per contenere parte di ciascun polmone (i polmoni occupano il 75-80% della cavità toracica. Le coste più caudali devono risalire verso l’alto per la differenza di lunghezza tra sterno e vertebre toraciche. Questa struttura permette all’addome, o meglio all’utero, di accrescersi durante la gestazione e consente una maggiore mobilità allo spostamento del tronco. • Sterno, un osso piatto, impari, simmetrico e mediano, lungo circa 25 cm (il Testut dice 1520) costituito da tre parti: il manubrio dello sterno (parte superiore, a forma di trapezio), il corpo dello sterno e il processo (o appendice) xifoideo. La giunzione tra manubrio e corpo forma un angolo ottuso che guarda indietro, detto angolo sternale di Louis, importantissimo per l’auscultazione del cuore. A livello dell’angolo sternale si connette la seconda coppia di coste, questo ne fa anche un importante punto di repere. Sullo sterno si trova un’incisura mediana detta incisura giugulare o giugulo. Sull’estremità superiore, ai lati del giugulo, vi sono due fossette dette incisure clavicolari dello sterno, su cui si articolano le clavicole. Il processo xifoideo è quasi sempre cartilagineo, può presentare varie configurazioni (triangolare, rettangolare, ovalare, bifida...) e incurvarsi indietro, avanti, a destra o a sinistra. Su ciascun margine laterale troviamo sette incisure articolari o costali, su cui si articolano le prima sette coppie di coste, coste con frapposte sei incisure non articolari o intercostali. • Il torace ha la forma di un tronco di cono ed è costituito da due pareti anteriori (destra e sinistra). Il punto più declive (caudale) del torace è l’apice (tronco) della 12a costa; dal manubrio dello sterno alla linea immaginaria che unisce gli apici dell’ultima coppia di coste, la distanza è maggiore di 30 cm (maggiore quindi della distanza posteriore), con una conseguente asimmetria antero-posteriore. Davanti siamo infatti più lunghi. La gabbia toracica si allarga progressivamente fino alla sesta costa, poi continua a farlo in modo meno deciso fino all’ottava e dalla nona si restringe di nuovo. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 24 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Il limite superiore della gabbia toracica e costituito da: prima vertebra toracica, margine interno della prima costa, incisura giugulare del manubrio dello sterno. Il limite inferiore è invece composto da: dodicesima vertebra toracica, le due coste fluttuanti (undicesima e dodicesima), arco cartilagineo costale e processo xifoideo. Il diametro antero-posteriore dell’apice è 5 cm, quello trasverso 10-13 cm. Il diametro antero-posteriore della base è mediamente 12 cm, quello trasverso 26 cm. La cavità addomino-pelvica è fatta di tessuti molli, questo ci permette di chinarci, contenere il feto, mingere… Nell’emitorace le coste si inclinano sempre di più. Il massimo dell’inclinazione si ha in corrispondenza della dodicesima (se guardiamo dal lato e da dietro). Le ultime coste devono risalire verso lo sterno per fare spazio ai tessuti molli. Inspirazione ed espirazione Circa il 70% della cavità toracica è occupato dai polmoni, che si riempiono d’aria durante l’inspirazione e la pompano all’esterno durante l’espirazione. Durante l’inspirazione la pressione endotermica diminuisce rispetto a quella atmosferica di 2,3 mmHg, si genera quindi una depressione nel torace (applicando allo scheletro una serie di leve che aumentano i diametri e, va da sé, i volumi interni). Durante l’espirazione la situazione si inverte per un aumento della pressione endotermica, per questo l’aria esce. In totale si contano 15-17 atti respiratori al minuto. Nella respirazione normale immettiamo ½ L d’aria (500 cc). Il processo di inspirazione è attivo perché contraggo muscoli respiratori, quello d’espirazione è passivo perché li rilascio. Per svolgere il loro lavoro i polmoni sono dotati di componenti elastiche, ad esempio le titine, delle proteine giganti (le più grandi che il nostro corpo sintetizza), lunghe circa 1 µm, che si comportano come una molla. Il polmone non si svuota mai del tutto: vi rimane una quantità d’aria detta volume residuo. Muscoli intercostali Riempiono gli spazi intercostali, sono muscoli essenziali alla vita. Ce ne sono di esterni e di interni. In generale l’andamento delle fibre muscolari scheletriche è quello per cui ogni fibra fa capo a due tendini, dall’andamento dipende la direzione della contrazione. Le fibre dei muscoli intercostali, sempre oblique dall’alto in basso, possono anche essere inclinate: da dietro a davanti (negli esterni), dal medio al lato e viceversa. INTERCOSTALI ESTERNI Contraendo i muscoli di destra e di sinistra sposto le coste verso l’alto facendole ruotare, se sommiamo le rotazioni delle 12 coste ottengo un aumento del diametro antero-posteriore e laterale del torace. La variazione volumica è uguale alla terza potenza del numero di centimetri di cui si è spostata ogni costa. INTERCOSTALI INTERNI MEDIALI Hanno fibre disposte verticalmente. Contraendosi sollevano in alto la parte cartilaginea delle coste, con un aumento del diametro antero-posteriore. INTERCOSTALI INTERNI LATERALI Hanno andamento perpendicolare a quelli esterni. Sono gli unici muscoli espiratori. Inducono una rotazione verso il basso delle coste, comprimendo i polmoni. La diminuzione del volume è ovviamente limitata, poiché la gabbia è scheletro. Li utilizziamo solo nell’espirazione forzata, nella respirazione tranquilla ci limitiamo a rilassare gli inspiratori. Muscolo diaframma addominale È un muscolo sottile, grossolanamente cupuliforme, che separa le cavità toracica e addominale prendendo attacco alle ultime 6 coste, al processo xifoideo e a T12. La parte superiore, convessa, costituisce il pavimento del torace, quella concava il tetto dell’addome. Anteriormente, scendendo, si conforma a V. Le fibre muscolari sono disposte a raggera e convergono verso l’apice in un punto Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 25 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione detto centro tendineo o centro frenico. Il diaframma, contraendosi, tira le coste verso il basso, con un conseguente ampliamento della cavità toracica. Muscoli scaleni della colonna vertebrale In numero di tre (anteriore, medio e posteriore), tirano su la prima costa e la seconda costa. Si inseriscono due alla prima e uno alla seconda, in prossimità dello sterno. Li usiamo solo in caso di sforza muscolare intenso, per aumentare l’escursione. Sono usati continuamente in caso di insufficienza respiratoria, infatti il collo taurino è uno dei segni dell’insufficienza respiratoria cronica. MUSCOLI RESPIRATORI ACCESSORI Sono il muscolo quadrato dei lombi e lo sternocleidomastoideo. Non servono precipuamente a respirare, ma li usiamo in tal senso in caso di elevato sforzo muscolare, per aumentare le escursioni. MUSCOLO QUADRATO DEI LOMBI Si trova ai lati della colonna lombare, le sue fibre, verticali, vanno dalla dodicesima costa alla cresta iliaca. È un muscolo rettangolare. La sua funzione principale è quella di mantenere la stazione eretta, può essere usato sia come inspiratorio sia come espiratorio, favorendo o contrastando l’abbassamento dell’ultima costa. MUSCOLO STERNOCLEIDOMASTOIDEO Si inserisce a livello del manubrio dello sterno, delle clavicole e del processo mastoideo, una protuberanza ossea sita dietro l’orecchio. Serve principalmente per ruotare il capo. Muscolo diaframma addominale, muscoli scaleni e muscolo quadrato dei lombi collaborano nell’aumentare il diametro verticale del torace. C’è una differenza sessuale: le donne respirano con il diaframma molto più che con i muscoli intercostali. Si parla di respirazione di pancia, mentre per gli uomini di respirazione di petto. Fascia endotoracica e pleure polmonari È un involucro connettivale che avvolge in parte o del tutto i muscoli scheletrici. Non è contrattile, ha solo funzione di contenimento (sorregge la parete, evita che sporga e riduce la forza di contrazione), così che i muscoli scheletrici siano facilitati nella loro contrazione esplosiva. Ha anche la funzione secondaria di costituire parete. I polmoni aderiscono alla parete tramite la pleura, una doppia membrana che fa anche da sistema di trasduzione grazie al quale la forza che viene impressa al primo strato viene trasmessa fino al polmone. Ogni pleura è costituita da due foglietti (pleure) che si continuano l’uno con l’altro in ogni direzione, con una cavità “virtuale” all’interno, lo spazio pleurico. Il foglietto aderente alla superficie polmonare è detto foglietto viscerale della pleura, l’altro, più esterno, prende il nome di foglietto parietale della pleura. Dall’esterno troviamo, in sequenza: parete toracica, parete endotoracica, pleura e parete polmonare. TIMO È l’organo più vicino al manubrio dello sterno, fa parte del mediastino superiore ed è ben visibile nel neonato. Si presenta come una massa molle bilobata enorme, di colore grigio scuro, posta sopra al cuore, che sconfina nel collo. Inizialmente occupa spazio che sarà dei polmoni, ancora piccoli e non funzionanti fino alla nascita. Il timo svolge un’importante attività immunologica, è un organo vitale, pur vivendo meno a lungo del suo proprietario. Non è presente nell’adulto, cresce con il corpo fino alla pubertà, cessa di crescere nell’adolescenza (tra pubertà e 18-24 anni) rimane pressoché invariato tra pubertà e adolescenza per poi regredire, andando cioè in atrofia. Alla fine dell’adolescenza del timo non resta che qualche tralcio fibroso. Queste caratteristiche fanno del Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 26 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione timo un organo a termine. I linfociti T e con loro anche altri globuli bianchi, per diventare immunologicamente competenti devono passare un periodo nel timo. Lì saranno selezionati cloni capaci di aggredire ognuno il suo specifico antigene not-self. Senza quest’organo si è esposti a infezioni di ogni tipo, si ha cioè uno stato di immunodeficienza. Non sono infatti sufficienti alla sopravvivenza gli anticorpi passati al figlio dalla madre durante la gravidanza e l’allattamento (il prof li ha definiti un argent de poche). Esiste una relazione tra la persistenza del timo e la miastenìa grave (malattia neuromuscolare autoimmune caratterizzata da debolezza muscolare, che migliora asportando il timo). CUORE È l’organo principiale dell’apparato cardiocircolatorio. È un muscolo striato non scheletrico che occupa la parte mediana della cavità toracica. È situato tra i due polmoni, sopra al diaframma, davanti alla colonna vertebrale, dalla quale è separato per mezzo dell’esofago e dell’aorta, dietro allo sterno e alle cartilagini costali, che lo proteggono. È mantenuto nella sua posizione dal pericardio e per la continuità con i grossi vasi. È una sorta di pompa che genera la forza responsabile del movimento del sangue attraverso le arterie che, per successive ramificazioni, riportano sangue ai tessuti. Contraendosi genera, ad ogni battito, un’onda pressoria. La parete muscolare delimita quattro cavità: due operazionalmente superiori e due inferiori, rispettivamente dette atri e ventricoli. Ha forma più o meno piramidale a base triangolare. Le sue pareti non sono piatte, presentano incurvature ed irregolarità. La base è rivolta in alto, indietro e a destra, mentre l’apice guarda in basso, in avanti e a sinistra. L’apice è smusso e costituisce la parte più ventrale del cuore. L’asse cui appartiene l’altezza della piramide è l’asse principale del cuore. Il piano degli osti atrioventricolari è perpendicolare all’asse principale. Le FACCE del cuore sono tre: • infero-posteriore o diaframmatica, che guarda in basso e indietro e appoggia sul diaframma attraverso il pericardio. È debolmente convessa, è formata dalla faccia inferiore dei ventricoli, maggiormente il sinistro, e dalla parte inferiore degli atri, contiene il solco coronario, l’interventricolare posteriore e il tratto inferiore del solco interatriale; • sternocostale, che sta dirimpetto al corpo dello sterno, alle coste di sinistra e un po’ anche a quelle di destro. Guarda in alto, in avanti e a destra. È costituita per lo più dal ventricolo destro. Contiene il solco coronario, il tronco della polmonare e dell’arteria aorta e il solco interventricolare anteriore; • margine ottuso, molto esteso, sarebbe la faccia di sinistra, arrotondata e convessa. È costituito da una parte atriale e una ventricolare, separate dalla porzione sinistra del solco atrioventricolare. È l’estremo di sinistra del cuore in situ. Il passaggio tra le facce diaframmatica e sternocostale è delineato dal margine acuto del cuore, che va dallo sbocco nel cuore della vena cava inferiore alla punta del cuore (in realtà non è un angolo acuto, l’aggettivo vuole indicare che il passaggio è molto netto). Tale margine è relativamente sottile. La logica di Donato si rifiuta di chiamare il margine acuto margine destro, checché ne dicano i libri, ricordatevelo. VASI IN USCITA DAL CUORE: • • arteria polmonare, un vaso dal calibro di circa 2,5 cm, che conduce il sangue venoso dal ventricolo destro ai polmoni. La sua origine fa parte della base del cuore. Va verso l’alto, indietro e a sinistra per poi diramarsi in due vasi, destro e sinistro, sotto l’arco aortico. Il tratto unico è detto tronco polmonare. Il ramo di destra, per raggiungere il polmone, passerà dietro a contatto della cava superiore; arteria aorta: si trova indietro e a destra rispetto all’origine della polmonare, proviene dal ventricolo sinistro e si dirige in alto, per poi curvare improvvisamente a U, formando l’arco aortico e cominciando a scendere. È destinata a portare il sangue a tutto il corpo. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 27 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Alla loro uscita i due grandi vasi non sono disposti esattamente come i ventricoli. VASI IN ENTRATA NEL CUORE: • vena cava superiore, un vaso privo di valvole, che si forma dietro la prima articolazione condrosternale destra. Deriva dalla confluenza di 2 grossi vasi: la vena brachiocefalica di destra e quella di sinistra. (dette anche vene anonime), che a loro volta derivano dalla confluenza di vena succlavia e vena giugulare. La cava superiore porta all’atrio di destra il sangue refluo che proviene dalla testa, dal collo, dagli arti superiori e dal cingolo scapolare attraverso una serie di vasi che confluiscono in essa. È lunga 7 cm ed ha un calibro di 22 mm; • vena cava inferiore o ascendente, quasi coassiale alla cava superiore, preveniente dal basso, porta all’atrio destro il sangue refluo proveniente dagli organi posti al di sotto del diaframma. È la vena più grande del corpo, lunga 22 cm (18 nella porzione addominale), con un calibro di 13 mm. Il suo territorio corrisponde a quello dell’aorta addominale. Come l’aorta attraversa il diaframma attraverso uno iato; • 4 vene polmonari, due delle quali provenienti dal polmone destro e due dal polmone sinistro. Anch’esse prive di valvole, portano sangue ossigenato, sono lunghe 1,5 cm ed hanno un calibro di 13-16 mm (quelle di destra sono più grandi). BASE DEL CUORE. Guardando il cuore da dietro possiamo vederne la base. La base del cuore è costituita dalla faccia posteriore dei due atri, delle cavità a forma di uovo, e dalle origini dei vasi: vene cave superiori e inferiori e le quattro vene polmonari. È piuttosto bombata. ATRIO DESTRO: è la parte bianca centrale, la più a destra del cuore. Ha l’asse maggiore disposto verticalmente. Si continua verso l’alto, a livello della parete postero-superiore, con la vena cava superiore e verso il basso con la vena cava inferiore. La porzione di seno venoso che viene assorbita dall’atrio nel corso dello sviluppo è detta porzione sinusale è liscia ed uniforme. C’è anche una porzione trabecolare, striata per la presenza di fasci muscolari. ATRIO SINISTRO: è la parte più dorsale del cuore, ha l’asse maggiore orizzontale. All’estremità destra deborda oltre l’atrio destro. È scavato per accogliere la porzione ascendente dell’arteria polmonare. Vi arrivano, separatamente, le quattro vene polmonari. Le due provenienti dal polmone destro passano dorsalmente all’atrio destro. La sua parte superiore è in rapporto con l’arteria polmonare destra. Posteriormente all’incontro delle quattro vene polmonari l’atrio sinistro è in contatto con l’esofago, tanto che all’occorrenza è possibile effettuare un’ecocardiografia trans-esofagea. Entrambi gli atri nascono come punto d’incontro tra i vasi che vi sboccano. La parete degli atri ha ancora la stessa struttura delle vene nelle regioni di incontro dei vasi venosi. Verso i ventricoli, invece, la parete si fa muscolare. Quasi tutta la muscolatura atriale è concentrata nelle auricole o orecchiette dell’atrio. L’auricola di sinistra ha la forma di un padiglione auricolare e parte dall’atrio sinistro per arrivare a sinistra dell’arteria polmonare. È più lunga, sinuosa e frastagliata della destra L’auricola di destra termina davanti all’arrivo della cava superiore, a destra dell’origine dell’aorta, di cui abbraccia la porzione antero-laterale. Le due auricole si intravedono guardando il cuore da dietro. CIRCOLAZIONE Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 28 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Questo è il percorso di un globulo rosso: partendo dal ventricolo sinistro entra nell’aorta, va in periferia e torna all’atrio destro per la vena cava superiore e inferiore, passa nel ventricolo destro e arriva ai polmoni attraverso l’arteria polmonare, per poi tornare nell’atrio sinistro tramite le quattro vene polmonari. Le arterie si ramificano in arteriole e poi in capillari. Il letto vascolare arterioso che nasce dall’aorta è enorme, mentre quello polmonare è piccolo (anche perché i polmoni occupano una minima parte del soma). Il ventricolo sinistro è all’origine del grande circolo, quello che si diparte dall’aorta per arrivare ai tessuti. L’eritrocita che parte dal ventricolo sinistro carico di O2 nei tessuti si carica di CO2. Il ventricolo destro è all’origine del piccolo circolo, quello che si diparte dall’arteria polmonare e arriva ai polmoni. Dal ventricolo di destra l’eritrocita torna ai polmoni per ricaricarsi di O2 e cedere CO2. Se avessimo un solo ventricolo ci sarebbe un periodo di tempo in cui rimarremmo senza CO2, invece i due ventricoli sono compensatori: uno spinge sangue deossigenato ai polmoni, l’altro spinge sangue ossigenato ai tessuti. Le differenze tra i due tessuti non sono proporzionate al rapporto tra grande e piccolo circolo. I due circoli sono in serie l’uno rispetto all’altro. I due ventricoli si contraggono quasi nello stesso istante (l’intervallo di differenza è infinitesimale) per spingere il sangue nei vasi. I due globuli devono percorrere distanze diverse nello stesso tempo, se ciò non avviene subiamo uno scompenso di O2 (richiesta di O2 eccessiva rispetto alla cessione di CO2), soprattutto nel caso di uno sforzo muscolare intenso. La pressione sanguigna è uguale al rapporto tra forza esercitata dal cuore e superficie di sangue su cui tale forza è applicata Possiamo misurare la pressione del sangue nei ventricoli introducendovi un manometro: all’apice della contrazione ventricolare sinistra misuriamo una pressione di circa 120 mmHg, a destra misuriamo invece circa 45 mmHg (il 40% dell’altra). Possiamo fare le seguenti considerazioni: • Il sangue pompato a pressione maggiore percorrerà lo stesso spazio in un tempo minore rispetto a quello impiegato dal sangue spinto a minor pressione. La parete del ventricolo sinistro è circa tre volte più grande di quella del destro (che quindi contiene meno muscolo) • La resistenza offerta durante il tragitto, fattore che regola il flusso oltre alla pressione di spinta, dipende dalla sezione del vaso (è maggiore nel grande circolo). • In caso di parità di viscosità questa si elimina come parametro. Diminuisce nel caso di anemia (per il minor numero di eritrociti) e nel caso di flebo (diluizione del sangue). • La velocità di circolo è lenta nei polmoni, perché c’è meno spinta e la sezione vascolare è maggiore nei polmoni che nei tessuti. Questo agevola gli scambi gassosi che avvengono a livello degli alveoli. Il ciclo cardiaco consiste nella successione di sistole e diastole. La sistole è la contrazione del cuore, che così si svuota del sangue, la diastole è la dilatazione del cuore e comporta il suo riempimento. Un ciclo dura circa 800 ms, 350 la sistole e 450 la diastole Mediamente ogni minuto hanno luogo 60-80 battiti. Se il ventricolo si svuota, all’apice della diastole misuriamo una pressione uguale a zero, il muscolo inizia a rilasciarsi (questo permette il passaggio del sangue dal Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 29 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione ventricolo all’atrio). Inoltre la pressione è nulla per la contrazione delle auricole (il sangue non scende per gravità). Nel ventricolo sinistro la pressione varia da 120 a 0, nel destro da 45 a 0, anzi, meno di 0, se ad esempio misuro la pressione diastolica durante una respirazione profonda, la pressione è negativa. Se invece misuro la pressione nell’aorta registro massime di 120 e minime di 80. La massima è ovviamente la pressione sistolica del ventricolo sinistro. Alla base del ventricolo sinistro non c’è un solo punto di minore resistenza, ma ce ne sarebbero due: l’origine dell’aorta e la valvola mitralica; però il sangue imbocca sola delle due vie. Si crea quindi una colonna di sangue che proviene dal ventricolo e riempie il vaso. Circa 300 ms dopo l'inizio della sistole la pressione nel ventricolo comincia a scendere, inizia la diastole e scende la pressione anche nelle arterie. La spinta dovuta al ritorna elastico della parete del vaso (aorta o polmonare) permette al sangue di progredire con una minore spinta cardiaca. Questa elasticità delle arterie diminuisce con l'invecchiamento. Tale perdita di elasticità, o la presenza di una resistenza a valle, si traducono in un aumento di pressione. La pressione non si azzera mai a causa del ritorno elastico e per la presenza delle arterie muscolari. Alla radice dell’aorta c’è una valvola che spinge il sangue a valle, l’aorta si dilata, tale dilatazione si diffonde per tutto l’albero di arterie a parete elastica, che è quindi percorso da un’onda pressoria (o sfigmica). Il cuore serve proprio a generare queste onde pressorie 70 volte al minuto, fornita la spinte iniziale il resto del lavoro è svolto grazie alla struttura elastica delle arterie. La tonaca media è di natura elastica nelle arterie con spessore maggiore di 0,5 mm; a diametri minori o uguali ci sono ancora piccole quantità di fibre elastiche, ma prevale la componente muscolare. Il miocardio è un tubo a parete elastica. La pressione degli atri e dei ventricoli è leggermente maggiore di quella del vaso, che durante la sistole appare dilatato. In diastole il vaso torna ad essere non dilatato, quindi alla diastole del cuore corrisponde la sistole del vaso: cuore e vaso non sono in corrispondenza di fase. Si parla di sinusoide del vaso. Il battito rilevato nel polso è dato dalla sistole di qualche battito prima. Neanche atrio e ventricolo sono in fase: la sistole ventricolare è ritardata rispetto a quella atriale, mentre il vaso a valle è in fase rispetto all’atrio. Nel vaso a valle, durante la diastole ventricolare, si ha una pressione di 60-70 mmHg, durante la sistole ventricolare si ha una pressione minore di quella che misuro nel ventricolo. L’arteriosclerosi si verifica quando si ha un sovraccarico del miocardio dovuto a un irrigidimento del vaso a valle. Il ritorno elastico del vaso spinge il sangue in entrambe le direzioni, si deve però evitare che il sangue rifluisca al ventricolo. Le pareti del vaso non si accollano perché rimane una colonna di sangue che esercita una certa pressione sulla parete: questa è la pressione diastolica (minima) dovuta al ritorno elastico. Un altro motivo per cui misuro pressione diastolica è che l’aorta si dirama in moltissimi vasi, con una conseguente diminuzione della velocità di flusso (distanza percorsa dal fluido nell’unità di tempo) per la legge di continuità e, però, un aumento del letto vascolare e quindi del flusso complessivo. Le arterie a parete muscolare si ramificano in arteriole (non visibili a occhio nudo) che hanno un calibro di pochi m (passano anche decine di globuli rossi insieme). Le arteriole si ramificano in capillari (che non possono essere definiti né venosi né arteriosi). Nei capillari non possono passare più di uno o due eritrociti per Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 30 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione volta. Lì il flusso è molto rallentato, fatto che concede al sangue più tempo per effettuare scambi metabolici e gassosi. Il fegato è l'organo in cui il sangue raggiunge la sua velocità minima. Nelle arterie e nelle arteriole le fibre muscolari sono disposte circolarmente: se si contraggono calibro e flusso diminuiscono, aumentano invece la resistenza e quindi la pressione. Il flusso è infatti direttamente proporzionale alla pressione e inversamente alla resistenza. Questa diminuzione del calibro è attiva, a differenza di quella che avviene nelle arterie a parete elastica. Il manifestarsi del pallore è dovuto ad una intensa vasocostrizione delle arteriole del volto a fronte di una massiccia richiesta di sangue da parte di altre parti del corpo. Le fibre sono disposte circolarmente attorno al vaso. Contraendosi diminuisce il calibro. Una fibra liscia può sia contrarsi sia rilasciarsi attivamente (mentre gli striati si rilasciano solo passivamente). Rilasciando la muscolatura liscia aumento il flusso a valle. La forza che uso dipende dal numero di fibre che sono utilizzate. Non siamo in presenza di sarcomeri, ma solo di proteine. In genere nei muscoli le arterie muscolari sono innervate singolarmente, se stimolate si rilasciano completamente aumentando di calibro. Al contrario le vascolari degli organi dal diaframma in giù se stimolate, sempre dal SNA, si contraggono. Al rilasciamento attivo segue un aumento di calibro e quindi di flusso, viceversa il flusso diminuisce in caso di contrazione attiva. Quindi per un sistema di compensazione più sangue va ai muscoli, meno ne va agli organi al di sotto del diaframma. Allo stesso modo il pallore è segno di una maggiore richiesta di sangue da parte dei muscoli, che lo sottraggono alla cute. In caso di spaventi e forti emozioni pressione massima e minima aumentano, la prima per la maggiore spinta del cuore, la seconda per la vasocostrizione dei vasi della cute e dei visceri caudali al diaframma.. L’infarto del miocardio è dovuto alla diminuzione del calibro del vaso: l’apporto di sangue è insufficiente e ne consegue una necrosi delle cellule del cuore. Inoltre si hanno problemi al flusso del sangue, la cui pressione aumenta nel vaso a valle. Quando la diastolica è elevata ci si deve preoccupare in quanto aumentano le resistenze periferiche (vasocostrizione). Inoltre si hanno problemi al flusso del sangue, la cui pressione aumenta nel vaso a valle. Il sistema della arteriole regola il flusso attraverso la regolazione del calibro. Nelle arteriole normali, o arterie di resistenza, si ha una regolazione a fisarmonica; mentre le arteriole polmonari, o arterie di capacitanza, sono insensibili a questo tipo di regolazione. Valori di pressione: • Nell’aorta in condizioni normali l’intervallo è all’incirca compreso tra gli 80 e i 120 mmHg; • Nel ventricolo destro la pressione raggiunge raramente i 40 mmHg, si attesta solitamente sui 30-35. • Nell’arteria polmonare la pressione è minore di 40 mmHg, ma non si azzera mai perché ci sono vasi nel piccolo circolo. VALVOLE Una valvola è un dispositivo che regola il passaggio di un fluido in un solo senso (evitando, nello specifico, che il sangue rifluisca nel cuore). Le due arterie che escono dal cuore hanno all’inizio una propria valvola che chiudendosi genera un rumore Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 31 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione caratteristico. Alla loro origine aorta e polmonare giacciono quasi sullo stesso piano, che si trova sulla parte superiore del cuore, lontano dall’apice. Se il sangue deve uscire dai ventricoli deve essere sospinto dall’apice del cuore verso la base, anche se mi trovo a testa in giù. Il piano dove poggiano le valvole dell’aorta e della polmonare coincide con il piano dove termina l’atrio. In direzione del ventricolo la resistenza è minore, lì quindi va il sangue. La valvola atrio-ventricolare serve ad impedire un riflusso di sangue dal ventricolo all’atrio. In sistole la valvola atrioventricolare è chiusa, quella del vaso è aperta. C’è quindi una opposizione di fase tra le due. L’apice del ventricolo è in basso e a sinistra, la base è all’opposto. Il vaso in uscita dal ventricolo, l’aorta, si trova dietro a un altro vaso, la polmonare. VALVOLE ATRIOVENTRICOLARI Le valvole atrioventricolari sono costituite da un elemento circolare chiamato anello fibroso (impropriamente anche ostio fibroso) che si trova tra atrio e ventricolo. Dall’anello fibroso pendono nel ventricolo dei lembi valvolari, o cuspidi, più o meno triangolari, tre a destra e due sinistra. Valvola bicuspide o mitrale È la valvola atrioventricolare di sinistra. Il nome mitrale gli deriva dal fatto che le due cuspidi disegnano una figura simile alla mitra, il copricapo da cerimonia riservato alle più alte cariche ecclesiastiche. La cuspide anteriore ha la forma di una lamina, è anche detta aortica perché separa l'orifizio atrioventricolare da quello aortico. La faccia più liscia è la parietale. Molto più piccola è la cuspide postero-laterale. Valvola tricuspide È la valvola atrioventricolare di destra. La cuspide anteriore è la più estesa. Si inserisce nel tratto corrispondente al cono arterioso. La cuspide posteriore è meno alta della prima. La cuspide mediale o settale si inserisce nel tratto corrispondente al setto interventricolare. È poco sviluppata e limitata nei movimenti. Quando l’atrio è in diastole il sangue passa dall’atrio al ventricolo assecondando gradiente pressorio, i lembi valvolari si aprono e fanno passare il sangue. Poi però una parte del sangue tenderebbe a tornare verso l’atrio, ma i lembi valvolari vengono spinti dal sangue stesso a chiudere la valvola. In diastole il sangue che passa da atrio a ventricolo è così veloce ed impetuoso che ogni volta il sangue che viene riversato in ciascun atrio va giù e poi risale lungo le pareti. La colonna di sangue si pone tra le pareti e i lembi valvolari, che comunque non sono mai attaccati per l’interposizione costante di sangue. Il piccolo incremento di pressione spinge i lembi a chiudersi verso l’alto. Ad ogni ventricolo corrisponde un solo luogo a minore resistenza: l’arteria polmonare o l’aorta. I lembi, alzandosi, non invertono la loro convessità perché sono legati alla pareti dei ventricoli attraverso Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 32 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione delle corde tendinee di natura connettivale. Un attimo prima che aumenti la pressione ventricolare le corde tendinee sono tirate verso l’apice, nel momento in cui il ventricolo esprime la pressione massima le cuspidi chiuse sono sottoposte a due forze uguali e contrarie, quindi il passaggio è chiuso. Malattie valvolari Valvolopatia: batteri liberano tossine che raggiungono l'endocardio, causando un'infiammazione (endocardite batterica). Come risposta si ha un gonfiore, che regredendo lascia un tessuto cicatriziale, che a sua volta deforma la valvola, a volte anche creando fori. Inutile dire che tali infezioni vanno rilevate velocemente. Rottura del muscolo papillare, a volte causata da infarto. Anche in questo caso, come pure per la rottura delle corde tendinee, si instaura improvvisamente e in maniera acuta un'insufficienza valvolare. Prolasso ventricolare:anomalia per cui le cuspidi sporgono troppo nell'atrio (più frequentemente nel sinistro), compromettendo la corretta chiusura della valvola. Colpisce specialmente gli individui longilinei di sesso maschile. È probabilmente dovuto a un'eccessiva lunghezza del connettivo fibroso. Può essere individuato con un'ecocardiografia. Anche auscultando il cuore posso rilevarlo, poiché sento un rumore aggiuntivo. È un difetto genetico di natura benigna (non ha conseguenze). Valvole dell’aorta e dell’arteria polmonare Conseguentemente al ritorno elastico il sangue presente nei vasi è spinto in entrambe le direzioni, questo rende necessaria la presenza delle valvole aortica e polmonare, che si aprono in sistole e si chiudono in diastole. Ogni valvola ha tre formazioni a nido di rondine, delle tasche fatte da lembi semilunari di tessuto connettivale. Se guardo nel vaso, all’altezza di questi lembi, vedrò in ogni caso la sezione del tubo e l’anello di connettivo. Ciò che vedo in più dipende dalla fase in cui si trova il cuore. Se siamo in sistole il sangue deve uscire quindi i tre lembi devono essere appiattiti sulla parete. In realtà non lo sono perché il sangue che entra genera un vortice, crea uno zampillo, sbatte lungo la parete e una quota di esso va a trovarsi nello spazio delle tasche. Se siamo in diastole una parte di sangue tende a tornare verso il ventricolo attraverso il lume, quindi le tasche si riempiono e si attaccano tra loro, convergendo verso il centro dell’ostio e comportando la chiusura della valvola. Gli orifici arteriosi sono regolarmente rotondi e più stretti degli atrioventricolari. Il margine libero di ciascuna piega semilunare presenta, nella parte di mezzo, una piccola massa fibrosa, che viene indicata con il nome di nodulo del Morgagni (per quello della polmonare) o nodulo dell’Aranzio (per quello dell’aorta). Questi noduli assicurano il contatto reciproco delle loro parti di mezzo, rendendo più sicura l’occlusione del vaso. Ci sono quattro malattie connesse a problemi di funzionamento di queste valvole: stenosi aortica, stenosi dell’arteria polmonare, insufficienza aortica e insufficienza dell’arteria polmonare (negli ultimi due casi c’è una permanenza di un foro al centro della valvola). Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 33 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione I rumori del cuore derivano dalla chiusura delle valvole. Le valvole atrioventricolari non si chiudono però insieme alle valvole dell’arteria polmonare e dell’aorta. La chiusura delle atrioventricolari produce un rumore sordo, grave e lungo (poom), quella delle altre due un rumore più alto e più breve (ta). Questi rumori (poom-ta, poom-ta) sono detti toni cardiaci. Le quattro valvole proiettano in punti diversi della parete toracica, dove possiamo auscultarle con il fonendoscopio. Il medico deve verificare l’assenza di suoni aggiuntivi, di soffi. Infatti in caso di insufficienza mitralica, il sangue spruzza e genera un soffio. Anche in caso di insufficienza aortica sento un rumore anomalo. La parete ventricolare sinistra è più spessa (circa il doppio) di quella destra, poiché lì il sangue necessita di una spinta più forte. I primi rami dell’aorta irrorano il tessuto cardiaco (l’O2 e i nutrienti per il cuore non derivano dal sangue del cuore, perché una parte di esso sarebbe avvantaggiata). PERICARDIO Il cuore in situ è attorniato dal pericardio, che gli conferisce il suo colorito grigio. È un involucro di tessuto avente una componente fibrosa e una sierosa. La parte sierosa va distinta in due foglietti, che si continuano l’uno con l’altro in ogni direzione, delimitando una cavità chiusa: la cavità perircadica. Il foglietto adeso al cuore è il foglietto viscerale, che alla base del cuore inverte la sua direzione andando a costituire il foglietto parietale. Nello spazio tra i due foglietti c’è un sottile film liquido. Il cuore si muove nello spazio, però non può muoversi troppo, è quindi necessaria la mediazione del pericardio, il cui foglietto viscerale aderisce al cuore, mentre il parietale all’ambiente esterno. Dal foglietto parietale si dipartono quattro legamenti pericardici, di natura fibrosa e elastica, che servono a connetterlo alle strutture circostanti: • Legamento sterno-pericardico, che va dal pericardio allo sterno; • Legamento frenico (o freno-pericardico), che va dal diaframma al pericardio; • Legamento che va dal pericardio alla biforcazione della trachea, che è fissa; • Legamento vertebro-pericardico che va dal pericardio alla colonna vertebrale. Il film di liquido interstiziale contenuto nella cavità pericardica serve ad aumentare la tensione superficiale, che riduce lo scivolamento del foglietto parietale sul viscerale e contrasta quindi il movimento del cuore. Il cuore è mantenuto nella sua posizione anche dalla continuità con i grandi vasi. Pericardite: infiammazione del pericardio, si forma del tessuto cicatriziale tra i due foglietti sierosi. In quantità eccessiva questo tessuto può interferire con l’attività cardiaca, limitando la sistole. A lungo andare potrebbe essere incompatibile con la vita. Invece in caso di accumulo di liquido tra i due foglietti è la diastole a essere limitata (tamponamento cardiaco). Lo strato fibroso è uno strato connettivale che riveste quasi completamente la parte esterna del sacco pericardico. Connette il cuore all’ambiente circostante, mantenendolo nella sua posizione. Infatti i movimenti di contrazione coinvolgono Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 34 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione appieno i due foglietti sierosi, il fibroso e i legamenti limitano l’escursione cardiaca, senza danneggiarne l’attività. SISTEMA DI CONDUZIONE (tav. 213) Il cuore è da considerarsi uno strumento elettromeccanico, in quanto sviluppa impulsi in base ai quali i cardiomiociti si contraggono. Il tessuto miocardiospecifico genera un impulso nervoso e lo trasmette ad ogni singola cellula muscolare cardiaca. È la componente elettrica del cuore, costituita dal cosiddetto tessuto di conduzione (dall’impulso alla contrazione). Nello spessore dell’atrio destro, invisibile da fuori, davanti allo sbocco della cava superiore, troviamo il nodo senoatriale o nodo del seno o nodo di Keit-Fleck (prende il nome dal seno delle cave, punto in cui cava superiore e inferiore si uniscono). È costituito da un gruppetto di cellule non muscolari cardiache del tipo mioepiteloide: le cellule del Purkinje. Sono cellule piuttosto globose, con bassa soglia di eccitabilità, che hanno la capacità di generare uno stimolo elettrico. Costituisce il pace-maker (generatore di frequenza) del cuore. Di lì si dipartono dei fasci di fibre che trasmettono lo stimolo alla muscolatura atriale di destra e di sinistra (infatti gli atri sono i primi a contrarsi) per raggiungere poi un altro agglomerato, il nodo atrioventricolare o nodo di Aschoff-Tawara. Questo si trova nello spessore del setto interatriale, verso gli osti atrioventricolari e si eccita successivamente al nodo del seno. Da questo secondo nodo le cellule del Purkinje si prolungano verso la pars membranacea del setto interventricolare in una struttura di circa 1 cm: il fascio di conduzione o fascio di His. Prima teoria: anche i cardiociti sono capaci di trasmettere l’impulso alle cellule vicine e i fasci internodali non esistono. Seconda teoria: i due nodi sono interconnessi da fili di cellule autoeccitabili disposte a rosario a formare fasci internodali. Un sincizio è una cellula polinucleata formata dalla fusione di più cellule. Un cardiocita è una cellula singola. In teoria è possibile che sia stimolata solo una cellula. In un minuto il cuore batte circa sessanta volte, la sistole dura circa 400 ms, la diastole circa 600 ms. l’impulso può viaggiare dalla muscolatura atriale al nodo del seno o viceversa. Il primo elemento che si contrae è la muscolatura atriale (perché il nodo del seno è vicino all’atrio). Il fascio di His si divide ad Y in due branche, destra e sinistra, che poggiano a cavallo del setto interventricolare. Il pompaggio si può interrompere in caso di un blocco di branca, cioè di un disturbo della conduzione e della contrazione. Poiché la branca di destra ha meno cellule di quella di sinistra lo stimolo passa lo stesso, ma la branca di destra si contrae dopo. Quando il blocco riguarda il fascio di His la persona vive, ma a volte è soggetta a svenimenti perché per alcuni secondi il cuore cessa di battere. Poi però in posizione orizzontale il sangue va al cervello. Se c’è mancanza di impulso a destra e a sinistra il cuore non batte più e si ha morte cerebrale. Per evitare questo è possibile applicare un dispositivo artificiale elettronico che dia l’impulso al cuore, detto pacemaker. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 35 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Le due branche viaggiano a ridosso del setto verso l’apice di ciascun ventricolo, iniziando a ramificarsi poco lontano dall’apice. La ramificazione è più precoce a sinistra. I primi cardiomiociti a contrarsi sono quelli dell’apice, in particolare i muscoli papillari, che saranno anche gli ultimi a rilasciarsi; poi via via gli altri fino alla base, in circa 370-380 ms. se così non fosse la contrazione sarebbe troppo veloce. Pur ricevendo l’impulso separatamente, i due ventricoli si contraggono contemporaneamente. SCHELETRO DEL CUORE Quella cardiaca è una muscolatura striata, ha quindi bisogno di punti d’attacco. Nel caso della muscolatura scheletrica sono punti d’attacco le ossa. Il cuore ha una potenza molto minore, quindi non serve osso, ma sono sufficienti gli elementi fibrosi che costituiscono lo scheletro cardiaco. Dall’alto vedo i quattro anelli valvolari fibrosi densi che circondano le quattro aperture. Sono connessi tra loro da: • un triangolo di tessuto fibroso chiamato trigono fibroso destro o posteriore, che unisce ostio fibroso di destra, di sinistra e dell’aorta; • un altro trigono tra l’ostio di sx e quello dell’aorta, detto trigono fibroso sinistro; • un tralcio fibroso che unisce l’ostio della polmonare con quello dell’aorta. I quattro osti fibrosi sono interconnessi tra loro a formare un’unica struttura. L’aortico e i due atrioventricolari sono sullo stesso piano, mentre quello della polmonare è posto su un piano leggermente più alto. dal punto di vista pratico li possiamo considerare come appartenenti allo stesso piano. MUSCOLATURA CARDIACA Ogni fibra è fatta da una sequenza di cellule cardiache. Muscolatura atriale La muscolatura degli atri è raccolta soprattutto a livello delle auricole. È un trabecolato che disegna delle parabole parallele tra loro, disposte in tre dimensioni. La fibra, contraendosi, opera una spinta verso la cavità, come farebbe una fionda. La muscolatura atriale si chiama muscolo pettinato (fascio terminale più muscoli pettinati). Muscolatura dei ventricoli La muscolatura dei ventricoli ha un’organizzazione simile a quella degli atri, con gli apici delle parabole che corrispondono a quelli ventricolari. La superficie interna della cavità ventricolare non è pianeggiante, ma ha una serie di rilievi (molto più evidenti a destra) chiamati trabecole carnee. Ve ne sono di tre tipi • Trabecole carnee del primo tipo (o muscoli papillari): spunzoni di tessuto cardiaco che pendono nella cavità ventricolare, attaccati alla parete con un solo estremo. Una papilla è una forma rilevata, generalmente conica. Sono questi i primi muscoli a contrarsi e gli ultimi a rilasciarsi. Le trabecole del primo tipo sono pochissime, due a sinistra e tre a destra (tante quante i lembi valvolari). Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 36 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Essi sono all’origine delle corde tendinee Il tessuto muscolare cardiaco deve infatti avere due punti di attacco perché la contrazione sia efficace, altrimenti la contrazione comporterebbe solo un appiattimento dei muscoli papillari verso la parete. Quindi la contrazione serve a tendere le corde tendinee. Quando il ventricolo è in diastole i muscoli sono rilasciati. Essi sono adesi alla parete nella parte più vicina all’apice, sono la prima parte della muscolatura ventricolare a contrarsi, alla fine della diastole (o inizio della sistole). In sistole il sangue viene spinto verso l’alto, però la muscolatura è già contratta e ciò impedisce che l’escursione delle valvole sia maggiore di 90°, quindi il sangue è spinto giù. • Trabecole carnee del secondo tipo: entrambi gli estremi sono piantati nella parete (a ponte) • Trabecole carnee del terzo tipo: rilievi adesi alla parete lungo tutta la loro lunghezza. Queste trabecole servono ad aumentare la superficie e quindi la massa del muscolo. Inoltre la presenza di rilievi nella cavità accresce la turbolenza creata dalla spinta del sangue che entra ed esce dal ventricolo (si creano vortici). Tale turbolenza è necessaria alla corretta chiusura delle valvole. Ogni ventricolo è costituito da una parte di muscolatura propria, più una parte che gli deriva dall’altro ventricolo. Possiamo quindi dividere i fasci di muscolatura cardiaca in due gruppi. Muscolatura propria Isoliamo il ventricolo sinistro, che ha più muscolo: ha la forma di un cono (due ventricoli: due coni nella stessa mano, con la punta congruente). La base ha due buchi: l’ostio atrioventricolare e quello dell’arteria. Supponiamo che invece abbia un solo buco: la muscolatura propria è disposta a strati avvolti l’uno nell’altro (muscolatura “a cipolla”). In ogni singolo strato le fibre hanno distribuzione parabolica. Le parabole hanno l’apice coincidente con quello del ventricolo (per questo il sangue si sposta dall’apice alla base, come spinto da una fionda). La fibra all’apice cambia direzione e subisce una torsione, ne risulta una parabola spiraliforme. Nel ventricolo in diastole si ha il massimo di volume interno, ogni fibra è distesa al massimo, la parabola non è più spiraliforme. Quando inizia la sistole si ha la contrazione e la spiralizzazione delle parabole. Il cuore battendo si torce (tipo spremitura arancia). Nel sarcomero non abbiamo solo proteine contrattili (actina e miosina), ma anche proteine come la titina e la nebulina. Sono le più grandi proteine che riusciamo a sintetizzare (la titina deriva infatti il suo nome da Titano), lunghe circa metà sarcomero (un sarcomero è lungo circa 2,5 m, la titina 1 µm. Sono disposte lungo l’asse del sarcomero e parallele ai filamenti sottili; arrivano fino alla stria M (sono ancorate alla Z). la titina funziona come una molla che si scarica in sistole, favorendo il ritorno elastico e quindi rendendo più efficace la contrazione del cuore. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 37 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione La spiralizzazione serve per accumulare energia cinetica per la contrazione ottimizzandola per la spinta di sangue. Quindi torsione e contrazione compartecipano allo svuotamento del cuore. Se alla sistole non corrisponde l’accorciamento e la torsione delle fibre si parla di cardiomiopatia dilatativa. Muscoli comuni Sono quelli condivisi dai ventricoli: • anteriori, vanno da destra a sinistra, sono fibre che partono dall’ostio della polmonare o dal ventricolo destro, scendono poi verso l’apice del cuore, risalgono e in parte vanno a finire all’ostio della bicuspide. In parte vanno a costituire i muscoli papillari di sinistra; • posteriori, si comportano specularmente agli anteriori. Partono da sinistra, dagli osti dell’aortica e della mitralica, per andare a destra; • suturali, sutura vuol dire unione, infatti le fibre suturali avvicinano i due ventricoli. Sono comuni a destra e sinistra e connettono i due coni con le fibre più esterne (come una fascia che unisce due polsi uniti). Milioni di fibre si dispongono a 8, andando da un ostio a un altro, originano tutte sul piano dello scheletro, alcune vi restano mentre altre si spingono verso l’apice del cuore, alcune raggiungendolo, e poi tornano su. È questo uno dei motivi anatomici della contemporaneità di contrazione dei due ventricoli. Tutte le fibre sono intrecciatissime. Siamo in presenza di una sinapsi elettrica. L’impulso impiega lo stesso tempo per passare da una fibra all’altra. L’apice è la prima parte a contrarsi, l’ultima è la base. Le cellule più vicine agli osti, in particolare, sono le ultime. Questo serve a far sì che il muscolo ventricolare non si contragga in modo troppo veloce, altrimenti l’uscita troppo tumultuosa del sangue danneggerebbe i globuli rossi, facendoli strisciare sulla parete dei vasi. La velocità vale centinaia di metri al secondo, ma non è elevatissima. In caso di tachicardia l’efficienza del sistema è minore perché la diastole è troppo breve e fa passare poco sangue (così per la sistole). Invece in caso di bradicardia l’onda elastica non viene rigenerata con la giusta frequenza. VASI DEL CUORE Anche il cuore deve essere irrorato per ottenere nutrimento. Svolgono questa funzione due vasi che si dipartono dalla parte basale del bulbo aortico: le arterie coronarie. Sono vasi a parete elastica, responsabili della vascolarizzazione del miocardio e dell’epicardio. La loro chiusura porta alla morte. Non comunicano tra di loro. Il loro nome deriva dal fatto che all’origine percorrono il solco coronario. Il solco coronario, o atrioventricolare, è la strozzatura che troviamo nel punto di passaggio tra atri e ventricoli, sul cui piano giace approssimativamente lo scheletro del cuore. Il termine coronario gli deriva dal fatto che è grossolanamente circolare. In realtà è un cerchio schiacciato diviso in quattro parti: solco coronario posteriore destro, posteriore sinistro, anteriore destro e anteriore sinistro. Questa definizione offre importanti punti di riferimento in chirurgia. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 38 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Coronaria di destra: percorre il solco coronario anteriore e posteriore di destra. Nel 65-70% dei casi, nel momento in cui si immette nel solco coronario anteriore destro genera un primo vaso che risale verso l’atrio destro per portare sangue al nodo senoatriale, l’arteria del nodo del seno, poi genera una serie di rami. Arrivato al limite tra solco coronario anteriore e posteriore destri deve girare indietro, generando un arteria che irrora il margine acuto (ventricolo destro avanti e dietro), detta appunto arteria del margine acuto o, impropriamente, arteria marginale di destra (sarà improprio, ma questo trovate sul Netter). Girando ancora genera rami che irrorano la faccia diaframmatica di atri e ventricoli. Sempre nel 65-70% dei casi, quando arriva a metà del solco coronario posteriore cambia direzione di 90°, dirigendosi verso l’apice senza raggiungerlo e percorrendo la faccia diaframmatica, prendendo il nome arteria del solco interventricolare posteriore (perché il setto interventricolare ha come limiti i solchi interventricolari anteriore e posteriore) dal solco in cui scorre. La interventricolare posteriore dà rami a pettine (denti corti) che si approfondano nel setto interventricolare tanto da irrorarne il terzo infero-posteriore (30-35%). L’infarto diaframmatico colpisce la faccia diaframmatica del cuore, il termine sta per lo più ad indicare la chiusura della interventricolare. Coronaria di sinistra: per pochi centimetri, appena nasce, non è visibile perché è coperta dalla parte iniziale dell’arteria polmonare. Percorre il solco coronario anteriore di sinistra quasi orizzontalmente e, dove diventa visibile, si divide in due rami. Uno percorre il solco interventricolare anteriore, da cui prende il nome di arteria interventricolare anteriore, contorna in basso il margine acuto del cuore, aggira l’apice a destra per terminare sulla faccia posteriore, dove si anastomizza con l’interventricolare posteriore. Si ramifica ancora, un ramo, più lungo degli altri, a sinistra, si chiama arteria diagonale e serve esclusivamente a irrorare l’area ventricolare sinistra. Altri rami entrano da sopra a pettine nel setto interventricolare irrorandone i ⅔ anteriori. Irrora anche le due branche del fascio di His. Quest’ultimo fatto è di grande importanza: se l’arteria si chiudesse all’inizio del suo percorso causerebbe morte improvvisa (le branche senza sangue non trasmettono l’impulso e questo inibisce la contrazione dei ventricoli). Il secondo ramo della coronaria di sinistra continua nel solco coronario anteriore di sinistra descrivendo un’ampia curva, prendendo il nome di arteria circonflessa. Questa ad un certo punto gira l’angolo e percorre il solco coronario posteriore di sinistra, dando in questo punto origine all’arteria del margine ottuso, che scende verso l’apice del cuore senza raggiungerlo, irrorando gran parte del ventricolo sinistro. La circonflessa irrora atrio e ventricolo, davanti e dietro. Queste considerazioni hanno validità solo per i due terzi delle persone, a causa di singole variazioni anatomiche. Ad esempio l’arteria del nodo del seno può nascere dall’arteria coronaria di sinistra, e sempre dalla coronaria di sinistra può nascere l’arteria interventricolare posteriore (come continuazione della circonflessa). Se ci sono problemi, però, possono esserci restrizioni dei vasi a causa della formazione di placche arteriosclerotiche (coronaropatie) e questo porta al Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 39 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione restringimento del calibro, quindi si formano trombi per accumulo di piastrine con chiusura del vaso e necrosi della zona di miocardio irrorato da quel vaso, con infarto. I vasi coronarici sono molto anastomizzati (anastomosi = unione termino-terminale di due vasi), ma le anastomosi non sono funzionalmente competenti. Se la chiusura del vaso è molto lenta (si parla di mesi o anni) le anastomosi possono compensare l’ischemia allargandosi per neoangiogenesi, in modo che il soggetto avrà dei sintomi (angina pectoris); ma se la chiusura è improvvisa non riescono a compensare il deficit di irrorazione e si ha un infarto. Circolo terminale = i vasi irrorano solo un cilindro di tessuto e non possono essere vicariati da altri vasi perché mancano le anastomosi. La circolazione venosa Le arterie si risolvono in arteriole, che a loro volta si risolvono in capillari, seguono venule e finalmente le vene compagne dei vasi arteriosi: le vene comites. Queste generalmente hanno lo stesso tragitto delle arterie, ma la direzione di flusso è opposta. Ci sono delle eccezioni nella circolazione venosa coronaria. Tutti i vasi venosi reflui dal circolo coronario confluiscono nel seno coronario, un grosso vaso venoso che va ingrandendosi, a forma di clava, dal solco coronario anteriore di sinistra al posteriore, per sboccare nell’atrio di destra, vicino allo sbocco della vena cava inferiore. Aggira quindi quasi tutto l’ostio della bicuspide, solo una piccola parte di sangue venoso va nell’atrio di sinistra, ma la cosa è trascurabile. Nell’atrio di destra c’è una piega dell’endocardio che funge da valvola ed impedisce il reflusso di sangue nel seno coronario durante la sistole atriale detta valvola di Tebesio. TOPOGRAFIA TORACOCARDIACA L’apice del cuore proietta sul 5o spazio intercostale di sinistra. La parte più bassa dell’atrio è la 5a articolazione condrosternale di destra. La linea che unisce questo punto e la parte più bassa della 3a articolazione condrosternale di sinistra (4° spazio intercostale di sinistra) individua il piano che grossolanamente contiene i quattro osti: è il piano dello scheletro del cuore, orientato da destra a sinistra, dal basso all’alto. In corrispondenza dell’angolo di Louis (2° coppia di coste) troviamo la valvola polmonare, in avanti ed a sinistra rispetto alla valvola aortica, proietta quindi nel 2° spazio intercostale di sinistra,vicino allo sterno. La valvola aortica, invece, proietta nel “centrum cordis” che si trova un po’ più giù rispetto all’articolazione sternocostale della terza costa. L’arco aortico va in alto, in avanti e a destra, si trova a destra del 2° spazio intercostale. La valvola tricuspide proietta a livello della 5° cartilagine costale di destra. La valvola mitrale proietta nel 3° spazio intercostale di sinistra. AUSCULTAZIONE DEL CUORE Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 40 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione La chiusura delle valvole produce dei rumori che offrono al medico importanti indizi sullo stato di salute della persona. Non sempre i punti di proiezione delle valvole corrispondono ai rispettivi punti di auscultazione. Ragionando sulla direzione del flusso del sangue si ricavano anche i punti di auscultazione. Quello della polmonare e quello della tricuspide sono sulla loro proiezione anatomica. L’aortica va auscultata non sulla proiezione anatomica, ma a livello del 2° spazio intercostale di destra o, in posizione eretta, sul 3° di sinistra. La bicuspide, essendo il flusso diretto in basso, in avanti e sinistra, va auscultata al 5° spazio intercostale di sinistra, dove proietta l’apice. OMBRA DEL CUORE In un radiogramma del torace il cuore lascia una sua proiezione, detta ombra cardiaca. Sono ben visibili i profili dell’organo, che si traducono in due archi a destra e tre a sinistra. A destra: • 1° arco = vena cava superiore • 2° arco = atrio di destra A sinistra: • 1° arco = arco aortico (parte discendente) • 2° arco = orecchietta di sinistra + arterie polmonare di sinistra • 3° arco = ventricolo sinistro (margine ottuso) EMBRIOLOGIA DEL CUORE E DEI VASI Nel bulbo arterioso l’endocardio prolifera e dà origine ad un setto che si dispone a spirale:la parte bassa del tronco arterioso comune pesca nel ventricolo di destra (ed è la parte più a sinistra,all’origine la polmonare si trova a sinistra),mentre la parte più alta pesca nel ventricolo di sinistra (è la parte più a destra). Il setto arterioso divide in 2 il tronco arterioso comune: aorta e polmonare e scendendo completa la chiusura dei 2 ventricoli.La parte più sottile del setto,pars membranacea,è formata da muscolo. Scendendo, il setto a spirale si incastra nel foro e chiude i 2 ventricoli (se questo non avviene,come nell’infezione congenita da rosolia,abbiamo che più sangue va nel circolo polmonare con conseguente ipertensione). La circolazione fetale La vena ombelicale porta sangue ossigenato (la definiamo “vena” perché la sua componente elastica è irrisoria) L’arteria viene messa a valle di una pompa perché il sangue si sposta attraverso l’onda della parete elastica. Nella placenta non c’è una pompa quindi non serve una arteria,ma basta una vena;inoltre la resistenza al flusso in una vena è più bassa. La vena ombelicale si dirige verso il fegato (centrale metabolica fondamentale nel feto) e quindi continua con la vena cava inferiore (per mezzo del dotto di Aranzio) Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 41 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione fino all’atrio di destra dove la pressione è maggiore rispetto all’atrio di sinistra (quindi grazie alla pervietà interatriale il sangue passa da destra a sinistra!) Nell’atrio di destra arriva anche la vena cava superiore (il sangue refluo dai 2 diversi distretti si mescola Prevale la corrente di flusso della vena cava inferiore che ha uno sbocco smusso a becco di clarino verso sinistra: il lembo della vena che pescando nel ventricolo guarda verso sinistra è la valvola di Eustachio che obbliga il sangue a sbattere contro il setto interatriale per facilitare il suo passaggio da destra verso sinistra (tav. 208). IL MEDIASTINO È lo spazio del torace non occupato dai polmoni, rappresenta circa il 20% del torace di un adulto. LIMITI • Lateralmente le 2 pleure polmonari, rivestimento delle pleure mediastiniche • Inferiormente il centro tendineo del diaframma • Posteriormente la colonna toracica in toto (non le coste) • Anteriormente lo sterno e parte della cartilagine sterno costale, soprattutto di sinistra • Superiormente anatomicamente non esiste limite, perché il mediastino comunica liberamente con il collo, ma si pone come limite un piano immaginario che poggia sul giugulo e sulla prima coppia di coste, quindi inclinato in avanti e in basso. DIVISIONI DEL MEDIASTINO In radiodiagnostica il mediastino viene diviso secondo due scuole di pensiero, in base a dei piani immaginari creati dagli anatomici. Scuola latina Il mediastino è diviso in tre parti: superiore, inferiore anteriore e inferiore posteriore. La linea di divisione tra superiore e inferiore passa per il terzo arco sternocostale, mentre anteriore e posteriore sono separati dal piano frontale che passa davanti alla trachea. Scuola anglosassone Il mediastino viene diviso in quattro parti, anteriore, medio, posteriore e superiore. La linea di divisione tra superiore e inferiore passa per l’angolo sternale, la porzione anteriore, sottile, è compresa tra pericardio e parete ossea mentre il medio è occupato dal cuore. Per esclusione ricaviamo il posteriore. Elenco degli organi mediastinici: 1. cuore 2. timo 3. vena cava inferiore (per 1-2 cm) 4. vena cava superiore 5. vene brachiocefaliche di destra e di sinistra (ramificazioni della cava superiore), anche dette vene anonime 6. arteria aorta (arco dell’aorta + aorta discendente toracica) 7. arteria polmonare di destra e di sinistra 8. vasi coronarici 9. arteria anonima 10. arteria carotide comune di sinistra 11. arteria succlavia di sinistra 12. arterie intercostali posteriori 13. arterie esofagee medie Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 42 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione 14. arterie brachiali 15. arterie freniche superiori 16. sistema della vena azigos (quattro vene) 17. esofago 18. nervi vaghi di destra e di sinistra 19. nervi frenici di destra e di sinistra 20. nervo ricorrente vagale di sinistra (nervo laringeo) 21. catene gangliari ortosimpatiche di destra e di sinistra 22. trachea 23. bronchi principali di destra e di sinistra 24. linfonodi mediastinici 25. dotto toracico ARCO AORTICO L’aorta nasce avanti e a sinistra della vena cava superiore. Il bulbo aortico è alla base. Inizialmente il vaso è diretto in alto in avanti e a destra, ma dopo 3-4 cm descrive un arco su un piano non perfettamente sagittale, dirigendosi indietro e a sinistra, scavalcando il peduncolo polmonare di sinistra e lasciandosi a destra esofago e trachea. La prima parte dell’arco aortico si trova nella regione media del mediastino anteriore, il punto di flesso nel mediastino superiore (proietta su T2) ed il resto nel mediastino posteriore (è questa una caratteristica dell’aorta). Ha un calibro di 2,5-3 cm. Rapporti: La parte ascendente in avanti si rapporta col cono arterioso del ventricolo destro e col tronco polmonare. A sinistra è incrociata dal tronco polmonare, a destra troviamo atrio e auricola destri. Indietro si rapporta con l’atrio sinistro e l’arteria polmonare destra. La parte trasversa si rapporta, a sinistra, da davanti a dietro, con nervo frenico di sinistra, nervo vago di sinistra e polmone sinistro. A destra, sempre da davanti a dietro, con trachea, plesso cardiaco profondo, esofago, nervo ricorrente di sinistra, dotto toracico e lato sinistro della quarta vertebra toracica. Inferiormente con arteria polmonare destra, linfoghiandole, bronco sinistro e nervo laringeo ricorrente di sinistra. Arterie che nascono dall’arco dell’aorta Subito sopra all’origine del vaso nascono le due arterie coronarie. Dalla parte più alta dell’arco escono, quasi in fila, tre vasi. Sono, da destra a sinistra, il tronco anonimo, l’arteria carotide comune di sinistra e l’arteria succlavia di sinistra. Tronco anonimo o tronco arterioso comune o arteria anonima Diretto in alto a destra, verso la base del collo. Appena uscito dal mediastino si divide nell’arteria carotide comune di destra, destinata ad irrorare la metà destra di collo e cranio. L’altro ramo di divisione è la succlavia di destra (sotto la clavicola = subclaveam, in realtà non è esattamente sotto alla clavicola), che irrora l’arto superiore e la regione sopraclaveare. Dà inoltre sangue alla parete toracica con un suo ramo detto arteria toracica interna. Si rapporta in avanti con lo sterno e l’articolazione sternoclavicolare, con l’interposizione della vena brachiocefalica di sinistra, dei residui del timo e di fasci muscolari. Indietro con la trachea. Lateralmente con la pleura polmonare di destra e medialmente con l’origine dell’arteria carotide comune di sinistra. ARTERIA CAROTIDE COMUNE DI SINISTRA Più lunga della destra di tutta l’altezza del tronco anonimo, cioè 2-2,5 cm. Ha inizialmente un decorso obliquo, in alto e lateralmente, che diventa verticale al raggiungimento della regione cervicale. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 43 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Rapporti nel torace: In avanti si rapporta con la vena brachiocefalica, con l’interposizione dei nervi cardiaci superiori e del nervo vago. Medialmente segue, ad una qualche distanza, la trachea. Lateralmente si rapporta con la pleura mediastinica, con interposti anteriormente il nervo frenico e posteriormente il vago. Posteriormente l’arteria succlavia di sinistra e il dotto toracico. SUCCLAVIA DI SINISTRA Era il quarto arco aortico di sinistra. Un po’ più piccola della destra, più lunga di 2,5-3,5 cm (la lunghezza dell’arteria anonima). Verticale all’origine, si dirige poi lateralmente, supera i muscoli scaleni e raggiunge la clavicola. Rapporti nel mediastino: lateralmente troviamo la pleura mediastinica, medialmente il margine laterale dell’esofago, abbastanza vicino il nervo ricorrente di sinistra, anteriormente la trachea e varie linfoghiandole. Indietro la colonna vertebrale, con l’interposizione della fascia cervicale profonda e del muscolo lungo del collo (ancora non sapete cos’è, ma le farete). In avanti la carotide comune di sinistra, la vena anonima di sinistra, che la incrocia, e il nervo vago. Succlavia e carotide sono organi mediastinici in quanto nascono separatamente direttamente nel mediastino, a differenza delle omologhe di destra. AORTA DISCENDENTE TORACICA Va dalla parte discendente dell’arco aortico (lato sinistro di T4) fino all’orificio diaframmatico, a livello di T11 e T12. Attraversato il diaframma tramite lo iatus diaframmatici diventa aorta addominale. Nel mediastino dà origine a numerosi vasi, dalla parte concava vengono fuori le arterie bronchiali destra e sinistre (una superiore e una inferiore), dalla faccia ventrale le arterie esofagee medie, che irrorano l’esofago mediastinico. Anche le ultime 10 coppie di arterie intercostali, che insieme alla vena e al vaso nervoso formano il fascio intercostale che decorre lungo il margine inferiore di ogni costa, nascono dalla faccia ventrale; mentre le prime due vengono da un ramo della succlavia. Le arterie intercostali irrorano lo spazio intercostale, la costa superiore e l’inferiore, soprattutto la parte postero-laterale. Portano anche sangue a muscoli respiratori importanti e un loro ramo va anche a irrorare il midollo spinale. La discendente toracica non decorre esattamente perpendicolare al piano terra, perché devia leggermente verso destra.viaggiando nel mediastino posteriore. TRACHEA È un organo impari e simmetrico, lungo circa 12 cm, che occupa il piano mediano del mediastino. È diretto in basso e indietro e è circondata ovunque da tessuto cellulare lasso. Abbastanza mobile, segue il laringe nei suoi spostamenti. La trachea resta sempre immediatamente davanti dell’esofago. Le due formazioni sono intimamente connesse tra loro da tessuto connettivale. E’ un organo relativamente duro, che si compone di due tonache: una esterna, fibrocartilaginea, che costituisce per così dire l’impalcatura o scheletro del condotto, una interna, mucosa, alla superficie della quale si aprono numerose ghiandole. All’altezza della 4° vertebra toracica si divide nei 2 bronchi principali di destra e di sinistra. Il bronco entra nel polmone per ventilarlo; insieme al bronco un ramo dell’arteria polmonare, l’arteria bronchiale e la vena polmonare costituiscono il peduncolo polmonare o ilo. La biforcazione della trachea resta all’altezza dell’atrio di sinistra. I bronchi sono obliqui, il destro ha un’inclinazione maggiore del sinistro. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 44 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Rapporti nel torace: anteriormente il timo, il tronco anonimo, l’arteria carotide comune di sinistra, l’arco aortico e dei linfonodi. A sinistra troviamo la pleura mediastinica, il nervo laringeo ricorrente e l’arco dell’aorta. A destra di novo la pleura mediastinica, la vena cava superiore e la vena azigos, che la incrocia. Esofago È un condotto muscolo-membranoso a sezione longitudinale, che serve a condurre il bolo alimentare dal faringe, cui fa seguito, allo stomaco; non c’è processazione del bolo, ma solo transito. Nasce nel collo, percorre il mediastino posteriore verso il basso, attraversa il diaframma e si continua con lo stomaco (che può essere considerato un esofago ingrandito in maniera asimmetrica). Si sposta in basso, in avanti a sinistra. A T10 il diaframma presenta un orifizio, detto orifizio diaframmatico esofageo, l’esofago lo attraversa accompagnato dai due nervi vaghi. Inoltre l’orifizio costituisce per l’esofago un vero e proprio sfintere. Avviene in questa zona uno scambio di fibre tra esofago e diaframma. Si parla di ernie iatali (o esofagee o diaframmatiche) quando l’esofago risale portando con sé una parte di stomaco. Da T1 a T4 (T3?) occupa quasi esattamente il piano mediale paravertebale, subito dopo si discosta dai corpi vertebrali e si piega a destra per far posto all’aorta. A questa altezza si ha il primo rapporto tra esofago e aorta, l’esofago passa dietro all’arco aortico. Seguono i due incrociamenti aortoesofagei. Il primo avviene a T5 dove l’aorta incrocia l’esofago sul lato sinistro e lo sposta a destra, dove si appoggia al polmone per lasciarvi un’impronta.. Il secondo avviene a livello di T7 (T9?), qui l’aorta prevertebrale devia verso la linea di mezzo e l’esofago in avanti a sinistra, descrivendo una concavità per passargli davanti. L’esofago, dunque, prende anche rapporto con la parte più posteriore del cuore che è l’atrio di sinistra. Il cuore proietta da T5 a T8 (infatti dette anche vertebre cardiache) e si trova davanti all’esofago nel punto di convergenza delle vene polmonari. Sono presenti inflessioni anche sul piano sagittale, non solo su quello frontale. L’esofago è mantenuto nella sua posizione dalla continuità con faringe e stomaco, dalle pliche peritoneali che ne connettono la porzione addominale al diaframma e da alcuni fasci connettivali che lo legano a organi vicini. Nonostante ciò è dotato di una certa mobilità. Misura in media 25 cm, di cui 16-20 decorrono nella cavità toracica. Rapporti della porzione sopraaortica (da T2 a T4-T5) Anteriormente è legato alla parte membranosa della trachea, a sinistra si rapporta inizialmente con la pleura, poi con la carotide comune di sinistra , con l’interposizione dei nervi cardiaci superiori e più posteriormente con la succlavia di sinistra. A destra e sopravanzato dalla trachea, costeggiato a distanza dal tronco anonimo e dalle arterie succlavia e carotide comune di destra. Rapporto lontano con l’origine del nervo ricorrente di destra. Rapporti della porzione sottoaortica: È attorniato da linfonodi. In avanti si rapporta con il bronco sinistro, poi diventa retrocardiaco. Si interpone a livello di T5, salvo variazioni che però sono frequenti, il tronco comune delle arterie bronchiali. Altro rapporto con il nervo vago di sinistra. Posteriormente si rapporta dapprima con la colonna vertebrale, poi con l’aorta, quindi Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 45 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione con le arterie intercostali di destra prima e di sinistra poi. A livello di T7-T8 è incrociato, da destra a sinistra, dalla vena azigos. Altro rapporto con il nervo vago di destra. Lateralmente si rapporta, caudalmente, con le pleure polmonari di destra e di sinistra. NERVI VAGHI I nervi vaghi di destra e di sinistra (X coppia di nervi cranici) si originano dal SNC infracranico e si distribuiscono a un’immensa vastità di strutture, innervando organi toracici e addominali. Le fibre sono simmetriche e distinguibili fino al collo, poi, entrando nel torace diventano indistinguibili e perdono la loro simmetria: mentre il nervo vago di destra affianca l’esofago già nella parte alta del mediastino, collocandosi nell’angolo diedro tra esofago e trachea, quello di sinistra. resta più distaccato dall’esofago per l’interposizione dell’arco dell’aorta (e della succlavia di sinistra) del quale resta a sinistra. Sotto l’arco dell’aorta il vago sinistra riesce ad arrivare all’esofago. Parte delle anastomosi vagali sono al davanti dell’esofago e parte dietro. Al di sotto della biforcazione tracheale il vago di sinistra scambia fibre con quello di destra, tanto che attorno all’esofago si trovano dei plessi nervosi che nascono dallo scambio di fibre dei due nervi. Quando l’esofago ruota di 90° la rete di fibre ruota con lui: non sono più due catene laterali, ma una catena anteriore, ex sinistra, e una catena posteriore, ex destra. Il nervo vago conduce fibre del sistema nervoso autonomo con funzione parasimpatica su cuore (bradicardia), bronchi e polmoni (broncocostrizione e riduzione del calibro delle vie aeree, ma queste sono nozioni fisiologiche!). In qualche modo i vaghi si servono dell’esofago per andare nell’addome a innervare i visceri, in particolare ghiandole esocrine ed endocrine e muscolatura liscia. Sotto l’arco dell’aorta il vago di sinistra si biforca dando origine al nervo ricorrente vagale o laringeo inferiore di sinistra, che innerva i muscoli intrinseci del laringe. Il nervo ricorrente vagale di sinistra passa nell’angolo diedro di sinistra che si forma dalla giust’apposizione della trachea (avanti) e dell’esofago (dietro). Il nervo ricorrente di destra nasce nel collo, all’origine dell’arteria succlavia, sulla biforcazione del tronco anonimo. Nel collo è simmetrico al nervo di sinistra. Il vago di destra, prima di entrare nel mediastino, passa al davanti della succlavia di destra e scende giù. Il ricorrente vagale di destra non è un organo mediastinico, al contrario di quello di sinistra. Attraverso la precisa e coordinata contrazione dei muscoli intrinseci del laringe emettiamo suoni, pronunciando le vocali. Senza di essi perdiamo l’uso della voce. Se uno dei due nervi non funziona ne consegue una specie di raucedine. È importante conoscere il rapporto tra il nervo laringeo inferiore e la zona sottostante, infatti in presenza di masse occupanti spazio coinvolgenti il bronco di sinistra si ha una compressione della zona circostante con la possibilità di perdita del funzionamento del laringeo inferiore. Nervi frenici Sono una coppia di nervi che serve a contrarre il diaframma, ne innervando ciascuno una metà; originano nel midollo spinale del collo (nucleo frenico) e scendono in modo simmetrico. Sono fino a un certo punto paralleli rispetto ai vaghi, più anteriori Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 46 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione e più laterali. Scendendo nel mediastino decorrono accollati alla faccia ,mediastinica del polmone. Entrambi passano davanti all’arteria e dietro alla vena succlavia di destra e sinistra, dietro l’articolazione sternoclaveale. Il destro va a collocarsi a ridosso della cava superiore schiacciato tra la pleura e il pericardio dell’atrio destro, passando al davanti del peduncolo polmonare. Il sinistro non è perfettamente simmetrico: passa inizialmente a sinistra del cuore, finendo dietro al ventricolo sinistro quando il cuore ruota, durante l’organogenesi. Per il resto i rapporti sono gli stessi che a destra. La lunghezza di questi nervi fa aumentare le probabilità statistiche che vengano lesionati, con una conseguente paralisi dell’emidiaframma. Si può anche verificare, per varie ragioni (infiammazione, linfonodi ingrossati...), una compressione che stimola indebitamente il nervo. Questo eccesso di stimolazione si traduce nel singhiozzo, una velocissima contrazione del muscolo diaframma, che non è mai da sottovalutare se si protrae oltre 1-1,5 h. Sistema dell’azigos Sistema venoso deputato a raccogliere il sangue refluo dalla parete toracica e da alcuni organi mediastinici (bronchi, midollo spinale della parte toracica del canale vertebrale ed esofago). È composto dalle vene azigos, intercostale suprema, emiazigos e emiazigos accessoria. Il sistema venoso dell’azigos è un esempio di metameria che si conserva solo a livello toracico. A livello lombare rimane un retaggio di metameria rappresentato da vene che raccolgono sangue parietale dalla regione lombare e sembrano una continuazione delle intercostali. Azigos e emiazigos nascono da vasi derivanti dalle vene lombari ascendenti di destra e di sinistra e dalle vene iliache esterne. Sono questi vasi tributari della vena cava inferiore tra loro anastomizzati. Le anastomosi vanno a finire nella vena azigos a destra e nell’emiazigos a sinistra. Il sistema dell’azigos è quindi un grande sistema anastomotico che unisce cava inferiore e cava superiore, un’anastomosi che però, in genere, non usiamo. Questo importante sistema venoso è un bypass tra la vena cava inferiore e quella superiore (le valvole del sistema non sono competenti al 100%), ma la capacità del sistema non è assoluta. In caso di ostruzione della vena cava superiore il sistema dell’azigos provvede, entro certi limiti, con una inversione di flusso, a portare all’atrio il sangue della regione craniale. La compensazione è solo parziale, perché il calibro della vena azigos è circa ¼ di quello della vena cava superiore. Si verificherà quindi un aumento di pressione nelle vene del collo, del cranio, del neurocranio e degli arti superiori. Vena azigos È un vaso impari che si origina nell’addome, a destra, come continuazione della vena lombare discendente, passa il diaframma ed entra nel torace, ponendosi a ridosso e a destra dei corpi vertebrali, occupando quindi il mediastino posteriore. Salendo si ingrossa, raccogliendo il sangue dagli ultimi 7-8 spazi intercostali. All’altezza di T4 cambia improvvisamente direzione, gira in avanti compiendo un angolo di 90°, scavalca il peduncolo polmonare di destra e si getta nella vena cava superiore (lascia un’impronta sulla pleura di destra insieme alla vena cava; a sinistra, invece, è l’aorta a lasciare un’impronta sulla pleura). Rapporti Posteriormente si rapporta con la colonna vertebrale, a destra con la pleura mediastinica, a sinistra con il dotto toracico, che la divide dall’aorta. Anteriormente troviamo l’esofago, con l’interposizione del cul di sacco formato dalla pleura. Vena intercostale suprema Vi confluiscono 2, 3 o 4 delle vene intercostali piu alte. Sbocca nell’azigos nel punto in cui questa scavalca il peduncolo polmonare. Emiazigos Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 47 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Anche questa nasce nell’addome, poi nel mediastino passa a sinistra della colonna vertebrale, riceve le ultime 5, 6 o7 vene intercostali di sinistra e, all’altezza di T8-T9 passa dietro all’aorta (o all’intercostale?) toracica e si getta nell’azigos. Per un certo tratto è parallela all’azigos. Emiazigos accessoria Vi confluiscono le 5, 6 o 7 vene intercostali più alte. Sbocca nell’azigos prima che questa scavalchi il peduncolo polmonare, passando anch’essa dietro all’aorta. Emiazigos e emiazigos accessoria sono tributarie della vena azigos, ne costituiscono l’omologo di sinistra. Possono raggiungerla separatamente o insieme, dopo essersi fuse tramite un tronco anastomotico. Dotto toracico È il più grande condotto linfatico del nostro corpo. Nasce a livello di L2 come continuazione della cisterna del chili, una formazione sacciforme in cui confluiscono tutti i tronchi linfatici sottodiaframmatici. Passa nel torace mediante l’orifizio aortico del diaframma, percorre verticalmente il mediastino posteriore, dietro all’esofago, a ridosso della colonna vertebrale, decorrendo parallelamente all’aorta; quando sta per uscire dal torace devia verso sinistra, svalica il peduncolo polmonare e si getta nella vena succlavia di sinistra (riciclaggio della linfa). In questo percorso è raggiunto da condottini linfatici degli organi mediastinici, quindi si ingrandisce. La parte più alta raccoglie anche gran parte della linfa formatasi a livello degli arti superiori, del collo e del cranio. Rapporti Posteriormente è separato dai corpi vertebrali per la presenza della prima parte delle arterie intercostali di destra e delle porzioni terminali delle vene emiazigos e emiazigos accessoria. Anteriormente con aorta ed esofago, a destra con la vena azigos e a sinistra con l’emiazigos. Variazioni La sua disposizione è estremamente variabile a seconda dei soggetti. Spesso la cisterna è doppia, solo a volte unica e raramente tripla. Spesso la porzione sottoazigosaortica è costituita da due rami, isolati o uniti da anastomosi, oppure dà rami a disposizione plessiforme. La porzione sopraazigosaortica è il più delle volte costituita da un tronco semplice e unico. Sistema linfoghiandolare Il sistema linfoghiandolare del mediastino è particolarmente complesso, queste le principali stazioni linfonodali del mediastino: Linfonodi della biforcazione (linfa reflua dai bronchi dai polmoni e dagli organi impari; Linfonodi dell’ilo del polmone; Linfonodi paratracheali (linfa dal terzo superiore del polmone di destra e di sinistra); Probabilmente il prof non ne spiegherà altri, guardateli sull’atlante, sul libro di radiologia, sui fogli che vi dà lui... è una cosa molto importante. I linfonodi ricevono capillari afferenti che penetrano attraverso un punto qualunque della superficie linfonodale; gli efferenti, più voluminosi e meno numerosi, escono invece dall’ilo, accompagnati dai vasi sanguigni. All’interno i linfociti bypasssano la linfa, fermando e distruggendo, per quanto possibile, virus e batteri. I linfociti sono disposti in serie, questo aumenta la probabilità di distruzione degli agenti not-self. Nella linfa che entra nel linfonodo possono trovarsi cellule tumorali. Se queste sono di origine epiteliale (carcinoma) possono migrare seguendo la via linfatica e trasmettere la metastasi. Alcuni linfociti si adoperano per distruggere le cellule tumorali, che però spesso sono troppo numerose. In questo caso le cellule tumorali si moltiplicano e il linfonodo si ingrossa, senza però dare dolore. Segni del rigonfiamento dei linfonodi possono essere dati dalla compressione degli organi mediastinici. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 48 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Un linfoma è invece un tumore determinato dalle stesse cellule del linfonodo. Grasso Il grasso occupa tutto lo spazio rimanente del torace:fissa gli organi ed ammortizza i traumi. SINTESI DEL MEDIASTINO Mediastino anteriore: cuore Cava sup. + cava inf. Nervi frenici Mediastino posteriore: esofago Nervi vaghi + ricorrente vagale (solo destro) Aorta discendente toracica Arterie intercostali Sistema vena azigos Dotto toracico Trachea Bronchi principali Due catene dei gangli ortosimpatici Mediastino superiore: arco aorta + vasi che da esso si dipartono Due vene brachiocefaliche Timo I POLMONI Lo sviluppo dei polmoni si verifica in quattro fasi: • pseudo ghiandolare; • canalicolare; • sacculare; • alveolare. I polmoni hanno la forma di un cono cui sia stato asportato circa ¼ mediale, con la base orientata in basso e l’apice superiore arrotondato. La faccia mediastinica (meno propriamente detta mediale) grossolanamente concava, dà i limiti laterali del mediastino. Rappresenta il piano ideale dell’asportazione del quarto mediale. La faccia costovertebrale (meno propriamente detta laterale), esterna, si rapporta con la faccia laterale delle vertebre e con gli spazi intercostali. È convessa. La base è costituita dalla faccia diaframmatica, è concava perché si adatta alla forma dell’emidiaframma. Sarebbe ellittica, se non mancasse l’ormai noto quarto mediale. Con l’interposizione del sottile diaframma la base dei polmoni si rapporta con organi della parte anteriore dell’addome. L’apice del polmone è costituito da tutto ciò che sta sopra al piano immaginario passante per la 2a costa. È in rapporto a destra e a sinistra con l’arteria succlavia e con il plesso brachiale, un insieme di radici nervose da cui escono vari nervi destinati all’atro superiore. Il colore dei polmoni dipende dall’età. Rosato nel neonato che non abbia ancora respirato, per via della grande irrorazione. Respirando assieme all’aria il pulviscolo atmosferico col tempo il polmone cambia colore, tendendo progressivamente al grigio. Questo perché i macrofagi presenti nelle vie aeree prima di morire migrano nel vicino connettivo e sul luogo della loro morte si deposita il pulviscolo che avevano fagocitato. Tale accumulo di particelle si traduce nel tempo con la variazione di colore verso il grigio e, addirittura, il nero. Ovvio che il fumo di sigarette accelera il processo. I polmoni hanno tre margini: 1. margine inferiore, che corrisponde al perimetro della base; Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 49 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione 2. margine posteriore, che occupa lo spazio della doccia costovertebrale. Per questo è molto arrotondato; 3. margine anteriore, molto sottile. Più corto del posteriore, si arresta a livello della 5a o 6a costa a causa dell’inserzione del diaframma. A questo livello il polmone si incastra tra parete e cuore. In ciascun polmone esiste un’asimmetria dovuta alla morfologia del diaframma, infatti i due emidiaframmi non sono ogivali. Un altro elemento di asimmetria è dato dal fatto che il polmone sinistro, nel suo sviluppo, trova il cuore a uno stadio già avanzato della sua formazione. Dispone quindi di meno spazio del destro. ILO POLMONARE È la regione centrale della faccia mediastinica dove sboccano arteria bronchiale, arteria polmonare e strutture nervose, mentre escono le due vene polmonari, la vena bronchiale e i vasi linfatici. Quello di sinistra ha più o meno la forma di una racchetta da tennis, quello di destra è più rettangolare. Seno costodiaframmatico (o costofrenico): è lo spazio tra la porzione sottopolmonare del diaframma e la parete costale. In questo spazio non c’è polmone durante l’espirazione, ma solo in inspirazione. La pleura parietale segue tutto l’angolo costodiaframmatico, la viscerale rimane attaccata al polmone. IL POLMONE DI DESTRA RAPPORTI Faccia mediastinica: inferiormente e davanti all’ilo polmonare c’è, ampia, l’impronta cardiaca, in particolare quella dell’atrio destro. Al davanti dell’ilo, sopra l’impronta cardiaca, c’è l’impronta della cava superiore. L’impronta della vena brachiocefalica di destra è una continuazione in alto di quella della vena cava superiore. Attorno alla parte superiore e dorsale dell’ilo c’è l’impronta della vena azigos. Posteriormente all’impronta della vena brachiocefalica, sopra a quella della azigos e all’ilo, c’è l’impronta del tronco arterioso anonimo e dell’arteria succlavia di destra. A volte, dietro all’impronta del tronco anonimo, sopra all’ilo e un po’ dietro rispetto all’apice, abbiamo un’altra impronta (il rapporto invece c’è sempre), piccola, lasciata da trachea e esofago. Al davanti dell’ilo passa il nervo frenico, per collocarsi tra pericardio e polmone. Base: riposa sul diaframma che la divide da fegato, surrene e rene di destra. SCISSURA OBLIQUA Comincia subito dietro al margine superiore dell’ilo, siamo circa a T4. Si dirige indietro e in alto verso il margine posteriore, incrociandolo circa a T2, gira l’angolo e percorre la faccia costovertebrale. Interseca il margine inferiore all’altezza della 7a costa di destra. Continua passando per la base e risalendo la faccia mediastinica per arrivare nell’ilo da dove è partita. Incrocia la linea emiascellare all’altezza della 5a costa. Descrive un piano orientato dall’alto in basso e dal dietro e in avanti che ha inizio all’altezza della 2a e termina alla 7a costa. Il polmone è così separato in due parti. SCISSURA SECONDARIA Compare sulla principale circa a livello di T4, percorre la faccia costovertebrale verso il basso, più o meno parallelamente alla 4a costa, interseca il margine anteriore e si dirige verso l’ilo, a metà del suo margine posteriore. Le scissure dividono il polmone destro in tre lobi: • lobo superiore, a forma di cono. Fonendo sul dorso, sopra al 3o spazio intercostale; • lobo medio, a forma di cuneo. La sua parte più espansa guarda in avanti. Metto il fonendo tra la 4a e la 7a costa; • lobo inferiore, a forma di cuneo. Fonendo sul dorso, sotto al 3o spazio intercostale. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 50 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione IL POLMONE DI SINISTRA RAPPORTI Faccia mediastinica: inferiormente e al davanti rispetto all’ilo c’è, enorme, l’impronta cardiaca, lasciata dal ventricolo sinistro del cuore, in particolare dal margine ottuso. Al davanti dell’ilo, superiormente all’impronta cardiaca, c’è l’impronta dell’arco aortico e dell’aorta discendente toracica. Dall’impronta dell’arco si diparte quella dell’arteria succlavia. Al davanti dovremmo vedere, apicale, l’impronta della vena brachiocefalica di sinistra. Dietro troviamo quella di esofago e trachea. Il nervo frenico passa qui più o meno simmetricamente alla destra. A sinistra dell’arco dell’aorta passa il nervo vago di sinistra. Scissura obliqua Anche detta principale, è quasi simmetrica a quella destra, interseca però il margine anteriore anziché l’inferiore. Come a destra, interseca la scissura polmonare a livello della 5a costa. Divide il polmone in due lobi, il cui confine anteriore corrisponde più o meno alla 7a costa: • lobo superiore; • lobo inferiore. Organizzazione zonale dei bronchi: La trachea si biforca a livello di T4 in due bronchi principali, che entrano nell’ilo polmonare. Nel polmone si ramificano ulteriormente nei bronchi lobari, uno per ogni lobo polmonare. A loro volta i bronchi lobari si suddividono in bronchi zonali o segmentari. Ogni lobo polmonare si compone di un numero fisso di zone polmonari. Tra le varie zone non ci sono precisi confini di demarcazione, ma si può parlare di piani di clivaggio. Anche se tale divisione non esiste sul piano anatomico è netta su quello funzionale. A destra 10 bronchi zonali: tre nel lobo superiore: 1. anteriore 2. apicale 3. posteriore tre nel lobo medio: 4. laterale 5. mediale cinque nel lobo inferiore: 6. apicale 7. anteriore 8. posteriore 9. laterale 10. mediale A sinistra 10 bronchi zonali: cinque nel lobo superiore, che è fatto di due parti, una superiore e una inferiore, detta lingula: 1. superiore apicale 2. superiore anteriore 3. superiore posteriore 4. lingulare inferiore 5. lingulare superiore I primi tre sono paralleli a quelli di destra, i lingulari, invece deformati dal cuore, hanno ruotato di 90°. I cinque del lobo inferiore sono quasi speculari a quelli destra. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 51 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione I 20 bronchi zonali sono di tipo terminale, anatomo-fisiologicamente indipendenti. Ogni zona è periforme, ogni “pera” converge verso l’ilo. L’unità funzionale del polmone è il lobulo: tanti lobuli costituiscono una zona, tante zone un lobo. È l’ultima parte del polmone visibile a occhio nudo. L’insieme dei lobuli costituisce il parenchima polmonare. Ogni bronco zonale origine dalle quattro alle sette generazioni di rami, per divisione dicotomica. Questi rami non hanno nomi. Tra il bronco zonale e quello globulare ci sono 10 generazioni; ciascun ramo piccolo si ramifica. Bronchi interlobulari: si trovano tra i lobuli. Ognuno di questi dà origine a una generazione di bronchi: i bronchi lobulari, ognuno dei quali ha la funzione di ventilare un lobulo. Un’indagine broncografica permette la visualizzazione dell’ordine bronchiale fino ai bronchi zonali, poi diventano troppo piccoli. ORGANIZZAZIONE MICROSCOPICA Istologicamente parlando il polmone è una gigantesca ghiandola tubulo-alveolare. prima si è sviluppato il condotto, poi si è organizzato il parenchima polmonare. Tra i lobuli si trovano dei setti interlobulari di natura connettivale, disposti radialmente. Hanno la funzione di separare i lobuli e di tenerli uniti. Lì finiscono i macrofagi quando muoiono. I bronchioli lobulari danno origine a un’altra generazione di bronchi, i bronchioli terminali che ventilano una sola parte del lobulo, anche questa periforme, detta acino polmonare. La generazione successiva è quella dei bronchioli respiratori, che ventilano una parte dell’acino, di nuovo periforme, detta sacco alveolare. La parete del sacco alveolare presenta una serie di protuberanze: gli alveoli polmonari. Il bronchiolo respiratorio si divede a formare dei condotti alveolari, molto corti, che formano subito i sacchi. Tutti gli alveoli si aprono in uno spazio attorno al sacco, che è la continuazione del condotto alveolare. È tutto lo spazio aereo del sacco. Nella via aerea esiste un modulo ripetitivo fatto di quattro componenti principali. Questo modulo è rappresentato dalla trachea (cilindro che si origina a C6 e termina a T4). La trachea è formata da 4 tonache concentriche: 1. tonaca mucosa, la più interna; 2. tonaca sottomucosa; 3. tonaca fibro-cartilaginea; 4. tonaca avventizia, connettivale. 1 - tonaca mucosa: si trova a diretto contatto con l’aria, è costituita da epitelio pseudostratificato che riposa su una tonaca propria connettivale. Tale epitelio è costituito da 4 tipi di cellule: • Cellule caliciformi mucipare; • Cellule ciliate; • Cellule indifferenziate; • Cellule con capacità endocrine e paracrine (argentaffini). Cellule caliciformi mucipare: producono e secernono il muco, che si stratifica sull’epitelio tracheale e svolge una funzione protettiva contro pulviscolo, virus e batteri; infatti il muco essendo appiccicoso intrappola parte delle particelle impedendo loro l’avanzamento. Il muco però deve potersi spostare affinché non ristagni nella trachea occludendola (a questo servono le cellule ciliate) e per espellere le particelle che trattiene. In presenza i stimoli chimici la produzione di muco aumenta. La solidità del muco dipende dal grado di idratazione, più esso è fluido più si amplia la sua superficie, più riduce la possibilità che esso si solidifichi. Mentre è normale che in estate il muco si solidifichi per il caldo nella prima parte della via aerea, questo non deve succedere nella trachea e nei bronchi. Può accadere in condizioni patologiche, ne conseguono disturbi respiratori e tosse continua. Il muco viene solidificato dal siero. Cellule ciliate: batiprismatiche, presentano delle ciglia che battono tutte verso la laringe, con un movimento ordinato, spostando il muco a monte fino alla laringe. Raggiunto un alto volume di muco nella laringe è indotto il riflesso della tosse, che è un’espirazione esplosiva a glottide chiusa. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 52 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Qualunque processo chimico interferisca con il lavoro delle cellule ciliate crea un accumulo di muco e problemi respiratori. Cellule indifferenziate (basali): danno origine agli altri tre tipi di cellule. Cellule con capacità endocrine e paracrine: secernono serotonina, un’ammina parte della quale viene solitamente secreta nei capillari (azione endocrina), parte rimane nell’interstizio e, diffondendo, arriva al muscolo tracheale (azione paracrina), suo bersaglio principale, stimolando le cellule muscolari lisce a contrarsi senza bisogno di stimoli nervosi. Queste cellule sono un retaggio organo-genetico, l’apparato respiratorio deriva infatti dal tubo digerente, la cui mucosa è piena di cellule endocrine. 2 - tonaca sottomucosa: non tutto il muco presente nella mucosa deriva dalle cellule caliciformi mucipare. Nella sottomucosa ci sono ghiandole tubulo acinose miste (sierose e mucose, fluido contenente acqua e muco) il cui condotto passa attraverso l’epitelio de esce poi nel lume della trachea. Il secreto che finisce nel lume è muco idratato, che può essere facilmente spostato (la tosse secca dipende dalla scarsa idratazione del muco). A livello della parete della superficie della tonaca mucosa si ha una temperatura di circa 36°C. Se pongo dell’acqua (componente acquosa della secrezione siero mucosa) sulla parete essa evapora (arriva già calda dalle ghiandole). Ciò disidrata il muco, però è un vantaggio perché si crea un ambiente umido e riscaldato attraverso cui passa l’aria che ispiriamo, umidificandosi. Questo ha un’importante funzione protettiva (nel caso di un paziente affetto da patologie polmonari l’aria va umidificata). Se li muco viene eccessivamente disidratato diviene un tessuto adatto per la proliferazione batterica Es: la screpolatura delle labbra è dovuta alla mancanza della saliva che su di essa si stratifica. 3 - tonaca fibro-cartilaginea: La trachea viene disegnata a strisce (connettivo fibroso alternato periodicamente a cartilagine ialina). Infatti ogni tot millimetri nella tonaca fibrosa, costituita da un manicotto continuo di fibre connettivali, ci sono semianelli di cartilagine ialina (alternanza di cartilagine e connettivo). I semianelli sono incompleti posteriormente. I due estremi posteriori sono connessi da fibrocellule muscolari lisce disposte trasversalmente lungo tutta la trachea e il muscolo tracheale, che contraendosi tende a ridurre il diametro della trachea. L’alternanza di cartilagine e connettivo fibroso conferisce rigidità alla struttura. L’aria entra nella trachea tramite un gradiente di pressione che è negativo dentro e positivo fuori. La struttura deve essere rigida perché altrimenti il risucchio (durante l’inspirazione) darebbe luogo ad una pressione negativa che chiuderebbe la trachea facendo collabire le pareti. Perché i semianelli? Perché lungo tutto il percorso la trachea è affiancata dall’esofago che deve potersi dilatare per accogliere il bolo. L’esofago dietro ha la colonna vertebrale, che essendo una struttura ossea, impedisce la dilatazione dell’esofago in questa direzione… i semianelli conferiscono semirigidità alla struttura. Perché però c’è muscolatura liscia? La cellula muscolare liscia è altamente differenziata (sotto un certo stimolo si contrae o si rilascia del tutto, se è del tutto rilasciata il lume aumenta e respiro meglio). Ho bisogno di più O2 in condizioni di paura, di emozione, corsa ecc., caso in cui rilascio la muscolatura liscia e faccio passare più O2. Se invece contraggo la muscolatura liscia il calibro si restringe. Il calibro deve essere ridotto repentinamente per cercare di impedire l’ingresso di sostanze tossiche o anche solo irritanti (come per esempio il fumo!). Quello che abbiamo visto per la trachea si applica ai bronchi principali e concettualmente ai bronchi lobari e zonali fino a quelli intralobulari. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 53 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Le differenze principali consistono nel calibro; inoltre la cartilagine è ad anelli incompleti fino ai bronchi principali; da quelli lobari in poi la cartilagine è a placche, si riduce così l’ingombro della cartilagine. Il tessuto aereo, avendo poco connettivo e molta aria, è simile ad un cuscino: cede alla minima pressione, ma, quando la pressione finisce, non riprende che incompletamente le sue dimensioni primitive, poiché l’aria espulsa ritorna nei lobuli solo in parte, o non vi ritorna affatto. Via via che si passa dalla trachea al bronco intralobulare si riduce la quantità totale di cartilagine e aumenta progressivamente la componente di muscolatura liscia. A livello del bronchiolo terminale non vedo più cartilagine (ciò vuol dire che non esiste più il problema del collabimento delle pareti), 0% di cartilagine 100% di muscolatura liscia e fibre elastiche. Il massimo di muscolatura liscia si ha a valle del terminale, cioè nei bronchioli respiratori. Sacco alveolare: la sua parete si è evaginata in tante semisfere (alveoli polmonari), ciascuna delle quali ha forma di minisfera e si apre su un corridoio comune (da sopra, da sotto, dai lati). C’è un libero passaggio di aria dal corridoio (condotto alveolare) agli alveoli. Il bronchiolo respiratorio si differenzia perché ogni tanto, dalla sua parete esce un alveolo polmonare; comunque l’elemento fondamentale è il calibro, di circa 150 µm (sotto a 1 mm si parla di bronchiolo, altrimenti di bronco). Inoltre scompaiono le ghiandole tubulo acinose, che sarebbero inutili, anzi, dannose (il calibro è talmente piccolo che qualunque secrezione che lo diminuisca crea il rischio di un’insufficienza respiratoria acuta). Nel bronchiolo respiratorio diminuiscono le cellule mucipare e ciliate. Compaiono nel suo epitelio le cellule di Clara che sono l’anteprima degli pneumociti di II tipo (vedi dopo) e si trovano in maggior parte verso la fine del bronchiolo respiratorio producendo una certa quantità di surfattante o simile. Perché però aumenta la muscolatura liscia? Essa assume una forma a spirale prima, poi circolare a livello del bronchiolo respiratorio (la contrazione di quella a spirale accorcia il bronco e ne riduce il lume, si parla di bronco costrizione). Il sistema nervoso parasimpatico è responsabile della broncocostrizione, l’ortosimpatico della broncodilatazione. Quando siamo a riposo e dormiamo il nostro metabolismo è rallentato ed abbiamo consumiamo meno ossigeno: la frequenza respiratoria è più bassa ed il respiro è più profondo. Il soggetto impiega più tempo ad espirare ed inspirare perché è in atto una certa contrazione della muscolatura liscia, prevale il parasimpatico. In caso di sforzo prolungato prevale invece l’ortosimpatico. Alveolo Ha una forma più o meno corrispondente ai 5/7 di una sfera. La superficie totale dei due polmoni è maggiore di quella di un campo da calcio. Intorno vedo eritrociti, una fitta rete di capillari circonda ogni alveolo. Non ci sono spazi vuoti tra l’esterno di un alveolo e quello di un capillare. A forte ingrandimento vediamo le due membrane basali: endotelio capillare e epitelio alveolare. L’ossigeno attraversa un sottile strato: l’Hb prende ossigeno per gradiente pressorio. Modulo base applicato alla trachea: la fibra cartilaginea scompare ed aumenta la muscolatura. Si riduce la sottomucosa. Rimane solo la tonaca mucosa e di essa si azzera quasi la componente di tonaca propria (rimane solo l’epitelio). Ciascun alveolo è circondato da fibre elastiche disposte a formare una rete (intorno ad esso): unico elemento connettivale all’esterno della membrana basale tra l’endotelio dei capillari e l’epitelio alveolare. Le fibre elastiche servono a generare una forza elastica per sfruttarne il ritorno: il polmone si espande durante l’inspirazione ed il ritorno allo stato iniziale è una conseguenza del fatto che scarichiamo energia. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 54 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Enfisema polmonare: distruzione delle fibre elastiche e perdita dell’elasticità, il soggetto ha sempre un atteggiamento inspiratorio e non espiratorio. Alveolo in dettaglio (M.E.), sezione trasversale: la parete esterna di ogni alveolo è particolarmente sottile. Tra la membrana basale del capillare e quella dell’alveolo ci sono fibre elastiche. La parete alveolare presenta due tipi cellulari: • Pneumociti di primo tipo: piatti, tranne che nella zona centrale, contenente il nucleo (come un uovo fritto). Loro unica funzione è quella di costituire parete. • Pneumociti di secondo tipo: cellule globose e meno numerose, presentano una membrana munita di microvilli. Contengono dei corpi lamellari che secernono nel lume dell’alveolo. Sono dei proteolipidi, strutture complesse fatte da molecole proteiche immerse in un mare di lipidi. Nel lume alveolare si chiama surfattante è essenziale alla vita. Forma un film liquido e fa da agente tensioattivo, riducendo la tensione superficiale evitando che l’alveolo si dilati troppo. Sull’alveolo si esercita una certa tensione superficiale: durante l’espirazione si esercita una forza sulle pareti dell’alveolo (dovuta al ritorno elastico delle fibre elastiche). La pressione dentro all’alveolo aumenta se non ci fosse il surfattante spalmato sull’alveolo le pareti collabirebbero e non si staccherebbero più. Il surfattante riduce la tensione superficiale generata dalle fibre elastiche che stanno tornando. Alla fine dell’atto espiratorio rimane dell’aria negli alveoli (volume residuo). Mucoviscidosi: (malattia genetica) ridotta capacità di produrre surfattante. Oppure se entra del liquido nell’alveolo (annegamento) il surfattante viene diluito ed è come se non ci fosse. Se aumenta la pressione nei capillari esce liquido da essi, può finire nella cavità alveolare e generare: edema polmonare acuto → il liquido diluisce il surfattante). Se non ci fosse il surfattante, a causa delle forze centrifughe, 10 alveoli (x es.) si fonderebbero in un'unica grande cavità (perdendo la loro identità anatomica). Il surfattante è sempre un tensioattivo, in questo caso impedisce che l’alveolo si dilati troppo riducendo la tensione superficiale generata dalle forze centrifughe. Negli alveoli però non ci sono muscoli, perché lo spazio nell’interfaccia tra aria e sangue deve essere poco, ci sono però fibre elastiche. L’attività della muscolatura liscia serve per variare il calibro dei bronchi. Perché c’è muscolatura liscia che può contrarsi? Durante l’inspirazione la muscolatura liscia tracheobronchiale è rilasciata. Durante l’espirazione l’aria percorre verso opposto, il calibro dei bronchioli si restringe (di poco). Quindi l’aria passa più difficilmente; però aumenta la pressione nell’alveolo. Il vantaggio è che l’alveolo si svuota più lentamente, dando più tempo per gli scambi gassosi e inoltre si riduce l’eventualità del collabimento grazie alla presenza di aumento di pressione. Circolazione nei polmoni Vascolarizzazione polmonare È la piccola circolazione che ha inizio con la piccola arteria (tronco) polmonare nel ventricolo destro e termina con le vene polmonari nell’atrio sinistro. Il tronco polmonare si divide nelle due arterie sinistra e destra, ognuna di queste accompagna, dividendosi anch’essa e stando accollata alla loro parete, i singoli bronchi segmentali. A livello dei bronchioli respiratori si trasformano in arteriole e poi in capillari a livello degli alveoli (dove formano una ricca rete capillare). I rami delle arterie polmonari decorrono sempre assieme ai bronchi, dei quali quello apicale destro si trova posteriormente e al di sopra (bronco epiarteriale) , gli altri sono collocati tutti al di sotto del rispettivo ramo arterioso (bronchi ipoarteriali). Dai capillari della rete alveolare nascono le venule post-capillari, che poi si raccolgono in venule e piccole vene (di calibro crescente). Esse decorrono alla periferia dei singoli lobuli e poi si raccolgono in tronchi sempre più grossi che corrono accanto ai bronchi → vena polmonare → atrio destro. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 55 http://w w w.hackmed.org Anatomia d’organo - lezioni del prof. R. Donato – prima versione Vascolarizzazione bronchiale Appartiene alla grande circolazione. I rami bronchiali prendono origine dall’aorta e dalle arterie intercostali e ritornano alla vena cava e all’atrio destro. Cominciano come arterie bronchiali, arterie muscolari che seguono le ramificazioni dell’albero bronchiale terminando a livello dei bronchioli respiratori. Esse sono in numero di 3: 2 per il polmone sinistro e 1 per il polmone destro. Dalle reti capillari di tali arterie nascono piccole vene bronchiali che si raccolgono nell’ilo e sboccano nel sistema della vena azigos e emiazigos. Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez e Zoidberg 56