Capitolo primo La democrazia degli antichi paragonata a quella dei moderni 1. Alle radici della democrazia antica. Nella nostra tradizione occidentale la nascita della democrazia si fa risalire alla Grecia classica, e in modo particolare alla città che è stata sempre considerata come la vera culla della democrazia, Atene1. Ma questa genealogia, che apparentemente sembra incontestabile, non può essere in realtà presa come oro colato. Il fatto che noi moderni utilizziamo ancora una parola che la Grecia ci ha consegnato in eredità non dovrebbe infatti occultare un punto che non può essere trascurato, e cioè che le istituzioni della democrazia moderna non hanno praticamente nulla a che vedere con ciò che, nella Grecia classica, si designava con questo termine. Sorge a questo punto il dubbio, del tutto plausibile, che nel riferimento della democrazia moderna a quella antica si possa scorgere, in qualche misura, una componente di legittimazione, oppure di costruzione apologetica di una tradizione: cosa hanno in comune, infatti, i sistemi politici moderni basati sul riconoscimento liberale dei diritti dell’uomo, sulla rappresentanza politica e sui partiti, con le democrazie antiche alle quali tutti questi elementi erano estranei? Che somiglianza può esserci tra l’autogoverno dei cittadini nella polis, che esercitano insieme funzioni amministrative, legislative e giudiziarie, e i sistemi moderni organizzati in modo totalmente diverso? Per dirla in modo ancora piú netto, vi è qualcosa che accomuna le democrazie antiche e quelle moderne, oppure ci muoviamo soltanto sul terreno di una omonimia alla quale non corrisponde nessuna similarità reale? 1 Sulla storia del concetto di democrazia si può leggere la corrispondente voce dell’opera Geschichtliche Grundbegriffe, curata da O. Brunner, W. Conze e R. Koselleck; la voce (di cui sono autori W. Conze, R. Koselleck, H. Maier, Ch. Meier, H. L. Reimann) è tradotta in italiano nel volume Democrazia, Marsilio, Padova 1993. Per una sintetica presentazione della storia della democrazia si possono leggere: E. Greblo, Democrazia, il Mulino, Bologna 2000; D. Held, Modelli di democrazia, il Mulino, Bologna 20073 (ed. or. 20063); J. Dunn, Il mito degli eguali. La lunga storia della democrazia, Università Bocconi Editore, Milano 2006 (ed. or. 2005). Un’utile introduzione nella forma di lessico è il volume Vademecum della democrazia. Un dizionario per tutti, a cura di R. Gatti, L. Alici, I. Vellani, Ave, Roma 2013. 6 capitolo primo Per provare a chiarire questa difficile questione non resta che accingersi a tracciare in modo piú preciso i contorni della democrazia classica, la sua genesi, le sue strutture e modalità di funzionamento. Quanto alla genesi, essa affonda le sue radici in quei grandi processi di trasformazione storica che sconvolgono gli assetti del mondo greco tra l’VIII e il V secolo a.C. È proprio dai mutamenti che segnano questi secoli che emerge ciò che siamo soliti considerare come la radice culturale dell’Occidente: la democrazia è dunque un aspetto di una trasformazione che tocca anche molte altre dimensioni della vita civile e culturale. La democrazia, la filosofia e la cultura occidentale nascono da un unico crogiolo estremamente complesso, tanto è vero che a questa trasformazione ci si è talvolta riferiti indicandola come il «miracolo greco». Miracolo, però, è per definizione ciò che risulta per noi inspiegabile. È necessario perciò abbandonare la retorica del «miracolo» per mettere in luce, ovviamente senza la pretesa di fornire spiegazioni esaustive, i processi che possono aver concorso a generare quella novità radicale (che si tratti di questo, non c’è dubbio) che è la cultura occidentale con il suo intreccio di democrazia, filosofia e, come ci piace dire utilizzando un piú moderno linguaggio, uso pubblico e argomentativo della ragione. Un primo e fondamentale presupposto senza il quale forse la democrazia non sarebbe potuta venire al mondo è il processo di razionalizzazione culturale di cui i poemi omerici costituiscono la impressionante testimonianza: non è senza ragione, dopotutto, che un filosofo del Novecento come Theodor W. Adorno ha potuto considerare l’Odissea (il piú tardo e dunque piú «progredito» dei poemi) come il vero e proprio atto di nascita dell’Occidente, in quanto prima e radicale operazione di «illuminismo» demitizzante2. Nella civiltà micenea, la cui fine si colloca intorno al 1200 a.C., il potere del Re insediato nel suo palazzo concentra in sé una funzione religiosa, militare, politica ed economica. Nel mondo dei poemi omerici, che è invece quello della cosiddetta età oscura, approssimativamente tra il 1200 e l’800 a.C., questa sovranità sacrale si è già profondamente trasformata. Al Re divino subentra una figura molto piú «laica», come quella rappresentata da Ulisse nella sua Itaca, un Re che possiede molte terre e servi, che è giudice, 2 Cfr. M. Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino 1966 (ed. or. 1947). la democrazia degli antichi 7 legislatore e comandante della sua comunità, e attorno al quale c’è una cerchia di aristocratici che ambirebbero a impadronirsi del suo potere. Nell’epoca in cui l’Odissea viene scritta, certamente la fase piú recente dell’età oscura, il mondo greco appare già aver sviluppato un concetto del potere molto meno sacralizzato, una religione ampiamente illuminata e demitizzata come quella degli dèi olimpici, una scrittura alfabetica semplice e comprensibile, un forte senso dell’individuo. Si è verificata, insomma, una trasformazione culturale di enorme portata, resa possibile sia dal collasso, quasi un azzeramento, della civiltà precedente (pur molto raffinata) con tutte le sue strutture, sia dalle nuove realtà che ne hanno preso il posto: potenti ondate migratorie, mescolanza di etnie, sviluppo della navigazione e del commercio, fondazione di nuove comunità che, come «colonie», si staccano da quelle di origine; tutti questi fattori concorrono alla nascita di una cultura piú mobile e dinamica, piú disincantata e individualistica, dal seno della quale si svilupperanno lentamente pratiche razionali come la filosofia o l’argomentazione pubblica in sede di tribunali o di assemblee. Ma la nascita della democrazia antica sarebbe stata impossibile se non si fosse al tempo stesso sviluppata la cornice all’interno della quale essa poteva dispiegarsi; essa presuppone infatti la diffusione di un nuovo tipo di insediamento residenziale, la città, la polis che, raccogliendosi intorno a un tempio e a una acropoli, sostituisce quel centro che nella civiltà micenea era stato il palazzo regale3. Nella formazione della città hanno certamente un ruolo le caratteristiche geografiche del territorio: come il clima e la configurazione di quella parte del Mediterraneo hanno consentito lo sviluppo della navigazione e della civiltà, cosí la frammentazione in molte isole e un territorio frastagliato e non facilmente percorribile favoriscono l’aggregazione in comunità ben distinte le une dalle altre. L’economia è prevalentemente agricola, ma la peculiarità della forma-città sta nel fatto che anche i coltivatori stabiliscono in essa il loro luogo di residenza, dal quale partono ogni mattina per andare a curare le terre; quanto piú la città si sviluppa, poi, tanto piú prendono piede altre forme economiche come il commercio, l’artigianato e la manifattura. Gli abitanti della città si riconoscono in una comunità di stirpe e di culto (il tempio ne è il punto di riferimento) e si raccolgono attorno a un centro, uno spazio comune, l’agorà, 3 Sulla rivoluzione culturale legata alla nascita della polis è sempre da leggere il classico J.-P. Vernant, Le origini del pensiero greco, Editori Riuniti, Roma 1976 (ed. or. 1962). 8 capitolo primo che diverrà la sede dove trattare in pubblico controversie giuridiche o questioni politiche. Politicamente, tramontata la regalità, talvolta con la riduzione del basileus, il Re di età arcaica, a figura religiosa e rituale (come nel caso dei due Re di Sparta), il comando è dapprima nelle mani delle famiglie aristocratiche, dalle quali provengono coloro che ricoprono le cariche pubbliche o che lottano per occuparle. Ma, dal punto di vista sociale, la polis arcaica è già attraversata da aspre divisioni tra i grandi proprietari e i contadini poveri, i cui modesti appezzamenti garantiscono appena la sussistenza e che perciò sono costretti a indebitarsi, rischiando la riduzione in schiavitú. A queste tensioni che minano l’unità della polis rispondono i primi legislatori come l’ateniese Solone: eletto per l’anno 594-3 a.C. arconte con poteri straordinari, Solone apre la strada alla futura democrazia delineando una nuova e piú aperta organizzazione della cittadinanza: gli ateniesi vengono distribuiti in quattro classi di censo, con diritti differenziati in quanto la piú elevata (pentacosiomedimni) poteva accedere alle cariche maggiori (arconti e tesoriere), le prime tre alle magistrature, ma anche la quarta classe, quella dei teti, ovvero dei lavoratori manuali privi di mezzi, godeva dei diritti politici essenziali, cioè poteva partecipare all’assemblea e alle giurie popolari. Le riforme di Solone cercavano di ricostruire un equilibrio tra le varie parti della città: veniva abolita la schiavitú per debiti e la possibilità di contrarre prestiti dando in garanzia la propria persona, e si affermava l’eguaglianza di fronte alla legge, in quanto ognuno poteva ricorrere contro la sentenza emanata da un magistrato appellandosi a un tribunale popolare nominato dall’assemblea, di cui potevano far parte tutti gli ateniesi che avessero piú di trent’anni. Le riforme di Solone non cancellarono però il monopolio del potere politico da parte dell’aristocrazia e dei grandi proprietari, né risolsero il problema delle lotte civili. Su queste pertanto si innestò, affermandosi grazie all’appoggio di una massa umiliata e diseredata, la tirannide, il governo non sottoposto alla legge che in Atene fu rappresentato da Pisistrato (al potere dal 561 al 555 e dal 545 al 527), e che nella stessa epoca si insediò anche in molte altre città greche. Paradossalmente, però, proprio in quanto incrinava o liquidava il vecchio potere aristocratico, la tirannide finí per costituire un momento di passaggio verso la formazione della città democratica. Alla morte di Pisistrato seguí una fase di conflitti che infine vide affermarsi (contro la tirannide dei pisistratidi Ippia e Ipparco, ma anche contro le ambizioni di restaurazio- la democrazia degli antichi 9 ne aristocratica) la parte democratica, la cui guida fu assunta da Clistene: è con le sue riforme (508-7 a.C.) che si identifica il vero e proprio atto di nascita della democrazia ateniese; anche se, vale la pena di ricordarlo, la parola democrazia (che unisce demos = popolo, e kratos = forza, potere o governo) non esiste ancora, ma comparirà per la prima volta nelle Storie di Erodoto, in passi che risalgono alla metà del V secolo. Va ricordato, infine, che istituti democratici si svilupparono non solo ad Atene, ma anche in molte altre città dell’Ellade; noi, in ogni caso, ci soffermeremo su Atene non solo per la sua esemplarità, ma anche per la ragione obiettiva che la quasi totalità delle fonti dalle quali attingiamo le informazioni si riferiscono proprio a questa città4. 4 Sul tema un testo fondamentale di riferimento è M. H. Hansen, The Athenian Democracy in the Age of Demosthenes, Blackwell, Oxford 1991. Si veda anche J. Ober, Mass and Elite in Democratic Athens, Princeton University Press, Princeton (N. J.) 1989.