CAPITOLO 43 Lesioni del ginocchio ROBERT H. MILLER III Versione italiana a cura di Zeno Biber Clinica Ortopedica e Traumatologica, Università degli Studi di Trieste, Ospedale di Cattinara – Trieste Anatomia Il ginocchio è una delle articolazioni più frequentemente esposte a traumi a causa della sua struttura anatomica, per la sua esposizione alle forze esterne e le sue richieste funzionali. La base per comprendere le lesioni del ginocchio è la profonda conoscenza della sua anatomia normale. Nonostante la grande enfasi posta sul ruolo dei legamenti del ginocchio, senza l’associato supporto delle strutture muscolari e tendinee i legamenti non sono in grado di mantenere la stabilità articolare. Larson e James hanno classificato le strutture del ginocchio in tre ampie categorie: strutture ossee, strutture extra-articolari e strutture intra-articolari. STRUTTURE OSSEE Le strutture ossee del ginocchio comprendono tre componenti: la rotula, i condili dell’estremo distale del femore e i piatti dell’estremo prossimale della tibia, o condili tibiali. Il ginocchio è definito un’articolazione a cerniera, o ginglimo, sebbene in realtà sia di tipo più complesso, poiché il suo movimento di flesso-estensione si associa a una componente rotatoria. I condili femorali sono due prominenze rotondeggianti con curvatura eccentrica. Anteriormente sono alquanto appiattiti, il che crea una maggiore superficie di contatto e di trasmissione del peso. I condili si proiettano molto poco anteriormente alla diafisi femorale, mentre la loro estensione posteriore è molto più marcata. La gola situata anteriormente tra i condili è detta gola femoro-rotulea, o troclea. Posteriormente i condili sono separati dalla gola intercondiloidea. La superficie articolare del condilo mediale è più lunga di quella del condilo laterale, mentre il condilo laterale è più largo. L’asse maggiore del condilo laterale è orientato sostanzialmente lungo il piano sagittale, mentre il condilo mediale forma solitamente con il piano sagittale un angolo di 22 gradi. L’estesa superficie della porzione prossimale della tibia presenta due superfici pianeggianti, i condili o piatti tibiali, che si articolano con i condili femorali. I condili tibiali sono separati lungo la linea mediana dall’eminenza intercondiloidea con i suoi tubercoli intercondiloidei mediale e laterale. Anteriormente e posteriormente all’eminenza intercondiloidea si trovano i punti di inserzione dei legamenti crociati e dei menischi. Il margine posteriore del condilo tibiale laterale è arrotondato nel punto in cui il menisco scivola posteriormente durante la flessione del ginocchio. Le superfici articolari del ginocchio non sono congruenti. Sul lato mediale il femore si affronta con la tibia come una ruota su una superficie piana, mentre lateralmente il rapporto ricorda una ruota su una convessità. Solo i legamenti, agendo in concerto con gli altri tessuti molli, provvedono alla stabilità necessaria per la funzionalità del ginocchio. La rotula è un osso sesamoide di forma grossolanamente triangolare, che è più largo al polo prossimale che al polo distale. La superficie articolare della rotula è divisa da una cresta verticale, che separa la faccetta o superficie articolare mediale (più piccola) da quella laterale (più ampia). A ginocchio esteso, la rotula si appoggia sopra il margine articolare superiore della gola femorale. In estensione la porzione distale della faccetta articolare laterale della rotula si articola con il condilo femorale laterale, ma la faccetta articolare mediale della rotula si articola a mala pena con il condilo femorale fin quasi alla flessione completa. A 45 gradi di flessione, il contatto si sposta prossimalmente alla porzione media delle superfici articolari. In flessione completa le porzioni prossimali di entrambe le faccette articolari sono in contatto con il femore, e durante la flesso-estensione la rotula si muove di 8-9 cm rispetto ai condili femorali. Con la flessione completa viene applicata una maggiore pressione sulla faccetta mediale. Un trauma che interessi queste strutture ossee e i loro rapporti reciproci causa spesso un “derangement” (disturbo) dell’articolazione. Il ripristino di queste strutture è essenziale per ristabilire la funzione del ginocchio. STRUTTURE TENDINEE EXTRA-ARTICOLARI Le strutture extra-articolari importanti perché danno supporto e influenzano la funzionalità articolare sono la membrana sinoviale, la capsula, i legamenti collaterali e le unità muscolotendinee che avvolgono l’articolazione. Le unità muscolo-tendinee sono principalmente il meccanismo quadricipitale, il gastrocnemio, i gruppi degli “hamstring” (ischiocrurali) laterali e mediale, il popliteo e la bandelletta ileotibiale. Le quattro componenti del meccanismo quadricipitale formano un unico tendine del quadricipite composto da tre strati, che si inserisce sulla rotula. Il tendine del muscolo retto femorale si assottiglia immediatamente sopra la rotula e va a formare lo strato anteriore, che si inserisce sul margine anteriore 2089 2132 SEZIONE XIII - Medicina dello sport Fig. 43-59. Segno del pivot shift inverso (vedi il testo). (Da Jakob RP, Hassler H, Staeubli HU: Acta Orthop Scand 52 [suppl 191]:1, 1981). Esami radiografici Gli esami radiografici da eseguire di routine sono le proiezioni antero-posteriore e laterale, così come la proiezione tangenziale della rotula descritta da Hughston. La proiezione tangenziale è necessaria per la frequente associazione di instabilità quadricipito-rotulea acuta con rottura acuta dei legamenti mediali. Sono utili anche le proiezioni “a tunnel” attraverso la gola intercondiloidea e le radiografie sotto carico, se il paziente è in grado di sopportare la posizione. Nei bambini, le avulsioni delle porzioni osteocartilaginee delle eminenze intercondiloidee sono più comuni delle rotture dei legamenti crociati. Negli adulti, frammenti di ossa sono avulsi occasionalmente dai condili femorali o dall’apice del perone dove si inserisce il legamento collaterale. Gli esami radiografici di routine in un ginocchio di adulto acutamente traumatizzato sono solitamente negativi e solo occasionalmente si può evidenziare come unico reperto l’avulsione dell’eminenza intercondiloidea anteriore. Occasionalmente, nelle rotture del legamento crociato posteriore, si può evidenziare un frammento osseo della tibia posteriore. Piccoli frammenti lungo la linea articolare tibiale mediale o laterale suggeriscono la sede di avulsione dei legamenti capsulari (segno capsulare laterale). Solo raramente può essere necessario richiedere radiografie sotto stress se si esegue l’esame di sollecitazione con delicatezza; rappresentano delle eccezioni i traumi in bambini prima della chiusura epifisaria e le fratture del piatto tibiale, nelle quali l’apparente instabilità potrebbe essere causata dalle lesioni ossee piuttosto che da quelle legamentose. Di regola, le radiografie sotto sollecitazione si dovrebbero eseguire ogni qualvolta si sospetti una lesione legamentosa del ginocchio in pazienti in cui l’epifisi distale del femore e quella prossimale della tibia sono anco- ra aperte. In questi pazienti l’instabilità è frequentemente dovuta a un distacco epifisario piuttosto che a una lesione legamentosa. Si deve osservare il rapporto della spina tibiale con la gola intercondiloidea del femore. Nelle radiografie con sollecitazione in abduzione che dimostrano un’apertura mediale dell’articolazione, uno spostamento laterale della spina tibiale nella gola intercondiloidea suggerisce una lesione del legamento crociato posteriore, mentre uno spostamento mediale suggerisce una lesione del legamento crociato anteriore. Con la RM si possono ottenere immagini estremamente chiare dei tessuti molli e, grazie alla crescente esperienza con questa metodica non invasiva, alcuni ricercatori ne han- Fig. 43-60. Test della rotazione esterna in pronazione. La rotazione esterna aumentata a 30 gradi che si riduce a 90 gradi indica una lesione isolata all’angolo postero-laterale; un’aumentata rotazione esterna sia a 30 che a 90 gradi indica una lesione sia dell’angolo postero-laterale sia del legamento crociato posteriore. (Da Veltri DM, Warren RF: J Am Assoc Orthop Surg 1:67, 1993). 43 - Lesioni del ginocchio 2133 CLASSIFICAZIONE DELLE INSTABILITÀ DEL GINOCCHIO A B Fig. 43-61. Immagine di risonanza magnetica che mostra gli strati superficiale e profondo della bandelletta ileotibiale (frecce). A, Strati superficiale e profondo normali (veduta coronale, ginocchio destro). B, Rottura dello strato superficiale dal tubercolo di Gerdy (veduta coronale, ginocchio sinistro). (Da LaPrade RF, Gilbert TJ, Bollom TS, et al: Am J Sports Med 28:191, 2000). no proposto l’impiego in pazienti la cui alternativa è l’artroscopia diagnostica (Fig. 43-61). È stato riportato un alto grado di accuratezza nell’evidenziare le lesioni dei legamenti crociati anteriore e posteriore (vedi Cap. 2). Il decorso del legamento crociato posteriore è più verticale e maggiormente sul piano della linea mediana rispetto a quello del legamento crociato anteriore, e questo rende più facile includere tutto il legamento crociato posteriore in una scansione RM. Le sequenze RM ottenute con la tibia extraruotata di 15 gradi (le cosiddette sequenze non ortogonali) forniscono solitamente un’immagine completa del legamento crociato anteriore in almeno un’inquadratura. La RM può essere utile nelle lesioni acute dei legamenti collaterali associate a lesioni del legamento crociato anteriore. Alcuni autori suggeriscono la riparazione chirurgica o la ricostruzione del legamento crociato anteriore combinata con un’incisione limitata per esporre la rottura del legamento collaterale quando è stata localizzata precisamente alla RM preoperatoria. È nostra opinione che questi esami aggiuntivi, sebbene costosi, dovrebbero essere eseguiti quando ne sussistano le indicazioni, ma non di routine. In passato, le instabilità traumatiche del ginocchio erano classificate in mediali, laterali, posteriori, anteriori e rotatorie in base alla direzione della dislocazione della tibia. Sebbene di indubbia utilità, questa classificazione rappresenta un’eccessiva semplificazione e non distingue le instabilità multiplanari, che sono di comune riscontro. Slocum, Larson, Nicholas, MacIntosh, Hughston e altri hanno da tempo dimostrato che la lesione traumatica dei legamenti del ginocchio spesso esita in instabilità multiplanari complesse e che, se queste non vengono corrette, non si può ristabilire la normale meccanica del ginocchio. C’è ancora dell’incertezza sulla terminologia, sulla patomeccanica e sulla principale lesione responsabile di ogni tipo di instabilità prodotta. L’asse verticale del ginocchio passa normalmente vicino al centro dell’articolazione. Il piatto tibiale è diviso in 4 quadranti che servono da punti di riferimento per definire l’instabilità del ginocchio. Qualsiasi lesione del complesso delle strutture di supporto del ginocchio può permettere uno spostamento dell’asse verticale dal centro della tibia in uno dei quadranti laterali in quanto la tibia si sposta eccessivamente e in maniera anormale in rapporto al femore. La classificazione specifica di ogni instabilità dipende dal movimento eseguito dalla tibia sul femore durante le manovre di sollecitazione (Fig. 43-62). Questo metodo può non essere preciso e completamente accurato nelle lesioni acute, a meno che l’esame non sia eseguito in anestesia generale. La classificazione è probabilmente più utile nelle lesioni croniche. Il Box 43-1 delinea la classificazione delle instabilità del ginocchio proposta dal Commettee on Research and Education dell’American Orthopaedic Society for Sports Medicine. È stata sviluppata da un insieme di risorse dei maggiori centri di trattamento del ginocchio in tutto il Nord America. Questa classificazione tenta di descrivere l’instabilità sulla base della direzione della dislocazione della tibia e, quando possibile, dei difetti strutturali. Si riferisce all’instabilità che deriva da un trauma al ginocchio o a un’instabilità acuta che progredisce verso uno stato cronico e non considera le cause di instabilità congenite e acquisite da altre cause, come le fratture del piatto tibiale e l’iperestensione congenita. Si tratta di una classificazione anatomica nella quale un’instabilità monoplanare mediale indica che la tibia si allontana dal femore sul lato mediale, e instabilità rotatoria antero-mediale significa che la tibia ruota anteriormente ed esternamente e si allontana dal femore sul lato mediale. È comprensibile che la classificazione diventi via via più complessa come si tenta di includere deficit anatomici o strutturali. Instabilità monoplanare L’instabilità monoplanare mediale a ginocchio completamente esteso si rende evidente quando, sollecitando l’articolazione in abduzione o in valgo, il ginocchio si apre sul lato mediale, ossia la tibia si allontana dal femore. Questa è un’instabilità importante e indica la rottura del legamento collaterale mediale, del legamento capsulare mediale, del legamento crociato anteriore, del legamento obliquo posteriore e della porzione mediale della capsula posteriore. È inoltre fortemente indica-