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L’Abruzzo è senza dubbio una delle Regioni italiane con maggiore geodiversità che si riflette poi
sulla sua eccezionale variabilità paesaggistica e
ricca biodiversità. La particolare evoluzione geologica della Regione ha altresì determinato una
caratteristica conformazione geografica che, a
sua volta, ha profondamente segnato la storia
delle “Genti d’Abruzzo”.
Tagliacozzo ha l’onore e l’onere di custodire
nella “Valle dell’Imele” o “Valle delle Mole”
la testimonianza di questa evoluzione geologica, biologica e antropologica, tipica dell’Appennino centrale. Il sentiero di bassa
montagna valorizzato, ubicato nei pressi del centro storico, va proprio alla scoperta del Patrimonio
naturalistico, paesaggistico, storico, architettonico e archeologico in essa “contenuto”. Un itinerario che fin dal medioevo è stato “logorato” da
carovane di Muli, nel rituale trasporto di grano a
monte, presso i misteriosi mulini di Capacqua,
dove veniva trasformato nella preziosissima farina da riportare a valle. Il progetto oltre ad evidenziare il significato, l’unicità e la bellezza del
luogo, già “punta di diamante” tra le attrazioni naturalistiche offerte alle avanguardie del turismo
borghese degli inizi del novecento, tenta anche di
incentivarne la tutela attraverso la sensibilizzazione all’educazione ambientale, primo passo verso
l’agognata istituzione di un area di “riserva naturale”.
Scopri il mistero celato nel
“Sentiero dei Muli”
La “spaccatura” della montagna su cui sorge l’abitato storico di Tagliacozzo è una sorta di “finestra”
che ci permette di osservare e comprendere alcune “prove ed indizi” da cui è possibile ricostruire
gli ultimi 100 milioni di anni della storia geologica dell’Appennino centro-occidentale. E’ un
luogo dove l’esploratore potrà divertirsi ad indossare le vesti di un “investigatore”, e, come sulla
“scena di un giallo”, osservando con attenzione
tutti gli indizi e le prove geologiche disseminate
lungo il “sentiero dei Muli“, potrà provare a darne
una personale spiegazione.
Un consiglio: mentre indagate ricordate sempre
il motto dell’arguto Sherlock Holmes: “L’osservazione porta soltanto ad alcune preliminari
conclusioni, ma solo con la conoscenza di alcuni aspetti della vicenda si possono trarre
delle conclusioni definitive”. A tale scopo lungo
l’itinerario proposto, sono state collocate delle bacheche didattiche di approfondimento ed assistenza (geososte), il vostro: dottor John H.
Watson. Ora avete a disposizione tutti gli elementi per risolvere il giallo; correlate il significato
di ciascuna prova rinvenuta lungo il percorso e
cercate di formulare la vostra conclusione definitiva: qual è l’insegnamento “universale” che
“il sentiero dei Muli” può donarci?
2
caree della valle di Tagliacozzo, sono coevi agli ultimi Dinosauri della Terra e testimoniano l’antica
presenza di mari tropicali, l’evoluzione della vita,
la migrazioni dei continenti, il sollevamento del
fondo marino fino alle quote attuali e conseguentemente la formazione delle montagne. Foto di
Tagliacozzo:
la Memoria dell’Appennino
*2
Tipicità e “Prove geologiche” da osservare e comprendere lungo il
“Sentiero dei Muli”
Gabriele Venturini: “frammenti di Rudiste del Cretaceo
in località Ponte Canale”.
La storia della terra è scritta nelle rocce che costituiscono e ammantano il nostro pianeta. Il sentiero dei Muli va proprio alla scoperta e alla
comprensione dei misteri geologici registrati e
celati in questi muti testimoni. E così lungo l’itinerario proposto vedremo perché la storia di Tagliacozzo è legata all’impatto di un asteroide nel
golfo del Messico, alle poderose eruzioni vulcaniche e agli sconvolgimenti climatici avvenuti sul
pianeta; scopriremo cosa accomuna Tagliacozzo
al territorio di Sant’Andrea in California o ad altri
luoghi della terra; scruteremo le prove dell’evoluzione della vita e della deriva dei continenti;
inoltre, attraverso le vicende raccontate dalle
rocce osserveremo i principali tasselli dell’evoluzione della catena appenninica, le fasi che hanno
dato origine al fiume Imele, alla risorgente di Capacqua e alla gola di Tagliacozzo.
Infine riscopriremo alcuni frammenti della storia
della comunità tagliacozzana che non a caso ha
scelto di insediarsi in questo luogo. A tal riguardo
vedremo perché e come le caratteristiche geologiche di un territorio influiscono non solo sulle
specie che lo colonizzano ma anche sulla storia e
sulle attività umane come la nascita, il posizionamento e l’evoluzione dei centri abitati, la localizzazione delle vie di comunicazione, lo sviluppo
socio-economico, politico e culturale, ecc.. Qual
è il mistero celato dietro la prima “prova” che si
incontra sul percorso dei Muli?
*1
Fossili
Il processo di dolomitizzazione (ricristallizzazione
con minerali di magnesio) delle rocce calcaree di
Tagliacozzo avvenuta nei tempi geologici, ha resi
i fossili fragilissimi, quindi non provate ad estrarli
perché li distruggereste in mille pezzi togliendo
a voi e agli altri il privilegio di continuare a vederli; inoltre la raccolta dei fossili è vietata per
legge.
*2
Dinosauri?
Sulle montagne dell’Appennino abruzzese non
sono mai stati trovati resti o impronte di Dino-
Prova 1: i fossili del Cretacico*1
I fossili del Cretacico, incastonati nelle rocce cal3
sauri, semplicemente perché non sono mai stati
cercati assiduamente. Infatti, fino a qualche decennio fa si ipotizzava che non fossero possibili
ritrovamenti, partendo dal postulato che l’ambiente marino caratterizzante l’Italia nel periodo
dei Dinosauri, ossia dal Trias superiore al Cretacico
superiore (tra 240 e 65 milioni di anni fa), denominato golfo della Tetide, non era un luogo dove
potessero vivere tali giganti, di fatto quasi esclusivamente terrestri. Solo nel 1940 fu trovata la
prima orma di Dinosauro sul Monte Pisano (Toscana). Le ultime scoperte scientifiche, e dal 1980
anche i molteplici ritrovamenti di scheletri fossili
come “Scipionyx Samniticus” detto “Ciro”, un cucciolo di poche settimane di vita ritrovato a Pietraroja (Benevento), hanno disfatto la predetta
ipotesi. Foto in basso nella pagina precedente di Gio-
Incontri ravvicinati
Un tempo le maestose rupi calcaree della Valle di
Tagliacozzo giacevano sotto l’acqua calda e cristallina di mari tropicali ricchissimi di forme di
vita; anche se oggi di quelle epoche ne rimane
solo qualche fossile incastonato tra le rocce, l’area
continua a rappresentare rifugio per altre specie
selvatiche, quelle tipiche dell’Appennino; negli
anni di ricerca e rilievi è stato casualmente possibile testimoniare la presenza di una flora e una
fauna ricca e diversificata; vi presento alcuni di
questi immancabili “compagni di lavoro”. Tra le
piante della Valle è da annoverare l’abbondante
presenza di Carpino (pianta cespugliosa che raggiunge i 7-8 metri), l’Orniello, il Pino nero, l’Abete
e il Bosso. Lungo il fiume sono presenti alcune
piante di Salice e molte piante di Acero. Rare
Querce e Roveri, che nel medioevo caratterizzavano l’area occupata oggi dalla “Pineta”, sono tornati a colonizzare la parte alta della montagna,
dove troviamo anche il Mandorlo, ed il Nocciolo.
vanni Dall’Orto, Wikimedia.
Il “sentiero dei Muli” ti attende per mostrarti
le altre prove e svelarti tutti i segreti della
“Valle dell’Imele”.
Foto di Gabriele Venturini. Risorgenti dell’Imele e massi
franati nel Quaternario.
4
Acero Montano
È una latifoglia nobile di notevole importanza
economica. Molto ricercato fin dal medioevo per
la realizzazione di mobili, pavimenti, ebanisteria
fine ed in particolare per gli strumenti musicali.
Foto di Markus Bernet, 2005, Wikimedia.
Pino nero
Furono piantati a Tagliacozzo tra la fine dell’ottocento e i primi anni del 900, per mitigare il rischio
idrogeologico. Oggi molte delle piante originarie
sono prossime alla fine della vita. L'apparato radicale è ampio e robusto: grosse radici che esplorano grandi quantità di terreno. A volte, il pino
ospita nidi cotonosi bianchi, la processionaria,
un lepidottero defogliatore che preferisce i rimboschimenti artificiali; questo insetto è una specie autoctona spesso in equilibrio con la
Bosso
Trova in questo luogo, il suo habitat ideale e nel
medioevo dava il nome al bosco (Selva dei Bossi)
che condivideva con le allora dominanti Querce;
pianta plurisecolare, sempreverde, legnosa e cespugliosa a crescita molto lenta, da cui il pesante
legno compatto e durissimo. Considerato anticamente arbusto magico e con virtù soprannaturali,
simboleggiava la perpetuità della vita, la fermezza e la perseveranza; era impiegato per strumenti musicali a fiato, intarsi, scatole, rubinetti
per botti, pezzi degli scacchi. Si credeva agisse
contro l'impotenza e la fertilità. Nel Medioevo veniva modellato in vasi per contenere ostie consacrate. E’ una specie
officinale tossica, un
tempo sostituto del
chinino nella terapia
antimalarica. Reagisce
bene alla potatura, è
per questo ancora oggi
elemento decorativo
nei giardini topiari di
mezzo mondo. Bosso particolare: foto di Didier Desco-
biodiversità locale. Quando in primavera ha esaurito gli aghi in vicinanza del nido, si sposta in caratteristiche processioni da un ramo all'altro o da
una pianta all'altra. Alla fine della primavera
scende dagli alberi e si incrisalida nel terreno. Diventata farfalla vola lontano a colonizzare altre
pinete. I suoi predatori sono: Api, altri insetti, Cincia, Cuculo, Upupa. Attenzione: le larve diffondono peli urticanti causa di danni diretti alle
persone e agli animali. La Processinaria: foto di Arturo Reina Sánchez, 2005, wikipedia. La Pineta e Monte
La Difesa: foto di Gabriele Venturini.
uens, 2013, Wikimedia.
5
Sulle vette dei
monti, nel sottobosco e lungo
il fiume è possibile osservare
una varietà di
piante, fiori e
funghi diversi (come Ciclamini, l’endemica Iris
Marsica, ecc.); nel sottobosco è presente anche il
Tartufo (in dialetto: Taratùfolo) con alcune varietà. Tartufi: foto di Rippitippi, 2010, Wikipedia, mo-
Giglio rosso appenninico
Preferisce i terreni calcarei di montagna. Una raccolta eccessiva per via del suo splendido aspetto
ha portato molte regioni a elencarla tra le piante
protette. Foto di Jean-Pol Grandmont, 2010, Wikimedia.
dificato.
Sul Monte Civita e La Difesa
ritroviamo delle eccezionali
e rare orchidee tipiche
dell’appennino (Orchidea,
Dactylorhiza de mai. Foto J.F.
Gaffard, Gy, 2004, Wikimedia),
il raro “Giglio Appenninico”,
e subito dopo lo scioglimento delle nevi, lo Zafferano selvatico. Nella zona ripariale sono degne
di nota le piccole Felci, le rare “Lenticchie di
fiume”, l’Equiseto, e i Farfaracci o Petasites (in
dialetto: Piotani); queste ultime sono piante a foglie giganti che ricordano un cappello a larghe
falde (Petàsos) usato dagli antichi per coprirsi la
testa e ripararsi dalla pioggia. Pianta medicinale
impiegata fin dall’antichità, famosa nel XV secolo
per la “cura” delle febbri provocate dalla peste.
Farfaraccio: foto di Gabriele Venturini.
Equiseto, la pianta dei Dinosauri
Detto anche “coda di cavallo” è un “fossile vivente”; è una delle piante più antiche al mondo,
comparsa circa 400 milioni di anni fa nel Carbo-
nifero (Devoniano). Servì da nutrimento per i Dinosauri popolando intere foreste con fusti alti
fino a 30 metri (oggi è alta solo 30-40 cm), la cui
successiva fossilizzazione portò alla formazione
di enormi giacimenti di carboni fossili, sfruttati
ancora al nostro tempo. E’ una pianta officinale
conosciuta ed utilizzata fin dai tempi preistorici.
Foto di Bernd Haynold, 2007, Wikimedia.
Esistono poi tante altre piante, fiori, funghi ed insetti che attendono ancora oggi di essere ricercati
e classificati in maniera sistematica.
6
Scoiattolo
Con pelo nero e petto bianco, è l’animale più visibile nell’area; basta armarsi di pazienza, e appostarsi in silenzio con gli occhi rivolti al cielo.
Lasciano tracce del loro passaggio: pigne e nocchie rosicchiate; la lunga e folta coda, fornisce
equilibrio, calore durante la notte e vanità nelle
parate d’amore. Immagazzina le eccedenze in depositi che riutilizza durante l'inverno. Foto di Mariappan Jawaharlal, 2011, Wikimedia.
bero. I due innamorati intrecciano le frasi in un’armonia inconfondibile. Costruisce nidi scavando
con il becco; l’ancoraggio sui tronchi avviene grazie alle forti zampe e appoggiandosi sulla coda
rigida. Possiede una lingua molto lunga, appiccicosa e retrattile. Si nutre di pinoli, frutta ed insetti, attaccando soprattutto gli alberi malandati.
Pipistrello
Unico mammifero volante, il predatore delle buie
cavità sotterranee; è dotato del più avanzato sistema radar del mondo
animale che utilizza per
comunicare e mappare
l’ambiente che lo circonda;
vive per lo più nelle grotte
ma non disprezza ripari in
ruderi o cavità negli alberi
(come i fori abbandonati dal Picchio). Non si attacca ai capelli, non succhia il sangue e ci vede
benissimo; è per noi un fantastico alleato in grado
di cacciare circa 3.000 Zanzare per notte oltre agli
insetti dannosi per le colture. Sempre più raro a
causa dell’inquinamento è oggi una specie protetta. Immagine di A. Proietti, 2012, Wikipedia
Foto di Guidosardella, 2007, Wikimedia.
Falco pellegrino (dialetto: Arpeòne)
Caccia colombacci e roditori. In picchiata raggiunge i 320 km orari: è più veloce di qualsiasi
altro essere vivente. La
femmina depone le uova
sul terreno, in nicchie o cavità su pareti rocciose. E’
oggi stimata in Italia una
popolazione di circa 500
coppie! Negli ultimi anni è tornato a colonizzare
la parete calcarea del Monte Civita (Castello). Foto
Picchio rosso e verde
di Carlos Delgado, 2014, Wikipedia.
Tra gli uccelli più intelligenti della terra in termini
di strategie alimentari (Louis Lefevre, 2005);
canta il proprio
amore battendo
ritmicamente, 1012 colpi al secondo sui rami più
sonori di un al-
Gufo reale
Rapace notturno e
solitario, di giorno si
rifugia nelle cavità;
riesce a ruotare la
testa, fino a 270°, e a
sentire i passi di un
7
topolino come nessun altro può fare. Il suo canto
inconfondibile è il caratteristico: “uh uuuh”. Foto
loro pretendenti maschi, a meno che questi ultimi non riescano a fuggire prima...
indygnome, 2007, Wikimedia.
Foto di Masaki Ikeda, 2008, Wikimedia.
Tricotteri o “Portasassi”
Lepidotteri (Fraffàlla)
Larve che secernono un caratteristica casetta cilindrica di forma taglia e colore
funzione dei minerali e frammenti di roccia e sabbia disponibili sul fondo del fiume; insetti
spesso cavernicoli, in estate sfarfallano via dalle
acque del fiume. Sono formidabili indicatori dello
stato di qualità delle acque. Oggi insieme alla
Trota Fario sono sempre più rari nel fiume Imele.
Con splendidi colori vivacizzano la Valle delle
Mole; utilissime come impollinatrici rappresentano un importante anello della catena
alimentare. Nei vari periodi dell’anno è possibile osservarne i vari stadi di sviluppo: uovo,
larva (bruco), pupa ed immagine (farfalla). Le
immagini possono sopravvivere da una settimana ad un anno a seconda delle condizioni ambientali e delle
specie. All’arrivo della stagione più calda,
diverse specie
migrano dalle
regioni del Mediterraneo
verso il nord
Europa, come la
“Vanessa del
Cardo” che partita dalle coste dell’Africa raggiunge addirittura l’Islanda! L’abuso di pesticidi
e la scomparsa di habitat ideali rendono sempre
più a rischio la loro sopravvivenza. Foto di Christian
Foto Reginascu, 2015.
Upupa
Passa la maggior parte del tempo a terra alla ricerca di insetti. Possiede un lungo becco sottile e
ricurvo, e una lingua troppo corta
per poter ingurgitare il cibo che
perciò getta in aria ingoiandolo
a becco spalancato; nella parata
d’amore il maschio spiega a ventaglio la cresta. Se minacciata, si
appiattisce sul terreno con le ali e la coda spiegate
oltre ad emettere sgradevoli vocalizzi e liquidi
puzzolenti. Foto di Gabriele Venturini.
Cannese: Bruco di Macaone, 2004.
Capriolo
Gonepteryx Cleopatra (Linnaeus, 1767)
Le politiche di conservazione dei parchi limitrofi
hanno determinato il suo ritorno sulle vette del
Monte La Difesa, nelle alte radure limitrofe alla
“Pineta”. Kristjan Teär, 2010, Wikimedia.
Gonepteryx dal greco “gonia”
= angolo e “pterux” = ala, descrizione letterale della particolare forma angolata delle
ali. Il nome Cleopatra, a cui si
riferisce Linneo, dovrebbe derivare dalla mitologia greca e
corrispondere alla moglie di
Meleagro colui che riuscì ad
Ragno tigre
o ragno vespa
Nell'accoppiamento le femmine uccidono quasi sempre i
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uccidere il mostruoso e gigantesco cinghiale
mandato come punizione da Artemide nel paese
di Calidone. E’ una farfalla che annuncia la primavera essendo uno dei primi lepidotteri ad apparire all’approssimarsi della bella stagione. Foto
di Christian Cannese, “Cleopatra su Cardo”, loc. Monte La
Difesa.
Donnola (Cane mazzijjìo)
“Donnola” deriva dal latino tardo domnula, “signorina", chiamata così per la forma aggraziata.
Vive nelle cavità del terreno o dei tronchi degli
alberi. Caccia spesso di notte andando alla ricerca
di conigli, lepri, topi e uccelli di piccola taglia; non
disdegna piccoli insetti, rane e anche qualche biscia, se di modesta taglia. I piccoli diventano indipendenti a soli quattro mesi. Foto di Cecil Sanders,
Colubro di Esculapio
Per imponenza, abitudini ed importanza storica
ed archeologica è uno dei serpenti più conosciuto
e affascinante d’Europa. Detto saettone, raggiunge i 180 cm di lunghezza. Anticamente considerato sacro dai popoli mediterranei che lo
raffiguravano sulla verga del Dio greco della salute Asklepios (Esculapio, per gli antichi Romani),
oggi simbolo della medicina. Abile arrampicatore, lo si potrebbe definire semiarboricolo: insidia i nidi degli uccelli, predando le loro uova, i
nidiacei e gli adulti fino alla taglia di un merlo. E’
un formidabile predatore di roditori e di piccoli
vertebrati in genere. Uccide per costrizione (imitando il Boa), con
molta perizia e forza.
Le femmine, a volte si
accoppiano con più
maschi contemporaneamente, formando
veri e propri "grovigli".
Se la calura è insopportabile è solito ripararsi in zone con
acque stagnanti, restandovi immerso ed
arrotolato e lasciando fuori solo la testa per respirare (imitando l’Anaconda). Abbastanza mordace, molla subito dopo il morso. Non è velenoso.
2008, Wikimedia.
Riccio
Dalle caratteristiche morfologiche arcaiche (conformazione del cervello e formula dentaria ) è accomunato ai primitivi mammiferi comparsi sulla
Terra al termine del Cretaceo (le rocce più antiche
della Valle di Tagliacozzo), nel corso di milioni di
anni ha solamente evoluto il rivestimento di aculei che tanto lo caratterizzano. La sua strategia
difensiva consiste nell’appallottolarsi spingendo
gli aculei verso l’esterno, utile anche in caso di caduta. Scava tane poco profonde con due ingressi (uno
dei quali viene ostruito per
evitare l'entrata del vento),
che imbottisce con muschio e
foglie per renderle confortevoli. E’ ben visto dai contadini,
che ne apprezzano la capacità
di sterminare lumache, topi,
insetti e altri animali nocivi. E’ notturno ma ama
il caldo e quindi non è raro che si soffermi al sole.
Va in letargo ed è una specie protetta dalla “Convenzione di Berna”. Foto di Gibe, 2004, Wikimedia,
Foto di Christian Cannese (2009), località Valle dell’Imele- Attaòne (pozza lungo il fiume Imele dove un
tempo i ragazzi erano soliti fare il bagno d’estate).
modificata.
9
Altri animali come il Cinghiale, l’Assiolo, la Volpe
(in dialetto: òlepa): il Lupo (Jupo), la Lepre (Lèbbere), la Poiana, il Grifone, il Barbagianni (Biàso),
la Civetta (Ciuètta), Allocco (Ajucco), la Faina, il Picchio muraiolo, la Vipera, il Cervone (protagonista
di antichi riti pagani legati al culto della dea Angizia) la bellissima “Biscia dal collare”, ecc. sono
stati sporadicamente osservati in quest’area, anche
se molti sono i segni della loro presenza (canto, impronte, escrementi, avanzi dei pasti, ecc).
alle cattiva modalità di gestione delle foreste, che
comportano la distruzione degli alberi vetusti, la
frammentazione boschiva e il conseguente isolamento delle sue popolazioni; è diminuita in
tutto il suo areale e per questo motivo è protetta
in molti paesi europei; ha ricevuto la massima
priorità dalla Direttiva Habitat ed è stata inclusa
nella Red List IUCN (Sparacio, 2000; Ranius et alii,
2005)
Secondo Ranius et alii, 2005 l’Osmoderma eremita, nonostante sia scomparsa da molti paesi
Europei, è stata accertata a Tagliacozzo; poiché
questa specie influenza fisicamente e chimicamente le cavità degli alberi, anche a favore di
altre specie, i ricercatori la definiscono un utile
indicatore ambientale, una “specie ombrello”,
fondamentale per la conservazione di tutta la comunità di invertebrati associati alle cavità degli
alberi oltre che dell’ecosistema e del paesaggio
ad essi correlato. I predetti ricercatori sostengono
infine che tra le varie azioni necessarie alla protezione di questo invertebrato, c’è la conservazione di "isole" di natura, nelle vicinanze di aree
urbane. Foto di Magne Flaten, 2008, Wikimedia.
Oasi geologico-storico-naturalistica da proteggere
L’area Valorizzata è estremamente vulnerabile e
bisognosa di tutela. Ecco almeno tre validi motivi
per tutelare e rispettare questo luogo:
1. Nel campo della Biodiversità?
Il Maggiolino eremita…Ha un colore bronzato o
nero con riflessi metallici. Vive nelle cavità degli
alberi vetusti e per difendersi emette un particolare odore di “cuoio russo”; i maschi producono
un feromone con un odore caratteristico di frutta
che usano per attirare le femmine. E’ una specie
di estremo interesse (Coleoptera, Scarabaeidae,
Cetoniinae), minacciata di estinguersi a causa
della degradazione o perdita di habitat dovuti
2. Nel campo dell’Antropodiversità?
La “minacciata” sopravvivenza dei ruderi delle architetture medioevali (Canali di derivazione, Mulini, Ponte canale, Orti terrazzati), eccezionali
testimonianze dell’ingegno umano e di una perfetta integrazione sostenibile tra uomo e ambiente naturale.
3. Nel campo della Geodiversità?
La Gola dell’Imele rappresenta un “rarissimo”
esempio di cattura con deviazione di 90° e riemersione in superficie di un fiume carsico sotterraneo…
10
I sentieri
Decalogo per
l’escursionista
Tempo di percorrenza dell’itinerario “Sentiero dei
Muli”: circa 2 ore (compreso il tempo necessario
per l’osservazione delle prove e la lettura dei pannelli in corrispondenza delle geososte). Lunghezza del sentiero A/R, (escluse le deviazioni):
circa 1200 metri; dislivello: 120m. Lunghezza del
percorso sportivo (Vita), dalla Chiesa “Madonna
della Stella” e fino all’altezza della “Geososta n°3”,
in A/R: circa 1400m; dislivello: circa 100m.
Gusta il piacere di visitare la natura, senza danneggiarla, riportando con te solo ricordi nella tua
memoria o in quella della tua macchina fotografica, divertiti senza creare disturbo agli animali e
all’ambiente delicato, raro e facilmente danneggiabile. La considerazione di semplici regole permetterà ad altre persone di fruire in futuro dello
11
che gravano sull’area Valorizzata, oltre a quelli
già previsti dalle norme vigenti, sei invitato a leggere l’Ordinanza del Comune di Tagliacozzo N. 45
del 07/05/2015 (Registro Ordinanze del Sindaco),
in cui troverai un elenco di divieti disposti, tra cui
“il divieto: di transito dei veicoli a motore, di accedere senza abbigliamento adeguato, di allontanarsi dai sentieri, di raccogliere fiori, funghi,
piante, pigne (ad eccezione di quelle cadute sui
sentieri), fossili e pietre, di disturbare gli animali
selvatici, di accedere con cani non legati al guinzaglio, di abbandonare i rifiuti, di accedere all’area recintata dei ruderi dei mulini, di bere
acqua dal fiume, di avvicinarsi alle alte pareti calcaree (rischio crolli e ribaltamento massi)”.
spettacolare Patrimonio geologico, biologico,
paesaggistico, storico, architettonico, archeologico ed ecosistemico che stai per visitare, agli animali di sentirsi a proprio agio, alle specie vegetali,
ai fossili e alle rocce, di continuare ad esistere. A
tal fine sei pregato di: non raccogliere fiori, muschi, funghi, fossili o pietre, non tagliare le piante
e non raccogliere le pigne che rappresentano cibo
per scoiattoli ed altre specie, non infastidire gli
animali selvatici (tieni sempre il tuo cane a guinzaglio). Rammenta sempre di portare a valle i
tuoi rifiuti e di non accendere fuochi, l’area è potenzialmente infiammabile. Non entrare nell’area
recintata dei ruderi dei mulini. Accedi soltanto in
perfetta forma fisica, con abbigliamento adeguato e senza mezzi a motore. Ricordati sempre
che l’acqua del fiume Imele non è potabile anche
alla risorgente di Capacqua. A riguardo dei divieti
Grotta Riparo La Difesa, foto di Alessandro Di Michele.
12
Oggi
0.0117
2,5
5,3
23
65,5
145,5
199,6 milioni di anni fa
Cronologia dei principali
eventi di interesse:
-Prime frequentazioni umane a Tagliacozzo
(piena età Neolitica V-VI millennio a.C.).
-Alla fine dell’ultima era glaciale, circa 11,7
mila anni fa, nella “Mezzaluna Fertile”
nasce l’agricoltura; l’Uomo abbandona il
nomadismo, generando i primi gruppi
stanziali e i villaggi.
-Prime documentazioni attestanti la presenza dell’Uomo in Appennino centrale
(730.000 anni fa: Paleolitico inferiore).
-Nascita del fiume Imele (tra 1 e 3 milioni
di anni fa).
-Comparsa del genere Homo sulla Terra (tra
2,3 e 2,4 milioni di anni fa).
-La tettonica Plio-Quaternaria (tra 5,3 milioni di anni fa e oggi), ed in particolare la
fase distensiva ancora in atto, origina l’assetto morfologico-strutturale attuale. Iniziano anche considerevoli processi erosivi,
di trasporto e sedimentazione.
-Inizia la formazione della “gola dell’Imele”
come probabile conseguenza della fase tettonica trascorrente, successiva all’emersione dei fondali marini calcarei (Miocene
superiore-Pliocene, tra 5,3 e 2,5 milioni di
anni fa).
-Comparsa della famiglia Hominidae sulla
Terra (6-7 milioni di anni fa).
-L’area di Tagliacozzo, viene profondamente
coinvolta nel processo tettonico di formazione dell’Appennino centrale a partire dal
Messiniano (tra 7,2 e 5,3 milioni di anni fa).
-La sedimentazione torbiditica (“Flysch”)
colma i bacini affossati (Avanfosse) (tra 7,2
e 6,3 milioni di anni fa), concludendosi con
l’emersione definitiva dell’area generata da
13
fasi tettoniche a vergenza Adriatica (post
Messiniano, meno di 5,3 milioni di anni fa).
-Nascita ed apertura del mar Tirreno (tra 7
e 11 milioni di anni fa).
-L’orogenesi inizia ad interessare direttamente l’area di studio con un episodio d’affossamento dei fondali marini; si formano
le “Marne ad Orbulina” (emipelagiti deposte tra 9,4 e 7,2 milioni di anni fa).
-Inizia la formazione dell’Appennino (tra
35 e 20 milioni di anni fa).
-Si depositano nel mare tropicale o subtropicale i “Calcari a Briozoi e Litotamni” e i
“Calcari Arancioni ad Echinidi”, entrambi
con fossili di Pecten (rocce di rampa carbonatica, deposte tra 21,7 e 11,6 milioni di
anni fa).
-Lacuna Paleogenica: nessuna sedimentazione sui fondali marini (65,5-23).
-Grande diffusione e diversificazione dei
Mammiferi (55 milioni di anni fa).
-Grande estinzione di massa (passaggio
K/T) che interessa: Dinosauri, Rudiste, Ammoniti, ecc. (65,5 ± 0,3 milioni di anni fa).
-Inizia la formazione delle rocce marine più
antiche affioranti nella “gola di Tagliacozzo”: i “Calcari a Radiolatidi” con fossili di
Rudiste (rocce di piattaforma carbonatica,
ambiente di laguna tropicale; tra 93,5 e
70,6 milioni di anni fa).
- Inizia la formazione delle Alpi (100 milioni
di anni fa).
- Prime Piante con i Fiori (130 milioni di
anni fa) e primi Uccelli (146 milioni di anni
fa).
-Formazione delle più antiche rocce dell’Appennino centrale (Trias superiore),
primi Mammiferi (217 m.a. fa) e primi Dinosauri (Trias Medio, 240 milioni di anni
fa).
Progetto: “Rete sentieristica: La Risorgente. Valorizzazione e Promozione di itinerari a bassa quota con partenza dal
centro abitato. Intervento cofinanziato dall’Unione Europea sul POR FESR Abruzzo
2007-2013 - Attività IV.2.1 - PIT Ambito
Avezzano - anno 2012”.
caduta e ribaltamento di alberi, crollo e ribaltamento massi, crollo di ruderi, morsi di serpenti e
di insetti, incendi, “proncecate elle Sarapìche”, ecc..
Tutti i diritti riservati all’Autore. Nessuna parte di
quest’opera può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell’Autore.
Ideatore e Autore dell’Opera: Geologo Christian CanneseRicerche, rilievi, testi, carta geologica, profili e modelli
geologici: Geologo Christian Cannese - Mappa dei sentieri, Pannelli didattici e Guida: progetto di Christian Cannese. Impaginazione e redazione grafica di Alessandro
Di Michele.
Ringraziamenti
Si ringrazia l’Amministrazione comunale di Tagliacozzo per aver creduto in questa idea di valorizzazione e promozione del territorio “fuori dalle
righe, il R.U.P. Ing. Giampaolo Torrelli e l’assessore
al turismo e alla cultura Gabriele Venturini per
l’assistenza durante il progetto, il Geologo Irene
Persia per la revisione tecnica delle bozze, Mauro
Jr. Alonzi per la prima revisione dei testi, Danilo
Tersigni per la consulenza cartografia (Gis) e per
il suggerimento sulla “Osmoderma Eremita”, il
grafico Alessandro Di Michele per la notevolissima realizzazione grafica e per la foto della
mappa e della guida, Gabriele Venturini per aver
fornito alcune bellissime foto, tra cui alcune immagini della guida (comprese la foto di copertina
e quella qui a destra) e alcune foto dei pannelli
didattici, l’Architetto Domenico Colasante per
aver autorizzato l’utilizzo dei suoi meravigliosi disegni sui Mulini (fig. 1 del pannello Geososta n°
8 e fig. 2 del pannello Geososta n° 9) oltre ad aver
fornito alcuni suggerimenti sui testi dei pannelli
Geososta n° 8 e n° 9. Si ringrazia inoltre l’amica
Stefania Amicucci per la sua incommensurabile
disponibilità, per i consigli e per il suo utilissimo
“pronto intervento” e gli amici Geologi dell’ISPRA
Maurizio D’Orefice e Maria Cristina Giovagnoli per
i preziosi suggerimenti. Ed infine un ringraziamento speciale per Adriana Cottone e Fernando
Pasqualone, per la grandissima disponibilità, celerità, accuratezza e professionalità nella revisione definitiva dei testi dei pannelli e della
mappa.
Note dell’autore e note legali
Lo scopo del progetto è stato esclusivamente
quello di Valorizzare e Promuovere ai fini didattici
e turistici l’area naturalistica “La Risorgente” ,
detta anche “gola del fiume Imele” o “Valle delle
Mole”, evidenziandone, in particolare, le caratteristiche geologiche e ambientali, anche ai fini divulgativi e di tutela; per tali ragioni alcuni
argomenti sono stati estremamente semplificati,
si chiede pertanto scusa agli “addetti ai lavori”
per eventuali imprecisioni o mancanze dettate
anche dal carattere divulgativo dell’opera. Va sottolineato che il progetto non è finalizzato alla valutazione e definizione dei rischi e pericoli
dell’area, pertanto si declina ogni responsabilità
per eventuali danni a persone, animali e cose derivanti dalla fruizione dell’area naturalistica, informando fin da ora il Visitatore che accedendovi
è consapevole di farlo a proprio rischio e pericolo;
il Visitatore è altresì informato che l’area in cui si
snodano i sentieri, anche se ubicata nelle vicinanze del centro abitato, è a tutti gli effetti un
luogo naturale di montagna (tra l’altro non custodito, non recintato, non monitorato, ecc.) e
quindi potenzialmente soggetto a tutti i pericoli
e rischi tipici della stessa come: frane, alluvioni,
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Come raggiungere
Tagliacozzo
Tagliacozzo è situato in provincia dell’Aquila, nel cuore dell’Appenino centrale,
nel settore nord-occientale della Regione
Abruzzo. E’ facilmente raggiungibile con
l’Autostrada A24, uscita “Tagliacozzo”, e con
il treno (linea Roma-Pescara), stazione di
Tagliacozzo.
TAGLIACOZZO
In questa pagina e in copertina :
foto di Gabriele Venturini.
Stampato nel mese di Giugno 2015
da Atlantide Design (Tagliacozzo)
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