Ludwig Van Beethoven, Sonata per vìolino e pianoforte No. 9 Op. 47

www.fondazionegraziottin.org, Area divulgativa - Strategie per stare meglio 13/12/16
Una ricarica musicale ad alta energia (Ludwig Van Beethoven,
Sonata per vìolino e pianoforte No. 9 Op. 47)
Proposte di ascolto di Pino Pignatta
Ludwig Van Beethoven
Sonata per violino e pianoforte No. 9 Op. 47
Anne-Sophie Mutter, violino; Lambert Orkis, pianoforte
Adagio sostenuto. Presto – Andante con variazioni – Finale. Presto
Se nell’Ouverture Tragica che vi abbiamo proposto la scorsa puntata si ascoltano a tratti gli
accenti epici e drammatici dello stile di Beethoven, quella forza titanica che Brahms inseguì sin
dalla sua prima Sinfonia, eccoci ora sul terreno delle più focose irruenze musicali del genio di
Bonn, ma su un piano completamente diverso: dalla potenza di un organico orchestrale al sottile
equilibrio strumentale di violino e pianoforte. E la veemenza, mista a dolcezza, di questa
pagina ci accompagna dritti nella braccia dello spirito beethoveniano più puro. Il decimo e
conclusivo incontro del ciclo dedicato alle Sonate di Ludwig all’Auditorium di Milano, denominato
“Beethoven, l’invenzione della musica”, propone qualche giorno prima di Natale una delle vette
del camerismo ottocentesco: la Sonata per violino e pianoforte “a Kreutzer”, tra le più grandiose,
e più celebri, pagine del Titano.
Avrete immediatamente, al primo ascolto, una percezione di forte energia (è stato anche usato,
a proposito di questo capolavoro, il concetto, caro a Goethe, di “demoniaco”) che vi scuote
fisicamente, come lo scatenarsi di forze telluriche che però non distruggono, ma vi attraversano,
lasciandovi
sensazioni
benefiche
di
vigore.
E’
il
Beethoven
di
questo
periodo,
sperimentatore di strutture che dilatano molto l’architettura formale: siamo a cavallo tra il 1802
e il 1803, mentre il compositore sta abbozzando la Sinfonia No. 3 “Eroica”, ed è dunque un
musicista nel pieno del suo fulgore e vigore musicale. Per avere un’idea più precisa di ciò che
sentiamo ogni volta che in un auditorium ripropongono questa Sonata, o che ne assaporiamo
un’esecuzione su disco – per esempio l’incisione storica del 1973 con Itzhak Perlman e Vladimir
Ashkenazy, che contiene anche la bellissima Sonata No. 5 “Primavera” – sono interessanti gli
appunti di studio del violinista Fulvio Luciani, che eseguirà la Kreutzer tra pochi giorni a Milano:
illustrano bene il motivo per cui questa pagina ha un valore aggiunto musical-terapeutico
non indifferente: «Bisognava ascoltarla per tutta una vita, poi studiarla, suonarla, registrarla e
finalmente riascoltarsi, per capire che la Sonata a Kreutzer è un’opera tutt’altro che risolta:
‘Sonata per il Pianoforte ed un Violino obligato, scritta in uno stile molto concertante, quasi come
d’un concerto’, recita il frontespizio autografo, a reclamare di aver volutamente forzato i confini
della musica da camera, nemmeno fosse un atto di eroismo. E nel riascoltarmi ho avuto la
sensazione che per me la Kreutzer sia così: una Sonata con un primo tempo che grida forte e
mostra i muscoli; un secondo che approfitta – con malizia – di quel necessario riposo dopo tanto
impegno (e fatica); un terzo che alla fine è quasi un intruso, ma forse il più in equilibrio tra quel
che vuol mostrare e quel che è veramente».
Il primo tempo, in sintesi (ma nessuna descrizione può sostituire l’ascolto di questa creazione
beethoveniana definita “torreggiante potenza” dal musicologo Walter Rietzler), è un Adagio
sostenuto, aperto dal violino solo protagonista con accordi armonicamente tesi, carichi di
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Una ricarica musicale ad alta energia (Ludwig Van Beethoven, Sonata per vìolino e pianoforte No. 9 Op. 47)
tensione, a doppie e triple corde, una frase ripresa dal pianoforte e ulteriormente rielaborata dai
due strumenti insieme, prima di arrivare a un irruente Presto. Nell’esposizione della Sonata i
due strumenti si inseguono, si alternano, si contrappongono, anche in modo violento. E il clima
trova una breve tregua, una calo nella tensione, solo dopo una sosta: due battute indicate in
pentagramma da Beethoven come “Adagio”; poi riprendono il dinamismo e il clima
infuocato iniziali, un vero e proprio scatenarsi di energie e pulsioni interne.
Al termine di questa esibizione di forze in campo, simili al passaggio di un uragano, il secondo
movimento, Andante con variazioni, è come raggiungere un’oasi di tranquillità: aperto dal
pianoforte e ripreso dal violino, il tema, acceso e appassionato, è lavorato attraverso una serie di
quattro variazioni che nelle intenzioni di Beethoven sono soprattutto ornamentali, pensate per
arricchire la cantabilità della melodia. Il terzo tempo, Finale. Presto, è un ritmo di tarantella.
Anche in questo caso è come assistere a nuova liberazione di tutte le energie già espresse
all’inizio della Sonata. Questo ritmo ostinato è contrapposto a un secondo tema: ne esce fuori un
moto perpetuo che approda a una sorta di epilogo dionisiaco, cioè improntato a
esaltazione, furore, come in uno stato di ebbrezza. Ed è questo, in fondo, il clima interiore che ci
lascia l’ascolto integrale di questa Sonata: la sensazione di una festa interiore, di un’iniezione di
vitalità che percorre le nostre vene, una ricarica per lo spirito.
Curiosità storica finale per capire perché si chiama “a Kreutzer”. Inizialmente il lavoro nasce
grazie all’amicizia del compositore con un virtuoso dell’epoca, George Bridgetower, figlio mulatto
di un valletto del principe Nikolaus Esterhàzy e allievo di Franz Joseph Haydn, all’epoca di
passaggio a Vienna per una tournée. Beethoven apprezza Bridgetower e inizialmente verga a
margine della Sonata una dedica spiritosa, seppur storpiando il nome dell’artista: «Sonata
mulattica, composta per il mulatto Brishdauer, gran pazzo». E sono il violinista e Beethoven
stesso al pianoforte a eseguire pubblicamente la “prima” in un sala da concerto di Vienna.
Tuttavia, l’amicizia tra i due si rompe in seguito a una storia d’amore e di gelosia per una
ragazza di cui Beethoven si era innamorato. Una rivalità, insomma, separa i due artisti. E il
compositore cancella e sostituisce la dedica, ripiegando su un solista più celebre ancora,
Rodolphe Kreutzer, conosciuto diversi anni prima. Anche se Kreutzer, in realtà, non eseguì mai la
Sonata, che arrivò a essere quasi dimenticata, sino a tornare alla ribalta, nella seconda metà
dell’Ottocento, grazie alle funamboliche esecuzioni di Joseph Joachim accompagnato da Clara
Schumann. Nel 1889 la definitiva consacrazione dopo il romanzo di Tolstoj, “La Sonata a
Kreutzer”.
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
1) Ludwig Van Beethoven
“Kreutzer” and “Spring” Violin Sonatas
Legendary Performances
Itzhak Perlman, violino; Vladimir Askenazy, pianoforte (Decca, disponibile anche su Apple Music e
Google Play Music)
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2) Ludwig Van Beethoven
The Violin Sonatas
Gidon Kremer, violino; Martha Argerich, pianoforte (Deutsche Grammophon, disponibile anche su
Apple Music e Google Play Music)
3) Ludwig Van Beethoven
Sinfonia No. 3 “Eroica”
Philharmonia Orchestra; Otto Klemperer, direttore (Naxos, disponibile anche su Apple Music e
Google Play Music)
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