Le misure del tempo passato F. Bellafronte LE MISURE DEL TEMPO PASSATO per smontare stereotipi e pregiudizi Francesca Bellafronte La comunicazione satellitare e gli spostamenti di un sempre maggior numero di persone sulla superficie terrestre - legati a esodi o migrazioni indotti da guerre e povertà, ma anche per motivi di lavoro o per turismo, impensabili fino a vent’anni fa -, moltiplica le occasioni di incontro fra genti, tra loro anche molto distanti e sconosciute. Crescono, dunque, le opportunità di incontro, di scambio e di meticciamento culturale, eppure, paradossalmente, si demoliscono ponti e si erigono muri di diffidenza e di pregiudizio verso l’altro da sé. Gli esiti di tali incontri, infatti, oscillano tra tiepide forme di riconoscimento/accettazione, a quelle di un recrudescente rifiuto/discriminazione razziale, che alimenta nuove diaspore, violenza e prevaricazione. Si moltiplicano sul pianeta le rivendicazioni dell'identità culturale da parte di soggetti che, scoprendo il senso dell'appartenenza ad uno stesso gruppo - sulla base di vicende storiche condivise o di valori e modelli comuni - si contrappongono alla comunità dei “differenti”. La pressante richiesta dell'autonomia politica, ottenuta anche a costo della guerra civile, ridisegna continuamente i confini degli stati o ne crea di nuovi. La radicalizzazione delle differenze, l’incremento dell’odio separatista, i nazionalismi, gli integralismi religiosi configurano un mondo sempre più interdipendente, ma, paradossalmente, più diviso. Anche nel nostro Paese assistiamo sgomenti all’imperversare di venti xenofobi e razzisti, incoraggiati dalla destra egemone che utilizza la propaganda anti-straniero per accrescere potere e mietere consenso, ma anche per distogliere l’opinione pubblica da altri mali, meno evidenti ma altrettanto insidiosi nei possibili effetti, come lo snaturamento della dialettica democratica: pensiamo, solo per fare qualche esempio, allo sbilanciamento tra i poteri, allo svilimento del Parlamento mediante un ricorso compulsivo alla decretazione d’urgenza, all’attacco alla Magistratura, allo smantellamento della Giustizia attraverso il disegno di legge sulla ragionevole durata del processo (il cosiddetto “processo breve”), in discussione proprio in questi giorni. Agli effetti nefasti di una politica scellerata che, in tempi di recessione come questi, fa leva sulla gretta difesa del proprio orticello a danno dei più deboli, si aggiungono quelli, più subdoli, dello stillicidio operato dalla TV commerciale e pubblica, ormai uniformate nei palinsesti, che produce semplificazione di pensiero e omologazione di comportamento. L'occidente urbano ed industrializzato sta sistematicamente attuando la cancellazione del “differente” attraverso l'uniformazione a mode e l'universalizzazione dei consumi a livello mondiale, tanto che "tutto ciò che per tradizione formava il connotato etnico delle popolazioni (...) è decaduto al rango di irrazionalità e di folklore, o di revival nel migliore dei casi; la nostra non è un'identità etnica ma, piuttosto, un'identità antietnica". 1 Se questo è il contesto attuale, la scuola non può più eludere questioni nodali, divenute ormai epocali ed improrogabili. A quali paradigmi deve riferirsi la scuola oggi per rispondere alla necessità di formare un cittadino planetario e interculturale, contrastando queste tendenze omologanti ed eterofobiche? Quali metodologie adottare per combattere l’intolleranza, promuovere atteggiamenti di dialogo con i soggetti portatori di culture altre, superando stereotipi e pregiudizi? Quali contenuti selezionare per un curriculum interculturale? E, soprattutto, a partire da quando, se non da subito – come titola opportunamente questo convegno – riportare alla ribalta la questione della didattica interculturale dell’insegnamento-apprendimento delle discipline per diffondere tra gli insegnanti mezzi e strumenti di lavoro, in grado di tradursi in buone pratiche, facilmente trasferibili a vari contesti? 1 P.G. SOLINAS, Educare alla differenza, alla somiglianza, in Cooperazione Educativa, n. 5, 1992, p. 5. “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 1 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Su questi nodi nel 2005 si è costituito un gruppo di lavoro, di cui faccio parte come maestra di una scuola del Sud 2 e ricercatrice dell’associazione nazionale Clio ’92 (www.clio92.it). Il gruppo, coordinato dal professor Ernesto Perillo, raccoglie insegnanti appartenenti a vari ordini di scuola sparsi sul territorio nazionale ed è impegnato nella messa a punto di percorsi nell’ambito geo-storico-sociale, muovendo dall’assunto che l’educazione interculturale: • debba essere praticata a prescindere dall’inserimento di alunni stranieri nella classe; • non possa configurarsi come corpo estraneo e separato, da tradurre in proposte extracurricolari, rivolte solo ai bambini e alle bambine stranieri, ma come modus pervasivo e trasversale ai saperi disciplinari, da elargire a tutti i soggetti in formazione in orario curricolare; • debba svolgere la funzione di selettore dei contenuti e dei metodi, disciplina per disciplina, nella programmazione curricolare degli insegnanti. L’UDA: “LE MISURE DEL TEMPO” L’unità di apprendimento presentata qui di seguito, predisposta per una classe quarta, mira alla demolizione di forme stereotipate di pensiero, un pensiero semplificatorio alimentato nella scuola stessa dal curricolo implicito, cioè dall’impostazione “canonica” della storia contenuta nei manuali, storia nazional-occidentale ma spacciata per “universale e generale”. Basti pensare a quanto il curricolo tradizionale della storia, che sopravvive alle Riforme sempre uguale a se stesso, contribuisca a formare precocemente nel bambino la convinzione di appartenere alla fetta di umanità progredita, opposta alla sub-umanità arretrata, superstiziosa o, comunque, “cattiva”, rappresentata dai soggetti non bianchi, non cattolici, non occidentali, via via incontrati nelle narrazioni dei manuali scolastici: “troppo spesso accade che al bambino l’umanità venga presentata come divisa in ‘buoni’ e ‘cattivi’: i cristiani e i pagani, i romani ed i barbari, i cattolici ed i protestanti e, per la storia del Risorgimento, gli italiani e gli austriaci(…). (Così facendo) educhiamo i bambini ad un’assurda dicotomia tra il ‘bene’, che sarebbe rappresentato solo da noi, e il ‘male’, rappresentato da coloro che abbiamo combattuto”. 3 E’ stato dimostrato, infatti, che l’educazione interculturale si sostanzia anche di occasioni di autoanalisi e di confronto critico che, esplicitando rigidità e stereotipi presenti nel proprio modo di pensare, svelano i meccanismi di pensiero che presiedono alla costruzione dell’idea dell’altro come nemico o, comunque, come diverso. A questo proposito è interessante notare che un intero paragrafo del documento redatto dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale 4 sia riservato proprio agli interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi. Vi si auspica la creazione di percorsi di insegnamento-apprendimento atti a svelare i meccanismi che sottendono la creazione di stereotipi, come l’assimilazione per economia mentale e l’esagerazione della differenza fra ingroup ed outgroup, e di pregiudizi, attraverso l’adesione preconcetta a informazioni dettagliate e circostanziate, sebbene non verificate. Si tratta di mirare all’ampliamento del campo cognitivo dei soggetti in formazione, mostrando la varietà dei punti di vista con cui è possibile osservare una stessa situazione, relativizzando criteri e concetti, considerati unici e universali, a convenzioni stabilite tra gruppi di uomini, in un certo tempo e in un certo luogo (l’occidente, l’Europa, l’Italia), per uno scopo preciso. 2 Insegno da oltre vent’anni nel Circolo Didattico “Papa Giovanni XXIII” di Margherita di Savoia, in provincia di Foggia. 3 Guido Petter, Sviluppo della personalità ed apprendimento storico, in “Cooperazione Educativa”, nn. 3-4, 1967, p. 13. 4 L’Osservatorio nazionale, sotto la guida di Mauro Ceruti, ha elaborato il documento che titola La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, presentato dal Ministro alla P.I. Giuseppe Fioroni nell’ottobre 2007. “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 2 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Obiettivi: • • comprendere che la nascita di Cristo è solo uno dei riferimenti possibili per misurare il tempo passato; scoprire che le civiltà storicamente si sono date dei riferimenti differenti spesso, ma non sempre, di carattere religioso; Requisiti: • • saper rappresentare sulla striscia del tempo i decenni, i secoli e i millenni avanti e dopo Cristo; saperli leggere correttamente. Per richiamare alcuni concetti affrontati negli anni scolastici precedenti, soprattutto in classe terza, ho proposto i seguenti esercizi. Esercizio n. 1 Costruisci una linea del tempo dall’anno zero (nascita di Gesù) fino al 2005, utilizzando la seguente scala temporale: 1 quadretto = 1 decennio Quindi segna in giallo i decenni, in rosso i secoli, in blu i millenni. Esercizio n. 2 Calcola sul grafico e completa la tabella Dalla nascita di Gesù sono trascorsi.. DECENNI SECOLI MILLENN I 200 e mezzo … … Problematizzazione e formulazione di ipotesi Successivamente avvio una conversazione, ponendo la seguente questione: • Secondo voi, tutti i popoli della terra misurano il tempo passato a partire dalla nascita di Cristo? I bambini si esprimono liberamente e senza timore, com’è loro abitudine, a volte portando argomentazioni più articolate a sostegno delle ipotesi formulate. Secondo me sì, perché Gesù è conosciuto in tutto il mondo, quindi la sua nascita è un evento che tutti gli uomini conoscono e usano per contare gli anni (Roberto) Io non sarei così sicuro che tutti gli uomini conoscono Gesù Cristo (Salvatore D) “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 3 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Per me ha ragione Salvatore. Io ho visto un marocchino che pregava inginocchiato su un tappetino, sul lungomare. E poi so che esistono altre religioni. Le abbiamo studiate con la maestra Anna l’anno scorso: ci sono i coopti, gli ortodossi… (Nicolas). Secondo me, anche se gli uomini pregano in modi diversi, per contare gli anni e per misurare il tempo partono tutti dalla nascita di Gesù. (Salvatore R.) Religioni a confronto Decido di costruire delle schede informative sulle tre principali religioni nel mondo. Lo faccio utilizzando la medesima scansione tematica (il credo, il luogo di culto, il testo sacro, i simboli, la diffusione), in modo da renderle più facilmente comparabili. Distribuisco le schede ai bambini che hanno la consegna di individuare ed evidenziare le tematizzazioni, denominarle, rappresentarle col disegno Per rendere il percorso meno astratto, parto da tre personaggi che si presentano. Lucy, una bambina occidentale cristiana, Abdul un bambino arabo musulmano e Giona, bambino ebreo. “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 4 Le misure del tempo passato F. Bellafronte A questo primo lavoro di analisi, segue la localizzazione delle religioni sul planisfero attraverso un esercizio. Esercizio n. 3: Colora le aree geografiche secondo la legenda. Quindi scrivi a quali nazioni attuali corrispondono Verifica delle ipotesi A questo punto sono i tre personaggi, Lucy, Abdul e Giona a rivelarci i diversi punti di riferimento utilizzati nel conteggio degli anni: così i bambini scoprono che, oltre alla nascita di Cristo, riferimento utilizzato dai cristiani, ci sono la creazione del mondo (anno 3761 a. C.) per gli ebrei, e la fuga di Maometto da La Mecca (622 d.C.) per gli islamici. “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 5 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Periodizzazioni a confronto Adesso i bambini hanno tutti gli elementi per poter impostare una striscia del tempo che permetta loro di visualizzare la durata delle tre diverse ere. Lo fanno prima individualmente, sul proprio quaderno (1 quadretto = 1secolo), e poi su una striscia murale, utilizzando una scala temporale differente. Sollecitati da una conversazione guidata, i bambini si esprimono sulla durata delle ere, elemento più immediatamente percepibile dal grafico temporale: salta evidente agli occhi che quella ebraica dura quasi il doppio dell’era cristiana, mentre quella islamica è la più breve delle tre ed è la più “giovane”. Si accorgono anche che tutte le ere sono riferibili ad aspetti legati all’esperienza religiosa, ed in questo individuano una costante, seppure in mezzo ad altre differenti sfumature di cui dibattono vivacemente: Per noi cristiani il riferimento è a Cristo, che è Dio, invece per i musulmani a Maometto, che è un profeta di Allah (Roberto) E poi noi abbiamo messo la nascita come fatto importante della vita di Gesù, da ricordare e da dove partire per contare gli anni; invece i musulmani fanno riferimento non alla nascita di Maometto, ma alla sua fuga (Antonio) “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 6 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Forse proprio perché lui (Maometto) non era tanto importante: non era Dio e quindi non si poteva mettere la sua nascita all’inizio del tempo (Antonella B) Maometto ha dimostrato di non essere tanto coraggioso, invece Gesù si è fatto catturare e poi uccidere. Ma se voleva anche lui poteva fuggire e salvarsi (Nicolas) Invece lui è morto per salvare noi (Salvatore) Per gli Ebrei il fatto più importante da ricordare è quando Dio ha creato il mondo (Roberto) Certo, perché Dio non è nato e non è morto: è sempre esistito nell’universo e non ha una data di nascita precisa (Antonio) Ricerca delle spiegazioni Riflettiamo sulla parola “era”. E’ un termine che abbiamo già incontrato, a proposito delle principali “ere geologiche” studiate l’anno scolastico precedente, in terza. Spiego che si tratta di un periodo in cui c’è stato un cambiamento radicale a partire da un avvenimento considerato fondamentale: così, ad esempio, nella preistoria si parla di era glaciale, perché prima c’erano certe condizioni climatico-ambientali che poi sono cambiate, provocando la scomparsa di alcune specie e l’adattamento di altre. Cerco di portare i loro ragionamenti sul perché, secondo loro, tra tanti eventi possibili ciascun popolo abbia scelto proprio quello, e non un altro evento, per iniziare il conteggio degli anni. Secondo me, perché Gesù è il Salvatore. Prima erano peccatori e poi, dopo che lui è nato, quelli che credono nella sua parola si potevano salvare (Martina). Invece prima di lui, prima che nasceva Gesù no, non potevano salvarsi: gli uomini erano peccatori (Vincenzo). Gli Ebrei hanno scelto l’evento della creazione perché prima della creazione loro non c’erano, non esistevano proprio. Quindi quando il mondo è stato creato loro hanno cominciato la loro storia (Andrea). Ma non esistevano neanche gli animali e le piante, c’era solo Dio nell’Universo e non c’era nient’altro (Simona). Non c’era neanche la luce perché Dio la doveva ancora inventare. Prima della creazione Dio stava da solo e al buio (Martina). Per i musulmani è importante la fuga di Maometto, perché se lui non fuggiva i suoi nemici lo uccidevano (Simona). Se lo uccidevano, lui non poteva predicare e insegnare agli uomini la parola della salvezza (Andrea). E non la potevano neanche scrivere nel Corano e oggi non si poteva conoscere più quello che Maometto ha detto (Vincenzo). “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 7 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Presentazione di due ere “laiche” Per dimostrare che gli uomini, storicamente, non hanno sempre posto un fatto religioso alla base della misurazione del tempo, decido di presentare due sistemi di misurazione per così dire alternativi e laici: il sistema di misurazione romano “ab urbe condita” (753 a. C.) e quello greco, a partire dalla istituzione dei giochi olimpici (776 a. C.). I bambini inseriscono queste altre due ere nella rappresentazione grafica murale. Esercizio n. 4: Completa la tabella calcolando gli anni secondo le tre diverse ere. “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 8 Le misure del tempo passato F. Bellafronte Durante lo svolgimento di questo esercizio, la maggior parte dei bambini si mostra meravigliata ed incredula, soprattutto rispetto al computo dell’anno in cui ci trovavamo (2005) secondo le altre due ere. Nelle affermazioni che seguono, infatti, si coglie in modo evidente il bisogno dei bambini di assumere una posizione chiara di cui, pur nella diversità degli esiti, se ne ribadisce la legittimità. Anche se cambiano gli anni nessuno sbaglia: né i cristiani, né gli ebrei e neanche i musulmani (Martina). I numeri sono sempre diversi perché cambia il punto di riferimento (Giulia). Ogni popolo inizia a contare da un fatto storico importante per lui (Luigi e Andrea). Abbiamo scoperto che non esiste solo il nostro modo di misurare il tempo passato, ma ci sono altri modi, di altri popoli, tutti giusti (Simona). Considerazioni conclusive Lo svolgimento di questa unità di apprendimento non è sufficiente a rendere consapevoli i bambini, una volta per tutte, dell’esistenza di narrazioni storiche altre rispetto a quella del libro di testo, narrazioni differenti ma con la stessa legittimità e dignità. Il decentramento cognitivo non è un punto di partenza ma un faticoso approdo, spesso non definitivo, frutto della convergenza d’interventi mirati e reiterati, che trovano nell’insegnamento dell’ambito geo-storico-sociale un terreno particolarmente fertile. Occasioni favorevoli alla costruzione di un approccio interculturale, ad esempio, sono percorsi propedeutici sui diversi punti di vista, ricostruzioni geo-storiche di quadri di civiltà non occidentali e continue riflessioni sugli scambi culturali tra i popoli, oggi come nel passato. “Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?” Bologna 26-27 novembre 2009 9