NIHIL SUB ASTRIS NOVUM N. 10 – 23 MARZO 1997 a cura di Cristina Bernasconi, Elia Cozzi e Massimo Zoggia ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– A Newsletter of Gruppo Astrofili “Giovanni e Angelo Bernasconi” Via S. Giuseppe, 34–36 21047 Saronno (VA) Italy http://www.pangea.va.it/Bernasconi http://www.logicom.it/personal/Bernasconi ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– temperature erano sotto la media, nessuna relazione è stata L’ATMOSFERA DEL SOLE scientificamente provata. L’atmosfera del Sole si divide in due strati: la cromosfera e la corona. La cromosfera Sotto questi strati si trova la fotosfera. La cromosfera (sfera di colore) è un sottile strato di gas spesso solamente poche migliaia di chilometri situato appena sopra la La fotosfera fotosfera. La superficie visibile del Sole è chiamata fotosfera (sfera di Durante le eclissi di Sole, subito dopo che la Luna ha coperto luce). Si tratta di un sottile guscio di gas profondo circa 200 il Sole, la cromosfera appare come un contorno rosso. La chilometri. La maggior parte dell’energia irraggiata dal Sole cromosfera è più calda della fotosfera. Da una temperatura di proviene dalla fotosfera. La sua temperatura è di circa 5500°C. (4200°C) negli strati più interni, raggiunge gli 8200°C verso La densità della fotosfera diminuisce bruscamente verso il suo l’esterno. Ancora più all’esterno si trova una zona in cui il gas non limite esterno, dando l’apparenza di un confine netto. riesce più a raffreddarsi efficacemente; questo è il regno della Sebbene la superficie ci appaia omogenea, è in realtà corona, in cui la temperatura sale bruscamente fino a 1 milione di turbolenta, presentando vigorosi moti convettivi. La sommità degli gradi. elementi convettivi prende il nome di granuli. Un singolo granulo ha una dimensione di circa 1000 chilometri. Un granulo può salire La corona verso la superficie anche ad una velocità di circa 1800 chilometri L’ultimo strato dell’atmosfera solare viene chiamato corona. orari. Appare come un alone bianco attorno al Sole durante le eclissi. La Un’altra caratteristica più familiare della fotosfera è la luminosità della corona è causata dallo scattering della luce sugli macchia solare. elettroni liberati dagli atomi a causa dell’alta temperatura. Si ritiene che l’alta temperatura della corona sia dovuta Le macchie solari all’interazione del gas con gli intensi campi magnetici della Le macchie scure sulla superficie del Sole sono state osservate fotosfera. per migliaia di anni. Alcune macchie raggiungono le dimensioni La corona si estende per milioni di chilometri nello spazio della Terra (!), e le macchie individuali possono persistere per interplanetario. diverse settimane. In luce visibile, le macchie appaiono scure in confronto alla Protuberanze e flares luminosissima fotosfera. Il loro colore è dovuto ad una temperatura Osservata sul bordo solare, una protuberanza è una massa di inferiore (3500°C) rispetto a quella del resto della fotosfera. A gas ionizzato che si estende dalla superficie nella corona, parità di area, le macchie irradiano solo il 20 per cento formando spesso un arco o una serie di archi. Un gas ionizzato dell’energia irradiata dalla fotosfera. conduce le cariche elettriche in quanto gli atomi che lo Il Sole possiede un fortissimo campo magnetico la cui origine costituiscono sono stati privati degli elettroni, quindi questi atomi viene attribuita ai moti convettivi e alle differenze di rotazione tra seguono le linee di forza del campo magnetico che collegano le i vari strati di gas. Questi strati di rotazione differenziale (25 macchie. giorni all’equatore e 36 ai poli) appaiono profondi almeno 200000 Saltuariamente un’estremità delle protuberanze si stacca dalla chilometri. Negli strati sottostanti il periodo di rotazione superficie del Sole catapultando il gas nello spazio. In questo caso sembrerebbe costante (27 giorni). la protuberanza prende il nome di “protuberanza eruttiva”. Le macchie solari presentano intensissimi campi magnetici, Un flare solare è probabilmente la manifestazione più infatti, il campo magnetico solare è così forte in prossimità delle spettacolare associata all’attività del Sole. Un flare rilascia nello macchie da ridurre notevolmente i moti convettivi con conseguente spazio una quantità enorme di energia, alcune volte accompagnata riduzione del calore portato in superficie che, quindi, provoca un da emissioni di gas. abbassamento della temperatura nella zona della macchia. I flares possono rilasciare in pochi secondi un’energia La posizione e il numero della macchie varia durante gli 11 superiore a quella di un’esplosione termonucleare di più di un anni del ciclo solare. All’inizio di un nuovo ciclo ci sono poche miliardo di megatoni con l’espulsione di più di 9 miliardi di macchie e la loro distribuzione è localizzata principalmente nelle tonnellate di materia. zone di latitudine media. Col procedere del ciclo il numero delle I flares solari sono il risultato di violente esplosioni che si macchie aumenta e la loro posizione raggiunge latitudini inferiori. verificano nell’atmosfera solare. Le particelle energetiche che Mentre il ciclo solare si è mantenuto relativamente costante fin raggiungono la Terra durante i flares interagiscono con il campo dal 1710, nel periodo compreso tra il 1640 e il 1710 non vennero magnetico terrestre causando diversi fenomeni: dalle aurore praticamente registrate macchie. Questo periodo, chiamato boreali alle tempeste magnetiche con conseguente interruzione “Minimo di Maunder”, non è mai stato spiegato. Sebbene coincida delle comunicazioni. con una piccola era glaciale nel nord Europa, un periodo in cui le 1 Il vento solare Il vento solare è un flusso costante di gas altamente ionizzato emesso dal Sole verso il Sistema Solare. Quando il campo magnetico forma degli archi che si estendono nella parte alta della corona, le linee di forza si indeboliscono proporzionalmente alla loro distanza dal Sole formando dei buchi nella corona. In queste zone, la pressione del gas è talmente forte da consentirgli la fuga dando così origine al vento solare. Dopo circa cinque giorni dall’emissione, il vento raggiunge la Terra dove viene rilevato mediante i satelliti orbitali. Il vento solare può raggiungere velocità superiori ai 700 chilometri al secondo e avere una densità che varia da 10 a 100 particelle per centimetro cubo. MERCURIO Il nome di questo pianeta deriva da quello del dio della mitologia romana, noto come rapido messaggero, a causa della sua elevata velocità di rivoluzione intorno al Sole. Mercurio è il quarto pianeta più luminoso visibile ad occhio nudo (dopo Venere, Marte e Giove) ed è il secondo pianeta più vicino alla Terra. Tuttavia, come conseguenza della sua estrema vicinanza al Sole, le osservazioni di Mercurio sono molto difficoltose da Terra. I periodi migliori per l’osservazione di questo pianeta si verificano solamente due volte all’anno quando appare sopra l’orizzonte alla massima elongazione dal Sole. In questi periodi Mercurio può essere visto appena prima dell’alba o appena dopo il tramonto, ma anche in questi casi, trovandosi molto basso sull’orizzonte, la sua visione è influenzata dagli spessi strati dell’atmosfera terrestre. Per questa ragione, Mercurio restò un pianeta difficile da studiare fino allo sviluppo delle osservazioni radar e delle missioni spaziali che consentirono un’ispezione ravvicinata. • Tettonica: movimenti della crosta del pianeta. I risultati di questi processi risultano particolarmente evidenti su Mercurio. Per i primi 600 milioni di anni della loro esistenza, i quattro pianeti più interni vennero continuamente bombardati da meteoriti che causarono crateri di varie dimensioni. Durante questo periodo di intenso e pesante bombardamento, la parte interna di Mercurio si è fusa con conseguente espansione del pianeta. La fusione ha portato ad un vulcanesimo “fluido” a causa del quale enormi quantità di lava sono salite in superficie coprendo grandi aree e formando pianure tra i crateri. Questo vulcanesimo fluido è comune a tutti e quattro i pianeti interni, ma differisce dal vulcanesimo che genera vulcani a versante ripido come il Mount Rainer nello stato di Washington o i larghi e rotondi vulcani a scudo come il Mauna Loa sulle isole Hawaii. Verso la fine del periodo di intenso bombardamento, circa 4 miliardi di anni fa, un asteroide di circa 100 chilometri di diametro colpì Mercurio. Quando un corpo di queste dimensioni colpisce un pianeta si crea un bacino da impatto, in questo caso il Bacino Caloris, uno dei più larghi di tutto il Sistema Solare. Con un diametro di 1300 chilometri, il Bacino Caloris può contenere completamente il Texas. Ovviamente, come accade per i grossi crateri di impatto, la lava ha riempito questo bacino. Dimensione, Gravità e Densità Con un dimensione pari a circa un terzo di quella terrestre e leggermente maggiore della Luna, Mercurio è il secondo pianeta più piccolo dopo Plutone. Il suo diametro è di 4878 chilometri. Mercurio ha una gravità paragonabile a quella marziana e di poco superiore a un terzo di quella terrestre. Tuttavia la sua densità media di 5.4 è seconda solo a quella terrestre (5.5). Si pensa che un enorme impatto abbia rimosso gli strati esterni del pianeta lasciando una percentuale di nucleo più elevata rispetto agli altri pianeti. La composizione di Mercurio è per circa il 70 percento di ferro e per il 30 per cento di roccia. Storia Mercurio si è formato contemporaneamente agli altri pianeti, circa 4.5 miliardi di anni fa. A causa della sua vicinanza al Sole, è stato sottoposto a temperature elevate, probabilmente al punto tale da fondere completamente il pianeta. Gli elementi ad elevata densità, in particolar modo il ferro, si sono così separati completamente dagli altri spostandosi verso il centro del pianeta. Per questo motivo il nucleo di Mercurio risulta molto ricco di ferro, mentre questo elemento è quasi completamente assente nel mantello e nella crosta, costituiti principalmente da silicati (composti di silicio e ossigeno). Il nucleo di Mercurio occupa circa il 75 percento del diametro totale, una frazione più grande di quella di qualsiasi altro pianeta terrestre. Crateri, vulcanesimo e tettonica I processi che hanno modellato e generato le caratteristiche superficiali del pianeta sono principalmente tre. • Crateri da impatto prodotti dalla collisione con altri corpi che anno causato cavità sferiche. • Vulcanesimo generato dall’afflusso verso la superficie di materiale fuso proveniente dall’interno. 2 Immagine del Bacino Caloris ripresa dalla sonda Mariner 10 (negativo). Il fondo di questa struttura fu sottoposta a tensioni e compressioni causate dal materiale vulcanico, che hanno causato fratture e dorsali. Inoltre, il notevole impatto ha causato intense onde sismiche che si sono propagate per tutto il pianeta, spezzando la superficie nella zona del lato opposto del grande bacino, in blocchi e depressioni che costituiscono il terreno “collinare” di Mercurio. Durante il raffreddamento di Mercurio, la sua contrazione era accompagnata da un bombardamento di piccoli oggetti che hanno conferito alla superficie del pianeta un’apparenza simile a quella lunare. Infatti, la distribuzione e la dimensione dei crateri di Mercurio, della Luna e di Marte risultano molto simili, suggerendo che la stessa famiglia di oggetti è stata responsabile del pesante bombardamento a cui sono stati sottoposti i pianeti terrestri durante questo periodo. Con il raffreddamento e la contrazione di Mercurio, la sua crosta ha subito una compressione globale e un’attività tettonica. Proprio l’attività tettonica ha prodotto numerose “scarpate”, la più grande delle quali è la Discovery Rupes, lunga circa 500 chilometri e alta almeno 3 km. L’“accorciamento” della crosta indica che la circonferenza di Mercurio è diminuita di almeno 2 chilometri. Molti dei grandi crateri di Mercurio non sono stati coperti dalla lava, facendo così supporre che all’epoca della fine degli intensi bombardamenti (circa 3.8 miliardi di anni fa) la maggior parte dell’attività vulcanica su Mercurio era terminata. L’atmosfera di Mercurio La sottile atmosfera di Mercurio è costituita principalmente da elio e da sodio, la maggior parte dei quali deriva dal vento solare. La pressione atmosferica è solo un milionesimo di miliardesimo (!) di quella presente sulla Terra. L’esplorazione di Mercurio La prima immagine ravvicinata del pianeta venne fornita dalla sonda Mariner 10, che era equipaggiata con due camere televisive che fornivano immagini digitali. Il Mariner 10 sorvolò Mercurio il 29 marzo 1974, quindi entrò in orbita solare per poi passare nuovamente sopra il pianeta il 21 settembre 1974 e il 16 marzo 1975. Durante questi tre passaggi fotografò circa il 45 percento della superficie, rivelando una struttura superficiale simile a quella della Luna. L’orbita e la rotazione L’anno di Mercurio è il più corto di tutti gli altri pianeti. Mentre la Terra impiega 365 giorni per compiere un orbita intorno al Sole, Mercurio impiega solamente 88 giorni terrestri. L’orbita di Mercurio è la più ellittica dei pianeti dopo quella di Plutone. Nel suo punto più vicino al Sole, il perielio, la distanza Mercurio–Sole è di 47 milioni di chilometri. Nel punto più lontano, afelio, tale distanza è pari a 71 milioni di km. Quando Mercurio si trova al perielio, riceve più del doppio del calore che riceve all’afelio. Prima del 1962 si pensava che Mercurio compisse una sola rotazione durante la sua orbita, esattamente come la Luna intorno alla Terra. Se questa ipotesi fosse stata vera, il pianeta avrebbe esposto al Sole sempre la stessa faccia. Tuttavia, osservazioni radar successive mostrarono un periodo di rotazione di circa 59 giorni terrestri. Mercurio ruota, quindi, esattamente tre volte durante una rivoluzione così che in due dei “suoi” anni completa solamente tre dei “suoi” giorni. dopo l’alba, la temperatura è di 407°C; entro il primo pomeriggio la temperatura è di ben 427°C, abbastanza elevata da fondere zinco e stagno. Sulla Terra le stagioni cambiano in modo regolare seguendo l’oscillazione dell’asse di rotazione. Ogni emisfero riceve una maggior quantità di luce solare durante una particolare parte di orbita. Diversamente, essendo l’asse di rotazione di Mercurio quasi perpendicolare al piano orbitale, su questo pianeta non vi sono stagioni. Campo magnetico Si ritiene che il campo magnetico dei pianeti terrestri sia generato dai moti convettivi presenti nel nucleo di metallo fuso. Dato che i piccoli pianeti perdono calore più velocemente di quelli grandi, si riteneva che Mercurio fosse incapace di generare un campo magnetico, ma, con sorpresa degli scienziati, le sonde trovarono un distinto campo magnetico di intensità pari all’1 percento di quello terrestre. Come nel caso terrestre, i poli magnetici di Mercurio coincidono con i poli rotazionali. L’ipotesi che l’origine di questo campo magnetico sia dovuto ad un “campo fossile” presente nella struttura ferrosa del pianeta al momento della completa solidificazione sarebbe valida solo se la temperatura del mantello fosse inferiore ai 500°C. A temperature più elevate le rocce perdono il loro magnetismo. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di un campo magnetico indotto dal vento solare. Con questo numero di Nihil Sub Astris Novum è nostra intenzione iniziare una rubrica chiamata The Galileo Messenger con lo scopo di comunicare ai nostri Soci le ultime scoperte della sonda Galileo. Sarebbe certamente impossibile inserire nella nostra newsletter tutte le immagini riprese dalla sonda, ci limiteremo a quelle che, a nostro giudizio, sono più significative e che permettono di comprendere facilmente l’importanza e l’efficienza della missione Galileo. Strani fenomeni panoramici La rotazione di Mercurio e la sua orbita altamente ellittica producono alcuni panorami che sarebbero molto peculiari e caratteristici per un visitatore venuto da Terra. Da alcuni luoghi del pianeta, durante un solo giorno il sole appare muoversi da est verso ovest per poi tornare verso est e successivamente riprendere a spostarsi verso ovest. In altri posti il Sole sorge brevemente, tramonta e sorge nuovamente per procedere attraverso il cielo. Al tramonto il sole tramonta brevemente, sorge per poi tramontare nuovamente. Temperature e stagioni Passando dal giorno alla notte, la superficie di Mercurio è sottoposta ad uno sbalzo termico di circa 630°C; più di ogni altro pianeta o satellite del Sistema Solare. Appena prima dell’alba di un tipico giorno, la temperatura superficiale di Mercurio è di –184°C. Entro metà mattina tale temperatura ha raggiunto i 27°C; a mezzogiorno, 22 giorni terrestri In questa immagine ripresa dalla sonda Galileo il 4 novembre 1996 è possibile vedere una catena di crateri da impatto sul satellite gioviano Callisto. Questo tipo di crateri è molto probabilmente dovuto all’impatto dei frammenti di un oggetto 3 simile alla cometa Shoemaker–Levy 9 che impattò con l’atmosfera di Giove nel luglio del 1994. La regione compresa nell’immagine si trova nell’emisfero nord di Callisto ad una latitudine di 35 gradi e una longitudine di 46 gradi ovest. Il cratere visibile più piccolo ha un diametro di 130 metri. –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Questa immagine della regione del satellite Ganimede denominata Nippur Sulcus evidenzia come la comprensione del confine tra le regioni chiare e quelle scure della superficie sia stata notevolmente migliorata dai risultati della sonda Galileo rispetto a quelli della missione Voyager nel 1979. Il confine tra questi due tipi di terreno venne osservato con una risoluzione di 1.7 chilometri per pixel nel 1979 dal Voyager 2 (immagine a sinistra). Il 6 settembre 1996, la sonda Galileo, da una distanza di 9728 chilometri dalla superficie ha ripreso l’immagine di destra con una risoluzione di 99 metri per pixel. Queste immagini misurano 27 per 47 chilometri; il nord è in alto e la luce solare proviene da sud–est. La regione luminosa a nord–ovest (Philus Sulcus) è costituita da una serie di fratture parallele, mentre la regione scura a sud–est (Northern Marius Regio) è caratterizzata da un terreno vecchio dominato da crateri a deformato da diversi episodi di smottamento. –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ripresa dal Voyager 2 nel 1979 ha una risoluzione di 1.1 chilometri per pixel, mentre l’immagine a destra è stata ottenuta dalla sonda Galileo il 27 giugno 1996 da una distanza di 7570 chilometri, consentendo una risoluzione di 77 metri per pixel. –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– HALE–BOPP Esprimere un giudizio personale sullo spettacolo che la Cometa Hale–Bopp ci sta regalando sarebbe un vero e proprio eufemismo, mi quindi limito a commentare un’affermazione di un noto astronomo riguardante le previsioni di visibilità delle comete: “Le comete hanno la coda come i gatti e quindi si comportano esattamente come loro: fanno quello che vogliono!”. Mi permetto di aggiungere: Ma i gatti hanno anche i baffi, e allora..... HALE–BOPP PROPRIO UNA COMETA COI BAFFI! e..... se va bene a me..... BUONA COMETA A TUTTI! Questa immagine della regione denominata Galileo Regio sulla luna gioviana Ganimede mostra in maniera evidente come le nostre conoscenze su questo tipo di terreno siano notevolmente migliorate rispetto alla missione Voyager. L’immagine a sinistra, 4 For further information about this paper please contact: Elia Cozzi Via Borghi 14 22076 Mozzate (CO) Italy Phone and Fax: +39–331–830704 Fidonet: 2:331/101 E–mail: [email protected] E–mail: [email protected]