Evoluzióne s. f. [dal lat. evolutio -onis, der. di evolvĕre, propr. «svolgere (il rotolo di papiro per leggere)»]. – Nel sign. proprio, svolgimento, sviluppo, spiegamento, trasformazione graduale. Darwin e l’evoluzione biologica. Il principio evolutivo, la tesi che la natura e i viventi non sono immutabili nel tempo, era già presente nelle antiche filosofie, compresa quella greca. In epoca scientifica moderna, prima che Charles Darwin formulasse la prima versione della moderna teoria evolutiva, le posizioni degli studiosi erano divise in due grandi correnti di pensiero che vedevano, da un lato, una natura sostanzialmente immutabile, dall'altro appunto una natura dinamica ed in continuo cambiamento. Gli studi del geologo scozzese Charles Lyell (1797-1875) fornirono le basi per il pensiero evoluzionistico moderno; infatti, Lyell nel suo Principles of Geology affermò che i lenti e costanti eventi osservabili nella storia della Terra sono causati da forze naturali che operano in tempi molto lunghi. Inoltre nel 1700 lo studio dei fossili dimostrava l’esistenza di antichi organismi talvolta molto diversi da quelli attuali, suggerendo che le specie viventi cambiavano nel tempo. Le specie in effetti hanno una storia evolutiva connessa ai cambiamenti dell’ambiente naturale. Charles Darwin (1809-1882) nacque a Shrewsbury (Inghilterra). Grande appassionato di geologia e botanica, abbandonò all’età di 20 anni gli studi di medicina per avviarsi alla carriera ecclesiastica. Più tardi fu invitato a partecipare ad una spedizione, diretta alle isole Galapagos, a bordo del brigantino Beagle. Nel corso del viaggio, che durò cinque anni (1831-1836), si dedicò totalmente alle sue ricerche e ai suoi studi, accumulando elementi che lo portarono, dopo il suo ritorno in Inghilterra, alla formulazione della teoria evolutiva. Darwin fu ben consapevole delle implicazioni culturali e filosofiche che la sua teoria poteva avere. Per questi motivi, lavorò in modo discreto per più di 20 anni ed ottenne prove a supporto della sua teoria. Col tempo crebbe in lui il desiderio di discutere le sue idee con i colleghi ed infine, preso coscienza che altri naturalisti erano sul punto di giungere alle sue stesse conclusioni, pubblica nel 1859 il libro “Sull'origine delle specie per mezzo della selezione naturale o la preservazione delle razze favorite nella lotta per la vita”. 1 La teoria dell'evoluzione come elaborata da Darwin ha una struttura complessa, si basa su alcune affermazioni connesse alle seguenti osservazioni-chiave: 1) Il simile genera il simile. Gli organismi sono organizzati in specie, come già precedentemente osservato dal botanico Linneo (1707-1778). Organismi della stessa specie hanno caratteri molto simili, ma non sono uguali, esiste una variabilità individuale di origine casuale. Organismi di diverse specie non possono riprodursi tra di loro (o nei rarissimi casi, ad esempio il Mulo, la prole non è fertile). 2) In una specie il numero degli individui che riescono a sopravvivere fino all’età riproduttiva è molto piccolo rispetto a quelli generati. Malgrado la grande fertilità e l’alto numero delle nascite Il numero di individui di una specie rimane grosso modo delle stesse dimensioni. Dall’osservazione della natura risulta infatti che non tutti gli organismi nati riusciranno a riprodursi. In effetti moltissimi muoiono prima di diventar adulti. Se consideriamo che in media una coppia di elefanti genera 6 figli in 90 anni di vita, in assenza di mortalità e di limiti alla riproduzione dopo 750 anni da una coppia di elefanti sarebbero generati 19 milioni di discendenti. 3) La mortalità degli organismi è connessa alla lotta per le risorse, alla lotta per la riproduzione. L’economista Thomas Malthus (1766-1834) descrisse nei suoi saggi di come le malattie, le guerre, i limiti alle risorse di cibo, di acqua, di territorio, mantenevano le popolazioni umane costanti in numero. Darwin estese queste osservazioni a tutte le specie viventi. 4) Alcuni individui avranno migliori, altri peggiori, possibilità di sopravvivere e riprodursi a seconda dei loro caratteri. Agisce in natura una forma di selezione legata all’ambiente di vita. Con la riproduzione sessuale non vengono prodotti individui identici, alcuni, si osserva, saranno più adatti dato l’ambiente di vita. (In natura osserviamo che anche l’ambiente può mutare nel corso del tempo). 5) Gran parte di questa variazione è ereditabile. I caratteri migliori danno maggiori probabilità di riprodursi e quindi saranno con maggior probabilità trasmessi alla discendenza. Le principali affermazioni della teoria sono: 1) Le specie non sono immutabili, cambiano nel tempo. Ogni specie ha una storia evolutiva che ha origine da specie preesistenti (processi di SPECIAZIONE) e termina con la sua scomparsa (ESTINZIONE). Non si conosce il numero delle specie attualmente presenti sulla Terra (se ne conoscono circa 2 milioni), ma si stima che sia circa l’1% rispetto a quelle estinte. 2) Non sono gli individui ad evolversi, ma le popolazioni Il soggetto dell’evoluzione non è il singolo individuo ma la POPOLAZIONE, ovvero un insieme di individui di una specie che si incrociano tra di loro. Generazione dopo generazione, dopo lunghi periodi di tempo (centinaia di migliaia, milioni di anni) la selezione naturale fa accumulare dei cambiamenti tali che la popolazione evolve, in modo da essere maggiormente adatta all’ambiente. Ma come definire infine la selezione naturale? E’ un processo nel cui si osserva appunto che alcuni individui, i più adatti, hanno caratteristiche che permettono una maggior probabilità di riprodursi (fitness). La selezione 2 naturale non è la “sopravvivenza del più forte”, sebbene talvolta la forza in alcuni animali possa essere una delle caratteristiche più importanti. La selezione naturale è un processo che si osserva su grandi numeri e lunghi periodi di tempi, indipendentemente dal loro grado di adattamento organismi possono non riprodursi per molteplici ragioni, inclusa la casualità. Infine la selezione non ha fini propri, l’adattamento ne è una conseguenza. Darwin propose come prove alle sue teorie: L’anatomia comparata: E’ possibile studiando l’anatomia degli organismi compararla a seconda del grado di parentela tra le specie. Le diverse specie non sono tutte completamente diverse tra di loro: tutti i vertebrati hanno 4 zampe, comprese le balene le cui ossa dei quattro arti sono divenute vestigiali, o i pipistrelli i cui arti anteriori si sono evoluti in ali con struttura diversa da quella degli uccelli, le piante a frutto hanno fiori che si somigliano molto e così via… I reperti fossili mostrano che nel passato gli organismi erano diversi da quelli moderni. I fossili sono testimonianze dei viventi del passato, ad esempio resti di gusci o ossa, o impronte. Molti organismi del passato oggi non esistono più, come i Dinosauri, o le Ammoniti o i Trilobiti che dominavano la terra e i mari milioni di anni fa. Molti fossili inoltre mostrano l’evoluzione di organismi moderni da forme più primitive, come i fossili delle balene dentate e con gli arti, o gli uccelli con le squame, o i piccoli ominidi antenati dell’uomo (l’Australopithecus afarensis Lucy). Lo sviluppo ontogenetico: le primissime fasi dello sviluppo di molti organismi conservano un ricordo evolutivo: ad esempio i girini delle rane somigliano a piccoli pesci. Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale del vertebrati, sia nei rettili che negli uccelli che nei mammiferi, uomo compreso, si sviluppano le branchie, che poi successivamente scompaiono, e la coda. La biogeografia: esiste una relazione forte tra storia evolutiva e geografia. Per esempio in Australia, continente che è stato isolato per milioni di anni dagli altri, si sono trovati mammiferi molto diversi che nel resto del mondo. La selezione artificiale: gli uomini sin dalla nascita della civiltà hanno selezionato per loro interesse gli animali da allevamento e le piante agricole con le caratteristiche migliori, e l’evoluzione di questi organismi è documentata. Inoltre l’opera dell’uomo sull’ambiente ha effetti sull’evoluzione di molte specie selvatiche. Inoltre, per mano dell’uomo, moltissime specie si sono estinte. Darwin non riusciva però a spiegare, in particolare, tre problemi: 3 1. Come vengono trasmesse le caratteristiche ereditarie? 2. Perché queste caratteristiche ereditarie non si mescolano ma possono scomparire per riapparire alla successiva generazione? 3. In che modo appaiono le variazioni dovute alla selezione naturale? Sarà la moderna genetica e la biochimica a rispondere a queste domande, non solo confermando le tesi darwiniane ma integrandole ed espandendole nella moderna teoria genetica della selezione naturale, la “Teoria Sintetica dell’Evoluzione”. Charles Darwin – introduzione a “Sull'origine delle specie per mezzo della selezione naturale o la preservazione delle razze favorite nella lotta per la vita” (1859) Io mi trovavo a bordo del vascello di S. M. Britannica The Beagle nella qualità di naturalista, allorchè fui vivamente colpito da certi fatti nella distribuzione degli esseri organizzati che popolano l'America meridionale e dai rapporti geologici esistenti fra gli abitanti passati ed attuali di questo continente. Come potrà vedersi negli ultimi capitoli di quest'opera, tali fatti sembrano diradare qualche poco le tenebre sull'origine delle specie, questo mistero dei misteri, al dire di uno de' nostri più grandi filosofi. Al mio ritorno, nel 1837, mi venne l'idea che forse sarebbesi potuto promuovere tale questione, raccogliendo le osservazioni d'ogni sorta che avessero riferimento alla sua soluzione e meditando sulle medesime. Solo dopo cinque anni di lavoro io mi permisi alcune induzioni e mi feci a redigere brevi annotazioni. Infine nel 1844 tentai quelle conclusioni che mi parvero più probabili. D'allora in poi mi occupai costantemente del medesimo oggetto. Il lettore mi perdonerà questi dettagli personali, che ho addotti soltanto per provare che io non fui troppo precipitoso nella mia determinazione. L'estratto che oggi metto in luce è dunque necessariamente imperfetto. Io sono costretto ad esporvi le mie idee senza appoggiarle con molti fatti o con citazioni d'autori: e mi trovo nel caso di contare sulla confidenza che i miei lettori potranno avere sull'accuratezza de' miei giudizi. Senza dubbio questo libro non sarà esente di errori, benchè io creda di non essermi riferito che alle autorità più solide. Io non posso produrre se non le conclusioni generali alle quali sono arrivato, con alcuni esempi che tuttavia basteranno, credo, nella pluralità dei casi. Niuno è penetrato, più di me della necessità di pubblicare più tardi tutti i fatti che servono di base alle mie conclusioni, e spero di farlo in un'opera futura. Imperocchè io so bene che non vi è un passo in questo volume, al quale non si possano opporre argomenti, che in apparenza conducano a conclusioni diametralmente opposte. Un risultato soddisfacente raggiungesi soltanto raccogliendo tutti i fatti e le ragioni favorevoli e contrarie ad ogni questione, e pesando gli uni contro gli altri; ciocchè nell'opera presente non posso fare. [… ] Il mio lavoro è ora (1859) quasi finito; ma siccome occorrerebbero parecchi anni per completarlo, e la mia salute non è troppo ferma, così fui indotto a pubblicare il presente estratto. Io fui spinto a quest'opera soprattutto dalla considerazione che il sig. Wallace, nello studio della storia naturale dell'Arcipelago Malese, giunse quasi esattamente a conclusioni identiche alle mie sull'origine delle specie. Nel 1858 egli m'inviò una memoria sopra questo argomento, pregandomi di comunicarla a Carlo Lyell, il quale la presentò alla Società Linneana[… ]. Quando si riflette al problema dell'origine delle specie, considerando i mutui rapporti d'affinità degli esseri organizzati, le loro relazioni embrionali, la loro distribuzione geografica, la successione geologica ed altri fatti analoghi, si può conchiudere che ogni specie non è stata creata indipendentemente dalle altre, ma bensì discende, come le varietà, da altre specie. Pure una simile conclusione, anche fondata, non sarebbe soddisfacente fin tanto che non ci fosse dato dimostrare come le specie innumerevoli, che abitano il globo, si siano modificate al punto di 4 acquistare quella perfezione di struttura, quell'adattamento che eccita a buon diritto la nostra ammirazione. I naturalisti si riportano continuamente alle condizioni esterne; come il clima, il nutrimento, ecc., e da esse traggono la sola causa possibile di variazione. Come vedremo, i medesimi non hanno ragione che in un senso molto ristretto. Per esempio, è un errore l'attribuire alle sole condizioni esterne la struttura del picchio, la formazione dei suoi piedi, della coda, del becco e della sua lingua, organi conformati tanto meravigliosamente per cogliere gli insetti sotto la scorza degli alberi. Così dicasi del vischio che trae il suo alimento da certi alberi, il seme dei quali deve essere sparso da determinati uccelli, mentre i loro fiori dioici esigono l'intervento di certi insetti per recare il polline dall'uno all'altro. Evidentemente non potrebbe attribuirsi la natura di questa pianta parassita e i suoi rapporti tanto complicati con parecchi esseri organizzati distinti, all'influenza delle condizioni esterne, delle abitudini o della volontà della pianta stessa. Quindi è di una importanza capitale il cercare di formarsi un concetto chiaro dei mezzi di modificazione e di adattamento impiegati dalla natura. Fino dai primordi delle mie ricerche fui d'avviso che un accurato studio degli animali domestici e delle piante coltivate mi avrebbe offerto probabilmente i dati migliori per risolvere questo oscuro problema. Nè mi sono ingannato, mentre non solo in questa circostanza, ma ben anche in tutti gli altri casi perplessi, ho sempre trovato che le nostre esperienze relative alle variazioni degli esseri organizzati avvenute allo stato di domesticità o di coltura, sono tuttavia la nostra guida migliore e la più sicura. Io non esito ad esprimere la mia convinzione sull'alta importanza di questi studi, benchè troppo spesso sieno stati trascurati dai naturalisti. Per questo motivo io consacro il primo capitolo di questo compendio all'esame delle variazioni allo stato domestico. Vedremo ciò, che sono per lo meno possibili sopra una vasta scala variazioni ereditarie, e quel che più importa, vedremo quanto grande sia la facoltà dell'uomo di accumulare leggere variazioni, per mezzo dell'elezione artificiale, cioè mediante la loro scelta esclusiva. Passerò poscia alla variabilità delle specie nello stato di natura; ma io dovrò a malincuore trattare con troppa concisione questo soggetto, che non può svolgersi convenientemente se non colla scorta di lunghi cataloghi di fatti. Potremo nondimeno discutere quali sieno le circostanze più favorevoli alle variazioni. Il capitolo successivo tratterà della lotta per l'esistenza fra tutti gli esseri organizzati del globo, lotta che necessariamente deriva dal loro moltiplicarsi in proporzione geometrica. È questa la legge di Malthus applicata a tutto il regno animale e vegetale. Siccome gli individui d'ogni specie che nascono sono di numero assai maggiore di quelli che possono vivere, e perciò deve rinnovarsi la lotta fra i medesimi per l'esistenza, ne segue che se qualche essere varia anche leggermente, in un modo a lui profittevole, sotto circostanze di vita complesse e spesso variabili, egli avrà maggior probabilità di durata e quindi potrà essere eletto naturalmente. Inoltre, secondo le severe leggi dell'eredità, tale varietà eletta tenderà continuamente a propagare la sua forma nuova e modificata. Di questo principio fondamentale di elezione naturale tratterò diffusamente nel quarto capitolo: e noi conosceremo in qual modo questa elezione naturale produca quasi inevitabilmente frequenti estinzioni di specie meno adatte, e conduca a ciò che io chiamo divergenza dei caratteri. Nel seguente capitolo io discuterò le leggi complesse e poco note della variazione. Altri cinque capitoli risolveranno le difficoltà più gravi e più apparenti della teoria. In primo luogo la difficoltà delle transizioni, cioè come possa darsi che un essere o un organo semplice siasi trasformato in un essere più complicato oppure in un organo più perfetto; secondariamente l'istinto o le facoltà mentali degli animali; in terzo luogo l'ibridismo o la sterilità delle specie incrociate e la fecondità delle varietà incrociate; da ultimo l'insufficienza dei documenti geologici. Nel capitolo successivo io considererò la successione geologica degli esseri organizzati nel corso del tempo; nel dodicesimo e tredicesimo la loro distribuzione geografica nello spazio; nel decimoquarto la loro classificazione e le loro mutue affinità nello stato adulto quanto nello stato embrionale. L'ultimo capitolo comprenderà un breve riassunto di tutta l'opera con alcune osservazioni finali. Se teniamo conto della nostra profonda ignoranza sulle reciproche relazioni di tutti gli esseri che vivono intorno a noi, non possiamo fare le meraviglie se ci restano ancora inesplicate molte cose sulla genesi delle specie e delle varietà. Come può spiegarsi che mentre una specie è numerosa e sparsa sopra una grande estensione, un'altra specie assai affine trovasi rara e in uno spazio ristretto? Ora questi rapporti sono della più alta importanza, giacchè determinano il benessere presente e credo anche la prosperità futura e le 5 modificazioni di ogni abitante di questo mondo. Noi conosciamo poi ancor meno le relazioni reciproche degli innumerevoli abitanti terrestri in molte fasi geologiche del loro passato sviluppo. Quantunque molte cose restino oscure o rimarranno tali ancora per lungo tempo, io non posso dubitare, dopo lo studio più esatto e il giudizio più coscienzioso di cui sono suscettibile, che l'opinione adottata dalla maggior parte dei naturalisti e per lungo tempo anche da me, cioè che ogni specie sia stata creata indipendentemente dalle altre, sia erronea. Io sono pienamente convinto che le specie non sono immutabili; ma che tutte quelle che appartengono a ciò che chiamasi lo stesso genere, sono la posterità diretta di qualche altra specie generalmente estinta: nella stessa maniera che le varietà riconosciute di una specie qualunque discendono in linea retta da questa specie. Finalmente io sono convinto che l'elezione naturale sia, se non l'unico, almeno il principale mezzo di modificazione. Teoria Sintetica dell’Evoluzione. La Teoria Sintetica dell’Evoluzione integra la teoria darwiniana con le moderne scoperte della genetica. Le fonti della variabilità dei viventi sono le mutazioni genetiche (sia geniche che cromosomiche) e la riproduzione sessuale (crossing over, assortimento indipendente, fecondazione). Il soggetto dell’evoluzione non è il singolo individuo perché non può cambiare i suoi geni, ma la POPOLAZIONE, un insieme di individui di una specie che si incrociano tra di loro. Ogni popolazione condivide un POOL GENICO, ovvero l’insieme di tutti gli alleli di tutti i geni di tutti gli individui della popolazione. Questo POOL GENICO, ed in particolare la frequenza dei differenti alleli, cambia di generazione in generazione. Questo cambiamento del POOL GENICO della popolazione in lunghi tempi determina la sua evoluzione. Ma cosa determina il cambiamento del POOL GENICO? Non solo le mutazioni e la selezione naturale, ma anche altri fattori come processi statistici (drift), e di flusso (migrazioni). Secondo le moderne conoscenze, la SELEZIONE NATURALE, il differente successo riproduttivo (FITNESS) tra i diversi individui di una popolazione, deriva dalle complesse interazioni tra il fenotipo dell’organismo e l’ambiente (clima, predazione, competizione, mutualismo, etc.). La selezione porta a cambiamenti di tipo ADATTATIVO nella popolazione in risposta all’ambiente (NICCHIA ECOLOGICA). Secondo le moderne osservazioni i processi di speciazione conosciuti si classificano in: - Filogenesi: accumulo di cambiamenti nel tempo trasforma una specie in un'altra. - Cladogenesi: da una specie nascono più specie per l’istaurarsi di barriere riproduttive che ad esempio separano una popolazione in popolazioni diverse che, nel tempo, seguono diversa evoluzione (speciazioni Allopatriche e Simpatriche). - Radiazione adattativa: La storia dei viventi è connessa alla storia geologica della Terra. In particolari periodi nel passato (ad esempio in seguito alle grandi estinzioni) molte nuove specie si sono formate da organismi che avevano acquisito un importante adattamento fondamentale. 6