Nella stessa collana:
P. D'Angelo, E. Franzini, G. Scaramuzza
Estetica
Pagine scelte di
Maria Bettetini, Luca Bianchi,
Costantino Marmo, Pasquale Porro
Filosofia medievale
Aristotele, Batteux, Baudelaire, Baumgarten, Benjamin, Burke,
Croce, Rege!, Reidegger, Kant, Leonardo da Vinci, Merleau-Ponty,
Platone, Plotino, Pseudo-Longino, SchlegeI, Schopenhauer, Vico
con la collaborazione di
Francesco Paparella
G. Boniolo, M.L. Dalla ChÙ}ra,
G. Giorello, C Sinigaglia, S Tagliagambe
Filosofia della scienza
Pagine scelte di
Bohr, Carnap, Cassirer, Darwin, Duhern, Einstein, Enriques,
Feyerabend, Geymonat, Rahn, Heisenberg, Rempe!,
Herschel, Hertz, Kuhn, Lakatos, Mach, Mendeleev, Mill, Neurath,
Peirce, Poincaré, Popper, Quine, Russell, Schlick, Whewell
A.G. Conte, P. Di Lucia, L. Ferraioh M. Iori
Filosofia del diritto
Pagine scelte di
Capograssi, Croce, Del Vecchio, Garda Maynez, Garetti, Hart,
Hohfeld, Kalinowski, Kelsen, Nozick, Olivecrona, Perelman, Pigliaru,
Radbruch, Reinach, Romano, Ross, Scarpelli, Znamierowski
G. Bertolotti, S Natoh C Sim; G. Vattimo, V Vitiello
Ermeneutica
Pagine scelte di
Bultrnann, Derrida, -Dilthey, von Foerster, Foucault, Gadamer,
Geertz, Habermas, Hegel, Heidegger, Nietzsche, Pareyson, Peirce,
Ricoeur, Rorty, Schelling, Schleiermacher, Spinoza, Thom, Vico
P. Casalegno, P. Frascolla, A. Iacona, E. Paganini, M. Santambrogio
Filosofia del linguaggio
Pagine scelte di
Carnap, Chomsky, Davidson, Dummett, Frege, Grice, Kripke,
Putnam, Quine, Russell, Wittgenstein
~
RqffàelloCortinaEditore
Indice
Introduzione
www.raffaellocortina.it
l
, Agostino d'Ippona
Un retore tra filosofia e cristianesimo
~ .
15
, Severino Boezio
Le parole e i percorsi della filosofia .
33
, Pseudo-Dionigi Areopagita
Filosofia platonica, teologia negativa.
47
Giovanni Eriugena
Indagine razionale ed esperienza del!'ineffabile.
.
59
Il Liber de causis
La struttura difondo del neoplatonismo medievale
..
73
Ibn STna (Avicenna)
La rifondazione della metafisica e la teoria dell'intelletto
81
Ibn Gabirol (Avicebron)
La dottrina dell'ilemorfismo universale.
Anselmo d'Aosta e Gaunilone di Marmoutier
D unico argomento .
Copertina
Studio eReE
ISBN 88-7078-905-5
© 2004 Raffaello Cortina Editore
Milano, via Rossini 4
"".,
99
107
Pietro Abelardo
Gli universalt: tindagine razionale e t etica delle intenzioni.
123
Guglielmo di Conches e Adelardo di Bath
Prima edizione: 2004
DioJ gli elementi e le ((ragionifisiche J1 della creazione.
v
135
Filosofia medievale
Giovanoi Duns Seoto
---~ ~~--~---
bile naturalmente, come sembra, perché anche a questo proposito I.filosofi sono caduti in errore, ponendo che tutto ciò che dipende 11nmedlatamente da Dio deriva da Lui in modo necessario. Almeno gli altri due punti sono manifesti: infatti non si può conoscere con la ragione naturale l'accettazione della volontà divina
ovvero come quest'ultima, in modo contingente, accetti tali o tali
[atti] come degni della vita eterna, né sapere se ~ssi siano sufficienti; ciò dipende soltanto dalla volontà divina relativa alle cose
verso cui si rapporta in modo contingente, dunque ... [... ]
. [Terz~ ragione principale] Si può pbi argomentare contro l'opinIOne del filosofi con un terzo argomento principale. Nel VI libro
della Metafisica [si afferma] che la conoscenza delle sostanze sep~rate è quella più nobile, perché verte intorno al genere più nobile. Dunque la conoscenza di ciò che è proprio di tali sostanze è
massimamente nobile e necessaria, dal momento che ciò che è
proprio di tali sostanze è un oggetto di conoscenza più perfetto rispetto a dò che esse possono avere in comune con le sostanze sen-
sibili. Ma sulla base delle sole realtà naturali non possiamo conoscere ciò che è loro proprio. In primo luogo perché se tali proprietà fossero conosciute in una scienza di cui fosse possibile disporre ora, ciò potrebbe accadere solo nella metafisica' ma non è
possibile per noi acquisire naturalmente una conoscen;a metafisica di ciò che concerne le proprietà delle sostanze separate, come è
eVIdente. E questo è quanto afferma il Filosofo nel I libro della
Metafisica, e cioè che è necessario che il sapiente conosca tutte le
cose in qualche modo, e non in particolare, e aggiunge: "Chi infatti
con~~ce le r,ealtà un~~~rs~i, co~~sce in qu~lche m:!cfo tutti i soggetti . E chIama qUI sapIente ti metafiSICa, COSI come chiama
nello stesso luogo la metafisica"sapienza".
In secondo luogo provo la stessa cosa sulla base del fatto che tali proprietà non possono essere conosciute con una conoscenza di
tipo ca~sale [prapter quidJ se non sono conosciuti i loro propri
sogg~ttl, che.m::ludono il loro perché [prapter quidJ; ma i soggetti
dI tali propneta non sono per noi conoscibili in modo naturale
dunque ecc.
'
Né cono~ciam~ tali proprietà con una dimostrazione quia, a
partire dagli effettI. Il che si prova in questo modo: gli effetti o lasciano l'intelletto in dubbio circa tali proprietà, o lo inducono in
errore. E ciò è evidente a proposito delle proprietà della prima so-
stanza immateriale in sé; una sua proprietà è infatti di essere comunicabile a tre [persone], ma gli effetti non ci mostrano tale proprietà, perché non dipendono da Lui in quanto è trina. E se dagli
effetti si provasse a inferire qualcosa della causa, si verrebbe piuttosto condotti all'opposto e in errore, poiché negli effetti una stessa natura si trova solo in uno stesso supposito. O anche, la proprietà di questa natura verso l'esterno è quella di causare in modo
contingente, ma anche in questo caso gli effetti ci conducono
piuttosto all'opposto di ciò, e in errore, come risulta evidente dall'opinione dei filosofi che pongono che il Primo causa necessariamente tutto ciò che causa. E a riguardo anche delle proprietà delle
altre sostanze [separate] risulta evidente la stessa cosa, perché gli
effetti inducono i filosofi ad ammettere la sempiternità e la necessità di tali sostanze piuttosto che la loro contingenza e novità. E
analogamente i filosofi sembrano anche concludere, sulla base dei
movimenti, che il numero delle sostanze separate segue il numero
dei moti celesti. O ancora che queste sostanze sono naturalmente
beate e sottratte al peccato - tutte cose assurde.
IOANNES DUNS SCOTUS, Ordinatio, I, dist. 3, pars 1,
qq. 1-2, B
[2. I:univacità dell'ente]
In secondo luogo, dico che Dio non è soltanto concepito in un
concetto analogo al concetto della creatura, un concetto cioè che
sia completamente diverso da quello che si dice delle creature, ma
in un certo concetto univoco a Lui e alla creatura. E perché non vi
sia conflitto a proposito del nome di univocità, chiamo concetto
univoco quello la cui unità è sufficiente alla contraddizione, quando lo si afferma e lo si nega di una stessa cosa, e a permettergli di
fungere da termine medio in un sillogismo, in modo tale che si
possa concludere che gli estremi congiunti da un termine medio
dotato di una tale unità siano uniti tra loro senza fallacia di equivocazione,
E l'univocità così intesa, la dimostro [. .. ] in primo luogo così:
ogni intelletto che sia certo di un concetto e sia invece nel dubbio
riguardo ad altri, possiede di ciò di cui è certo un concetto diverso
da quelli di cui dubita; il soggetto include il predicato. Ora, l'intelletto dell'uomo nella condizione di viatore può essere certo, a
proposito di Dio, che è un ente, e tuttavia può avere dubbi intor-
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Giovanni Duns Seoto
Filosofia medievale
no all'ente finito o infinito, creato o increato; dunque il concetto
di ente a proposito di Dio è diverso da questo o quel concetto, e
così di per sé non è né l'uno né l'altro ed è incluso in entrambi.
Dunque è univoco.
Prova della maggiore: nessun concetto identico è allo stesso
tempo certo e dubbio; dunque o è un concetto diverso, che è
quanto ci si propone, o non è nessuno di tali concetti, e in questo
caso non si avrà certezza a proposito di alcun concetto.
Prova della minore: ogni filosofo è stato certo del fatto che ciò
che poneva come primo principio era un ente; chi a proposito del
fuoco, chi a proposito dell'acqua, tutti erano certi che fosse un ente, ma non erano certi se fosse un ente creato o increato, primo o
non primo. In effetti, non potevano essere certi che fosse primo,
perché allora sarebbero stati certi del falso, e il falso non può essere conosciuto; né che fosse un ente non primo, perché allora non
avrebbero sostenuto il contrario. [... ]
E se non ti curi di quest'autorità tratta dalla diversità delle opinioni di coloro che praticano la filosofia, ma dici che ciascuno ha
nel suo intelletto due concetti prossimi, che per la prossimità dell'analogia sembrano essere un solo concetto: contro di ciò sembra
stare il fatto che allora, attraverso questa via di uscita, sembrerebbe distrutta ogni possibilità di provare l'unità univoca di qualche
concetto; se infatti dicessi che "uomo" è un concetto comune a
Socrate e a Platone, ti verrebbe negato, e si direbbe che sono due,
che sembrano uno per la loro grande somiglianza.
Inoltre, questi due concetti sono assolutamente semplici; essi
sono pertanto intelligibili solo in modo distinto e totale. Se dunque ora non "sembrano" due, non potranno sembrarlo neppure
in seguito.
Inoltre, o vengono concepiti come del tutto dispatati, e allora è
singolare che possano sembrare uno, oppure in quanto comparati
in base all'analogia, o in base alla similitudine o in base alla distinzione, e allora nello stesso momento o in precedenza devono venire concepiti come distinti. E così non possono sembrare un solo
concetto.
Inoltre, ponendo due concetti, poni due oggetti formali di conoscenza. In che modo possono essere due realtà formali di conoscenza senza essere distinte?
Inoltre, se l'intelletto comprendesse le realtà singolari nelle 10-
ro proprie ragioni, per quanto i concetti di due realtà singolari
della stessa specie possano essere assai simili (e indubbiamente
molto più simili dei due concetti di cui si discute qui, che differiscono per specie) esso sarebbe tuttavia ancora in grado di ben distinguere tra tali concetti singolari. [... ]
Per quanto riguarda il secondo argomento principale, procedo
in questo modo: nessun col1cetto reale viene causato in modo naturale nell'intelletto dell'uomo in questo stato di viatore, se non a
partire da ciò che è in grado di muovere naturalmente il nostro intelletto; ma tali sono il fantasma, ovvero l'oggetto che riluce nel
fantasma, e l'intelletto agente; dunque nessun concetto semplice
può aver luogo naturalmente nel nostro intelletto, nella condizione ptesente, se non quello che può essere prodotto in virtù di tali
elementi. Tuttavia un concetto che non fosse univoco all'oggetto
che riluce nel fantasma, ma fosse del tutto diverso, anteriore, e tale da risultare soltanto analogo, non potrebbe aver luogo in virtù
dell'intelletto agente e del fantasma; dunque, questo concetto diverso e analogo che si pone non potrebbe mai aver luogo naturalmente nell'intelletto del viatore, e così sarebbe impossibile avere
naturalmente un qualche concetto di Dio, il che è falso.
Dimostrazione di ciò che si assume: qualunque oggetto, che si
trovi a rilucere nel fantasma o nella specie intelligibile, con la cooperazione dell'intelletto agente o di quello possibile, produce, secondo il grado massimo della sua potenza e come effetto a sé adeguato, il suo concetto proprio e il concetto di tutte le cose essenzialmente e virtualmente incluse in esso; ma quell'altro concetto
che viene posto come analogo non è essenzialmente e virtualmente incluso in questo, né tanto meno coincide con esso, e dunque
quest'ultimo non deriverà dall' azione di qualcosa del genere. [.. .J
In terzo luogo si argomenta in questo modo: il concetto proprio di un dato soggetto è una ragione sufficiente per concludere,
a proposito di quello stesso soggetto, tutte le cose concepibili che
necessariamente gli ineriscono; ora, non abbiamo nessun concetto di Dio pet mezzo del quale possiamo conoscere sufficientemente tutte le cose concepite da noi che necessariamente gli ineriscano - è evidente a proposito della Trinità e degli altri oggetti di
fede necessari; dunque ecc.
Si prova la maggiore: conosciamo qualunque [proposizione]
immediata in quanto ne conosciamo i termini; dunque la maggio321
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Filosofia medievale
Giovanni Duns Seoto
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re è manifesta a proposito di tutto ciò che" concepibile e che inensce ll11tl1edlatamente al concetto del soggetto. Se inerisce in modo n;ediato, si potrà far valere lo stesso argomento a proposito del
medio comparato allo stesso soggetto, e là dove ci si arresterà si
otterrà quanto ci si era proposti riguardo alle proposizioni im~e­
diate, e succeSSivamente attraverso di esse saranno conosciute
quelle mediate.
[3. La dimostrazione dell'esistenza di Dio e la contingenza del
mondoJ
Signore Di? nostro, che hai designato Te stesso come primo e
come ~l1mo, lnsegna al tuo servo di mostrare con la ragione ciò
che gla l1~ne con fede saldissima, che Tu sei il primo efficiente, il
pnmo effilnente e il fine ultimo.
. Dei sei ordini essenziali prima distinti, ci piace dunque scegliel'ne tre - .1 due relativi alla causalità estrinseca e quello dell'emlnenza - e ln questi tre ordini vorremmo mostrare se ce lo concederai, che vi è una ,~atura unitaria assolutament: prima. Dico
natu;a umtana perche ln questo terzo capitolo le tre primalità prima citate non saranno mostrate come proprie di un solo individuo
o.s~condo l'unità numerica, ma come proprie di un'unica quiddita onatura; dell'unità numerica si parlerà invece più oltre.
Prtlna conclusione: tra gli enti vi è una natura capace di produrre effettl.
Si dimostra: vi è una natura capace di essere prodotta, dunque
deve esservene una capace di produrre. La conseguenza risulta
ev:dente per la natura dei correlativi. Si dimostra l'antecedente: in
pnmo luogo, perché qualche natura è contingente e dunque è
né dal nulla
possibile che sia dopo non essere stata, ma non da
(in entrambi i casi infatti un ente sarebbe a partire d~ un non-ente), dunque in quanto può essere prodotta da altro. In secondo
luogo, per~hé qualche natura è mobile o mutevole, perché può
mancar~ di una qualche perfezione che potrebbe appartenergli;
dunque il termlne del mOVimento può avere un inizio e così essere
prodotto.
si
.In q:,esta ~~nclusione e in alcune delle successive potrei riferirmi a CiO che e ln atto in questo modo: qualche natura è capace di
produrre effetti, perché qualcuna è prodotta, o perché qualcuna
inizia a essere, o perché qualcuna è termine di un movimento e
contingente. Ma preferisco proporre conclusioni e premesse intOI'nO al possibile. [.. .J Quelle relative a ciò che è in atto sono per
di più contingenti, per quanto abbastanza manifeste, queste sul
possibile sono necessarie. Quelle possono riferirsi propriamente
all'ente esistente, queste anche all'ente preso in senso quidditativa. E l'esistenza della quiddità di cui ora si dimostra l'efficienza si
mostrerà più oltre.
Seconda conclusione: una qualche causa efficiente è prima in
senso assoluto, cioè non è prodotta da altro né produce in virtù
di altro.
Si dimostra in base alla prima conclusione: qualcosa è capace
di produrre, lo indichiamo con A, Se è primo, nel modo appena
esposto, si ottiene subito quanto ci si era proposto. Se non lo è,
allora è una causa efficiente posteriore, perché è prodotta da altro o produce in virtù di altro; se si nega la negazione, si pone l'affermazione. Si dia quest' altro, lo si indichi con B, e si ragioni in
proposito come già fatto per A: o si procederà all'infinito nelle
cause efficienti, qualsivoglia delle quali sarà seconda rispetto a
una anteriore, o ci si fermerà a una che non ne ammette un' altra
prima di sé. L'infinità è impossibile in una serie ascensiva; dunque è necessaria la primalità, perché ciò che non ha nulla prima
di sé non è successivo a nessun termine posteriore: infatti, la seconda conclusione del secondo capitolo ha distrutto ogni circolarità tra le cause. [ ... J
Terza conclusione: la causa efficiente prima in senso assoluto è
incausabile, perché non può essere prodotta ed è efficiente senza
dipendere da altro.
Ciò risulta evidente in base alla seconda conclusione: perché se
fosse producibile da altro o fosse in grado di causare in virtù di altro, allora si avrebbe o un processo all'infinito, o un circolo, o ci si
dovrà fermare a qualcosa che non può essere prodotto da altro ed
è efficiente senza dipendere da altro; questo è ciò che chiamo primo, ed è chiaro, in base a quanto tu stesso hai concesso, che non
può esservi un altro primo.
Ulteriormente si può concludere: se il primo non può essere
prodotto, allora è incausabile, perché non può essere ordinato ad
alcun fine [O' .J; né può essere composto di materia [O'.J; né può
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