VERBALE N° 7 GIULIA FRITTELLA 19/10/2015 IL NEOPLATONISMO A differenza dei Domenicani, che credevano che l’intelletto potesse determinare e dimostrare l’esistenza di Dio (concordismo), i Francescani preferirono scindere fra fede e ragione: la loro grande fedeltà a Dio era documentata dal loro atteggiamento mistico, completamente rivolto alla preghiera e al raccoglimento, che non prevedeva in nessun modo l’intermediazione della ragione. Ritenevano pertanto che l’intelletto umano dovesse occuparsi esclusivamente di ciò che gli competeva e, in particolare, gli riconoscevano un grande potere da esercitare nello studio della natura: gli conferivano, addirittura, il dovere di scorgere nella natura la razionalità, la sua logica interna. Questo loro atteggiamento pessimistico-realista è in gran parte frutto dell’influenza di un grande modello filosofico che subì appunto l’ordine francescano, il Neoplatonismo. Il Neoplatonismo è una filosofia post-alessandrina – nata quindi nel II secolo d. C. – che si fonda su tre elementi filosofici del passato: Aristotelismo, Stoicismo e Platonismo. Si tratta quindi di una filosofia sincretica, vale a dire di una sintesi, di un raccoglimento di alcune correnti di pensiero. Sorge spontaneo chiedersi perché una filosofia non del tutto originale sia stata riproposta in chiave diversa, ma in fondo la risposta è nella situazione politica di Atene e in generale della Grecia dopo la formazione dei regni monarchico-alessandrini: nel clima di tirannia che si stava vivendo, a nessuno ormai interessava più della filosofia (che parlava di saggezza e di libertà), ma piuttosto del perfezionamento delle scienze e delle tecniche da applicare nei settori navali e militari. Con Alessandria d’Egitto come centro della cultura, Atene stava lentamente cadendo in disgrazia e con lei anche Platone ed Aristotele, che non venivano più studiati. Plotino, fondatore del Neoplatonismo, costituì quindi una raccolta di testi filosofici del passato proprio per salvarli dall’ “estinzione” e con il suo trasferimento a Roma la nuova corrente filosofica raggiunse anche l’occidente, principalmente grazie alle traduzioni degli arabi. A differenza del suo maestro, Plotino scrisse tantissimo: 9 gruppi da 6 dialoghi chiamati Enneadi (da enneas, nove) per un totale di 54 libri: la summa di quasi tre secoli di filosofia, compresa la sua che trattava la sfera dell’uomo e il distacco dall’ignoranza. Ad ogni modo, la fetta di Neoplatonismo che influenzò i Francescani fu quella riguardante Aristotelismo e Stoicismo, ovvero le due porzioni dal taglio logico: non manca di certo l’interesse etico, ma ci si concentra anche sullo studio oggettivo, appunto scientifico, dei fenomeni. Gli Stoici, che utilizzavano un linguaggio poetico e letterario, parlarono nei loro scritti di anima del mondo ad indicare la necessità logica del mondo, la sua ragion d’essere. Per quanto riguarda Aristotele, invece, lui sosteneva che il mondo andasse conosciuto per cause (scire per causas); detto in altre parole, secondo Aristotele il mondo ha nel suo interno delle cause, delle ragioni seminali e cioè intrinseche, nascoste, che l’intelletto deve scovare. A tale proposito ritiene che il mondo non sia contingente, ma che bensì sia il risultato di una rete di causa-effetto. Aristotelismo e Stoicismo non dipingono quindi la natura nel modo in cui faceva il Cristianesimo, che la riteneva caotica, contingente, casuale e creata unicamente per volontà e onnipotenza di Dio, e non è intesa come il pallido riflesso della realtà divina. Fra le tre filosofie basi del Neoplatonismo, Aristotelismo e Stoicismo sono quelle improntate ad un vero e proprio recupero della dignità razionale della natura che può essere studiata grazie all’intelletto. Per indagare la razionalità intrinseca del mondo, i Francescani prenderanno spunto da queste due correnti e non dal Platonismo, filosofia ascetica che si stacca dalla natura in quanto «copia sbiadita della vera realtà» (l’Iperuranio, il mondo delle idee). Concludendo, secondo i Francescani l’intelletto deve legarsi solo a fenomeni concreti, ovvero solo all’oggettività, e non tentare di “spiegare” Dio come pensavano invece i Domenicani. Ed è proprio per il loro desiderio di mantenere la purezza della fede, evitando di contaminarla con la sfera dell’intelletto, che subirono a lungo l’effetto delle scomuniche e in generale di altri problemi con la Chiesa.