PROTAGONISTI NELLA SELEZIONE Cervi: il fattore evolutivo dell’allevare di Marie Vida L’allevamento di Giuseppe Cervi Ciboldi a Casalbuttano (Cremona) “F are selezione genetica è l’ambizione di non essere solamente un allevatore di bovini, è un fatto culturale che fa salire di livello perché, giocoforza, ci si trova a confrontarsi con un mondo ed un contesto piuttosto diversi, che obbligano ad inserirsi ed a spaziare in un mercato mondiale ed interagire con molti altri soggetti”. Beppe Cervi Ciboldi intende il suo ruolo di allevatore come un fattore dinamico di crescita e su questi presupposti ha impostato l’allevamento alla cascina “Campo di Ferro”, che conduce con la moglie Claudia: “Di per sé il nostro è un mestiere che ci isola, mentre l’allevatore che seleziona animali di alta genealogia ha la possibilità di aprirsi, è quasi costretto a vedere come operano e pensano i suoi interlocutori ed antagonisti: il confronto è già un progresso intellettuale che fa porre delle problematiche nuove e rivedere quello che si riteneva assodato. La globalizzazione ci offre queste possibilità che possono essere sfruttate positivamente, aiutandoci ad aprirsi verso l’esterno ed a evolversi. Direi che è indispensabile, quasi un dovere, sfruttare questi vantaggi a nostro favore. Oggi con un “click” su internet si possono avere tutte le opportunità in mano e, con un piccolo sforzo ed un investimento assolutamente abbordabile, si può avere a disposizione qualcosa di più, nel proprio allevamento. È proprio questo che mi ha spinto a cominciare a selezionare”. L’azienda Cervi ha circa 300 vacche in mungitura Rank 97, dato da un PFT medio di 818, una produzione nel 2006 di 9.955 kg di latte con 3,69% di grasso e 3,30% di proteine ed un punteggio medio sulle primipare di 82.3 nel primo trimestre di valutazione del 2007. L’allevamento vanta un passato ed una solida reputazione di buona genetica: è stata una delle aziende leader che hanno dato impulso al movimento di selezione verso la attuale Frisona Italiana. Allevava sin dagli inizi del ‘900 Frisone olandesi di ottima genealogia e, nel 1940, faceva pubblicità su un giornale locale, la “Rinascita Agraria”, per la vendita di manze selezionate. Nel 1963, racconta Beppe, arrivò qui in azienda il primo carico spedito in aereo di animali importati dal nord Da destra: Giuseppe Cervi Ciboldi con la moglie Claudia ed il collaboratore Renato Bergamaschi, responsabile dell’alimentazione nell’allevamento alla cascina Campo di Ferro. Claudia, ex farmacista, si è convertita all’agricoltura e collabora convinta ed entusiasta alla gestione dell’allevamento con il marito. Nella stalla delle vacche da latte dell’allevamento “Cervi”, sono munte circa 300 vacche, valutate Rank 97 da un PFT medio di 818, con una produzione nel 2006 di 9.955 kg di latte con 3,69% di grasso e 3,30% di proteine, ed un punteggio medio sulle primipare di 82.3 nel primo trimestre di valutazione del 2007 Sotto: Cervi Cleitus Brighella, la capostipite BIANCONERO . GENNAIO 2008 7 Cervi Oboist, figlia con Titanic e della sorella piena di Cervi Buxon Cervi Cleitus Brighella ed era un animale che si era distinto per tipo, aveva 88 punti, e anche per produzione. Risalendo nel loro certificato vidi che questi animali discendevano dalla Ohmstead Windy Chief, originaria fondatrice. Si trattava di un animale che arrivò qui, insieme ad altre quattordici, quando Talenti acquistò negli Stati Uniti l’azienda Paclamar. Windy era una Arlinda Chief completamente atipica, con una magnifica mammella e longeva, piuttosto robusta e quasi rotonda, aperta nell’anteriore: apparentemente, non troppo dairy, ma era la vacca che produceva di più nella stalla. Dick Brooks, l’ex proprietario della Paclamar, seguì gli animali venduti in Italia ed io, incontrandolo, gli chiesi informazioni su questa vacca: mi suggerì di lavorare sulla sua famiglia, conosciuta da pochi, ma molto buona. Mi dimenticai del consiglio, ma mi ritornarono in mente le parole di Brooks quando iniziai a selezionare su questi animali e ritrovai la Windy Chief nel pedigree. Posso dire che la caratteristica principale di questa famiglia, pur non potendosi dire propriamente autoctona, è di essere stata creata qui, in Italia. Oggi è semplice accedere alla migliore genetica del mondo, mentre qui possiamo vedere una selezione di stampo italiano, attraverso una decina di generazioni. ■ Ritornando alle Bellwood, che cosa accadde? Cervi Oxford, figlia di Finley per mamma Manfred, nipote della Bellwood Falkland America: un gruppo di manze gravide e qualche vacca, tra cui una All American, Randall Governor Kathy una primipara che ebbe progenie di particolare valore. “Sin da allora, in nord America, c’era già il concetto di famiglia, tenevamo contatti soprattutto con il Canada e cercavamo di far riprodurre al meglio queste vacche importate, sempre con lo scopo di creare un nucleo selettivo, in una realtà dove non c’erano ET o altro ed eravamo meno incentivati e facilitati dalla tecniche che oggi sono disponibili a tutti. Nel 1972 la nostra famiglia ebbe la Campionessa della 8 BIANCONERO . GENNAIO 2008 Nazionale di Cremona, una partecipazione gloriosa, ma rimasta prima ed unica esposizione in mostra del nostro allevamento”. ■ Parliamo allora degli inizi dell’attività di selezione genetica maschile e femminile. Iniziai con l’ovum pick up su tre figlie della Cervi Mascot Delta per Bellwood: due di loro, la Firestone e la Falkland si sono riprodotte solo con questa metodologia. Decisi così per poter variare la paternità e, trattandosi di manze, non le riempivo di ormoni. La madre della Delta era Delle due Bellwood, quella che ha dato risultati migliori, sino ad oggi, è la Firestone, che, con Mtoto, ha avuto Cervi Buxon e la Cervi Junction che, con Titanic, ha avuto la Cervi Oboist. Sempre la Firestone, con Formation, ha avuto la Heineken (Molto Buono, Eccellente in mammella), che partorì un figlio con Capri, Padernus, uscito con ottime prove al Ciz. Purtroppo è deceduto dopo aver dato delle ottime figlie, era un toro completo e bilanciato che dava vacche di stile: ne ho una in stalla e riproduce esattamente quello che dicono i rapporti del Ciz, ossia 2.66 Indice Composto Mammella 2.20 a Tipo, su 62 figlie in 43 allevamenti. La Heineken ha una sorella piena, Inverness, che è madre di un altro Capri, Cecòn, che sta avendo prove molto simili a Padernus in Germania, dove è un toro provato tra i più popolari: ha un lineare convertito di +3.15 ICM e 2.09 a tipo. La caratteristica principale di questi riproduttori è che rispecchiano lo stampo della famiglia di dare ottime mammelle, sono “tori da mammella”, il che è proprio l’imprinting della famiglia. ■ Ci sono altri figli della Heineken in prova? Ha avuto un figlio con Manat, che ho chiamato Razmataz da fan di Paolo Conte, un incrocio sul quale avevo qualche perplessità a causa dei caratteri salute di Manat, ma, a dimostrazione che la linea femminile conta sempre moltissimo, questo toro è uscito per ora con prove molto buone, Tipo 1.97 e Indice Composto Mammella 2.14: la stessa storia che si ripete. Ci sono anche altri tori in prova, ma il dato che balza all’occhio, indipendentemente da come sono usciti, hanno tutti indici buonissimi sugli apparati mammari. ■ Quali altre sono le caratteristiche della famiglia della Cervi Cleitus Brighella? Arti buoni, con buoni punteggi anche, un dato estremamente importante nella stabulazione libera e sempre più basilare perché vedo che il management di molti allevatori è deficitario sotto questo aspetto, per cui è necessario avere buoni piedi con corno di qualità, per una migliore deambulazione degli animali. Non uso mai tori che non siano molto positivi su arti e piedi. Anche su questa famiglia non ho riscontri negativi sugli arti. ■ In che accoppiamento la sua famiglia di vacche ha dato il meglio di sé? Finora, nella mia esperienza, ho visto che i maschi hanno avuto una importanza relativa, i caratteri della linea femminile hanno prevalso: maschi diversi, anche molto disomogenei, hanno sempre avuto risposte costanti, per cui si tratta di caratteri geneticamente ben fissati. Ho fatto accoppiamenti solo con tori dagli indici elevati in mammella e, in alcuni soggetti, ho voluto aggiungere il carattere di forza per migliorare la potenza dell’animale. Molte delle nostre scelte vengono condizionate dal mercato, ma, se non lo si affronta proprio da profani, spesso le esigen- Alla cascina Campo di Ferro di Casalbuttano c’è un portico che, per l’ampiezza dell’arco della campata, oltre 8 metri, viene spesso fotografato e citato da studiosi di architettura. Nelle cascine cremonesi ci si imbatte spesso in pregevoli esempi di tecniche ed impianti di costruzione e l’architettura rurale del territorio è giustamente celebrata come un esempio di bellezza, funzionalità ed armonia ze di mercato corrispondono a situazioni reali e determinano progressi enormi. Ne sono una prova i passi da gigante che abbiamo compiuto nel livello medio dei tori disponibili, un livello di elite molto alto, in cui è difficile trovare “bidoni”, come, ad esempio, vent’anni fa, poteva capitare. ■ Pratica molto embryo transfer? Non ne faccio moltissimi, 7-8 all’anno, se ho una specifica richiesta di embrioni e so di poter collocare i maschi. La mia impostazione di allevamento non è classicamente “commerciale” per la vendita di embrioni ed animali: attualmente la famiglia della Brighella è più apprezzata in Italia che all’estero, mi auguro che lo diventi, anche se ho già venduto alcuni embrioni in Francia ed in Germania. ■ Fa pubblicità e di che tipo? L’ho fatta e la faccio su “Bianconero International” e “Holstein International”, occasionalmente, perché penso che il nostro mercato europeo si basi più sugli intermediari che sulla vendita diretta. Mi è capitato di fare pubblicità alla Cervi Livermore, figlia della Heineken con Tugolo che ha dato una decina di figli in Italia ed all’estero, per sottolineare il valore dell’animale e ho ritenuto l’acquisto da parte dei centri delle sue proge- nie, come un riconoscimento del mio lavoro. La pubblicità serve, ma spesso i riscontri diretti tardano a farsi notare nell’immediato: il singolo allevamento che informa su quello che ha disponibile da vendere, come si usa fare in America e si vede nei giornali specialistici dei Paesi zootecnicamente più sviluppati, ha un impatto inferiore in Italia, dove, è un dato di fatto, oggi gli allevatori non investono molto in pubblicità. Su Bianconero quella degli allevatori è pubblicità quasi inesistente, è un peccato ed un occasione perduta perché chi sfoglia la rivista della Frisona Italiana potrebbe avere una visione, in tempo reale, di quello che gli allevatori italiani sviluppano nelle loro aziende e ne trarrebbe vantaggio tutto il nostro sistema. ■ Come imposta gli accoppiamenti di selezione? Quando mi viene richiesto un particolare incrocio dal centro di f.a., anche se la decisione finale è mia, tengo in doverosa considerazione il parere dei sire analyst: la loro posizione è invidiabile perché hanno prospettive diverse e più ampie, dato che vedono molti animali e visitano molti allevamenti. Noto che sia un gruppo di persone entusiaste e competenti che, soprattutto, ama il proprio lavoro, dote basilare per poterlo svolgere proficuamente. A BIANCONERO . GENNAIO 2008 9 Cremona c’è un proverbio che dice “solo gli stupidi stanno a casa”: ritengo indispensabile andare all’estero, nella nostra attività; invidio i sire analyst se hanno referenti che ne hanno capito l’importanza e li mandano il più possibile in giro. Sono alcuni anni che ho un po’ trascurato questo aspetto, ma mi riprometto di visitare più spesso allevamenti in Nord America e in Europa, per avere una visione delle cose differente dalla mia, ascoltare i consigli di altri, non essere assolutista. ■ Come gestisce in stalla le vacche più importanti? Insieme a tutte le altre, non ho nessun trattamento preferenziale, non esistono box singoli: le vacche rimangono sempre in stalla sia da giovani che quando sono in produzione. ■ Qual è la sua vacca ideale? Non ho la mia vacca ideale! Mi piacciono le belle vacche, la mia formazione è stata fatta anche su questo parametro, ma sarebbe troppo facile dire che la mia vacca ideale sia quella che vince a Madison o Toronto, o quella che fa 150 quintali di latte. Potrei dire che una vacca ideale è quella che ti appaga l’occhio, quella dal punteggio più alto, ma come si fa a dare torto a chi dice che contano soltanto i caratteri morfologici funzionali – arti, piedi e piano della mammella – e tutto il resto o conta zero o poco oppure è un totem privo di significato, svuotato di interesse economico. Negli ultimi anni abbiamo acquisito delle novità, nella selezione, i caratteri gestionali, per esempio, che non abbiamo mai preso in considerazione negli indici e che si sapeva già da tempo quanto contassero: si palpava il fatto empiricamente, mentre oggi abbiamo documentazione che certifica questo stato di cose. Penso che dovrebbe esserci una vacca ideale in Canada, in California, in Wisconsin, in Svezia, perché in ogni condizione ci sono situazioni diverse ed è limitante dire che la vacca ideale è quella che piace. Potrei dire che la mia vacca ideale è quella che ha delle deviazioni positive per produzione e almeno 83 punti da primipara e 85 al terzo parto, non tanto per il punteggio, ma per definire un animale funzionale, che produce bene e si riproduce. 10 BIANCONERO . GENNAIO 2008