PROGETTO DI RICERCA: Analisi di polimorfismi genetici nel gene DPYD in pazienti sottoposti a trattamento con fluoropirimidine. RESPONSABILE: Prof. Mario Pazzagli Le fluoropirimidine rappresentano una delle principali classi di farmaci antitumorali. La tolleranza alla terapia è generalmente elevata ma il 30% circa dei pazienti trattati manifesta, in maniera imprevedibile, effetti tossici gravi e precoci (G3) che possono esporre il paziente al rischio di vita (G4) o risultare fatali (G5). Lo sviluppo di fenomeni di tossicità è stato correlato alla deficienza parziale o completa dell’enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD), fattore limitante del catabolismo delle fluoropirimidine. La diversa attività della DPD e la deficienza dell’enzima, dalla quale consegue la comparsa di reazioni avverse al trattamento chemioterapico, sono state correlate a fattori farmacogenetici e farmacocinetici che sono alla base della variabilità interindividuale di risposta al farmaco. Lo studio di polimorfismi genetici a carico del gene DPYD, che codifica per l’enzima DPD, rappresenta uno dei principali parametri in grado di predire una ridotta attività enzimatica e la conseguente risposta al trattamento con fluoropirimidine, in termini di riduzione di reazione avverse e efficacia nel controllo della malattia. Il ruolo predittivo del polimorfismo DPYD*2A (IVS14+1 G>A/c.1905+1G>A - rs 3918290 C>T) è già stato ampiamente dimostrato. Tale variante interessa l’introne 14 del gene ed è responsabile di un errore di splicing dell’mRNA che comporta la sintesi di un enzima non funzionale. I portatori di questa variante allelica, anche in eterozigosi, sono esposti ad un elevato rischio di sviluppare tossicità grave (grado 3 e 4), con esiti a volte anche letali (grado 5), in seguito a chemioterapia con fluoropirimidine. Per tale motivo attualmente è già raccomandata la determinazione genotipica di almeno questa variante polimorfa come screening pre-trattamento al fine di escludere l’insorgenza di gravi tossicità nei pazienti che ne sono portatori. Questo tipo di analisi pre-trattamento dimostra vantaggi evidenti dal punto di vista della gestione terapeutica dei pazienti oncologici mediante l’indicazione di un dosaggio modificato di fluoropirimidina o la scelta di un trattamento alternativo. La frequenza dell’allele raro del polimorfismo DPYD rs 3918290 nei caucasici risulta comunque inferiore all’1% e non è in grado da sola di giustificare la porzione di pazienti che mostrano lo sviluppo di tossicità. Risulta, pertanto, importante investigare il potenziale ruolo di altre varianti polimorfe del gene DPYD e la relazione tra la manifestazione degli effetti avversi con diverse di esse e con i diversi aplotipi determinati dalla loro combinazione. Diversi studi, comparsi recentemente in letteratura, suggeriscono un ruolo di altre varianti non funzionali note (c.1679 T>G, rs 55886062 A>C e variante c.2846 A>T, rs 67376798 T>A) come possibili fattori determinanti dello sviluppo di tossicità da fluoropirimidine in circa il 2% dei pazienti. 1 Dato l’impatto sia per il paziente che per il Sistema Sanitario Nazionale della insorgenza di tossicità grave e/o letale nei pazienti trattati, lo sviluppo di un pannello di marcatori genotipici, in grado di predire la risposta al trattamento, rappresenta uno strumento di screening pre-terapeutico estremamente importante per la gestione appropriata dei pazienti oncologici indirizzati verso il trattamento con fluoropirimidine. Lo scopo del presente progetto è pertanto rappresentato dalla valutazione genotipica di un pannello di polimorfismi a carico del gene DPYD e dallo studio della loro associazione con il decorso clinico dei pazienti, in termini di sviluppo di reazioni avverse e efficacia del trattamento, con la finalità ultima di costruire un modello di screening in grado di predire l’incidenza di tossicità e coadiuvare i clinici nella scelta terapeutica più appropriata. Per tali obiettivi è prevista la raccolta, presso le Unità di Oncologia e Radioterapia, di campioni di sangue intero da pazienti indirizzati verso il trattamento con fluoropirimidine assieme ad una scheda contenente le informazioni minime relative al paziente e alla patologia oncologica. Il protocollo sperimentale prevederà la purificazione del DNA a partire dal campione di sangue mediante protocolli automatizzati in grado di aumentare l’efficienza del processo. In prima istanza si renderà necessaria la valutazione genotipica delle principali varianti polimorfe già associate ad una riduzione della attività enzimatica della DPD per una prima caratterizzazione e stratificazione dei pazienti. Parallelamente la scelta di estendere l’analisi a diversi polimorfismi, da introdurre nel pannello in esame, sarà guidata da una accurata selezione in relazione allo studio di nuovi dati di letteratura. In una prima fase di validazione l’impiego di metodiche di riferimento, come il sequenziamento diretto, saranno fondamentali per l’identificazione di campioni a genotipo noto da impiegare come controlli nelle successive analisi. In seguito, sulla base del numero dei campioni raccolti e il numero dei saggi inseriti nel pannello in esame, lo sviluppo di protocolli a più alta processività sarà indispensabile per la riduzione dei tempi e dei costi dello studio. Pertanto si renderà necessaria una valutazione comparativa tra diversi approcci metodologici, generalmente impiegati per determinazione di polimorfismi genetici, al fine di ottimizzare il protocollo di indagine più appropriato, efficiente ed affidabile. Durante l’intera fase sperimentale i dati clinici, principalmente relativi alla modalità di somministrazione della terapia, allo sviluppo di tossicità e alla risposta terapeutica dei pazienti arruolati , saranno raccolti a intervalli regolari e conservati per la costruzione di una banca dati. Infine, dopo la raccolta e l’analisi di una casistica sufficientemente rappresentativa, con particolare riferimento alle varianti a più bassa frequenza nella popolazione generale, sarà effettuata la valutazione della associazione tra il genotipo, dovuto a uno o più polimorfismi, e i parametri clinici al 2 fine di confermare e/o comprendere il potere predittivo dello studio di varianti polimorfe del gene DPYD nella selezione del migliore approccio terapeutico per i pazienti oncologici. Firenze, lì Il responsabile Prof. Mario Pazzagli 3