CHIESA L'annuncio in latino di Ratzinger, 86 anni il prossimo 16 aprile. Pontefice dal 19 aprile 2005 Benedetto XVI si è dimesso «Lascio, non ho più le forze»» Nuovo Papa a Pasqua A tto a umiltà, d ì esempio per ì politici» li Ha ricordato con la testimonianza che il potere e l'autorità non sono un onore e un privilegio, ma soprattutto un servizio, e che nessuno è indispensabile 19 # \ # # PAMELE BATT1STEL [email protected] TRENTO - «È stato un Papa coraggioso. Un Papa che è esempio dell'umana debolezza, che a differenza di tanti politici che si ritengono indispensabili, ha capito che nessuno lo è». Ha la voce incrinata dall'emozione monsignor Luigi Bressan. La decisione di Benedetto XVI di lasciare il soglio pontificio gli viene comunicata poco prima di mezzogiorno, appena uscito dall'ospedale san Camillo dove era stato a trovare (per l'ultima volta, si saprà nel pomeriggio) don Dante Clauser. Per l'arcivescovo di Trento, come del resto per tutta la Chiesa mondiale, una notizia giunta inaspettata. «Sono molto sorpreso, non posso negarlo» sono le prime parole del nostro vescovo. «Ma non è, come ho sentito dire da qualcuno, un fulmine a ciel sereno che tii distrugge la Chiesa. La Chiesa di Dio va avanti comunque». Monsignor Bressan, il suo primo pensiero alla notizia delle dimissioni di Papa Ratzinger? Di ammirazione per un Papa che ha avuto il coraggio di una scelta davvero difficile e di grande sorpresa, anche se aveva già fatto sapere tempo fa in alcune interviste che se si fosse accorto di non essere capace di portare su di sé il peso delle sue grandi responsabilità si sarebbe dimesso. Certo, però, non si pensava così presto. Forse la gravità delle problematiche che attanagliano il mondo lo ha portato ad anticipare questa decisione. Del resto probabilmente una lunga attesa non avrebbe fatto altro che complicare le cose. Come interpretare questo gesto? E stato un atto di grande umiltà. Ha dimostrato che non gli interessa tanto il suo onore quanto il bene della sua Chiesa. È stato anche un 1 # m #accolta, a#differenza delle imprescindibili, lui ha fatto una scelta forte. Un segno di grandezza umana. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: dee papi diversi, dee stili diversi. Il primo al seo posto fino alla fine, nonostante la fatica e la stanchezza, per dimostrare al mondo il valore della sofferenza; il secondo, al contrario, fa en gesto di emiltà e decide di ritirarsi. Due situazioni differenti. Papa Giovanni Paolo II, nonostante la malattia, è stato in piena forza fin quasi alla fine. Papa Benedetto, invece, ha fatto una scelta diversa. Grande, anche questa. Ratzinger ha visseto da vicino la fase della malattia di Papa Wojtyla. Peò aver influito sella sea scelta? Sì, può essere così. Ritiene sia stato consigliato da qealceno in qeesto seo passo indietro? E una decisione che spetta al Papa e a lui solo. Oltre tutto __non habisoano_dLessere dimissioni di un vescovo. Forse non è stata caseale la sea escita in concomitanza con la giornata del malato? Ma lui malato non appare, anziano certamente lo è. Diciamo che il suo gesto può essere visto come segno di vicinanza a chi porta il peso della vita. Cosa seccederà ora? Fino al 28 febbraio tutto procede secondo i canoni della normalità. Poi ci sarà il conclave per l'elezione del nuovo Papa. Ma questo è un momento di passaggio in cui, come avviene per le famiglie, è giusto stringersi attorno alla Chiesa. Tra i motivi che avrebbero potete spingere Ratzinger a vescovi. Le traversie ci sono nelle vite di tutte le famiglie, anche nella Chiesa. Questo, però, non è il momento delle critiche bensì della preghiera. Papa Benedetto ha dato un grande messaggio di servizio, valido anche in Italia in questo momento di scelte. Ha ricordato con l'esempio e la testimonianza che il potere e l'autorità non sono un onore e un privilegio, ma soprattutto un servizio. Ratzinger da cardinale era stato in Trentino. L'ultima volta nel 2004. Per questo siamo sorpresi e addolorati di perdere un Papa che ci conosceva e ci voleva bene. i_dire._aifedeli e alla Chiesa trentina? Di stringersi in preghiera per sentirsi parte di una chiesa che vive e che vuole servire, come ha fatto questo Papa, umile servitore nella vigna del Signore. A Dio la nostra riconoscenza per averci concesso questo Papa in un momento difficile di scelte, per lui, ma anche per i cardinali che sono chiamati a scegliere il suo successore. Cosa farà Joseph Ratzinger dal primo marzo? Deciderà lui. Da cardinale aveva già chiesto due volte a Papa Giovanni Paolo II di ritirarsi e dedicarsi alla preghiera e alla scrittura di opere teologiche comprensibili a tutti. Chi potrebbe essere il seo seccessore? Ora, prima di fare tanti discorsi, preghiamo per la comunità cristiana di cui tutti siamo responsabili. La sea potrebbe essere ena figera ingombrante per il seccessore? Non lo penso. Del resto il suo è stato un gesto di grande umiltà, di un uomo che ricorda a tutti che il Papa è a servizio della Chiesa, non al centro di tutto. Come sarà ricordato? Come il Papa che ha guidato la Chiesa nell'inizio del terzo millennio. Ha dimostrato che non gli interessa tanto il suo onore quanto il bene della sua Chiesa È stato anche un segno di coraggio L'ex direttore di Vita Trentina è ora numero due dell'Ufficio comunicazioni sociali della Cei «Sgomento, stupore, ma anche grande stima» Don Ivan, l'emozione d ella notizia in diretta i 1 « ® ® # 1® s s «Subito al lavoro, ancora sconcertati» IEÙU&MBÙ PONTALT1 twitter: ©leopontalti TRENTO - Ha saputo delle dimissioni di papa Benedetto XVI poco prima che venissero annunciate anche a tutto il resto del mondo attraverso il lancio dell'Ansa, don Ivan Maffeis. L'ex direttore di Vita Trentina, oggi vice direttore dell'Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali della Cei, la Conferenza episcopale italiana, è stato informato della notizia pochi istanti dopo che alle 11.45 circa, le parole, in latino, di Joseph Ratzinger, precedute dall'annuncio ai cardinali presenti («Vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa») erano uscite dalla bocca del teologo tedesco di Marktl am Inn che il 16 aprile prossimo compirà 86 anni. Trasformandosi in pochi istanti da una semplice dichiarazione a chiusura della celebrazione per la canonizzazione dei martiri di Otranto, a una delle notizie più clamorose, inattese e sorprendenti che si ricorderanno negli ultimi anni e in quelli a venire. E che in pochi minuti era già finita sulle prime pagine on line di quotidiani, siti di informazione, radio, televisioni, agenzie e social network, tra le incredulità iniziali e le conferme successive. «L'ho saputo subito», spiega il 49enne sacerdote e giornalista rendenero, «anche se non ero lì. Ma sono stato avvisato subito, per potermi mettere immediatamente al lavoro». Tra i cardinali presenti alla canonizzazione c'era infatti anche il cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana di cui l'Ufficio comunicazioni sociali è il «megafono» mediatico. «Credo che nessuno dei presenti, all'infuori del pontefice stesso, sapesse quale fosse l'annuncio che il Papa stava per dare. La sorpresa e lo sconcerto, anche quelli con cui mi è stata data la notizia, sono stati grandi». Pochi minuti dopo, la nota con le dichiarazioni di Bagnasco: «Una decisione che ci lascia con l'animo carico di dolore e di rincrescimento; ancora una volta Benedetto XVI ha offerto esempio di profonda libertà interiore. Il Signore Risorto, Pastore dei pastori, continua a essere il nocchiero della Chiesa e assicura al Papa la profonda gratitudine e l'affettuosa vicinanza dei vescovi italiani per l'attenzione costante che ha avuto per il nostro Paese e per la guida sicura e umile con cui ha indirizzato la barca di Pietro». Parole non di circostanza perché «il legame che questo Papa ha saputo stringere con i vescovi italiani e l'Italia tutta è stato davvero intenso. Ha certamente rivestito il suo ruolo di pastore di tutta la Chiesa cattolica al meglio, ma sapendo nel contempo stringere e coltivare con il paese in cui ha vissuto una IL RICORDO vicinanza davvero particolare», spiega don Ivan. Che prosegue: «È stato un gesto forte, che ha lasciato tutti sgomenti, ma allo stesso tempo ha dato a tutti un grande senso di leggerezza legato alla grande libertà che il Papa ha saputo dimostrare compiendolo. E di stima, per la decisione di dichiarare in prima persona, confidandosi precedentemente quasi con nessuno, questa sua scelta con cui ha voluto suggellare il suo pontificato. Ha dimostrato libertà, umiltà e soprattutto un grandissimo rispetto per la fede, proprio per la quale ha deciso di compiere questo passo indietro, riaffidando la Chiesa ad un pastore che abbia più forza di lui per guidarla. Una scelta fatta in un giorno non casuale, peraltro: oggi nel calendario cristiano si ricorda l'apparizione della Vergine di Lourdes. Non credo si sia trattato di una semplice coincidenza. Nessun religioso compierebbe un passo tanto importante in un momento a caso, senza dubbio la giornata è stata scelta con cura». Una giornata con monsignor Vlsintainer in vai dì Non Ratzinger «turista» a S. Romedio TRENTO - Non solo a Trento. Joseph Ratzinger, prima di diventare Papa nel 2005, aveva fatto una visita anche in vai di Non. Lo aveva ricordato monsignor Severino Visintainer a Vita Trentina qualche anno fa quando aveva rammentato l'intera giornata trascorsa con Ratzinger a Sanzeno e a San Romedio. Durante il periodo del suo vicariato generale della Diocesi trentina, Visintainer, qualche anno prima della nomina a Papa del cardinale Ratzinger, aveva incontrato il futuro Benedetto XVI. «Ero vicario generale, stavo passando qualche di riposo a Salter, quando mi hanno telefonato che il cardinal Ratzinger - in ferie a Bressanone - era interessato a visitare Sanzeno e San Romedio» aveva detto Visintainer nell'intervista a Vita Tren- tina. «Arrivò da solo - precisa - e ci recammo nella Basilica di Sanzeno: gli presentai la storia della chiesa, soffermandomi a lungo sui martiri anauniesi, San Vigilio, i rapporti con Sant'Ambrogio, Simpliciano e Crisostomo. Abbiamo quindi visitato il santuario di S. Romedio, ripercorrendone la tradizione, orso compreso...». Monsignor Visintainer chiarisce come quella fosse «un'occasione unica, in quanto passammo insieme la giornata. A pranzo ci fermammo a Malgolo, al ristorante "Nerina", dove, specie da quando è diventato Papa, rimpiango di non aver scattato nemmeno una fotografia», aveva confessato lo stesso Visintainer, che chiarì anche come la sua frequentazione con Ratzinger risaliva a oltre 50 anni fa. L'ex vicario generale, infatti, spiegò di aver «avuto modo di frequentare alcune sue lezioni a Bonn. Era il 1959, mi trovavo in Germania per un semestre: il giovane Ratzinger iniziava proprio allora ad insegnare. Gliel'ho ricordato in occasione della nostra giornata in Val di Non». Insomma, per Ratzinger, che usualmente va in Sudtirolo per le vacanze, quel Sudtirolo che gli è caro anche per il fatto di essere in parte originario, per parte di madre, di quella provincia, quella vissuta assieme a monsignor Visintainer era stata una giornata di svago, un giorno quasi da turista di luoghi impregnati di religiosità come il santuario di San Romedio con la sua storia centenaria e l'aura di spiritualità che da esso promana. «Una scelta coerente» L'ex cerimoniere monsignor Viviani «Ratzinger così rafforza papato e Chiesa» ANGELO CONTE TRENTO - «Me l'aspettavo: non oggi non in questo periodo generale, ma conoscendo Benedetto XVI, questo è un gesto coerente con la sua personalità». Monsignor Giulio Viviani, per 12 anni al fianco di Papa Giovanni Paolo II, per altri cinque, sempre come cerimoniere pontificio, Monsignor Viviani, le dimissioni di Papa Benedetto XVI sono state definite un fulmine a del sereno. Cosa ne pensa? Io me le aspettavo, conoscendo la personalità del pontefice, lo ritengo un gesto coerente con la sua visione e che a fianco di Joseph Ratzinger, commenta così la decisione del pontefice di dimettersi alla fine di questo mese. «Ratzinger non si sentiva un padre di famiglia come Giovanni Paolo II che non poteva abbandonare, ha un'altra visione del suo ruolo, ed è consapevole della fatica, probabilmente è più affaticato e stanco di prima. Il suo gesto rafforza sia il Papa come istituzione sia la Chiesa nel suo complesso». rafforza il papato e la Chiesa. Va considerato la diversità di visuale con cui Benedetto XVI ha affrontato il pontificato anche per il fatto che è diventato papa già anziano, mentre Giovanni Paolo II aveva assunto l'incarico molto più giovane, quando aveva 58 anni e si riteneva un padre di famiglia che non può andare in pensione dal suo ruolo. Mi sembra un gesto dovuto alla stanchezza per dire: "ho dato tutto quello che potevo dare e a un certo punto la- scio la Chiesa a mani più giovani". Molti si aspettavano, vista l'età avanzata, che il pontificato di Ratzinger potesse durare 5 anni, è arrivato invece fino a 8. Che significato ha avuto il suo pontificato? Ratzinger ha affrontato la successione a papa Giovanni Paolo II, cosa che non era facile, e che Benedetto XVI era in grado di sopportare o meglio ancora di supportarla. Durante il Conclave precedente, infatti, la figura di Ratzinger si era imposta sopra tutti gli altri in maniera chiara, lo si percepiva, perché in quel conclave aveva il ruolo di decano del collegio. Rispetto a Giovanni Paolo II è stato di rottura o ha proseguito la sua opera? Non certo per sua intenzione, sulla scia del pontefice precedente, ha continuato a far sì che il papa fosse visto come il vescovo del mondo. Un ruolo che aveva come rovescio della medaglia quello di mettere un po' in secondo piano il ruolo delle chiese e degli episcopati locali. Il prossimo pontefice dovrà invece, per così dire, rimanere più sullo sfondo? Ritengo che occorra tornare a una collegialità episcopale evitando una ec- LA VISITA cessiva centralizzazione romana, praticando quanto è già stato messo in evidenza dal Concilio Vaticano II. Non è certo stato l'uomo Ratzinger a voler accentrare, lui si è presentato con una statura teologica e morale molto alta e qualcuno talvolta ha avuto timore dentro la Chiesa di entrare in contrasto con una figura imponente come lui. Sul fronte del dialogo con le altre religioni monoteistiche, in particolare con l'ebraismo, Ratzinger è stato elogiato dal Rabbino di Gerusalemme. Sulla strada del dialogo con le altre religioni, Benedetto XVI ha seguito la strada già tracciata dai suoi predecessori. Ha dialogato con gli altri senza fare sconti. La grande attenzione al mondo ebraico è tipico della Germania che ha cercato il dialogo con gli ebrei, dopo quanto accaduto in precedenza. L'attenzione all'Islam c'è stata ed è stata anche molto critica, basta pensare alla reazione del pontefice rispetto all'ingresso della Turchia in Europa. Tra i temi affrontati da Benedetto XVI il richiamo alla figura di Cristo. Che significato dare a questi riferimenti? La particolare attenzione a Gesù Cristo nei libri di Ratzinger e nei suoi dialoghi indica che non ci dobbiamo per..dereajvedereletantecose nel mondo. ma dobbiamo ricordare sempre che siamo cristiani: lui ce lo ha ricordato. Quali le sfide ha davanti la Chiesa dopo Benedetto XVI? Si deve portare avanti un dialogo in questioni come quelli della vita matrimoniale, come gli sposati e i divorziati, di vita sessuale, o del sacerdozio dato o meno agli sposati. Sono tematiche che vanno affrontate prima o poi con una certa decisione. In ogni caso, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, occorre dire alla Chiesa e all'umanità come va vissuto e riproposto. Che pontefice arriverà secondo lei dopo Ratzinger? Credo che serva una figura di papa meno "ingombrante", più capace di vivere da servo dei servi di Dio. Certamente, poi, ci si è resi conto che serve un papa giovane che prenda in mano tante situazioni, al di là di un papa teologo o pastore. Sarà un pontefice che venga da fuori Europa? È difficile fare pronostici. Più che una corrente, serve trovare una persona carismatica, dall'Africa e dall'Asia non vedo figure così carismatiche o capaci dai Paesi del Terzo mondo, forse dall'America Latina. Ratzinger partecipò al Festival di musica sacra e ad una tavola rotonda sull'Europa Da cardinale arrivò a Trento nove anni fa TRENTO - Una visita ufficiale a Trento, meno di un anno prima di diventare Papa, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, l'aveva fatta all'inizio di maggio del 2004. Tre gli appuntamenti in calendario in quell'occasione, la partecipazione alla cerimonia inaugurale del Festival di musica sacra e una tavola rotonda sull'Europa programmata all'Istituto trentino di cultura. Un problema con il volo da Roma aveva di fatto costretto il cardinale Ratzinger a saltare il primo appuntamento. Giunto in macchina a Trento, si era comunque incontrato brevemente con il presidente dell'Ite, Gianni Bonvicini, e con il professor Antonio Autiere, cui aveva illustrato la sua visione I Ratzinger venne a Treni» da cardinale dell'Europa. «I cattolici - aveva detto all'Adige a margine del colloquio - hanno una grande eredità "morale", e una grande eredità "razionale" da spendere. Hanno una grande tradizione di umanesimo e quindi la responsabilità di "illuminare la ragione" senza imporre la loro fede agli altri. "Illuminare la ragione" significa aiutare a trovare le strade morali che possono unire un continente e possono essere quindi anche positivi per tutto il mondo. Questo servizio, per una "ragione" che non rimane soltanto "tecnica", ma diventa anche umana e morale, rappresenta sempre una missione propria dei cattolici». Da qui il rinnovato monito affinché «il richiamo alle "radici cristiane" sia esplicitamente menzionato dalla Costituzione europea». In proposito, Ratzinger aveva sottolineato che «Cristo ha un ruolo anche per le altre culture: il suo volto è un'immagine di Dio, che è un Dio della pace, un Dio dell'amore, un Dio della riconciliazione, un Dio che ci dà anche criteri morali per una vita degna che risponda a tutta la ragione umana». Ratzinger aveva anche preso parte alla concelebrazione in Duomo, assieme all'arcivescovo di Trento Luigi Bressan. E in quella circostanza l'Arcigay aveva manifestato davanti all'entrata della cattedrale: contestava al cardinale le sue prese di posizione contro le coppie omosessuali. Don Valentini e Ratzinger: «Uomo di dolcezza teutonica» Il parroco: «Ha affrontato a viso aperto i problemi della Chiesa» TRENTO - «Un uomo dalla dolcezza teutonica: un ossimoro che descrive bene il carattere di Benedetto XVI. Un tedesco, con l'animo ovviamente tedesco, che non suscita emozioni e simpatia con i suoi modi, ma chiunque abbia capacità di ragionare, non può non volere bene a quest'uomo». Don Agostino Valentini, parroco di Mezzocorona, d o p o essere stato per anni al vertice dell'ufficio stampa della Diocesi, ha avuto m o d o di incontrare Benedetto XVI diverse volte a Roma, dove il trentino si recava spesso per conto della Cei. «In quelle occasioni c'era il tempo per un saluto, lui mi sorrideva, io gli dicevo buongiorno eminenza, e poi ognuno andava per la sua strada». Meno di un anno prima c h e Ratzinger v e n i s s e n o m i n a t o Papa col n o m e di Benedetto XVI, nel maggio del 2004, il car- dinale tedesco era arrivato a Trento, e a guidarlo d u r a n t e l'intera giornata nella città del Concilio era stato proprio don Valentini. Che in quell'occasione aveva potuto osservarlo più da vicino e di conoscerne meglio il carattere. «Lo portavo da un'intervista all'altra, e lui era sempre disponibile. Per descriverlo parlerei di dolcezza teutonica, un ossimoro che però lo definisce bene» spiega il parroco di Mezzocorona. Come per monsignor Giulio Viviani, anche per don Valentini la scelta delle dimissioni non arriva come un fulmine a ciel sereno. «Dentro di me mi dicevo in queste settimane, conoscendo la visione della Chiesa che Ratzinger ha, che se c'è un Papa che si può dimettere, allora è proprio questo». Una previsione che adesso diventa certezza per un caso che, «a parte Celestino V che lo fece» non ha precedenti nella storia recente della Chiesa. C'è chi critica la decisione del Papa, ricordando che il suo predecessore, aveva tenuto fede al suo ruolo fino alla fine, non abbandonando la propria missione neppure di fronte a una situazione di salute sempre più difficile. Don Valentini ritiene, da parte sua, che la decisione di Ratzinger è «una co- sa bellissima, perché il Papa dimostra di credere alla Chiesa: lui aveva perplessità secondo me sulla tenacia con la quale Wojtyla aveva resistito. Credo lo abbia fatto per amore della Chiesa, perché questa ultima non è una gerontocrazia e per quanto una persona possa essere lucida con la testa» serve energia fisica. Don Valentini riconosce poi a Ratzinger il fatto di aver interpretato il proprio ruolo con una serietà e serenità che gli derivano dalla propria indole teutonica. Dopo la scomparsa di Wojtyla «il momento era delicato e la successione a Giovanni Paolo II era molto difficile. Ratzinger ha accettato il pontificato perché prendeva le sue responsabilità anche se in cuor suo voleva passare la sua vita in Germania. Da buon tedesco ha assunto su di sé un ruolo, che forse non voleva, e lo ha portato avanti». Secondo molti osservatori, infatti, dopo una vita a Roma, per Ratzinger la prospettiva più gra- dita era quella di un ritorno nella sua Germania. Sul rapporto con Wojtyla, secondo il parroco di Mezzocorona, tra l'altro, tra Ratzinger e il suo predecessore «non c'era affetto fraterno, piuttosto il rispetto che si deve al ruolo ricoperto come pontefice». Nei suoi otto anni di pontificato, che finiranno il 28 di questo mese, «Ratzinger ha dato una immagine teologica della Chiesa» e inoltre da «intellettuale e da uomo sereno ma anche rigoroso, ha caratterizzato con queste due caratteristiche la Chiesa stessa». Proprio la sua cultura teutonica, nordica, più adatta, secondo don Valentini, ad affrontare in modo diretto i problemi, anche gravi, che sono emersi durante il suo pontificato, gli ha consentito di «affrontare a viso aperto i grandi problemi come la pedofilia o di parlare in maniera diretta, come quando ha parlato chiaramente della presenza di sporcizia nella Chie- Anche per questa capacità di non nascondersi davanti ai temi più difficili, don Valentini ritiene che Ratzinger non possa essere considerato «un conservatore, ha governato la Chiesa sapendo che era ed è un Papa di transizione, un uomo che crede a quanto fa». Una transizione che, secondo don Valentini, potrebbe portare a una nuova era all'interno della Chiesa cattolica. «Il suo successore? Credo che questa possa essere la volta buona per l'elezione di un pontefice non europeo» perché la «Chiesa segue il cambiamento». Don Valentini era stato chiamato in causa quando si era diffusa la speranza che il Papa venisse a Trento. Poi, invece, aveva scelto Bressanone. «È andato lì perché era solito andarci in vacanza, ma non è che se non viene il Papa in visita, l'affetto per la Chiesa diminuisce», conclude don Valentini. A. Con. • Due settimane di relax in seminario, con pochi momenti pubblici Nel 2008 la vacanza a Bressanone TRENTO - Nell'estate 2008 Benedetto XVI trascorse un paio di settimane di vacanza a Bressanone, quando soggiornò al seminario Maggiore. Fu un periodo di riposo piuttosto appartato, tuttavia non mancarono momenti di incontro con i fedeli che si assieparono nel centro altoatesino, per esempio, in occasione dei due Angelus domenicali del 3 e del 10 agosto. Il pontefice era uscito dal seminario anche per un incontro con il clero e in altre due occasioni: la visitare alla tomba di un suo amico e l'omaggio - a Oies in vai Badia - alla casa natale del primo santo altoatesino, Giuseppe Freinademetz, missionario in Cina. Il Papa è molto legato all'Alto Adige: quando era ancora vescovo e poi cardinale (fu papa Karol Wojtyla a sceglierlo, nel novembre del 1981, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede) andava già a Bressanone a trascorrere le vacanze. Con lui c'era sempre anche il fratello sacerdote, don Georg Ratzinger, che con Benedetto XVI condivide la passione per la lettura e la musica. Per il pontefice erano momenti dedicati anche alle passeggiate, nel giardino del seminario o anche nei dintorni, ma non sui sentieri di montagna amati invece da Giovanni Paolo IL Nel 2008 Joseph Ratzinger aveva riservato ai fedeli, durante l'Angelus, anche alcune considerazioni sulla bontà di quella «sosta ristoratrice per il fisico e lo spirito» tra i monti dolomitici. E proprio quei pensieri sulle vacanze avevano dato al Papa l'occasione di soffermarsi sul tema del relax e del divertimento che fra i giovani troppo spesso rischia di degenerare. «Non c'è bisogno - aveva detto - di ricorrere a modi sguaiati e violenti, all'alcool e a sostanze stupefacenti, che sono false evasioni, un tipico prodotto dell'attuale cosiddetta società del benessere che, per colmare un vuoto interiore e la noia che lo accompagna, induce a tentare esperienze nuove, più emozionanti, più estreme». Benedetto XVI aveva insistito su questo punto: «Anche le vacanze rischiano di dissiparsi in un vano inseguire miraggi di piacere. Mi sono riferito ai giovani perché sono i più assetati di vita e anche di esperienze nuove, e perciò sono i più a rischio. Ma la riflessione vale per tutti». Il Papa augurava quindi vere vacanze, di riflessione e raccoglimento, ad «una società dove si va sempre di corsa». Il senatore Pd: è un passo verso una Chiesa più democratica e meno imperiale ii # jà • • • i • • D ellai: «Atto rivoluzionario» Tonini: «Sono ammirato» I • • LUISA MARIA PATRONO [email protected] |Ol • TRENTO - Con queste sue dimissioni Benedetto VXI è riuscito a spiazzare tutti, anche i cattolici § impegnati in politica, tra i quali si raccolgono valutazioni ribaltate rispetto ai giudizi che hanno accompagnato questi otto anni di pontificato, con i tradizionalisti oggi «amareggiati» e i post-conciliari che esaltano la «modernità» del gesto. «Come sempre - è il primo commento dell'ex governatore Lorenzo Della!, capolista di «Scelta Civica con Monti» per la Camera - la Chiesa s'incarica di sovvertire le letture scontate e superficiali: il Papa cosiddetto conservatore e restauratore sorprende il mondo intero con un atto rivoluzionario, destinato a cambiare radicalmente il costume della cristianità, con intensità e rapidità che oggi nessuno può immaginare». «Non credo - sostiene Dellai - che siano stati determinanti l'età o la condizione fisica, quanto piuttosto la percezione di un "tempo nuovo", che si deve incarnare e di un "tempo antico", che stava per essere perduto. Penso che la decisione sconcertante e coraggiosa del Santo Padre, che è stato uno shock fortissimo per tutti i credenti non sia un gettare la spugna ma un atto d'amore per la Chiesa, un richiamo ad accelerare questa transizione verso tempi nuovi». Il senatore del Pd, Giorgio Tonini, candidato del centrosinistra al Senato nel collegio della Valsugana, si dice «commosso e ammirato per la decisione del Papa» che definisce come «una grande prova di coraggio e di umiltà di un Papa riformatore e non conservatore». Secondo il senatore del Pd, infatti, queste dimissioni rappresentano: «Un altro passo verso l'eliminazione di orpelli monarchici dalla figura del Papa e in fondo un rafforzamento di quella dimensione L'ASSESSOR conciliare che privilegia la collegialità dei vescovi seppure sotto la guida del Papa. L'idea infatti - continua Tonini - che il Papa si possa dimettere e quindi esserci un pontefice emerito in vita mentre un altro acquista il titolo del successore di Pietro è un passo verso una Chiesa più democratica e meno imperiale o monarchica. È una decisione che esprime un dialogo della Chiesa con la modernità». Sulle motivazioni il senatore Tonini si è fatto l'idea che siano «umanissime». «Anche al Papa - dice il senatore del Pd - è chiesto il pieno possesso delle facoltà fisiche e mentali e quindi sono un male minore per la Chiesa le dimissioni del Papa piuttosto che avere un pontefice impedito a svolgere con pienezza il suo mandato. Io lo avvicino molto alla decisione rivoluzionaria di Paolo VI che decise di porre un'età limite per i vescovi, non oltre i 75 anni, e per i cardinali in conclave, non oltre gli 80 anni. Queste decisioni furono molto criticate dai tradizionalisti, perché le vedevano come un elemento secolare che privilegiava una dimensione funzionale rispetto a una dimensione sacrale. La decisione di Benedetto VXI va nella stessa direzione. Il ministero del Papa può essere trasferito a un altro, non è più un ruolo a vita». Per Tonini ha influito nella scelta di Benedetto VXI anche l'insegnamento di Giovanni Paolo II che invece prese l'altra strada, quella di portare la sua sofferenza fino in fondo da Papa. «Nei vertici della Chiesa di allora - osserva il senatore - di cui Ratzinger faceva parte ci fu probabilmente una riflessione sul fine vita. Oggi sempre più la tecnica può prolungare la vita delle persone anche a scapito della pienezza delle funzioni vitali e della coscienza. Questo può portare a dilemmi morali tragici. È evidente che avere un Papa tenuto in vita in età avanzata senza poter parlare o con una coscienza intermittente può portare a situazioni inedite che in passate non esistevano. Probabilmente Ratzinger sente le forze che lo abbandonano e non vuole mettere la Chiesa in questa drammatica situazione. Può darsi che abbia deciso che in questo momento in cui è in pieno possesso delle sue facoltà mentali ci fossero le condizioni di serenità per lasciare evitando alla Chiesa in futuro di trovarsi di fronte una situazione molto difficile». In Pino Morandini, consigliere provinciale del Pdl, prevale invece l'amarezza per questa decisione. Il consigliere dice: «Sono rimasto molto colpito e amareggiato da questa scelta; prendo atto della decisione che rispetto perché chissà quanto sofferta. Mi dispiace molto perché Ratzinger è stato un Papa di grande profondità, umanità e razionalità di fede e proprio partendo dall'identità forte della sua fede ha saputo essere un Papa del dialogo con i non credenti. Ora conclude Morandini - è difficile dire cosa accadrà. I credenti devono pregare in questa fase perché lo Spirito Santo illumini la Chiesa e si giunga a un altro pontefice altrettanto autorevole». Lia Beltrami scioccata: «Mai successo prima» «Scelta razionale e moderna» Il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, si dice molto sorpreso: «Il primo pensiero che ho fatto è stato fare un confronto tra lui e Giovanni Paolo IL due stili diversi ma tutti e due positivi. Uno che ha voluto testimoniare il servizio alla Chiesa e al mondo anche in uno stato di fatica e di prossimità alla morte. L'altro che ha fatto una scelta non meno forte: una bella testimonianza di umiltà e di grande umanità. Si è reso conto di non avere più le forze per svolgere un ruolo di così grande importanza nel modo in cui viene richiesto e ha preferito farsi da parte. È importante che sia stato un Papa per primo a fare una scelta così coraggiosa». L'assessore provinciale alla cooperazione internazionale, Lia Beltrami Giovanazzi (Udc), ha incontrato Ratzinger più volte, sia quando era cardinale alla guida della Congregazione della dottrina della fede sia una volta diventato Papa. L'ultimo incontro risale all'anno scorso. «Sono rimasta scioccata - dice l'assessore Beltrami - perché non era mai successo prima. La ritengo una decisione umanamente razionale e moderna. Ha capito che doveva lasciare il governo della Chiesa quando ha sentito le forze allontarnarsi. Riguardo alla componente spirituale che ha portato alla decisione non è dato di sapere. Anche padre Lombardi è rimasto sorpreso, non sapeva nulla». «Quello di Ratzinger sostiene Beltrami - non è stato un pontificato facile, lui sapeva di non avere le doti comunicative del suo po dell'Upt in consiglio provinciale si è trattato di: «Un gesto che vale cento encicliche, una scelta di una straordinaria umanità. Pensan- do agli ultimi anni di papà Wojtyla, alla sua sofferenza, alla fragilità dell'uomo rispetto al ruolo, Papa Ratzinger ha dato il segno che nessu- predecessore, ma ha saputo avviare lavoro importante di riordine interno della Chiesa, innanzitutto facendo luce finalmente sulla questione pedofilia insabbiata per troppo tempo. Penso che abbia ritenuto che per portare avanti questo importante lavoro serva una persona che abbia l'energia per farlo». Il deputato e segretario della Lega nord Trentino, Maurizio Fugatti, candidato alla Camera su Twitter ringrazia Ratzinger per quello che ha insegnato e poi sottolinea: «È stata una notizia tra le più inaspettate. Benedetto VXI ha cercato di spiegare i rischi del relativismo culturale e ha ripristinato la possibilità per i sacerdoti di celebrare la messa con le spalle rivolte all'assemblea». Per Giorgio Lunelli, capogrup- no si aspettava». Giacomo Bezzi, candidato al Senato per Pdl-Lega dice: «Grande rispetto per la scelta coraggiosa del Papa».