Un antisemitismo metafisico - Carmelitane Scalze Concenedo

Monastero S.Maria del Monte Carmelo ::: Concenedo di Barzio
Un antisemitismo metafisico
di C. Dobner
Martin Heidegger ha attraverso la storia del secolo scorso e il pensiero che si è articolato nei tempi bui del nazismo e
della Shoah. Molto si è già scritto ma molto di più si scriverà sulla scia della sorpresa suscitata in Germania quando i
Quaderni neri, pubblicati nella primavera del 2014, saranno dati tutti alle stampe e consentiranno un confronto serrato,
cronologico e ideologico, relativo all’arco di tempo che coprono. Ancora inediti in Italia, si compongono di 1.200
pagine, stese dal 1931 al 1941, mentre i volumi successivi giungeranno fino al 1969.
La ricerca di Emmanuel Faye del 2005, Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia, aveva imposto una
virata nella concezione costruita intorno al ben noto «caso Heidegger», il Terzo Reich e sull’interrogativo relativo
al suo pensiero che ritiene gli ebrei immondi.
Il dibattito fra i filosofi di tutto il mondo è molto vivace, anche per la nuova prospettiva che i Quaderni neri aprono sul
pensiero heideggeriano.
Donatella Di Cesare, vice presidente della Martin Heidegger Gesellschaft, allieva di Hans-Georg Gadamer e docente di
filosofia alla Sapienza di Roma, ha intrapreso un lavoro ciclopico (per l’enorme massa di documenti e libri
consultati) e decisamente a tutto tondo sul filosofo tedesco di Messkirch: Heidegger e gli Ebrei. 1 Quaderni neri (Bollati
Boringhieri, novembre 2014).
Di Cesare afferma che i Quaderni neri «assomigliano al diario di bordo di una naufrago che attraversa la notte del
mondo, rischiarata da profondi sguardi filosofici e potenti visioni escatologiche».
Come ha proceduto la studiosa? Il punto centrale è l’Ebreo e afferma a chiare lettere “che la
‘questione ebraica’ è una questione metafisica”. Contro ogni possibile fraintendimento avverte che
il tema va affrontato entro la storia dell’Essere. Quale allora il rapporto tra l’Essere e l’Ebreo? In
che modo l’Ebreo minerebbe l’Essere?
Appare chiaro che l’Ebreo non risulta indifferente ad Heidegger ma «si è insediato per così dire nel cuore del
pensiero, nel centro della questione per eccellenza della filosofia».
L’antisemitismo di Martin Heidegger allora si dimostra metafisico e va considerato all’interno della
tradizione filosofica, che può risultarne indenne o coinvolta, ed esige anche una risposta all’interrogativo sulla
responsabilità della filosofia nello sterminio e una ricerca sulla la fenomenologia dei campi di sterminio.
Questo saggio, imponente per la ricchezza del contesto storico e filosofico che lo sostiene, e per la chiarezza della sua
andatura, non lascia fronti scoperti o il fianco aperto a critiche, si propone «di evitare di essere una ennesima storia
criminale della filosofia, non intende servire nessuna causa».
L’intento è quello universale di ogni filosofia che tale voglia dirsi: «Sollevare gli interrogativi filosofici, politici,
teologici, in tutta la loro gravità».
Tale premessa è stata ampiamente onorata e viene a costituire un sentiero che necessariamente bisognerà percorrere,
con passo lento e meditativo, nel tentativo di comprendere e di afferrare uno dei drammi personali che sconvolsero la
vita di Martin Heidegger ed ebbero una ricaduta pesante sul pensiero e sull’esistenza del mondo europeo a lui
coevo e anche odierno. Non si può confrontarsi con la Shoah senza conoscere il suo pensiero e la sua azione, sulla cui
vita grava l’ombra dei forni crematori e dell’annientamento degli Ebrei: «L’orrore che Auschwitz ha
introdotto nella storia non sta solo nell’annientamento, né solo nel numero delle vittime, ma nell’offesa
arrecata alla dignità della morte. L’idea che il cadavere meriti rispetto, e dunque l’idea della sepoltura, fa
parte del patrimonio etico dell’umanità. L’odore nauseabondo che usciva dai camini dei forni crematori è il
segno dell’oltraggio supremo che Auschwitz ha inferto alla dignità dei mortali».
Tutta la tradizione della filosofia tedesca, e anche della filosofia occidentale, va riletta da questo punto di vista che è una
luce oscura per la compromissione di Heidegger con il partito nazional-socialista e il breve rettorato a Friburgo.
Di Cesare però scandaglia più a fondo: il valore di rinnovamento della filosofia heideggeriano non viene messo in dubbio,
liberarsi della metafisica significava riscoprire l’Essere, ritornare ai greci, ancora prima di Socrate. L’autrice
sottolinea la continuità del pensiero filosofico tedesco con quello di Heidegger, per questo prende le mosse da un
excursus su Lutero per approdare a Adolf Hitler, letto in chiave filosofica con un fondamento teologico-politico. Manca
ancora una storia dell’antisemitismo nella filosofia occidentale: Kant aveva parlato di eutanasia
dell’ebraismo e per lo stesso Hegel non vi era posto nella storia dell’Occidente per l’ebreo.
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Nella filosofia elaborata da Martin Heidegger si trova un termine esserci che sostituisce quello di soggetto nelle filosofie
antecedenti e che conduce alla sostituzione dell’individuo a favore del popolo. Questo esserci non condivide con
tutti gli esserci un mondo unico ma ciascun esserci si relaziona, sempre se lo si considera da un punto di vista
ontologico, a più mondi diversi radicati sulla terra in cui sono nati. L’insieme di tutti gli esserci portano alla
realizzazione dell’Essere.
A ben riflettere non esiste una base più esplicita per dare ragione filosofica alla disuguaglianza umana e dare adito al
razzismo, in qualsiasi veste lo si voglia presentare.
Solo 14 volte in Quaderni neri ritorna il termine “ebreo” ma tale computo non è valido e sufficiente per
affermare che per Martin Heidegger l’Ebreo e l’ebraismo fossero marginali. In realtà innumerevoli sono
accenni agli Ebrei espressi con circonlocuzioni e termini diversi. L’essenza dell’Ebreo è di essere Weltlos ,
priva del mondo e non appartenente al mondo. Così viene declinato il fondamento ontologico dell’antisemitismo
del filosofo.
Gli Ebrei perciò non appartengono ad uno qualsiasi dei mondi, sono Weltlos, privi del mondo. Lo stesso Martin Heidegger
si spiega: l’elica dell’aereo è inanimata, non appartiene alla storia, quindi è Weltlos. Con riflessione
trasposta: gli ebrei sono come l’elica, non appartengono alla storia e tantomeno al mondo. Neppure, e Di Cesare,
lo sottolinea costantemente, alla storia dell’Essere. Infatti gli ebrei vivono immersi negli “enti”, in
quel mondo costituito da cose e oggetti con l’assoluta preclusione di giungere al contatto con l’Essere.
Ebreo perciò equivale a impedimento alla storia dell’Essere: «sebbene sia la storia dell’Essere il paesaggio
in cui l’Ebreo compare, se in quella storia non trova posto, se viene espulso dall’Essere, è perché, nella
definizione dell’Ebreo, Heidegger non abbandona la metafisica. Tuttavia non fu l’ispiratore di Hitler ma
cadde nella colpa di non aver compreso una realtà che si imponeva: Auschwitz è una rottura radicale nella storia».
Peraltro il filosofo non si allontanò molto dal pensiero e dall’azione concreta di Hitler, favorendo non solo il
massacro ma anche la scomparsa degli Ebrei con le sue categorie di “fabbricazione di cadaveri”,
“dominio della tecnica” e simili non ci si può avvicinare Auschwitz e , di conseguenza neppure comprendere
il mondo.
I due principi che reggono la speculazione heideggeriana: la concezione destinale della storia (e la conseguente
responsabilità morale degli individui nella rimozione dell’autonomia) ed l’assunzione di un principio di
comunità, aprono alla possibilità del Führerprinzip e dei legami con la terra e il sangue, consentendogli di esaltare
“l’intima grandezza del Nazionalsocialismo”.
Se filosoficamente gli ebrei sono nulla, verso questo stesso nulla vanno indirizzati.
La chiusura del saggio, in realtà un’apertura totale che delinea i parametri di fondo di altre ricerche sulla filosofia
della Shoah, tira una riga netta che costringe a riflettere e a riprendere tutta l’argomentazione svolta e dimostrata.
Donatella Di Cesare, citando Walter Benjamin, ripropone l’Angelo della storia il cui sguardo è rivolto
all’indietro sulle macerie, pur nell’occhio delle tempesta: «La tempesta non spira dal paradiso, non lo
solleva in alto. Il vento tagliente soffia gelido contro le sue ali e l’angelo resta immerso nelle brume della Foresta
Nera».
3 marzo
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