Metalogicon (2007) XX, 2 I modi del trascendentale nella Critica della Ragion pura Piero Di Vona Il trascendentale, questa dottrina alla quale Kant dové la sua fama di grande filosofo, nella Critica della Ragion pura ha forme diverse ed aspetti multiformi. Noi ci proponiamo di confrontare la dottrina kantiana del trascendentale con la dottrina dei concetti “trascendenti” dell’ontologia scolastica dell'età moderna. Rispettando l'autorevole parere di Schopenhauer, ci serviremo di entrambe le edizioni principali del libro di Kant senza manifestare preferenze, proprio perché riconosciamo l'aspetto multiforme del trascendentale kantiano. Ricordiamo che per Kant l’orgoglioso nome di Ontologia, che presume di dare una dottrina sistematica delle conoscenze sintetiche a priori delle cose in generale, deve lasciare il posto al nome modesto e semplice di Analitica dell'intelletto puro, per la quale l’intelletto a priori non può mai superare i limiti della sensibilità dentro i quali soltanto gli oggetti ci sono dati. Solo il seguito di questo studio potrà dire se la nostra ricerca sia stata utile. Ma la pretesa di Kant di sostituire l’Ontologia con l’Analitica giustifica il confronto per noi doveroso che intendiamo fare tra il trascententale kantiano ed il trascendentale dell’ontologia moderna. Due definizioni sono rimaste famose, e sono quelle che indicano per tutti il significato filosofico del trascendentale kantiano, il suo senso puramente gnoseologico, e la ragione della rivoluzione copernicana che l’accademico di Pietroburgo attribuisce alla sua filosofia: “Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli oggetti, in quanto questa dev’essere possible a priori. Un sistema di siffatti concetti si chiamerebbe filosofia trascententale”. E ancora: “non bisogna, cioè, chiamare trascendentale ogni conoscenza a priori, ma soltanto quella onde 95 Metalogicon (2007) XX, 2 conosciamo che, e come, certe rappresentazioni (intuizioni o concetti) vengono applicate o sono possibili esclusivamente a priori: cioè la possibilità della conoscenza, o l’uso di essa a priori”. Kant spiega che lo spazio e le sue determinazioni geometriche non sono rappresentazioni trascendentali, ma lo è soltanto “la conoscenza dell’origine non empirica di queste rappresentazioni, e la possibilità che hanno tuttavia di riferirsi a priori agli oggetti dell’esperienza”. L’uso dello spazio riferito agli oggetti in generale sarebbe trascendentale, ma è empirico, se è limitato solamente agli oggetti dei sensi. Questa distinzione del trascendentale dall'empirico appartiene per Kant alla critica delle conoscenze, e non riguarda il rapporto delle conoscenze col loro oggetto.1 Notiamo che Kant distingue il trascendentale dall'empirico e dal trascendente. Questo spiega che per lui il trascendentale possa avere un senso anche quando non è riferito all'intuizione sensibile. La Scolastica medievale e moderna distingue, invece, il trascendentale dal categoriale, e presso taluni autori (Zaccaria Pasqualigo) dal categoriale ed insieme dal sovraeminenziale che spetta a Dio solo. Le categorie kantiane sono trascendentali, ma anche tra esse incontriamo forme trascendentali diverse. Così l'unità e la realtà sono trascendentali semplici ed assoluti, mentre inerenza e sussistenza, causalità e dipendenza, necessità e contingenza sono trascendentali relativi, almeno per quegli scolastici che ammettevano dei trascendentali relativi quando i due termini delle suddette distinzioni vengono considerati insieme, e formano in tal modo dei trascendentali congiunti. Il motivo di questa ammissione era che non c’è nessun ente che sfugga all'uno od all’altro termine delle alternative considerate. Ai testi, che presentano il trascendentale come un 1 IMMANUEL KANT, Kritik der reinen Vernunft herausgegeben von Benno Erdmann, Berlin und Leipzig, Walter De Gruyter, 1923, pp. 59, 93-94, 240. IMMANUEL KANT, Critica della Ragion pura, Roma-Bari, Laterza, tomo I, pp. 58, 97, 250. Nel seguito l'edizione tedesca sarà citata col nome Erdmann seguito dall'indicazione delle pagine. La traduzione italiana sarà citata col nome Laterza seguita dal numero romano indicante il tomo, e da numeri arabi indicanti le pagine. 96 Metalogicon (2007) XX, 2 avvertimento critico spettante alla teoria della conoscenza,2 se ne aggiungono altri che ricorrono in tutta la Critica della Ragion pura, i quali affermano che i termini trascendentali kantiani valgono solamente in rapporto con l'esperienza, e che senza questo riferimento sono vuoti. Ricordiamo alcune affermazioni kantiane particolarmente significative per quest'ultimo aspetto del suo pensiero. Kant ci dice che la ricerca della possibilità di ogni esperienza è senza dubbio trascendentale.3 La tesi di Kant che senza le intuizioni i concetti sono vuoti, e senza i concetti le intuizioni sono cieche, è ben nota. L'intelletto può solo fare un uso empirico, ma mai trascendentale di tutti i suoi princìpi a priori, anzi di tutti i suoi concetti.4 Nonostante queste affermazioni, nella Critica della Ragion pura c'è anche una concezione più generale del trascendentale, che può giustificare la straordinaria molteplicità delle sue applicazioni almeno in parecchi casi. Il pensiero è l'atto del riferire un'intuizione data ad un oggetto. Se la specie di questa intuizione non è data in nessun modo, allora l’oggetto è semplicemete trascendentale, ed il concetto intellettivo ha solo un uso trascendentale e non empirico. Questo significa che il trascendentale è l'unità del pensiero di un molteplice in generale (“die Einheit des Denkens eines Mannigfaltigen überhaupt”). In tal senso mediante la categoria pura non viene determinato un oggetto, ma viene espresso solamente in vari modi il pensiero di un oggetto in generale.5 Questi sono i principali sensi che Kant attribuisce al trascendentale nella Critica della Ragion pura. Essi non sono né metafisici, né fisici, ma soltanto gnoseologici in accordo con la rivoluzione copernicana. Dobbiamo osservare che intorno al significato gnoseologico del trascendentale ruota tutta l'indagine sul trascendentale posteriore a Kant. A questo significato gnoseologico si attengono anche i gesuiti che appartengono alla “deutsche Maréchal-Schule”, come il teologo Karl Rahner ed il 2 3 4 5 Erdmann, pp.93-94. Laterza, I, p. 97. Erdmann, pp. 123, 297. Laterza, II, pp. 320,650. Erdmann, pp. 90-91, 236, 250. Laterza, I, pp. 93-94, 245, 259-260 Erdmann, pp. 240-241. Laterza, I, p. 250. 97 Metalogicon (2007) XX, 2 filosofo Johannes Lotz. Questi si è proposto di conciliare il trascendentale kantiano con l’ontologia tomista.6 Anche per lui l'io penso kantiano è la condizione suprema di ogni esperienza. Ma Lotz non si pone il problema del fondamento dell’accompagnamento dell’io penso kantiano. Ad onta del titolo del suo libro, la sua trattazione dell'idea del trascendentale rimane modesta, perché la sua analisi non si occupa mai dei modi del trascendentale, e concerne solo la distinzione generica del trascendentale kantiano dal trascendentale scolastico. L’ultimo senso del trascendentale kantiano che abbiamo illustrato, predomina nella Dialettica trascendentale e nella dottrina kantiana delle idee. Infatti, sebbene Kant dica che i concetti trascendentali della ragione non sono che idee, ma che non per questo debbono essere ritenuti superflui e nulli, perché, pur non potendo determinare nessun oggetto, possono servire all'intelletto da canone per estendere e rendere coerente il suo uso,7 ben più precisamente si esprime quando parla del canone della ragion pura. Come è noto, allora Kant afferma che l’Analitica trascendentale è stata il canone dell'intelletto puro, perchè soltanto questo è capace di vere conoscenze sintetiche a priori. Ma dove non sia possibile il retto uso di una facoltà conoscitiva, allora non c'è canone. Ora è del tutto impossibile ogni conoscenza sintetica della ragion pura nel suo uso speculativo, e dunque non si dà un canone dell'uso speculativo della ragion pura perché questo è del tutto dialettico. Per conseguenza, dovunque ci sia un retto uso della ragion pura, ci deve anche essere un canone del suo uso, ma questo riguarderà solamente l’uso pratico della ragione, e non l'uso speculativo.8 Nondimeno, Kant fa un uso straordinario e molto vasto del termine trascendentale nella sua Critica della Ragion pura. Perciò, come ci si può aspettare, il senso più generale di questo termine si estende oltre i limiti della Dialettica trascendentale. Questo accade col concetto di oggetto che è ciò nel cui concetto il molteplice di 6 JOHANNES B. LOTZ, Esperienza trascendentale, trad. it., Milano, Vita e Pensiero, 1993, pp. XXII, 6-19. 7 Erdmann, p.289. Laterza, II, p. 309. 8 Erdmann, pp. 574-575. Laterza, II, pp. 606-607. 98 Metalogicon (2007) XX, 2 una data intuizione è unificato. Oggetto è preso talora da Kant in senso costitutivo come oggetto empirico riferito alla unità sintetica della coscienza.9 Tal altra volta è preso in senso problematico ed allora ricorre in tutta la Critica della Ragion pura. Un concetto problematico è un concetto non contraddittorio, la cui verità oggettiva non può in nessun modo essere conosciuta.10 Infatti, per Kant il pensiero è l’atto del riferire una intuizione data ad un oggetto. Se la specie di questa intuizione non è data in nessun modo, allora l'oggetto è smplicemete trascendentale, ed il concetto intellettuale ha soltanto l'uso trascendentale dell'unità del pensiero di un molteplice in generale. Le nostre rappresentazioni si riferiscono agli oggetti o come fenomeni o come termini del pensiero in generale. E tuttavia un oggetto puramente intellegibile, pensato mediante pure categorie, ma senza schema della sensibilità da Kant viene pur detto impossibile.11 Anche il concetto di soggetto trascendentale comporta un duplice significato del termine trascendentale. Anch’esso talora è preso nel senso costitutivo di unità sintetica della coscienza che forma l’oggetto dell'esperienza. Ma altra volta il soggetto trascendentale dei pensieri è qualcosa di ignoto = x che non viene conosciuto se non per mezzo dei pensieri che sono suoi predicati.12 Lo stesso duplice significato del trascendentale vale per le categorie. Anche la categoria pura può fare astrazione da ogni condizione dell'intuizione sensibile, ed esprimere in vari modi solamente il pensiero di un oggetto in generale. In tal senso le categorie si estendono più in là dell'intuizione sensibile perché pensano oggetti in generale senza guardare alla speciale maniera di sensibilità nella quale gli oggetti possono essere dati. Ma così operando, le categorie non determinano una più grande sfera di oggetti, perché non è ammissibile che tali oggetti possano esserci dati senza presupporre una intuizione diversa da quella sensibile. Kant riafferma che l'intelletto e la sensibilità solo unendosi 9 Erdmann, p. 130. Laterza, I, pp. 135-136. 10 Erdmann, p. 247. Laterza, I, pp. 256-257. 11 Erdmann, pp. 240-241, 265, 291-292. Laterza, I, pp. 250, 278; 12 Erdmann, pp. 130, 299. Laterza, I, pp. 135-136; II, p. 322. 99 II, p. 312. Metalogicon (2007) XX, 2 possono determinare in noi gli oggetti.13 Senza le condizioni formali della sensibilità, le categorie pure hanno un nudo significato trascendentale, ma non un uso trascendentale.14 Non potendo in questo scritto fare l'analisi completa dell'uso del termine trascendentale nella Critica della Ragion pura, ci permettiamo, tuttavia, di darne qualche significativo esempio. Leggendo questo libro abbiamo incontrato più di ottanta termini da Kant denominati trascendentali. Nondimeno, nella Critica della Ragion pura manca una teoria generale del trascendentale, e dei modi del suo “trascendere”. Oltre alle due definizioni più famose, delle quali abbiamo parlato, non c'è che il concetto più generale del termine, che abbiamo ritenuto di poter attribuire all’idea che Kant si era fatta del trascendentale. I termini elementi, sintesi, estetica, analitica, spazio, tempo, categoria, io penso ed io sono, appercezione ci sembrano accordarsi con le due più famose definizioni di Kant. Questo vale anche pei termini schematismo e schema, quando si riferiscono solamente all'intelletto, ma non quando spettano alle idee,15 poiché allora il significato di trascendentale è quello più generale da noi menzionato. Di quest'ultimo significato gli esempi più rilevanti sono idee ed oggetto. Kant fa la fondamentale osservazione che il più alto concetto di una filosofia trascendentale è proprio quello di oggetto (“Gegenstand”). Sebbene Kant non lo dica, almeno per noi, che lo studiamo, questa precisazione di Kant dovrebbe significare che il più alto significato del trascendentale nella Critica della Ragion pura è quello più generale che spetta al più alto concetto di una filosofia trascendentale,16 e non quello più famoso definito da Kant, del cui uso abbiamo parlato. Poiché siamo in argomento, ed intendiamo confrontare la dottrina kantiana del trascendentale con la dottrina dei concetti “trascendenti” elaborata dall'ontologia scolastica dell'età moderna, allora dobbiamo dire che nella Critica della Ragion pura Kant non 13 14 15 16 Erdmann, pp. 241, 247, 249-250. Laterza, I, pp. 250, 256, 259-260. Erdmann, p. 242. Laterza, I, p. 251. Erdmann, pp. 499, 517. Laterza, II, pp. 518, 540.. Erdmann, p. 267. Laterza, I, p. 281. 100 Metalogicon (2007) XX, 2 ha fatto la critica del concetto trascendentale di ente, e dei concetti trascendentali di “res” e di “aliquid”. La metafisica che egli considera e critica concerne le idee dell’anima, del mondo e di Dio, ossia l'immortalità dell'anima, la libertà e l’esistenza di Dio, che sono idee spettanti alla metafisica speciale, la sola criticata da Kant, e non alla metafisica generale. Non è vero che esista una tesi di Kant sull’essere, come pensa Heidegger in un suo scritto del 1961 (Kant These über das Sein) poi ripubblicato nella raccolta Wegmarken del 1967.17 Per Kant l’essere è semplicemente la posizione di una cosa o di certe determinazioni in se stesse.18 Ma che significa “Position eines Dinges an sich selbst”? Ha lo stesso senso di “Ding an sich” distinta dal fenomeno? Indica la positiome di un oggetto per me, di un oggetto empirico in virtù dell'attività sintetica e spontanea dell’io penso? O ancora l’oggetto in generale in senso problematico, come una x a noi ignota?19 Certo l'essere di cui parla Kant non è l'ente inteso in senso trascendentale dalla Scolastica medievale e moderna. Ma nemmeno si deve pensare all’atto d'essere tomista, depotenziato da Heidegger in un essere indeterminato e misterioso distinto dall'ente. L’abbiamo veduto. Il più alto concetto di una filosofia trascendentale per Kant non è il concetto trascendentale di ente, ma il concetto di oggetto. E tuttavia non possiamo nemmeno dire che Kant abbia voluto sostituire il concetto scolastico di ente trascendentale col concetto critico di oggetto, perchè Kant assume il concetto di oggetto, il più alto di una filosofia trascendentale, in modo problematico senza decidere se questo concetto di oggetto sia qualcosa (“Etwas”) o niente (“Nichts”). Lo scritto di Heidegger da noi menzionato non svolge nessuna considerazione sul trascendentale kantiano o sul trascendentale scolastico. Ma porre il lettore nella necessità di sollevare una questione filologica sul significato della “Position 17 18 MARTIN HEIDEGGER, Segnavia, Milano, Adelphi, 1987, pp. 393-427. Erdmann, p. 462: “Sein... ist bloss die Position eines Dinges oder gewisser Bestimmungen an sich selbst”. Laterza, II, p. 472. 19 Erdmann, pp. 132, 133-134 (1781). Laterza, II, pp. 655, 656. 101 Metalogicon (2007) XX, 2 eines Dinges an sich selbst”, non è certo stabilire con certezza che esista una tesi di Kant sull’essere, certo non sulla base della semplice affermazione che l'essere non è un concetto, ma la semplice posizione di una cosa o di certe determinazioni in se stesse. Dopo aver precisato questo importante punto, vediamo ora qual è la ragione per la quale i termini trascendentali kantiani “trascendono” le rappresentazioni ed i concetti cui sono superiori, e che da essi dipendono. Trattando questo argomento giustificheremo la nostra precedente asserzione che il trascendentale kantiano ha forme diverse, non concordanti e multiformi. Ma prima di trattare tutto questo argomento, dobbiamo rilevare che nella Critica della Ragion pura Kant si riferisce spesso all'astrazione e se ne serve, ma senza mai precisare a quale teoria dell'astrazione egli aderisca tra quelle elaborate fin dal Medioevo. Egli si serve dell’astrazione per separare l’intuizione pura ed i concetti dell’intelletto dalla sensazione; per astrarre gli oggetti esterni dall’intuizione pura; per astrarre il tempo dai fenomeni e stabilire la soggettività del tempo e dello spazio; per astrarre la logica dal contenuto della conoscenza, dalla diversità degli oggetti e dalle condizioni empiriche; per astrarre dal contenuto di un giudizio nella ricerca della tavola dei giudizi, e ancora per costruire un concetto geometrico e per l’astrazione algebrica dalla quantità. E si potrebbe continuare.20 La dottrina kantiana del concetto comporta che questo è una rappresentazione contenuta (“enthalten ist”) in un numero infinito di rappresentazioni possibili che, perciò, sono sussunte sotto il concetto.21 Se dovessimo attenerci a questa dottrina generale del concetto, allora dovremmo dire che la trascendentalità di un concetto kantiano rispetto agli inferiori si verifica per inclusione del concetto nelle trappresentazioni ad esso subordinate. Kant non inventa nulla, perchè questo concetto del trascendentale è una 20 Erdmann, pp. 66, 67, 71, 72, 74, 77, 79, 80, 81, 83, 91, 93, 95, 101, 105, 528, 530. Laterza, I, pp. 66, 67, 71, 75, 78, 80, 82, 83, 85, 94, 95, 96, 97, 99, 107, 111; II, pp. 552, 553. 21 Erdmann, pp. 70, 129 nota. Laterza, I, pp. 70, 135 nota. 102 Metalogicon (2007) XX, 2 dottrina di S. Tommaso d'Aquino ben stabilita e trasmessa all'ontologia dell'età moderna.22 Ma se ci rivolgiamo alla dottrina kantiana del giudizio, le cose si complicano. Kant divide i giudizi in analitici e sintetici. Come è noto, il predicato di un giudizio analitico è sempre contenuto nel soggetto (“enthalten ist”). Invece, il predicato di un giudizio sintetico, a priori o a posteriori, è solamente connesso con il soggetto (“Verknüpfung ohne Identität”) perchè esso si aggiunge al soggetto (“hinzuthun”, “hinzufügung”).23 Perciò è evidente che in un giudizio sintetico si può dare solamente un predicato trascendentale per aggiunzione o per adiacenza, e non per inclusione nel soggetto, giusta la dottrina dei concetti trascendenti stabilita nell’ontologia dell'età moderna almeno dalla metà del Seicento.24 Ma le complicazioni della dottrina kantiana del trascendentale non finiscono qui. Passiamo a considerare le forme dell’intuizione pura. Per Kant, a differenza del concetto, lo spazio non è contenuto, ma contiene infinite rappresentazioni. Inoltre, come forma pura a priori della sensibilità esterna, è costituito da parti collocate l'una fuori dell’altra, le quali si aggiungono per formare uno spazio più grande. S'impone la conclusione che la stessa struttura dello spazio kantiano comporti necessariamente che esso, come forma trascendentale “trascenda” per adiacenza tutte le rappresentazioni inferiori, le quali non possono comportarsi che come aggiunte allo spazio totale che le contiene.25 Diversa è la condizione che Kant attribuisce al tempo, forma generale dell’intuizione sensibile, come è ben noto. Per i paragrafi 4-7 della Critica della Ragion pura non c'è dubbio che il tempo sia il fondamento ed il presupposto di proposizioni sintetiche a priori, e perciò dovrebbe accompagnare tutte le nostre rappresentazioni o essere ad esse adiacente, e non essere incluso in queste.26 Ma nel capitolo sullo schematismo trascendentale il 22 Cfr. PIERO DI VONA, I concetti trascendenti in Sebastián Izquierdo e nella Scolastica del Seicento, Napoli, Loffredo, 1994, capitolo I, pp. 17-42. 23 Erdmann, pp. 48-54. Laterza, I, pp. 46-53. 24 Vedi PIERO DI VONA, I concetti trascendenti, ed. cit., pp. 293-341. 25 Erdmann, pp. 70, 253. Laterza, I, pp. 71, 264. 26 Erdmann, pp. 74-81. Laterza, I, pp. 74-83. 103 Metalogicon (2007) XX, 2 nostro Accademico afferma che il tempo è contenuto in ciascuna rappresentazione empirica del molteplice.27 Come questa trascendentalità per inclusione possa accordarsi con la trascendentalità per aggiunzione, per adiacenza o per accompagnamento, richiesta dai giudizi sintetici a priori, l'Accademico di Berlino non ce lo dice. Allora soggiungiamo subito che nella dottrina scolastica dei concetti “trascendenti” dell'età moderna la “trascendenza” per adiacenza e la “trascendenza” per inclusione si escludono reciprocamente. Quando c'è l'una non ci può essere l'altra: nessun concetto può essere insieme e sotto lo stesso rispetto incluso ed adiacente. Veniamo alle categorie. Per Kant i concetti sono predicati di giudizi possibili, e regole dell’unità del molteplice. La categoria pura non può contenere altro che la funzione logica di ridurre un molteplice sotto un concetto. Ma per Kant non ci può essere nessun uso delle categorie che non sia empirico. Il concetto puro dell'intelletto è la condizione formale oggettiva, universale e sufficiente dell'esperienza.28 In generale le fonti soggettive a priori della possibilità dell'esperienza sono di natura trascendentale.29 Ora, le categorie kantiane sono predicati, e predicati trascendentali,30 poichè hanno la funzione di essere costitutive di oggetti mediante il giudizio sintetico a priori.31 Da ciò segue inevitabilmente che le categorie kantiane sono trascendentali mediante un atto di giudizio sintetico a priori che, secondo la dottrina kantiana del giudizio, non può esercitarsi altrimenti che mediante un’aggiunzione del predicato al soggetto. Per conseguenza, tale trascendentalità delle categorie kantiane avviene, quanto al suo modo, non per inclusione, ma per aggiunzione ed adiacenza. La suprema funzione, da cui dipende l’uso delle categorie, e 27 Erdman, p. 169: “die Zeit in jeder empirischen Vorstellung des Mannigfaltigen enthalten ist”. Laterza, I, p. 164. 28 Erdmann, pp. 101, 122 (1781), 240 (1781), 322 nota. Laterza, I, pp. 100, 240 nota 1; II, pp. 330 nota, 649-650. 29 Erdmann, p. 123 ( 1781 ). Laterza, II, p. 650. 30 Erdmann, pp. 218, 297. Laterza, I, p. 240; II, 320. 31 Erdmann, pp. 48-54, 106-107. Laterza, I, pp. 46-53, 113. 104 Metalogicon (2007) XX, 2 la possibilità di ogni intuizione sensibile, questo principio supremo di tutta la conoscenza umana, che è il punto più alto al quale si deve legare tutto l'uso dell'intelletto, tutta la logica e la stessa filosofia trascendentale, per Kant è la funzione io penso. Questa funzione viene espressa da lui col termine “ich denke”, ed anche col termine “ich bin” che in alcuni testi della Critica della Ragion pura viene usato senza menzionare l’“ich denke”.32 Per funzione Kant intende l’unità dell'atto che ordina diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune.33 La funzione dell'intelletto è di unificare a priori, e di sottoporre all'unità dell'appercezione il molteplice delle rappresentazioni date. Questo è il principio supremo di tutta la conoscenza umana.34 Ora, secondo Kant, l’“ich bin”, espressione usata da lui anche nella Prefazione del 1787,35 e l’“ich denke” accompagnano, o possiono accompagnare, o debbono poter accompagnare ogni pensiero e tutte le mie rappresentazioni, tutti i miei giudizi, tutte le mie intellezioni e tutte le categorie.36 Per Kant ciò che non è pensato non può essere rappresentato, ed è perciò che l'io sono e l'io penso debbono accompagnare tutte le nostre rappresentazioni e tutti i nostri pensieri. Questo è il succo dei paragrafi 16-18 della Critica della Ragion pura, ed è affermato in tutte e due le edizioni dell'opera, nel 1781 e nel 1787. La funzione suprema del trascendentale kantiano, il 32 33 34 35 36 Erdmann, pp. 225, 347 ( 1781 ). Laterza, I, p. 231; II, pp. 708-709. Erdmann, p. 100. Laterza, I, 105. Erdmann, pp. 127-128. Laterza, I, p. 134. Erdmann, p. 132. Laterza,I, p. 136. Diamo alcune indicazioni, senza pretendere di essere esaustivi. L'io sono accompagna: Erdmann, p. 37 nota. Laterza, I, p. 35 nota. L'io sono può accompagnare: Erdmann, p. 225. Laterza, I, p. 231. L'io penso accompagna: Erdmann, pp. 299, 312, 341 ( 1781 ). Laterza, II, pp. 322, 681, 704. L'io penso può accompagnare: Erdmann, p. 328 ( 1781 ). Laterza, II, pp. 693-694. L'io penso deve poter accompagnare: Erdmann, p. 124. Laterza, I, p.132. L'io penso accompagna le categorie: Erdmann, p. 300. Laterza, II, p. 323. L'io penso fonda la possibilità delle categorie: Erdmann p. 344 ( 1781 ). Laterza, II, p. 706. L'io penso rende possibili i concetti trascendentali: Erdmann, p. 297. Laterza, II, p. 320. 105 Metalogicon (2007) XX, 2 principio di tutta la conoscenza umana, “trascende” per accompagnamento tutte le rappresentazioni e tutti i concetti ad esso sottoposti. Perciò è evidente che dove c’è accompagnamento non può esserci che adiacenza o aggiunzione e non inclusione. E tuttavia, almeno nella Critica della Ragion pura del 1781, vi sono dei passi che affermano che l'io è in tutti i pensieri (“in allen Gedanken”), è il loro soggetto di inerenza ed è adiacente al pensiero, che l'identità originaria dell’appercezione deve entrare necessariamente nella sintesi di ogni molteplice dei fenomeni, che la proposizione dell’identità di me stesso in tutto il molteplice di cui ho coscienza, è implicita negli stessi concetti ed è contenuta in ogni pensiero.37 Parlando del tempo abbiamo già detto, ed ora lo ripetiamo, che la trascendentalità d’inclusione è antica dottrina tomista ripresa dall'ontologia dell’età moderna e svolta da varii autori. Non può meravigliare di ritrovarla nella Critica della Ragion pura. Il problema posto per il tempo si ripropone, dunque, per l'io trascendentale kantiano. Per la dottrina dei concetti “trascendenti”, elaborata dall'ontologia scolastica dell’età moderna, nemmeno l’io kantiano può essere incluso nelle rappresentazioni e nei concetti, ed insieme accompagnarsi ad essi. Altro è essere incluso in una rappresentazione ed in un concetto, e costituirli, altro è accompagnarli senza costituirli, perchè ciò che è incluso di necessità è una forma costitutiva, mentre ciò che accompagna non può essere che una forma adiacente ed aggiunta al suo soggetto. I fautori della “trascendenza” d’inclusione ben seppero rispondere ai loro avversari che una forma adiacente non può essere costitutiva del suo soggetto, e che i trascendentali non sarebbero tali se convenissero al loro soggetto per un’aggiunta estrinseca.38 Dobbiamo chiederci ora come e perché Kant abbia potuto credere che l'accompagnamento bastasse a fare di un concetto un 37 Erdmann, p. 143 (1781), 302 (1781), 306 (1781): “das Subject der Inhärenz durch das dem Gedanken angehängte Ich nur transscendental bezeichnet werde”. Laterza, II, pp. 661, 673, 676-677. 38 Vedi PIERO DI VONA, I concetti trascendenti, ed. cit., pp. 37-39 per la dottrina di Giovanni di San Tommaso, e p. 46 per quella di Zaccaria Pasqualigo. 106 Metalogicon (2007) XX, 2 concetto trascendente. L'Accademico di Pietroburgo non ce lo dice mai esplicitamente nel suo gran libro. Per quanto ricordiamo, Kant afferma che il giudizio sintetico a priori aggiunge in modo necessario un predicato trascendentale al suo soggetto, ma non afferma mai in modo diretto ed esplicito che questa aggiunzione, che si esprime nell’accompagnamento dell’io penso, sia trascendentale e fondi la trascendentalità dell’io penso. Resta implicito e presupposto che l'accompagnamento faccia di una rappresentazione, di un concetto e dell’io penso un termine trascendentale, e che per questo basti affermare che l'io penso è la condizione suprema della conoscenza umana. Questo rilievo è importante per il successivo svolgimento del nostro studio. Nell'ontologia del Seicento pei negatori della “trascendenza” d'inclusione l'accompagnamento non implicava la “trascendenza” di un concetto superiore che accompagnava altri concetti ad esso inferiori. Valga la dottrina di Rodrigo de Arriaga. Questi sostenne che l’ente può “praescindi formaliter a differentiis” altrettanto bene che l’animalità può prescindere dalla razionalità. Perciò in assoluto l’ente non è “magis transcendens” degli altri concetti superiori. Chi segue l’opinione comunemente ammessa obietterà che allora non vi saranno più concetti “trascendenti”. Arriaga ammise tale conseguenza, ed affermò con franchezza: “reieci transcendentiam entis”. Ma questa negazione della trascendentalità dell’ente non impedì ad Arriaga di sostenere che l'ente può esistere ed essere conosciuto dall'intelletto senza le differenze che, invece, non possono esistere da sole senza l'ente. Per conseguenza, l’ente per Arriaga è “quasi differentiarum comes”. Esso può stare da solo nell'intelletto, mentre le differenze non possono né esistere, nè essere conosciute da sole senza l’ente. Respinta la “trascendenza” dell’ente, e dopo aver assimilato l’ente ad un genere come “animal”, Arriaga concepisce pur sempre l’ente come “differentiarum comes”. Antonio Bernaldo de Quirós ritenne anche lui che la differenza non possa essere concepita senza l’ente. Ma per lui l'ente, così pensato con la differenza, non è pensato come è in sé, ma solamente presupposto come implicito in essa. Per conseguenza, l’ente, espresso solo in modo implicito nella 107 Metalogicon (2007) XX, 2 differenza, è concepibile senza le differenze, mentre queste restano adiacenti all’ente. L'ente, dunque, non è incluso nelle differenze. Ora, questo intendono tutti con la “non trascendenza” dell'ente: “id enim intelligunt omnes per non transcendentiam”. Esclusa la trascendenza d’inclusione, l’ente non è più “trascendente”, ma le differenze e l’ente restano adiacenti. Con espressione audace Quirós sostiene l’“entis intranscendentia”. Fu Sebastián Izquierdo che nel 1659 elaborò nel suo Pharus Scientiarum una complessa e generale dottrina della “transcendentia”. Questo autore concepì il giudizio umano come un atto significato da un verbo che si aggiunge al soggetto e lo accresce con una notazione sopraggiunta. Questa dottrina del giudizio umano rende impossibile la “trascendenza” d’inclusione riferita a Dio ed alle creature mediante concetti “trascendenti”. L'atto di aggiungere, comportato dall'atto del verbo operante nel giudizio, esclude l'inclusione di un concetto superiore in concetti inferiori. Parlando il linguaggio di Kant, potremmo dire che non ci sono giudizi analitici, perché i giudizi sono tutti sintetici. Per Izquierdo si danno allora concetti trascendenti rispetto a Dio ed alle creature, ma questi concetti sono “trascendenti” non per inclusione, ma “per pure metaphysicam adiectionem”. Con questa sua dottrina Izquierdo reputa di aver costituito una teoria della “trascendenza” che non possa essere respinta da nessuna scuola e da nessuna tendenza speculativa del suo tempo interna ad una particolare scuola. Per lui non c'è altra alternativa possibile all'accettazione di questa sua dottrina che rifiutare interamente l’idea che si diano e siano possibili dei predicati metafisici trascendenti, com'era giunto ad asserire Arriaga.39 La dottrina di Izquierdo sui concetti “trascendenti” pone il problema storico di stabilire come e perché Kant poté giungere a pensare che l’accompagnamento bastasse da solo a fondare la trascendentalità delle categorie, dell'io penso, e dell’io sono. Ma 39 Rinviamo al nostro libro “I concetti trascendenti”, ed. cit., alle pagine 80-81, 95 nota 18, 401-409, 435-436, concernenti Arriaga e Bernaldo de Quirós; alle pagine 291-341, 439-440, per la dottrina di Izquierdo, ed alle pagine 209-222, 318 per la sua dottrina del giudizio e per la predicazione dei concetti “trascendenti”. 108 Metalogicon (2007) XX, 2 quale che sia la soluzione storica del problema, la questione teoretica resta, ed è preminente sul problema storico poiché noi parliamo di problemi filosofici. Se li riducessimo solamente a problemi storici, allora la filosofia non sarebbe più altro che un genere letterario tra tanti altri. Qualunque sia la soluzione del problema storico, non c'è dubbio che la discussione sul fondamento della “trascendenza" avvenuta verso la metà del Seicento, è la condizione speculativa che permette di capire l’accompagnamento kantiano e la trascendentalità delle categorie, dell’io sono e dell’io penso, situando le soluzioni kantiane nel quadro di una dottrina generale che definisce il triplice genere della “trascendenza” (singolare, plurale, universale), il suo triplice modo (inclusione, adiacenza, identità) e la sua divisione in “trascendenza” fisica e metafisica. Rispetto a questa dottrina generale di Izquierdo la trascendentalità kantiana si configura come uno dei casi possibili di una più vasta ed universale concezione della “trascendenza”, perchè, come abbiamo detto, nella Critica della Ragion pura manca una teoria generale del trascendentale e dei modi del suo “trascendere”. Per quanto si voglia risalire all’indietro nella questione storica passando da tedesco a tedesco, bisogna pur venire ed arrestarsi alla dottrina generale di Izquierdo. Questi, contro i negatori della “trascendenza” dell'ente per inclusione, che pur asserivano che l'ente è il compagno delle differenze ed è adiacente alle differenze, stabilì la “trascendenza “per pure metaphysicam adiectionem” e la accolse in una dottrina generale della “trascendenza”. Possiamo, perciò, affermare che per la sua concezione speculativa dell'accompagnamento trascendentale delle categorie, dell'io sono e dell’io penso, Kant fu debitore dell'ontologia spagnola del Seicento dal punto di vista speculativo. Che si parli di accompagnamento, di adiacenza o di aggiunzione, nulla cambia sotto l'aspetto speculativo, perché si dice pur sempre che un predicato è attribuito in modo estrinseco ad un soggetto. San Tommaso d’Aquino e Giovanni di San Tommaso forse avranno ragione di contestare che un predicato aggiunto non è trascendentale perché un concetto trascendentale non può essere che intrinseco e costitutivo di ciò che trascende. Ma resta sempre 109 Metalogicon (2007) XX, 2 vero che sotto l’aspetto speculativo senza l'aggiunzione di Izquierdo, assunta tra i trascendentali, non c’è, e non ci può essere, Kant con il suo accompagnamento trascendentale. Resta il problema storico. La cultura metafisica di Kant, per quanto concerne l’ontologia e la metafisica generale, fu assai modesta, e modesti furono i manuali scolastici di cui si avvalse per le sue lezioni. Per quanto mi risulta, ed ho potuto vedere, è molto improbabile che i metafisici tedeschi dei secoli XVII e XVIII abbiano conosciuto e considerato il Pharus Scientiarum di Izquierdo.40 Nondimeno, attendo che altri studiosi, di me più dotti, completino il mio studio sotto l’aspetto storico, sempre che sia possibile risalire da tedesco a tedesco, e trovare un tedesco appartenente alle confessioni riformate, che sia noto a Kant, ed abbia anche lui dimostrato che l'accompagnamento di un concetto superiore ad altri concetti e rappresentazioni subordinati abbia natura trascendentale, e basti a fondare la natura trascendentale di una rappresentazione e di un concetto. 40 Nessuna menzione di Arriaga, di Bernaldo de Quirós e di Izquierdo si trova nei due libri di MAX WUNDT, Die deutsche Schulmetaphysik des 17. Jahrhunderts, Tübingen, J. C. Mohr (Paul Siebeck), 1939, e Die deutsche Schulphilosophie im Zeitalter der Aufklärung, Hildesheim, G. Olms, 1964. 110