REGIONE LAZIO Direzione Regionale Agricoltura Area Servizi Tecnici e Scientifici - Servizio Fitosanitario Regionale VIRUS DEL MOSAICO DEL PEPINO PepMV Il virus del mosaico del pepino è un patogeno del pomodoro, isolato per la prima volta in Perù sul pepino ed arrivato in Europa nel 1999, in Olanda e Gran Bretagna, da dove si è diffuso rapidamente in numerosi altri paesi europei, fra cui la Spagna dove la situazione risulta particolarmente grave. In Italia il PepMV è stato segnalato nella primavera del 2000 su pomodoro in serra. I danni provocati da questo patogeno possono essere una minore durata del ciclo produttivo, malformazioni e riduzione di sviluppo delle piante nel caso di infezioni precoci e una maturazione irregolare delle bacche, in caso di infezioni tardive. La gravità dei danni causati dal virus del mosaico del pepino è legata non solo alla fase di comparsa della malattia rispetto allo sviluppo delle piante, ma anche all'epoca di coltivazione del pomodoro. Al momento non sono state mai riscontrate infezioni nei vivai; esse sono state segnalate esclusivamente nelle aziende di produzione del pomodoro in coltura protetta. Ciò può dipendere dal fatto che nelle prime fasi di sviluppo delle piantine sono ridotte le operazioni colturali che richiedono un contatto dell' operatore con i vegetali ed in quanto le piantine hanno dimensioni tali da rendere estremamente difficile l'individuazione dei sintomi. SINTOMI I sintomi sono sempre stati osservati sulle piante adulte in produzione, sulle foglie, fusti e frutti. L'intensità dei sintomi è legata allo stadio di sviluppo delle piante, al tipo di cultivar e alle condizioni ambientali, in particolare alla temperatura. Nella fase iniziale dell'infezione i sintomi si manifestano in corrispondenza degli apici vegetativi, che risultano più sottili, con un margine così inciso da assumere un aspetto spinoso, ad " ortica", con la lamina arrotolata verso il basso o verso l'alto; anche la colorazione delle foglie può essere di un verde più chiaro rispetto alle piante sane. Talvolta si può avere la comparsa di un lieve mosaico, clorosi, macchie necrotiche distribuite irregolarmente nella parte distale delle foglie, distorsione e bollosità con rigonfiamenti significativamente più scuri. Foto 1: tipiche bollosità su foglia di pomodoro Foto 2: mosaico su foglie di pomodoro Foto 3: particolare ingrandito del mosaico Le infezioni precoci possono determinare la cascola dei frutticini. Man mano che procede l'infezione le foglie basali appaiono più scure per poi ingiallire. In alcuni casi sono state segnalate, come unico sintomo, macchie angolari gialle. Sul fusticino si possono notare delle striature di un verde più intenso, che in alcuni casi si estendono anche sul rachide e sui peduncoli. Raramente sono state evidenziate malformazioni a carico dei frutti, in genere solo alterazioni cromatiche derivanti da una irregolare maturazione; le bacche, comunque, non sono commerciabili. Foto 4: sintomi su frutti immaturi TRASMISSIONE E DIFFUSIONE Il virus del mosaico del pepino si trasmette per contatto attraverso le pratiche colturali, gli attrezzi contaminati, gli indumenti e le mani dell' operatore, lo sfregamento meccanico dovuto al contatto diretto tra piante. All'interno di uno stesso ambiente di coltivazione le pratiche colturali costituiscono certamente la modalità di trasmissione del patogeno più efficace; anche i residui vegetali infetti rimasti nel terreno possono costituire una pericolosa fonte d'inoculo del virus Foto 5: striature sintomatiche su fusto per le piantine successivamente poste a dimora che possono infettarsi attraverso microferite o durante le lavorazioni del terreno. La malattia, oltre che per contatto, si diffonde con facilità anche attraverso la propagazione vegetativa e l'innesto, mentre si esclude la trasmissione attraverso il polline e i vettori animali. Oltre all'estrema facilità di trasmissione il virus presenta una elevata longevità e stabilità nei tessuti vegetali e sugli attrezzi di lavorazione venuti a contatto con piante infette; il virus conserva la sua patogenicità per un tempo variabile in funzione del substrato e delle condizioni ambientali (sino a 90 giorni sui residui secchi di pianta, 14 giorni sugli indumenti). Dagli studi epidemiologici non pare che il seme possa costituire un mezzo di diffusione della malattia in quanto i trattamenti fisici e chimici che usualmente sono eseguiti dalla ditte specializzate inattivano il virus. Pertanto è probabile che il miglior mezzo di diffusione a lunga distanza sia la commercializzazione di piante infette provenienti da zone contaminate. Attualmente il PepMV è stato ritrovato in infezioni naturali, oltre che sul pepino in Perù e sul al pomodoro, su numerose specie infestanti quali Amaranthus sp., Nicotiana glauca, Solanum nigrum e Sonchus oleraceus (solamente in Spagna), mentre sperimentalmente in alcune Solanacee quali melanzana e patata. DIFESA Come per tutte le virosi, anche per il virus del mosaico del pepino non sono disponibili in commercio prodotti in grado di bloccare una infezione in corso. Pertanto, una volta accertata la malattia, è necessario porre in atto una serie di rigorose misure fitosanitarie volte a ridurre il rischio di contagio negli altri ambienti di coltivazione. Tali misure devono essere adottate tempestivamente al fine di contenere i danni entro limiti accettabili. Le infezioni possono svilupparsi negli impianti destinati alla produzione di piantine e nelle aziende impegnate nella produzione di pomodori. A) impianti di produzione di piantine di pomodoro Nei vivai, in caso di sospetta presenza della malattia. è necessario eseguire immediatamente analisi di laboratorio e, in attesa dei risultati degli esami diagnostici, adottare una serie di misure di prevenzione, a carattere cautelativo, quali: • circoscrivere la partita sospetta; • lavorare nella serra sempre nella medesima direzione e, nel caso in cui la ditta abbia più ambienti di coltivazione investiti a pomodoro, è opportuno lavorare nell’ambiente che ospita la partita sospetta solo dopo aver ultimato le operazioni colturali nelle altre serre. Qualora le analisi confermino la presenza della malattia è necessario: • porre in quarantena la serra; • bruciare tempestivamente la partita infetta; • sospendere la commercializzazione di tutte le partite di pomodoro presenti nello stesso ambiente di coltivazione, sottoponendole ad analisi virologiche; • eliminare le piante infestanti, che possono costituire un serbatoio d'inoculo del virus; • limitare le operazioni colturali nell'ambiente infetto, e consentire l'accesso solo al personale autorizzato che indossi indumenti monouso da eliminare all'uscita della serra in appositi bidoni oppure indumenti da disinfettare ogni volta, lavandoli alla temperatura di 90°C; • eseguire le operazioni colturali sempre nella medesima direzione, utilizzando strumenti di lavoro disinfettati con fosfato trisodico al 3% per 30 minuti o con altri prodotti quali l'ipoclorito di sodio al 10%, il Vircon ed il Menosad, o il latte scremato con contenuto proteico al 3,5%. La commercializzazione deve essere sospesa sino all'esito negativo delle analisi. Terminato il ciclo di produzione il vivaista dovrà: • eliminare accuratamente tutti i residui colturali procedendo alla loro distruzione con il fuoco; • disinfettare gli attrezzi di lavoro, compreso il sistema di irrigazione utilizzato all'interno della serra, nonchè i bancali e tutta la struttura con prodotti antivirali. Qualora sia ripetuta la coltivazione di pomodoro, il vivaista deve procedere a controlli visivi settimanali ed eseguire analisi di laboratorio a campione prima della loro commercializzazione. B) impianti di produzione di pomodoro in coltura protetta In caso di infezione in un impianto di produzione di pomodoro in coltura protetta è necessario contrassegnare immediatamente la fila in cui sono state individuate le piante infette, eliminando non solo le piante malate ma anche quelle immediatamente adiacenti (circa una ventina). Nel caso in cui le file siano molto vicine è preferibile asportare anche quelle delle due file limitrofe, distruggendo il materiale infetto secondo le modalità sopra indicate. L'agricoltore dovrà adottare altre misure fitosanitarie, che consentano di ridurre il potenziale d'inoculo e limitare le perdite economiche, quali: • la rimozione accurata dei residui colturali, compresi quelli radicali; • la separazione delle fasi di produzione e di commercializzazione, evitando di impegnare gli stessi operatori per le due fasi, oppure in alternativa, seguire scrupolosamente tutti gli accorgimenti per ridurre il rischio di contaminazione di altri ambienti (sostituzione degli indumenti, delle scarpe, ecc.); • la disinfezione degli attrezzi e dei guanti con prodotti antivirali, passando da una pianta all'altra. Terminato il ciclo produttivo, l'intera struttura e gli attrezzi di lavoro dovranno essere accuratamente lavati con acqua calda o con acqua e detergenti, eliminando tutti i residui colturali. La serra dovrà infine rimanere vuota per almeno tre settimane per eliminare il rischio di nuove infezioni causate dal virus presente nei residui colturali eventualmente rimasti a terra, oppure dovranno essere impiantate colture sicuramente non suscettibili al virus. E' necessario segnalare ogni caso sospetto a: SERVIZIO FITOSANITARIO REGIONALE VIA ROSA RAIMONDI GARIBALDI ,7 - 00145 Roma Tel. 06/51686827 – 06/51684047 – 06/51686821 - Fax 06/51686828 e-mail: [email protected] La fotografia 1 è stata tratta dal sito web: www.defra.gov.uk Le fotografie 2 -3 - 4 -5 sono state concesse dall'Istituto di Fitovirologia Applicata di Torino (IFA).