La potenza dei “neuroni specchio” può aiutare anche il dentista

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Dental Tribune Italian Edition - Ottobre 2012
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La potenza dei “neuroni specchio”
può aiutare anche il dentista
Cominciamo finalmente ad avere dati
scientifici sugli aspetti mentali che
coinvolgono la persona nei rapporti
umani. La scoperta, relativamente recente, dei “neuroni specchio” da parte
di un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, ha messo in risalto
dati che permettono di capire “scientificamente” termini quali empatia,
imitazione, osservazione, congruenza, sincerità e molti altri, il che può
avere nell’ambito della professione
odontoiatrica un risvolto importante
per i collaboratori del dentista e verso
i pazienti. Proviamo a immaginare
quale potente strumento può avere
in mano l’Odontoiatra che acquisisce un nuovo metodo di approccio
al mondo che lo circonda. Vediamo
in pratica di cosa si tratta: i “neuroni
specchio” sono cellule del cervello
che permettono di portare a un formato comune ciò che percepiamo e
che sappiamo fare. Quindi quando
vediamo una persona che compie
un’azione o un gesto si attivano nel
cervello i “mirrors” che ci consentono
di vivere l’azione come se la stessimo
eseguendo noi. A quel punto ripetere
il gesto dipende solo dalla volontà.
Pertanto ciò che si vede, secondo la
teoria dei “neuroni specchio”, è quel
che si è disposti a eseguire. Lo stesso concetto si applicherebbe anche
alle emozioni con risvolti ancor più
profondi, nel senso che si potrebbero
vivere in parte le sensazioni della persona che si sta osservando. Questo dimostrerebbe che non si è così asettici
nei confronti del prossimo ma al con-
trario ci si contamina, per così dire,
e si contaminano gli altri attraverso
l’agire e in parte anche il dire.
Di qui si pensi a quale può essere il
livello di condizionamento esercitato sul comportamento e sui rapporti
interpersonali, pane quotidiano di un
dentista. La scoperta che arriva dopo
trent’anni di studi sulle neuroscienze, dimostrerebbe quindi che tutto
ciò che ruota intorno a noi incide
sull’agire in modo consistente. Dunque anche nella vita di tutti i giorni
le relazioni con gli altri possono migliorare notevolmente, invertendo
la tendenza attuale fatta purtroppo
di contrapposizioni, di preconcetti
e sentimenti negativi. Si pensi solo
quante figure all’interno di uno studio odontoiatrico si devono interfacciare: dentista, assistente, igienista,
tecnico, collaboratori, segretaria, pazienti, fornitori, consulente fiscale.
Questo folto gruppo di musicisti potrebbe esser diretto da un solo maestro (il dentista), il quale, se diventa
consapevole del potere dei “neuroni
specchio” può migliorare i rapporti con loro e di conseguenza ridurre
notevolmente il carico di stress che
l’attività comporta. Infatti la scoperta dei “neuroni specchio” coinvolge
in qualche modo anche la sfera delle
emozioni: attraverso un’area cerebrale chiamata insula si può cioè entrare
in empatia con gli altri, in funzione
di quanto sono importanti per noi.
Quindi ad esempio se si manifesta
gioia e se l’altro entra in sintonia con
noi, diviene anch’egli gioioso. Si pensi
a quale portata questa scoperta può
avere a livello sociale.
Ma torniamo alle relazioni quotidiane del dentista: un collega con il quale
ci si appresta a collaborare è di cattivo umore e noi, attraverso i “neuroni
specchio” lo percepiamo. Questo ci
predispone a un conflitto anziché a
un sorriso. Idem se l’assistente dello
studio ha un carattere gioviale. Se
sorride sempre (e non per piaggeria)
mette i pazienti (e il dentista) in una
condizione di “specchiarsi” in quel
sorriso avendo per imitazione un atteggiamento di goia.
I “mirrors” però permettono anche di
filtrare la veridicità di quei sorrisi e di
conseguenza di non cadere nella finzione ma di prendere eventualmente le distanze da atteggiamenti non
graditi. Si pensi quindi al contrario a
un collega che fa una consulenza per
l’ortodonzia: è sempre simpatico, che
prende i pazienti con un sorriso palesemente falso, stampato sul volto.
Quale esito può scaturire in coloro
che devono affidare i propri figli a
una persona così magari per due anni
di terapia? O addirittura se una volta
accettato il piano di trattamento accade un imprevisto come giudicano
quello che potrebbe capitare? Come
si regolano?
Attenzione quindi allo scenario che
si configura nello studio perchè può
condizionare pesantemente o felicemente tutto il team odontoiatrico. Quante volte capita nella prima
parte di una visita di affrontare un
colloquio con persone difficili che
man mano, percependo padronanza
professionale e buon umore, magari
cambiano rotta e dopo molto tempo
passato a far solo sedute di igiene orale, decidono di farsi curare a 360 gradi
con atteggiamento pur sempre un po’
rigido ma fiducioso?
Tutto questo avviene grazie ai nostri
“neuroni specchio”. Quindi il primo
approccio con il paziente ha un ruolo chiave nel successo professionale.
Non è assolutamente vero che lo si
deve ascoltare anche se “dice un sacco di cose inutili”: ascoltare e osservare l’altro in maniera attiva e attenta
permette di cogliere molte cose. Se
invece l’atteggiamento è passivo tipo:
“Quando smette costui di dire sciocchezze?”, si perde davvero del tempo
e in più il paziente percepisce che lo
si sta sopportando, con tutte le conseguenze che ne derivano. Questa
forma elastica di relazione con l’altro
permette di cogliere le sue sfumature e proporgli sempre soluzioni in
sintonia. Altra notevole implicazione
dei “mirrors” emerge quando si deve
tenere una conferenza: premesso che
l’attenzione degli uditori dopo un po’
cala, se si notano sbadigli e distrazione nei presenti già dall’inizio, il “sistema specchio” lancia un segnale e se si
è attenti osservatori ci si adatta cambiando e rilevando un nuovo ritorno
d’attenzione fino a quando, monitorando l’ambiente, ci si accorge di un
nuovo calo d’attenzione e così via con
un nuovo aggiustamento.
Tutto questo significa osservazione.
Chi è abituato a considerare la medi-
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cina nella sua complessità può esser
avvantaggiato in questo esercizio. Comunque l’osservazione è sempre una
condizione indispensabile e complementare dell’azione. In pratica, sfruttare al meglio la “funzione specchio”
può risolvere un sacco di problemi
nella professione. Il concetto ben si
applica anche in odontoiatria pediatrica quando attraverso l’osservazione e la relazione con il piccolo paziente si riesce ad arrivare dove altri più
sbrigativi non arrivano.
Se ad esempio un bambino deve sottoporsi a estrazioni di denti decidui
e arriva da noi dopo innumerevoli
insuccessi, attraverso i mezzi sopraelencati si può capire come prenderlo.
Lo dimostra il fatto che attraverso i
suoi “neuroni specchio” decide di farsi curare poiché pensa “di questo dentista mi fido”. Se invece si tiene con lui
un atteggiamento del tipo “stai zitto
e apri la bocca” o ansioso, dicendogli
“Stai calmo!”, il risultato è sicuramente perdente, in quanto viene rispecchiato un atteggiamento negativo.
Si prenda ora l’esempio della segretaria di studio che risponde al telefono:
il suo “pronto” pronunciato in tono
stanco e poco socievole viene rispecchiato dall’interlocutore che percepisce già una situazione inadatta e
si regola di conseguenza. Attenzione
sempre a non recitare la positività
nella risposta perchè se dall’altra parte c’è una persona che ha un buon feeling con il suo “sistema specchio”, è
in grado di riconoscere le bugie e si fa
un’errata opinione dello studio.
Per concludere si può affermare
quanto questa scoperta sia importante per i dentisti, ma anche per gli altri.
Il fine di quest’articolo è far percepire a tutti che il nostro “sistema specchio” può migliorare i rapporti con
l’ambiente circostante. Basta essere
più attenti e sensibili nei confronti
del macrocosmo in cui siamo immersi. Questa visione olistica del mondo
può aiutare tutti, dal titolare di studio
al padre di famiglia, alla mamma in
carriera o alla casalinga. Il secondo
fine, non trascurabile, della scoperta
di tali neuroni d’argento è il fatto che
oltre a migliorare la qualità dell’operato odontoiatrico viene immessa
una vera energia positiva nella gente
che s’incontra, ingenerando così uno
stato d’animo contagioso. Il paziente,
alla fine, recherà a casa o al lavoro lo
stato d’animo ingeneratosi in lui. Si
pensi per un attimo alla risonanza
positiva che tutto ciò può avere. Da
domani tutti si possono rapportare
con le persone attorno con una percezione che fino a oggi non si sapeva
di avere.
Paolo<Visalli<
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