Weitere Files findest du auf www.semestra.ch/files DIE FILES DÜRFEN NUR FÜR DEN EIGENEN GEBRAUCH BENUTZT WERDEN. DAS COPYRIGHT LIEGT BEIM JEWEILIGEN AUTOR. Carlo Goldoni – Commedie Biografia (1707, Venezia - 1793, Parigi) Goldoni nacque a Venezia nel 1707, da una famiglia borghese (padre medico), lasciata in difficoltà finanziarie dalla dissipazione del nonno paterno. Studió in diverse città, inizió giurisprudenza a Pavia ma dovette lasciare la città a causa di una atellana (canovaccio di una farsa per una recita a soggetto, con maschere fisse) sulle ragazze della città, infatti, l’opera suscitò le ire di alcune famiglie notabili e Goldoni fu espulso dal collegio. In seguito viaggiò a lungo con il padre, medico. Ma la morte del padre e le conseguenti difficoltà finanziarie lo costrinsero a completare gli studi a Padova e ad esercitare l’avvocatura con saltuarie prestazioni di scrittore. Visse in diverse città (Milano, Verona, Genova...) ma al centro dei suoi spostamenti si trovó sempre Venezia. Lavoró come poeta comico con Giuseppe Imer (direttore della compagnia veneziana del teatro di S.Samuele). Tra il 1737 e il '43 iniziò la riforma del teatro, incentrata sulla commedia, dopo un periodo preparatorio su tragicommedie e tragedie. Perseguitato dai creditori Goldoni dovette abbandonare Venezia, si recó a Rimini, poi a Firenze e Pisa, ma nel '48 tornó a Venezia, al seguito della compagnia teatrale del Medebac (teatro S.Angelo) ed iniziò un periodo assai impegnativo: tra il 1750 ed il 1751, condusse la celebre battaglia teatrale con l’impegno di produrre sedici nuove commedie in un solo anno, in polemica con il commediografo rivale Chiari. Concluso il contratto con il Medebac passó alle dipendenze dei fratelli Vendramin, proprietari del teatro San Luca. Tra il 1753 ed il 1758, però, la popolarità del Goldoni subì dei contraccolpi negativi, dovuti al mutamento del gusto verso il romanzesco, l’esotico, il fantastico e fu bersaglio delle critiche letterarie e linguistiche dei puristi. Accusato di sovversione sociale dai conservatori e dai rivali, decise di accettare l’invito del Théatre italien de Paris e si trasferì definitivamente in Francia. A Parigi trovò amicizia ed ammirazione, ma la direzione della comédie italienne si rivelò difficile a causa della diffidenza verso la sua riforma teatrale e della prevenzione del pubblico. Nel 1765, lasciò la comédie italienne e divenne istitutore a corte, infine ricevette una modesta pensione che gli fu tolta allo scoppiare della rivoluzione. Morì nel 1793. Durante gli anni parigini il Goldoni scrisse i Mémoires, un’autobiografia che quasi fa da cornice alla sua attività teatrale. Opere Goldoni scrisse oltre 200 opere, tra commedie, tragicommedie, melodrammi, intermezzi, scenari ecc., ma le sue opere piú importanti furono senza dubbio le commedie. Scrisse commedie in versi e in prosa. Quelle in versi mantengono in genere la suddivisione classica in cinque atti, quelle in prosa sono in tre atti. 1734-43: decennio di preparazione, durante il quale Goldoni saggia le proprie forze in ogni genere di componimenti teatrali. 1738: entra nella compagnia di Imer il Pantalone Golinetti, oltre al Truffaldino Antonio Sacchi: è con essi che Goldoni tenta una strada nuova per il teatro, nel tentativo di abbandonare la commedia dell'arte e dell'improvvisazione. Il Momolo cortesan (poi intitolato L'uomo di mondo) (1738-39): trama semplicissima al cui centro è la figura di Momolo, vivacissimo elemento unificatore di tutta la vicenda: "un uomo di mondo, franco in ogni occasione, che non si lascia gabbare sì facilmente, che sa conoscere i suoi vantaggi, onorato e civile, ma soggetto però alle passioni, e amante anzi che no del divertimento". È questi il continuatore del Pantalone della Commedia dell'Arte, privato della maschera, ringiovanito, non più gretto e vizioso, ma saggiamente generoso e amante: al puro oggetto di riso si sostituisce un "carattere", non privo però del dinamismo della maschera precedente. Anche la sua venezianità è precisata, oltre che nell'uso del dialetto, attraverso i dettagli di alcuni suoi ragionamenti; la sua professione è di mercante e come mercante egli ha coscienza di sè e dei suoi rapporti col mondo Le prime commedie di Goldoni, risalenti alla fine degli anni '30 (Momolo cortesan, Il prodigo, La bancarotta), sono dedicate al mondo dei mercanti e contengono parti recitate “a soggetto”, ma con limitazioni sempre più forti e parti scritte, nel tentativo di educare sia gli attori professionisti, sia il pubblico generico ad una commedia regolamentata nella sua forma (sistema ibrido). Tali commedie, in un secondo tempo, furono riscritte per intero. La donna di garbo (1743): è la prima commedia scritta in ogni sua parte e con veri caratteri. Rosaura è una giovane pavese che, abbandonata dall'innamorato, lo studente Florindo, per vendicarsi si reca a casa di costui, a Bologna, a servire come cameriera; qui assecondando i difetti dei parenti di lui, ne conquista la benevolenza, fino ad ottenere il matrimonio con Florindo. La donna giudice-avvocato di se stessa e degli altri, che si trovava in tanti "scenari", diventa ora un personaggio coerente e complesso, conduttore di tutta l'azione. Ma nella preoccupazione di scrivere per la prima volta un intero copione, Goldoni si affida fin troppo al principio della regolarizzazione, cadendo nell'errore opposto a quello della commedia "all'improvviso", scrivendone una fin troppo letteraria. Lo schema della trama è rigido e precostituito (l'intreccio è programmato fin dalla prima scena), vincolante la predominanza di Rosaura su tutti gli altri personaggi che perdono ogni autonomia, diventando supporti passivi delle sue evoluzioni, suoi referenti, mai tra loro dialettici. Resta, come elemento ricco di futuri sviluppi, nella figura della protagonista femminile, l'approfondimento del tema dell'autocoscienza: Rosaura non solo conosce i caratteri dei suoi interlocutori-personaggi, ma li sa reinterpretare e dominare; è poi ben consapevole della finzione che ella recita. In questo doppio registro di femmina scaltra è il nucleo di un'altra importante conquista del primo periodo veneziano del Goldoni: la scoperta della dialettica interna al protagonista. Il servitore di due padroni (1745): canovaccio preparato per Antonio Sacchi (celebre Arlecchino) a Pisa nel 1745, ispirato all'Arlecchino servo di due padroni del francese Mandajors. Lo scenario francese è comunque per Goldoni poco piú che uno spunto: il Truffaldino goldoniano non è piú l'eterno beffato edassume un'aria di furbizia nuova che si adatta bene alla cultura illuministica del tempo, che gli permetteva, dopo aver rivelato di proposito il suo inganno, di realizzare il proprio sogno d'amore con Smeraldina.L'Arlecchino dello scenario francese viene invece scoperto e licenziato, fatto che segna la sua sconfitta. Questa commedia mantiene nell'intreccio disordinato e farsesco tutte le caratteristiche della commedia dell'arte, anche nella redazione completamente scritta (1753) Tutta la commedia si svolge sulla confusione e gli equivoci provocati da Truffaldino, che diventa servitore di due padroni allo stesso tempo: Florindo e Beatrice, due innamorati. Commedia ricca di effetti comici, come quando Truffaldino, per spiegare un suo imbroglio, fa credere a Florindo che Beatrice è morta, e fa credere a Beatrice che Florindo è morto. Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 2 Nonostante il successo della nuova commedia, il Goldoni tornò al compromesso tra parti scritte e “a soggetto” ed alle maschere della commedia dell’arte, pur mantenendo l’apertura sulla realtà. 1747: nasce il sodalizio con la compagnia di Medebac per il Teatro Sant'Angelo. La putta onorata e La buona moglie (continuazione della precedente) (1748): compare un maggior impegno morale e sentimentale. Nelle due commedie la realtà è essenziale e meno pittoresca e supera decisamente il leggiadro gioco scenico del Servitore di due padroni. Vedova scaltra (1748): grande successo, nel prologo apologetico Goldoni difende la propria originalità e la ricerca del naturale. La famiglia dell’antiquario (1749): viene raggiunto un equilibrio in cui la situazione è ben determinata e ricca di riferimenti alla vita contemporanea: urto fra generazioni, tensione fra suocera e nuora di differente estrazione sociale: la giovane, figlia di un ricco mercante e la matura dama orgogliosa e sprezzante. La linea secondaria è giocata sulle figure dello sciocco antiquario e del suo servo truffatore. 1750-51: sedici commedie in un anno, tra queste, Il teatro comico: dichiarazione di poetica e opera metateatrale. Qui Goldoni espone il suo programma artistico ina una specie di c olloquio del Medebac con gli attori della propria compagnia e col pubblico. Nell’avvertimento al lettore Goldoni precisa di aver voluto indicare i difetti che ha inteso eliminare e le basi su cui imposta le proprie commedie. Lo scrittore afferma che tali concetti non vogliono fornire una regola ad altri, ma sono validi solo per se stesso, che intende, con la propria opera, eliminare dal palcoscenico commedie che non sono degne di tale nome, in quanto sono una semplice accozzaglia di scene accostate senza ordine né regola. Il Teatro comico è, comunque, una commedia che porta in scena la serietà professionale degli attori e la loro dignità, il buon gusto, evitando scene e battute stantie e ripetitive. La polemica del Teatro nuovo è rivolta contro i residui del secentismo, ma, soprattutto, contro la vecchia recitazione, il disordine, la ripetizione l’improvvisazione senz’arte. Goldoni rieduca i vecchi attori, imponendo una nuova recitazione, una nuova compostezza ed un nuovo approfondimento psicologico e, contemporaneamente, rieduca il pubblico. Goldoni supera la commedia dell’arte polemizzando contro il linguaggio secentesco con le sue iperboli ed antitesi, tipico di repertori da cui attingevano i comici dell’arte, ma ormai superato dal gusto e dalla cultura. La bottega del caffè, Il bugiardo: in queste due commedie, il personaggio centrale è messo in evidenza dalla coralità dei personaggi minori che ne sottolineano la caratterizzazione. Le altre commedie del 1750 sono invece più ripetitive, farsesche o improntate a ricordi autobiografici. Le altre commedie erano: Le femmine puntigliose, La Pamela, L'avventuriero onorato, La dama prudente, I pettegolezzi delle donne... Primo tomo della raccolta delle sue commedie (1751) La locandiera (1752): scritta per la Corallina Maddalena Marliani della compagnia di Medebac. Mirandolina, esuberante, complessa, affascinante, sempre lucida e sincera, capace di autocontrollo, domina la commedia superando ogni ostacolo per fare a proprio modo, badare ai propri affari di locandiera, assicurandosi tranquillità, agi, reputazione. Uno dei punti forti è il vivace contrasto tra i caratteri dei tre pretendenti, che, ben individuati, fanno risaltare la figura della protagonista. Mirandolina è corteggiata da due nobili ma li tiene a debita distanza: il conte d'Albafiorita cerca di sedurla con dei regali, mentre il marchese di Forlipopoli, nobile decaduto e superbo, vuole conquistarla offrendole la sua inconsistente protezione. La locandiera è invece disprezzata da un Cavaliere che sostiene di odiare le donne. Si propone quindi di conquistare il Cavaliere con il suo Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 3 fascino fino a farlo invaghire follemente, ma alla fine lo umilia davanti a tutti sposando Fabrizio, il cameriere della locanda. In realtà la Locandiera non porta nel teatro goldoniano valori nuovi: i personaggi hanno tutti dei precedenti, la stessa Mirandolina ci è già apparsa nella Donna di garbo, nella Vedova Scaltra, nella Serva amorosa, commedie tutte dell'astuzia femminile. La Locandiera è una denuncia (secondo Goldoni stesso) dell'ipocrisia femminile e della sua pericolosità. Ma si trova una duplice intenzione: denunciare un aspetto del comportamento femminile senza tuttavia negarne il fascino. Non si vuole affermare la superiorità di un sesso sull'altro, ma di chi usa la ragione su chi invece agisce sciattamente seguendo modelli comportamentali superati dei fatti e irragionevoli nella sostanza. Tema del contrasto tra apparenza e realtà: i nobili (conte e marchese) sono tenacemente legati a un mondo che ormai non esisteva quasi piú, fatto di parrucche e vecchi merletti, mentre i nuovi ricchi (Mirandolina e Fabrizio) sono gente per bene che bada al sodo e ai valori quotidiani senza voli di fantasia: la Locandiera non si lascia abbagliare dai lustrini o dalle paillettes e diventa l'eroe positivo in contrapposizione con gli eroi negativi Pantalone e soprattutto Signor Todaro, che sembrano accontentarsi del benessere immediato, con l'unica prospettiva di perpetuare all'infinito il loro potere credendosi invincibili ed eterni: in questa commedia questo carattere è rappresentato dal Cavaliere di Ripafratta, che peró viene spiazzato dalle grazie di Mirandolina, una donna cosí diversa dalle altre. Il Cavaliere appare legato ad un'ottusa e superata misoginia, ma neppure Mirandolina sembra avere del ruolo della donna una concezione particolarmente moderna: la donna è un ninnolo prezioso, l'animale di lusso che gli uomini servono e vagheggiano per la sua soddisfazione e il loro piacere. Queste posizioni fanno del Cavaliere e di Mirandolina due personaggi degni l'uno dell'altro. Ma il fascino di Mirandolina no è legato solo alla sua civetteria, essa è anche una efficiente ed autosufficiente locandiera, pratica, attiva, solerte, intelligente e di comportamento duttile: sempre cortese ed accondiscendente quanto basta, inflessibile quando occorre. Oltre che femmina, è anche donna d'affari. Il matrimonio tra lei e Fabrizio sottolinea la superiorità di una nuova concezione borghese del matrimonio, fondata su un solido e realistico buon senso. E' chiaro che nella coppia è e sarà Mirandolina a comandare. Nella Locandiera abbiamo anche un significato politico e sociale: corteggiata da un Conte, un Marchese e un Cavaliere, finisce per sposare l'umile Fabrizio, in grado di aiutarla nella conduzione della locanda. E' il periodo in cui la nuova classe borghese entra in conflitto con la vecchia classe aristocratica. Non è piú considerato un onore sposare un nobile, Mirandolina ritiene piú utile sposare Fabrizio. Le due classi sono diverse perché sono diversi i loro usi e costumi, ma ormai la nobiltà si è annacquata, svuotata di contenuto. Commedia imitata da Alberto Nota nella Lusinghiera, ne esistono anche un'imitazione francese e una tedesca. Fu anche trasformata in opera musicale. 1752: Goldoni firma un contratto per dieci anni con Vendramin, proprietario del teatro S.Luca, a condizioni piú vantaggiose di quelle offerte da Medebac (il quale invece assunse Chiari). La compagnia di Medebac lo costringeva ad una certa fissità dei personaggi e all'uso delle maschere col fine di divertire comunque il pubblico, al S.Luca Goldoni acquisisce invece una libertà maggiore. Il campiello (1756), scritto in veneziano e in versi, vi sono rappresentati gli amori, i risentimenti, le liti, le chiacchiere che si svolgono in una piazzetta veneziana in un giorno di carnevale. 1759-62 È in questa fase che Goldoni raggiunge la piena maturità artistica. Con Gli innamorati del 1759, si apre un nuovo periodo in cui il Goldoni approfondisce le sfumature psicologiche che ruotano intorno all’inquietudine d’amore che turba l’idillio smorzando la linea Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 4 apertamente comica. Commedia in tre atti fondata sugli amori di Fulgenzio ed Eugenia e la gelosia di questa, che si crede preferita a Clorinda. Il vecchio zio Fabrizio promette in sposa Eugenia a Roberto, complicando cosí ancora di piú le cose. La vicenda si conclude con la rappacificazione dei due innamorati. La tematica centrale di questa commedia è la psicologia dell'amore. E' un amore settecentesco, fatto piú di ripicca e di amor proprio piuttosto che di generosità e spiritualità. Appare anche il tema del conflitto tra generazione nuova e generazione antica. Per i due innamorati, Goldoni si ispiró a dei personaggi reali che lui conosceva bene ed aveva incontrato a Roma, mentre il modello originale del personaggio di Fabrizio è da ricercare nello zelante benefattore di cui lo scrittore fu ospite a Roma: l'abate Piero Poloni. Si identificano anche Eugenia con la figlia dell'abate e Fulgenzio con il di lei fidanzato. Succianespole corrisponderebbe a un domestico di casa Poloni e la stessa Flamminia sarebbe la reincarnazione dello stesso Goldoni. I due innamorati originali si sarebbero sposati il 15.6.1751. Similitudini tra Fabrizio e Brighella. L'opera è dedicata ad Antonio Ancaiani, un aristocratico umbro. Commedia imitata da Alberto Nota nelle Risoluzioni in amore. Fu anche musicata . Tra il 1760 ed il 1762, Goldoni scrisse alcune commedie di ambientazione veneziana che costituiscono dei veri capolavori: in tali commedie, l’esperienza artistica di Goldoni è ormai matura nel rappresentare, con misura ed acume, lo scontro tra generazioni e tra caratteri e la ricerca di un ordine improntato ad una ragionevole moralità. In queste grandi commedie di carattere e di ambiente la realtà si concretizza, i caratteri si precisano. I Rusteghi (1760) ): in veneziano, parla di un matrimonio combinato e dei conflitti di interesse tra quattro mercanti conservatori e le aspirazioni dei giovani e delle donne. La commedia rappresenta il piccolo e sereno mondo borghese turbato da una minima tempesta il cui piccolo dramma è smussato dal tono comico. La figura del "rustego" è spia di una mutata disposizione del G. verso la borghesia. La borghesia veneziana ha sostanzialmente fallito la sua missione di rinnovamento. E il mercante non è piú visto con una fiduciosa simpatia, ma rappresentato nei suoi risvolti piú inaspriti, nella sua involuzione rigida e autoritaria. Goldoni registró il mutato clima sociale e culturale, l'involuzione della borghesia veneta, a differenza della lombarda, che preparava i Beccaria, i Verri, i Parini. La casa nova (1760) è una commedia perfettamente equilibrata ed elegante dove emerge la profonda simpatia del Goldoni per i personaggi comuni ed antieroici. Le baruffe chiozzotte (1762) segnano il trionfo del popolo minuto, delle sue tradizioni, del suo linguaggio fatto di battute brevi semplici, solo apparentemente casuali, nel giro arioso di pettegolezzi che si addensano in tempesta fino al prorompere della baruffa fra le donne. Nelle Baruffe chiozzotte va forse annotata un'inconsapevole riscoperta del popolo, dopo la delusione umana ancor prima che ideologica della borghesia. In veneziano e chioggiotto, parla degli scherzi e delle liti tra un gruppo di pescatori. Il sior Tódero brontolon (1762) in veneziano, scontro tra un vecchio legato al passato ed una donna volitiva e aperta alle novità. Una delle ultime sere di carnevale (1762): ultima commedia veneziana, è il commiato di Goldoni, in procinto di trasferirsi a Parigi, che affida l’addio ad uno dei personaggi che durante una cena tra amici si accomiata poiché sta per trasferirsi in Russia per lavoro. Dello stesso periodo (inizio anni '60) è la Trilogia della villeggiatura (Le smanie per la villeggiatura, Le avventure della villeggiatura, Il ritorno dalla villeggiatura), nella quale viene ampliato il tema dell’inquietudine, dell’amore e della gelosia. Opera assai impegnativa per impianto, azione e temi. Nella trilogia l’amore rischia di travolgere l’onore e le norme morali. Goldoni rappresenta un nucleo famigliare messo in pericolo dalla passione amorosa e dalla dissipazione economica, causata dal fatuo desiderio di ben figurare in società, a cui Goldoni oppone una saggezza concreta e la consapevolezza dei propri limiti economici e della propria condizione Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 5 sociale, in una complessa struttura di situazioni, comportamenti, caratteri, ambienti, Goldoni rappresenta l’evoluzione del sentimento amoroso, in un crescendo passionale, riportando poi la situazione nei limiti del buon senso. 1762: lascia Venezia per recarsi a Parigi a collaborare con la Comédie Italienne che stava attraversando un momento difficile. In Francia la commedia italiana era identificata tout court con la commedia dell'Arte, e da qui Goldoni dovette faticosamente ripartire: i comici non volevano imparare le commedie scritte e non avevano molta esperienza per recitare quelle a soggetto, inoltre il pubblico pretende ad ogni costo il gioco grottesco e buffonesco delle maschere e tutti quegli elementi che da anni a Venezia erano stati eliminati. Goldoni fu costretto a tornare alla recitazione a soggetto e a ripercorrere il processo di rinnovamento già attuato in Italia, tornando al compromesso tra parti scritte e a soggetto, ripresa delle maschere e forte gioco d’intreccio con effetti grotteschi e facili caricature, equivoci, sorprese. Dopo uno scarso successo di pubblico e problemi con gli attori, Goldoni individua un nuovo modus operandi. Nel periodo (breve) nel quale restó al Théâtre italien, preparó quasi sempre due stesure di ogni opera, la prima destinata al pubblico parigino sotto forma di canovaccio soprattutto per maschere, la seconda scritta per intero e con personaggi definiti e realistici per la rappresentazione a Venezia. Opera in questo modo per il Ventaglio. Il ventaglio (1763-4) nasce come scenario scritto nel '63 per il teatro della Comédie Italienne. Rappresentata a Parigi, non ottiene un grande successo. Nel '64 Goldoni ritocca la commedia e la manda a Vendramin a Venezia. Commedia fondata sulla vivacità dell'intreccio e del movimento collettivo piuttosto che sul predominio di un personaggio. La scena si svolge in un piccolo borgo vicino a Milano: Candida, parlando dal balcone con Evaristo, che ama e da cui è amata, lascia cadere il suo ventaglio che va a pezzi. Evaristo compra un nuovo ventaglio dalla merciaia Susanna e incarica la contadina Giannina di consegnarlo a Candida. Questo è il principio di una serie di malintesi, il ventaglio passa di mano in mano finché tutto si spiega, Candida ed Evaristo si riconciliano e tutto termina nella serenità generale. Il vero protagonista è il ventaglio, i vari personaggi non hanno caratteristiche spiccate, sono appena delineati, ad eccezione di Giannina che, con la sua rudezza, rappresenta un tipo insolito nell'opera goldoniana: è il personaggio femminile centrale della commedia, senza affettazioni, genuina e veramente candida. Sa difendersi sia contro coloro che stanno al suo stesso livello sociale, sia contro borghesi e aristocratici. Il conte Rocca Marina che ripete un po' la figura del marchese di Forlipopoli della Locandiera, vecchio nobile decaduto che cerca di opporre la forza della protezione a quella, molto piú concreta, del denaro. Spiantato opportunista di scarsa cultura, le due mediazioni matrimoniali finiscono in un clamoroso fiasco. Alcuni personaggi, come Candida, sono presenti piú attraverso le parole degli altri: Candida è una donna fragile, che gira dove porta il vento. Il Barone del Cedro rappresenta la nobiltà non ancora decaduta. Uomo di mondo con un alto senso dell'onore, non brilla per intelligenza né per intraprendenza. Subisce un gran disonore vedendosi rifiutato da una piccola borghese (Candida). Geltruda è una donna attenta e piena di buon senso che cerca di accontentare la nipote anche in quegli atteggiamenti che considera un po' capricciosi. "Evaristo" significa piacente, amabile, gradito (dal greco). È il ricco, appassionato di caccia, tanto sicuro con gli altri quanto insicuro e pieno di smancerie con la donna. Ingenuo e incapace di dominare le situazioni. Coronato è un oste un po' rozzo e primitivo, bisognoso di protezione perché icapace di gestire personalmente le situazioni nelle quali si viene a trovare. Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 6 Susanna è la merciaia, chiacchierona e pettegola, ha vissuto in città ed ha ricevuto un'educazione cittadina, per cui ha il segreto cruccio di sentirsi sprecata di commerciare in campagna, fra gente non alla sua altezza. Crespino è dotato di una sua saggezza che lo aiuta a sopportare i momenti difficili e a capire la realtà delle cose. Il buon senso ed il sentimento che prova per la sua donna lo guidano nei momenti di ansietà. Il valore della vicenda consiste nell'umana vivacità con cui i vari affetti si intrecciano. Nobili, cittadini, mercanti, contadini e artigiani si ritrovano nelle vicende del ventaglio colmando le differenze che li separano. L'opera è piena di simmetrie: due gruppi di personaggi, i movimenti del ventaglio negli atti (2 nei primi due atti), in parte le scene mute dell'avvio del primo e del terzo atto: hanno infatti funzioni differenti, la prima presenta il luogo e i personaggi, la seconda invece è un scena dinamica. Anche i due gruppi di personaggi sono simmetrici per composizione: due pretendenti, una donna contesa e un parente. Sin dalla prima rappresentazione nascono problemi legati al sincronismo dell'entrata in scena degli attori: alla vivacità e alla complessità dell'azione vengono sacrificati un vero e proprio studio dei caratteri, un'approfondita analisi dei costumi. La scena del ventaglio, all'inizio della commedia, dovrebbe essere nell'intenzione di Candida un comunicare ad Evaristo che accetta le sue attenzioni amorose, ma in seguito a dei malintesi, tutti i personaggi che hanno qualche mira su di lei sono portati a svelare a loro volta se stessi. Il ventaglio è simbolo dello svelamento di se stessi nel gioco dell'amore. E' una delle opere di Goldoni in cui vengono fornite piú informazioni sul luogo reale della rappresentazione e cioè sulla organizzazione delle scenografie e degli attori sul palcoscenico. Le indicazioni di ambientazione della prima scena del primo atto sono essenziali per presentarci non solo i personaggi, ma anche l'ambiente in cui si svolgerà l'azione. Nel Ventaglio borghesi e nobili sono presenti ed agiscono all'esterno, come i popolani, invece che nel chiuso delle case, anche se il terrazzo, dove le signore sono sedute a lavorare e ricevono gli ospiti, rappresenta un punto di mediazione tra il privato della casa ed il pubblico della piazza. Il tempo storico in cui si muovono i personaggi è il tempo stesso in cui l'autore scrive: anche a Parigi, nel clima prerivoluzionario, la nobiltà sta perdendo il suo ruolo e la borghesia ha assunto ormai lo stesso peso sociale e le donne iniziano ad esprimersi sul loro destino. Il tempo dell'azione è in realtà molto breve: circa una giornata, che si colloca, per i personaggi seri (Evaristo, il Barone e le due signore) nel tempo della vacanza, la vacaza in villa che nel '700 ormai era diventata una moda. Quando i personaggi sono popolani, è difficile che il dialogo sia a due, spettatori curiosi e orecchie attente sono sempre in agguato e pronti ad intervenire. Sulla scena sono sempre presenti molti personaggi, anche se non tutti attivi contemporaneamente, comunque tutti pronti ad intervenire ed inserirsi nel discorso. Questa presena di gruppo sulla scena rende necessari gli "a parte", con cui il personaggio puó comunicare col pubblico, fingendo che gli altri presenti in scena non possano ascoltare. Utilizzato con grande frequenza nel Ventaglio. L'attore deve fingere di parlare a bassa voce ma allo stesso tempo deve farsi sentire dal pubblico. Sono anche frequenti, nel Ventaglio, gli "a parte" a due: <Ora è tempo di darglielo> piano al Conte urtandolo con premura <no in pubblico, no> piano al Barone. Esiste invece un solo monologo nell'opera, quello di Susanna che esprime il suo disprezzo per il villaggio ed i suoi abitanti. Goldoni non fa grande uso dei monologhi, i suoi personaggi non si definiscono nell'introspezione ma nel rapporto con gli altri. Non è nemmeno descritta la cuffia che Candida acquista per giustificare la sua visita a Susanna: non è un oggetto, è un pretesto. Dello stesso ventaglio, sappiamo molto poco: è l'ultimo che è restato nella bottega di Susanna, vi sono delle figure ma vale solo sette o otto paoli. E' un'opera concentrata sull'intreccio e sull'azione, ambientata in un luogo aperto, non è ricca di riferimenti all'abbigliamento, agli arredi, ai comportamenti sociali, come altre opere di Goldoni. Francesco Augusto Bon imitó questa commedia nell'Anello della nonna, il Bersezio nella Bolla di sapone, Pietro Raimondi la musicó. Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 7 1765: Goldoni chiamato alla corte di Versailles come insegnante di lingua italiana delle figlie di Luigi XV. La commedia veneziana, scritta a Parigi, segna l’abbandono da parte del Goldoni del teatro dei comici italiani in Francia. Solo nel 1771 e nel 1772, Goldoni tornò al teatro, con due commedie in francese: Le bourru bienfaisant e L’avare fastueux, dignitose ma grigie. Nel 1780 gli attori gli chiedono di tornare a scrivere, per risollevare le sorti della Comédie italienne, Goldoni scrive sei commedie che peró non verranno mai rappresentate: la Comédie viene soppressa dalle autorità e gli attori vengono licenziati Mémoires (1784-1786) Goldoni volle dare di se stesso un ritratto ideale onde giustificare la propria opera di riformatore. Le mémoires non si differenziano dalle altre analoghe opere contemporanee nell'offrire, della vita, un'immagine tendenzialmente avventurosa e comunque ricostruita su dati della memoria, spesso divenuti approssimativi per il lungo tempo trascorso. Le sue opere piú importanti e continuamente rappresentate sono: La locandiera, Il campiello, I rusteghi, Sior Tòdaro brontolon, Le baruffe chiozzotte. Riforma del teatro Dopo un periodo preparatorio su tragicommedie e tragedie, tra il 1737 e il '43 Goldoni iniziò la riforma del teatro, incentrata sulla commedia. Per attuare la sua riforma egli dovette procedere per gradi, poiché incontró subito ostacoli considerevoli: prima con gli stessi attori che non volevano imparare le parti e abbandonare il vecchio repertorio e le maschere, poi con gl'impresari colpiti nella borsa, con molti nobili che consideravano rivoluzionario il voler dipingere la società e con lo stesso pubblico attaccato alla tradizione, infine - e più aspramente - con i critici, con i letterati e con gli autori rivali. Per assecondare le esigenze della moda spesso Goldoni fu costretto a seguir le forme che voleva combattere, a fare scenari o a trattar vecchi soggetti o argomenti spettacolari ed esotici. Il piú accanito tra i suoi rivali fu Carlo Gozzi, che contrappose alla commedia goldoniana il ritorno alla commedia dell'arte, alla sua comicità spontanea e alle sue invenzioni sceniche, privilegiando soprattutto la fantasia creativa dell'intreccio. Gozzi rifiutava che la vita vera potesse costituire oggetto di opera letteraria e che venissero rappresentate tutte le classi sociali, con le loro qualità, ma anche con limiti e vizi. Il torto principale di Goldoni sarebbe stato quello di aver fatto sovente dei nobili lo specchio dell'iniquità e del ridicolo, e della vera plebe l'esempio della virtú. Poiché Goldoni si divendeva dicendo che il miglior giudizio sull'opera sua lo aveva dato il pubblico affollando il teatro, Gozzi, per provargli che anche buffonate senza senso potevano essere applaudite, fece rappresentare, nel gennaio del 1761, una fiaba, "L'amore delle tre melarance", tratta dalle novelle popolari e sceneggiata secondo le norme della commedia improvvisa, con le maschere e con soggetto appena abbozzato. La fiaba piacque e fu molto applaudita e poi dopo questa tennero dietro altre fiabe di Gozzi che, senza volerlo e così per gioco, stava avviando un'altra riforma. Convinto che il teatro improvviso fosse una gloria nazionale, si mise a svecchiarlo e, servendosi del meraviglioso, del romanzesco e del fantastico, volle creare la commedia popolana in opposizione a quella borghese e fece rappresentare in forma drammatica i piú noti racconti di fate. Ma Gozzi era aristocratico, odiava tutte quelle novità che odoravano troppo di democrazia e viveva con i suoi Granelleschi in un ambiente puramente letterario. Le sue fiabe, che pur tanti successi ottennero in quel tempo, furono presto dimenticate, mentre rimase l'opera di Goldoni, oggi considerato l'iniziatore della commedia moderna. Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 8 Anche Pietro Chiari osteggió Goldoni e lo attaccó soprattutto scrivendo delle parodie delle sue commedie, ad esempio La scuola delle vedove, una parodia della Vedova scaltra. La lotta continuò accanita per dieci anni ed il pubblico veneziano si divise in due schiere, poi la gara diminuì di intensità ed astio e il bresciano Chiari finì con il ritirarsi dal campo e con il riconoscere i meriti del suo rivale. In quanto uomo di teatro, non rifiutó mai la sperimentazione, avventurandosi anche su terreni sconosciuti: ne nacquero le "esotiche", gli intrecci sovraccarichi, l'esercizio del martelliano, gli apparati scenici macchinosi, sconfinando persino in una zona di vaga sensibilità preromantica. In cosa consiste la riforma goldoniana? Goldoni, allontanandosi dalla commedia dell'arte, si propose di scrivere il testo teatrale nella sua completezza, in modo da poter determinare il carattere psicologico dei personaggi, portando sulla scena la rappresentazione della realtà sociale e non una sua caricatura. Goldoni supera la forma della commedia dell'arte, basata su un canovaccio che delinea gli elementi salienti della storia liberamente interpretata dagli attori, per scrivere l'intero testo teatrale, con i suoi dialoghi, per determinare la psicologia dei personaggi e rappresentare la realtà e non una sua caricatura. Occorreva eliminare dalla scena quelle stranezze, quelle battute grossolane e scurrili ("di tali cose ridono soltanto quelli del vil plebe, e se ne offendono le gentili persone") quei concetti espressi chiaramente a sproposito, che molto spesso servivano agli attori per riprendere il ritmo della rappresentazione interrotto da qualche difficoltà che interviene naturale quando si recita a braccia seguendo solo un canovaccio. Scrivendo il testo della commedia non si puó piú tradire l'intenzione dello scrittore né si possono cambiare durante la rappresentazione le vicende preparate per formare o condurre l'intreccio. Ma Goldoni si rende anche conto che questo nuovo gusto della commedia, che nasce dalla regolarità dell'azione, puó essere introdotto solo a poco a poco, perché tutti sono troppo abituati al vecchio modo di far commedia e di divertirsi in teatro. Le maschere avevano fornito a Goldoni una prima gamma di tipi e caratteri comici, che egli aveva approfondito ed arricchito di connotazioni sociali ed umane. Quanto più Goldoni procedeva in tale direzione, rappresentando la realtà contemporanea, tanto più le maschere perdevano necessità e costituivano un ingombrante margine d’inverosimiglianza e fissità. Proprio qui va ricercata la modernità di Goldoni, nell'aver sostituito al tipo astratto della maschera un carattere psicologicamente piú plausibile. Inoltre, Goldoni scelse come punto di partenza la commedia dell'Arte e non quella Arcadica, partí cioè dal teatro popolare e non da quello d'élite. Il suo punto di riferimento è la rappresentazione realistica del ceto medio: l'arte, per Goldoni era la rappresentazione della natura. La riforma fu da lui iniziata nel 1738 con il Momolo Cortesan scrivendo la parte del protagonista; un altro e più importante passo fece nel 1748 scrivendo per intero La donna di garbo; poi cominciò ad abolire le maschere. Della commedia dell’arte, Goldoni conservò inizialmente, la presenza della maschera in alcune commedie, l’eccessiva arguzia comica di certi servitori e la morale conclusiva enunciata nell’ultima battuta. Rimase anche la vivacità dei movimenti, il brio del dialogo, il ritmo dell'azione, la fantasia dell'intreccio. A Parigi trovò amicizia ed ammirazione, ma la direzione della comédie italienne si rivelò difficile a causa della diffidenza verso la sua riforma teatrale e della prevenzione del pubblico, fedele alla commedia dell’arte come alternativa alla commedia “larmoyante” o alla tragedia. La commedia dell'arte regnava sovrana in Francia, nessuna traccia della riforma ch'egli aveva realizzato in patria. Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 9 Goldoni dovette ripartire dai canovacci (da cui ricavò alcune commedie come il Ventaglio, inviate a Venezia ai Vendramin) per risalire, gradatamente alla commedia scritta, ma con la presenza di maschere e poi alla commedia di carattere. Goldoni afferma che, grazie all'esperienza, scrivere commedie era diventato per lui un facile gioco che consisteva in quattro operazioni: 1. stabilire il piano colla divisione delle tre parti principali: esposizione, nodo, sviluppo 2. scompartimento dell'azione in atti e scene 3. dialogo delle scene piú interessanti 4. dialogo generale della totalità della commedia Poetica Per le sue commedie il Goldoni non disdegnò di attingere alla commedia improvvisa, prodotto genuino e spontaneo del popolo italico; ma sua principale cura fu di osservare la vita e di ritrarla. "..Tutta l'applicazione - egli scrisse - che ho messo nella costruzione delle mie commedie, è stata quella di non guastar la natura...". La società del suo tempo gli offriva ampia materia; egli non aveva bisogno di ricorrere a mode e a vicende di paesi lontani, di creare intrecci complicati, di portar sulla scena tipi strani e caratteri di eccezione; la vita ordinaria di Venezia e del Veneto, della Lombardia, delle Romagne, dell'Umbria, della Liguria, della Toscana, di tutti i paesi per dove era passato e in cui era vissuto, gli porgevano tante figure e tanti casi che non gli rimaneva che scegliere, riprodurre, fare rivivere per dilettare il pubblico. Base è la società veneziana nella sua mezzanità, più vicina al popolo che alle classi elevate: ciò che dà più presa al comico per quei moti improvvisi, ineducati, indisciplinati, che sono propri alla classe popolana, alla quale si accostava molto la borghesia veneta, non giunta ancora a quel raffinamento e delicatezza di forme, che sono come l'aria della civiltà. I caratteri, come il maldicente, il bugiardo, l'avaro, l'adulatore, il cavaliere servente, inviluppati in quest'atmosfera, escono fuori vivi, coloriti, originali, nuovi. Goldoni manifesta un’apertura a quegli strati sociali che la convenzione teatrale convenzionale riteneva indegni di rappresentazione e che invece lui avvertiva come parte essenziale del tessuto sociale. Goldoni non idealizza la realtà umana ed attacca i residui baroccheggianti e classicistici in nome di una comprensibilità più vasta, della naturalezza, della semplicità. Le creature del Goldoni appartengono dunque di preferenza alla borghesia e alla plebe. Non mancano i nobili, ma sono in minor numero e non sempre vi fanno buona figura, come quella classe oziosa, vana e corrotta che nessun peso ha più nella società ed è destinata ad esser travolta dalla corrente sana e operosa dei borghesi e dei popolani". Il suo interesse va sempre a uomini e donne ridicoli, piacevoli interessanti, ma sempre umanamente comprensibili, soprattutto le donne, sospese fra saggezza e capriccio, concretezza e fantasia. Goldoni è attento ad evitare ogni grossolanità e la malizia è sempre fine e misurata. I personaggi di Goldoni non sono mai astratti modelli di vita o mostruosi esempi di vizio, bensì persone colme di temperamento. In Goldoni è acutissima la sensibilità per le condizioni sociali e per i legami tra caratteri individuali, connotazione sociale, ambiente e mutamenti di generazione. Tale nuova caratterizzazione personale – sociale, deriva da uno schietto realismo che nasce dall’osservazione di situazioni concrete. Goldoni rileva il comico della grettezza, della boria del nobile decaduto e squattrinato, della stoltezza dell’arricchito pretenzioso, dei popolani privi di dignità. In Goldoni manca ogni interesse religioso, l’assenza totale di ecclesiastici nelle sue commedie deriva dalla proibizione, a Venezia ed altrove, di portare sulle scene personaggi o argomenti religiosi e, anzi, il Goldoni si rammaricava di non poter utilizzare tale materiale. A Parigi, dove poteva esprimersi più liberamente, introdusse più volte nei Mémoires, ritratti di religiosi di cui ironicamente tratteggia l’ipocrisia e la secolare abitudine diplomatica. Quando accenna a culti, Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 10 oggetti di venerazione, emerge la svalutazione illuministica di ogni forma di superstizione e bigotteria. Nel Goldoni, i valori morali e civili sono quelli della civiltà razionalistica, illuministica e borghese, che ha come punto focale la reputazione, il senso dell’onore, l’onestà, in un contesto non rivoluzionario, ma nemmeno conservatore. Nel Goldoni si ritrova l’antipatia borghese per ogni sopruso e iattanza nobiliare, il cavaliere saggio ed onesto non disprezza le classi umili, condanna la prepotenza e l’intolleranza. Temi tipici goldoniani: velato disprezzo per la nobiltà, apprezzamento della nuova classe borghese, riconoscimento dell'autonomia delle donne. La lingua del Goldoni: nel Settecento non esisteva una lingua comune di conversazione in Italia, per cui un autore non toscano che volesse simulare il parlato aveva due possibilità: scrivere in dialetto o adottare una lingua mista, che includesse anche dialettismi e francesismi. Goldoni adotta a volta una a volte l'altra possibilità: il dialetto (veneziano), una lingua mista e a volte anche il francese, essendosi trasferito a Parigi. Non lasció riflessioni teoriche sul suo teatro, ma dalle premesse alle sue commedie capiamo che aveva comunque chiara consapevolezza delle sue innovazioni. Goldoni utilizza una lingua vicina al parlato e al registro informale, ottenuta operando una sintesi tra il suo dialetto veneziano e la lingua letteraria toscana e trova cosí una lingua adatta al teatro. Dà dignità alla lingua parlata e l'ha utilizzata come strumento fondamentale di comunicazione con platee di tutta Italia. A volte i testi scritti durante il soggiorno in Francia presentano dei francesismi: Evaristo e il Barone vestono "propriamente", cioè elegantemente, Gertruda utilizza il termine "pulito" nel senso di educato. Il linguaggio di Goldoni mantiene la struttura ipotattica del dialetto, povera di nessi subordinanti, in cui affiorano caratteri propri del parlato e del registro informale, rimasti sempre ai margini della norma grammaticale, come le ridondanze pronominali (a me mi volete bene) o la dislocazione a sinistra (la ricchezza la stimo e non la stimo). Goldoni non fu mai un grande teorico della lingua del teatro. Nella presentazione della raccolta delle proprie opere tocca comunque la questione: l'uso del dialetto in scena non costituisce un problema, ma nello scritto è necessario aggiungere qualche nota. Sparisce la tradizionale lingua bolognese del dottore avvocato (eredità della commedia d'arte). Totalmente estraneo a preoccupazioni di purismo, Goldoni rivendica invece il valore pratico, empirico delle sue scelte, al di fuori di ogni teoria o speculazione astratta. La sua è una lingua viva, non elegante. Innovativa perché va contro le tendenze tradizionali della prosa accademica italiana. Contesto culturale Nel 1690 fu fondata a Roma l'Arcadia, accademia che si prefigge di combattere il cattivo gusto del barocco seicentesco. Gli arcadi proponevano un ideale di vita rustica modellata sulla tradizione parecchio artificiosa dei bucolici greci e latini e crearono una letteratura falsa, fredda, pallida, monotona, in cui la civetteria simulò la grazia, la leziosaggine, la passione, il bamboleggiamento, la tenerezza. Il Settecento è l'età dei "lumi", l'epoca dell'Illuminismo, delle nuove esigenze razionali e della prima rivoluzione industriale. In tutta l'Europa si sviluppa una nuova idea di modernità, che si basa sul senso laico della cultura, sulla ricerca di una nuova e maggiore comunicatività del pensiero. Attraverso il lume della ragione ci si proponeva di combattere le tenebre dell'ignoranza e della superstizione. L'ideologia illuminista si diffuse come mai era accaduto prima per gli altri movimenti culturali, anche oltre la ristretta cerchia intellettuale, nell'aristocrazia e in parti cospicue della borghesia. Testimonianza di questa diffusione delle idee illuministiche fu il grande successo Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 11 culturale ed editoriale dell'Enciclopedia, venduta in migliaia di copie in tutta Europa. I fondamenti culturali dell'Illuminismo possono essere ravvisati nell'Umanesimo (che aveva posto l'uomo al centro dell'universo) e nel libertinismo. Nel '600 i libertini, contro il rigido conformismo della Controriforma, si qualificavano come liberi pensatori rivendicando la libertà di interpretare le Scritture e di disobbedire alle norme morali delle Chiese in nome di convinzioni personali. In Italia l'Illuminismo è quasi sempre mediato da una perdurante eredità classica. Infatti, il problema degli intellettuali italiani nel '700 è come mantenere la cultura italiana al passo con quella del resto dell'Europa, cercando una mediazione che non la separi dall'antica tradizione umanista ma che sappia confrontarsi con il razionalismo europeo ampiamente diffuso. Possiamo inquadrare Goldoni nell'ambito delle idee illuministiche, incline come fu ad un persuaso pacifismo fondato sulla ragionevole convivenza. La difesa dei valori della vita è sottolineata dalla condanna indiretta, mediante il ridicolo, dei mali che la guerra reca fatalmente con sé, a principiare dalla corruzione. Al suo Illuminismo popolare e medio mancó peró l'interesse per la filosofia, limitato a quella cosiddetta naturale del buon senso: Goldoni è convinto che la migliore filosofia sia quella pratica, fatta per la vita, traducibile in “buon senso”, volta al bene degli uomini. Verri, illuminista, loda le commedie goldoniane come suscitatrici di diletto e virtú, mentre Gozzi, reazionario di idee conservatrici, accusa Goldonni di corrompere il buon criterio e il buon costume degli spettatori diffondendo le pericolose idee d'oltralpe, avverse all'odrine sociale tradizionale. Goldoni-Alfieri-Parini = triade di grandi che nella seconda metà del Settecento iniziarono il rinnovamento artistico d'Italia, il quale coincide con il rinnovamento della coscienza sociale e nazionale. È nel teatro che la letteratura settecentesca dà gli esiti piú innovativi: Alfieri rinvigorisce la tragedia portando sulla scena l'odio per ogni forma di tirannide, Goldoni riforma la commedia in senso borghese. Quando il Goldoni si affacciò alla vita dell'arte il teatro comico italiano era in grande decadenza: la commedia letteraria procedeva sempre lungo la via tradizionale che aveva come punto di partenza Plauto e Terenzio; quella improvvisa, scomparsi i grandi attori, declinava rapidamente rendendosi fastidiosa con i suoi vecchi tipi, triviale con le sue oscenità, buffonesca con i suoi logori lazzi, stucchevole con i suoi soliti scenari. La commedia dell’arte, risalente alla metà del ‘500, si affidava all’improvvisazione degli attori, i quali, accordatisi su un tema (canovaccio) lo svolgevano direttamente davanti agli spettatori. A poco a poco si cristallizzarono dei tipi fissi, ossia delle maschere e la commedia dell’arte divenne da improvvisazione imitazione prevedibile di luoghi comuni. La definizione “Commedia dell'Arte” (arte ha il significato medievale di mestiere) distingueva il teatro di attori di professione da quello praticato nelle corti da letterati e cortigiani e sui sagrati delle chiese da chierici e diaconi. Le compagnie professioniste erano composte da artisti e acrobati girovaghi. Tali compagnie non mettevano in scena testi d'autore ma, basandosi su un canovaccio, rappresentavano vicende ispirate alla realtà quotidiana, arricchite con numeri acrobatici, danze e canti. Ognuno dei comici era specializzato nel ruolo di una Maschera, rigidamente fedele al cliché tradizionale: a dirla con Goldoni, gli uditori sanno cosa deve dir l'Arlecchino, prima che egli apra la bocca. Un canovaccio traccia sommariamente l’azione e i personaggi di una commedia o di una tragedia e permetteva a una compagnia teatrale esperta di mettere in scena testi attuali in poche ore. Bastavano pochi interventi per costruire parallelismi tra vicende che scuotevano un paese in cui si recitava, ad esempio un assassinio o un furto, e i contenuti di un canovaccio già esistente. I canovacci permettevano quindi di creare rapidamente nuovi testi drammatici perché si basavano sull’esperienza degli attori e al contempo offrivano dei moduli drammatici collaudati nel tempo e di Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 12 sicura presa sul pubblico. Inoltre gli attori potevano attingere le battute da alcuni repertori (gli attori migliori ne avevano di personali). La recitazione era in versi e, solo con Goldoni si passò, regolarmente, alla prosa. Per gli spettacoli, gli attori utilizzavano semplici palchi all'aperto o luoghi più convenzionali. Le commedie si basavano su personaggi ben riconoscibili e dai caratteri stereotipati, su un’enfatica gestualità, dialoghi improvvisati, interludi musicali e buffonerie, per soddisfare un vasto pubblico di diversa estrazione sociale e culturale. A differenza di quanto accadeva per le compagnie di teatro tradizionale, quelle della Commedia dell'Arte assoldavano attrici professioniste invece di far recitare agli uomini le parti femminili (generalmente erano composte da tre donne e sette uomini e le migliori avevano un “poeta di Teatro”, professione esercitata dallo stesso Goldoni). Tutti gli attori, con l'eccezione della coppia dei giovani innamorati, portavano la maschera. Le maschere riproducevano alcuni caratteri ben riconoscibili, tali da ovviare in parte all'assenza di un copione e da orientare immediatamente la comprensione del pubblico. Con le maschere ogni compagnia costruiva centinaia di situazioni diverse. Gli attori improvvisavano anche brevi scene individuali con battute e lazzi. La popolarità della Commedia dell'Arte, sia in Italia sia all'estero, fu straordinaria. Nel XVII secolo, i governi di Spagna e Francia (dove la Commedia veniva recitata dagli attori della Comédie-Italienne del teatro dell'Hôtel de Bourgogne) cercarono di censurare e regolamentare questa forma teatrale. In Inghilterra, gli influssi della commedia assunsero i caratteri delle maschere di Punch, un Arlecchino più prepotente, e di sua moglie Judy. In Francia la commedia ispirò il teatro dei maggiori commediografi francesi, come Molière e Marivaux. In tale situazione esordì Goldoni che, a poco a poco, alla commedia dell’arte, ormai priva di valori artistici, spesso gratuitamente licenziosa, contrappose la propria commedia di carattere. Goldoni obbligò gli attori a riferirsi a un testo scritto, rinunciò alle facili buffonerie, eliminò gradualmente le maschere, conferendo loro un’individualità sempre più marcata, trasformando la commedia dell’arte in commedia di carattere e inserì l'azione nel concreto tessuto sociale della classe borghese mercantile Contesto storico La prima metà del Settecento vide l'Europa sconvolta da guerre sorte per motivi dinastici. Il principale risultato dei conflitti fu l'ascesa dell'Inghilterra ad arbitro della politica europea e il ridimensionamento del ruolo della Francia alle prese con gravissimi problemi economici. Molti paesi europei rimasti per secoli ai margini degli eventi inizieranno a rivendicare un loro ruolo nella politica di equilibrio europea. Si diffuse la consuetudine delle paci separate che, a causa del gran numero dei partecipanti nelle alleanze, permetteva di continuare la guerra contro uno solo dei paesi della coalizione avversa sino a quando non si fosse raggiunta una situazione di supremazia. I territori coloniali furono anch'essi coinvolti nel conflitto diventando moneta di scambio durante la sottoscrizione delle paci e dei trattati, certamente un'anticipazione rispetto a quanto avverrà con la Guerra dei sette anni (1756-63) quando anche le colonie diverranno capo di battaglia. Il Settecento fu un secolo di notevoli cambiamenti nella situazione italiana: vi fu il passaggio dall'egemonia spagnola (che risaliva all'epoca di Carlo V) a quella austriaca (sancita dalla pace di Utrecht); si assistette al riaffacciarsi dei Borbone di Spagna con i figli Elisabetta Farnese (Carlo a Napoli e Filippo a Parma), alcune antiche famiglie regnanti si estinsero come i Medici di Firenze soppiantati dagli Asburgo-Lorena e i Farnese di Parma, ora passata ai Borboni. Le aristocratiche repubbliche di Genova e di Venezia e lo Stato della Chiesa nella loro immobilità si erano ormai avviate alla decadenza. I cambiamenti tuttavia non furono solo politici, il pensiero illuminista degli enciclopedisti francesi e dei free thinkers inglesi si arricchí del contributo di filosofi e giuristi italiani. Personaggi di primo piano come Beccaria, Verri e Giannone fornirono il supporto ideale ai Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 13 programmi riformatori dei principi stranieri in Italia (gli Asburgo a Milano e in Toscana, i Borbone a Napoli). Nel frattempo altri mutamenti di carattere socio-economico iniziarono a modificare la struttura della società italiana. Il Settecento viene definito il "Secolo dei lumi" ma anche il secolo della "borghesia", perchè la cultura scientifica e filosofica, diede origine al dinamismo economico di un ceto moderno, operoso, denso di iniziative in tutti i settori della nuova società; creatività e dinamicità affiancata dalle nuove teorie dell'economia, scaturite e sollecitate dalla pre-"rivoluzione industriale", entrambe nate dalla diffusione delle idee. Tutta la scienza e la tecnica trovarono straordinari impulsi in questo clima culturale. L'avanzata della borghesia, che già aveva caratterizzato lo sviluppo di una notevole parte dei più civili paesi d'Europa durante il secolo precedente, assunse nel Settecento un nuovo impeto e una nuova forza d'urto. Si realizzano cospicui spostamenti di ricchezza, si lanciano nuove imprese economiche, aumenta il commercio; si riorganizza e consolida lo sfruttamento dei popoli coloniali. Le profonde trasformazioni che interessarono la società e l'economia del XVIII secolo posero le premesse per la definizione dei caratteri della società contemporanea. La crisi dell'organizzazione per ceti e l'affermazione dei principi rivoluzionari di libertà, uguaglianza e fraternità fra gli uomini furono gli elementi cardine della nuova visione dei rapporti sociali. L'espansione demografica fu largamente determinata dal miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e alimentari per gran parte della popolazione. Le innovazioni tecnologiche applicate all'agricoltura e alla produzione industriali portarono a un incremento della produttività e alla liberazione di molta forza lavoro dalle campagne. Le persone occupate nelle attività industriali non erano piú legate fra loro da vincoli corporativi ma tutte sottoposte al sistema di fabbrica, che consisteva nella parcellizzazione delle diverse fasi dell'attività produttiva. L'industria tessile e manifatturiera impiegava, in assenza di una legislazione sociale, anche donne e minori in turni massacranti. L'espressione "Ancien régime" venne coniata dai rivoluzionari francesi per definire in senso negativo il sistema politico e socio-economico della Francia prerivoluzionaria, contrapponendolo al "nuovo régime" nato con la rivoluzione. Essa ebbe una triplice definizione: politica (intendendo con ció lo Stato monarchico assoluto), sociale (con la suddivisione dei sudditi per ceti, ordini o corpi piú o meno privilegiati, a cui i rivoluzionari contrapposero il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini) ed economico (con il gravare sull'attività agricola di numerosi e antichi diritti feudali, decime e immunità, fino ai vincoli alla compravendita della terra e con la presenza di corporazioni immobili e superate). Già da tempo un diffuso spirito di riforma aveva posto il problema di un superamento dei privilegi e dei limiti dello Stato monarchico assoluto. Questa esigenza sfoció in un movimento rivoluzionario, caratterizzato da programmi radicali e a volte violenti, sulla spinta, tra il 1788 e 1789, di fattori contingenti quali l'insolubilità dela crisi finanziaria (ampio deficit di bilancio) e il concretarsi della crisi economica in penuria alimentare e aumento dei prezzi dei cereali, provocati dal cattivo raccolto del secondo semestre. La metà del Settecento è un momento storico contrassegnato da: -la crisi dei valori idealizzati dalla nobiltà nei secoli precedenti e della sua forza politico-sociale -il divario tra nobili e popolo sul piano economico, spirituale e umano -la crisi della grande borghesia mercantile, particolarmente grave a Venezia Fortuna Goldoni fu sempre molto rappresentato, seppure con qualche distanza critica in epoca romantica, quando la quotidianità apparentemente facile delle sue commedie non era considerata adeguata rispetto alle forti passioni ed ai grandi ideali che disegnavano il teatro e, piú in generale, la Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 14 letteartura romantica. Questo giudizi di superficialità e frivolezza restó per un lungo periodo attaccato al teatro goldoniano. La fortuna di Goldoni: nel '700 corrisponde a un costante successo di pubblico e in una straordinaria diffusione editoriale. In età romantica la riforma goldoniana riscosse scarso interesse: i frutti del ritorno al naturale furono veduti come riduzione a una mediocrità quotidiana ritratta superficialmente. Manzoni esprime le sue riserve soprattutto sulla lingua. L' '800 era negato al teatro, o meglio il suo teatro fu il melodramma. Il teatro goldoniano è molto anti-romantico: attento alla misura, alieno da ogni eccesso passionale. E' con De Sanctis che si apre la riscoperta di Goldoni. In lui il De Sanctis riconosce il Galileo della nuova letteratura, che rompe con la tradizione accademica, formalista e senza consistenza morale, è il restauratore del vero e del naturale nell'arte. '900: inizia una rilettura dei testi goldoniani piú attenta alla serietà etica, alla malinconia, all'impegno sociale. Tra le rielaborazioni dell'opera di Goldoni, è memorabile quella di Strehler di "Arlecchino servitore di due padroni", con le grandi partecipazioni dei due grandi arlecchini della storia del teatro goldoniano: Moretti e Soleri. Goldoni è stato invece utilizzato pochissimo per le trasposizioni cinematografiche: il suo teatro, di dialogo piú che di azione, poco si presta ad un linguaggio che invece è tutto agito e non detto. --------------------------------------------------Accademia dei Granelleschi: fondata a Venezia da Gasparo e Carlo Gozzi e G.Baretti, a sostegno della tradizione classicista. zanni= servo semplice, buffone, pagliaccio Truffaldino/Arlecchino Gloria Lurati - le commedie di Goldoni, 15