Carlo Goldoni (1707-1793)
Cronologia della vita
• Studi e apprendistato
• Successo e polemiche
• In Francia
La riforma teatrale
• Il teatro prima di Goldoni
• “Mondo” e “Teatro”
• Elementi della riforma
Motivi delle commedie
• Goldoni e i valori borghesi
• Commedie d’ambiente popolare
• La locandiera (1753)
A cura del prof. Luigi O. Rintallo
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Cronologia della vita
Studi e apprendistato teatrale al San Samuele
1707: nasce il 25 febbraio a Venezia, dalla veneziana Margherita Salvioni e da Giulio, medico proveniente dalla borghesia modenese.
1721: Dopo i primi studi a Perugia presso i Gesuiti, frequenta la scuola di filosofia dei Domenicani a Rimini, da dove scappa con una
compagnia teatrale per vedere la madre a Chioggia.
1723-33 – Studia legge a Pavia, da cui è espulso per una satira sulle donne della città. Nel 1728 è a Chioggia, dove è coadiutore del
cancelliere criminale. Comincia a coltivare la vocazione teatrale (Amalasunta; 1733). Lascia Venezia a causa di un intrigo amoroso e si reca a
Milano.
1734-47: Rientrato a Venezia, ha inizio il sodalizio di otto anni con Giuseppe Imer, capocomico del Teatro San Samuele. Scrive la prima
commedia di carattere: Momolo Cortesan (1738). La donna di garbo è la prima commedia scritta per intero, risalente al 1743 quando, con la
moglie Nicoletta Connio sposata nel 1735, lascia Venezia per Pisa dove esercita l’avvocatura per cinque anni.
Dal teatro Sant’Angelo al San Luca: successo e polemiche
1748-53: Collabora con Medebac, capocomico del Sant’Angelo, promettendogli 16 commedie nuove, che per il loro carattere innovativo
suscitano incomprensioni presso gli attori, ma rappresentano la vita concreta dei borghesi veneti conseguendo anche un successo di pubblico.
Nel 1750 esce la Prefazione per la raccolta a stampa delle sue commedie, dove spiega di riferirsi ai due libri del “Mondo” e del “Teatro”. La
locandiera (1753) chiude l’esperienza col Sant’Angelo, che lo rimpiazza con Pietro Chiari, il suo rivale sulle scene fautore del genere esoticoavventuroso.
1753-62: Passa al teatro San Luca, gestito dai fratelli Vendramin. Qui sperimenta altre forme di rappresentazione: con La sposa persiana
asseconda la moda imperante, ma scopre anche la vitalità del popolo nelle commedie dialettali (Il campiello; 1756). Attorno agli anni ’60 è il
periodo più fecondo: pubblica la Trilogia della villeggiatura, dove gli sconvolgimenti della passione sono infine ricondotti alla ragione dal buon
senso; le commedie di ambientazione veneziana, come Le baruffe chiozzotte che segna il trionfo del popolo minuto e del suo linguaggio fatto
di battute brevi e semplici. Oggetto degli attacchi polemici di Carlo Gozzi, altro rivale sulle scene, e degli accademici Granelleschi che lo
criticano in quanto poco rispettoso della dignità aristocratica, decide di accettare l’invito a dirigere la Comedie italienne a Parigi. Si congeda
col suo pubblico con la commedia Una delle ultime sere di carnovale.
In Francia, da direttore teatrale a precettore
1762-87 – Per la Comedie italienne dirige commedie nelle quali la sua opera di riformatore trova scarse applicazioni, perché il pubblico
richiede testi più tradizionali. Notevoli Il ventaglio (1765) e Il burbero benefico (1771). A causa della salute malferma, accetta incarichi di
precettore delle principesse a Versailles (1776). Ritiratosi a Parigi, intraprende la stesura in francese dell’autobiografia: Memoires, pubblicate
nel 1787.
1787-93 – Gli ultimi anni, lo vedono condurre una vita ritirata con una modesta pensione concessagli dal re Luigi XVI, sospesa nel 1792 da un
decreto dell’Assemblea rivoluzionaria. Muore indigente a Parigi il 7 febbraio 1793.
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La riforma teatrale
Il teatro prima di Goldoni
“Mondo” e “Teatro” sono i libri di riferimento per la riforma di Goldoni
Durante il Seicento, si afferma sulle
scene il genere del “melodramma”
(dramma in musica) che di fatto
incorpora il dramma pastorale
cinquecentesco. Il melodramma
risponde alle richieste di uno
spettacolo di puro intrattenimento,
attraverso l’utilizzazione della musica
e la definizione di un nuovo rapporto
fra musica e testo drammatico. La
musica finì con il prevalere sul testo e
il gusto barocco esaltò sempre più il
fasto delle scenografie.
Sul versante della recitazione, le
esigenze di spettacolo sono invece
soddisfatte dalla Commedia dell’Arte.
Vi avevano grande rilevanza i costumi e
la tipicizzazione dei ruoli attraverso le
maschere. Per il suo carattere in
genere licenzioso e la presenza
femminile in scena, la Commedia
dell’Arte fu oggetto di censure, specie
negli ambienti ecclesiastici. Recitata
senza copione, questo genere di
commedia si fondava su un debole
canovaccio (che sintetizzava la trama)
e sull’improvvisazione degli attori.
Constatata la decadenza del teatro comico in Italia, che ripeteva stancamente i frizzi e i
lazzi della Commedia dell’Arte, rimanendo staccato dalla realtà di mutamento del sec.
XVIII, Goldoni ispira la sua attività teatrale allo studio del Mondo e del Teatro. “Mondo” è
la natura, l’esperienza, la disponibilità a cogliere il naturale nel carattere delle persone,
nelle passioni umane, nei vizi e nelle virtù. In sostanza è la materia e l’argomento delle sue
commedie. “Teatro” è il modo in cui gli elementi del Mondo si compongono per la
rappresentazione Da questi due termini derivano le scelte dei temi (per Goldoni il teatro è
una “copia” del Mondo) e il linguaggio da usare (tratto dalla conversazione quotidiana, con
l’ampio ricorso al dialetto veneziano). Lo scopo è educare divertendo, riflettere sulla realtà
storico-sociale attraverso la messa in scena di trame alla portata di tutti.
Quali sono gli elementi innovativi più importanti della Riforma goldoniana?
Si parla di Riforma teatrale, perché Goldoni introduce i suoi cambiamenti in maniera
graduale a partire dalla Commedia dell’Arte. Diversamente gli attori e il pubblico non
avrebbero compreso e accettato le sue innovazioni. Esse riguardano questi aspetti:
1) al posto del canovaccio, introduce il copione scritto dal commediografo dove sono
riportate le battute che gli attori devono recitare;
2) i personaggi sono a “tutto tondo”, esprimono caratteri e non sono tipi fissi;
3) gli attori recitano per lo più senza maschera (anche se in molte commedie figurano le
maschere della tradizione carnevalesca, come Arlecchino);
4) le trame sono di impianto realistico e non propongono gli strereotipi del repertorio della
Commedia dell’Arte.
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Goldoni e i valori borghesi
Mentre in Inghilterra e Francia i
princìpi borghesi furono veicolati
attraverso il romanzo, nei vari generi
affermatisi nel ’700 (da quello di
formazione a quello filosofico o
epistolare), in Italia è il teatro di
Goldoni a farsi interprete delle nuove
istanze provenienti dal ceto
mercantile.
Venezia, fra gli Stati italiani, era una
città aperta al dinamismo sociale e alla
concretezza delle classi produttive.
Nelle opere di Goldoni emerge un forte
legame con l’ambiente cittadino e coi
valori della civiltà borghese. Egli rifiuta
l’autoritarismo conservatore e si fa
portatore di un’ideologia che risente
l’influenza della ragionevolezza
illuminista.
Obiettivo polemico è la vuota e inutile
superbia della nobiltà, che non produce
nulla e non partecipa al benessere
civile. Nell’analisi della realtà del suo
tempo, inizialmente privilegia
l’osservazione sulla figura del
mercante in cui si incarnano
concretezza, solidità economica e
moralità. Verso la metà del ’700, la
borghesia veneziana subisce una
involuzione che la spinge ad accostarsi
all’oligarchia aristocratica. Fenomeno
registrato nelle commedie con al
centro un mercante avaro, invecchiato
e ostinato (Sior Todero brontolon).
Motivi delle commedie
La figura del mercante a Venezia
Venezia è lo sfondo teatrale naturale che fornisce Goldoni non solo le coordinate della sua
riforma, ma anche la figura sociale capace di interpretare la sua istanza di conoscenza del
reale: il mercante. Nell’antica maschera di Pantalone, Goldoni traspone l’animo del
borghese, con le sue doti di concretezza e operosità produttiva contrapposta al
parassitismo delle classi nobiliari. Tuttavia, la sua diversità dagli aristocratici è rivendicata
sul piano morale ma non corrisponde a un contrasto con essi dal punto di vista sociale. Al
mercante veneziano manca insomma l’iniziativa politica, preferendo egli puntare a una
integrazione che finisce per imitare le condotte nobiliari.
La scoperta del “popolo”
A metà del ’700, il declino di Venezia diventa più marcato. Lo Stato irrigidisce la sua
struttura autoritaria e più pesante diviene la pressione dell’oligarchia dominante, che
indirizza le sue risorse all’acquisizione delle terre piuttosto che a incrementare i
commerci. Di qui l’incapacità di tradurre le idee illuministe in un programma di crescita
civile. Il mercante si fa portatore di virtù negative: è aspro (rustego), nemico della cultura
e conservatore. E’ un borghese mancato che regredisce in una dimensione tutta privata.
Con il passaggio al teatro San Luca, Goldoni si volge al mondo popolare riscoperto in tutta
la sua autonomia e spontaneità. L’uso del dialetto ridà vitalità alla rappresentazione,
saldando nuovamente Mondo e Teatro attraverso l’aderenza ai ritmi della vita quotidiana.
La locandiera: un personaggio esemplare
Mirandolina, protagonista della Locandiera, è un esempio di proto-femminismo e al tempo
stesso racchiude in sé le virtù tipiche della borghesia produttiva, dedita al lavoro e
concreta. I suoi spasimanti – Conte di Albafiorita e Marchese di Forlimpopoli –
appartengono alla nobiltà parassitaria: il primo è un arricchito che ha acquisito il titolo,
mentre il secondo è un aristocratico decaduto ancora pieno di superbia. La commedia si
incentra sull’azione intrapresa dalla locandiera per sedurre il misogino Cavaliere di
Ripafratta: raggiunto il suo scopo, la locandiera si concede però al servitore Fabrizio
confermando i desideri del padre che la voleva maritata.