DAL 1559 AL 1659 : SOMMARIO SECONDA META’ DEL CINQUECENTO GLI STATI EUROPEI SPAGNA: Filippo II, re di Spagna, fu considerato, negli anni del suo lungo regno (1556-98), il campione della Controriforma cattolica. N.B. nel Medioevo e nella prima Età moderna , all’ incirca fino al 1650 – 1700, la religione era concepita e vissuta come dimensione fondamentale dell’esistenza, non solo nella sfera intima della coscienza individuale, ma anche nella sfera della vita pubblica e dei rapporti politici: i sovrani ritenevano che fosse loro dovere guidare i sudditi sia verso il bene terreno (pace, giustizia, prosperità) sia verso la beatitudine eterna. D’altra parte c’era anche la convinzione che la religione fosse il più solido fondamento degli Stati e dell’autorità dei sovrani. Quindi il rapporto che i sovrani istituivano con la religione si configurava sia come dedizione e servizio a una fede, sia come strumentalizzazione della fede utilizzata per legittimare il proprio potere e per giustificare una politica di potenza . Alla mentalità odierna può sembrare strano che tutti i conflitti, le rivendicazioni, le iniziative politiche di quest’epoca si presentassero con motivazioni religiose, ma per gli uomini del Cinquecento e del Seicento era inevitabile riferirsi alla religione anche per esprimere e giustificare interessi politici, economici e sociali: la religione diventava quindi l’espressione di tutte le tensioni e i conflitti che agitavano gli uomini. Filippo II, personaggio sofferto e dalla forte moralità, espertissimo in questioni amministrative, portò nell’azione di governo una prudenza che spesso si risolveva in lentezza eccessiva, dando ai suoi contemporanei l’impressione che la Spagna fosse un colosso incapace di restare al passo coi tempi. Nel XVI secolo la circolazione delle lettere, delle merci, degli uomini era lentissima, soggetta a molti imprevisti e assai costosa. Se questa era una situazione generale, comportava però problemi particolarmente gravi per Filippo II, che dal centro della Spagna (ove aveva posto la sede del governo, a Madrid) doveva governare territori vasti e lontani. La Spagna di Filippo II era lo Stato più dispotico d’Europa, ed il re aveva grande potere anche sulla Chiesa cattolica spagnola (per esempio in Spagna il Tribunale dell’Inquisizione non faceva capo al Sant’Uffizio romano, come tutti i Tribunali dell’Inquisizione, ma dipendeva dal re). I Consigli che affiancavano la corte prefiguravano i ministeri di uno Stato moderno; ad essi corrispondeva un enorme corpo di funzionari, reclutati attraverso la vendita delle cariche. La medesima struttura burocratica, caratterizzata da una diffusa corruzione, fu trapiantata in America, con l’aggravante che lì - di fronte a popolazioni deboli e sottomesse - i funzionari potevano dar sfogo alla loro rapacità . Dopo il 1550 affluirono in Spagna, dall’America, ingenti quantità di oro e argento: questa enorme ricchezza non fu utilizzata per promuovere lo sviluppo economico del paese e finì anzi con l’avere conseguenze negative in quanto diede agli Spagnoli l’illusione di poter fare a meno di sviluppare l’economia del loro paese, dal momento che essi potevano comprare tutte le merci di cui avevano bisogno dagli altri Paesi europei: in tal modo essi non modernizzarono la loro agricoltura e non incrementarono le attività commerciali e manifatturieri, cosicché l’economia spagnola restò gravemente arretrata rispetto a quella francese, inglese, olandese ecc.. Per esempio in Spagna si diffuse l’allevamento delle pecore, che consentiva di realizzare ingenti guadagni con la vendita della lana, senza impiegare molta manodopera. Tuttavia la necessità di terreni adibiti al pascolo determinò una riduzione dell’agricoltura, con conseguente disoccupazione dei contadini e necessità di ricorrere all’importazione di cereali. Anche in Inghilterra nello stesso periodo si sviluppò l’allevamento ovino a scapito dell’agricoltura, ma in Inghilterra la lana prodotta veniva lavorata in loco (filata e tessuta) e quindi la riduzione dell’agricoltura veniva compensata dallo sviluppo della manifattura tessile; la lana prodotta in Spagna invece veniva subito venduta ai mercanti stranieri, e quindi dava profitti solo ai nobili proprietari delle greggi e dei pascoli. Lo scontro tra cristiani e musulmani nel Mediterraneo si riassumeva in quello tra Impero ottomano e Spagna. Alla guerra aperta si mischiava la pirateria, fenomeno centrale nella storia dell’epoca. La pirateria musulmana costituiva un pericolo per tutte le rotte e le coste del Mediterraneo, ed aveva il suo principale centro ad Algeri. Ma ben diffusa era anche la pirateria cristiana che era rivolta non solo contro i musulmani. La tensione tra spagnoli e ottomani precipitò in conseguenza della conquista turca di Cipro. A Lepanto ( 1571 ) la flotta della Lega Santa - formata dal papa, dalla Spagna e da Venezia - inflisse ai turchi una sconfìtta che, se non fu decisiva, limitò notevolmente la loro presenza nel Mediterraneo. La lotta contro i turchi ravvivò in Spagna lo spirito di crociata, che portò all’interno ad una feroce persecuzione dei moriscos, i discendenti dei musulmani che avevano occupato e governato la penisola iberica fino alla 1 Riconquista: dopo varie rivolte, repressioni e deportazioni, essi furono infine espulsi dalla Spagna nel 1604, ma ciò procurò un altro danno all’economia spagnola, perché essi erano abili agricoltori. Filippo II cercò anche di rafforzare la propria sovranità sui Paesi Bassi che tradizionalmente godevano di ampie autonomie, riconosciute e rispettate anche da Carlo V d’Asburgo (i Paesi Bassi corrispondevano grosso modo all’Olanda e al Belgio attuali). Nella parte settentrionale dei Paesi Bassi (Olanda), caratterizzata da una vivace economia mercantile e manifatturiera, dopo il 1550 si era largamente diffuso il Calvinismo, accompagnato da violenze e aggressioni contro la chiesa cattolica. Flippo II allora cercò di frenare la diffusione del calvinismo introducendo nei Paesi Bassi il Tribunale dell’Inquisizione e nel contempo cercò di limitare la tradizionale autonomia politica di cui godeva questa regione: queste decisioni provocarono però la ribellione degli abitanti della regione (1572). La guerra contro gli spagnoli portò le province del Nord, guidate da Guglielmo d’Orange, a sottrarsi al dominio spagnolo dando vita infine alla Repubblica delle Sette Province Unite (corrispondente approssimativamente all’attuale Olanda) ; infatti nel 1609 fu firmata una tregua tra Spagna e Province Unite: con questa tregua la Spagna non riconosceva l’indipendenza delle Province Unite, però poneva fine alla guerra e al tentativo di assoggettarle, e quindi le Province Unite ottenevano di fatto l’indipendenza. Invece i Paesi Bassi del sud (= Belgio), abitati prevalentemente da cattolici, dopo aver partecipato inizialmente alla rivolta, giunsero a un accordo con il re, per cui si staccarono dalle province del Nord e rimasero sotto il dominio spagnolo. INGHILTERRA: L’intersecarsi di spaccature religiose e lotte politiche nella rivolta dei Paesi Bassi emerse anche in Inghilterra. Alla morte del protestante Edoardo VI (figlio di Enrico VIII Tudor) vi fu, con Maria Tudor la Cattolica (soprannominata anche la Sanguinaria), un tentativo di restaurazione del cattolicesimo, portato avanti anche con il ricorso alla violenza. La situazione si normalizzò con il lungo regno (1558-1603) di Elisabetta I Tudor, che orientò il paese verso il protestantesimo, ostacolando però le frange più radicali (anzitutto i puritani: vale a dire i calvinisti). Durante il regno di Elisabetta l’Inghilterra si affermò come una delle maggiori potenze. Si verificò infatti una fase di notevole sviluppo economico. L’incremento della produzione tessile stimolò la trasformazione delle colture, l’aumento delle esportazioni provocò quello delle importazioni e con esso un aumento dei livelli di vita. La ricchezza del paese si accrebbe anche grazie al bottino delle navi corsare inglesi (che attaccavano soprattutto i galeoni spagnoli che collegavano le colonie spagnole alla madre-patria). La flotta inglese conquistò le rotte oceaniche; nello stesso periodo, i primi tentativi di fondare colonie in Nord-America (fondazione della Virginia), aprirono la strada all’espansione dell’Inghilterra in quel continente. Il maggior problema politico della sovrana inglese fu quello dei rapporti con la regina di Scozia, Maria Stuart, cattolica. L’opposizione della nobiltà scozzese calvinista e una torbida vicenda di corte costrinsero Maria Stuart ad abdicare e a fuggire in Inghilterra . Il papato e la monarchia spagnola cercarono, attraverso varie trame, di abbattere il regno di Elisabetta. Attizzarono anche la ribellione dell’Irlanda cattolica; alla rivolta la regina Elisabetta rispose con vere e proprie misure di sterminio della popolazione irlandese. Alle trame anti-inglesi della Santa Sede e della Spagna si collegò anche la fine di Maria Stuart, condannata a morte dopo la scoperta di un’ennesima cospirazione. Divenne allora inevitabile la guerra tra Spagna e Inghilterra; ma il disegno — insieme politico e religioso - di Filippo II fu vanificato dalla sconfitta della sua flotta (1588). Distruzione della Invencible Armada nella battaglia navale combattuta nella Manica. L’attacco spagnolo all’Inghilterra fu scatenato non solo per l’uccisione di Maria Stuart, ma anche per l’attività antispagnola dei corsari inglesi e per il sostegno dato dall’Inghilterra ai ribelli olandesi. FRANCIA: In Francia ai problemi economici e finanziari derivati da cinquant’anni di guerre (conclusi dalla Pace di Cateau-Cambresis 1559) si aggiunse nella seconda metà del Cinquecento un contrasto sempre più profondo tra cattolici e calvinisti (ugonotti) che sfociò nella guerra civile (il più grave episodio fu, nel 1572, il massacro della notte di San Bartolomeo). Anche in questo caso la guerra religiosa era collegata a un conflitto di altra natura: lo scontro tra le famiglie aristocratiche più potenti che cercavano di condizionare la monarchia, avvantaggiandosi della debolezza della dinastia reale (in questi anni il regno fu retto a lungo dalla regina-madre Caterina de Medici, a causa della giovane età e della salute malferma dei sovrani) . La situazione si aggravò con l’ascesa al trono di Enrico III, che si alleò con la fazione protestante guidata da Enrico di Borbone. Dopo l’assassinio del re, e salito al trono Enrico di Borbone col nome di Enrico IV, la Spagna mosse guerra alla Francia. La situazione si normalizzò solo dopo che il sovrano francese si proclamò cattolico (1593). Nel 1598, l’editto di Nantes sancì, con una soluzione di compromesso tra cattolici e ugonotti, la pacificazione interna. 2 L’intervento spagnolo favorì la soluzione di compromesso: infatti tutti i Francesi – compresi i cattolici – avversavano l’intervento spagnolo in Francia, e non volevano offrire pretesti all’aggressione spagnola; la soluzione di compromesso fu in qualche modo preparata dalla riflessione di un gruppo di intellettuali, denominati Politiques, i quali sostenevano che la stabilità dello Stato e l’autorità del re non venivano messe in pericolo dalla divisione religiosa, dal momento che tutti i sudditi dovevano volere il bene della nazione, indipendentemente dal credo che professavano; l’Editto di Nantes stabiliva che, pur essendo la Francia retta da un re cattolico, era concessa libertà di culto agli Ugonotti in tutta la Francia eccetto la capitale. Agli Ugonotti venivano inoltre concesse 100 piazzeforti (località fortificate) a garanzia della loro libertà di culto. PRIMA META’ DEL SEICENTO LA CRISI La crisi europea del '600, innescata probabilmente dalla polarizzazione della ricchezza avvenuta nel secolo precedente, si manifestò soprattutto nella stagnazione demografica (dovuta all’impoverimento della popolazione) e nella crisi dell’agricoltura (causata dal raffreddamento del clima), che determinò carestie e grandi epidemie (tra le quali la peste del 1630 descritta nei Promessi Sposi). La crisi non ebbe le medesime conseguenze in tutta Europa: in Olanda e Inghilterra fu attuata una diversificazione della produzione e si intensificarono gli investimenti capitalistici, mentre in Spagna, in Italia e nell’Europa orientale si verificò un processo di rifeudalizzazione, vale a dire un ritorno a condizioni sociali ed economiche per certi aspetti simili a quelle dell’età feudale: ci si riferisce in particolare al fatto che in una situazione di incertezza economica ci si rivolge di nuovo alla terra e alla rendita agraria; e inoltre al fatto che i proprietari terrieri reagiscono alla crisi imponendo condizioni più pesanti ai contadini: canoni d’affitto delle terre più alti, obblighi vari nei confronti dei signori (prestazioni di lavoro, tributi in natura etc.), in Europa orientale e in alcune zone della Germania viene anche ripristinata la servitù della gleba. La crisi colpì anche il settore commerciale. La scarsità di argento, dovuta alla brusca riduzione delle importazioni dall’America, determinò attorno al 1620 un crollo dei prezzi e una crisi delle attività commerciali. Anche in questo caso le conseguenze furono diverse nelle varie aree europee: alla crisi dei commerci spagnoli e italiani corrispose in Olanda e Inghilterra un incremento dell’attività commerciale, cui si legò un’espansione dei traffici sulle rotte coloniali. GLI STATI EUROPEI All’inizio del '600 la Spagna entrò in un periodo di inarrestabile decadenza. La rifeudalizzazione determinò un’oppressione durissima dei contadini: fu inoltre soffocata ogni possibilità di ascesa sociale per i ceti borghesi. Con il primo ministro Olivares fu ripresa una politica estera aggressiva e imposto un indirizzo più duro alla politica interna. Le regioni italiane sotto il dominio della Spagna (Milano e Italia meridionale) furono coinvolte nella crisi spagnola e furono sottoposte a un pesante sfruttamento fiscale. Anche gli Stati italiani non sottomessi alla Spagna attraversarono un periodo di decadenza, anche per effetto dello spostamento dei traffici più redditizi dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico. In Francia, dopo l'Editto di Nantes, Enrico IV si dedicò alla riorganizzazione della macchina statale. Furono risanate le finanze pubbliche, grazie anche alla tassa che rendeva ereditari gli uffici acquistati, e vi fu una serie di interventi dello Stato a sostegno delle attività economiche. Enrico IV tuttavia fu assassinato nel 1610 e gli anni successivi, sotto la reggenza di Maria dei Medici, furono caratterizzati da una notevole irrequietezza della nobiltà e degli ugonotti. Il re Luigi XIII, assunto in pieno il potere, affidò il governo al cardinal Richelieu, che si dedicò con successo alla sottomissione degli ugonotti (fu confermata la libertà di culto concessa agli Ugonotti, però essi vennero privati delle piazzeforti) e alla repressione dei nobili dissidenti, e potenziò il ruolo dei funzionari regi; non riuscì però a risolvere il problema delle agitazioni popolari causate dal forte fiscalismo. Con la politica interna di Olivares e Richelieu si avviò nel '600 una fase decisiva di quel processo di rafforzamento dello Stato in atto da due secoli, che era stato innescato dalle necessità militari delle monarchie e dal conseguente sviluppo della fiscalità. Accentramento e assolutismo costituiscono i due caratteri fondamentali del potere negli Stati moderni, caratteri affermatisi attraverso il ridimensionamento politico della nobiltà, la formazione - attraverso la vendita delle cariche - di un nuovo ceto burocratico di estrazione borghese, la costituzione di apparati coercitivi. Un elemento importantissimo della Stato moderno accentrato è la burocrazia: infatti il re, per esercitare effettivamente la sua autorità in tutto il regno, ha bisogno di funzionari che diano attuazione ai suoi ordini del re in tutte le province. 3 Questi funzionari hanno anche il compito di riscuotere le tasse, e un fisco efficiente è indispensabile al re perché gli permette di pagare e di armare l’esercito, quindi gli fornisce la forza militare. Negli Stati feudali i re esercitavano la loro autorità per mezzo dei nobili feudatari: questi feudatari erano obbligati a sostenere militarmente il re, però erano autonomi nel governo dei territori loro affidati, e quindi il re aveva di fatto un potere molto limitato e condizionato dalla nobiltà. Per rafforzare il loro potere i re dovevano fare a meno dei nobili: per questo, a partire dal XIV secolo, i re cominciarono a costituire un ceto burocratico di estrazione borghese. Dapprima gli uffici burocratici furono venduti: non era lo Stato che pagava i burocrati (chiamati ―ufficiali‖) ma erano i borghesi che pagavano lo Stato (che in tal modo riscuoteva grandi quantità di denaro) per poter ottenere un ufficio, una carica: per esempio la carica di giudice, di notaio, di esattore delle imposte, di amministratore di una proprietà regia ecc. . I borghesi acquistavano gli uffici perché poi era facile realizzare buoni guadagni attraverso l’esercizio degli stessi, e inoltre gli uffici più importanti conferivano anche un titolo di nobiltà; quindi per mezzo degli uffici i borghesi potevano nobilitarsi e acquisire maggior prestigio sociale. In Francia i nobili ufficiali della burocrazia statale erano chiamati Nobili di Toga e si distinguevano dai Nobili di Spada che erano i discendenti della nobiltà feudale e militare del Medioevo. Anche gli uffici potevano essere essere trasmessi in eredità pagando una tassa speciale chiamata Paulette, e quindi un ufficio diventava di fatto una proprietà famigliare, come una casa o un terreno. In Francia si costituirono anche delle istituzioni, i Parlamenti, che erano in primo luogo tribunali di grado superiore, presenti nelle grandi città e costituiti dai Nobili togati, ma che avevano anche rilevanti funzioni politiche. In particolare il Parlamento di Parigi aveva il compito di registrare gli editti del re e aveva anche il diritto di respingere un editto, quindi poteva in una certa misura condizionare il potere regio. Il cardinal Richelieu si rese conto che la vendita degli uffici, se da un lato permetteva allo Stato di realizzare entrate considerevoli, dall’altro creava un ceto di burocrati che consideravano gli uffici come proprietà famigliari, burocrati che utilizzavano gli uffici per arricchirsi e per affermarsi socialmente, ma che non erano veramente al servizio e alle dipendenze dello Stato. Per costituire un ceto burocratico più affidabile e dipendente dallo Stato Richelieu inventò gli Intendenti, che erano dei super-funzionari inviati nelle province per missioni particolarmente difficili e delicate. Questi Intendenti non compravano l’ufficio ma erano stipendiati dallo Stato, e potevano essere licenziati se non svolgevano bene il loro compito, quindi erano ―costretti‖ a servire lealmente gli interessi dello Stato. Inoltre gli Ufficiali erano costretti a sottomettersi agli Intendenti. Nella prima metà del Seicento la Repubblica delle Province Unite divenne la maggior potenza commerciale europea: la flotta olandese era la più importante in Europa, sia per il tonnellaggio complessivo, sia per la qualità tecnica delle imbarcazioni, e i mercanti olandesi riuscirono a imporre la propria egemonia nel traffico marittimo, approfittando della debolezza degli imperi coloniali di Spagna e Portogallo. Il commercio olandese era alimentato sia dalla produzione agricola e artigianale (considerevoli per quantità e qualità) delle Province Unite, sia dagli scambi per conto terzi (per esempio gli Olandesi compravano il ferro in Svezia e i cereali in Polonia, e poi li rivendevano in Europa occidentale). Inoltre la Repubblica fu il paese dove fu maggiore la tolleranza religiosa e la libera circolazione delle idee. In Germania, alla estrema frammentazione politica si aggiungeva una frammentazione religiosa (accanto al luteranesimo e al cattolicesimo si era diffuso il calvinismo, anche se non era ammesso dalla Pace di Augusta, inoltre i rapporti tra protestanti e cattolici erano sempre tesi, e i principi avevano costituito due alleanze contrapposte: la Lega cattolica e l’Unione Evangelica); di questa situazione risentiva negativamente la vita economica, imbrigliata in una dimensione regionale. LA GUERRA DEI TRENT’ANNI All'inizio del '600 il conflitto religioso si riaccese all’interno dell’Impero: i contrasti tra i principi tedeschi protestanti e quelli cattolici erano acuiti dal fatto che spesso i principi protestanti non rispettavano il divieto, stabilito dalla Pace di Augusta, di effettuare nuove secolarizzazioni di beni ecclesiastici, e inoltre dalla diffusione in Germ di alcuni principi al Calvinismo: questi contrasti sfociarono nella costituzione dell'Unione evangelica, protestante, e della Lega cattolica. La situazione nell’impero precipitò con l’avvento al potere dell’imperatore Mattia d'Asburgo e con l’assunzione della corona di Boemia e Ungheria da parte del cugino Ferdinando di Stiria. Anche in Boemia il Calvinismo si era diffuso ed era stato abbracciato da gran parte della nobiltà, ma Ferdinando (educato dai Gesuiti), divenuto re di Boemia nel 1617 attuò una politica di ―tedeschizzazione‖ e cattolicizzazione, non rispettò cioè la libertà religiosa e l’autonomia politica di cui i Boemi avevano goduto sotto il suo predecessore Rodolfo II . La Boemia allora si ribellò (1618 Defenestrazione di Praga ) e proclamò re di Boemia il capo dell’Unione evangelica Federico V principe del Palatinato. Iniziò così un conflitto 4 che avrebbe interessato l’Europa per trent’anni. Ferdinando (che nel 1619 divenne imperatore con il nome di Ferdinando II d’Asburgo) con l’aiuto di un esercito spagnolo sconfisse i boemi e l’Unione evangelica nella battaglia della Montagna Bianca. In seguito alla vittoria dell’imperatore in Boemia si scatenò una dura repressione, e inoltre Federico V dovette abbandonare il Palatinato (che fu assegnato al principe cattolico Massimiliano di Baviera). Intanto la Spagna aveva ripreso la guerra contro le Province Unite, di cui non aveva mai riconosciuto l’indipendenza. Nel 1625 intervenne nel conflitto la Danimarca, a sostegno dei protestanti tedeschi, olandesi e boemi, e contro le potenze cattoliche: Impero e Spagna, ma fu rapidamente sconfitta. Tuttavia il progetto di restaurazione imperiale e cattolica di Ferdinando II e l’aggressiva politica estera spagnola allarmarono le altre potenze europee. La decisione di Ferdinando II (Editto di Restituzione) che si restituissero alla Chiesa cattolica i beni confiscati dai protestanti dopo la Pace di Augusta scontentò tutti. E la sua pretesa di rendere ereditaria la corona imperiale, a favore degli Asburgo, suscitò anch’essa vaste preoccupazioni tra i principi tedeschi, intimoriti inoltre dall’enorme potere acquisito dall’esercito imperiale guidato dal Wallenstein (i lanzichenecchi di Wallenstein erano diventato famosi non solo perché ritenuti invincibili in battaglia, ma anche per la ferocia distruttiva con cui si applicavano al saccheggio di tutti i territori che attraversavano). Allarmato dalla politica di potenza di Ferdinando II, il re di Svezia Gustavo Adolfo intervenne con successo contro la Lega cattolica. Le vittorie svedesi erano dovute a un esercito che si fondava su una artiglieria maneggevole, su un nuovo impiego della cavalleria e dei fucilieri, su truppe regolari di leva. Una nuova vittoria riportata dalla Svezia nel 1632 avrebbe potuto essere decisiva se nella battaglia non avesse perso la vita lo stesso re di Svezia Gustavo Adolfo. Ferdinando II, fatto uccidere Wallenstein (divenuto troppo “ingombrante”) , si affidò alle armi spagnole riuscendo a sconfiggere la Svezia e i principi tedeschi protestanti. La Pace di Praga del 1635 decretò il ritiro della Svezia dal conflitto e la completa sottomissione degli stati tedeschi alla corona imperiale. A questo punto la Francia, per volontà di Richelieu, decise di intervenire direttamente in guerra, e l’intervento francese convinse anche la Svezia a riprendere la guerra. La Francia nelle fasi precedenti del conflitto aveva sostenuto finanziariamente danesi e svedesi, e nel 1630 aveva partecipato con successo alla lotta per la successione di Mantova e del Monferrato (essendosi estinta la dinastia dei Gonzaga il ducato era passato a un principe francese, Carlo di Gonzaga-Nevers, però questa successione era stata contestata dall’Impero, e così nel 1627 era iniziato un conflitto tra Francia e Impero che aveva devastato l’Italia settentrionale (i lanzichenecchi scesi in Italia avevano portato le devastazioni e la peste raccontate dal Manzoni nei Promessi Sposi); il conflitto si era concluso con il sostanziale successo della Francia perché il Nevers aveva conservato il ducato di Mantova- Monferrato, pur dichiarandosi vassallo dell’Impero, e la Francia aveva ottenuto il possesso di Pinerolo in Piemonte. L’intervento francese trasformava la guerra, che era iniziata per motivi religiosi, in un grande scontro politico tra le maggiori potenze europee. Infatti la Francia era un paese cattolico, ma si era schierata a fianco dei protestanti e contro gli Stati cattolici perché voleva impedire che gli Asburgo di Spagna e dell’Impero, alleati, imponessero la loro egemonia a tutta l’Europa. Come già era avvenuto nel Cinquecento, la Francia combatteva per non essere accerchiata e soffocata e per non essere ridotta a un ruolo politico di secondo piano rispetto a Spagna e Impero. L’intervento francese rovesciò l’andamento del conflitto, fino a quel momento favorevole agli Asburgo. L'immane sforzo militare a cui fu costretta la Spagna per fronteggiare l’esercito franco-svedese aggravò la crisi economica e le tensioni politiche nel paese (Catalogna e Portogallo si proclamarono indipendenti). La folgorante vittoria francese a Rocroi (1643) segnò il declino inarrestabile del Regno di Spagna. I successi francesi contro le truppe imperiali in Baviera convinsero il nuovo imperatore Ferdinando III a concludere la pace di Westfalia (1648). LA PACE DI WESTFALIA (1648) La pace di Westfalia stabiliva : - Il riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica delle Province Unite - l’acquisizione, da parte della Francia, di parte dell’Alsazia e delle città di Metz, Toul e Verdun (sul confine tra Francia e Germania, nel territorio attraversato dal fiume Reno, navigabile e quindi importantissimo per i commerci) - l’acquisizione, da parte della Svezia, della Pomerania occidentale, cioè della regione situata a sud del mar Baltico: in tal modo la Svezia accentuava il suo controllo del Mar Baltico, importantissimo per i commerci internazionali (gli altri stati che si affacciavano sul mar Baltico erano il Brandeburgo-Prussia e la Polonia). 5 - il riconoscimento dell’autonomia degli stati tedeschi, anche in politica estera. La Germania si trovò quindi divisa in una miriade di staterelli del tutto autonomi; tra gli stati tedeschi quello più consistente e potente divenne il Brandeburgo-Prussia, situato nella Germania nord-orientale . - Nei territori dell’impero il principio ―Cuius regio eius religio‖ fu esteso anche al calvinismo e l’Editto di Restituzione fu cancellato. La pace segnò il definitivo crollo del disegno egemonico politico e religioso asburgico. L’imperatore esercitava ormai la sua sovranità solo sui domini ereditari di Austria, Boemia e Ungheria, mentre la Francia diventava la prima potenza nel continente europeo. La pace di Westfalia inoltre pose fine alle guerre di religione, perché la divisione religiosa dell’Europa fu riconosciuta e accettata da tutti gli Stati. La guerra dei Trent’anni, che concluse la lunga fase delle guerre di religione, ebbe conseguenze immediate gravissime: molte regioni europee subirono enormi devastazioni, le finanze degli Stati belligeranti furono ridotte allo stremo, il passaggio dei soldati favorì a diffusione delle epidemie. Tutto ciò aggravò la crisi che si era manifestata già prima dello scoppio del conflitto. LA GUERRA FRANCO-SPAGNOLA E LA PACE DEI PIRENEI (1659) La Guerra dei Trent’anni non fu completamente chiusa dalla Pace di Westfalia: infatti la Spagna, dopo aver concesso l’indipendenza alle Province Unite, decise di continuare il conflitto con la Francia, approfittando della grande rivolta (la Fronda, vedi sotto) che in Francia aveva costretto alla fuga la famiglia reale. In realtà il primo ministro francese, cardinal Mazzarino (successore di Richelieu), riuscì a soffocare la rivolta e l’esercito francese sconfisse quello spagnolo nella Battaglia delle Dune. La Pace dei Pirenei (1559) concluse la guerra con l’acquisizione da parte della Francia di alcuni possedimenti nei Paesi Bassi Spagnoli. La pace fu suggellata dal matrimonio fra il re di Francia Luigi XIV di Borbone e la principessa spagnola (―Infanta‖) Maria Teresa d’Asburgo. Il contratto di matrimonio prevedeva che Teresa rinunciasse ad ogni pretesa sul trono di Spagna (per evitare che Luigi XIV potesse impadronirsene) e che portasse una dote ingente, che però non fu mai pagata. Il mancato pagamento della dote servì successivamente a Luigi XIV per giustificare la sua politica espansionistica. Il matrimonio pose anche le premesse per il passaggio del regno di Spagna dalla dinastia degli Asburgo a quella dei Borbone. LA FRANCIA DI MAZZARINO E LA FRONDA (1648- 1652) Alla morte di Richelieu (1642) e di Luigi XIII (1643), con Luigi XIV minorenne, la Francia fu retta dalla regina-madre Anna d’Austria, e il governo del regno fu guidato dal Cardinal Mazzarino. La reggente e Mazzarino continuarono la guerra antiasburgica intrapresa da Richelieu fino alla vittoria finale. Ma i costi della guerra imponevano un inasprimento fiscale che condusse alla rivoluzione e a una gravissima crisi interna. Nella rivoluzione (che fu denominata ―Fronda‖) si manifestarono l’opposizione popolare al fiscalismo ma anche l’opposizione nobiliare alla politica accentratrice e assolutistica di Richelieu e di Mazzarino. La Fronda fu scatenata nel 1648 dal Parlamento di Parigi (formato da nobili di toga) che contestava l’inasprimento della Paulette; fu subito seguita dalla rivolta della popolazione parigina, che protestava contro le tasse e la crescita dei prezzi di prima necessità. Il cardinal Mazzarino e la famiglia reale furono costretti ad abbandonare la capitale a rifugiarsi in Germania. Mazzarino comunque accolse alcune richieste dei parlamentari e riuscì a sedare la loro rivolta, quando scoppiò la Fronda dei principi, ossia la rivolta delle grandi famiglie aristocratiche, che non accettavano il ridimensionamento politico dell’aristocrazia. La Fronda però era divisa: i parlamentari, il popolo e i principi avevano obiettivi diversi e contrastanti, e anche tra le grandi famiglie aristocratiche c’erano le tradizionali aspre rivalità. Mazzarino, giocando su queste divisioni e rivalità, potè costituire un esercito fedele alla monarchia e sconfiggere i rivoltosi. Nel 1652 la Fronda era finita e Mazzarino, la reggente e il re rientravano trionfalmente a Parigi. 6