Un lavoro del Dott. Giorgio Elio Torre sulla cross

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DIAGNOSI INTRA-VITAM DI TUBERCOLOSI BOVINA
CROSS-REATTIVITA’ ALL’ INTRADERMOREAZIONE:
VALORE PREDITTIVO E SPECIFICITA’ ANALITICA DELLA
PROVA TUBERCOLINICA
Introduzione
I micobatteri rappresentano un’antichissima famiglia microbica di grande successo.
Mezzo miliardo di anni di evoluzione li ha trasformati da microrganismi autotrofi a
parassiti di ogni specie animale.
La lenta ma costante fitness evolutiva ha permesso loro di infettare prima specie a
“sangue freddo” poi specie a “sangue caldo”, di acquisire un elevato grado di
adattamento specie-specifico e di propagarsi attraverso nuove vie di trasmissione.
Pertanto, risultano sempre di grande interesse gli approfondimenti di studio relativi ai
micobatteri e alle patologie ad essi associate.
La ricerca potrà ampliare le conoscenze e apportare innovazioni in ambito
diagnostico, terapeutico e legislativo.
Questa nota si propone di analizzare i problemi diagnostici che possono subentrare
nella profilassi di Stato della tubercolosi bovina, legati a fenomeni di reattività
crociata alla prova tubercolinica.
Ci si vuole pertanto interrogare sul valore predittivo dell’intradermoreazione, la
prova diagnostica ufficiale.
Per una maggiore chiarezza, si preferisce procedere per gradi e mettere
sinteticamente in evidenza prima alcune caratteristiche biologiche dei micobatteri che
hanno riflessi sulla patogenesi, poi sottolineare alcune caratteristiche della risposta
immunitaria che condizionano la diagnosi intra-vitam.
I micobatteri sono chimicamente costituiti da lipidi che sono un importantissimo
fattore di patogenicità e da proteine che rappresentano la componente antigenica.
I lipidi condizionano la patogenesi delle malattie micobatteriche perché interferiscono
nei meccanismi di attivazione dell’immunità cellulo-mediata ed agiscono rallentando
il metabolismo e la replicazione batterica conferendo un carattere di antibioticoresistenza naturale verso tutte le molecole che agiscono sui germi in fase replicativa.
I lipidi più importanti sono:
- Fattore cordale-- riduce la chemiotassi e distrugge il RER degli epatociti
- Sulfolipidi-- prevengono la formazione del fagolisosoma favorendo la
sopravvivenza dei batteri all’interno dei macrofagi
-Lipoarabinomannano (LAM)-- interferisce con la produzione di IFN-γ
Gli antigeni proteici sono scarsamente immunogeni, quindi, per stimolare la reattività
del sistema immunitario, hanno bisogno dell’azione adjuvante delle cere (soprattutto
la D).
Utilizzando a scopo diagnostico gli Ag proteici tal quali, seppur poco immunogeni, si
rischierebbe di sensibilizzare un soggetto che risulterebbe quindi positivo alle
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successive prove tubercoliniche pur non essendo mai venuto in contatto con il
micobatterio.
Pertanto, nell’esecuzione dell’IDR vengono impiegati gli Ag proteici purificati (PPD:
derivato proteico purificato) che sono stati privati dell’attività immunogena.
IMMUNOPATOGENESI DELL’INFEZIONE TUBERCOLARE
Nelle fasi precoci di infezione, quando i batteri transitano attraverso l’apparato
respiratorio, entrano in gioco meccanismi di immunità innata che vedono coinvolti i
neutrofili nella reattività verso le cere e nel riconoscimento delle PAMPs
micobatteriche attraverso un cambiamento conformazionale della porzione intracitica
dei recettori TLRs che consente la trasduzione del messaggio nella cellula.
E’ stato dimostrato che anche le cellule dell’epitelio alveolare vengano direttamente
infettate attraverso un processo di macropinocitosi che comporta una
riorganizzazione del citoscheletro e questo sarebbe un meccanismo di escape
immunitario messo in atto dai micobatteri per sfuggire alla fagocitosi macrofagica e
guadagnarsi una localizzazione sicura per la sopravvivenza in corso di tubercolosi
latente.
Altri studi molto recenti hanno conferito alle cellule alveolari un ruolo ancor più
centrale che le vedrebbe coinvolte addirittura nella produzione di sostanze ad attività
antimicrobica, quali la beta-difensina 2 e l’ossido nitrico, nonché di citochine pro
infiammatorie (TNF-α, IL-8) solo in risposta a batteri patogeni intracellulari.
In ultimo c’è anche l’attivazione aspecifica dei macrofagi alveolari che può essere
dipendente o meno dall’opsonizzazione mediata da anticorpi o dal complemento.
La fagocitosi indipendente dall’opsonizzazione ha maggiore rilievo nei distretti con
bassi livelli di complemento, primo tra tutti il sistema nervoso.
La fagocitosi dipendente è mediata da recettori per il frammento cristallizzabile delle
IGg o da recettori per alcune frazioni del complemento.
E’ stato dimostrato che le fasi di formazione e maturazione del fagolisosoma, nonché
i successivi processi di attivazione metabolica del macrofago possano dipendere
direttamente dal tipo di recettore per il complemento che viene attivato.
Da questo, in definitiva dipende anche l’ ulteriore evoluzione del processo infettivo.
Se non subentrano fattori che interferiscono negativamente sulla
capacità
micobattericida intrinseca del fagocita (questo è anche in funzione della virulenza del
ceppo infettante), nel macrofago può attivarsi una efficace degradazione enzimatica a
livello di fagosoma con formazione di antigeni solubili che verranno trasportati
attraverso il citosol fino al versante esterno della membrana citoplasmatica per essere
esposti in associazione all’ MHC-I e questo sarà il segnale per l’attivazione di cellule
ricognitrici quali le cellule NK e i linfociti CD8+ che distruggeranno i macrofagi
infetti.
Più frequentemente i macrofagi non riescono ad eliminare i bacilli e questi iniziano la
loro proliferazione esponenziale lisando la cellula e infettando altri macrofagi.
A questo punto inizia l’attivazione specifica del sistema immunitario con
l’esposizione degli antigeni micobatterici associati all’ MHC-II sulla superficie del
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macrofago e l’attivazione dei CD4+, in particolare la sottopopolazione di Th1 che
produce IL-2, TNF-α, IFN-γ, e svolge attività chemiotattica verso i monociti
circolanti.
E’ così che viene gradualmente a formarsi il granuloma.
Gli strati concentrici di macrofagi, cellule epitelioidi, cellule multinucleate di
Langhans e linfociti formano dei cordoni cellulari che hanno la funzione di prevenire
la disseminazione del patogeno e focalizzare la risposta immunitaria intorno al
focolaio di infezione.
L’intervento dei CD4+ e dei CD8+ comporta la liberazione di linfochine che
necrotizzano il centro del granuloma in sede polmonare e determinano la comparsa
dell’ipersensibilità di tipo ritardato.
A questo punto, si è formato il complesso primario incompleto e il soggetto è positivo
alla prova tubercolinica.
La carica batterica è talmente elevata che i micobatteri raggiungono i linfonodi
tributari e innescano un processo identico a quello polmonare ( complesso primario
completo).
Si è giunti alla terza-quarta settimana post-infezione e, nel soggetto
immunocompetente, i livelli di DTH non sono particolarmente elevati; si è invece
instaurato un buon grado di ICM e l’infezione si arresta.
Il soggetto è positivo alla prova tubercolinica.
I micobatteri sopravvivono per tempo indeterminato all’interno della lesione
granulomatosa senza replicarsi a causa delle condizioni di anaerobiosi e acidità
tissutale.
Se il numero di bacilli è ridotto, la lesione può lentamente regredire fino a
scomparire, altrimenti andrà incontro a calcificazione.
E’ comunque possibile che i microrganismi riprendano la loro replicazione e si
disseminino in tutto l’organismo in modo più o meno veloce (fasi di generalizzazione
acuta o precoce e generalizzazione cronica o tardiva).
Le ragioni di una riacutizzazione dell’ infezione sono da ricercarsi nel grado di
immunocompetenza del soggetto che può calare in concomitanza di eventi stressanti,
e in fattori di virulenza del batterio come i prodotti dei geni rfp ( resuscitation
promoter factor).
In questa fase, il soggetto sarà responsivo anche alle indagini sierologiche.
L’ ultima fase è quella del collasso delle resistenze in cui il soggetto è anergico.
Nello stadio iniziale di malattia,cioè nella fase preclinica saranno utili a scopo
diagnostico test che rivelino l’immunità cellulo-mediata (prova allergica, IFN-γ test).
L’immunità cellulare si sviluppa precocemente rispetto a quella umorale perché il
sistema immunitario reagisce verso un patogeno intracellulare.
Durante le fasi evolutive si potranno applicare con successo indagini sierologiche.
In questo caso l’IDR non sarà idonea perché non ci sarà alcuna reazione in un
soggetto ipoergico o anergico; sarà possibile solo svelare gli anticorpi.
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PROVE DIAGNOSTICHE INTRA-VITAM
L’IDR è ancor oggi l’unico sussidio diagnostico a cui fa riferimento il Ministero della
Salute per il risanamento degli allevamenti bovini da infezioni tubercolari.
Essa presenta tuttavia alcuni limiti legati sia alla soggettività nell’interpretazione del
risultato, sia a false reazioni generate da fenomeni di iporeattività e para-eteroallergie,
che talvolta possono inficiarne l’esito.
Consiste nell’inoculazione di PPD (derivato proteico purificato di M.bovis ceppo
AN5) nel derma della regione del collo al fine di svelare una ipersensibilità ritardata
qualora il sistema immunitario fosse già stato stimolato.
Essendo un aptene, la PPD non stimola la risposta immunitaria, non sensibilizza il
soggetto e non provoca la produzione di Ab, per cui, quando si testa nuovamente
l’animale, questo risulterà ancora negativo a meno che non si infetti nel periodo che
intercorre tra un’indagine diagnostica e l’altra.
In un animale infetto, le cellule dendritiche del derma legano l’aptene e lo presentano
ai linfociti TDH i quali producono linfochine ad attività chemiotattica e vasoattiva tra
cui il TNF-α che stimola le cellule endoteliali all’up-regulation dei recettori ESELECTIN, deputati al reclutamento di altri linfociti dal lume vascolare e al loro
trasferimento nel sito di infezione. Il processo flogistico locale che ne deriva
raggiunge il suo acme a 72h dall’inoculazione manifestandosi come area cutanea
eritematosa e pomfo.
Ad una prova tubercolinica segue un periodo di desensibilizzazione durante il quale i
linfociti T non reagiscono più all’aptene.
Questo è dovuto al fatto che il soggetto produce un’enorme quantità di IFN-γ che
attiva tutto il S.I. ed è necessario un periodo di 42gg affinché si ripristinino la
popolazione linfocitaria e le citochine da essa prodotte.
L’intradermoreazione comparativa (IDC) è un altro test diagnostico, non routinario,
che prevede la contemporanea inoculazione in due punti distinti di tubercolina bovina
e aviaria allo scopo di meglio poter interpretare i risultati.
L’ IFN-γ test si basa sullo stesso principio dell’ IDR ma è una reazione che avviene in
vitro, al di fuori dell’organismo, e il sistema rivelatore dell’avvenuta reazione è
costituito da una sola delle linfochine che il linfocita T attivato produce e rilascia,
ovvero l’interferone gamma.
L’IFN-γ prodotto viene successivamente messo in evidenza con l’impiego di un
metodo analitico di tipo immunoenzimatico.
Si svolge quindi in due momenti consecutivi che sono l’attivazione specifica in vitro
dei linfociti T che, se sensibilizzati, rilasciano IFN-γ, e la successiva ricerca dell’IFNγ eventualmente rilasciato.
Il tutto comporta un solo intervento sull’animale cioè un prelievo di sangue venoso
eparinizzato.
Il campione ematico viene frazionato in 3 aliquote messe a contatto rispettivamente
con PBS (per il controllo negativo), PPD aviare e PPD bovina.
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La ricerca dell’IFN-γ si effettua sul surnatante di ciascuna aliquota di sangue dopo
18h di incubazione in termostato. La tecnica ELISA sandwich (per l’individuazione
della linfochina) prevede l’impiego di due Ab monoclonali differenti, ma entrambi
specifici per il g-interferon, di cui il primo è adsorbito in fase solida e lega l’IFN-γ e
il secondo, coniugato con perossidasi, legandosi all’IFN-γ catturato dal primo
anticorpo costituisce il sistema rivelatore insieme al substrato e al cromogeno.
Si tratta di un metodo semi-quantitativo perché non determina l’esatto dosaggio di
linfochina nel campione di plasma, ma esprime il risultato in termini di Unità di
Densità Ottica con lettura spettrofotometrica a 450nm.
Una volta scelto un appropriato cut-off, sarà semplicemente il livello più alto di IFNγ a determinare l’esito.
Similarmente a quanto avviene con l’impiego dell’IDC, anche questo tipo di
indagine offre la possibilità di individuare, oltre agli infetti da tubercolosi, anche gli
“avian reactor”.
I criteri interpretativi non possono però esimersi dalla presa in considerazione di un
valore basale di IFN-γ che risulta discretamente elevato non solo quando c’è
interessamento del sistema immunitario, ma anche quando si verifica un semplice
inquinamento del campione.
Vantaggi dell’ IFN-γ test:
1) può essere ripetuto senza vincoli temporali perché non interferisce sul profilo
immunitario del soggetto, a differenza dell’ IDR;
2) la specificità e la sensibilità sono superiori alla prova tubercolinica;
3) è sufficiente un unico intervento da parte del veterinario ufficiale (risparmio di
tempo e minore stress per l’animale);
4) il test si basa su parametri interpretativi oggettivi;
5) fornisce il risultato in 24h.
Svantaggi dell’IFN-γ test:
1) elevata accuratezza nel prelievo (condizioni di sterilità e impiego di litioeparina);
2) trasporto dei campioni rapido (max 12h) e controllo della temperatura (evitare
caldo eccessivo, ma non refrigerare né tantomeno congelare);
3) effettuare prelievo a non meno di 60gg di distanza dalla prova tubercolinica.
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DISCUSSIONE
Molteplici sono le cause riconosciute di false positività alla prova tubercolinica.
Esse sono dovute a reazioni parallergiche indotte da altri micobatteri tubercolari (ad
es. M. tuberculosis) oppure da micobatteri non tubercolari, data la elevatissima
correlazione genetica.
Sono segnalati casi di positività al bacillo paratubercolare e casi di interferenza da
distomatosi dovuti forse all’azione inoculatrice da parte delle metacercarie di
Fasciola che potrebbero essere vettori meccanici di micobatteri saprofiti,
normalmente presenti nel lume intestinale.
Anche i micobatteri atipici hanno quindi delle somiglianze antigeniche con quelli
patogeni che possono positivizzare il soggetto testato.
Esistono infine altre infezioni che possono essere causa di reazioni eteroallergiche
come nel caso di Nocardia, Corynebacterium, Brucella abortus , Hypoderma bovis,
Actinogranulomatosi (Actinomyces bovis), Tricofitosi, infezioni da piogeni e, più
banalmente, lesioni da corpo estraneo.
I risultati del test possono essere inoltre distorti da false negatività dovute:
1) al deterioramento della tubercolina da mancato rispetto della catena del freddo;
2) ad errore dell’operatore per inoculazione della PPD nel sottocute piuttosto che nel
derma o intervento effettuato prima che siano trascorsi 42gg dalla precedente
inoculazione;
3) fattori legati all’animale come l’infezione recente, quindi il periodo preallergico
che va dalla penetrazione del micobatterio alla comparsa di DTH o condizioni di
ipoergia indotte da somministrazioni terapeutiche generali o anche locali di farmaci
desensibilizzanti.
- I soggetti positivi alla prova tubercolinica devono in ogni caso essere isolati e
macellati sotto controllo ufficiale nei modi e nei tempi previsti ai sensi dell’ art.8 del
D.M. 592/’95.
Talvolta il veterinario ispettore potrebbe non riscontrare sulla carcassa lesioni
caratteristiche a livello polmonare e linfonodale.
In questo caso, non potendo inviare all’Istituto Zooprofilattico campioni idonei da
sottoporre ad approfondimento diagnostico per confermare o escludere la malattia
tubercolare, il modo più corretto di agire è procedere all’asportazione delle amigdale
sulle quali richiedere una PCR specifica (si adottano primers in grado di amplificare
delle sequenze d’inserzione che sono frammenti genomici conservati nelle diverse
specie micobatteriche).
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Se la positività alla tubercolina è effettivamente indice di infezione tubercolare, la
PCR sulle tonsille sarà sicuramente positiva anche in assenza di lesioni
anatomopatologiche a livello polmonare.
Se anche in questo caso si ottiene risultato negativo, è molto probabile che la
positività alla prova tuberbolinica sia riflesso di un’infezione da altri micobatteri,
molto probabilmente paratubercolari.
Recenti studi sulla tipizzazione delle specie e sottospecie di micobatteri coinvolti in
episodi di cross-reattività all’intradermoreazione hanno fermamente dimostrato come,
nella quasi totalità di questi casi, i batteri chiamati in causa siano il
M.paratuberculosis o il M.hominissuis.
Questo risultato ha soppiantato il precedente concetto in base al quale le false
positività potessero essere ricondotte ad infezioni sostenute da M.avium subsp. avium.
Pertanto, le attuali indagini epidemiologiche retrospettive non ricercano più nel
“mondo aviare” le origini di una positività alla prova allergica non indotta da
M.bovis, bensì protendono verso la possibilità che siano stati acquistati e introdotti in
allevamento animali infetti da paratubercolosi oppure uomo e suino possano essere
fonte di contagio.
In letteratura sono addirittura riportati casi di infezione e malattia da M. hominissuis
in puledri e cani; sembrerebbero implicati nella trasmissione dell’infezione all’uomo
limitatamente a soggetti immunodepressi, ma chissà quale potrebbe essere il loro
ruolo epidemiologico nei confronti dell’infezione del bovino.
È importante che il veterinario ufficiale tenga in debita considerazione questo nuovo
dato quando dovesse trovarsi impegnato nelle indagini epidemiologiche per chiarire
ad esempio la comparsa di reattività in allevamenti precedentemente provvisti di
attestazione sanitaria “Ufficialmente indenne da TBC (modelli D - E) rilasciato ai
sensi del DPR 320/54.
- Per quanto concerne i casi dubbi, è consigliabile (oltre che previsto dal RPV)
impiegare la IDC come indagine supplementare oppure avvalersi dell’ IFN-γ test.
Secondo alcuni, la IDC (soprattutto quando bisogna applicarla su larga scala) è da
preferire all’IFN-γ perché quest’ultimo, seppur ricco di pregi, è un test molto costoso
e difficile da effettuare in modo corretto sia per il veterinario sia per il personale di
laboratorio. La stessa scuola di pensiero individua come momento più appropriato per
l’impiego dell’interferon gamma test quello immediatamente successivo alla
comparsa in azienda di una positività riscontrata all’ IDS.
Nel caso specifico, l’allevatore è sottoposto all’ordine di abbattimento nei modi e nei
tempi previsti dalla legge e alla sospensione di qualifica (art. 15 D.M. 592/’95 – OM
14/112006).
I soggetti negativi presenti nella stessa azienda possono essere venuti in contatto con i
positivi, pertanto dovranno essere tenuti sotto controllo. Potrà dunque risultare
particolarmente appropriato l’impiego dell’IFN-γ test al fine di accorciare i tempi per
la chiusura del focolaio nell’interesse del veterinario che non sarà costretto ad
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attendere i 42gg per i nuovi controlli e nell’interesse dell’allevatore che nel frattempo
è sotto vincolo sanitario.
Con questo modo di procedere si potranno programmare interventi in azienda ogni
10gg sia per effettuare i successivi controlli previsti dal D.M. 592/’95 sia per
individuare altri soggetti che potrebbero essersi positivizzati e dovranno essere
destinati alla macellazione.
Alla luce di quanto sopra esposto, alcune accortezze per aumentare la specificità
analitica della prova tubercolinica potrebbero essere:
1) stategie di prevenzione e controllo della paratubercolosi -- il precoce
isolamento dei vitelli, la loro alimentazione con colostro di vacche
negative a Map, l’allevamento in gruppi omogenei di età fino all’età adulta e la
protezione delle mangiatoie e degli abbeveratoi dalla contaminazione fecale
sono in definitiva le corrette norme di profilassi diretta valide contro tutte
le enteriti neonatali quindi anche infezioni da BVDv, Salmonella spp. e Staph.
aureus. Inoltre si dovrà procedere sistematicamente all’eliminazione degli
infetti, soprattutto quelli con alta escrezione fecale di Map;
1) verificare se c’è stata o meno introduzione di nuovi soggetti in allevamento;
2) accertarsi se e in che modo vengano messe in atto misure di isolamento per i
soggetti di nuova introduzione;
3) accertarsi che siano stati effettuati correttamente i trattamenti antiparassitari;
4) valutazione complessiva delle condizioni igienico-sanitarie delle strutture;
5) valutazione delle condizioni cliniche dei soggetti da sottoporre al test.
In conclusione, si sottolinea come la ricerca dei micobatteri rimanga sempre un
compito molto difficoltoso e ancor oggi non esista, in merito alle indagini
supplementari, uno schema diagnostico fisso e preciso, per cui, la gestione dei casi da
approfondire (positività senza conferma all’esame ispettivo o reazioni dubbie) è
affidata in gran parte all’esperienza e alla responsabilità del medico veterinario.
Dott. Giorgio Elio Torre
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