La cura educativa negli adulti Per un oltrepassamento della

Bisogno di cura, desiderio
di educazione
A. Potestio e F. Togni
Corso di Pedagogia generale –
prof. G. Bertagna 2011-2012
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La categoria di cura
• La cura si è imposta nel Novecento come snodo
centrale di riflessione in differenti ambiti
umanistici e scientifici (psicologia, pedagogia,
antropologia culturale, economia, medicina,
etologia, biologia, neurologia)
• La cura è una categoria flessibile che permette di
descrivere diversi fenomeni da molteplici punti di
vista
• La riflessione sulla cura parte spesso dalla
constatazione del suo primato ontologico. La cura
descrive l’essere dell’uomo (Heidegger)
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Temi, problemi e obiettivi
• Si cercherà di analizzare la fecondità e i limiti dell’idea di cura in
ambito pedagogico
• Il punto di partenza di questo percorso è il paradigma ontologicoesistenziale heideggeriano di cura. Un paradigma che presenta
diversi limiti nella costruzione di un’idea di cura realmente
educativa
• Infatti, la cura in educazione non solo deve descrivere i fenomeni
come sono (come possono fare le scienze o una ontologia
teoretica), ma proporre anche finalità condivise a partire dalle quali
pensare i legami sociali e individuali dell’essere adulto dell’uomo
come dovrebbero essere per risultare educativi
• Per questa ragione è necessario distinguere la cura educativa
dall’accudimento, dalla risposta meccanica ai bisogni,
dall’addestramento, dall’empatia, dalla comunicazione, dall’insegnamento, dallo sviluppo
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• L’affermazione del valore ontologico della cura, se pur
significativa in sé, è sufficiente per costruire il paradigma
teorico della cura educativa?
• L’affermazione del primato ontologico della cura conduce
direttamente all’idea di cura educativa intesa come
responsabilità e preoccupazione per la singolarità dell’altro o
sfocia necessariamente verso l’essere indifferenziato di
matrice heideggeriana?
• Proprio a partire dalla riflessione di Heidegger è opportuno
verificare il ruolo che la dimensione ontologica della cura può
avere nel determinare paradigmi teorici che sono alla base
delle pratiche educative dell’età adulta
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Il primato ontologico della cura
• Per tentare di distinguere la cura educativa
dall’addestramento e dalla pura soddisfazione di bisogni
(biologici) è opportuno partire dall’idea che la cura
educativa appartenga all’essere dell’uomo e alla sua natura
relazionale
• La privazione e il bisogno sono caratteristiche strutturali
non solo dell’esperienza umana, ma di ogni vivente umano
e non umano. Ogni bambino del resto non è in grado di
sopravvivere autonomamente nel mondo
• Il bisogno dell’altro (delle cure dell’altro) costituisce il
fondamento dell’esperienza umana e permette la
costituzione della sua identità adulta (neotenia umana – G.
Bertagna, Dall’educazione alla pedagogia. Avvio al lessico pedagogico, La Scuola, Brescia 2010, p. 39 e succ.)
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La tesi
• L’osservazione del primato ontologico della cura è solo un primo passo
nella direzione della cura educativa. - Leggere p. 42 (citazione)
• La dimensione esistenziale heideggeriana porta a considerare la vita
quotidiana come inautentica e non fornisce strumenti utili per costruire
una direzione etica che possa orientare le pratiche di cura che
appartengono alla vita concreta.
• È necessario, per poter parlare di cura educativa, procedere oltre la
dimensione esistenziale di stampo heideggeriano e metterne in evidenza i
limiti e i punti di criticità.
• L’obiettivo non è una critica delle concezioni heideggeriane, ma la
costruzione di un’idea di cura che, grazie agli stimoli delle riflessioni di
Lévinas, sappia produrre un orizzonte teorico e pratico in cui i concetti di
reciprocità, preoccupazione, attenzione e responsabilità potranno
diventare dimensioni realmente educative nell’incontro concreto con la
singolarità irriducibile degli altri.
• Per far questo è necessario analizzare nel dettaglio alcuni elementi
significativi delle tesi heideggeriane e interrogare l’eredità che il suo
pensiero può avere nella costruzione della categoria di cura educativa.
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L’eredità heideggeriana
• Il concetto di cura (Sorge) viene tematizzato da Heidegger nell’analitica
esistenziale di Essere e Tempo (1927)
• Nel testo del 1927 il filosofo tedesco, analizzando le categorie ontologiche
dell’uomo (Dasein), sostiene che la cura è l’essere dell’esserci.
• Se Essere e tempo propone un’antropologia articolata, il lavoro sul
concetto di cura era già iniziato durante i corsi tenuti presso l’università di
Friburgo negli anni precedenti.
• In particolare, per comprendere la genesi del concetto di cura, è
significativo il corso del 1921 dedicato ad Agostino e al neoplatonismo
(Agostino e il neoplatonismo in Fenomenologia della vita religiosa). In
questo corso H. utilizza il termine Bekümmern (verbo transitivo)
• Partendo dall’analisi del libro X delle Confessioni di San Agostino,
Heidegger descrive la cura come l’atteggiamento umano verso gli oggetti
positivi e verso quelli negativi.
• La cura coincide con l’esperienza stessa della vita che, attraverso il timore
e il desiderio, spinge l’uomo a vivere la realtà
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• H. prosegue le sue analisi nel corso su Aristotele
Interpretazioni
fenomenologiche
di
Aristotele.
Introduzione alla ricerca fenomenologica (1922) e nei
Prolegomeni alla storia del concetto di tempo del 1925
• Heidegger sottolinea la stretta connessione tra il vivere
e il curare, pensati come le dinamiche che
caratterizzano l’esistenza
• La cura, intesa come insieme delle modalità di
relazione dell’uomo con il mondo nel quale vive,
descrive il fondamento esistenziale che dovrebbe
permettere a ogni singolo individuo di costruirsi come
essere adulto responsabile e consapevole. Un essere
adulto che si mostra come un ente che cura e riceve
atti di cura – Leggere p. 44
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I limiti della cura heideggeriana
• In Essere e tempo H. accentua la finalità ontologica della sua
indagine sull’uomo
• L’oggetto della ricerca non è l’uomo, la sua vita e le sue azioni, ma
l’essere come principio e fondamento della realtà:
“nel problema dell’essere che stiamo per elaborare, il cercato è
l’essere, ciò che determina l’ente in quanto ente, ciò rispetto a cui
l’ente, comunque sia discusso, è già sempre compreso. L’essere
dell’ente non “è” esso stesso un ente.” (Cfr. M. Heidegger, Essere e
tempo, Longanesi, Milano 1976, pp. 20-22)
• L’orizzonte ontologico, che rappresenta l’obiettivo della ricerca
heideggeriana, influenza la stessa idea di uomo che il filosofo
tedesco propone
• Il carattere impersonale e astratto dell’essere heideggeriano
orienta, in modo significativo, le categorie esistenziali dell’uomo
come ente che può interrogare l’essere
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• Le conseguenze sull’idea di cura,
Heidegger propone, sono notevoli:
che
– Se l’obiettivo autentico dell’uomo è comprendere
il proprio essere come cura per tentare di cogliere
l’essere, ne consegue che la dimensione pratica e
quotidiana della cura risulta decisamente limitata
all’orizzonte inautentico dell’uomo. Leggere p. 57
– La feconda distinzione heideggeriana tra il
prendersi cura degli oggetti semplicemente
presenti e l’aver cura degli altri uomini rimane
confinata alla categoria inautentica del con-essere,
che descrive una relazionalità che rimane,
secondo Heidegger, superficiale e privativa
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La cura educativa: preoccupazione,
reciprocità e responsabilità
• La cura educativa si distingue dalla cura intesa come
accudimento, sviluppo, addestramento, comunicazione, insegnamento perché in questi secondi comportamenti
possono mancare l’intenzionalità consapevole, l’attenzione
e la preoccupazione, da parte di chi cura, di assumersi in
libertà la responsabilità della singolarità dell’altro
• L’attenzione, la preoccupazione e la responsabilità
sottolineano la finalità etica di apertura e riconoscimento
dell’altro che appartengono alla cura educativa - Leggere p.
62
• La finalità etica assume un significato orientativo delle
pratiche di cura a partire da una dimensione ontologica che
si distanzia da quella heideggeriana e si avvicina alle
riflessioni di Lévinas
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L’etica delle pratiche di cura educative
• La finalità della pratica di cura diviene il riconoscimento delle
esigenze, degli interessi e dei desideri dell’altro a partire dalla
consapevolezza del significato strutturale delle relazioni nella
costituzione della nostra identità personale adulta. – Leggere p. 62
• La pratica di cura, che assume significato educativo, non è quindi
volta a un astratto riconoscimento della propria essenza in vista
dell’apertura all’essere, ma è un’azione concreta e orientata
eticamente all’altro, considerato come singola persona nella sua
realtà empirica e spirituale – Limite dell’altro-sofferenza, p. 69
• L’atto di cura educativo impone anche un lavoro costante
sull’identità del soggetto che agisce, il quale deve essere in grado di
valutare la situazione che vive. Questo lavoro di cura su se stessi è la
condizione che rende possibile la costruzione di un’identità adulta
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• La responsabilità nella pratica di cura evidenzia una direzionalità
etica, ossia la capacità di valutare, assumendosi i rischi di tale
decisione, l’azione migliore per sé e gli altri – Leggere p. 81
• Nel momento in cui le azioni di cura si distanziano dall’accudimento,
dall’addestramento, dalle reazioni meccaniche e divengono vere
pratiche educative, evidenziano un’istanza etica intrinseca che le
costituisce e che appartiene alla loro natura.
• Un’istanza etica che non coincide con un dogmatico e astratto
dover essere, ma che permette di costruire un orizzonte condiviso
di finalità, aspirazioni e desideri che si possano manifestare nella
concreta relazione pratica ed educativa – Leggere p. 77
• La semplice affermazione del primato ontologico della cura non
consente di aggirare i problemi e le caratteristiche che
appartengono all’orizzonte pratico, ma al contrario rilancia la
questione etica come nodo significativo per costruire un’ontologia
che possa prevedere al suo interno indicazioni e orientamenti per
l’agire
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La sfida di Lévinas
• L’apertura ontologica deve essere già orientata positivamente dalla
possibilità dell’incontro concreto con gli altri esseri umani.
• Per questa ragione l’esistenziale heideggeriano della cura, pur
descrivendo in modo efficace le strutture dell’umano, non si adatta alla
tensione etica che deve essere presente nella cura educativa:
“in Sein und Zeit si è sostenuta forse una sola tesi: l’essere è inseparabile dalla
comprensione dell’essere (che si sviluppa come tempo), l’essere è già
appello alla soggettività. Il primato dell’ontologia heideggeriana non si
fonda sul truismo “per conoscere l’ente bisogna aver compreso l’essere
dell’ente. Affermare la priorità dell’essere rispetto all’ente significa già
pronunciarsi sull’essenza della filosofia, subordinare la relazione con
qualcuno che è un ente (la relazione etica) a una relazione con l’essere
dell’ente che, impersonale, consente il possesso, il dominio dell’ente (a
una relazione di sapere)”.
Cfr. E. Lévinas, Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, Jaca Book, Milano 1980, p. 43
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