pediatrics review

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Vol. 22 No. 3 Marzo 2012
PediatricsinReview
Aspetti psicologici delle
patologie croniche
Disabilità
intellettiva
Encefalite nella
popolazione pediatrica
48
– Perrin, Gnanasekaran,
Delahaye
– Shea
– Falchek
COMPRESI
NELL’ABBONAMENTO
CREDITI ECM
scadenza 31/12/2012
Mensile - Vol. 22 n. 3 - Mar. 2012 - Aut. Trib. di Milano n. 578 del 13 ottobre 2003 - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, aut. n. 070033 del 13 aprile 2007, DCB - BO
PediatricsinReview
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Publisher: American Academy of Pediatrics
Michael J. Held, Director, Division of Scholarly Journals and Professional Periodicals
sommario
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
Articoli
120 Aspetti psicologici delle patologie croniche
James M. Perrin, Sangeeth Gnanasekaran, Jennifer Delahaye
131 Puntualizzazioni
Marzo 2012 - No. 3
PediatricsinReviewEd. Italiana
Pubblicazione dell’American Academy of Pediatrics
132 Disabilità intellettiva (ritardo mentale)
Sarah E. Shea
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REDAZIONE
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145 Encefalite nella popolazione pediatrica
Stephen J. Falchek
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materiale originale pubblicato su Pediatrics in Review Ed. Americana edito
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161
Caso 1: Irritabilità e segni di peritonite in un neonato
Caso 2: Occhio arrossato, lacrimazione eccessiva, fotofobia,
irritabilità e splenomegalia in un lattante
Caso 3: Tosse e anomalie polmonari a destra in una bambina
di 2 anni di età
Caso 1: Eric Dziuban, Kerry Mychaliska
Caso 2: Sanjeev Tuli, Sonal Tuli, Nausheen Khuddus
Caso 3: Dirk E. Bock, April Price, Dhenuka K. Radhakrishnan,
Dimas Mateos-Corral
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Gli articoli pubblicati in Pediatrics in Review Ed. Italiana sono originariamente
apparsi in lingua inglese in Pediatrics in Review edito dall’AAP, e sono qui
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traduzione dalla lingua inglese a quella italiana. Inoltre, AAP e Sanitanova non
Copertina: Il disegno di
questo numero riportato in
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dei vincitori del nostro
Cover Art Contest del 2011,
Sadhana D., di 11 anni, da
Suwanee, GA. Il pediatra
di Sadhana è Aparna
Peethambaram, MD.
Pagine elettroniche
I riassunti sono pubblicati a pag. 169.
e86 Diagnosi visiva:
Un neonato maschio con un ciuffo di capelli
bianchi e macule ipopigmentate
Joshua Wong
Articolo
aspetti e problemi psicosociali
Aspetti psicologici delle patologie croniche
James M. Perrin, MD,*
Sangeeth Gnanasekaran,
MD, MPH,†
Jennifer Delahaye, MA†
Dichiarazione dell’autore
I Dottori Perrin e
Gnanasekaran e la Signora
Delahaye dichiarano
l’assenza di conflitto di
interesse relativamente al
presente articolo.
Il presente commento
non contiene discussioni
di un impiego non
approvato/per uso
sperimentale di un
prodotto/strumento
commerciale.
Spunto formativo
Il recente rapporto della Task Force on Mental Health dell’American Academy of Pediatrics
fornisce consigli e strumenti che aiutano a condurre gli screening e a identificare i problemi
psicologici nell’ambito dell’assistenza primaria.
Obiettivi
Ultimata la lettura della presente monografia di aggiornamento, i lettori
dovrebbero essere in grado di:
1. Comprendere i fattori di stress psicosociale che colpiscono le famiglie con un bambino
affetto da una malattia cronica.
2. Descrivere l’impatto di una patologia cronica sulla famiglia.
3. Comprendere come lo stadio di sviluppo del bambino influisce sulla risposta psicologica
a una malattia cronica.
4. Affrontare il problema degli ostacoli all’aderenza al trattamento tra i bambini con
patologie croniche, in particolare tra gli adolescenti.
5. Descrivere il ruolo del pediatra nell’identificazione, nella misurazione e nel trattamento
dei problemi psicologici nei bambini con patologie croniche.
Introduzione
SANITANOVA è
accreditata dalla
Commissione Nazionale
(Albo Provider n°12 del
10/06/2010) a fornire
programmi di formazione
continua per tutte le
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assume la responsabilità
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e la correttezza etica di
questa attività ECM.
Con il termine malattia cronica si indicano generalmente le patologie fisiche, emotive o evolutive che colpiscono il bambino per un periodo di tempo prolungato. Numerose tipologie
di malattie possono essere considerate croniche, comprese quelle che portano alla necessità
di prescrivere farmaci; a servizi sanitari aggiuntivi; a terapia fisica, occupazionale o logopedia;
oppure a trattamenti per problemi psicologici, evolutivi o comportamentali. Nei bambini, le
patologie croniche più diffuse sono l’asma, l’obesità e i problemi di salute mentale, tra cui il
disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività (attention-deficit/hyperactivity disorder =
ADHD). La categoria include molte altre patologie meno comuni, come la leucemia, l’anemia a cellule falciformi, l’artrite e la spina bifida, nonché patologie molto rare, come le malattie da accumulo lisosomiale. La presente rassegna si concentra sui fattori di stress psicosociali e sui problemi psicologici che sono associati a qualsiasi patologia cronica infantile e che interessano i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie.
Le stime della prevalenza delle cronicità in età infantile variano considerevolmente a causa
delle differenze nel modo in cui il termine è stato definito e misurato. La maggior parte dei
tassi riportati rientra tra il 12% e il 30%. Nel 2007 il National Survey of Children’s Health ha
indicato che, negli Stati Uniti, il 22,3% di tutti i bambini presentava almeno una patologia
cronica. (1) I tassi di incidenza delle malattie croniche sono aumentati costantemente nel
corso degli ultimi decenni, (2) con incrementi particolarmente bruschi per quanto riguarda
alcune patologie comuni, quali l’asma, l’obesità e i problemi di comportamento/apprendimento, come l’ADHD.
I fattori di stress psicosociale che influenzano il bambino e la famiglia
Rispetto ai bambini non affetti, quelli con cronicità hanno sempre un rischio maggiore di sviluppare una comorbilità di tipo psicologico. La Tabella 1 indica alcuni dei problemi psicosociali che i bambini e gli adolescenti con cronicità possono trovarsi ad affrontare e che possono portare a problemi o disturbi psicologici.
Il modello di adattamento alle malattie croniche tratto da Pless e Pinkerton (3) (Fig 1)
evidenzia come queste caratteristiche possano interagire nell’influenzare il funzionamento
psicologico durante il percorso di un soggetto dall’infanzia all’adolescenza e infine verso l’età
adulta. Questo modello indica le interazioni tra le caratteristiche del bambino, della malattia,
*MGH Center for Child and Adolescent Health Policy, Boston, MA.
†
Massachusetts General Hospital, Boston, MA.
120 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
Problemi psicosociali in
bambini e adolescenti con
malattie croniche
Tabella 1.
Adattamento psicologico
Problemi comportamentali ed emotivi
Scarsa autostima
Disturbi psichiatrici
Disturbi del sonno che interferiscono con l’attività
quotidiana e il comportamento
Adattamento sociale
Problemi di adattamento sociale
Effetti della malattia sull’accrescimento e lo sviluppo
Difficoltà nei rapporti con i coetanei
Partecipazione nelle attività con i coetanei
(per esempio, club, sport)
Adattamento e rendimento scolastico
Effetti della malattia o del trattamento sulla funzione
cognitiva
Affaticamento
Effetti del trattamento sulle funzioni del sistema
nervoso centrale
Assenteismo
Aderenza al trattamento
Caratteristiche
familiari
Caratteristiche intrinseche
Ambiente
sociale
Modalità di
fronteggiamento
Coscienza di sé
Stress da malattia
Esordio
Risposta
della famiglia
Tipo di disabilità,
gravità, caratteristiche
delle altre malattie
Risposta alla malattia
Risposta
della società
Modalità di
fronteggiamento
Alterazione del concetto di sé
Adattamento
Funzionamento psicologico
Disadattamento
Funzionamento
nell’adolescenza
Funzionamento
nell’età adulta
Figura 1. Modello integrato di adattamento alla malattia
cronica da Pless and Pinkerton. (3)
della famiglia, della comunità e degli aspetti sociali. Questi sono tutti fattori che influiscono sul modo in cui il
bambino e la famiglia si adatteranno e affronteranno la
cronicità. La Tabella 2 elenca le caratteristiche appropriate che i medici di primo livello dovrebbero prendere in
considerazione quando lavorano con il bambino e la famiglia. Le famiglie dei bambini affetti dalle patologie più
gravi, soprattutto quelli che richiedono apparecchiature
mediche domiciliari, quali il supporto respiratorio, i sondini per l’alimentazione e i dispositivi di mobilità, avranno
una maggiore probabilità di manifestare stress, così come
le famiglie dei bambini affetti da una grave disabilità
cognitiva.
Lo stadio di sviluppo del bambino influenza la
risposta
Lo stadio di sviluppo di un bambino influenza la sua comprensione della salute, della malattia, del dolore e della
morte, che a sua volta condizionerà il modo in cui il
paziente vede la malattia. I bambini attraversano fasi dello
sviluppo prevedibili per quanto riguarda la comprensione
dei meccanismi che causano la patologia. Per esempio, i
bambini molto piccoli hanno una scarsa conoscenza della
causalità della malattia. Una volta raggiunta l’età della
scuola materna, la maggior parte dei bambini crede di
ammalarsi facendo qualcosa di sbagliato. I bambini nei
primi anni dell’età scolare avvertono maggiormente che
sono i “germi” (di qualsiasi varietà) a causare la malattia.
Con l’inizio dell’adolescenza, i bambini elaborano una
certa consapevolezza della complessità delle funzioni corporee e di come queste possano rispondere a lesioni o
infezioni nel causare le patologie.
Così come la comprensione della malattia nei bambini
cresce con l’età, così la loro esperienza della malattia varia
con la fase dello sviluppo, soprattutto per quanto riguarda
il modo in cui la malattia può interferire con il normale
funzionamento o con il grado di sviluppo atteso per una
particolare età. (4) I problemi di mobilità, per esempio,
hanno implicazioni diverse in un bambino di 5 anni di età
rispetto a un ragazzo di 15 anni di età. La conoscenza del
grado di sviluppo del bambino dovrebbe fornire una
guida nell’educarlo a comprendere la patologia di cui soffre. Con lo sviluppo e la maturazione delle loro capacità
cognitive, i bambini cambieranno il loro modo di sentire
il controllo, lo stress e la capacità di far fronte alla loro
condizione.
Il modo in cui i bambini considerano la salute e la
malattia influisce sul modo in cui sentiranno di poter controllare la causa di quest’ultima e il suo trattamento, e
questo a sua volta condizionerà la loro aderenza al trattamento. La percezione dello stress quotidiano da parte del
bambino influenza il modo in cui affronterà la malattia. La
sensazione di poter esercitare un controllo e il sostegno
sociale mediano positivamente la relazione tra stress e
adattamento. Nel combattere una malattia cronica, i bamPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 121
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
Fattori che influenzano lo
sviluppo e il comportamento nei
bambini con malattie croniche
Tabella 2.
Malattia o
condizione
(diversa da
una diagnosi
specifica)
Bambino
Famiglia
Sociale
Gravità (impatto fisiologico o sensitivo)
Durata
Età di esordio
Interferenza con le attività
appropriate per l’età
Sopravvivenza attesa
Decorso (stabile versus progressivo)
Certezza (prevedibile verso imprevedibile)
Impatto sulla mobilità
Impatto su cognizione e comunicazione
Dolore
Genere
Intelligenza e capacità di comunicazione
Temperamento
Capacità e schemi di adattamento
Funzionamento familiare
Salute mentale dei genitori
Struttura familiare (numero di adulti
e bambini)
Stato socioeconomico
Attitudine culturale
Accesso all’assistenza sanitaria
Risorse di comunità
Geografia
Sistemi scolastici e di scuola materna
Riproduzione autorizzata da Thyen U, Perrin JM. Chronic health
conditions. In: Carey WB, Crocker A, Coleman WL, Elias ER,
Feldman HM, eds. Developmental-Behavioral Pediatrics. 4th ed.
Philadelphia, PA: W.B. Saunders Company; 2009, p. 346.
bini e gli adolescenti utilizzano spesso il meccanismo dell’evitamento e non bisogna aspettarsi che abbiano le stesse strategie di adattamento degli adulti. Comprendere la
fase di sviluppo del bambino aiuterà il medico di famiglia
ad affrontare lo stress e le paure del bambino e a fornirgli
spiegazioni adeguate al suo livello di sviluppo. (5)
Comorbilità psicologiche
I sintomi di disadattamento, depressione e ansia sono i
problemi che vengono più comunemente individuati nei
bambini e negli adolescenti con patologie croniche, (6)
ma possono essere presenti anche uno scarso funzionamento sociale ed emotivo e una maggiore propensione ad
adottare comportamenti a rischio. (7) Sebbene i meccanismi che rendono i bambini maggiormente esposti a
comorbilità di tipo psicologico siano ancora poco chiari, i
bambini che presentano alcune particolari patologie possono essere più esposti a sviluppare questi problemi. Una
revisione completa di oltre 80 studi condotti su bambini
con una vasta gamma di patologie croniche indica che i
bambini con disturbi neurologici e sensoriali sono parti122 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
colarmente soggetti a presentare problemi psicosociali
(i disturbi sensoriali in questa revisione hanno incluso la
cecità e l’ipoacusia, mentre i disturbi neurologici hanno
incluso la paralisi cerebrale, il mielomeningocele, i traumi
cranici, l’epilessia e altri disturbi convulsivi, l’idrocefalo e la
sindrome di Reye). Altri studi indicano, inoltre, che i bambini con patologie a carico del sistema nervoso centrale e
con disturbi sensoriali possono essere più suscettibili a sviluppare problematiche psicosociali. (7)
Il rapporto tra gravità della malattia e fragilità psicologica è meno chiaro. La maggior parte degli studi non indica alcun rapporto diretto tra le misurazioni oggettive della
gravità della malattia e il grado di adattamento psicologico o la depressione (6), sebbene alcune ricerche suggeriscano un rapporto tra stato funzionale/disabilità e salute
mentale. Anche il rapporto tra l’adattamento psicologico,
l’età e il sesso non è chiaro. Alcuni studi suggeriscono che
la depressione sia più comune nei bambini più grandi e
nelle ragazze mentre altri studi contestano tali risultati.
L’adattamento psicologico del bambino si associa a
diverse caratteristiche della famiglia e del bambino. Tra i
fattori familiari sembrano essere importanti la coesione
familiare, il supporto e l’ambiente psicologico, ma anche il
divorzio, i contrasti tra genitori, l’abbandono da parte dei
genitori, le ristrettezze economiche, lo scarso adattamento dei genitori alla malattia del bambino e una storia familiare di depressione. Tra le caratteristiche del bambino, un
minore adattamento psicologico e la depressione risultano
associati a bassa autostima, scarsa percezione di sé e basso
quoziente intellettivo. La modalità con cui il bambino
affronta la condizione patologica, in particolare le strategie di fronteggiamento disadattive, come un atteggiamento “catastrofista” o la mancata ricerca di sostegno sociale,
sono associate a uno scarso adattamento psicologico.
Impatto sulla famiglia
La malattia cronica di un bambino ha un impatto significativo su tutti i suoi familiari. Le caratteristiche della patologia determineranno quanto questa risulterà stressante
per i familiari. Tali caratteristiche comprendono la gravità,
la prognosi, gli effetti a livello cognitivo e sulla mobilità, la
stabilità della patologia nel corso del tempo, l’ulteriore
assistenza da parte dei genitori o di altre figure richieste
dalla malattia e l’impatto economico.
Oltre all’impatto psicologico sul bambino o sul paziente, dovere affrontare la cronicità del figlio influisce sulla
salute mentale dei genitori, in particolare del caregiver
principale. I genitori dei bambini con cronicità manifestano un aumento dello stress e dei problemi di salute mentale, in particolare della depressione. (8) Il National Survey of Children with Special Health Care Needs del 20052006 ha indicato che circa il 10% dei genitori dedicava
almeno 11 ore alla settimana a fornire, organizzare o coordinare l’assistenza dei figli con speciali esigenze sanitarie. (9)
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
La malattia del bambino può anche mettere in crisi il
matrimonio, aumentando il rischio di separazione o divorzio. I genitori risentono dello stress legato alla necessità di
accettare che il loro bambino è affetto da una cronicità e
di dovere fornire un trattamento che può richiedere molto
tempo, soprattutto considerando il tempo che deve essere
dedicato anche al lavoro e alla cura degli altri componenti della famiglia, inclusi gli altri fratelli o i genitori anziani.
La malattia cronica di un bambino può avere un impatto negativo sul bilancio economico familiare. Le famiglie
possono trovarsi nella condizione di dover sostenere di
tasca propria spese cospicue per la malattia del bambino.
Le famiglie prive di un’adeguata copertura assicurativa
sanitaria così come quelle provenienti da contesti socioeconomici più disagiati sono particolarmente fragili. Il
tempo richiesto per potere assistere un bambino con una
cronicità può costringere i genitori a licenziarsi o a ridurre il tempo dedicato al lavoro, con conseguenze sul benessere economico. (10) Il National Survey of Children with
Special Health Care Needs del 2005-2006 ha indicato che
circa il 18% dei genitori ha riferito di avere problemi economici e il 24% dei genitori ha riferito di essersi licenziato
o di avere ridotto il tempo dedicato al lavoro a causa della
malattia del bambino. Tra le famiglie che si trovavano al di
sotto della soglia federale di povertà, il 19% dei genitori
dedicava almeno 11 ore alla settimana a fornire, organizzare o coordinare l’assistenza sanitaria del figlio, e il 33%
dei genitori riferiva di essersi licenziato o di avere ridotto
le ore di lavoro. (9)
L’età dei componenti e la struttura della famiglia (genitore singolo versus coppia genitoriale versus famiglia allargata) influenzano il benessere della famiglia. I fratelli possono risentire dell’attenzione rivolta al fratello malato o
possono essere stressati e preoccupati per il benessere del
fratello malato, e questo aumenta il rischio che si possano
sviluppare problemi psicologici. Contribuire all’assistenza
di un fratello o una sorella con una patologia cronica, d’altro canto, può consentire di acquisire nuove competenze
e rendere più maturi, e avere un fratello con una cronicità
può influenzare le scelte dei fratelli per quanto riguarda la
carriera. La presenza di un sistema di supporto rappresentato da amici, parenti, operatori sanitari e dalle agenzie
della comunità, comprese le scuole e le organizzazioni
religiose, può risultare estremamente utile per tutti i membri della famiglia.
Problemi specifici nell’adolescenza
Con l’ingresso dei bambini nell’adolescenza, le patologie
croniche e le comorbilità psicologiche/psicosociali possono continuare oppure possono comparire per la prima
volta. Il passaggio delle responsabilità dai genitori all’adolescente stesso rappresenta una sfida sia per il bambino sia
per i genitori, in particolare quando il bambino presenta
una malattia cronica. Poiché le future abitudini per quan-
to riguarda la salute, in particolare in rapporto all’autogestione della cronicità, hanno spesso inizio durante l’adolescenza, è importante che i pediatri preparino gli adolescenti a prendersi sempre più cura di se stessi e alla transizione verso l’età adulta.
Ciascuna delle tre fasi principali di sviluppo durante l’adolescenza—prima, media e tarda—ha caratteristiche specifiche che i medici dovrebbero prendere in considerazione. Nella prima adolescenza i cambiamenti fisici e gli eventi legati alla pubertà sono più evidenti. Spiegare gli aspetti fisici e fisiologici della pubertà e le importanti conseguenze che la malattia cronica può avere durante questa
fase dello sviluppo (per esempio, spiegando se la patologia
potrà influenzare la crescita e i cambiamenti della pubertà)
può aiutare i pazienti.
Come con gli altri giovani adolescenti, è utile condurre almeno parte della visita senza che il genitore sia presente; i pazienti possono porre domande sulla pubertà e
sulla propria condizione patologica e il medico può rafforzare il suo rapporto di fiducia con il paziente e instaurare
una nuova modalità di interazione con i suoi piccoli
pazienti in assenza dei genitori.
È importante inquadrare la crescita e lo sviluppo come
il principale obiettivo, facendo comprendere al paziente
come la malattia cronica e il modo di affrontarla possono
influenzare questi cambiamenti adolescenziali. I bambini
nella prima fase dell’adolescenza trovano relativamente
facile aderire ai trattamenti prescritti perché sono ancora
sotto la tutela dei genitori e di solito considerano i loro
genitori figure di sostegno.
La media adolescenza è caratterizzata dal processo di
“individualizzazione”, durante il quale l’adolescente
costruisce la propria identità. Gli aspetti sociali di questa
fase sono rappresentati da separazione emotiva dai genitori, forte identificazione con il gruppo di coetanei, aumento dei comportamenti rischiosi per la salute e sviluppo dei
progetti professionali. Durante questa fase, molti adolescenti cercano di esercitare la propria autonomia e di ottenere il controllo sul trattamento e sulla gestione della cronicità da cui sono affetti. A causa di questa fase naturale
dello sviluppo dell’adolescente, può diventare un’ulteriore sfida istituire regimi di trattamento e di assistenza sanitaria che richiedono la partecipazione sia del genitore sia
del ragazzo in un momento in cui gli adolescenti desiderano esercitare un maggiore controllo e richiedono un
minore coinvolgimento dei genitori. Questi adolescenti
possono decidere di ribellarsi alle proprie condizioni,
incluse le relazioni che si sono stabilite tra i genitori, l’adolescente e il medico.
Nella tarda adolescenza gli adolescenti hanno raggiunto un’ulteriore separazione dai genitori, hanno sviluppato
l’autonomia sociale e sono andati incontro a un ulteriore
completamento della loro identità personale. Durante
questa fase, gli adolescenti possono raggiungere una comPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 123
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
prensione e un’accettazione più profonde e articolate della
propria malattia cronica e della transizione verso il ruolo
adulto. Possono assumersi responsabilità sempre maggiori nei confronti della propria patologia e della relativa
gestione. È questo il momento giusto per sviluppare il
supporto necessario a consentire al ragazzo di affrontare
la vita adulta e per pianificare una transizione efficace
verso il ruolo adulto e verso un’assistenza sanitaria diretta
all’adulto.
Una recente rassegna ha individuato i sette temi che
vengono sempre segnalati dagli adolescenti quando viene
chiesto loro come affrontano la vita con una malattia cronica: sviluppare e mantenere amicizie; sentirsi normali/
affrontare una vita normale; l’importanza della famiglia;
l’atteggiamento nei confronti del trattamento; l’esperienza scolastica; il rapporto con gli operatori sanitari; e il futuro. (11)
Diversi fattori sembrano influenzare l’effetto psicologico delle malattie croniche: il tipo e il grado di menomazione fisica, la visibilità della malattia, l’incertezza sul
decorso o sulla natura della malattia, l’imprevedibilità e
l’irregolarità di alcuni effetti di una malattia e l’eventuale
presenza di dolore che accompagna la malattia. L’incertezza e l’imprevedibilità tendono a causare uno stress psicologico maggiore. Esplorando questi fattori specifici e
rafforzando le risorse personali dell’adolescente si può
favorire il suo adattamento alla malattia cronica e si possono prevenire alcuni problemi psicosociali.
psicosociali contribuiscono a facilitare questo processo di
transizione.
Gli adolescenti possono trovare difficile la transizione al
medico dell’adulto perché potrebbero trovare familiare e
confortevole l’ambiente in cui si svolge l’assistenza pediatrica o perché conoscono abbastanza bene il loro pediatra.
Sono pochi i sistemi sanitari che facilitano la transizione
dei bambini con malattie croniche verso l’assistenza sanitaria e specialistica per adulti. In genere sono i pazienti a
negoziare individualmente questo cambiamento, anche se
alcuni programmi specialistici, soprattutto per gli adolescenti con fibrosi cistica, spina bifida e anemia falciforme,
hanno sviluppato solidi programmi di transizione verso
l’assistenza specialistica per adulti.
Gli adolescenti si trovano ad affrontare una nuova esperienza di indipendenza nell’autogestione della malattia e,
allo stesso tempo, il passaggio a nuovi operatori sanitari
che potrebbero non essere a loro agio con alcune patologie croniche pediatriche. Quando l’adolescente compie 18
anni, l’Health Insurance Portability and Accountability
Act impone che gli operatori sanitari non discutano più le
informazioni sulla salute con i familiari, compresi i genitori, senza il consenso del paziente. A seconda del grado di
maturità del paziente adolescente e della sua conoscenza
della malattia, questa transizione può mettere in difficoltà
gli adolescenti e le loro famiglie. I genitori, a loro volta,
possono essere confusi di fronte a questi cambiamenti
nella comunicazione tra i ragazzi, i loro medici e i genitori. (12)
Transizione verso l’età adulta
L’assistenza nel periodo di transizione verso l’assistenza
sanitaria per adulti e verso l’assunzione di un ruolo adulto
dovrebbe idealmente avere inizio nei primi anni dell’adolescenza o anche prima, incoraggiando i pazienti a porre
domande sulla propria cronicità. I medici possono contribuire a questa transizione fornendo informazioni mediche
sulla malattia cronica dell’adolescenza e utilizzando un
tipo di linguaggio e mezzi di comunicazione che risultino
familiari all’adolescente e siano coerenti con il suo livello
di sviluppo. Gli adolescenti con patologie croniche, come
la maggior parte degli altri adolescenti, desiderano che il
medico ascolti le loro opinioni.
Nella media adolescenza, il pediatra può incoraggiare i
processi di autogestione e decisionali e aiutare gli adolescenti a gestire il trattamento in modo che possano sentire di esercitare un controllo sulla propria malattia. Nella
tarda adolescenza, la maggior parte dei pazienti dovrebbe
essere in grado di prendere decisioni in modo indipendente e anche di gestire giorno per giorno la propria
malattia. In questa fase possono essere d’aiuto i gruppi di
sostegno, in cui gli adolescenti con patologie simili possono incontrarsi e discutere i loro sentimenti e le loro esperienze. Durante l’adolescenza, la conduzione di screening
periodici e l’intervento immediato di fronte a problemi
124 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
Ostacoli all’aderenza al trattamento
I bambini e gli adolescenti con malattie croniche possono
avere difficoltà ad aderire ai regimi terapeutici raccomandati. Si possono verificare ostacoli nell’aderenza al trattamento che possono essere dovuti sia al genitore/caregiver
sia al bambino. I trattamenti raccomandati possono richiedere molto tempo e creare problemi ai genitori che hanno
altre esigenze professionali o familiari, come la cura degli
altri fratelli o degli altri familiari. Anche i bambini possono trovare difficile tollerare alcuni trattamenti. Alcuni trattamenti, infatti, possono comportare la somministrazione
di farmaci, la necessità di passare attraverso differenti terapie e di dover consultare differenti specialisti, o di dovere
utilizzare apparecchiature mediche al domicilio. I genitori possono fornire assistenza diretta a domicilio e impiegare molto tempo per coordinarla. Alcuni genitori possono
anche nutrire dei dubbi sui benefìci del piano di trattamento del bambino ed essere riluttanti ad aderire a tutti i
trattamenti.
Inoltre, a seconda del livello di sviluppo del bambino, i
genitori potrebbero trovarsi ad affrontare potenziali ostacoli all’adesione al trattamento. Può essere difficile somministrare i farmaci ai lattanti e ai bambini ai primi passi,
mentre i bambini più grandi in età scolare, che possono
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
capire che hanno bisogno di assumere farmaci o di seguire alcune terapie, potrebbero rifiutarsi di collaborare,
soprattutto come reazione al loro desiderio di essere come
gli altri bambini “normali”. Può essere difficile ragionare
o negoziare con i bambini e gli adolescenti e i genitori
possono sentirsi molto frustrati.
Nel passaggio all’adolescenza, i bambini possono ribellarsi scegliendo di non assumere i farmaci. Per alcuni adolescenti può essere difficile scegliere tra ciò che potrebbe
accadere alla loro salute se non aderissero al trattamento e
gli effetti avversi provocati dal farmaco. Esempi ben studiati sono rappresentati dagli adolescenti in trattamento
cronico con corticosteroidi, ma la maggior parte dei farmaci causa effetti collaterali che gli adolescenti potrebbero desiderare di evitare. Spesso gli adolescenti non comprendono fino in fondo le conseguenze che derivano dal
non seguire i trattamenti prescritti o sottovalutano i rischi.
Le conseguenze a lungo termine possono essere ancora più difficili da comprendere e avere un’influenza minore sulla loro decisione di assumere i farmaci. Per esempio,
gli adolescenti affetti da asma hanno riportato tre principali ostacoli all’aderenza al trattamento: riluttanza a rinunciare “alle cose a cui i medici dicono che dovranno rinunciare”, difficoltà di ricordare che devono prendersi cura
dell’asma, e tendenza a “cercare di dimenticare” che
hanno l’asma. In questa fase evolutiva i medici possono
cercare di infondere fiducia nei loro pazienti ed essere
accomodanti ed empatici. I medici possono negoziare con
i loro pazienti adolescenti tutti gli aspetti del trattamento,
aiutandoli a stabilire le priorità delle varie componenti del
trattamento, nella speranza che aderiscano almeno agli
aspetti più critici della loro cura. Oltre a condividere le
responsabilità con i pazienti adolescenti nel processo decisionale, i medici potrebbero utilizzare colloqui motivazionali per incoraggiarli ad aderire al trattamento.
I problemi psicologici negli adolescenti con patologie
croniche, in particolare la depressione, possono influenzare la loro capacità di aderire ai regimi di trattamento. Nei
primi anni dell’adolescenza i ragazzi mostrano un rischio
particolarmente elevato di presentare problemi psicologici poiché sentono maggiormente di essere diversi dai loro
coetanei in un momento in cui identificarsi con il gruppo
è importante. Non è chiaro, tuttavia, se sia la depressione
a determinare un senso di disperazione che rende gli adolescenti incapaci di aderire al trattamento o se sia la depressione stessa a causare cambiamenti fisiologici che peggiorano la condizione. Ciononostante, l’aumento della non
aderenza ai trattamenti rappresenta un reale problema
negli adolescenti con comorbilità croniche di natura organica e psicosociale e può avere conseguenze durature sulla
loro salute.
Quando gli adolescenti rivelano ai medici che non stanno aderendo al trattamento o che intendono non aderirvi
e non vogliono che i genitori ne siano informati possono
subentrare dei problemi etici. Che sia secondaria o meno
a patologie psicosociali, la non aderenza a determinate
componenti del trattamento può avere conseguenze durature sulla salute, e il pediatra è costretto ad affrontare questi problemi con i genitori e con gli altri operatori sanitari.
Le strategie adottate dai medici per migliorare l’aderenza includono interventi educativi, comportamentali e
combinati. Le strategie educative si concentrano sul fornire informazioni sulla malattia e sul trattamento; le strategie comportamentali si concentrano sul ridurre gli ostacoli e stimolare o premiare l’aderenza. Le strategie educative possono modificare la conoscenza e gli atteggiamenti
del paziente, e potrebbero migliorare l’aderenza al trattamento. Alcune strategie comportamentali, come l’uso di
promemoria, possono essere di aiuto dal punto di vista
organizzativo nella somministrazione dei farmaci e del
trattamento. Per migliorare l’aderenza è meglio coinvolgere il paziente e la famiglia nel processo decisionale. Ogni
paziente è unico, e i piani di trattamento devono essere
adattati su misura alla vita del paziente e devono essere
modificati in rapporto ai cambiamenti della malattia e del
paziente, in particolare di fronte ai cambiamenti nello sviluppo cognitivo e fisico. (5)(13)
Aspetti particolari nel trattamento
Medicina complementare e alternativa
I bambini affetti da patologie croniche e le loro famiglie si
affidano sempre più alle terapie complementari e alternative (complementary and alternative therapies = CAM) in
aggiunta alla medicina tradizionale, anche se molte di
queste terapie non sono state formalmente valutate nei
bambini. (14) Il 50%-70% dei bambini con bisogni speciali di assistenza utilizza terapie alternative in combinazione con i trattamenti tradizionali, e questo accade più
comunemente nei pazienti con asma, ADHD, autismo,
neoplasie, paralisi cerebrale, fibrosi cistica, malattia infiammatoria intestinale e artrite reumatoide giovanile. I genitori possono essere spinti a ricercare le terapie alternative
in parte perché vedono che la malattia o i sintomi del
bambino persistono nonostante i normali trattamenti
medici, oppure per cercare di ridurre lo stress del bambino e della famiglia.
La CAM comprende quattro tipi principali: terapie di
tipo biochimico (integratori alimentari, rimedi a base di
erbe, vitamine); terapie che agiscono sullo stile di vita (alimentazione, terapie ambientali, come il calore o il ghiaccio, musica o luce, terapie mente-corpo); terapie di tipo
biomeccanico (massaggi, trattamenti chiropratici e osteopatia); e terapie di tipo bioenergetico (pranoterapia, preghiera, magnetoterapia, agopuntura, omeopatia). (14) A
parte pochi studi randomizzati e controllati che hanno
dimostrato i benefìci clinici dell’immaginazione guidata,
della terapia degli animali, della terapia chiropratica e della
massoterapia, i benefìci clinici e i danni delle altre terapie
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aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
complementari e alternative rimangono confinati all’aneddotica. Poiché l’efficacia o i danni della maggior parte
delle CAM nei bambini con malattie croniche, così come
il loro uso comune, sono stati scarsamente valutati, è
opportuno che i pediatri indaghino sull’impiego di CAM,
e di fronte alle richieste dei genitori, li informino sui
potenziali rischi e benefìci di queste terapie per il loro
bambino. L’uso di CAM non dovrebbe interferire o sostituire gli altri trattamenti accettati.
Ausili compensativi
Un numero piccolo ma sostanziale di bambini con patologie croniche dovrà usare ausili compensativi, soprattutto per migliorare l’alimentazione, la funzione respiratoria,
la comunicazione e la mobilità. L’uso di questi dispositivi
può avere effetti psicologici, che possono essere rappresentati dall’isolamento o da un migliore adattamento in
ambito scolastico o relativamente alla qualità della vita. I
dispositivi più comuni sono la supplementazione di ossigeno e la ventilazione meccanica per il supporto respiratorio; la gastrostomia e la digiunostomia per il supporto
nutrizionale; e le sedie a rotelle, i deambulatori e altri tipi
di supporti per la mobilità. (15) Per i bambini con patologie croniche funzionalmente limitanti, i dispositivi ausiliari possono aiutare a superare i problemi che ne limitano
la partecipazione a ruoli appropriati per il livello di sviluppo, portando così a una maggiore indipendenza, a una
migliore qualità della vita e a un maggiore rendimento
scolastico. Tali dispositivi possono tuttavia aumentare la
difficoltà e la complessità dell’assistenza e hanno un
impatto in ambito personale, economico e sociale per la
famiglia. Poiché i medici devono spesso formulare prescrizioni o lettere che documentino dal punto di vista medi-
Tabella 3.
co la necessità di apparecchiature di ausilio, è utile che
abbiano una buona conoscenza dell’uso di questi dispositivi.
I genitori e i caregiver devono essere addestrati a utilizzare il dispositivo e devono conoscere le complicanze
più comuni associate a ogni dispositivo. Per esempio, la
manutenzione del sondino gastrostomico comporta l’esame di routine, la pulizia, il lavaggio con getti d’acqua e la
rotazione e il regolare cambiamento del sondino. (15) I
caregiver devono anche prestare attenzione a dislocazione
o deterioramento del sondino, infezioni, perdite, blocco o
migrazione del sondino stesso.
I metodi per fornire la ventilazione meccanica possono
essere invasivi o non invasivi e la ventilazione meccanica
invasiva a lungo termine richiede una tracheostomia. In
presenza di una ventilazione meccanica domiciliare a
lungo termine, la realtà per la famiglia diviene complessa
e comporta un addestramento e una preparazione intensivi per poter essere in grado di valutare continuamente lo
stato delle vie respiratorie; di eseguire l’igiene della tracheostomia, l’aspirazione e i cambi del sondino; e di avvisare i servizi di emergenza locali, le aziende elettriche e le
agenzie che si occupano di spazzare la neve del fatto che
hanno un dispositivo dipendente dall’elettricità. Queste
famiglie dipendono molto dai fornitori per la manutenzione delle attrezzature a domicilio e possono necessitare
di aiuto per identificare i fornitori che intervengono prontamente anche fuori orario.
I bambini possono impiegare i dispositivi per la mobilità
più a scuola che a casa, e le famiglie che ne fanno un
ampio utilizzo a casa spesso compiono sforzi notevoli per
accompagnare i figli a scuola e per cercare di integrare più
facilmente l’uso del dispositivo nella routine scolastica.
Aree di valutazione e intervento pediatrici
Assistenza medica
Identificazione delle conseguenze sul
comportamento e sullo sviluppo
Valutazione delle risorse della famiglia
Educazione sulla malattia
Pianificazione dell’educazione
Mantenimento della salute e assistenza preventiva
Cura della malattia acuta
Cura della malattia cronica, in collaborazione con gli specialisti
Valutazione periodica
Monitoraggio e invio
Conoscenza
Sostegno sociale
Capacità di fronteggiamento
Stato psicologico
Istruzione adeguata allo sviluppo
In atto
Prendere decisioni
Farmaci e trattamento
Piani di emergenza
Implicazioni della malattia per la partecipazione alle attività in classe e all’esterno
Valutazione o classi speciali
Riproduzione autorizzata da Thyen U, Perrin JM. Chronic health conditions. In: Carey WB, Crocker A, Coleman WL, Elias ER, Feldman HM, eds.
Developmental-Behavioral Pediatrics. 4th ed. Philadelphia, PA: W.B. Saunders Company; 2009, p. 351.
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aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
Altri ostacoli riguardano i dispositivi (sedie a rotelle, supporti per la posizione eretta, deambulatori) troppo grandi
per entrare nelle aule scolastiche e i dispositivi forniti dalle
scuole che non corrispondono ai bisogni degli studenti.
Nel complesso, l’uso del dispositivo di ausilio comporta
per la vita familiare una maggiore richiesta di tempo e di
impegno.
Ruolo del pediatra
Il medico di base può fornire il sostegno ai bambini con
malattie croniche e alle loro famiglie in diversi modi. La
Tabella 3 fornisce una panoramica dei compiti dei pediatri che si prendono cura di bambini affetti da patologie
croniche. I bambini con patologie croniche, in genere,
incontrano in modo continuativo il loro medico di base
più che gli specialisti. (16) Per i bambini con patologie
croniche si dovrebbero programmare visite regolari con il
medico di base per seguire la malattia, sebbene abbiano
anche appuntamenti di routine con gli specialisti.
Può essere molto utile sviluppare con la famiglia piani
assistenziali in sintonia con le raccomandazioni di tutti i
medici. Rispondere alle domande e fornire informazioni
sulla malattia del bambino è utile anche ai familiari. Poiché la condizione del bambino influisce su tutti i componenti della famiglia, i medici di base dovrebbero occuparsi della salute del bambino nel contesto familiare. Una
serie di studi ha documentato che l’educazione del genitore e del bambino e il coordinamento dell’assistenza
migliorano il funzionamento psicologico dei bambini con
patologie croniche. (17)
Applicare i concetti utilizzati nelle case mediche può
essere di supporto per le famiglie e i pediatri, in particolare attraverso il coordinamento dell’assistenza, una migliore comunicazione con gli specialisti, un migliore accesso
alle risorse della comunità e il monitoraggio continuo
dello stato di salute e dei progressi del bambino. Integrare lo screening e il monitoraggio di patologie concomitanti di tipo psicosociale basandosi sui metodi utilizzati
dalle case mediche ne aiuterà l’identificazione e il trattamento. Anche i registri dei pazienti, che forniscono una
visione globale del bambino e della famiglia, possono
risultare utili.
In considerazione dell’importanza del contesto scolastico nella vita dei bambini e degli adolescenti con patologie croniche, i pediatri dovrebbero collaborare con le
scuole per garantire una gestione ottimale della malattia
del bambino, nonché contribuire a creare un ambiente
favorevole che ne favorisca l’autostima. I bambini con
patologie croniche sono ad alto rischio di episodi di bullismo a scuola. Parlare con i genitori e i bambini su come la
malattia o il trattamento influiscono sulle prestazioni scolastiche e le relazioni sociali può aiutare a identificare i
problemi che meritano maggiore attenzione.
Comprendere i punti di forza e di debolezza della fami-
glia può aiutare i pediatri a indirizzare le famiglie alle risorse della comunità più appropriate che possono fornire il
sostegno necessario ai genitori al di fuori del contesto clinico. Le risorse di comunità possono includere le scuole,
le organizzazioni religiose, altre agenzie comunitarie e
gruppi culturali. (18) Sarà utile avere una guida delle
risorse che indichi quali servizi sono disponibili per la
famiglia o un assistente sociale che possa acquisire queste
informazioni per la famiglia.
Identificazione, misurazione e trattamento
Affrontare la valutazione della salute psicosociale e comportamentale durante tutte le visite, incluse quelle di controllo e quelle per un problema acuto, è particolarmente
importante per i pazienti pediatrici con patologie croniche. Può essere tuttavia un problema metterlo in pratica,
data l’importanza di affrontare la malattia cronica stessa e
i vincoli di tempo della pratica pediatrica. Il recente rapporto della Task Force on Mental Health dell’American
Academy of Pediatrics (AAP) offre la guida e gli strumenti per promuovere lo screening e l’identificazione dei problemi di salute mentale nella pratica di assistenza primaria.
(19)
L’elevata prevalenza di problemi psicosociali e comportamentali tra i bambini con patologie croniche rende
utile che i pediatri dispongano di un metodo sistematico
di screening formale. Può essere utile coinvolgere anche
l’altro personale presente nello studio pediatrico mediante la diffusione degli strumenti di screening in sala d’attesa e l’attribuzione del punteggio. In alcuni studi pediatrici sono i genitori a compilare gli strumenti di screening
prima delle visite, utilizzando talvolta i siti Web che possono fornire il punteggio iniziale. Qualunque sia il programma di screening scelto dal pediatra è importante
garantire che sia programmato di routine e che venga
somministrato nei momenti critici dello sviluppo e delle
transizioni.
Una varietà di metodi consente di identificare e monitorare i sintomi psicologici nei bambini con malattie croniche. La maggior parte delle strategie utilizza strumenti
basati sul resoconto fornito dai genitori per identificare i
sintomi; i bambini più grandi e gli adolescenti devono
aggiungere anche i propri rapporti personali sul benessere
psicosociale. I resoconti dei genitori e quelli auto-compilati dei bambini e degli adolescenti sullo stato psicosociale
possono essere poco concordanti, e questo sottolinea
l’importanza di includere entrambi gli informatori nello
screening.
Diversi strumenti di screening possono valutare i problemi psicosociali e comportamentali nei bambini con
patologie croniche. Naturalmente gli strumenti di screening non consentono di formulare una diagnosi. I punteggi positivi indicano la presenza di sintomi e la necessità di
condurre una valutazione diagnostica più formale o di
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aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
inviare il bambino a uno psichiatra. Numerosi fattori possono influenzare la scelta di uno strumento di screening,
tra i quali la praticità nella somministrazione dello strumento nello studio pediatrico, la disponibilità di apparecchiature elettroniche/online nello studio medico e il livello di linguaggio e di lettura dei genitori e dei pazienti assistiti.
I rapporti e gli strumenti della Task Force on Mental
Health dell’AAP forniscono ulteriori indicazioni sullo
screening all’interno della pratica pediatrica. La Parents’
Evaluation of Developmental Status e la Pediatric Symptom Checklist vengono comunemente utilizzate nell’ambito dell’assistenza pediatrica primaria. La Parents’ Evaluation of Developmental Status consente di sottoporre a
screening i bambini dalla nascita fino agli 8 anni di età e
consiste in 10 domande. La Pediatric Symptom Checklist
consente di sottoporre a screening i bambini dai 4 ai 18
anni di età e si compone di 35 brevi dichiarazioni. Sebbene alcuni strumenti, come la Children’s Depression
Inventory e la Child Behavior Checklist, siano stati utilizzati nella ricerca e in ambito specialistico per esaminare i
bambini con malattie croniche, la loro lunghezza li rende
meno facilmente applicabili nella maggior parte degli
studi pediatrici non specialistici.
Ci sono diversi aspetti da considerare quando in un
bambino con una patologia cronica si identifica un problema psicologico o comportamentale. L’invio a uno specialista in salute mentale, sebbene sia la soluzione ideale per
molti pazienti, potrebbe non rappresentare una soluzione
pratica per alcuni pazienti e in alcune comunità. I genitori
possono preferire che sia il loro pediatra ad affrontare i problemi psicosociali del bambino. In molte zone c’è una
carenza di psichiatri infantili, di pediatri dello sviluppo/
comportamentali e di altri professionisti che operano nel
campo della salute mentale. La Task Force on Mental
Health dell’AAP fornisce una guida sui metodi per determinare quali problemi possono essere diagnosticati e trattati meglio nello studio del pediatra di base, soprattutto se
si considera che il paziente e la famiglia possono avere un
rapporto particolarmente buono con il pediatra per i maggiori contatti dovuti alla presenza della malattia cronica.
La malattia cronica di un bambino può apportare un
ulteriore livello di complessità a una malattia psicosociale
o comportamentale che un medico di base sarebbe altrimenti in grado di trattare. Per esempio, un pediatra
potrebbe essere in grado di trattare l’ADHD nei pazienti
altrimenti sani, ma potrebbe essere riluttante a iniziare la
somministrazione di un farmaco in un paziente che già
assume cronicamente i farmaci per un’altra patologia. In
questi casi può essere utile stabilire un rapporto di collaborazione con uno psichiatra infantile o un pediatra dello
sviluppo/comportamentale e il medico specialista del
paziente. Qualora sia possibile l’invio immediato a un professionista nel campo della salute mentale, è altrettanto
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importante stabilire una stretta collaborazione tra il pediatra e questo specialista.
Riassunto
• I bambini e gli adolescenti con malattie croniche
rischiano di presentare tassi notevolmente più elevati di
malattia psichica rispetto ai bambini non affetti da
cronicità.
• La transizione verso l’età adulta degli adolescenti con
malattie croniche presenta problemi particolarmente
impegnativi per il pediatra.
• Quando assiste un bambino con una malattia cronica, il
pediatra deve essere consapevole dello stato di sviluppo
del bambino e del potenziale impatto psicologico della
malattia sul bambino.
• Nello sviluppare le competenze per gestire la propria
cronicità, in particolar modo gli adolescenti possono
mettere in discussione alcune parti del piano di
gestione. I medici dovrebbero essere sensibili alla
possibile non aderenza al trattamento e conoscere i
modi con cui possono contribuire a migliorare
l’assistenza agli adolescenti con patologie croniche.
• La fase di sviluppo del bambino influenza il modo in cui
si deve sostenere il bambino e la famiglia. La maggior
parte delle malattie croniche rappresenta un problema
di famiglia e i pediatri dovrebbero conoscere la famiglia
e l’ambiente sociale del bambino in modo da fornire il
trattamento e il supporto migliori al bambino e alla
famiglia.
• La malattia cronica di un bambino ha un impatto
sostanziale sul benessere genitoriale, in particolare sullo
stato psicologico del genitore e sulla sua partecipazione
alle attività lavorative.
• I pediatri possono contribuire a identificare i punti di
forza della famiglia e aiutare inoltre le famiglie ad
accedere ai servizi di comunità richiesti che possono
migliorarne l’adattamento e il funzionamento.
Considerazioni sulla
realtà italiana
L’esperienza sul campo di un Centro di Psicologia clinica
Il concetto di “bambino affetto da patologia cronica” abbraccia un’enorme eterogeneità di possibili situazioni in tutte le
fasce d’età, tra cui: neonati gravemente pretermine o affetti
da cardiopatie, danni neurologici, sindromi malformative
(spesso diagnosticate in epoca prenatale, con tutte le problematiche di accompagnamento al parto) o malattie metaboliche rare; obesità, malattie oncoematologiche, diabete, trapianti d’organo, impianti cocleari, dialisi, epilessie e fibrosi
cistica. È fondamentale un approccio multidisciplinare, in cui
lo psicologo gioca il delicato ruolo di fornire assistenza in
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
tutte le fasi del percorso clinico, dalla comunicazione della
diagnosi alla cura e al follow-up. Sono tre, in particolare, i
suoi compiti: supportare il bambino, sostenere la famiglia e
facilitare la comunicazione tra gli operatori. Nella nostra
esperienza di Unità Operativa che riunisce psicologi di diversa formazione, l’organizzazione di gruppi espressamente
dedicati a bambini, genitori e personale sanitario si è sempre
rivelata una strategia efficace, come pure il mantenimento di
gruppi aperti di psicoterapia ambulatoriale per genitori dopo
la dimissione. Lo psicologo lavora così a stretto contatto e in
perfetta sinergia con il pediatra, che a sua volta è sensibile a
cogliere e segnalare problematiche da sottoporre alla sua
attenzione e conosce bene le risorse del territorio alle quali
eventualmente indirizzare i genitori. L’adolescente merita un
approccio del tutto differente e personalizzato in quanto
individuo autonomo, responsabile e bisognoso di privacy, per
il quale la parola chiave si può riassumere in “coinvolgimento”: premessa, questa, irrinunciabile nell’intento di mantenere il più possibile l’aderenza al trattamento prescritto.
Le potenzialità dello psicologo clinico sono quindi molto
vaste e possono avvalersi di numerosi strumenti, come per
esempio questionari rapidi da somministrare ai genitori, funzionali a valutare, per esempio, lo sviluppo di un bambino
nato pretermine nei suoi primi anni di vita, oppure sistemi di
scoring come la Children Behavior Checklist, utile a identificare l’impatto di un evento stressante (avevamo impiegato
questo strumento dopo il terremoto che aveva colpito la città
dell’Aquila) e a monitorare il disturbo post-traumatico da
stress ad esso potenzialmente correlato. Analogamente lo
psicologo clinico, insieme al pediatra e in chiave multidisciplinare, può anche occuparsi di tenere sotto controllo la qualità di vita di un bambino con malattia cronica o di seguire
l’andamento della sua disabilità. A tale riguardo uno strumento raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità e promosso in Italia dalla dott.sa Matilde Leonardi,
Direttore U.O. Neurologia, Salute Pubblica e Disabilità, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, è
l’International Classification of Functioning, Disability and
Health (ICF), che consente tra l’altro di identificare ostacoli e
fattori in grado di facilitare il funzionamento del paziente.
Consulenza della dott.sa Simonetta Gentile,
Responsabile di Psicologia Clinica dell'Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù - Roma
Antologia di risorse informative, strumenti operativi e
materiali di approfondimento
• R. Pilleri Senatore, A. Oliverio Ferraris. Il bambino malato
cronico. Aspetti psicologici. Raffaello Cortina, Milano,
1989. Pagine 256. Prezzo: euro 18,00
• P. Catastini. Mio figlio, malato cronico. Franco Angeli,
Milano, 1998. Pagine 96. Prezzo: euro 18,50
• F. Bianchi di Castelbianco, M. Capurso, M. Di Renzo. Ti racconto il mio ospedale, Magi edizioni, Roma, 2007. Pagine
208. Prezzo: euro 22,00
• L’uovo fuori dal cesto. A cura di E. Tesio. Utet, Torino, 2000.
Pagine 364. Prezzo: euro 24,50
Testo a cura di P.C. Salari
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Traduzione a cura di E. Soravia
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 129
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
PIR Quiz
1. Malgrado alcune criticità, che avevano richiesto in precedenza due ricoveri d’urgenza, il controllo glicemico di
un ragazzo di 13 anni affetto da diabete mellito risulta accettabile e stabile da un anno. Cosa suggerireste ai
suoi genitori, preoccupati per la sua richiesta di partecipare a una vacanza-studio all’estero con la sua classe,
sapendo che si svolgerà presso un college attrezzato per la sola assistenza medica di base?
A. Di evitare la vacanza in quanto “prevenire è meglio che dover curare”
B. Di recarsi una volta a settimana al college per accertarsi che la situazione sia sotto adeguato controllo
C. Di consentire la partecipazione, preallertando gli accompagnatori e invitando il ragazzo a prendere
tempestivo contatto con il personale sanitario del college
D. Di organizzare con il college un incontro di formazione sul diabete mellito per i ragazzi
2. Quale dei seguenti pazienti ha una maggiore probabilità di avere una comorbilità psicologica?
A.
B.
C.
D.
Un bambino di 10 anni affetto da asma
Una bambina di 5 anni con diabete di tipo 1
Una bambina di 7 anni celiaca
Un bambino di 8 anni cieco
3. Un bambino di 3 anni ha un fratellino maggiore affetto da leucemia. La madre gli ha spiegato di lavarsi le mani
per prevenire le infezioni, che rappresentano un rischio per suo fratello, ma lui se ne dimentica sempre. Quale
suggerimento le dareste?
A. Continuare a ripetere al bambino di lavarsi le mani sottoponendolo a punizioni psicologiche in caso di
dimenticanza
B. Spiegare al bambino che cosa sono i germi e perché sono pericolosi
C. Predisporre, in stile ludico, una sequenza di azioni utili a prevenire le infezioni, che il bambino dovrà
osservare a casa e a scuola
D. Allontanare il bambino da casa, affidandolo ai nonni, fin quando il fratellino non avrà concluso il suo
percorso terapeutico
4. Per un bambino si impone la ventilazione meccanica. Qual è la necessità immediata per i suoi familiari:
A.
B.
C.
D.
Organizzare una visita giornaliera da parte dei servizi assistenziali sul territorio
Identificare una struttura per lunga degenza
Apprendere la gestione domiciliare del dispositivo e il monitoraggio dello stato delle vie aeree
Cercare un’infermiera che segua il bambino 24 ore su 24
5. Quale delle seguenti ragioni è meno plausibile per spiegare la non aderenza di un adolescente a un trattamento
cronico?
A.
B.
C.
D.
Timore di effetti indesiderati
Desiderio di sentirsi come gli altri
Comprensione soltanto parziale dei rischi del mancato trattamento
Scarsa sensibilizzazione e insufficiente attenzione da parte dell’équipe medica
6. Nei bambini con patologia cronica si ritiene che il ricorso alle medicine complementari sia stimabile nell’ordine
del…
A.
B.
C.
D.
5-10%
15-30%
30-45%
50-70%
130 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
aspetti e problemi psicosociali patologia cronica
7. Nei bambini con patologia cronica, si ritiene che, tra le seguenti, la malattia per la quale è più frequente il
ricorso alle medicine complementari sia:
A.
B.
C.
D.
La celiachia
L’autismo
Il diabete mellito
La fenilchetonuria
8. Quale, tra i seguenti, è l’imprevisto più probabile a scuola per un bambino affetto da malattia cronica?
A. L’insieme di possibili conseguenze dovute all’impreparazione del personale scolastico ad affrontare
un’eventuale emergenza
B. Un episodio di bullismo
C. La necessità del trasporto in pronto soccorso a seguito di una complicanza acuta
D. Il bisogno di assistenza estemporanea da parte di un familiare
Puntualizzazioni
Nel numero di Novembre 2011 di Pediatrics in Review, l’articolo “Artrite nei bambini e negli adolescenti”
(Pediatr Rev. Ed It. 2011;21:487-498) presenta a pagina 492 alcuni test diagnostici a supporto della diagnosi
di infezione da Chlamydia associata ad artrite reattiva. Gli autori sottolineano che il test di amplificazione con
acido nucleico rappresenta un ulteriore metodo diagnostico efficace.
Nell’articolo “Il punto sulla diagnosi: Le infezioni congenite (TORCH)” pubblicato sul numero di Dicembre 2011
(Pediatr Rev. Ed It. 2011;21:559-565), la raccomandazione per il trattamento del neonato prematuro con peso
inferiore ai 2 kg e la cui madre ha uno stato HbsAg sconosciuto dovrebbe includere la somministrazione di
immunoglobulina anti-epatite B nelle prime 12 ore dalla nascita poiché il vaccino potrebbe avere una minore
immunogenicità in questi neonati e non è affidabile per quanto concerne la protezione, come potrebbe essere nel caso di neonati a termine o pretermine più grandi, nei quali l’immunoglobulina può essere somministrata fino a 7 giorni di vita se lo stato della madre risulta essere positivo.
Nell’articolo “Assistenza del neonato sano” pubblicato sul numero di Gennaio 2012 (Pediatr Rev. Ed It.
2011;22:5-21), la raccomandazione per la somministrazione giornaliera di vitamina D nei bambini di età compresa fra 1 e 18 anni è di 400 UI. Gli autori desiderano informare i lettori che altri gruppi, quale l’Office of
Dietary Supplements presso i National Institutes of Health, hanno raccomandato dosi giornaliere pari a 600 UI
per questo gruppo di età. I lettori dovrebbero prestare attenzione alle linee guida definitive più recenti.
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 131
Articolo
genetica/dismorfologia
Disabilità intellettiva (ritardo mentale)
Sarah E. Shea, MD, FRCPC*
Dichiarazione dell’autore
La Dott.ssa Shea dichiara
l’assenza di conflitto di
interesse relativamente al
presente articolo. Il
presente commento non
contiene discussioni di
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approvato/per uso
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e la correttezza etica di
questa attività ECM.
Spunto formativo
L’approccio ai test genetici per la valutazione della disabilità intellettiva sta cambiando con
l’introduzione di nuove tecniche, quali il test su microarray.
Obiettivi
Ultimata la lettura della presente monografia di aggiornamento, i lettori
dovrebbero essere in grado di:
1. Comprendere la terminologia della disabilità intellettiva e le definizioni relative agli
individui con disabilità intellettiva.
2. Conoscere l’epidemiologia e le presentazioni cliniche della disabilità intellettiva
(intellectual disability = ID) e le sue possibili cause.
3. Sapere come ricercare la causa dell’ID in un bambino, comprendendo che molto spesso
essa non è identificabile, e come valutare i punti di forza e le debolezze del bambino.
4. Conoscere le ultime tendenze dei test genetici per l’identificazione delle cause di ID.
5. Conoscere le condizioni patologiche comunemente coesistenti con l’ID e saper istituire
un adeguato follow-up clinico.
6. Comprendere gli aspetti implicati nell’educazione dei bambini e degli adolescenti con ID
e identificare le aspettative ragionevoli.
7. Sapere come aiutare un adolescente con ID nella transizione all’età adulta.
Definizioni
Parlando di disabilità intellettiva (intellectual disability = ID) ci si riferisce in generale a ciò
che è stato precedentemente descritto come ritardo mentale. L’ID è una condizione che
dura tutta la vita, caratterizzata da una significativa compromissione dello sviluppo cognitivo
e adattativo secondaria ad anomalie della struttura o della funzione cerebrali. L’ID non è una
singola entità, bensì un sintomo generale di disfunzione neurologica. Attualmente, la terminologia che si riferisce all’ID (ritardo mentale [mental retardation = MR]) sta cambiando. In
numerosi ambiti, inclusi alcuni contesti clinici e le politiche legali e pubbliche che stabiliscono l’eleggibilità per un supporto, è tuttora in uso il termine ritardo mentale; sta aumentando, tuttavia, l’uso del termine disabilità intellettiva come suo diretto sostituto. L’American
Association on Mental Retardation è stata ribattezzata American Association on Intellectual
and Developmental Disabilities (AAIDD), pur enfatizzando il fatto che la definizione di ID
coincide esattamente con quella di MR. La ragione principale di
questo cambiamento è che il termine ritardo mentale è percepito come peggiorativo; di fatto, il cambiamento semantico non
Abbreviazioni
rispecchia un re-inquadramento della condizione.
AAIDD: American Association on Intellectual and
Viene premesso che la prossima edizione del Diagnostic and
Developmental Disabilities
Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) utilizzerà un terADHD: attention-deficit/hyperactivity disorder =
mine differente in sostituzione di MR; il termine usato nel predisturbo da deficit dell’attenzione con
sente articolo è ID.
iperattività
Ci sono due definizioni formali di ID/MR di comune utilizDSM:
Diagnostic and Statistical Manual of Mental
zo. La definizione di MR secondo la quarta edizione del DSM
Disorders
(DSM-IV) e la definizione di ID secondo la AAIDD presentano
FAPE: free appropriate public education = istruzione
lievi differenze, ma sono essenzialmente equivalenti. Entrambe si
pubblica appropriata gratuita
basano su tre tratti coesistenti: (1) funzionalità intellettiva signiFAS:
fetal alcohol syndrome = sindrome feto-alcolica
ficativamente inferiore alla media, accompagnata da (2) deficit o
ID:
intellectual disability = disabilità intellettiva
compromissioni delle capacità adattative con (3) esordio prima
MR:
mental retardation = ritardo mentale
dei 18 anni di età.
QI:
quoziente intellettivo
I gradi di MR (ID) sono descritti nel DSM-IV. Spesso i risulTC:
tomografia computerizzata
tati dei test vengono riassunti con l’uso di aggettivi correlati
*Editorial board member; Dalhousie University, Halifax, Nova Scotia.
132 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
(lieve, moderato, grave, profondo), di cui è utile conoscere il significato. Nel DSM, gli intervalli sono definiti dai
valori di quoziente intellettivo (QI), che si basano sul punteggio medio di QI della popolazione, pari a 100; con i
metodi di valutazione comunemente usati, 1 deviazione
standard (DS) equivale a 15 punti. Un punteggio inferiore a 70 punti, ovvero inferiore alla media di oltre 2 DS,
rappresenta una condizione di ID. L’ID è definita lieve
quando il QI è inferiore alla media di 2-3 DS (QI da 55 a
70). Nell’ID moderata, il QI è inferiore alla media di 3-4
DS (QI da 40 a 55); nell’ID grave, il QI è inferiore alla
media di 4-5 DS (QI da 25 a 40); e nell’ID profonda, il
QI è inferiore alla media di oltre 5 DS (QI inferiore a 25).
La definizione di ID secondo la AAIDD non si riferisce a queste categorie, focalizzandosi piuttosto sul livello
di supporto di cui un individuo necessita, oltre che sulle
limitazioni delle funzioni cognitive e adattative. Uno strumento di classificazione alternativo è l’International Classification of Functioning, Disability and Health, sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che include
funzioni e struttura corporee, attività, partecipazione
sociale e fattori ambientali.
Talvolta si usa il descrittore borderline, per esempio
parlando di intelligenza borderline o di ID/MR borderline, per rappresentare una situazione in cui il QI è inferiore alla media di 1,5-2,0 DS (QI da 70,0 a 77,5). I soggetti
con questo profilo possono presentare differenze significative nella funzionalità, specialmente in ambito scolastico,
ma non sono generalmente identificati come affetti da ID.
Per convenzione, a qualsiasi livello di ID, un QI ridotto deve essere accompagnato da deficit nelle funzioni
adattative, che includono capacità concettuali, sociali e
pratiche. Le capacità concettuali sono la conquista del linguaggio, dell’alfabetismo e delle capacità di calcolo, nonché la comprensione dei concetti di tempo e denaro. Le
capacità sociali riguardano il giudizio sociale, i rapporti
interpersonali e la risoluzione di problemi sociali. Le capacità pratiche includono la cura di sé e lo svolgimento di
altre attività della vita quotidiana, capacità occupazionali,
capacità di affrontare il mondo in sicurezza, di utilizzare i
mezzi di trasporto e così via.
I medici utilizzano variamente il termine ID (o MR) in
funzione dell’età dell’individuo. Alcuni preferiscono usare
il termine “ritardo dello sviluppo” o “ritardo globale dello
sviluppo” per i bambini di età inferiore ai 5 anni e riservare i termini ID o MR ai bambini più grandi. Per alcuni
medici, la scelta del termine sembra essere una questione
di convenzione, mentre per altri essa riflette la necessità di
confidare nel percorso di sviluppo di un bambino prima di
applicare questi ultimi termini. L’American Academy of
Neurology e il Practice Committee della Children Neurology Society hanno definito un ritardo globale dello sviluppo, complicando ulteriormente la comprensione della
terminologia. Tale definizione implica che vi sia un ritar-
do significativo in un bambino (punteggio di test standardizzati, normativi, specifici per età inferiore alla media di
almeno 2 DS) in almeno due qualsiasi aree dello sviluppo;
ciò comporta che il termine sarebbe applicabile a molti
bambini che non soddisfano i criteri della definizione di
ID. Infine, molti medici e molte famiglie continuano a
parlare di ritardo dello sviluppo piuttosto che di ID o di
MR, percependo questo termine come più positivo e
meno stigmatizzante.
Un individuo con ID ha uno sviluppo ritardato, ovvero il profilo e la sequenza dello sviluppo seguono un ordine tipico, ma il progredire è più lento e con limitazioni e
il livello dei risultati finali è inferiore alla norma. Tale quadro è diverso da quello di uno sviluppo atipico, nel quale
il bambino mostra comportamenti che non rientrano in
uno sviluppo normale o atteso. I bambini con disturbi
dello spettro autistico si sviluppano in modo atipico e con
differenze qualitative nel modo di comunicare e di interagire con gli altri. Possono mostrare o meno un ritardo
dello sviluppo o una ID.
Epidemiologia
Le stime della prevalenza dell’ID variano dall’1% al 3%,
dove le cifre più alte rappresentano probabilmente coorti
definite solo dal punteggio di QI. I rapporti sulla prevalenza reale misurata variano in funzione delle caratteristiche delle popolazioni studiate, della definizione di caso e
del disegno dello studio. Nella maggior parte degli individui con ID, il punteggio di QI si colloca in un ambito di
ID lieve. Il riscontro di una ID è più comune nei maschi
rispetto alle femmine (rapporto 1,4:1,0). Secondo le
attuali dimensioni della popolazione e in base a una prevalenza dell’1%, ci sono attualmente oltre 6 milioni di
bambini statunitensi e oltre 600.000 bambini canadesi
con ID.
Presentazione clinica
L’età all’identificazione dell’ID di solito ne riflette il livello di gravità; cioè, i bambini gravemente affetti di solito
sono identificati più precocemente, perché non raggiungono le tappe attese nei primi 2 anni di età. Talvolta i
bambini con ID lieve non vengono identificati se non solo
dopo alcuni anni di scuola. Spesso i bambini nei quali si
diagnosticherà in seguito una ID conseguono uno sviluppo della motricità grossolana nella norma, laddove mostreranno virtualmente sempre un ritardo del linguaggio
ricettivo (nei bambini in età prescolare, il linguaggio ricettivo è il migliore fattore predittivo di intelligenza). In alcuni bambini, l’ID viene identificata grazie a condizioni
patologiche associate, quali le sindromi genetiche.
Cause
Una volta riconosciuta una ID, è importante cercare di
identificarne la causa (Tabella 1). Vi sono situazioni, sepPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 133
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
pur rare, nelle quali si identifica una condizione trattabile,
come alcuni difetti congeniti del metabolismo. L’identificazione della causa può anche condurre all’identificazione
di rischi associati per la salute (per esempio, immunodeficienza associata alla sindrome da delezione 22q11) o
avere implicazioni genetiche per l’individuo affetto e la
sua famiglia (per esempio, sindrome dell’X fragile). L’identificazione di una causa può anche aiutare la famiglia a
comprendere il bambino, a pianificare il futuro e ad accedere a sistemi di supporto, alcuni dei quali sono specifici
per certe condizioni patologiche.
In alcuni casi, l’identificazione della causa è un processo semplice. In molti bambini, tuttavia, non si identifica
un’eziologia specifica. In tali situazioni, la ricerca della
causa dovrà essere intesa come un processo continuo, perché l’evoluzione della tecnologia può arrivare a offrire
risposte prima non accessibili. Un ottimo esempio di tale
evoluzione è stato l’impatto dei test genetici avanzati,
quali il test su microarray, nell’aiutare la nostra comprensione delle cause di ID.
Le percentuali di successo nella ricerca della causa di un
ritardo dello sviluppo o di una ID riportate in letteratura
sono molto variabili. Alcuni studi riportano valori prossimi al 10% e altri valori fino all’80%. (1)(2) In generale, gli
studi nei quali si riporta un’alta percentuale di successo
Cause di disabilità
intellettiva
Tabella 1.
Prenatali Infezione (per esempio, toxoplasmosi, rosolia,
citomegalovirus, virus dell’herpes simplex)
Anomalie genetiche
Trisomia 21
X fragile
Altro (mutazioni puntiformi; delezioni
cromosomiche, duplicazioni,
riarrangiamenti, eccetera)
Tossine e teratogeni
Alcol
Farmaci
Radiazioni
Ipotiroidismo congenito
Errori congeniti del metabolismo
Perinatali Ipossia
Complicanze della prematurità
Emorragia intracranica
Infezione perinatale del SNC
Postnatali Danno cerebrale acquisito
Emorragia del SNC
Infezione del SNC
Malignità del SNC
Grave deprivazione ambientale
Malnutrizione grave
Tossine (piombo, mercurio)
SNC=sistema nervoso centrale.
134 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
nell’identificazione della causa ascrivono la causa a elementi anamnestici, quali l’asfissia intrapartum e l’esposizione prenatale a tossine (alcol o farmaci). Per contro,
negli studi in cui si utilizzano studi di neuroimaging, la
causa è spesso ascritta a disgenesia cerebrale. Se ne deduce che i primi fanno ipotesi che possono essere valide o
meno e che i secondi descrivono reperti associati all’ID
piuttosto che identificare la causa del problema e delle
anomalie cerebrali.
Cause prenatali e differenze genetiche sono le più
comuni cause di ID. La sindrome dell’X fragile è la più
comune malattia ereditaria notoriamente responsabile di
ID. La sindrome interessa circa 1 su 3.600 maschi e 1 su
4.000-6.000 femmine e in alcune casistiche è responsabile dell’1%-2% delle diagnosi di ID in pazienti maschi. I
maschi con sindrome dell’X fragile hanno tipicamente una
ID moderata, ma l’esito cognitivo può variare da disturbi
dell’apprendimento a una grave ID con o senza autismo.
Anche le femmine possono avere una sindrome dell’X fragile sintomatica (cioè, un X con mutazione piena), ma i
loro fenotipi cognitivi e fisici di solito sono più lievemente compromessi. Circa il 50% delle femmine con sindrome
dell’X fragile ha una funzionalità intellettiva ai limiti della
norma o una ID lieve.
I maschi con sindrome dell’X fragile spesso presentano
tratti fisici quali orecchie grandi, viso allungato con mento
prominente e testicoli grossi (con la pubertà). Talvolta,
inoltre, hanno problemi a carico dei tessuti connettivi,
quali prolasso della valvola mitrale, piedi piatti e articolazioni iperflessibili, nonché infezioni dell’orecchio e problemi ossei. Le caratteristiche comportamentali dei maschi
con X fragile possono includere ADHD, un eloquio rapido e poco chiaro, morsicarsi o battere le mani e comportamenti associati a disturbi dello spettro autistico, quali
scarso contatto visivo e intense risposte agli stimoli sensoriali. Le femmine con sindrome dell’X fragile possono
eventualmente mostrare differenze fisiche, quali orecchie
prominenti. Le femmine possono avere difficoltà di
apprendimento (specialmente in matematica), problemi di
attenzione, timidezza o ansia sociale, disfunzione del linguaggio compreso un mutismo selettivo, e disturbi affettivi, dello spettro schizofrenico e dello spettro autistico.
Una causa di ID relativamente comune è la trisomia
21, o sindrome di Down, che resta la più comune anomalia cromosomica tra i nati vivi. Uno studio recente ha
osservato che nel 2002 la prevalenza della sindrome di
Down tra bambini e adolescenti (0-19 anni di età) in 10
stati americani era pari a 10,3 su 10.000 soggetti. (3) La
funzione intellettiva nella sindrome di Down è variabile; la
maggior parte delle persone ha una ID da lieve a moderata. In alcuni casi è presente una ID grave e talvolta autismo, il che si ripercuote ulteriormente sullo sviluppo adattativo.
Il più comune teratogeno responsabile di ID è l’alcol,
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
che dà luogo al cosiddetto disturbo dello spettro fetoalcolico. L’impatto dell’esposizione fetale all’alcol varia,
non rispecchiando necessariamente in modo lineare il
grado di esposizione; le attuali raccomandazioni, tuttavia,
sconsigliano l’assunzione di alcol durante la gravidanza. I
tempi e la frequenza di assunzione e la dose assunta sono
fattori che influiscono sull’esito, ma sembrano esserci
anche significativi fattori individuali, quali età e corredo
genetico/metabolico della madre, alimentazione materna, fattori di rischio sociali ed esposizione ad altre tossine.
L’impatto cognitivo dell’esposizione fetale all’alcol è
meglio definito nella popolazione che si ritiene esprima
pienamente la sindrome feto-alcolica (fetal alcohol syndrome = FAS), sulla base di coesistenti differenze in termini di accrescimento, caratteristiche fisiche e profilo di
sviluppo neurologico. Le caratteristiche facciali tipiche
della FAS sono filtro piatto, labbro superiore sottile e piatto e fessure palpebrali corte. Si stima che negli Stati Uniti
l’incidenza della FAS sia 0,5-2,0 su 1.000 nascite. I bambini con FAS hanno per lo più una ID lieve, mentre alcuni presentano disturbi dell’apprendimento e alcuni una ID
moderata. Nei bambini con FAS la funzione adattativa è
spesso ulteriormente compromessa da ADHD coesistenti
e disturbo oppositivo provocatorio e da scarsa sensibilità
sociale.
Stabilire la causa
L’anamnesi e l’esame obiettivo, seguiti dai test genetici,
restano gli elementi più importanti per identificare la
causa dell’ID di un bambino. L’anamnesi dovrà includere
un’attenta storia familiare focalizzata sull’identificazione
di altri individui, inclusi parenti di secondo e di terzo
grado, affetti da simili condizioni patologiche, nonché
una rassegna degli eventi prenatali, perinatali e neonatali.
È inoltre importante registrare eventuali patologie neurologiche e altre patologie acute e croniche e condurre
un’attenta rassegna dei sistemi d’organo, nonché registrare il profilo comportamentale e il percorso di sviluppo.
Certi profili comportamentali possono fornire indizi per
l’identificazione di una malattia genetica (per esempio,
nella sindrome di Smith-Magenis il paziente ha disturbi
del sonno, si abbraccia, si lecca le dita delle mani e sfoglia
compulsivamente le pagine di libri e riviste).
Si dovrà condurre un esame obiettivo completo, perché qualsiasi sistema d’organo può fornire indizi per l’identificazione della causa. Esempi di reperti che possono
suggerire sindromi associate a ID sono microcefalia, anomalie dell’accrescimento, facies insolita, anomalie scheletriche, chiazze cutanee (per esempio, aree ipo- o iperpigmentate, adenoma sebaceo) e anomalie palatali, cardiache
e genitourinarie. Un attento esame neurologico può rilevare dimensioni anomale della testa o fornire reperti locali. Nell’ambito della ricerca della causa dell’ID e in considerazione della maggiore prevalenza di coesistenti deficit
sensoriali, all’esame fisico si dovrà aggiungere l’esame
della vista e dell’udito. Se la fondoscopia non è possibile,
si raccomanda l’invio per un esame oftalmologico, perché
reperti quali retinite o anomalie del nervo ottico possono
essere di aiuto nel percorso diagnostico.
Eventuali reperti anomali possono suggerire all’istante
una sindrome o un disturbo noti (per esempio, sindrome
di Down). In caso contrario, il medico potrà servirsi di
strumenti ausiliari per riconoscere il profilo patologico,
per esempio attraverso il sito web della Online Mendelian
Inheritance in Man (OMIM) (4) oppure inviare il paziente al consulto con un genetista. Come il profilo comportamentale, anche il profilo dello sviluppo neurologico, se
valutato parallelamente alla storia e ai reperti fisici, può
fornire indizi. Per esempio, i bambini con sindrome di
Williams hanno spesso un caratteristico profilo di apprendimento, con punti di forza nella memoria verbale a breve
termine e nel linguaggio e un considerevole deficit di
capacità visuo-spaziali. Quando la storia e l’esame fisico
non suggeriscono la causa dell’ID di un bambino, si
dovranno proporre alla famiglia ulteriori indagini, con
particolare accento sull’indagine genetica.
Test metabolici ed elettroencefalografia
Ove appropriato per l’età del paziente o quando ulteriormente indicato dall’anamnesi del paziente o dall’esame
obiettivo, si dovrà procedere allo screening per disfunzione tiroidea e saturnismo. Probabilmente, uno screening
metabolico di routine non è utile se la storia non presenta altri elementi suggestivi di una malattia metabolica.
Questo è sempre più vero ora che la maggior parte degli
istituti in Canada e negli Stati Uniti fornisce lo screening
neonatale per alcune malattie metaboliche, tra le quali la
fenilchetonuria.
Elementi anamnestici che indicano la necessità di escludere una malattia metabolica sono regressione dello sviluppo, ipoglicemia, odore corporeo insolito, disfunzione
epatica o cardiaca, convulsioni, livello di funzionalità
discontinuo, storia familiare suggestiva, consanguineità
parentale, atassia, ipotonia grave e deficit intellettivo da
grave a profondo. L’elettroencefalografia non è raccomandata quale indagine di routine e dovrebbe essere riservata alle situazioni nelle quali è presente una storia di possibili convulsioni.
Differenze genetiche
Un esame normale non esclude una sottostante differenza genetica, poiché l’esame obiettivo risulta normale in
almeno il 40% dei bambini con anomalie cromosomiche e
ID. L’avvento della tecnologia di ibridazione genomica su
microarray ha aggiunto complessità alla scelta dell’approccio da utilizzare per la valutazione genetica del bambino
con ID. Un approccio per i bambini con ID e con storia
ed esame fisico non diagnostici consiste nell’analisi del
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 135
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
cariotipo e nell’analisi molecolare per la sindrome dell’X
fragile. Per i bambini con storia non diagnostica e nei quali
l’analisi del cariotipo e l’analisi molecolare per la ricerca
dell’X fragile non evidenziano anomalie, una valutazione
genetica aggiuntiva tramite microarray non era universalmente raccomandata.
Tuttavia l’approccio all’indagine genetica sta cambiando. Una rassegna ha riportato una resa del test su microarray nei bambini con ID pari al 14% e circa doppia rispetto
a quella della cariotipizzazione. (5) È inoltre riportato che
la probabilità di rilevare anomalie cromosomiche tramite
test su microarray aumenta con il numero di anomalie cliniche (reperti fisici, convulsioni, anomalie del tono
muscolare, eccetera). Sia l’American College of Medical
Geneticists (6) sia il Canadian College of Medical Geneticists (7) hanno raccomandato nel 2010 e nel 2009, rispettivamente, l’ibridazione genomica su microarray come
indagine di laboratorio d’elezione per i bambini con ID
dalla causa ignota e quale alternativa da preferire alla cariotipizzazione e all’ibridazione fluorescente in situ. Le due
società sottolineano che questo test dovrà essere intrapreso solo dopo un appropriato consulto e che quando ci
sono ragioni per sospettare un’aneuploidia comune (per
esempio, trisomia 21, XXY) la cariotipizzazione resta
un’opzione preferibile.
Suggeriscono inoltre che il test su microarray non sia
l’indagine d’elezione se sussiste il sospetto di certe sindromi specifiche (per esempio, sindrome di Williams) per le
quali il rapporto costo-efficacia della valutazione tramite
ibridazione fluorescente in situ sarebbe più favorevole. Il
test su microarray è in grado di rivelare delezioni altrimenti non identificabili, duplicazioni e riarrangiamenti;
tuttavia l’interpretazione dei dati non è semplice, in quanto questi cambiamenti sono riscontrabili anche in individui con sviluppo tipico, inclusi talvolta i familiari del
paziente; inoltre non sempre è chiaro che la microdelezione o la duplicazione rilevata ha un ruolo causale.
Quando si riscontra un’anomalia genetica in un bambino
con ID, può essere necessario, per facilitare l’interpretazione del reperto, sottoporre a test genetici i genitori del
bambino e, talvolta, altri familiari. L’indagine può rivelare
anomalie genetiche in altri membri della famiglia e anche
una non paternità.
In alcuni casi, la storia familiare è particolarmente suggestiva di una malattia genetica ereditaria. La valutazione
genetica è indicata se ci sono due o più parenti di primo
grado con ID, più parenti di secondo e terzo grado con
ID, la presenza di ID nella parentela secondo un profilo
che suggerisce un’ereditarietà legata al cromosoma X, una
storia familiare di anomalie cromosomiche note o una storia di aborti ricorrenti. In queste situazioni si dovrà considerare la valutazione da parte di un genetista e tramite test
avanzati.
Non si dovranno intraprendere test genetici di alcun
136 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
tipo prima di avere discusso a fondo con la famiglia e, se
appropriato, con il bambino circa le potenziali implicazioni dei risultati anomali; questi, infatti, possono avere un
impatto clinico, emozionale, finanziario e sociale. Risultati anomali in un bambino possono avere implicazioni
maggiori per la salute degli altri membri della famiglia. Per
esempio, la diagnosi di sindrome dell’X fragile in un
maschio può rivelare il rischio che familiari portatori della
premutazione sviluppino la sindrome da tremore/atassia
associata all’X fragile o un’insufficienza ovarica primaria
associata alla stessa sindrome. L’indagine genetica può
anche rivelare una non paternità.
Indagine mediante neuroimaging
Non vi è consenso sul valore del neuroimaging nei bambini con ID e con risultati altrimenti nella norma. È riportato che la RM identifica anomalie fino nel 13,9% di questi bambini. (1) Tuttavia i reperti non sono solitamente
tali da provare una causalità e possono generare più
domande che risposte. Inoltre, raramente i reperti dell’imaging orientano la gestione o influiscono sull’esito. In
questa situazione, la pratica clinica dell’autore consiste nel
richiedere una RM solo per i bambini con ID più grave o
quando la RM può aiutare a confermare una causa suggerita dall’anamnesi.
Alcuni bambini presentano reperti specifici che suggeriscono una sottostante patologia cerebrale identificabile.
Tali reperti sono differenze strutturali, quali vortici di
capelli anomali, difetti della linea mediana, ipo- o ipertelorismo e dimensioni anomale della testa, specialmente
microcefalia. Differenze funzionali, quali l’emiplegia, o
altri reperti locali dell’esame neurologico possono essere
indizi. In questi casi, si dovranno considerare gli studi di
neuroimaging. La RM è la modalità raccomandata, poiché
è in grado di rilevare una disgenesia cerebrale meglio della
tomografia computerizzata (TC). Se non vi è urgenza di
disporre di risultati, è opportuno programmare la RM per
quando il paziente avrà superato i 18 mesi di vita: eseguita più tardivamente, infatti, questa indagine può rivelare
cambiamenti che sarebbe difficile identificare più precocemente a causa di un’incompleta mielinizzazione. L’uso
della RM invece della TC elimina anche i timori per l’esposizione a radiazioni. Si è ipotizzato che, se la TC cranica viene eseguita in un bambino di 1 anno di età, il
rischio nel corso della vita di un incremento della mortalità correlata a neoplasie maligne sia pari a 0,07%. (8) Spesso la RM nei bambini con ID richiede la sedazione
profonda o l’anestesia, pertanto occorrerà sempre valutare rischi e benefìci dell’indagine.
Follow-up clinico
Qualora non sia possibile stabilire la causa dell’ID di un
bambino al momento delle indagini iniziali, è importante
definire un follow-up clinico. Valutazioni periodiche pos-
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
sono rivelare cambiamenti utili per la diagnosi, quali l’evoluzione di macchie caffelatte nella neurofibromatosi.
Differenze nello sviluppo puberale, nonché cambiamenti
della funzionalità sensoriale o dell’accrescimento, possono
condurre alla diagnosi; inoltre, sono attese nuove modalità diagnostiche, come nel campo della genetica.
Anche quando la causa dell’ID è stata identificata, il
follow-up clinico è cruciale, perché con il tempo vengono
elaborati nuovi trattamenti per malattie che erano prima
intrattabili (per esempio, trapianti di midollo osseo per
alcune malattie da accumulo); inoltre, è molto probabile
che i bambini con ID presentino comorbilità.
La Tabella 2 elenca le comorbilità comuni nei bambini
con ID e la loro prevalenza stimata in base agli studi pubblicati. La gestione delle comorbilità è importante per
favorire al massimo sia la salute sia lo sviluppo. In presenza di un ADHD coesistente, per esempio, si potrà e si
dovrà ricorrere a tutte le modalità terapeutiche disponibili, incluso l’impiego di farmaci. Non è vero che gli individui con ID non rispondono ai farmaci stimolanti per il
trattamento dell’ADHD; tuttavia, diagnosticare un
ADHD richiede la comprensione del livello cognitivo del
bambino.
L’autismo è relativamente comune nelle persone con
ID e dovrà essere identificato per una migliore definizione delle strategie di intervento. La maggior parte delle
persone con ID presenterà, in qualche fase della vita, alcuni disturbi del comportamento o un problema di salute
mentale. È molto importante monitorare e intervenire al
riguardo. Quando il comportamento è sfidante, vi è il
rischio che si ricorra automaticamente all’uso di farmaci. I
farmaci svolgono certamente un ruolo nell’aiutare le persone con ID, ma non dovrebbero sostituirsi ad altri
approcci. Interventi comportamentali, educativi, ricreativi
e psicofarmacologici possono influire sul successo del trattamento. Poiché alcuni individui con ID lieve possono
trarre beneficio da una terapia cognitivo-comportamentale, si dovrà richiedere il supporto di professionisti della
salute mentale preparati per assistere le persone con ID.
Anche i disturbi del sonno sono comuni, e vanno da
disturbi del ritmo circadiano a disturbi del sonno secondari a reflusso gastroesofageo o apnea, a problemi del
Tabella 2.
Comorbilità
Autismo
Disturbo da deficit
dell’attenzione con
iperattività
Deficit sensoriali
Paralisi cerebrale
Disturbi psichiatrici/
comportamentali
20%-30%
9%-15%
ID lieve, 2%; ID grave, 11%
ID lieve, 6%-8%; ID grave, 30%
80%
sonno non organici, quali la condivisione del letto e la
resistenza a essere messo a dormire.
Valutazione
Intrinseca nella definizione di ID è la necessità di misurare sia l’intelligenza sia la funzione adattativa. È estremamente importante condurre valutazioni appropriate in
entrambi gli ambiti, tenendo conto dell’ambiente, del linguaggio, della salute, dello stato emozionale e delle limitazioni fisiche dell’individuo che si sta valutando. Si
dovranno utilizzare test ampiamente studiati e validati in
una popolazione che rispecchi adeguatamente il bambino
che si sta valutando. Di uso molto comune per una valutazione personalizzata sono le scale per l’intelligenza di
Wechsler. I bambini di età compresa fra 3 anni e 7 anni e
3 mesi sono valutati con la Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence, Terza Edizione (WPPSI-III).
Per i soggetti da 6 a 16 anni di età si usano spesso le Wechsler Intelligence Scales for Children, Quarta Edizione
(WISC-IV). Per gli individui di 16 anni o più si può utilizzare la Wechsler Adult Intelligence Scale, Quarta Edizione (WAIS-IV). Vari ulteriori strumenti sono disponibili per adattare la valutazione alle necessità del singolo, incluse quelle dei bambini con sviluppo del linguaggio limitato. La funzione adattativa può essere valutata tramite strumenti standardizzati, quali le Vineland Adaptive Behavior
Scales-Seconda Edizione (VABS-II) e l’Adaptive Behavior
Assessment System-Seconda Edizione (ABAS-II).
Si raccomanda cautela nell’interpretare l’esito della
valutazione, perché una diagnosi di ID inappropriata può
avere un impatto negativo sul bambino e sulla famiglia. Il
valore predittivo dei test d’intelligenza aumenta con l’età
del bambino ed è significativamente maggiore dopo l’età
di 4 anni. Fattori che possono rendere i risultati dei test di
intelligenza meno predittivi dell’esito sono la coesistenza
di un disturbo autistico, così come l’esecuzione del test
poco dopo che è emersa una situazione di significativa
deprivazione ambientale. La somministrazione dei test
dovrà tenere conto anche delle limitazioni imposte da
deficit sensoriali o motori. Il test dovrà essere somministrato da professionisti esperti nella valutazione degli individui con questo tipo di deficit.
La valutazione non dovrà limitarsi a riconoscere debolezze e deficit di un bambino. Un’indagine condotta in
maniera appropriata identificherà anche aree di forza e
interessi e dovrà essere di supporto per la pianificazione
logica e per una programmazione efficace miranti a un
esito ottimale. L’accertamento della componente adattativa può essere particolarmente utile per questo scopo. È
inoltre importante un approccio interdisciplinare all’accertamento, alla pianificazione e all’intervento. I bambini e
gli adolescenti con ID traggono beneficio dal supporto di
una vasta gamma di professionisti, quali psicologi, terapisti occupazionali, fisioterapisti, logopedisti, assistenti
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 137
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
sociali, e specialisti della terapia ricreativa e nella riabilitazione su base di comunità, audiologi, medici generalisti,
medici specialisti e insegnanti. Sono fondamentali la collaborazione e la buona comunicazione tra professionisti e il
riconoscimento del ruolo chiave delle famiglie per il successo dei bambini.
Educazione
Negli Stati Uniti, la legge federale difende i diritti di tutti
i bambini con disabilità, inclusi quelli con ID. L’Individuals with Disabilities Education Improvement Act
(Public Law 108-446) (IDEA), già noto come Education
for All Handicapped Children Act (Public Law 94-142),
richiede che tutti gli stati che ricevono fondi federali per
l’istruzione forniscano a tutti gli individui da 3 a 21 anni
di età con disabilità un’istruzione pubblica appropriata
gratuita (free appropriate public education = FAPE) che
sia “concepita per soddisfare le necessità specifiche di ogni
bambino e per prepararlo a svolgere un lavoro e a vivere
in autonomia.” In Canada, non vi sono leggi federali che
affrontino questo problema; le singole province hanno
l’obbligo convenuto di provvedere all’istruzione degli individui con necessità speciali in conformità con la Sezione
15 della Charter of Rights. I servizi canadesi per bambini
in età prescolare sono sostenuti da fondi per la difesa della
salute, dai servizi della comunità o dalla scuola e variano
ampiamente in termini di disponibilità e stanziamenti.
C’è stato un deliberato allontanamento dal modello
dell’istruzione separata per gli individui con ID. Il razionale per l’inclusione dell’educazione rientra nella più
ampia filosofia dell’inclusione nella comunità, basata sulla
convinzione che tutti i membri della comunità abbiano un
valore e debbano farne parte. La maggior parte dei sistemi scolastici statunitensi e canadesi adotta la politica
dell’“ambiente meno restrittivo”, cercando di includere i
bambini e gli adolescenti con ID nei contesti tradizionali
quando e dove possibile. L’esito educativo di questa inclusione è tuttora oggetto di dibattito, perché le meta-analisi non sono conclusive e perché è difficile controllare i
numerosi fattori che possono influire sull’esperienza dello
studente in qualsiasi ambiente scolastico. (9)
Ci sono evidenze del fatto che l’inclusione degli individui con ID lieve nelle classi tradizionali produca un
migliore esito funzionale; da un punto di vista filosofico,
inoltre, l’isolamento completo di una qualsiasi popolazione di bambini dai coetanei non è giustificabile. L’approccio più ragionevole è assicurare che i programmi didattici
e la scelta della classe in cui collocare l’alunno siano coerenti con le sue specifiche necessità.
Alcuni bambini con ID non traggono il massimo beneficio da un contesto focalizzato sulle tradizionali attività
scolastiche: essi avranno più opportunità di sviluppare le
proprie capacità funzionali e ricreazionali passando almeno una parte della giornata scolastica in contesti meno
138 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
ampiamente inclusivi. Anche comorbilità come disturbi
del comportamento o deficit sensoriali possono imporre il
ricorso a contesti didattici specializzati.
L’inclusione da sola non sembra produrre un’adeguata
integrazione sociale, specialmente negli anni della scuola
media e della scuola superiore. Verso gli ultimi anni della
scuola elementare, i bambini con ID tendono a essere
sempre più isolati socialmente e talvolta rifiutati dai coetanei. Approcci strutturati che aiutano gli alunni con e senza
ID a stabilire relazioni positive possono migliorare il senso
di appartenenza. Sembra che, crescendo, i bambini con
ID abbiano maggiori probabilità di stabilire amicizie
profonde con individui che hanno necessità speciali identificate. I contesti educativi e ricreativi che riuniscono
bambini e giovani con necessità speciali facilitano tali relazioni. Qualora si ritenga che contesti educativi speciali,
come classi poco numerose e specializzate, siano la risposta migliore alle necessità di apprendimento del bambino,
si potrà comunque migliorare l’inclusione del bambino
facendolo partecipare regolarmente ad attività di altri
gruppi della comunità scolastica.
Con la tendenza all’educazione inclusiva, ci si è via via
allontanati dalla bocciatura quale strategia didattica generale, da applicare anche agli alunni con ID. L’effetto della
bocciatura nei bambini con ID non è stato studiato a
fondo; tuttavia studi su popolazioni generali di bambini
hanno dimostrato che la bocciatura compromette l’autostima e desincronizza i bambini rispetto ai compagni in
termini di dimensioni e stadio di sviluppo puberale, senza
peraltro accelerare il progresso scolastico. Secondo l’esperienza dell’autore, se un modello inclusivo ha prodotto buoni risultati la bocciatura nei bambini con ID può
compromettere le relazioni con i compagni e dovrebbe
essere presa in considerazione solo quando le circostanze
individuali la rendano desiderabile, per esempio nel caso
in cui un buon amico dell’alunno sia nella classe inferiore. Il periodo della scuola superiore può essere gestito in
modo più flessibile, perché il collocamento dell’alunno in
una certa classe ha un minore impatto sul senso di appartenenza alla classe e sui contatti con i compagni data la
natura selettiva e personalizzata degli orari delle lezioni
negli Stati Uniti.
Aspettative
I risultati scolastici sono, in qualche misura, prevedibili in
base al livello di ID. La Tabella 3 indica le aspettative tipiche per individui con differenti livelli di funzionalità. Si
deve comprendere, tuttavia, che variazioni e comorbilità
individuali, così come le opportunità di apprendimento e
di fare esperienze, possono incidere su queste aspettative.
È importante riconoscere l’influenza che le aspettative
hanno sull’esito ed evitare di porre limiti agli individui con
ID; i medici dovranno evitare di trasmettere visioni indebitamente negative, che possono essere dannose anche se
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
Tabella 3.
Risultati generalmente attesi in funzione del livello di ID
ID lieve
ID moderata
ID grave
ID profonda
Buone capacità di auto-aiuto
Alcune capacità scolastiche (livello elementare da precoce a tardivo)
Possibile raggiungimento di una vita autonoma e della compatibilità con un’attività
lavorativa; durante l’età adulta, tuttavia, la maggior parte necessiterà di supporto in
questi ambiti
Capacità di svolgere le basilari attività di auto-aiuto
Possibile limitazione delle capacità scolastiche (rudimenti della lettura e del calcolo)
Necessità di supporto nella vita e di strutturazione/supervisione dell’attività lavorativa
e dello svago
Auto-aiuto e attività della vita quotidiana richiedono solitamente supervisione e
supporto
Impossibilità di avere una vita autonoma
Possibile adattabilità a contesto lavorativo protetto
Comunicazione limitata
Necessità di supporto nelle attività di auto-aiuto e della vita quotidiana
Dipendenza a vita per la maggior parte delle attività
non intenzionalmente. Inoltre, ogni singola persona dovrà essere aiutata a scoprire e a sviluppare i propri punti di
forza e interessi, perché questi possono avere un persistente impatto positivo sull’esito e sulla qualità della vita.
Capacità di comunicazione
Perché l’educazione degli individui con ID dia risultati
ottimali, è di importanza cruciale il sostegno per lo sviluppo delle capacità di comunicazione, che dovrà essere
un componente attivo della programmazione didattica.
Sarà necessaria una valutazione periodica, che prenda in
esame l’articolazione, la comprensione, l’adeguatezza e la
chiarezza dell’espressione verbale e l’uso del linguaggio
pragmatico. Ad alcuni bambini con ID occorreranno
metodi di comunicazione alternativi, quali il linguaggio
dei segni, sistemi di comunicazione mediante simboli pittografici, come il Picture Exchange Communication
System, oppure ausili elettronici. L’ampia disponibilità di
strumenti quali riproduttori musicali elettronici portatili/computer palmari/piattaforme mobili con funzione
Wi-Fi, congiuntamente alle numerose applicazioni che
possono supportare la comunicazione, sta offrendo un
numero sempre maggiore di opportunità alternative.
Capacità funzionali e di svago
Come enunciato nell’Individuals with Disabilities Education Improvement Act, l’obiettivo ultimo dell’educazione
dei bambini con necessità speciali è la preparazione al lavoro e a una vita autonoma. Sebbene molti individui con ID
non pervengano alla piena autonomia o a un tipico posto
di lavoro, la preparazione ricevuta durante l’infanzia e l’adolescenza li aiuterà a raggiungere la loro qualità di vita
ottimale. A tal fine, i programmi educativi devono considerare in generale il corredo di capacità necessarie per il
conseguimento della massima autonomia possibile all’interno della famiglia e della comunità: capacità di autoaiuto e abilità domestiche, capacità personali, capacità di
prendersi cura della propria salute e di provvedere ad attività come lo spostarsi all’interno della comunità. È dimostrato che la qualità della vita degli adulti con ID correla
in parte con le capacità di svago, che dovranno essere attivamente coltivate. Per gli individui con ID che hanno
acquisito le basi necessarie, l’educazione dovrà contemplare lo sviluppo di capacità funzionali al lavoro e un’esplorazione degli interessi vocazionali e tecnici. Un’eccellente risorsa per famiglie, scuole e medici è l’Adolescent
Autonomy Checklist, sviluppata dallo Youth in Transition
Project (1984-1987), presso la Division of Adolescent
Medicine dell’Università di Washington e basata su un
modello sviluppato dal Children’s Rehabilitation Center
dell’Università della Virginia (disponibile all’indirizzo
http://www.aacpp.com/ pdf/parents/English/Teens/
Adolescent-Autonomy-Checklist.pdf). Questa lista di
controllo annovera le varie capacità che tutte le persone
dovrebbero acquisire per raggiungere una piena autonomia e può essere utilizzata per fissare gli obiettivi e tracciare i progressi.
Le capacità sociali sono un’altra parte fondamentale del
programma educativo degli individui con ID e dovranno
includere le basi della comunicazione sociale, le buone
maniere, la cura della persona e la capacità di creare e coltivare amicizie. Lo sviluppo spirituale è un altro componente centrale dell’esperienza umana al quale tutti, inclusi gli individui con ID, dovrebbero potere accedere. I
medici possono affiancare le istituzioni religiose nel lavoro con i bambini e gli adolescenti con ID aiutandole ad
acquisire gli strumenti per comprenderli, educarli e comunicare con loro in modo ottimale. Anche l’identificazione
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 139
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
del ruolo della spiritualità nella vita della persona con ID
e della sua famiglia potrà aiutare l’équipe assistenziale a
comprendere le fonti di significato, le risorse utilizzate per
superare le difficoltà e i rapporti con la comunità.
Mantenimento della salute
Bambini, adolescenti e adulti con ID sono a rischio relativamente elevato di problemi di salute. Obesità, scarsa
forma fisica e insufficiente difesa della salute orale sono
aspetti problematici. In alcuni individui, questi sono
accentuati da condizioni patologiche associate, quali le
sindromi di Prader-Willi o di Down; tuttavia i problemi
correlati allo stile di vita e a un ridotto accesso a/sfruttamento dei servizi a difesa della salute sono fattori più
importanti. Spesso i programmi sportivi-ricreativi realizzati nella comunità non sono concepiti per includere bambini e adolescenti con ID; per contro possono mancare
opportunità alternative. Molti bambini sviluppano stili di
vita sedentari, spesso affidandosi a forme elettroniche di
intrattenimento e ad altre forme di ricreazione passiva.
L’obesità associata ad abitudini alimentari improprie e a
un ridotto dispendio calorico è un problema frequente. Le
curve di crescita tracciate per specifiche popolazioni, per
esempio per le persone con sindrome di Down, dovranno
essere interpretate con cautela da parte dei professionisti
sanitari, perché gli intervalli di queste curve riflettono la
popolazione reale piuttosto che quella ideale, includendo
pertanto gli individui obesi. Nella valutazione per l’obesità, l’esame delle curve di crescita dovrà essere integrato
dal calcolo dell’indice di massa corporea (body mass index
= BMI) e dalla misura della circonferenza della vita.
Incoraggiare le famiglie degli individui con ID ad adottare un approccio familiare a uno stile di vita attivo e salutare e a cercare opportunità di svago che comportano
un’attività fisica significativa può aiutare a prevenire problemi di salute cronici. In numerose zone vengono ora
attuati programmi per bambini e giovani con disabilità
dello sviluppo, come il programma Special Olympics: questi programmi possono offrire sia un’eccellente fonte di
attività fisica sia opportunità di sviluppo sociale. Il consulto con uno specialista della terapia ricreativa può essere
estremamente utile per aiutare le famiglie a partecipare a
tali programmi e per fare in modo che i programmi attuati nella comunità diventino inclusivi.
La salute orale degli individui con ID è un problema
particolare. In alcuni casi, una scarsa salute orale è attribuibile alla mancanza della normale igiene dentale. In
altri, può essere dovuta a sottostanti condizioni patologiche, alla scarsa collaborazione nell’esame dei denti o a
risorse finanziarie limitate. Poiché alcuni individui con ID
non sono in grado di riferire un disagio in modo attendibile, un deterioramento comportamentale o un deficit di
accrescimento potranno essere la presentazione di una
malattia dentale seria.
140 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
Pubertà e sessualità
Spesso la pubertà è fonte di preoccupazione per i genitori dei bambini con ID. La maggior parte degli individui
con ID passa attraverso le fasi tipiche della pubertà nei
tempi previsti; tuttavia eventuali comorbilità possono
influire sui tempi della pubertà, come nel caso della
pubertà precoce in associazione ad alcuni tipi di anomalia
del sistema nervoso centrale, quali l’idrocefalo. La maggior parte degli individui con ID affronta la pubertà con
relativamente poche difficoltà. Anche l’igiene mestruale è
spesso una preoccupazione per i genitori. In generale le
adolescenti in grado di provvedere autonomamente all’igiene personale gestiranno adeguatamente anche l’igiene
mestruale; la routine domestica e l’agenda scolastica
potranno incorporare promemoria e solleciti. La soppressione del ciclo mestruale, effettuata per lo più con la somministrazione continuativa di contraccettivi orali, rappresenta un’opzione. L’uso di contraccettivi orali in un modo
più tipico, che prevede cioè le mestruazioni mensili, può
essere utile per ridurre la variabilità del tono dell’umore
qualora vi siano un cambiamento comportamentale o una
sofferenza premestruale importanti. Il ricorso alla contraccezione orale può aumentare la prevedibilità delle
mestruazioni e ridurre l’entità del flusso, facilitando così la
gestione. Nel considerare l’opportunità di una manipolazione mestruale, si dovranno prendere in considerazione
rischi e benefìci, con la consapevolezza che le decisioni
prese in vece altrui devono sempre focalizzarsi sul benessere dell’individuo interessato.
La sterilizzazione dei maschi o delle femmine con ID è
raramente accettabile. Questa non costituisce una scelta
ragionevole per la gestione mestruale, né si sostituisce alla
prevenzione della vittimizzazione sessuale di un individuo
con ID. Tuttavia possono esservi situazioni nelle quali
l’individuo con ID sceglie la sterilizzazione come opzione
contraccettiva; se in questi casi si ritiene di potere ottenere un consenso informato, la sterilizzazione potrebbe
essere una scelta appropriata.
L’educazione sessuale degli individui con ID rappresenta una maggiore sfida e spesso deve essere personalizzata per adeguarsi al livello di comprensione. Una buona
risorsa al riguardo è il sito internet del National Dissemination Center for Children with Disabilities (http:
//nichcy.org/). Talvolta occorrerà aiutare i genitori a
comprendere che i loro figli con ID, siano essi bambini o
adolescenti, hanno tipici impulsi sessuali. La masturbazione è spesso un timore e i medici dovranno informarsi
proattivamente su questo aspetto. Il nucleo della gestione
consiste nell’insegnare il rispetto dell’intimità e, ove necessario, l’uso del ri-direzionamento. Il riferimento a storie
sociali e alla “regola del costume da bagno” può facilitare
l’insegnamento circa la masturbazione e i contatti fisici
appropriati. Secondo la regola del costume da bagno, non
si dovrebbero toccare gli altri né si dovrebbe consentire
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
agli altri di toccarci nelle aree che sono normalmente
coperte dal costume da bagno.
Spesso i genitori di bambini e adolescenti con ID sono
preoccupati per il rischio di coercizione o di abuso sessuale. Al momento, i programmi focalizzati sull’insegnare ad
individui adulti con ID a gestire una potenziale coercizione sessuale hanno dimostrato benefìci limitati, pertanto
un’appropriata supervisione resta importante.
Fasi di transizione
Come la pubertà può esser fonte di nuove preoccupazioni per le famiglie, così altri momenti di transizione possono costituire una sfida per le persone con ID e per coloro
che le assistono. Vi sono importanti cambiamenti riconosciuti, come l’ingresso nel mondo della scuola, il passaggio da una scuola a un’altra e infine il passaggio dalla scuola a qualunque cosa segua. Cambiamenti minori, tuttavia,
come l’inizio di un anno scolastico e perfino le vacanze o
altre interruzioni della routine, possono essere altrettanto
problematici. In corrispondenza di questi cambiamenti, le
famiglie e le stesse persone con ID riportano o dimostrano un più alto livello di tensione emotiva. Spesso un
approccio proattivo alla pianificazione dei cambiamenti e
al supporto può evitare problemi come uno scompenso
comportamentale. I professionisti che entrano in gioco
nell’assistenza di bambini e adolescenti con ID trarranno
beneficio da informazioni dettagliate sugli individui di cui
si occuperanno e da una congrua disponibilità di tempo
per la preparazione di materiali e di sostegni alla comunicazione e per l’individuazione di strategie comportamentali. Per i bambini e gli adolescenti con ID può essere utile
familiarizzare con personale e ambienti nuovi prima dell’evento reale, per esempio, visitando il nuovo edificio scolastico durante l’estate per incontrare i futuri insegnanti ed
esaminare l’ambiente.
Il sito internet del CanChild Centre for Child Disability research (http://www.canchild.ca/en/childrenfamilies/abouttransitions.asp) offre a professionisti e famiglie
un’eccellente risorsa per la gestione dei momenti di transizione. Stewart et al (10) hanno pubblicato linee guida
per un’ottima pratica relative a sei temi:
1. Iniziative e politiche di collaborazione sono supporti
necessari per la transizione alla vita adulta.
2. La costruzione di capacità a livello individuale e di
comunità favorisce il processo di transizione.
3. Il ruolo del “navigatore” all’interno delle comunità
facilita la costruzione di capacità.
4. Informazioni e risorse sono disponibili a tutti coloro
che sono coinvolti nel processo di transizione.
5. L’educazione è un elemento fondamentale di qualsiasi
strategia di transizione.
6. La ricerca e la valutazione continue dei risultati forniscono le evidenze necessarie per interventi efficaci.
Ingresso nell’età adulta
Per definizione, l’ID è una condizione che grava un individuo per tutta la vita. Le persone con ID e le loro famiglie dovranno essere incoraggiate a guardare periodicamente al futuro e ad assicurarsi di fare i passi via via necessari per il raggiungimento degli obiettivi identificati. Per
identificare i passi da compiere, le famiglie e le squadre di
supporto potranno avvalersi in maniera utile di strumenti
come quelli disponibili presso il sito internet di CanChild
e la Adolescent Autonomy Checklist. (11) Spesso l’accertamento vocazionale durante gli ultimi anni di scuola
secondaria è un passo importante, solitamente mediato
dal sistema scolastico o dai servizi della comunità. Inoltre
si dovrà anticipatamente discutere la pianificazione finanziaria e stabilire se sia necessaria una tutela o una procura.
Quando il giovane con ID entra nell’età adulta, sarà
necessario discutere dove egli risiederà in futuro e pianificare al riguardo. I professionisti nel campo della salute
infantile possono aiutare le famiglie e gli individui con ID
indirizzandoli verso le risorse della comunità che possono
aiutarli precocemente a gestire questi aspetti. Inoltre possono fare in modo che l’adulto con ID sia sostenuto da
una casa medica definita, facilitando il passaggio del testimone nell’assistenza sanitaria. Poiché i medici che prendono in carico gli individui con ID possono avere meno
esperienza diretta nell’assistenza di queste persone, i
pediatri potranno guidarli verso risorse quali le Consensus
Guidelines for Primary Health Care of Adults with Developmental Disabilities (12) o verso linee guida specifiche
per la condizione patologica, come quelle per la gestione
degli adulti con sindrome di Down.
Difesa dei diritti
Gli individui con ID sono una popolazione particolarmente vulnerabile, di cui i medici dovranno difendere i
diritti. Viviamo in una società che tuttora discrimina sulla
base del valore intellettivo percepito: questo punto di vista
non è accettabile. Siamo tutti tenuti ad assicurare che ogni
persona, comprese le persone con ID, riceva un’educazione appropriata e un’assistenza sanitaria ottimale, che i
diritti a dare il proprio consenso e assenso siano sempre
rispettati e che ognuno abbia l’opportunità di vivere una
vita piena e soddisfacente a ogni stadio del proprio sviluppo. I pediatri possono aiutare a livello di individuo, di
famiglia e di comunità, identificando aree dove sono necessari un maggiore supporto o più opportunità e collaborando al soddisfacimento di tali necessità.
Riassunto
• I medici dovranno considerare l’utilizzo del termine
disabilità intellettiva (intellectual disability = ID) invece
di ritardo mentale.
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 141
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
• Un’anamnesi scrupolosa e l’esame fisico restano gli
strumenti più utili per identificare la causa di ID di un
bambino.
• I test genetici possono rivelare l’eziologia dell’ID in
almeno il 14% dei bambini con storia ed esame fisico
non diagnostici.
• Gli individui con ID sono a rischio relativamente elevato
di problemi di salute.
• I momenti di transizione sono fasi di particolare
vulnerabilità per le persone con ID e per le loro famiglie.
Considerazioni sulla
realtà italiana
Sotto il profilo epidemiologico non emergono differenze
significative tra il profilo italiano e quello americano descritto nell’articolo. Una peculiarità distintiva della nostra realtà
nazionale risiede nel fatto che il pediatra di famiglia è il
primo esaminatore del bambino e deve pertanto avere sufficiente dimestichezza nel riconoscimento degli elementi suggestivi di ritardo cognitivo e ritardo dello sviluppo psicomotorio (sarebbe tra l’altro opportuno inserire nella terminologia
la voce “disabilità intellettiva” in sostituzione di “ritardo
mentale”). È bene infatti ricordare che ci sono sia forme isolate sia forme sindromiche, per le quali è fondamentale la
tempestiva identificazione di segni di tipo malformativo.
Spesso sono i genitori a sollevare per primi dubbi su comportamenti che ritengono anomali, ma in generale è opportuno
che il pediatra tenga uno stretto monitoraggio dello sviluppo
neuropsicomotorio del bambino, in particolare nel primo
anno di vita: dall’acquisizione della capacità di stare seduto
alla lallazione, dai primi passi alla strutturazione del linguaggio. In epoche successive la socializzazione e la risposta agli
stimoli ambientali della comunità sono importanti elementi
da tenere sotto stretta osservazione. Allo stesso modo sono
importanti: il controllo della crescita della circonferenza cranica, che può evidenziare un’eventuale macro- o microcefalia, la valutazione del tono muscolare, la conformazione corporea (alcune malattie metaboliche, per esempio, sono caratterizzate da cifosi dorsale bassa), la statura, la rigidità o iperlassità delle articolazioni e il comportamento alimentare. Per
esempio la sindrome di Prader Willi, caratterizzata da iperfagia, estremità piccole e ipotonia, potrebbe essere sospettata
già in gravidanza, sulla base della segnalazione di scarsi
movimenti fetali, e un trattamento precoce con ormone della
crescita potrebbe contribuire a prevenire l’obesità che, una
volta instauratasi, è irreversibile. Anche la sindrome dell’X
fragile può essere sospettata sulla base di elementi fenotipici quali viso allungato, padiglioni auricolari grandi e macroorchidia. In questi casi si rende indispensabile l’esame da
parte di un pediatra dismorfologo e non si deve trascurare la
possibilità di malformazioni degli organi interni, spesso diagnosticabili mediante ecografia.
L’approccio alla disabilità intellettiva è necessariamente multidisciplinare e, oltre a richiedere una rete interspecialistica,
impone una stretta collaborazione tra clinici e genetisti
142 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
molecolari, anche a fronte del costo elevato di alcune indagini diagnostiche, che devono essere eseguite soltanto sulla
base di specifiche indicazioni. Un’importante criticità è spesso la mancanza di collegamenti tra centri specialistici e strutture territoriali, in particolare per la gestione della riabilitazione dei bambini, che vede il pediatra di famiglia quale coordinatore insostituibile del percorso assistenziale a cui concorrono numerose figure, tra cui neuropsichiatra, fisiatra e logopedista. In Emilia Romagna, per esempio, è stata creata una
rete “hub&spoke” per le malattie rare dell’età evolutiva e
presso il Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna è stato istituito un centro regionale che segue circa 150 sindromi, ma
non mancano purtroppo notevoli disparità nell’organizzazione e pianificazione sanitaria tra diverse aree geografiche del
nostro paese.
Consulenza di Laura Mazzanti, Professore
associato di Pediatria, responsabile dell’Ambulatorio di
malattie rare, sindromologia e auxologia del
Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna.
Antologia di risorse informative, strumenti operativi e
materiali di approfondimento
• Associazione malattie rare: http://www.retemalattierare.it/
index.php
• A.N.A.N.a.s. Associazione nazionale aiuto per la neurofibromatosi amicizia e solidarietà: http://www.ananasonline.it/
ananas-onlus/
• A.N.G.S.A. – Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici: http://www.angsaonlus.org/
• A.R.M.R. Associazione Ricerca Malattie Rare: http:
//www.armr.it/
• Federazione malattie rare infantili: http://www.malattierare.org/
Testo a cura di P.C. Salari
Bibliografia
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www.cfp.ca/cgi/content/short/52/11/1410. Accessed November
15, 2011
Traduzione a cura di P. Roma
Risorse dell’AAP per i genitori su HealthyChildren.org
Il lettore può reperire materiale relativo al presente articolo da condividere con i genitori visitando i seguenti link:
• http://www.healthychildren.org/English/health-issues/conditions/developmental-disabilities/Pages/
Mental-Retardation.aspx
• http://www.healthychildren.org/English/health-issues/conditions/developmental-disabilities/Pages/
Mental-Retardation-and-Pervasive-Developmental-Disorders.aspx
• http://www.healthychildren.org/English/health-issues/conditions/developmental-disabilities/Pages/
Outlook-for-Children-with-Mental-Retardation.aspx
PIR Quiz
9. Quale indagine diagnostica è più appropriata per un bambino di 6 anni di vita con ID moderata mai indagato in
precedenza senza elementi anamnestico-clinici significativi?
A.
B.
C.
D.
TC cranio
Aminoacidogramma
EEG
Cariotipo
10. Sotto il profilo epidemiologico la ID:
A. Ha una prevalenza stimata del 5% e un rapporto maschi:femmine di 2:3
B. Ha una prevalenza stimata del 2% con rapporto identico tra i sessi
C. Ha una prevalenza stimata compresa tra 1% e 3% con interessamento del sesso maschile di circa il 40%
superiore rispetto all’altro sesso
D. Interessa le femmine con frequenza doppia rispetto ai maschi
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 143
genetica/dismorfologia disabilità intellettiva
11. Una ID lieve normalmente:
A.
B.
C.
D.
Si evidenzia comunque nei primi mesi
Si sospetta e si riconosce di solito in età scolare
Si può diagnosticare soltanto sulla base di una familiarità specifica
Non dà segni fino alla maggiore età
12. Una bambina di 8 anni di età, con esame obiettivo normale, presenta un QI di 60. Applicando il Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders, quale delle seguenti è la classificazione più appropriata per l’intelligenza
della bambina?
A. ID lieve.
B. ID moderata
C. Intelligenza normale
D. ID grave
13. La madre di una bambina di 9 anni di età, con esame obiettivo normale e QI di 65, vi chiede che cosa può
aspettarsi riguardo alla funzionalità della figlia nei prossimi anni. Quale tra le seguenti risposte a vostro parere
è più corretta?
A.
B.
C.
D.
La bambina svilupperà probabilmente buone capacità di auto-aiuto
È prevedibile un peggioramento cognitivo in età puberale
Una risonanza magnetica cerebrale contribuirà a predire il futuro profitto scolastico della bambina
Sarà opportuno disincentivare l’attività fisica
14. Quale delle seguenti affermazioni sui bambini con ID è corretta?
A.
B.
C.
D.
La maggior parte delle forme di ID sono di entità lieve
La motricità grossolana è solitamente anomala
Nella maggior parte dei casi è possibile identificare cause trattabili dell’ID
È possibile sin dai 2 anni d’età formulare una valutazione predittiva del QI che sarà raggiunto in età adulta
15. Tra le seguenti, le comorbilità più frequenti nei bambini con ID sono:
A.
B.
C.
D.
Paralisi cerebrale e distonie
Autismo e deficit neurosensoriali
Autismo e disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività
Atassia e disartria
16. A quale dei seguenti fattori si dà maggiore importanza nella definizione di disabilità intellettiva (ID) secondo la
American Association on Intellectual and Developmental Disabilities?
A.
B.
C.
D.
Età alla diagnosi
Quoziente intellettivo (QI)
Presenza di comorbilità
Livello di supporto richiesto per lo svolgimento delle attività quotidiane
144 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
Articolo
malattie infettive
Encefalite nella popolazione pediatrica
Stephen J. Falchek, MD*
Dichiarazione dell’autore
Il Dott. Falchek dichiara
l’assenza di conflitto di
interesse relativamente al
presente articolo. Il
presente commento non
contiene discussioni di
un impiego non
approvato/per uso
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e la correttezza etica di
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Spunto formativo
Il trattamento dell’encefalite, che può essere fatale, impone la conoscenza di un ampio spettro
di agenti responsabili di encefalite, meccanismi fisiopatologici, sindromi cliniche ed esiti.
Obiettivi
Ultimata la lettura della presente monografia di aggiornamento, i lettori
dovrebbero essere in grado di:
1. Conoscere le cause principali di encefalite, tra cui le malattie infettive, parainfettive e
non infettive.
2. Riconoscere gli aspetti clinici dell’encefalite.
3. Essere in grado di condurre un’indagine diagnostica su un paziente con encefalite
applicando i criteri clinici e di laboratorio.
4. Conoscere il decorso clinico previsto dei vari tipi di encefalite.
5. Acquisire dimestichezza con le modalità di trattamento dell’encefalite.
6. Comprendere i fattori che influenzano l’esito in un paziente con encefalite.
Introduzione
L’ampia definizione del termine “encefalite,” ovvero infiammazione del cervello, impone il
riconoscimento dell’enorme vastità dell’argomento. L’interpretazione più comune del termine implica un’invasione diretta del cervello da parte di un patogeno infettivo, il più delle
volte virus, micete o parassita. Il tema comprende anche esempi di meningite mediata da batteri o altri agenti, che può dare luogo a sintomi extrameningei quali letargia o convulsioni,
nel qual caso si utilizza il termine combinato “meningoencefalite”.
Ci sono inoltre numerosi esempi di encefalite non dovuta a infezioni dirette del sistema
nervoso centrale (SNC). I processi infiammatori dovuti a una malattia acuta o cronica possono portare a un’encefalite acuta immunomediata, quale un’encefalomielite acuta disseminata (acute disseminated encephalomyelitis = ADEM), cerebrite lupica e sindromi paraneoplastiche. Anche agenti o condizioni che danno luogo a sintomi lentamente progressivi a
carico del SNC, quali la sifilide terziaria o i “virus lenti” (le encefalopatie da proteine prioniche) vengono considerati esempi di encefalite. La Tabella 1 riporta soltanto un numero limitato dei vari patogeni e delle condizioni patologiche che possono determinare encefalite acuta o subacuta. In questa sede
affronteremo essenzialmente esempi di encefalite acuta legata a
Abbreviazioni
infezione diretta del SNC e a processi parainfettivi riguardanti il
ADEM: acute disseminated encephalomyelitis =
SNC. Questi esempi raggruppano la maggior parte dello spetencefalomielite acuta disseminata
tro di presentazione della malattia, decorso e guarigione come
CEP: California Encephalitis Project
pure dei meccanismi di danno cerebrale.
CPP: cerebral perfusion pressure = pressione di
Oltre alla classificazione tassonomica nella Tabella 1, le cause
perfusione cerebrale
di encefalite infettiva sono spesso raggruppate secondo le modaHSV: herpes simplex virus = virus dell’herpes simplex
lità di trasmissione più comuni. Gli “arbovirus” sono quelli difIVIG: intravenous immune globulin =
fusi da insetti vettori, come il virus West Nile (West Nile virus =
immunoglobulina per via endovenosa
WNV) e il gruppo dell’encefalite equina (entrambi da parte di
LCS: liquido cerebrospinale
zanzare). Le cause zoonotiche di encefalite non diffusa da insetMS:
multiple sclerosis = sclerosi multipla
ti vettori intermediari comprendono molte delle infezioni parasPCR: polymerase chain reaction = reazione
sitarie (larva migrans) e la rabbia. I virus encefalitici acquisiti in
polimerasica a catena
comunità, quali enterovirus, adenovirus e infezioni da herpesviSNC: sistema nervoso centrale
rus della seconda infanzia, vengono di solito trasmessi per conWNV: West Nile virus = virus West Nile
tatto interpersonale. I patogeni a trasmissione verticale non
*Division of Pediatric Neurology, Alfred I. duPont Hospital for Children/Thomas Jefferson University, Wilmington, DE, and
Philadelphia, PA.
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 145
malattie infettive encefalite
Tabella 1.
Possibili cause di encefalite acuta
Agente
Sottoclasse
Esempi specifici
Virus
Virus erpetici
Herpes simplex 1
Herpes simplex 2
Virus dell’herpes umano 6
Varicella-zoster
Citomegalovirus
Coxsackievirus A
Coxsackievirus B
Echovirus
Enterovirus 70
Enterovirus 71
Vari sottotipi
Encefalite equina dell’est
Encefalite equina dell’ovest
Encefalite equina del Venezuela
Encefalite di St Louis
West Nile virus
Encefalite giapponese
Encefalite da zecche
Encefalite di Powassan
Encefalite della California
Encefalomielite parotitica
Rabbia
Rosolia
Virus dell’immunodeficienza umana I e II
Influenza A
Influenza B
Metapneumovirus umano
Listeria monocytogenes
Francisella tularensis
Rickettsia species
Mycoplasma pneumoniae
Chlamydia pneumoniae
“Meningoencefalite” quando si verificano
necrosi e invasione cerebrale
diretta o infiammazione
Cryptococcus neoformans
Blastomyces dermatitidis
Histoplasma capsulatum
Paracoccidioides brasiliensis
Naegleria fowleri
Balamuthia mandrillaris
Baylisascaris procyonis
Toxocara canis
Angiostrongylus cantonensis (Asia)
Encefalomielite acuta disseminata
Leucoencefalite acuta emorragica
Encefalite del tronco cerebrale di Bickerstaff
Cerebellite post-infettiva
Encefalite da Mycoplasma
Picornavirus
(Enterovirus)
Adenovirus
Alfavirus
Flavivirus
Bunyavirus
Myxovirus
Rhabdovirus
Togavirus
Retrovirus
Virus influenzali
Batteri
Metapneumovirus
Sindromi encefalitiche specifiche
Altre cause di meningite batterica
Miceti
Parassiti
Meningoencefalite amebica primaria
Encefalite da ascaride del procione
Larva migrans neurale
Risposta parainfettiva
immunomediata
Malattie infiammatorie
sistemiche
Neoplasie
146 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
Lupus eritematoso sistemico
Sindromi paraneoplastiche
Anticorpi anti-neuronali che danno luogo a
sindromi encefalitiche specifiche
malattie infettive encefalite
comprendono l’herpes simplex (herpes simplex virus =
HSV) neonatale, il virus rubeolico e il citomegalovirus e
probabilmente molti altri agenti virali. La trasmissione
verticale sintomatica del WNV è stata ben documentata.
La trasmissione sessuale, infine, è il meccanismo principale di infezione dell’adulto da virus dell’herpes simplex di
tipo 2 e dell’HIV (che possono dare luogo a meningoencefalite acuta, spesso transitoria, in assenza di infezioni
opportunistiche).
Esempi paradigmatici di encefalite parainfettiva nei
bambini sono l’ADEM e l’atassia cerebellare acuta.
Varianti di queste condizioni, quali la leucoencefalite acuta
emorragica e l’encefalite del tronco cerebrale di Bickerstaff, sono state riportate principalmente nelle popolazioni di adulti e anziani. Le sindromi parainfettive sono nella
pratica differenziate dall’encefalite infettiva acuta in base
alla storia clinica e all’assenza di evidenza a sostegno dell’invasione diretta del SNC. Nel caso dell’ADEM, c’è di
solito una patologia o una vaccinazione antecedente,
seguita a distanza di 2-30 giorni da vari sintomi neurologici focali, probabilmente accompagnati da segni di irritazione meningea. La presentazione precoce può essere
confusa con un’encefalite infettiva acuta, e alcuni casi di
ciascun fenomeno potrebbero essere classificati in maniera non corretta. I risultati della puntura lombare possono
essere variabili, con una pleiocitosi da normale a lieve o a
pleiocitosi linfocitaria moderata unitamente a un’elevata
concentrazione di proteine. L’atassia cerebellare acuta
segue un decorso simile della patologia antecedente, ma
con sintomi limitati al cervelletto (atassia, nistagno e disartria cerebellare).
Le cause infettive, parainfettive e di infiammazione primitiva di encefalite sono classicamente considerate mutualmente esclusive. Tuttavia, l’esempio dell’encefalite da
Mycoplasma illustra qualche difficoltà nella differenziazione dei meccanismi diretti rispetto a quelli indiretti della
patologia del SNC e la vastità della problematica. Benché
ampiamente considerato come un fenomeno parainfettivo
con quadro istopatologico variabile, fino al 2% di questi
pazienti ha una reazione polimerasica a catena (polymerase chain reaction = PCR) positiva per Mycoplasma nel
liquido cerebrospinale (LCS), il che potrebbe indicare
qualche invasione diretta del SNC. L’infezione da Mycoplasma è una diffusa patologia pediatrica e una causa di
encefalite. Centoundici dei 1.988 pazienti inviati al
California Encephalitis Project (CEP) sono risultati positivi per Mycoplasma pneumoniae; il 76% di quelli affetti era
costituito da pazienti pediatrici. (1)(2)
Epidemiologia
I dati epidemiologici sull’encefalite sono organizzati in
relazione al patogeno identificato. Il CEP era stato avviato nel 1998 per la raccolta di dati epidemiologici ed è
attualmente il database più ampio. Esso comprende tutti i
soggetti immunocompetenti inviati di età superiore ai 6
mesi e tutti i quadri di presentazione clinica, tra cui l’encefalite cronica e lentamente progressiva. I criteri di inclusione sono encefalopatia o atassia, con in aggiunta almeno
un elemento clinico (febbre, convulsioni, deficit neurologici focali, pleiocitosi liquorale, reperti anomali alle indagini neurodiagnostiche o EEG anomalo). Impiegando
un’associazione di LCS PCR, isolamento virale su prelievo nasofaringeo/faringeo e dosaggi di confronto su sangue in fase acuta e in convalescenza, tutti i pazienti sono
stati sottoposti a test per herpesvirus, arbovirus, enterovirus, virus respiratori, morbillo, specie di Chlamydia e M
pneumoniae. Tra il 1998 e il 2005 sono stati reclutati
1.570 pazienti. Un patogeno responsabile confermato o
probabile è stato identificato soltanto nel 16% dei casi.
Delle cause identificabili, il 69% era di origine virale, il 20%
batterica, l’8% non infettiva (cioè malattie autoimmuni), il
7% proteine prioniche, il 3% parassitario e l’1% fungino. Le
ampie procedure di indagine non avevano ancora rivelato
cause identificabili nel 63% dei pazienti. (3) Tra le cause di
encefalite virale classicamente a maggior prevalenza,
l’HSV ha rappresentato soltanto il 2,5% dei casi del CEP;
l’HSV, al contrario, è stato identificato nel 5% dei 322
pazienti pediatrici con encefalite acuta osservati in una
casistica tra il 1994 e il 2005. (4)
Le epidemie di encefalite infettiva hanno sempre attirato gran parte dell’attenzione dei media, come quella di
WNV osservata negli Stati Uniti a New York City nel
1999. Tra il 1999 e il 2007, negli Stati Uniti si sono verificati 1.478 casi pediatrici di infezione comprovata da
WNV, dei quali 443 (30%) hanno avuto compromissione
neurologica. In quelli con sintomi neurologici ci sono stati
tre decessi. In generale i bambini hanno rappresentato soltanto il 4% dei casi di infezione da WNV riportati, con
un’incidenza annuale mediana stimata di 0,07 per
100.000. L’indice di mortalità pediatrica si oppone favorevolmente alla mortalità del 12% dall’epidemia del 1999,
in cui la maggior parte dei casi sintomatici ha riguardato
soggetti anziani. Il WNV è attualmente un fattore di
rischio epidemiologico in tutti gli Stati Uniti e Caraibi. (5)
Benché il WNV rimanga l’agente causale il più delle volte
riscontrato quale agente di encefalite da arbovirus, i virus
dell’encefalite californiana detengono la maggior percentuale di infezioni pediatriche sintomatiche (88% dei casi),
e l’encefalite equina dell’est determina il più alto indice di
mortalità generale, pari al 42%.
L’importanza delle informazioni epidemiologiche
locali e della stagionalità non può essere ignorata. Molti
casi di encefalite virale si verificano in epidemie e/o
mostrano una chiara predilezione stagionale. Per esempio,
gli enterovirus si osservano il più delle volte in primavera
e in estate, le patologie da artropodi in estate e autunno.
I casi dovuti a virus respiratori sono spesso specifici di
autunno e inverno. Questi elementi della scienza epidePediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 147
malattie infettive encefalite
miologica convenzionale, tuttavia, dovrebbero essere
subordinati alle tendenze osservate a livello locale, come i
casi di encefalite da influenza H1N1 registrati durante
un’epidemia fuori stagione.
L’ADEM, al contrario, tende a essere osservata più
sporadicamente rispetto a numerose cause infettive, benché i dati della popolazione negli Stati Uniti abbiano
documentato una predilezione della patologia in invernoprimavera. Dati recenti provenienti dal Canada, tuttavia,
non hanno evidenziato tale stagionalità. (6) I criteri di
inclusione per ADEM influenzano fortemente l’incidenza
riportata, dando luogo ad ampie variazioni, nell’ordine di
0,2-0,8 per 100.000 bambini in Stati Uniti e Canada, e di
0,07 per 100.000 in Germania. Una precedente malattia
infettiva o vaccinazione viene classicamente identificata nel
50%-75% dei pazienti. I sintomi di presentazione sono
altamente variabili, come suggerisce l’intervallo dei dati di
incidenza riportati per ciascun sintomo neurologico nell’insieme di studi. I dati statistici degli esiti sono altrettanto dispersi, con un tasso di guarigione completa tra il 57%
e l’89%.
Meccanismi di lesione cerebrale
Si presume che gli agenti infettivi e i processi parainfettivi
medino i propri sintomi acuti attraverso qualsiasi combinazione dei meccanismi teorizzati e riportati nella Tabella
2. L’evidenza è migliore per le cause dei casi fatali, in cui
all’esame autoptico è di solito identificabile una distruzione parenchimale massiva, tra cui l’invasione diretta neuronale e gliale con apoptosi, neuronofagia, occlusione vascolare responsabile di infarto ed effetti secondari di edema
cerebrale.
L’evidenza a sostegno di meccanismi lesionali essenzialmente immunomediati (anticorpi citotossici, citochite
effettrici, eccetera) è meno diretta, e più chiara nelle
cause parainfettive/infiammatorie di encefalite. Nei casi
di ADEM fatale, l’infiltrazione linfocitica perivenulare
con mielinolisi locale è un reperto patognomonico nei
prelievi bioptici. (12) L’evidenza a sostegno del concetto
di meccanismi mediati da anticorpi scaturisce principalmente dall’efficacia clinica delle immunoglobuline per via
endovenosa (intravenous immune globulin = IVIG) e
della plasmaferesi nel trattamento dell’ADEM. La dimostrazione di anticorpi mirati a specifiche molecole del
SNC nell’ADEM umana e in altri casi di patologie demielinizzanti è scarsa, con esigua concordanza, perfino tra i
soggetti che presentano sindromi analoghe. Le conoscenze attuali su anticorpi mirati a molecole specifiche del
SNC derivano principalmente dall’esperienza delle sindromi paraneoplastiche negli adulti, ossia dagli anticorpi antiYo, anti-Hu e contro le cellule di Purkinje. Questi meccanismi, tuttavia, danno luogo a encefalite subacuta o a
infiammazione cerebellare distinte dalla classica ADEM
pediatrica. Anche nei bambini con cerebellite post-infettiva classica, meno della metà presenta anticorpi diretti contro le cellule di Purkinje.
L’assenza di anticorpi dosabili di routine nelle patologie parainfettive del SNC è probabilmente attribuibile sia
all’ampio numero di agenti infettivi responsabili sia alla
molteplicità di possibili meccanismi bersaglio. Questi ultimi possono comprendere sia fenomeni di mimesi molecolare sia controllo anomalo di antigeni cellulari che si presentano normalmente. Per esempio, un virus invasivo può
elaborare proteine con epitopi in comune con la mielina
Meccanismi proposti di danno del SNC nell’encefalite e nella
mielitea
Tabella 2.
Morte cellulare mediata dal patogeno
Invasione neuronale diretta e lisi cellulare
Invasione diretta delle cellule gliali e lisi cellulare
Danno meccanico e vascolare
Edema cerebrale con compromissione dell’integrità capillare
Edema cerebrale responsabile di sindromi da erniazione
Riduzione della pressione di perfusione cerebrale responsabile di ischemia
Occlusione e infarto vascolare
Malattia immunomediata
Effetti di citochine, tra cui apoptosi
Anticorpi citotossici responsabili di compromissione della funzione neuronale o di apoptosi
Demielinizzazione
Attivazione immunitaria, incluse cellule della microglia, con neuronofagia
Disturbi neurotrasmettitoriali e neurofisiologici
Alterazioni della funzione neuronale responsabili di convulsioni e apoptosi secondaria (per esempio, alterazione dei potenziali di
membrana, dell’equilibrio tra neurotrasmettitori eccitatori e inibitori)
a
I termini in corsivo sono anche meccanismi proposti nei processi parainfettivi.
148 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
malattie infettive encefalite
umana normale (mimesi), oppure può produrre enzimi
che degradano o alterano la conformazione delle normali
proteine dell’ospite in forme immunologicamente non
riconosciute. Per esempio, la proteinchinasi del nucleo del
virus del vaiolo degrada la proteina basica della mielina.
Ancora più difficile è l’isolamento delle citochine effettrici nel danneggiare il SNC. Le interleuchine 6 e 8, l’interferone e il fattore di necrosi tumorale sembrano
rientrare tra le citochine più spesso identificate in correlazione con la gravità del decorso della malattia o gli esiti nel
contesto della molteplicità di cause di encefalite, sia infettiva sia non infettiva (per esempio, cerebrite lupica), ma
con elevata variabilità tra agenti specifici. Concentrazioni
elevate di interleuchine 6 e 8 si possono osservare nel LCS
dei pazienti con encefalite da Mycoplasma ed encefalite
giapponese. Titoli più elevati in un piccolo numero di
pazienti con encefalite giapponese si sono verosimilmente
correlati a un indice di sopravvivenza inferiore. Non è
chiaro se le citochine siano responsabili di ulteriori danni
del SNC o siano marker attivi di gravità di malattia.
Presentazione e valutazione
La classica presentazione dell’encefalite acuta consiste in
una qualsiasi associazione di stato mentale alterato, convulsioni, altre modificazioni comportamentali, debolezza,
disturbi del sensorio o disturbi non epilettici della motricità, in assenza di cause esterne identificabili, quali intossicazione, lesione cerebrale traumatica o fattori di stress psicosociali. Nel bambino più piccolo o nel lattante i sintomi
possono essere perfino meno distinti e possono comprendere sonnolenza non caratteristica, disinteresse per l’alimentazione, suzione debole, irritabilità, perdita del controllo del capo o anomali movimenti oculari. Ulteriori
indizi clinici possono essere la presenza di febbre (acuta o
nell’intervallo di 1-4 settimane prima dell’esordio dei sintomi) oppure irritazione meningea (Tabella 3). Questi
indizi di supporto, tuttavia, potrebbero non essere manifesti all’esordio. Poiché i sintomi clinici di encefalite comprendono un range molto ampio sia di scenari sia di gravità, il sospetto dovrebbe essere alto nell’approccio a qualsiasi bambino che presenti un comportamento atipico che
è persistente e sproporzionato ai fattori ambientali e situazionali.
Nel caso dell’identificazione di un caso sospetto di
encefalite, si dovrebbe intraprendere una serie relativamente breve ma indispensabile di step, come riassunto
nella Tabella 4. Ulteriori elementi da considerare nella
valutazione iniziale del paziente sono la presentazione stagionale, una storia di immunosoppressione, una storia di
viaggi, recenti informazioni sull’epidemiologia locale e
presenza di sintomi o deficit neurologici focali. La Tabella 5 elenca ulteriori indagini specifiche che dovrebbero
essere prese in considerazione di routine sulla base dei
protocolli sviluppati per il CEP e per specifici ambiti clini-
ci. La Tabella 6 elenca, in relazione agli indizi clinici, altre
cause virali di encefalite che richiederebbero indagini specifiche in caso di sospetto.
Nei pazienti in cui si sospetta un processo parainfettivo
si sta sempre più diffondendo la ricerca di patologie
infiammatorie demielinizzanti. Questa indagine è giustificata dal crescente riconoscimento della sclerosi multipla
(multiple sclerosis = MS) pediatrica e di altre patologie
demielinizzanti, come per esempio la neuromielite ottica
(malattia di Devic), che può essere inizialmente confusa
con l’ADEM. I segni che aumentano il sospetto di patologie correlate alla MS sono la presenza di alterazioni
esclusivamente della sostanza bianca alla RM (in particolare se con lesione unica), neurite ottica, mielite isolata, un
decorso di malattia ricorrente o polifasica o età post-adolescenziale. In questi casi le indagini standard con puntura lombare comprendono anche il test della proteina basica della mielina e il dosaggio delle immunoglobuline nel
LCS con bande oligoclonali e la concomitante elettroforesi delle sieroproteine. Sebbene la presenza di produzione sproporzionata di anticorpi oligoclonali nel LCS sia più
suggestiva di demielinizzazione idiopatica (per esempio,
MS), questo dato non è sufficientemente specifico a
dimostrare una diagnosi di MS in quanto ADEM e altre
patologie infiammatorie del SNC, tra cui le infezioni del
SNC, possono dare luogo a risultati analoghi. Gli anticorpi della neuromielite ottica sono spesso presenti nei casi in
cui la neurite ottica è associata a sintomi a carico del
midollo spinale. Alcuni pazienti con neuromielite ottica
con positività anticorpale documentata hanno presentato
anche neurite ottica da sola.
Nel monitoraggio della valutazione standard dei
pazienti con sintomi di encefalite, i risultati delle indagini
diagnostiche in cui ci si imbatte con maggior frequenza
sono leucocitosi non significativa o variabile oppure linfocitosi. Le batterie di test metabolici generali spesso non
riescono a evidenziare anomalie specifiche. Alcune infezioni da enterovirus possono dare luogo a sindrome similsettica con maggiori alterazioni ematologiche di rilievo.
Le infezioni neonatali da HSV causano talvolta anomalie
della funzione epatica e coagulazione intravascolare disseminata. In quasi tutti i processi encefalitici si può riscontrare secrezione inappropriata di ormone antidiuretico,
ma viene segnalata il più delle volte nell’encefalite di St
Louis (principalmente una patologia della popolazione
anziana) e nelle infezioni da WNV.
La conoscenza delle correlazioni anatomo-cliniche può
essere utile nella definizione della diagnosi differenziale, in
quanto alcune cause di encefalite mostrano un tropismo
per specifici tessuti del SNC. La Tabella 3 descrive i sintomi principali di infezione o infiammazione nelle principali categorie anatomiche, come pure la terminologia clinica
di comune impiego. Benché la localizzazione anatomica
sia una componente importante del riconoscimento della
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 149
malattie infettive encefalite
Localizzazione delle lesioni del SNC con sintomi e terminologia
associati
Tabella 3.
Denominazione
clinica comune
Regione anatomica
Sintomi acuti
Encefalite limbica
Sistema limbico
Romboencefalite
Tronco cerebrale e/o cervelletto
“Cerebrite” o
“encefalite”
(uso generico)
Emisferi cerebrali (corteccia, sostanza
bianca sottocorticale o entrambe)
Gangli basali
Agitazione, confusione, delirio, convulsioni,
modificazioni autonomiche
Deficit dei movimenti oculari e della fissazione,
nistagmo, paralisi faciali, atassia, disturbi uditivi,
disturbi autonomici, debolezza dei neuroni motori
superiori, alterazioni del sensorio, iporeflessia,
disfagia, disartria, letargia, coma, insufficienza
respiratoria
Convulsioni, debolezza dei neuroni motori superiori,
alterazioni del sensorio, letargia, coma
Astenia, anomalie motorie ipercinetiche (distonia,
coreoatetosi) o parkinsoniane, comportamento
apatico o disinibito
Alterazioni idrosaline (per esempio, sindrome da
secrezione inappropriata di ormone antidiuretico,
diabete insipido), insufficienza surrenalica e tiroidea,
disfunzione autonomica parossistica
Alterazioni del sensorio, anomalie posturali, letargia,
coma
Interessamento sintomatico di due o più regioni
distinte
Cefalea, rigidità del collo, febbre, dolore al collo o alla
schiena, malessere ma non disturbi evidenti della
vigilanza
Sintomi di meningite associati a quelli di qualsiasi
settorializzazione anatomica del cervello
Poliomielite (paralisi flaccida e iporeflessia con
mantenimento della sensibilità), mielite trasversa
(sintomi a lungo tratto tra cui alterazioni sensoriali al
di sotto della regione interessata), o entrambe
I sintomi spinali possono non essere manifesti in
contrasto con i sintomi corticali o a carico del tronco
cerebrale
Compromissione di qualsiasi delle modalità funzionali
dei nervi cranici attribuita a disfunzione del corso
extra-assiale dei nervi interessati e assenza di danno
al parenchima cerebrale o ai nuclei dei nervi cranici.
Può essere indistinguibile dall’interessamento nucleare
Ipotalamo (diencefalo)
Talamo (diencefalo)
Panencefalite
Due o più regioni distinte
Meningite
Meningi
Meningoencefalite
Meningi più parenchima cerebrale
Mielite
Cellule delle corna anteriori o tratti
lunghi del midollo spinale
Encefalomielite
Qualsiasi regione del midollo spinale
più qualsiasi regione cerebrale
Neurite cranica
Nervi cranici I-XII
sintomatologia iniziale, le indagini neurodiagnostiche
svolgono un ruolo indispensabile indipendentemente
dalla presenza di sintomi clinici di localizzazione. Nel
bambino molto piccolo anche la localizzazione su base
neuroanatomica può risultare notoriamente difficile. La
Tabella 7 descrive alcuni reperti di localizzazione agentespecifici classicamente citati, identificabili mediante sintomi, indagini neurodiagnostiche o entrambi. Tuttavia, un
alto livello di variabilità della presentazione clinica impone
che la ricerca di un agente eziologico non possa essere
strettamente confinata agli agenti classicamente lesivi per
150 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
specifiche localizzazioni nel SNC.
Nelle prime fasi della malattia le indagini di neurodiagnostica, RM inclusa, possono talvolta produrre risultati
falsi negativi. Per obiettivi diversi dall’identificazione di
edema cerebrale significativo, spostamento della linea
mediana o emorragia, le indagini di tomografia computerizzata in generale non sono sufficienti per il processo diagnostico dell’encefalite.
La puntura lombare è l’unica indagine di maggior
impiego per la diagnosi di encefalite. I risultati principali,
tuttavia, mancano in genere di specificità e possono appa-
malattie infettive encefalite
Tabella 4.
Valutazione iniziale
1. Stabilizzazione clinica
2. Indagini standard di laboratorio
3. Neurodiagnostica
4. Puntura lombare
5. Trattamento empirico in acuto
6. Elettroencefalogramma
Affrontare i sintomi di instabilità autonomica o shock settico,
convulsioni/stato epilettico
Emocromo completo, pannello metabolico globale, esame delle urine
Preferibile la RM con e senza mezzo di contrasto; emergente la
tomografia computerizzata in presenza di segni/sintomi di aumento
critico della pressione endocranicaa prima della puntura lombare
Pressione liquorale, conteggio cellulare, glucosio, proteine, coltura di
virus e batteri, test della reazione polimerasica a catena per
enterovirus, herpes simplex; altre indagini specifiche sulla base della
storia clinica (si vedano Tabella 3 e Tabella 5)
Acyclovir in presenza di qualsiasi sospetto di infezione da herpes
simplex; profilassi anticonvulsivante in caso di qualsiasi sospetto di
convulsioni oppure se il rischio di convulsioni è apparso elevato
Impiegato per valutare i reperti di segnali lateralizzati clinicamente
rilevanti (scariche epilettiformi periodiche lateralizzate), per
monitorare crisi occulte o uno stato epilettico subclinico
a
I segni di aumento acuto della pressione endocranica sono vomito e letargia, fontanella pulsante, asimmetria pupillare o assenza di reattività, paralisi dello
sguardo, sguardo in basso intermittente o fisso (“segno del sole calante”) o respirazione irregolare.
rire normali nelle prime fasi della malattia. Nei pazienti
che presentano risultati anomali del LCS, gli elementi più
caratteristici sono un aumento della pressione liquorale,
concentrazione di proteine normale o elevata, livello di
glucosio normale e pleiocitosi, che spesso ha inizio con
leucociti polimorfonucleati e si converte poi in predominanza linfocitaria, o talvolta monocitaria, con progressione della patologia. Benché ci siano variazioni riportate su
questa tematica con alcuni specifici agenti patologici, quali
pleiocitosi emorragica con HSV, linfociti atipici con virus
di Epstein-Barr o leucociti mononucleati con infezione da
echovirus o da varicella-zoster, non ci sono reperti patognomonici del LCS che aiutino a differenziare i casi di
encefalite infettiva.
La possibilità di prescrivere l’amplificazione mediante
PCR del DNA virale ha per fortuna aggiunto nuove valenze alla puntura lombare nell’encefalite. Questa tecnica, tra
l’altro, impone il sospetto clinico di una specifica entità
diagnostica e non è disponibile come ampia “batteria” di
indagini. Inoltre, in alcuni stadi della malattia, il DNA
virale spesso non viene raccolto. Per esempio il 5%-10%
dei casi di meningite da HSV dell’adulto ha risultati negativi alla PCR fino alla prima puntura lombare. Spesso,
inoltre, i risultati non sono immediatamente disponibili e
possono richiedere 1-7 giorni o più per essere pronti. Pertanto la decisione di impiegare specifici trattamenti antibiotici o antivirali, quale l’acyclovir per la meningite
sospetta da HSV, è ancora ampiamente consigliata sulla
base di un sospetto clinico.
L’encefalite parainfettiva, come l’ADEM o l’atassia cerebellare acuta, può presentare molti degli stessi reperti
liquorali dell’encefalite infettiva. La pleiocitosi, tuttavia,
tende a essere meno drammatica nella maggior parte dei
casi parainfettivi, ma non in tutti. Quando è possibile isolare dal LCS il materiale genomico del patogeno, la probabilità di un’eziologia parainfettiva o puramente infiammatoria diventa remota.
Lo standard più affidabile per dimostrare l’eziologia
dell’encefalite infettiva acuta rimane l’associazione fra titolo in fase acuta e in convalescenza. Un incremento del
titolo di quattro volte, in particolare delle immunoglobuline M, nei confronti di un agente sospetto viene il più
delle volte considerato diagnostico. Questa metodica è
limitata dall’adeguatezza del follow-up e dall’accuratezza
della selezione dell’indagine. Molti pazienti vengono
dimessi e persi a uno stretto follow-up prima che si possano raggiungere titoli anticorpali da convalescenza. Tra
quelli testati, l’agente eziologico può sfuggire a seguito di
indagini guidate da un sospetto clinico focalizzato erroneamente su altri microrganismi.
Decorso clinico e trattamento
La priorità nel trattamento dell’encefalite acuta è la dualità
della stabilizzazione clinica e del contenimento dei processi infiammatori potenzialmente dannosi. Poiché molti
pazienti presentano qualsiasi associazione di convulsioni,
delirio, instabilità autonomica e irregolarità respiratorie, il
trattamento di questi sintomi acuti spesso acquista la priorità. Questa stabilizzazione, tuttavia, non dovrebbe ritardare la formulazione del sospetto sul fatto che se si tratti
di patologia infettiva o parainfettiva e l’avvio di un trattamento appropriato. Frequentemente questi pazienti vengono trattati in maniera empirica con acyclovir per via
endovenosa in attesa della puntura lombare o dei risultati
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 151
malattie infettive encefalite
Ulteriori indagini in encefalite, sulla base del modello del
California Encephalitis Project
Tabella 5.
Fonte
Metodica
Agente specifico
Liquido cerebrospinale
Reazione polimerasica a
catena (polymerase
chain reaction = PCR)
Virus dell’herpes simplex 1
Virus dell’herpes simplex 2
Enterovirus
Virus dell’herpes umano 6
Virus della varicella-zoster
Anticorpi contro il morbillo
Cryptococcus; altri agenti
fungini
Tampone nasofaringeo/
faringeo
Test anticorpale
Coltura fungina;
esame microscopico
con colorazione
India-ink
PCR + isolamento del
virus
Plasma in fase acuta
Sierologia
Plasma in convalescenza
Altre indagini specifiche
per agente
Sierologia
Vari
Mycoplasma pneumoniae
Enterovirus
metapneumovirus umano)b
Adenovirus
Virus respiratorio sinciziale
Influenza A
Influenza B
Mycoplasma pneumoniae
Virus di Epstein-Barr
Parvovirus B19
Morbillo
Lupus eritematoso sistemico
Encefalite equina dell’ovest
Encefalite equina dell’est
Virus West Nile
Mycoplasma pneumoniae
Virus di Epstein-Barr
Parvovirus B19
Morbillo
Influenza A
Influenza B
Adenovirus
Virus West Nile
Lupus eritematoso sistemico
Encefalite equina dell’ovest
Virus della varicella zoster
Virus dell’herpes simplex
(Chlamydia pneumoniae)
Si veda Tabella 1
Criteri aggiuntivi
Pazienti immunosoppressia
Indagine di routine in ottobremarzo se sono presenti sintomi
respiratori o sulla base
dell’epidemiologia locale
Come indicato dalla stagione
Come indicato dalla stagione e
dall’epidemiologia locale
Come indicato dal quadro clinico e
dai risultati della PCR
Sulla base della presentazione
clinica e dei fattori
epidemiologici, come descritto
nella Tabella 6
a
La predilezione di alcuni agenti nel colpire principalmente i pazienti immunosoppressi non esclude interamente la possibilità di infezione del SNC in
soggetti altrimenti immunocompetenti.
b
I termini tra parentesi fanno parte del protocollo CEP, ma in generale non sono riscontrati essere le cause principali di encefalite a livello nazionale.
delle indagini di laboratorio, tra cui HSV PCR. A causa di
ritardi nell’acquisizione di tali risultati o a causa della nota
incidenza di falsi negativi dell’indagine PCR su campioni
di LCS in acuto, molti pazienti completeranno il ciclo
necessario di 21 giorni di acyclovir senza una diagnosi di
laboratorio posta con sicurezza.
152 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
L’enfasi su un trattamento tempestivo di possibile encefalite da HSV non dovrebbe precludere un’attenta ricerca di indizi di altri agenti eziologici. La Tabella 5 elenca
alcune considerazioni alternative nella diagnosi di encefalite infettiva acuta che potrebbero influenzare le opzioni
terapeutiche.
malattie infettive encefalite
Tabella 6.
Considerazioni alternative nella diagnosi di encefalite (virale)
Reperti suggestivi
Considerazioni diagnostiche
Storia di tosse recente senza febbre, otite sierosa, epidemia di
comunità di “polmonite ambulante”
Storia di artrite, sierosite, uveite, nefrite o altre patologie
infiammatorie
Storia di recente calo ponderale non giustificato, anemia,
sintomi di encefalite a esordio lento, encefalite limbica
Febbre, anomalie alla radiografia del torace o epatiche, esordio
subacuto di encefalite, lesioni multiple alla RM, enhancement
meningeo, pleiocitosi liquorale mista
Febbre, anomalie alla radiografia del torace o epatiche, esordio
subacuto di encefalite/romboencefalite,
enhancement basilare meningeo, ipoglicorrachia con
pleiocitosi mista
Febbre, soffio cardiaco, storia di cardiopatia congenita o
reumatica, evidenza di lesioni multifocali alla RM
Precedente patologia infettiva con guarigione completa prima
della comparsa di sintomi neurologici oppure vaccinazione nei
30 giorni precedenti
Neonato con ematopoiesi extramidollare (“blueberry muffin
baby”)
Neonato con sintomi di encefalite acuta
Esposizione a zecche o morsicature da artropodi
Mycoplasma pneumoniae
Età <4–5 anni, eosinofilia periferica e/o liquorale, lesioni discrete
alla RM con enhancement, pica o esposizione estesa a
terreni/luoghi frequentati da animali
Romboencefalite con pleiocitosi emorragica, HSV PCR negativa,
lattato elevato nel LCS (non testato di routine nell’encefalite)
Febbre, esposizione a gatti, adenopatia locale
Morsicature da animali oppure stretta esposizione ad animali
selvatici con comportamento anomalo (inclusi i pipistrelli),
decorso con rapido peggioramento
Al di là delle principali ipotesi infettive, l’ADEM si delinea come la causa più probabile di encefalite acuta. La
costellazione di una malattia infettiva temporaneamente
distinta o di una vaccinazione prima dell’esordio dei sintomi, dei sintomi multipli di encefalite e di anomalie multifocali della RM nella sostanza sia grigia sia bianca sono
altamente suggestivi (ma non patognomonici) di diagnosi di ADEM. Il trattamento varia significativamente dall’approccio all’encefalite infettiva acuta in cui i corticosteroidi ad alto dosaggio sono un trattamento di prima linea,
seguiti da IVIG o plasmaferesi nei casi refrattari al trattamento con corticosteroidi. L’impiego di IVIG e plasmaferesi rimane privo di supporto da parte degli studi clinici;
ma le IVIG hanno riscosso accettazione più ampia come
trattamento alternativo in questo momento.
L’impiego dei corticosteroidi nel contesto dell’encefa-
Lupus o altra cerebrite/vasculite autoimmune
Sindrome paraneoplastica
Infezione fungina
Meningite tubercolare
Emboli micotici
Encefalomielite disseminata acuta
Rosolia
Toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus, HSV, parvovirus B19
Borrelia burgdorferi
Rickettsia species
Ehrlichia species
Coxiella burnetii
Larva migrans neurale, tra cui baylisascariasi (encefalite
del procione), toxocariasi (cani), angiostrongilosi
(roditori)
Listeria monocytogenes
Bartonella henselae
Rabbia
lite infettiva non erpetica rimane controverso. Al di fuori
dei singoli casi clinici, l’unica evidenza di supporto disponibile per il loro impiego deriva dal trattamento della leucoencefalopatia multifocale progressiva, un’encefalite
subacuta/cronica causata dal poliomavirus JC che si verifica principalmente nei pazienti HIV-positivi gravemente
immunocompromessi.
Il mantenimento di un’adeguata pressione di perfusione cerebrale (cerebral perfusion pressure = CPP) (il valore generalmente ammesso è di 70 mm Hg o superiore
oltre i 2 anni d’età) è un aspetto critico nel trattamento
dell’encefalite infettiva. Un aumento della pressione
endocranica è un reperto variabile nell’encefalite. La preservazione della CPP mediante il controllo della pressione
endocranica è un elemento importante del trattamento.
In una casistica di 20 bambini con meningite o meninPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 153
malattie infettive encefalite
Tabella 7.
Esempi di reperti specifici per agenti nell’encefalite infettiva
Agente
Localizzazione
Altri dettagli specifici
HSV I
Lobi basali frontali e temporali mesiali con
lesioni prominenti alla RM nei bambini più
grandi e negli adulti; il tropismo non è
affidabile nei neonati
Panencefalite neonatale;
meningite asettica dell’adulto;
romboencefalite o mielite ascendente in
adulti immunocompromessi
Encefalite del tronco cerebrale;
sindrome poliomielitica
Meningoencefalite emorragica; >50% dei casi nei
soggetti di età >20 anni; causa fino al 30%
dei casi di meningoencefalite neonatale
HSV II
Enterovirus 71
Encefalite equina
dell’est
Virus West Nile
Parotite
50% dei pazienti affetti da lesioni MRI nei
gangli basali, talamo e tronco cerebrale
Encefalite del tronco cerebrale; mieliti nel
10% dei casi; gangli basali interessati
meno frequentemente
Cellule ependimali (plesso coroideo e
rivestimento dei ventricoli); distruzione
neuronale secondaria e demielinizzazione
perivascolare
goencefalite sono deceduti 4 dei 4 pazienti con CPP <50
mm Hg, mentre sono sopravvissuti 3 dei 16 con CPP
mantenuta a valori >50 mm Hg. (7)
In presenza di ipertensione endocranica sintomatica, i
provvedimenti conservativi (elevazione del capo, iperventilazione e restrizione idrica) sono le strategie maggiormente accettate. Il mannitolo viene impiegato in maniera
limitata, come documentano singoli casi clinici e piccole
casistiche. La durata del suo impiego, tuttavia, è limitata
dalla dinamica dell’ipertensione endocranica correlata
all’infiammazione, con possibile compromissione della
barriera emato-encefalica e passaggio di agenti osmoticamente attivi nello spazio extravascolare. Tale risultato può
portare a ulteriore peggioramento dell’edema cerebrale.
Se le strategie più conservative falliscono e anche il mannitolo è inefficace, rapporti isolati e piccole casistiche (3–4
pazienti) comprovano l’efficacia dell’impiego della craniectomia per decompressione.
Il trattamento delle convulsioni sintomatiche diventa
spesso un aspetto nodale della terapia dei pazienti con
encefalite. Nel CEP, il 42% dei pazienti ha presentato convulsioni. Di questi, 62 pazienti hanno sviluppato convulsioni intrattabili con necessità di coma indotto con barbiturici o anestesia. Questo gruppo di pazienti ha avuto una
mortalità del 32% rispetto alla mortalità complessiva
dell’11% dell’intera coorte. Nel trattamento dei pazienti
con convulsioni sintomatiche acute correlate a encefalite
sono stati impiegati quasi tutti gli anticonvulsivanti. Le
molecole di più facile somministrazione sono disponibili
154 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
Una causa di malattia epidemica mani, piedi,
bocca; inoltre epidemie di encefalomielite a
Taiwan; edema polmonare acuto
Stagionalità estate-autunno; coste atlantica e
del Golfo; regione dei Grandi Laghi
Soltanto il 4% dei casi è pediatrico; stagionalità
estate-autunno
Tardo inverno-inizio primavera; la maggior parte
dei pazienti ha soltanto sintomi di meningite
asettica
in formulazione per via endovenosa e sono benzodiazepine (midazolam, lorazepam, diazepam), barbiturici (fenobarbital, pentobarbital), anestetici (propofol, ketamina,
anestetici inalatori), fenitoina, fosfenitoina, divalproex
sodico e levetiracetam. L’approccio classico ha inizio con
la somministrazione di benzodiazepine al riconoscimento
di attività convulsiva ricorrente o protratta, seguite dall’impiego di un anticonvulsivante più sostenibile, con l’intento di mantenerlo. Fosfenitoina, fenobarbital e, in alcuni centri, fenitoina rappresentano ancora gli anticonvulsivanti di maggior impiego per questa applicazione; ma gli
anticonvulsivanti più recenti, come divalproex o levetiracetam, stanno acquistando gradimento.
Se livelli terapeutici più elevati o dosaggi apparentemente adeguati non riescono a ottenere la cessazione
dell’attività convulsiva, l’infusione di sedativi o anestetici
si propone come il trattamento successivo più probabile,
tra cui l’impiego di midazolam, pentobarbital, propofol
o gocce di ketamine. Nel corso di questa fase di trattamento, si registra di solito il monitoraggio con EEG al
letto del paziente, giustificato sia dalla prevalenza di altre
convulsioni subcliniche non rilevabili nel paziente in coma
sia dal desiderio di ottenere una soppressione burst del
tracciato EEG quale parametro di adeguatezza del dosaggio.
Spesso, durante l’escalation della terapia con ipnoticosedativi e anestetici, al regime di trattamento si aggiungono altri anticonvulsivanti, in formulazione endovenosa,
per via nasogastrica o altra via enterale diretta. L’impiego
malattie infettive encefalite
della politerapia è mirato a ottenere una più rapida cessazione delle convulsioni come pure una configurazione di
anticonvulsivanti più stabile, facilitando l’efficacia della
sospensione dell’anestetico senza recidiva delle convulsioni. Le interazioni metaboliche, tuttavia, possono frustrare
i tentativi di raggiungere livelli terapeutici di qualsiasi o di
tutti i farmaci impiegati contemporaneamente.
Gli anestetici inalanti sono spesso impiegati come trattamento di ultima spiaggia. L’impiego isolato di chetosi o
stimolazione vagale ha anch’esso prodotto risultati limitati. In generale, quanto più lungo è l’elenco di interventi
anticonvulsivanti inefficaci, tanto peggiore è la prognosi
per una guarigione completa e in generale per la sopravvivenza.
Esiti
Gli esiti clinici dell’encefalite sia infettiva sia infiammatoria
variano dalla guarigione completa alla morte. La predizione accurata dell’esito clinico rimane elusiva. Ciononostante si possono identificare parecchi fattori che influenzano
fortemente la probabilità di guarigione: la natura dell’agente infettivo o del processo, l’età del paziente, l’entità
dell’interessamento cerebrale primitivo e del midollo spinale, la presenza di edema cerebrale complicato, l’entità
della perfusione cerebrale e del danno vascolare, la presenza di patologie e complicanze a carico di altri apparati
e la risposta alle strategie di trattamento. L’importanza
degli aspetti non neurologici delle malattie infettive nel
condizionare l’esito non dovrebbe essere sottostimata.
Tale associazione è particolarmente vera nell’encefalite
neonatale accompagnata da sindromi simil-settiche, polmonite infettiva o epatite, che possono dare luogo a tassi
di mortalità >50%. Anche nei bambini più grandi, le pneumopatie in particolare condizionano l’esito, come nell’epidemia di Taiwan da enterovirus 71, in cui la sopravvivenza peggiore si è osservata nei soggetti con edema polmonare nella fase acuta della malattia. (8)
La questione della capacità funzionale futura è di particolare importanza per le famiglie dei bambini sopravvissuti all’encefalite. La risposta a questo interrogativo dipende
in gran parte dall’agente eziologico. Come principio generale, gli agenti che determinano una necrosi cerebrale
più estesa (soprattutto se la lesione emisferica bilaterale o
al tronco cerebrale è ampia) o patologia vascolare comportano gli esiti funzionali peggiori.
Diversamente, i dati statistici disponibili offrono una
piccola guida nella consulenza sulla prevenzione. L’agente eziologico specifico svolge un qualche ruolo; per esempio, in alcune casistiche oltre il 60% dei pazienti con encefalite da HSV sviluppa alcune sequele neurologiche identificabili. Ma l’80% dei bambini di Taiwan colpiti dall’enterovirus 71 non presentava deficit identificabili alla visita
dopo >2 anni dall’encefalite. (8)
Il rischio di sequele più sfumate a lungo termine, anche
nei casi in cui non ci siano deficit evidenti a breve termine, rimane un argomento controverso. Per esempio, degli
86 bambini di Taiwan valutati a distanza di 3-7 anni dopo
meningite o encefalite da enterovirus 71, il 20% ha presentato sintomi legati a disturbo da deficit dell’attenzione
con iperattività rispetto al 3% soltanto dei soggetti di controllo. (9) L’incidenza di complicanze neurologiche analoghe in altre cause di encefalite rimane attualmente
ampiamente priva di documentazione.
Riassunto
• Il tema dell’encefalite abbraccia un enorme spettro di
agenti eziologici, sindromi cliniche ed esiti.
• Le opzioni terapeutiche rimangono ampiamente di
supporto, a eccezione di un numero selezionato di casi
in cui è presente un possibile o probabile agente
eziologico e per i quali ci sia una terapia specifica.
• La causa specifica di encefalite nella popolazione sia
pediatrica sia adulta rimane sconosciuta nella maggior
parte dei casi, malgrado ampie indagini diagnostiche.
(1)
• Le cause specifiche di encefalite hanno spesso
caratteristiche classicamente riportate, ma l’entità della
sovrapposizione della sintomatologia clinica impone
un’ampia considerazione delle possibili cause. (1)
• Le cause parainfettive e infiammatorie di encefalite
(encefalomielite disseminata acuta) hanno prevalenza e
impatto clinico come le infezioni dirette del SNC.
(9)(10)(11)
• L’esito clinico è ampiamente determinato dalla natura
dell’agente eziologico, ma con un contributo
significativo da parte di fattori quali interessamento di
altri apparati, controllo delle convulsioni e perfusione
cerebrale. (7)
Considerazioni sulla
realtà italiana
Le encefaliti: dall’anamnesi al monitoraggio clinico
Sotto il profilo epidemiologico non ci sono sostanziali differenze tra Stati Uniti e Italia né tantomeno, nel nostro quadro
nazionale, tra gruppi etnici di provenienza diversa. Uno degli
aspetti da considerare sono in ogni caso i viaggi che i bambini italiani ed extracomunitari, per turismo o ragioni familiari,
possono compiere in paesi con standard igienici nettamente
inferiori rispetto a quelli europei. Sempre a livello anamnestico è utile verificare se nelle due settimane precedenti l’esordio della sintomatologia neurologica si siano verificate infezioni – anche in apparenza banali – oppure siano comparse
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 155
malattie infettive encefalite
lesioni cutanee sospette. I sintomi cardine per il pediatra,
oltre alla febbre, sono le alterazioni della vigilanza e della
coscienza, l’ipersonnia ed eventuali anomalie del coordinamento motorio e in generale del comportamento, nel qual
caso, a fronte di un fondato sospetto, si impone il ricovero del
bambino in ospedale. La sfida posta dall’encefalite, d’altra
parte, non è tanto per la diagnosi in sé quanto per l’identificazione dell’agente eziologico. Sotto il profilo clinico lo spettro di gravità è variabile da crisi epilettiche e disturbi della
coscienza autolimitanti alla sindrome cerebellare fino all’impatto devastante e spesso invalidante dell’encefalite erpetica:
di conseguenza la formulazione della prognosi riserva notevoli limiti, anche perché nelle fasi iniziali non è facile disporre di indici affidabili (l’esame del liquor permette di identificare la presenza di un processo infiammatorio e l’elettroencefalogramma può fornire un supporto di orientamento senza
però alcun elemento conclusivo). È dunque importante il
monitoraggio dell’andamento clinico, che può estrinsecarsi in
forme di epilessia farmacoresistente, emi- e tetraparesi,
disturbi della sfera cognitiva, alterazioni della dinamica respiratoria con necessità di ventilazione assistita (in caso di interessamento del tronco encefalico) e altre manifestazioni e
possibili sequele.
Un terreno fertile di ricerca è quello delle encefaliti autoimmuni, come l’encefalite limbica, che può essere espressione di
un insulto diretto del virus sul tessuto nervoso ma anche di
una reazione contro il self, per la quale possono tornare utili
trattamenti con cortisonici, gamma-globuline e plasmaferesi.
Proprio in questo ambito sono stati recentemente caratterizzati numerosi autoanticorpi, che possono aprire nuove frontiere sul versante diagnostico e terapeutico.
Consulenza del dott. Nardo Nardocci Direttore U.O.
Neuropsichiatria Infantile - Dipartimento di Neuroscienze
Pediatriche, Istituto Fondazione IRCCS Carlo Besta (Milano)
Testo a cura di P.C. Salari
156 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
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Traduzione a cura di P.C. Salari
malattie infettive encefalite
PIR Quiz
17. Una bambina di 9 anni d’età presenta segni di encefalite acuta. La possibilità che l’agente responsabile sia il
virus dell’herpes simplex è significativamente aumentata da un reperto alla MR di lesioni concentrate a livello di
A.
B.
C.
D.
Talamo
Lobi temporali
Gangli basali
Mesencefalo
18. Tra i seguenti funghi, quale non rientra tra le cause di encefalite micotica:
A.
B.
C.
D.
Candida albicans
Cryptococcus neoformans
Histoplasma capsulatum
Paracoccidioides brasiliensis
19. Tra le seguenti, la forma di encefalite che trae vantaggio dall’impiego di glucocorticoidi ad alto dosaggio è
A.
B.
C.
D.
Encefalite di Saint Louis
Encefalite acuta disseminata
Encefalite enterovirale
Encefalite da herpes simplex
20. Tra i seguenti fattori, quale condiziona maggiormente la probabilità di guarigione completa da encefalite:
A.
B.
C.
D.
Durata della febbre
Risultati dell’esame del liquor
Disponibilità di trattamenti specifici
Tipologia dell’agente responsabile
21. A un bambino di 7 anni d’età viene diagnosticata un’encefalite limbica che ha mostrato un decorso graduale,
con una sintomatologia dapprima sfumata. Appare anemico e negli ultimi 3 mesi la madre riferisce un calo di
peso significativo. Il quadro clinico è compatibile con:
A.
B.
C.
D.
Encefalite rubeolica
Rabbia
Sindrome paraneoplastica
Encefalite micotica
22. Il controllo delle zanzare è efficace nel ridurre la frequenza di encefalite causata da:
A.
B.
C.
D.
Picornavirus
Flavivirus
Herpesvirus
Adenovirus
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 157
malattie infettive encefalite
23. Tra le seguenti azioni, quale non è prioritaria nell’approccio a un bambino appena ricoverato con sintomatologia
suggestiva di encefalite:
A.
B.
C.
D.
Stabilizzazione delle condizioni cliniche
Esecuzione di una puntura lombare
Esecuzione di un EEG
Tutte e tre sono iniziative prioritarie
24. A un ragazzo di 13 anni d’età, clinicamente stabile, è stata diagnosticata un’encefalite acuta. La RM ha
evidenziato anomalie multifocali diffuse nella sostanza bianca e grigia cerebrale. Una valutazione appropriata
del plasma e del liquor non ha evidenziato elementi suggestivi. Con maggiori probabilità la forma patologica è di
A.
B.
C.
D.
Encefalite enterovirale
Sclerosi multipla
Encefalomielite acuta disseminata
Encefalite da Mycoplasma
158 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
indizio di sospetto
Caso 1: Irritabilità e segni di peritonite in un neonato
Caso 2: Occhio arrossato, lacrimazione eccessiva,
fotofobia, irritabilità e splenomegalia in un
lattante
Caso 3: Tosse e anomalie polmonari a destra in una
bambina di 2 anni di età
Caso 1 Presentazione
Il lettore è incoraggiato a mettere per
iscritto alcune possibili diagnosi prima di
passare alla discussione.
I direttori e lo staff di Pediatrics in Review
si trovano nella fortunata condizione di
avere troppe richieste per la rubrica
Indizio di sospetto. Il nostro spazio di
pubblicazione per l’Indizio di sospetto è
completo fino al 2013. Poiché non
pensiamo sia corretto differire la
pubblicazione oltre tale data, abbiamo
deciso di non accettare nuovi casi al
momento. Inseriremo un annuncio su
Pediatrics in Review quando riprenderemo
ad accettare nuovi casi.
Ci scusiamo per aver dovuto prendere una
tale decisione, ma desideriamo essere
equi con tutti gli autori. Vi ringraziamo
per l’interesse dimostrato per la rivista.
Dichiarazione dell’autore
I Dottori Dziuban, Mychaliska, Tuli, Tuli,
Khuddus, Bock, Price, Radhakrishnan e
Mateos-Corral dichiarano l’assenza di
conflitto di interesse relativamente ai
presenti casi. Il presente commento non
contiene discussioni di un impiego non
approvato/per uso sperimentale di un
prodotto/strumento commerciale.
Un bambino di 7 giorni di vita, nato a
termine, viene portato in pronto soccorso dalla madre adottiva perché rifiuta di alimentarsi da circa 20 ore e a
seguito di un pianto crescente, anche
se a volte è consolabile. Quando gli si
offre il poppatoio, il bimbo incomincia a succhiare, ma poi piange come se
provasse dolore. Non ha vomitato e
l’ultima scarica risale al giorno precedente. Le feci erano discretamente
formate, senza sangue o muco; la diuresi è presente. Non ha presentato sintomi respiratori, letargia, esantemi o
ittero. La madre biologica è una
ragazza di 27 anni di età nota per un
pregresso consumo di stupefacenti e
aveva ricevuto qualche tipo di assistenza prenatale. Il bambino era nato
con taglio cesareo programmato.
Alla visita iniziale, il neonato piange ma è consolabile. La temperatura è
37,7°C, la frequenza cardiaca 170
battiti/minuto e la frequenza respiratoria 56 atti/minuto; la restante
obiettività è nella norma.
L’emocromo completo (globuli
bianchi [white blood cell = WBC]
11,7 109/L, neutrofili 78,5%, monociti 11,4%, linfociti 9,8%), la con-
Abbreviazioni di uso frequente
acute lymphoblastic leukemia
= leucemia linfoblastica acuta
AN: appendicite neonatale
IVC: inferior vena cava = vena cava
inferiore
NEC: necrotizing enterocolitis =
enterocolite necrotizzante
TC:
tomografia computerizzata
WBC: white blood cell = globuli
bianchi
ALL:
centrazione plasmatica di elettroliti e
glucosio, l’esame delle urine e del
liquido cerebrospinale risultano nella
norma. Si eseguono prelievi per esami
colturali. La radiografia dell’addome è
normale e un’ecografia addominale
mostra tracce di fluido nella pelvi. Gli
viene somministrato un bolo di soluzione fisiologica e una copertura antibiotica per una possibile sepsi. Poche
ore dopo il ricovero, una nuova valutazione clinica evidenzia un’inconsolabilità, una riduzione del riflesso di
suzione e uno stato di letargia. L’addome è disteso, teso e dolente alla palpazione. La peristalsi è normale. Vengono eseguiti ulteriori esami che portano alla diagnosi.
Caso 2 Presentazione
Un bambino di 10 mesi di vita precedentemente sano viene visitato perché
da 2 settimane presenta un arrossamento e lacrimazione all’occhio sinistro. In precedenza, presso un ambulatorio per le urgenze, gli era stata
posta una diagnosi di congiuntivite ed
è stato trattato per 10 giorni con un
collirio a base di polimixina B/trimethoprim, senza ottenere alcun
miglioramento. È sembrato caldo a
volte, ma la temperatura non è mai
salita sopra i 37,8°C. È stato irritabile,
specialmente in presenza di luci intense, e ha rifiutato di alimentarsi. Non
presenta esantemi. Muove bene gli
arti. Vive con il padre (medico) e la
madre (casalinga). È in regola con le
vaccinazioni e lo sviluppo è normale.
Clinicamente, sembra sano e non
sofferente. Non ha febbre e i parametri vitali sono nel range di normalità.
L’obiettività clinica è nella norma,
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 161
indizio di sospetto
fatta eccezione per una punta di milza
che si apprezza alla palpazione. L’esame oculistico evidenzia che il paziente
fissa e segue gli oggetti con l’occhio
destro, ma non con il sinistro. È difficile valutare le pupille perché sono
miotiche e il bimbo è fotofobico.
L’occhio sinistro presenta un’iniezione rosata pericorneale. Le cornee
sono trasparenti, ma è presente del
materiale bianco nella camera anteriore dell’occhio sinistro, stratificato in
un hypopion. L’iride è iperemica con
vasi dilatati e visibili. Il riflesso rosso è
presente a destra, mentre non è visualizzabile a sinistra. Un approfondimento porta alla diagnosi.
Caso 3 Presentazione
Una bambina di 2 anni e mezzo di età
giunge in un pronto soccorso esterno
per una congestione nasale e una tosse
ingravescente che durano da 1 settimana. Viene dimessa in terapia con
cotrimossazolo, ma torna il giorno
successivo per un peggioramento
della tosse, una febbre moderata
(38,3°C) e una riduzione dell’apporto
di liquidi. Il referto della radiografia
del torace indica una polmonite a carico del lobo inferiore destro con tappo
di muco. L’antibiotico viene sostituito
con l’azitromicina e la bimba viene
dimessa. Tre giorni dopo i sintomi
sono nettamente migliorati, mentre la
radiografia di controllo, a distanza di
2 settimane, non mostra alcun miglioramento.
La bimba viene inviata a un centro
di terzo livello, dove appare in buone
condizioni, a eccezione della tosse
sotto sforzo quale unico sintomo riferito. Non ha febbre, pesa 11,3 kg (5°
percentile) ed è alta 88 cm (10° percentile). I parametri vitali sono nei
limiti di norma, con una saturazione
di ossigeno del 96% in aria ambiente.
L’obiettività clinica è del tutto normale.
La conta dei WBC è 11,5 103/L e l’aspartato aminotransferasi
è leggermente aumentata a 45 U/L.
Gli elettroliti sierici, la velocità di eri162 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
trosedimentazione, la proteina Creattiva e la sierologia per Mycoplasma
sono nella norma. L’ultima radiografia mostra un’opacità destra eterogenea, che copre il margine cardiaco
destro, oblitera l’angolo costofrenico
destro, con uno spostamento della
linea mediana verso destra e un sollevamento dell’emidiaframma destro
(Fig 1). Un’ecografia toracica non
evidenzia versamenti pleurici. Un
ulteriore esame individua la patologia.
portato in sala operatoria per una
laparotomia esplorativa, che evidenziò
un quadro di appendicite perforata. Si
procedette a un’appendicectomia e
all’esame colturale di un fluido peritoneale denso, che in seguito si positivizzò per Enterococcus gallinarum e
Serratia marcescens, entrambi comuni
germi enterici. Il paziente si è ripreso
perfettamente dalla malattia e dall’intervento.
Diagnosi differenziale
Caso 1 Discussione
Per il quadro peritonitico all’esame
dell’addome, si è sospettato un processo addominale acuto. Una tomografia computerizzata (TC) dell’addome mostrava aree circoscritte di gas
intraperitoneale libero (pneumoperitoneo) e una moderata quantità di
fluido libero. Il bimbo fu rianimato e
Ogni situazione di pianto eccessivo o
difficoltà ad alimentarsi in un neonato
deve essere valutata accuratamente,
perché un gran numero di patologie
pericolose può causare un quadro clinico simile e non specifico. La diagnosi differenziale per questi segni
non specifici è ampia e, di solito, un’anamnesi approfondita e l’esame clinico sono utili per determinare la causa.
Figura 1. Radiografia del torace che mostra un’opacità eterogenea destra che
nasconde il margine cardiaco destro e oblitera il seno costofrenico destro, uno
spostamento della linea mediana verso destra e un sollevamento dell’emidiaframma
destro.
indizio di sospetto
Si devono prendere in considerazione infezioni gravi (sepsi, meningite
e pielonefrite); patologie che causano
un’ipossiemia (patologie polmonari
vascolari o delle vie aeree); patologie
gastrointestinali ostruttive (enterocolite necrotizzante [necrotizing enterocolitis = NEC], malrotazione con volvolo ileale, ernie inguinali od ombelicali incarcerate e invaginazione); cardiopatie congenite; condizioni causa
di malessere o dolore (crisi di astinenza, stipsi, reflusso gastroesofageo, coliche, mughetto, abrasioni corneali e
tourniquet da capelli); e malattie metaboliche.
La diagnosi differenziale deve anche comprendere aspetti psicosociali
come maltrattamento, scarsa comprensione delle indicazioni sull’alimentazione, violenze (fratture occulte,
emorragie endocraniche), depressione
materna ed errata valutazione del normale comportamento di un neonato.
È importante quantificare accuratamente l’orario, la durata e le modalità
dei pasti e il medico deve stabilire se il
latte formulato venga ricostituito e
preparato correttamente. Un quadro
peritonitico, con dolore, tensione e
reazione di difesa addominali impone
una valutazione e un trattamento
immediati. Le radiografie in bianco
dell’addome (specialmente in posizione eretta e in proiezione laterale) o una
TC possono evidenziare uno pneumoperitoneo da lesione intestinale transmurale.
La diagnosi differenziale di una
perforazione intestinale in un neonato
a termine comprende la NEC, la perforazione intestinale spontanea (specialmente nei bambini trattati con
indometacina per facilitare la chiusura
di un dotto arterioso pervio), una perforazione gastrica da sondino naso- od
orogastrico, un’ostruzione intestinale
neonatale complicata e, raramente,
un’appendicite perforata. Una perforazione intestinale neonatale è un’emergenza chirurgica che richiede una
diagnosi e un trattamento d’emergenza.
La patologia
L’appendicite neonatale (AN) è rara e
si associa a un’elevata frequenza di
perforazioni. Sebbene l’incidenza
annuale dell’appendicite nei bambini
in età scolare possa arrivare a 28 casi
per 10.000 bambini, si calcola che
l’incidenza di AN sia molto bassa
(<0,04%). In una revisione della letteratura, l’AN è stata descritta più frequentemente nei maschi (75%) e nei
neonati pretermine (52%) e l’età
media all’epoca della diagnosi era di
circa 14 giorni. Sono state ipotizzate
molte ragioni per tale bassa frequenza;
ricordiamo che l’appendice del neonato ha una forma allungata, con un orifizio ampio, e un’ostruzione del lume
da parte di fecaliti è insolita in questa
fascia di età.
La fisiopatologia dell’AN in alcuni
casi può essere legata a malformazioni
congenite che interferiscono con la
perfusione tissutale o l’apporto vascolare, con conseguente ischemia e successiva necrosi coagulativa dell’appendice. Un’appendice perforata nelle
prime settimane di vita può essere
osservata in neonati con un’ostruzione intestinale distale, per esempio per
una malattia di Hirschsprung o un
ileo da meconio dovuto a fibrosi cistica. Nei neonati che hanno avuto
un’appendicite perforata si devono ricercare accuratamente queste patologie mediante biopsia rettale per aspirazione o screening genetico, in base
alle indicazioni.
Le caratteristiche cliniche dell’AN
sono la distensione addominale, il
dolore, l’anoressia, il vomito, l’irritabilità e la letargia. A volte si apprezza
una massa addominale. Degno di nota
il fatto che, spesso, la febbre non è un
sintomo rilevante. La diagnosi viene
molto spesso confusa con quella di
NEC. I neonati sono particolarmente
soggetti a una diagnosi tardiva, proprio per la natura non specifica dei
segni e la bassa frequenza dell’AN.
Mentre la radiografia in bianco e
l’ecografia possono identificare, rispettivamente, uno pneumoperitoneo e
un’infiammazione dell’appendice, la
TC può essere più sensibile e specifica
per porre una diagnosi di appendicite
in questa fascia di età.
Trattamento e prognosi
L’appendicectomia è considerata il
trattamento di scelta per l’AN. La
consulenza del chirurgo deve avvenire
non appena compaiono i segni di interessamento peritoneale. Si deve sospendere l’alimentazione per bocca,
mentre si deve avviare rapidamente
un’infusione di fluidi con una copertura antibiotica per via endovenosa ad
ampio spettro.
Il rischio di perforazione e di mortalità per appendicite è maggiore nei
neonati rispetto alle altre popolazioni
pediatriche, spesso per la tardività
della diagnosi. Una diagnosi e un trattamento tempestivi dovrebbero portare a un esito soddisfacente.
Insegnamenti per il medico
• Un’anamnesi e un esame clinico
accurati nel neonato possono contribuire a differenziare un dolore
addominale da un’irritabilità generica, permettendo di arrivare a una
diagnosi differenziale più mirata.
• L’appendicite è rara nel neonato,
ma si associa a un alto rischio di
perforazione.
• Cause potenziali di AN sono una
limitazione dell’apporto ematico
all’appendice, un aumento della
pressione intraluminale per un’ostruzione distale (inclusi una malattia di Hirschsprung e un ileo da
meconio) e un processo infiammatorio simile a una NEC localizzata.
• Il trattamento immediato di un’AN
deve comprendere una copertura
antibiotica contro i germi enterici,
una rianimazione corretta e un
intervento chirurgico tempestivo.
(Eric Dziuban, MD, Kerry Mychaliska,
MD, C. S. Mott Children’s Hospital,
University of Michigan, Ann Arbor,
MI)
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 163
indizio di sospetto
Caso 2 Discussione
Davanti a un lattante con un occhio
“rosa” non si deve pensare esclusivamente a una congiuntivite. Per confermare la diagnosi, si deve raccogliere un’anamnesi accurata ed eseguire
un esame oculistico. L’esame deve
comprendere una valutazione della
visione (capacità di fissazione e di
seguire il movimento di un oggetto),
sede e tipo dell’iniezione congiuntivale, natura del riflesso corneale alla luce
e trasparenza corneale, architettura
dell’iride e reazione pupillare alla luce.
Infine, si deve ricercare il riflesso rosso
con un oftalmoscopio, per escludere
un’opacamento dei mezzi, che si manifesta come aree scure nel riflesso rosso
o nell’assenza del riflesso alla luce.
Il primo passo è stabilire se la patologia sia intra- o extraoculare. Nei
bambini più grandi, domande mirate
possono distinguere il disturbo da corpo estraneo della congiuntivite o per
un’abrasione dalla fotofobia di un’irite
o di un glaucoma congenito o giovanile. Questa sensazione di corpo estraneo può essere alleviata somministrando gocce anestetiche, mentre il passaggio in un ambiente buio allevia la
fotofobia di un’irite e di un glaucoma.
Di solito, una patologia extraoculare si associa a un’iniezione congiuntivale rosso brillante, più evidente a
livello dei fornici, mentre una patologia intraoculare si mostra con una
colorazione rosata più sfumata, localizzata prevalentemente nell’area
intorno alla cornea (iniezione pericorneale). Nel glaucoma congenito è presente un’importante fotofobia con
lacrimazione e la cornea appare opaca
e più grande del normale (buftalmo).
Una visione offuscata dell’iride con
una pupilla che non sembra muoversi
e una cataratta sono segni di un’irite,
che può essere la manifestazione d’esordio di un’artrite giovanile idiopatica. Un’irite di solito è idiopatica, ma
può svilupparsi in caso di sarcoidosi,
malattia di Behçet, toxoplasmosi e
infezioni da herpes simplex. Un’irite
grave può far sì che un gran numero
164 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
di cellule infiammatorie fuoriescano
dall’iride, andando a sedimentarsi nella camera anteriore in un fluido biancastro chiamato ipopion.
Questo paziente era affetto da una
patologia intraoculare, come emergeva
dalla fotofobia, dall’iniezione pericorneale e dall’ipopion. Nei neonati, un’irite da causa sconosciuta è rara. Inoltre, l’iride appariva di per sé evidentemente anormale, con vasi dilatati alla
visione in ingrandimento. Questo quadro fece sospettare ai medici una patologia insolita, come un retinoblastoma
o un’infiltrazione dell’iride.
Il bimbo fu inviato all’oculista e un
esame in anestesia confermò l’aspetto
inconsueto dell’hypopion e dell’iride.
Un esame del fundus in dilatazione
escluse un retinoblastoma. Si procedette a una puntura della camera anteriore, che dimostrò un notevole numero di linfociti. L’emocromo mostrò
un’emoglobina di 9,1 g/dL, una conteggio piastrinico di 140.000/L, un
conteggio dei WBC di 19.000/L
(23% di neutrofili, 55% di linfociti, 5%
di monociti, 3% di eosinofili e 14% di
cellule immature). In base a questi
riscontri, si procedette a un aspirato
midollare, che evidenziò un gran
numero di linfoblasti omogenei, confermando la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta (acute lymphoblastic
leukemia = ALL).
La patologia
L’ALL è la conseguenza di un riarrangiamento o di una mutazione cromosomica a livello delle cellule staminali
ematopoietiche, che porta a una proliferazione clonale sregolata di precursori delle cellule linfocitarie. L’ALL
rappresenta il 77% di tutti i casi di leucemia nei bambini; è più comune fra i
2 e i 6 anni di età e nei maschi. La
maggior parte dei casi di ALL deriva
da progenitori delle cellule B, il 15%
da cellule T e l’1%-2% da cellule B
mature.
Nell’ALL sono state identificate
diverse anomalie del cariotipo: le più
comuni sono il gene di fusione TEL-
AML1, che ha una prognosi favorevole, e i riarrangiamenti del gene MLL
sulla banda cromosomica 11q23,
molto comune nei lattanti e gravata
da una prognosi particolarmente infausta.
L’ALL si manifesta inizialmente
con sintomi non specifici, come febbre modesta, anoressia, affaticamento
e irritabilità. Con la progressiva sostituzione del midollo osseo normale da
parte delle cellule neoplastiche, si rendono evidenti le caratteristiche cliniche di un’insufficienza midollare,
come pallore, ecchimosi, epistassi,
petecchie e infezioni ricorrenti. Si possono osservare un dolore osseo intenso e persino dolenzia. L’infiltrazione
degli organi porta a linfoadenopatia,
splenomegalia ed epatomegalia. L’infiltrazione di testicoli e ovaie è rara e si
verifica in meno del 5% dei casi. L’interessamento del sistema nervoso centrale può provocare un aumento della
pressione endocranica e paralisi dei
nervi cranici.
L’interessamento oculare è una rara
modalità di presentazione dell’ALL e,
di solito, interessa il segmento posteriore dell’occhio. L’infiltrazione del
nervo ottico e le emorragie retiniche
sono le manifestazioni più comuni. Un
coinvolgimento del segmento anteriore con infiltrazione dell’iride è relativamente raro e si manifesta con fotofobia, decolorazione e distorsione dell’iride e, occasionalmente, ipopion.
Trattamento
La terapia iniziale di un’ALL è definita “induzione della remissione” e ha
lo scopo di eradicare le cellule leucemiche dal midollo osseo. Il trattamento induce la remissione, definita come
meno del 5% di blasti a livello midollare, in oltre il 98% dei pazienti. La
chemioterapia intratecale viene somministrata per trattare e prevenire l’interessamento del sistema nervoso centrale. L’intensità della successiva terapia si basa sui fattori di rischio. Infine,
la terapia di mantenimento viene prescritta per 2-3 anni. Il tasso di soprav-
indizio di sospetto
vivenza a 5 anni per i bambini con
ALL è attualmente compreso fra
l’80% e il 90%.
L’interessamento oculare nell’ALL
ha una prognosi particolarmente sfavorevole. L’occhio è un santuario farmacologico per i chemioterapici e può
ospitare cellule leucemiche anche
dopo che sia stata raggiunta la “guarigione” a livello sistemico. Il trattamento della patologia oculare prevede
pertanto la radioterapia dell’orbita a
forti dosi. Tuttavia, gli studi hanno
dimostrato che, nonostante interventi
eroici, la prognosi dopo un interessamento oculare è grave. Nonostante la
chemioterapia, il nostro bimbo morì 2
mesi più tardi.
Insegnamenti per il medico
• Un bambino con un occhio arrossato deve essere valutato accuratamente per confermare la diagnosi
di congiuntivite e non essere solo
trattato empiricamente con colliri.
• Un’iniezione rosa pericorneale e la
fotofobia sono segni di un processo intraoculare e impongono una
valutazione specialistica.
• Un’infiammazione intraoculare grave con un ipopion è di solito funesta e deve portare a una valutazione sistemica; inoltre, in presenza di
ipopion, si deve procedere a un
aspirato per determinarne l’eziologia.
• L’infiltrazione leucemica dell’occhio è un cattivo fattore prognostico e indica un alto rischio di insuccesso del trattamento, nonostante
interventi eroici.
(Sanjeev Tuli, MD, Sonal Tuli, MD,
Nausheen Khuddus, MD, University of
Florida, Gainesville, FL)
Caso 3 Discussione
Una TC del torace mostrò un polmone destro bilobato, ipoplastico e
connesso con il polmone sinistro
posteriormente al cuore, a formare
Figura 2. Immagine TC del torace che mostra un’ipoplasia del polmone destro, che è
connesso posteriormente al cuore con il polmone sinistro, formando un polmone a
ferro di cavallo.
così un polmone a ferro di cavallo
(Fig 2). Il polmone sinistro appariva
normale. La distribuzione dei rami
dell’arteria polmonare appariva normale, senza contributi arteriosi sistemici. A sinistra erano presenti vene
polmonari normali, mentre a destra
era presente un ritorno venoso polmonare anomalo in vena cava inferiore (inferior vena cava = IVC), a livello sovraepatico (Fig 3). Questa
costellazione di segni era indicativa di
una sindrome della scimitarra.
Il quadro radiologico (opacità che
nasconde il margine cardiaco destro e
oblitera il seno costofrenico destro,
spostamento della linea mediana a
destra, sollevamento dell’emidiaframma destro) è probabilmente secondario all’ipoplasia polmonare destra.
L’immagine radiopaca verticale nell’emitorace destro potrebbe essere la
vena anomala nel suo decorso verso il
diaframma destro (Fig 1).
Alla sindrome della scimitarra si
associano spesso malformazioni cardiache. Un ecocardiogramma evidenziò un difetto interatriale ostium
secundum di moderate dimensioni,
una modesta dilatazione del ventricolo destro e l’anomalo ritorno venoso
polmonare destro già osservato alla
TC. In considerazione dell’età della
paziente e poiché era asintomatica e
non presentava segni di scompenso, si
preferì un approccio osservativo, con
controlli regolari. Comunque, fu in
seguito eseguito un cateterismo cardiaco per valutare il rapporto tra flusso
polmonare e sistemico (Qp/Qs) e si
procedette alla correzione chirurgica.
La patologia
La sindrome della scimitarra, una vaPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 165
indizio di sospetto
Figura 3. Immagine TC del torace che mostra un ritorno venoso anomalo polmonare
sistemico a destra nell’IVC a livello sovraepatico.
riante di ritorno venoso anomalo
polmonare parziale, è una rara
malformazione congenita, che interessa più frequentemente le femmine
rispetto ai maschi (1,4-2:1). La caratteristica classica della malformazione
è un drenaggio venoso polmonare
anomalo di una parte o dell’intero
polmone destro a livello della giunzione IVC-atrio, direttamente in
IVC o in atrio destro. Il drenaggio
anomalo avviene mediante una singola vena ricurva, definita “vena a
scimitarra” per la sua forma a mezzaluna nelle radiografie in proiezione
anteriore, che ricorda la scimitarra
turca, come si può vedere nella radiografia della nostra paziente.
La maggior parte dei casi di sindrome della scimitarra si associa a
un’ipoplasia parziale o totale del polmone destro, che spesso presenta ano-
166 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012
malie di lobazione, come un singolo
lobo o due, o più raramente una configurazione a ferro di cavallo, come
nella nostra paziente. Altre condizioni
comunemente associate sono un
apporto arterioso polmonare anomalo
al polmone destro, un’ipoplasia dell’arteria polmonare destra, la destroposizione del cuore (che va spesso a
nascondere la vena a scimitarra nella
radiografia), sequestri polmonari e
malformazioni cardiache, in particolare difetti interatriali tipo ostium
secundum, ma anche difetti interventricolari, stenosi delle vene polmonari,
coartazione aortica e pervietà del
dotto arterioso. È stata descritta anche
una sindrome della scimitarra dal lato
sinistro, in cui parte o tutte le vene
polmonari di sinistra si connettono
con l’IVC a destra.
Le manifestazioni cliniche della sin-
drome della scimitarra variano in base
all’età di presentazione. I lattanti spesso presentano segni più marcati, legati allo scompenso cardiaco e ad altre
condizioni polmonari o cardiache. I
segni comprendono tachipnea, difficoltà ad alimentarsi, scarso accrescimento, cianosi e letargia. La metà dei
pazienti in cui la diagnosi viene posta
dopo il primo anno di vita rimane
asintomatica e la diagnosi viene posta
quando si osservano occasionalmente
i segni tipici alla radiografia del torace.
Un’ipertensione polmonare può
essere presente all’esordio, per l’importante shunt sinistro-destro causato
dal drenaggio venoso polmonare
sistemico e dalle malformazioni cardiache associate. Altri fattori che contribuiscono allo sviluppo di un’ipertensione polmonare possono essere la
presenza di un flusso arterioso polmonare di origine sistemica al polmone
destro e una stenosi della vena a scimitarra, che si osserva fino nel 20% dei
casi.
Il cateterismo cardiaco è ancora
considerato da molti lo standard di
riferimento per la diagnosi. Il cateterismo permette di valutare il rapporto
Qp/Qs e, contemporaneamente, di
embolizzare un’arteria sistemica anomala nei lattanti sintomatici. Inizialmente si può tuttavia fare ricorso alla
TC del torace o alla angio-RM perché
queste metodiche forniscono ottime
immagini dell’anatomia cardiovascolare e polmonare, non sono invasive e
di solito sono facilmente disponibili.
L’ecocardiografia è utile per valutare
la funzione cardiaca, le malformazioni
cardiache associate e l’ipertensione
polmonare, oltre a confermare la presenza di un ritorno venoso polmonare anomalo parziale.
Trattamento
In linea generale, i pazienti in scompenso cardiaco congestizio, con un’ipertensione polmonare, un Qp/Qs
superiore a 1,5 e un’insufficiente
risposta al trattamento medico sono
candidati alla chirurgia. Tuttavia, un
indizio di sospetto
trattamento medico dello scompenso
deve essere tentato inizialmente nei
lattanti senza ipertensione polmonare,
allo scopo di ridurre i rischi associati a
una chirurgia precoce e consentire al
bambino di crescere. L’intervento
chirurgico ha lo scopo di ridirezionare il flusso della vena polmonare anomala verso l’atrio sinistro, correggere
le malformazioni cardiache associate e
legare ogni vaso arterioso sistemico
che rifornisca il polmone destro. In
alternativa, specialmente nel caso di
un sequestro polmonare associato e di
polmoniti ricorrenti, si può pensare a
una lobectomia o a una pneumonectomia. I pazienti asintomatici con
uno shunt sinistro-destro modesto
(Qp/Qs ≤1,5) non richiedono la correzione chirurgica e possono essere
seguiti conservativamente.
Insegnamenti per il medico
• La sindrome della scimitarra è una
rara forma di ritorno venoso anomalo polmonare parziale, associata
nella maggior parte dei casi a ipoplasia polmonare destra di entità
variabile, anomalie di lobazione e
malformazioni cardiache, in particolare difetti interatriali di tipo
ostium secundum.
• La sindrome della scimitarra va
presa in considerazione in pazienti
con segni di scompenso cardiaco o
ipertensione polmonare, come anche nei pazienti con polmoniti
ricorrenti a destra.
• I pazienti asintomatici con shunt
sinistro-destro modesto possono
essere seguiti conservativamente. I
pazienti sintomatici e quelli con
shunt sinistro-destro importante
devono essere trattati chirurgicamente.
(Dirk E. Bock, MD, April Price, BSc,
MD, Dhenuka K. Radhakrishnan,
BSc, MD, Department of Pediatrics,
Children’s Hospital, London Health
Sciences Centre, University of Western
Ontario, London, Ontario, Canada;
Dimas Mateos-Corral, MD, Department of Pediatrics, IWK Health Centre, Dalhousie University, Halifax,
Nova Scotia, Canada)
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consigliate per questi casi, visitate
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Suspicion”.
Traduzione a cura di L. Rosti
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 167
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S o m m a r i o
e18
e
r i a s s u n t i
Diagnosi visiva: Un neonato maschio con un ciuffo di capelli bianchi e macule ipopigmentate
e18. RIASSUNTO. Diagnosi visiva: Un neonato maschio con un ciuffo di capelli bianchi e macule ipopigmentate. Joshua Wong. Questo articolo presenta un neonato maschio afroamericano che è stato partorito a 39 settimane di gestazione dopo una gravidanza normale. Alla nascita il
neonato presenta un prominente ciuffo di capelli bianchi sull’attaccatura sulla fronte (figura sotto) e aree ampie e piatte di
ipopigmentazione sul torso e sugli arti. Tutti gli altri reperti
J. Wong
obiettivi sono nella norma. Al secondo giorno di vita, il neonato non risponde con successo allo screening dell’udito
mediante risposta uditiva del tronco encefalico dell’orecchio
sinistro, suggerendo una diagnosi. Pediatrics in Review
Edizione Originale. 2012;33:e18-e21. URL: pedsinreview.
aappublications.org/cgi/content/full/33/3/e18.
Traduzione a cura della Redazione Scientifica
Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 169
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