Vol. 22 No. 3 Marzo 2012 PediatricsinReview Aspetti psicologici delle patologie croniche Disabilità intellettiva Encefalite nella popolazione pediatrica 48 – Perrin, Gnanasekaran, Delahaye – Shea – Falchek COMPRESI NELL’ABBONAMENTO CREDITI ECM scadenza 31/12/2012 Mensile - Vol. 22 n. 3 - Mar. 2012 - Aut. Trib. di Milano n. 578 del 13 ottobre 2003 - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, aut. n. 070033 del 13 aprile 2007, DCB - BO PediatricsinReview Editorial Staff Editor-in-Chief: Lawrence F. Nazarian, Rochester, NY Deputy Editor: Joseph A. Zenel, Sioux Falls, SD Associate Editor: Tina L. Cheng, Baltimore, MD Editor, In Brief: Henry M. Adam, Bronx, NY Consulting Editor, In Brief: Janet Serwint, Baltimore, MD Editor, Index of Suspicion: Deepak M. Kamat, Detroit, MI Consulting Editor Online and Multimedia Projects: Laura Ibsen, Portland, OR Editor Emeritus and Founding Editor: Robert J. Haggerty, Canandaigua, NY Managing Editor: Luann Zanzola Medical Copyediting: Dartmouth Journal Services Editorial Assistants: Kathleen Bernard, Erin Carlson Editorial Office: Department of Pediatrics University of Rochester School of Medicine & Dentistry 601 Elmwood Avenue, Box 777 Rochester, NY 14642 [email protected] Editorial Board Hugh D. Allen, Columbus, OH—Richard Antaya, New Haven, CT—Denise Bratcher, Kansas City, MO—Brian Carter, Nashville, TN—Joseph Croffie, Indianapolis, IN— B. Anne Eberhard, New Hyde Park, NY—Philip Fischer, Rochester, MN—Rani Gereige, Miami, FL—Lindsey Grossman, Springfield, MA—Patricia Hamilton, London, United Kingdom—Jacob Hen, Bridgeport, CT—Jeffrey D. Hord, Akron, OH—Donald Lewis, Norfolk, VA—Gregory Liptak, Syracuse, NY—Michael Macknin, Cleveland, OH—Susan Massengill, Charlotte, NC—Jennifer Miller, Gainesville, FL—Blaise Nemeth, Madison, WI —Mobeen Rathore, Jacksonville, FL—Renata Sanders, Baltimore, MD—Thomas L. Sato, Milwaukee, WI—Sarah E. Shea, Halifax, Nova Scotia—Andrew Sirotnak, Denver, CO—Nancy D. Spector, Philadelphia, PA Publisher: American Academy of Pediatrics Michael J. Held, Director, Division of Scholarly Journals and Professional Periodicals sommario Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Articoli 120 Aspetti psicologici delle patologie croniche James M. Perrin, Sangeeth Gnanasekaran, Jennifer Delahaye 131 Puntualizzazioni Marzo 2012 - No. 3 PediatricsinReviewEd. Italiana Pubblicazione dell’American Academy of Pediatrics 132 Disabilità intellettiva (ritardo mentale) Sarah E. Shea Via Cherubini, 6 - 20145 Milano Tel. 02 89692182 - Fax 02 22226053 e-mail: [email protected] Sito Internet: http://www.obiettivopediatra.it REDAZIONE Direttore Responsabile: Paolo Sciacca Direttore Scientifico: Dott. Piercarlo Salari 145 Encefalite nella popolazione pediatrica Stephen J. Falchek Comitato Scientifico di Sanitanova: Prof. Franco Fraschini Prof. Paolo Magni Prof. Leonardo De Angelis Dott. Mauro Belluz Indizio di sospetto Responsabile Scientifico Corso ECM: Prof. Fabio Mosca Coordinatore Scientifico Corso ECM: Dott. Piercarlo Salari I testi contenuti nei box Considerazioni sulla realtà italiana non costituiscono materiale originale pubblicato su Pediatrics in Review Ed. Americana edito dall’American Academy of Pediatrics, ma sono curati dalla redazione scientifica di Pediatrics in Review Ed. Italiana. Importante: gli annunci pubblicitari verranno pubblicati solo se approvati dalla Direzione Scientifica della rivista e dall’American Academy of Pediatrics. Fotocomposizione: LASER – Bologna Tel. 051 6021388 161 Caso 1: Irritabilità e segni di peritonite in un neonato Caso 2: Occhio arrossato, lacrimazione eccessiva, fotofobia, irritabilità e splenomegalia in un lattante Caso 3: Tosse e anomalie polmonari a destra in una bambina di 2 anni di età Caso 1: Eric Dziuban, Kerry Mychaliska Caso 2: Sanjeev Tuli, Sonal Tuli, Nausheen Khuddus Caso 3: Dirk E. Bock, April Price, Dhenuka K. Radhakrishnan, Dimas Mateos-Corral Stampa: Tipografia MG s.n.c. Via Marzabotto, 20 - Funo di Argelato (BO) Ufficio abbonamenti: Tel. 02 89692182 [email protected] L’abbonamento alla rivista Pediatrics in Review Ed. Italiana ha un costo complessivo di € 70,00; il costo a copia è di € 10,00. L’iscrizione al corso ECM FAD (48 crediti) ha un costo aggiuntivo di € 70,00, è vincolato alla sottoscrizione dell’abbonamento alla rivista e può essere sottoscritto online all’indirizzo www.obiettivopediatra.it Informativa ai sensi dell’art. 13, d.lgs 196/2003 I dati degli abbonati sono trattati, con modalità anche informatiche, da Sanitanova - titolare del trattamento – Via Cherubini 6, 20145 Milano (MI) – per l’invio della rivista richiesta e per svolgere le attività a ciò strumentali. Le categorie di soggetti incaricati del trattamento dei dati per le finalità suddette sono gli addetti alla registrazione, modifica, elaborazione dati e loro stampa, al confezionamento e spedizione delle riviste, al call center, alla gestione amministrativa e contabile, alla commercializzazione dell’abbonamento. Ai sensi dell’art. 7, d. lgs 196/2003 è possibile esercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare, aggiornare o cancellare i dati, nonché richiedere elenco completo ed aggiornato dei responsabili, rivolgendosi al titolare al succitato indirizzo. Mensile Reg. Trib. di Milano n. 578 del 13 ottobre 2003 © American Academy of Pediatrics 2012. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione o duplicazione anche parziale è vietata se non autorizzata dall’American Academy of Pediatrics (AAP). Gli articoli pubblicati in Pediatrics in Review Ed. Italiana sono originariamente apparsi in lingua inglese in Pediatrics in Review edito dall’AAP, e sono qui pubblicati in lingua italiana da Sanitanova. L’AAP e Sanitanova non si assumono alcuna responsabilità per eventuali inaccuratezze o errori nei contenuti di questi articoli, compresi inaccuratezze o errori derivanti dalla traduzione dalla lingua inglese a quella italiana. Inoltre, AAP e Sanitanova non Copertina: Il disegno di questo numero riportato in copertina è opera di uno dei vincitori del nostro Cover Art Contest del 2011, Sadhana D., di 11 anni, da Suwanee, GA. Il pediatra di Sadhana è Aparna Peethambaram, MD. Pagine elettroniche I riassunti sono pubblicati a pag. 169. e86 Diagnosi visiva: Un neonato maschio con un ciuffo di capelli bianchi e macule ipopigmentate Joshua Wong Articolo aspetti e problemi psicosociali Aspetti psicologici delle patologie croniche James M. Perrin, MD,* Sangeeth Gnanasekaran, MD, MPH,† Jennifer Delahaye, MA† Dichiarazione dell’autore I Dottori Perrin e Gnanasekaran e la Signora Delahaye dichiarano l’assenza di conflitto di interesse relativamente al presente articolo. Il presente commento non contiene discussioni di un impiego non approvato/per uso sperimentale di un prodotto/strumento commerciale. Spunto formativo Il recente rapporto della Task Force on Mental Health dell’American Academy of Pediatrics fornisce consigli e strumenti che aiutano a condurre gli screening e a identificare i problemi psicologici nell’ambito dell’assistenza primaria. Obiettivi Ultimata la lettura della presente monografia di aggiornamento, i lettori dovrebbero essere in grado di: 1. Comprendere i fattori di stress psicosociale che colpiscono le famiglie con un bambino affetto da una malattia cronica. 2. Descrivere l’impatto di una patologia cronica sulla famiglia. 3. Comprendere come lo stadio di sviluppo del bambino influisce sulla risposta psicologica a una malattia cronica. 4. Affrontare il problema degli ostacoli all’aderenza al trattamento tra i bambini con patologie croniche, in particolare tra gli adolescenti. 5. Descrivere il ruolo del pediatra nell’identificazione, nella misurazione e nel trattamento dei problemi psicologici nei bambini con patologie croniche. Introduzione SANITANOVA è accreditata dalla Commissione Nazionale (Albo Provider n°12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Con il termine malattia cronica si indicano generalmente le patologie fisiche, emotive o evolutive che colpiscono il bambino per un periodo di tempo prolungato. Numerose tipologie di malattie possono essere considerate croniche, comprese quelle che portano alla necessità di prescrivere farmaci; a servizi sanitari aggiuntivi; a terapia fisica, occupazionale o logopedia; oppure a trattamenti per problemi psicologici, evolutivi o comportamentali. Nei bambini, le patologie croniche più diffuse sono l’asma, l’obesità e i problemi di salute mentale, tra cui il disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività (attention-deficit/hyperactivity disorder = ADHD). La categoria include molte altre patologie meno comuni, come la leucemia, l’anemia a cellule falciformi, l’artrite e la spina bifida, nonché patologie molto rare, come le malattie da accumulo lisosomiale. La presente rassegna si concentra sui fattori di stress psicosociali e sui problemi psicologici che sono associati a qualsiasi patologia cronica infantile e che interessano i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie. Le stime della prevalenza delle cronicità in età infantile variano considerevolmente a causa delle differenze nel modo in cui il termine è stato definito e misurato. La maggior parte dei tassi riportati rientra tra il 12% e il 30%. Nel 2007 il National Survey of Children’s Health ha indicato che, negli Stati Uniti, il 22,3% di tutti i bambini presentava almeno una patologia cronica. (1) I tassi di incidenza delle malattie croniche sono aumentati costantemente nel corso degli ultimi decenni, (2) con incrementi particolarmente bruschi per quanto riguarda alcune patologie comuni, quali l’asma, l’obesità e i problemi di comportamento/apprendimento, come l’ADHD. I fattori di stress psicosociale che influenzano il bambino e la famiglia Rispetto ai bambini non affetti, quelli con cronicità hanno sempre un rischio maggiore di sviluppare una comorbilità di tipo psicologico. La Tabella 1 indica alcuni dei problemi psicosociali che i bambini e gli adolescenti con cronicità possono trovarsi ad affrontare e che possono portare a problemi o disturbi psicologici. Il modello di adattamento alle malattie croniche tratto da Pless e Pinkerton (3) (Fig 1) evidenzia come queste caratteristiche possano interagire nell’influenzare il funzionamento psicologico durante il percorso di un soggetto dall’infanzia all’adolescenza e infine verso l’età adulta. Questo modello indica le interazioni tra le caratteristiche del bambino, della malattia, *MGH Center for Child and Adolescent Health Policy, Boston, MA. † Massachusetts General Hospital, Boston, MA. 120 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica Problemi psicosociali in bambini e adolescenti con malattie croniche Tabella 1. Adattamento psicologico Problemi comportamentali ed emotivi Scarsa autostima Disturbi psichiatrici Disturbi del sonno che interferiscono con l’attività quotidiana e il comportamento Adattamento sociale Problemi di adattamento sociale Effetti della malattia sull’accrescimento e lo sviluppo Difficoltà nei rapporti con i coetanei Partecipazione nelle attività con i coetanei (per esempio, club, sport) Adattamento e rendimento scolastico Effetti della malattia o del trattamento sulla funzione cognitiva Affaticamento Effetti del trattamento sulle funzioni del sistema nervoso centrale Assenteismo Aderenza al trattamento Caratteristiche familiari Caratteristiche intrinseche Ambiente sociale Modalità di fronteggiamento Coscienza di sé Stress da malattia Esordio Risposta della famiglia Tipo di disabilità, gravità, caratteristiche delle altre malattie Risposta alla malattia Risposta della società Modalità di fronteggiamento Alterazione del concetto di sé Adattamento Funzionamento psicologico Disadattamento Funzionamento nell’adolescenza Funzionamento nell’età adulta Figura 1. Modello integrato di adattamento alla malattia cronica da Pless and Pinkerton. (3) della famiglia, della comunità e degli aspetti sociali. Questi sono tutti fattori che influiscono sul modo in cui il bambino e la famiglia si adatteranno e affronteranno la cronicità. La Tabella 2 elenca le caratteristiche appropriate che i medici di primo livello dovrebbero prendere in considerazione quando lavorano con il bambino e la famiglia. Le famiglie dei bambini affetti dalle patologie più gravi, soprattutto quelli che richiedono apparecchiature mediche domiciliari, quali il supporto respiratorio, i sondini per l’alimentazione e i dispositivi di mobilità, avranno una maggiore probabilità di manifestare stress, così come le famiglie dei bambini affetti da una grave disabilità cognitiva. Lo stadio di sviluppo del bambino influenza la risposta Lo stadio di sviluppo di un bambino influenza la sua comprensione della salute, della malattia, del dolore e della morte, che a sua volta condizionerà il modo in cui il paziente vede la malattia. I bambini attraversano fasi dello sviluppo prevedibili per quanto riguarda la comprensione dei meccanismi che causano la patologia. Per esempio, i bambini molto piccoli hanno una scarsa conoscenza della causalità della malattia. Una volta raggiunta l’età della scuola materna, la maggior parte dei bambini crede di ammalarsi facendo qualcosa di sbagliato. I bambini nei primi anni dell’età scolare avvertono maggiormente che sono i “germi” (di qualsiasi varietà) a causare la malattia. Con l’inizio dell’adolescenza, i bambini elaborano una certa consapevolezza della complessità delle funzioni corporee e di come queste possano rispondere a lesioni o infezioni nel causare le patologie. Così come la comprensione della malattia nei bambini cresce con l’età, così la loro esperienza della malattia varia con la fase dello sviluppo, soprattutto per quanto riguarda il modo in cui la malattia può interferire con il normale funzionamento o con il grado di sviluppo atteso per una particolare età. (4) I problemi di mobilità, per esempio, hanno implicazioni diverse in un bambino di 5 anni di età rispetto a un ragazzo di 15 anni di età. La conoscenza del grado di sviluppo del bambino dovrebbe fornire una guida nell’educarlo a comprendere la patologia di cui soffre. Con lo sviluppo e la maturazione delle loro capacità cognitive, i bambini cambieranno il loro modo di sentire il controllo, lo stress e la capacità di far fronte alla loro condizione. Il modo in cui i bambini considerano la salute e la malattia influisce sul modo in cui sentiranno di poter controllare la causa di quest’ultima e il suo trattamento, e questo a sua volta condizionerà la loro aderenza al trattamento. La percezione dello stress quotidiano da parte del bambino influenza il modo in cui affronterà la malattia. La sensazione di poter esercitare un controllo e il sostegno sociale mediano positivamente la relazione tra stress e adattamento. Nel combattere una malattia cronica, i bamPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 121 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica Fattori che influenzano lo sviluppo e il comportamento nei bambini con malattie croniche Tabella 2. Malattia o condizione (diversa da una diagnosi specifica) Bambino Famiglia Sociale Gravità (impatto fisiologico o sensitivo) Durata Età di esordio Interferenza con le attività appropriate per l’età Sopravvivenza attesa Decorso (stabile versus progressivo) Certezza (prevedibile verso imprevedibile) Impatto sulla mobilità Impatto su cognizione e comunicazione Dolore Genere Intelligenza e capacità di comunicazione Temperamento Capacità e schemi di adattamento Funzionamento familiare Salute mentale dei genitori Struttura familiare (numero di adulti e bambini) Stato socioeconomico Attitudine culturale Accesso all’assistenza sanitaria Risorse di comunità Geografia Sistemi scolastici e di scuola materna Riproduzione autorizzata da Thyen U, Perrin JM. Chronic health conditions. In: Carey WB, Crocker A, Coleman WL, Elias ER, Feldman HM, eds. Developmental-Behavioral Pediatrics. 4th ed. Philadelphia, PA: W.B. Saunders Company; 2009, p. 346. bini e gli adolescenti utilizzano spesso il meccanismo dell’evitamento e non bisogna aspettarsi che abbiano le stesse strategie di adattamento degli adulti. Comprendere la fase di sviluppo del bambino aiuterà il medico di famiglia ad affrontare lo stress e le paure del bambino e a fornirgli spiegazioni adeguate al suo livello di sviluppo. (5) Comorbilità psicologiche I sintomi di disadattamento, depressione e ansia sono i problemi che vengono più comunemente individuati nei bambini e negli adolescenti con patologie croniche, (6) ma possono essere presenti anche uno scarso funzionamento sociale ed emotivo e una maggiore propensione ad adottare comportamenti a rischio. (7) Sebbene i meccanismi che rendono i bambini maggiormente esposti a comorbilità di tipo psicologico siano ancora poco chiari, i bambini che presentano alcune particolari patologie possono essere più esposti a sviluppare questi problemi. Una revisione completa di oltre 80 studi condotti su bambini con una vasta gamma di patologie croniche indica che i bambini con disturbi neurologici e sensoriali sono parti122 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 colarmente soggetti a presentare problemi psicosociali (i disturbi sensoriali in questa revisione hanno incluso la cecità e l’ipoacusia, mentre i disturbi neurologici hanno incluso la paralisi cerebrale, il mielomeningocele, i traumi cranici, l’epilessia e altri disturbi convulsivi, l’idrocefalo e la sindrome di Reye). Altri studi indicano, inoltre, che i bambini con patologie a carico del sistema nervoso centrale e con disturbi sensoriali possono essere più suscettibili a sviluppare problematiche psicosociali. (7) Il rapporto tra gravità della malattia e fragilità psicologica è meno chiaro. La maggior parte degli studi non indica alcun rapporto diretto tra le misurazioni oggettive della gravità della malattia e il grado di adattamento psicologico o la depressione (6), sebbene alcune ricerche suggeriscano un rapporto tra stato funzionale/disabilità e salute mentale. Anche il rapporto tra l’adattamento psicologico, l’età e il sesso non è chiaro. Alcuni studi suggeriscono che la depressione sia più comune nei bambini più grandi e nelle ragazze mentre altri studi contestano tali risultati. L’adattamento psicologico del bambino si associa a diverse caratteristiche della famiglia e del bambino. Tra i fattori familiari sembrano essere importanti la coesione familiare, il supporto e l’ambiente psicologico, ma anche il divorzio, i contrasti tra genitori, l’abbandono da parte dei genitori, le ristrettezze economiche, lo scarso adattamento dei genitori alla malattia del bambino e una storia familiare di depressione. Tra le caratteristiche del bambino, un minore adattamento psicologico e la depressione risultano associati a bassa autostima, scarsa percezione di sé e basso quoziente intellettivo. La modalità con cui il bambino affronta la condizione patologica, in particolare le strategie di fronteggiamento disadattive, come un atteggiamento “catastrofista” o la mancata ricerca di sostegno sociale, sono associate a uno scarso adattamento psicologico. Impatto sulla famiglia La malattia cronica di un bambino ha un impatto significativo su tutti i suoi familiari. Le caratteristiche della patologia determineranno quanto questa risulterà stressante per i familiari. Tali caratteristiche comprendono la gravità, la prognosi, gli effetti a livello cognitivo e sulla mobilità, la stabilità della patologia nel corso del tempo, l’ulteriore assistenza da parte dei genitori o di altre figure richieste dalla malattia e l’impatto economico. Oltre all’impatto psicologico sul bambino o sul paziente, dovere affrontare la cronicità del figlio influisce sulla salute mentale dei genitori, in particolare del caregiver principale. I genitori dei bambini con cronicità manifestano un aumento dello stress e dei problemi di salute mentale, in particolare della depressione. (8) Il National Survey of Children with Special Health Care Needs del 20052006 ha indicato che circa il 10% dei genitori dedicava almeno 11 ore alla settimana a fornire, organizzare o coordinare l’assistenza dei figli con speciali esigenze sanitarie. (9) aspetti e problemi psicosociali patologia cronica La malattia del bambino può anche mettere in crisi il matrimonio, aumentando il rischio di separazione o divorzio. I genitori risentono dello stress legato alla necessità di accettare che il loro bambino è affetto da una cronicità e di dovere fornire un trattamento che può richiedere molto tempo, soprattutto considerando il tempo che deve essere dedicato anche al lavoro e alla cura degli altri componenti della famiglia, inclusi gli altri fratelli o i genitori anziani. La malattia cronica di un bambino può avere un impatto negativo sul bilancio economico familiare. Le famiglie possono trovarsi nella condizione di dover sostenere di tasca propria spese cospicue per la malattia del bambino. Le famiglie prive di un’adeguata copertura assicurativa sanitaria così come quelle provenienti da contesti socioeconomici più disagiati sono particolarmente fragili. Il tempo richiesto per potere assistere un bambino con una cronicità può costringere i genitori a licenziarsi o a ridurre il tempo dedicato al lavoro, con conseguenze sul benessere economico. (10) Il National Survey of Children with Special Health Care Needs del 2005-2006 ha indicato che circa il 18% dei genitori ha riferito di avere problemi economici e il 24% dei genitori ha riferito di essersi licenziato o di avere ridotto il tempo dedicato al lavoro a causa della malattia del bambino. Tra le famiglie che si trovavano al di sotto della soglia federale di povertà, il 19% dei genitori dedicava almeno 11 ore alla settimana a fornire, organizzare o coordinare l’assistenza sanitaria del figlio, e il 33% dei genitori riferiva di essersi licenziato o di avere ridotto le ore di lavoro. (9) L’età dei componenti e la struttura della famiglia (genitore singolo versus coppia genitoriale versus famiglia allargata) influenzano il benessere della famiglia. I fratelli possono risentire dell’attenzione rivolta al fratello malato o possono essere stressati e preoccupati per il benessere del fratello malato, e questo aumenta il rischio che si possano sviluppare problemi psicologici. Contribuire all’assistenza di un fratello o una sorella con una patologia cronica, d’altro canto, può consentire di acquisire nuove competenze e rendere più maturi, e avere un fratello con una cronicità può influenzare le scelte dei fratelli per quanto riguarda la carriera. La presenza di un sistema di supporto rappresentato da amici, parenti, operatori sanitari e dalle agenzie della comunità, comprese le scuole e le organizzazioni religiose, può risultare estremamente utile per tutti i membri della famiglia. Problemi specifici nell’adolescenza Con l’ingresso dei bambini nell’adolescenza, le patologie croniche e le comorbilità psicologiche/psicosociali possono continuare oppure possono comparire per la prima volta. Il passaggio delle responsabilità dai genitori all’adolescente stesso rappresenta una sfida sia per il bambino sia per i genitori, in particolare quando il bambino presenta una malattia cronica. Poiché le future abitudini per quan- to riguarda la salute, in particolare in rapporto all’autogestione della cronicità, hanno spesso inizio durante l’adolescenza, è importante che i pediatri preparino gli adolescenti a prendersi sempre più cura di se stessi e alla transizione verso l’età adulta. Ciascuna delle tre fasi principali di sviluppo durante l’adolescenza—prima, media e tarda—ha caratteristiche specifiche che i medici dovrebbero prendere in considerazione. Nella prima adolescenza i cambiamenti fisici e gli eventi legati alla pubertà sono più evidenti. Spiegare gli aspetti fisici e fisiologici della pubertà e le importanti conseguenze che la malattia cronica può avere durante questa fase dello sviluppo (per esempio, spiegando se la patologia potrà influenzare la crescita e i cambiamenti della pubertà) può aiutare i pazienti. Come con gli altri giovani adolescenti, è utile condurre almeno parte della visita senza che il genitore sia presente; i pazienti possono porre domande sulla pubertà e sulla propria condizione patologica e il medico può rafforzare il suo rapporto di fiducia con il paziente e instaurare una nuova modalità di interazione con i suoi piccoli pazienti in assenza dei genitori. È importante inquadrare la crescita e lo sviluppo come il principale obiettivo, facendo comprendere al paziente come la malattia cronica e il modo di affrontarla possono influenzare questi cambiamenti adolescenziali. I bambini nella prima fase dell’adolescenza trovano relativamente facile aderire ai trattamenti prescritti perché sono ancora sotto la tutela dei genitori e di solito considerano i loro genitori figure di sostegno. La media adolescenza è caratterizzata dal processo di “individualizzazione”, durante il quale l’adolescente costruisce la propria identità. Gli aspetti sociali di questa fase sono rappresentati da separazione emotiva dai genitori, forte identificazione con il gruppo di coetanei, aumento dei comportamenti rischiosi per la salute e sviluppo dei progetti professionali. Durante questa fase, molti adolescenti cercano di esercitare la propria autonomia e di ottenere il controllo sul trattamento e sulla gestione della cronicità da cui sono affetti. A causa di questa fase naturale dello sviluppo dell’adolescente, può diventare un’ulteriore sfida istituire regimi di trattamento e di assistenza sanitaria che richiedono la partecipazione sia del genitore sia del ragazzo in un momento in cui gli adolescenti desiderano esercitare un maggiore controllo e richiedono un minore coinvolgimento dei genitori. Questi adolescenti possono decidere di ribellarsi alle proprie condizioni, incluse le relazioni che si sono stabilite tra i genitori, l’adolescente e il medico. Nella tarda adolescenza gli adolescenti hanno raggiunto un’ulteriore separazione dai genitori, hanno sviluppato l’autonomia sociale e sono andati incontro a un ulteriore completamento della loro identità personale. Durante questa fase, gli adolescenti possono raggiungere una comPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 123 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica prensione e un’accettazione più profonde e articolate della propria malattia cronica e della transizione verso il ruolo adulto. Possono assumersi responsabilità sempre maggiori nei confronti della propria patologia e della relativa gestione. È questo il momento giusto per sviluppare il supporto necessario a consentire al ragazzo di affrontare la vita adulta e per pianificare una transizione efficace verso il ruolo adulto e verso un’assistenza sanitaria diretta all’adulto. Una recente rassegna ha individuato i sette temi che vengono sempre segnalati dagli adolescenti quando viene chiesto loro come affrontano la vita con una malattia cronica: sviluppare e mantenere amicizie; sentirsi normali/ affrontare una vita normale; l’importanza della famiglia; l’atteggiamento nei confronti del trattamento; l’esperienza scolastica; il rapporto con gli operatori sanitari; e il futuro. (11) Diversi fattori sembrano influenzare l’effetto psicologico delle malattie croniche: il tipo e il grado di menomazione fisica, la visibilità della malattia, l’incertezza sul decorso o sulla natura della malattia, l’imprevedibilità e l’irregolarità di alcuni effetti di una malattia e l’eventuale presenza di dolore che accompagna la malattia. L’incertezza e l’imprevedibilità tendono a causare uno stress psicologico maggiore. Esplorando questi fattori specifici e rafforzando le risorse personali dell’adolescente si può favorire il suo adattamento alla malattia cronica e si possono prevenire alcuni problemi psicosociali. psicosociali contribuiscono a facilitare questo processo di transizione. Gli adolescenti possono trovare difficile la transizione al medico dell’adulto perché potrebbero trovare familiare e confortevole l’ambiente in cui si svolge l’assistenza pediatrica o perché conoscono abbastanza bene il loro pediatra. Sono pochi i sistemi sanitari che facilitano la transizione dei bambini con malattie croniche verso l’assistenza sanitaria e specialistica per adulti. In genere sono i pazienti a negoziare individualmente questo cambiamento, anche se alcuni programmi specialistici, soprattutto per gli adolescenti con fibrosi cistica, spina bifida e anemia falciforme, hanno sviluppato solidi programmi di transizione verso l’assistenza specialistica per adulti. Gli adolescenti si trovano ad affrontare una nuova esperienza di indipendenza nell’autogestione della malattia e, allo stesso tempo, il passaggio a nuovi operatori sanitari che potrebbero non essere a loro agio con alcune patologie croniche pediatriche. Quando l’adolescente compie 18 anni, l’Health Insurance Portability and Accountability Act impone che gli operatori sanitari non discutano più le informazioni sulla salute con i familiari, compresi i genitori, senza il consenso del paziente. A seconda del grado di maturità del paziente adolescente e della sua conoscenza della malattia, questa transizione può mettere in difficoltà gli adolescenti e le loro famiglie. I genitori, a loro volta, possono essere confusi di fronte a questi cambiamenti nella comunicazione tra i ragazzi, i loro medici e i genitori. (12) Transizione verso l’età adulta L’assistenza nel periodo di transizione verso l’assistenza sanitaria per adulti e verso l’assunzione di un ruolo adulto dovrebbe idealmente avere inizio nei primi anni dell’adolescenza o anche prima, incoraggiando i pazienti a porre domande sulla propria cronicità. I medici possono contribuire a questa transizione fornendo informazioni mediche sulla malattia cronica dell’adolescenza e utilizzando un tipo di linguaggio e mezzi di comunicazione che risultino familiari all’adolescente e siano coerenti con il suo livello di sviluppo. Gli adolescenti con patologie croniche, come la maggior parte degli altri adolescenti, desiderano che il medico ascolti le loro opinioni. Nella media adolescenza, il pediatra può incoraggiare i processi di autogestione e decisionali e aiutare gli adolescenti a gestire il trattamento in modo che possano sentire di esercitare un controllo sulla propria malattia. Nella tarda adolescenza, la maggior parte dei pazienti dovrebbe essere in grado di prendere decisioni in modo indipendente e anche di gestire giorno per giorno la propria malattia. In questa fase possono essere d’aiuto i gruppi di sostegno, in cui gli adolescenti con patologie simili possono incontrarsi e discutere i loro sentimenti e le loro esperienze. Durante l’adolescenza, la conduzione di screening periodici e l’intervento immediato di fronte a problemi 124 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Ostacoli all’aderenza al trattamento I bambini e gli adolescenti con malattie croniche possono avere difficoltà ad aderire ai regimi terapeutici raccomandati. Si possono verificare ostacoli nell’aderenza al trattamento che possono essere dovuti sia al genitore/caregiver sia al bambino. I trattamenti raccomandati possono richiedere molto tempo e creare problemi ai genitori che hanno altre esigenze professionali o familiari, come la cura degli altri fratelli o degli altri familiari. Anche i bambini possono trovare difficile tollerare alcuni trattamenti. Alcuni trattamenti, infatti, possono comportare la somministrazione di farmaci, la necessità di passare attraverso differenti terapie e di dover consultare differenti specialisti, o di dovere utilizzare apparecchiature mediche al domicilio. I genitori possono fornire assistenza diretta a domicilio e impiegare molto tempo per coordinarla. Alcuni genitori possono anche nutrire dei dubbi sui benefìci del piano di trattamento del bambino ed essere riluttanti ad aderire a tutti i trattamenti. Inoltre, a seconda del livello di sviluppo del bambino, i genitori potrebbero trovarsi ad affrontare potenziali ostacoli all’adesione al trattamento. Può essere difficile somministrare i farmaci ai lattanti e ai bambini ai primi passi, mentre i bambini più grandi in età scolare, che possono aspetti e problemi psicosociali patologia cronica capire che hanno bisogno di assumere farmaci o di seguire alcune terapie, potrebbero rifiutarsi di collaborare, soprattutto come reazione al loro desiderio di essere come gli altri bambini “normali”. Può essere difficile ragionare o negoziare con i bambini e gli adolescenti e i genitori possono sentirsi molto frustrati. Nel passaggio all’adolescenza, i bambini possono ribellarsi scegliendo di non assumere i farmaci. Per alcuni adolescenti può essere difficile scegliere tra ciò che potrebbe accadere alla loro salute se non aderissero al trattamento e gli effetti avversi provocati dal farmaco. Esempi ben studiati sono rappresentati dagli adolescenti in trattamento cronico con corticosteroidi, ma la maggior parte dei farmaci causa effetti collaterali che gli adolescenti potrebbero desiderare di evitare. Spesso gli adolescenti non comprendono fino in fondo le conseguenze che derivano dal non seguire i trattamenti prescritti o sottovalutano i rischi. Le conseguenze a lungo termine possono essere ancora più difficili da comprendere e avere un’influenza minore sulla loro decisione di assumere i farmaci. Per esempio, gli adolescenti affetti da asma hanno riportato tre principali ostacoli all’aderenza al trattamento: riluttanza a rinunciare “alle cose a cui i medici dicono che dovranno rinunciare”, difficoltà di ricordare che devono prendersi cura dell’asma, e tendenza a “cercare di dimenticare” che hanno l’asma. In questa fase evolutiva i medici possono cercare di infondere fiducia nei loro pazienti ed essere accomodanti ed empatici. I medici possono negoziare con i loro pazienti adolescenti tutti gli aspetti del trattamento, aiutandoli a stabilire le priorità delle varie componenti del trattamento, nella speranza che aderiscano almeno agli aspetti più critici della loro cura. Oltre a condividere le responsabilità con i pazienti adolescenti nel processo decisionale, i medici potrebbero utilizzare colloqui motivazionali per incoraggiarli ad aderire al trattamento. I problemi psicologici negli adolescenti con patologie croniche, in particolare la depressione, possono influenzare la loro capacità di aderire ai regimi di trattamento. Nei primi anni dell’adolescenza i ragazzi mostrano un rischio particolarmente elevato di presentare problemi psicologici poiché sentono maggiormente di essere diversi dai loro coetanei in un momento in cui identificarsi con il gruppo è importante. Non è chiaro, tuttavia, se sia la depressione a determinare un senso di disperazione che rende gli adolescenti incapaci di aderire al trattamento o se sia la depressione stessa a causare cambiamenti fisiologici che peggiorano la condizione. Ciononostante, l’aumento della non aderenza ai trattamenti rappresenta un reale problema negli adolescenti con comorbilità croniche di natura organica e psicosociale e può avere conseguenze durature sulla loro salute. Quando gli adolescenti rivelano ai medici che non stanno aderendo al trattamento o che intendono non aderirvi e non vogliono che i genitori ne siano informati possono subentrare dei problemi etici. Che sia secondaria o meno a patologie psicosociali, la non aderenza a determinate componenti del trattamento può avere conseguenze durature sulla salute, e il pediatra è costretto ad affrontare questi problemi con i genitori e con gli altri operatori sanitari. Le strategie adottate dai medici per migliorare l’aderenza includono interventi educativi, comportamentali e combinati. Le strategie educative si concentrano sul fornire informazioni sulla malattia e sul trattamento; le strategie comportamentali si concentrano sul ridurre gli ostacoli e stimolare o premiare l’aderenza. Le strategie educative possono modificare la conoscenza e gli atteggiamenti del paziente, e potrebbero migliorare l’aderenza al trattamento. Alcune strategie comportamentali, come l’uso di promemoria, possono essere di aiuto dal punto di vista organizzativo nella somministrazione dei farmaci e del trattamento. Per migliorare l’aderenza è meglio coinvolgere il paziente e la famiglia nel processo decisionale. Ogni paziente è unico, e i piani di trattamento devono essere adattati su misura alla vita del paziente e devono essere modificati in rapporto ai cambiamenti della malattia e del paziente, in particolare di fronte ai cambiamenti nello sviluppo cognitivo e fisico. (5)(13) Aspetti particolari nel trattamento Medicina complementare e alternativa I bambini affetti da patologie croniche e le loro famiglie si affidano sempre più alle terapie complementari e alternative (complementary and alternative therapies = CAM) in aggiunta alla medicina tradizionale, anche se molte di queste terapie non sono state formalmente valutate nei bambini. (14) Il 50%-70% dei bambini con bisogni speciali di assistenza utilizza terapie alternative in combinazione con i trattamenti tradizionali, e questo accade più comunemente nei pazienti con asma, ADHD, autismo, neoplasie, paralisi cerebrale, fibrosi cistica, malattia infiammatoria intestinale e artrite reumatoide giovanile. I genitori possono essere spinti a ricercare le terapie alternative in parte perché vedono che la malattia o i sintomi del bambino persistono nonostante i normali trattamenti medici, oppure per cercare di ridurre lo stress del bambino e della famiglia. La CAM comprende quattro tipi principali: terapie di tipo biochimico (integratori alimentari, rimedi a base di erbe, vitamine); terapie che agiscono sullo stile di vita (alimentazione, terapie ambientali, come il calore o il ghiaccio, musica o luce, terapie mente-corpo); terapie di tipo biomeccanico (massaggi, trattamenti chiropratici e osteopatia); e terapie di tipo bioenergetico (pranoterapia, preghiera, magnetoterapia, agopuntura, omeopatia). (14) A parte pochi studi randomizzati e controllati che hanno dimostrato i benefìci clinici dell’immaginazione guidata, della terapia degli animali, della terapia chiropratica e della massoterapia, i benefìci clinici e i danni delle altre terapie Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 125 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica complementari e alternative rimangono confinati all’aneddotica. Poiché l’efficacia o i danni della maggior parte delle CAM nei bambini con malattie croniche, così come il loro uso comune, sono stati scarsamente valutati, è opportuno che i pediatri indaghino sull’impiego di CAM, e di fronte alle richieste dei genitori, li informino sui potenziali rischi e benefìci di queste terapie per il loro bambino. L’uso di CAM non dovrebbe interferire o sostituire gli altri trattamenti accettati. Ausili compensativi Un numero piccolo ma sostanziale di bambini con patologie croniche dovrà usare ausili compensativi, soprattutto per migliorare l’alimentazione, la funzione respiratoria, la comunicazione e la mobilità. L’uso di questi dispositivi può avere effetti psicologici, che possono essere rappresentati dall’isolamento o da un migliore adattamento in ambito scolastico o relativamente alla qualità della vita. I dispositivi più comuni sono la supplementazione di ossigeno e la ventilazione meccanica per il supporto respiratorio; la gastrostomia e la digiunostomia per il supporto nutrizionale; e le sedie a rotelle, i deambulatori e altri tipi di supporti per la mobilità. (15) Per i bambini con patologie croniche funzionalmente limitanti, i dispositivi ausiliari possono aiutare a superare i problemi che ne limitano la partecipazione a ruoli appropriati per il livello di sviluppo, portando così a una maggiore indipendenza, a una migliore qualità della vita e a un maggiore rendimento scolastico. Tali dispositivi possono tuttavia aumentare la difficoltà e la complessità dell’assistenza e hanno un impatto in ambito personale, economico e sociale per la famiglia. Poiché i medici devono spesso formulare prescrizioni o lettere che documentino dal punto di vista medi- Tabella 3. co la necessità di apparecchiature di ausilio, è utile che abbiano una buona conoscenza dell’uso di questi dispositivi. I genitori e i caregiver devono essere addestrati a utilizzare il dispositivo e devono conoscere le complicanze più comuni associate a ogni dispositivo. Per esempio, la manutenzione del sondino gastrostomico comporta l’esame di routine, la pulizia, il lavaggio con getti d’acqua e la rotazione e il regolare cambiamento del sondino. (15) I caregiver devono anche prestare attenzione a dislocazione o deterioramento del sondino, infezioni, perdite, blocco o migrazione del sondino stesso. I metodi per fornire la ventilazione meccanica possono essere invasivi o non invasivi e la ventilazione meccanica invasiva a lungo termine richiede una tracheostomia. In presenza di una ventilazione meccanica domiciliare a lungo termine, la realtà per la famiglia diviene complessa e comporta un addestramento e una preparazione intensivi per poter essere in grado di valutare continuamente lo stato delle vie respiratorie; di eseguire l’igiene della tracheostomia, l’aspirazione e i cambi del sondino; e di avvisare i servizi di emergenza locali, le aziende elettriche e le agenzie che si occupano di spazzare la neve del fatto che hanno un dispositivo dipendente dall’elettricità. Queste famiglie dipendono molto dai fornitori per la manutenzione delle attrezzature a domicilio e possono necessitare di aiuto per identificare i fornitori che intervengono prontamente anche fuori orario. I bambini possono impiegare i dispositivi per la mobilità più a scuola che a casa, e le famiglie che ne fanno un ampio utilizzo a casa spesso compiono sforzi notevoli per accompagnare i figli a scuola e per cercare di integrare più facilmente l’uso del dispositivo nella routine scolastica. Aree di valutazione e intervento pediatrici Assistenza medica Identificazione delle conseguenze sul comportamento e sullo sviluppo Valutazione delle risorse della famiglia Educazione sulla malattia Pianificazione dell’educazione Mantenimento della salute e assistenza preventiva Cura della malattia acuta Cura della malattia cronica, in collaborazione con gli specialisti Valutazione periodica Monitoraggio e invio Conoscenza Sostegno sociale Capacità di fronteggiamento Stato psicologico Istruzione adeguata allo sviluppo In atto Prendere decisioni Farmaci e trattamento Piani di emergenza Implicazioni della malattia per la partecipazione alle attività in classe e all’esterno Valutazione o classi speciali Riproduzione autorizzata da Thyen U, Perrin JM. Chronic health conditions. In: Carey WB, Crocker A, Coleman WL, Elias ER, Feldman HM, eds. Developmental-Behavioral Pediatrics. 4th ed. Philadelphia, PA: W.B. Saunders Company; 2009, p. 351. 126 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica Altri ostacoli riguardano i dispositivi (sedie a rotelle, supporti per la posizione eretta, deambulatori) troppo grandi per entrare nelle aule scolastiche e i dispositivi forniti dalle scuole che non corrispondono ai bisogni degli studenti. Nel complesso, l’uso del dispositivo di ausilio comporta per la vita familiare una maggiore richiesta di tempo e di impegno. Ruolo del pediatra Il medico di base può fornire il sostegno ai bambini con malattie croniche e alle loro famiglie in diversi modi. La Tabella 3 fornisce una panoramica dei compiti dei pediatri che si prendono cura di bambini affetti da patologie croniche. I bambini con patologie croniche, in genere, incontrano in modo continuativo il loro medico di base più che gli specialisti. (16) Per i bambini con patologie croniche si dovrebbero programmare visite regolari con il medico di base per seguire la malattia, sebbene abbiano anche appuntamenti di routine con gli specialisti. Può essere molto utile sviluppare con la famiglia piani assistenziali in sintonia con le raccomandazioni di tutti i medici. Rispondere alle domande e fornire informazioni sulla malattia del bambino è utile anche ai familiari. Poiché la condizione del bambino influisce su tutti i componenti della famiglia, i medici di base dovrebbero occuparsi della salute del bambino nel contesto familiare. Una serie di studi ha documentato che l’educazione del genitore e del bambino e il coordinamento dell’assistenza migliorano il funzionamento psicologico dei bambini con patologie croniche. (17) Applicare i concetti utilizzati nelle case mediche può essere di supporto per le famiglie e i pediatri, in particolare attraverso il coordinamento dell’assistenza, una migliore comunicazione con gli specialisti, un migliore accesso alle risorse della comunità e il monitoraggio continuo dello stato di salute e dei progressi del bambino. Integrare lo screening e il monitoraggio di patologie concomitanti di tipo psicosociale basandosi sui metodi utilizzati dalle case mediche ne aiuterà l’identificazione e il trattamento. Anche i registri dei pazienti, che forniscono una visione globale del bambino e della famiglia, possono risultare utili. In considerazione dell’importanza del contesto scolastico nella vita dei bambini e degli adolescenti con patologie croniche, i pediatri dovrebbero collaborare con le scuole per garantire una gestione ottimale della malattia del bambino, nonché contribuire a creare un ambiente favorevole che ne favorisca l’autostima. I bambini con patologie croniche sono ad alto rischio di episodi di bullismo a scuola. Parlare con i genitori e i bambini su come la malattia o il trattamento influiscono sulle prestazioni scolastiche e le relazioni sociali può aiutare a identificare i problemi che meritano maggiore attenzione. Comprendere i punti di forza e di debolezza della fami- glia può aiutare i pediatri a indirizzare le famiglie alle risorse della comunità più appropriate che possono fornire il sostegno necessario ai genitori al di fuori del contesto clinico. Le risorse di comunità possono includere le scuole, le organizzazioni religiose, altre agenzie comunitarie e gruppi culturali. (18) Sarà utile avere una guida delle risorse che indichi quali servizi sono disponibili per la famiglia o un assistente sociale che possa acquisire queste informazioni per la famiglia. Identificazione, misurazione e trattamento Affrontare la valutazione della salute psicosociale e comportamentale durante tutte le visite, incluse quelle di controllo e quelle per un problema acuto, è particolarmente importante per i pazienti pediatrici con patologie croniche. Può essere tuttavia un problema metterlo in pratica, data l’importanza di affrontare la malattia cronica stessa e i vincoli di tempo della pratica pediatrica. Il recente rapporto della Task Force on Mental Health dell’American Academy of Pediatrics (AAP) offre la guida e gli strumenti per promuovere lo screening e l’identificazione dei problemi di salute mentale nella pratica di assistenza primaria. (19) L’elevata prevalenza di problemi psicosociali e comportamentali tra i bambini con patologie croniche rende utile che i pediatri dispongano di un metodo sistematico di screening formale. Può essere utile coinvolgere anche l’altro personale presente nello studio pediatrico mediante la diffusione degli strumenti di screening in sala d’attesa e l’attribuzione del punteggio. In alcuni studi pediatrici sono i genitori a compilare gli strumenti di screening prima delle visite, utilizzando talvolta i siti Web che possono fornire il punteggio iniziale. Qualunque sia il programma di screening scelto dal pediatra è importante garantire che sia programmato di routine e che venga somministrato nei momenti critici dello sviluppo e delle transizioni. Una varietà di metodi consente di identificare e monitorare i sintomi psicologici nei bambini con malattie croniche. La maggior parte delle strategie utilizza strumenti basati sul resoconto fornito dai genitori per identificare i sintomi; i bambini più grandi e gli adolescenti devono aggiungere anche i propri rapporti personali sul benessere psicosociale. I resoconti dei genitori e quelli auto-compilati dei bambini e degli adolescenti sullo stato psicosociale possono essere poco concordanti, e questo sottolinea l’importanza di includere entrambi gli informatori nello screening. Diversi strumenti di screening possono valutare i problemi psicosociali e comportamentali nei bambini con patologie croniche. Naturalmente gli strumenti di screening non consentono di formulare una diagnosi. I punteggi positivi indicano la presenza di sintomi e la necessità di condurre una valutazione diagnostica più formale o di Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 127 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica inviare il bambino a uno psichiatra. Numerosi fattori possono influenzare la scelta di uno strumento di screening, tra i quali la praticità nella somministrazione dello strumento nello studio pediatrico, la disponibilità di apparecchiature elettroniche/online nello studio medico e il livello di linguaggio e di lettura dei genitori e dei pazienti assistiti. I rapporti e gli strumenti della Task Force on Mental Health dell’AAP forniscono ulteriori indicazioni sullo screening all’interno della pratica pediatrica. La Parents’ Evaluation of Developmental Status e la Pediatric Symptom Checklist vengono comunemente utilizzate nell’ambito dell’assistenza pediatrica primaria. La Parents’ Evaluation of Developmental Status consente di sottoporre a screening i bambini dalla nascita fino agli 8 anni di età e consiste in 10 domande. La Pediatric Symptom Checklist consente di sottoporre a screening i bambini dai 4 ai 18 anni di età e si compone di 35 brevi dichiarazioni. Sebbene alcuni strumenti, come la Children’s Depression Inventory e la Child Behavior Checklist, siano stati utilizzati nella ricerca e in ambito specialistico per esaminare i bambini con malattie croniche, la loro lunghezza li rende meno facilmente applicabili nella maggior parte degli studi pediatrici non specialistici. Ci sono diversi aspetti da considerare quando in un bambino con una patologia cronica si identifica un problema psicologico o comportamentale. L’invio a uno specialista in salute mentale, sebbene sia la soluzione ideale per molti pazienti, potrebbe non rappresentare una soluzione pratica per alcuni pazienti e in alcune comunità. I genitori possono preferire che sia il loro pediatra ad affrontare i problemi psicosociali del bambino. In molte zone c’è una carenza di psichiatri infantili, di pediatri dello sviluppo/ comportamentali e di altri professionisti che operano nel campo della salute mentale. La Task Force on Mental Health dell’AAP fornisce una guida sui metodi per determinare quali problemi possono essere diagnosticati e trattati meglio nello studio del pediatra di base, soprattutto se si considera che il paziente e la famiglia possono avere un rapporto particolarmente buono con il pediatra per i maggiori contatti dovuti alla presenza della malattia cronica. La malattia cronica di un bambino può apportare un ulteriore livello di complessità a una malattia psicosociale o comportamentale che un medico di base sarebbe altrimenti in grado di trattare. Per esempio, un pediatra potrebbe essere in grado di trattare l’ADHD nei pazienti altrimenti sani, ma potrebbe essere riluttante a iniziare la somministrazione di un farmaco in un paziente che già assume cronicamente i farmaci per un’altra patologia. In questi casi può essere utile stabilire un rapporto di collaborazione con uno psichiatra infantile o un pediatra dello sviluppo/comportamentale e il medico specialista del paziente. Qualora sia possibile l’invio immediato a un professionista nel campo della salute mentale, è altrettanto 128 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 importante stabilire una stretta collaborazione tra il pediatra e questo specialista. Riassunto • I bambini e gli adolescenti con malattie croniche rischiano di presentare tassi notevolmente più elevati di malattia psichica rispetto ai bambini non affetti da cronicità. • La transizione verso l’età adulta degli adolescenti con malattie croniche presenta problemi particolarmente impegnativi per il pediatra. • Quando assiste un bambino con una malattia cronica, il pediatra deve essere consapevole dello stato di sviluppo del bambino e del potenziale impatto psicologico della malattia sul bambino. • Nello sviluppare le competenze per gestire la propria cronicità, in particolar modo gli adolescenti possono mettere in discussione alcune parti del piano di gestione. I medici dovrebbero essere sensibili alla possibile non aderenza al trattamento e conoscere i modi con cui possono contribuire a migliorare l’assistenza agli adolescenti con patologie croniche. • La fase di sviluppo del bambino influenza il modo in cui si deve sostenere il bambino e la famiglia. La maggior parte delle malattie croniche rappresenta un problema di famiglia e i pediatri dovrebbero conoscere la famiglia e l’ambiente sociale del bambino in modo da fornire il trattamento e il supporto migliori al bambino e alla famiglia. • La malattia cronica di un bambino ha un impatto sostanziale sul benessere genitoriale, in particolare sullo stato psicologico del genitore e sulla sua partecipazione alle attività lavorative. • I pediatri possono contribuire a identificare i punti di forza della famiglia e aiutare inoltre le famiglie ad accedere ai servizi di comunità richiesti che possono migliorarne l’adattamento e il funzionamento. Considerazioni sulla realtà italiana L’esperienza sul campo di un Centro di Psicologia clinica Il concetto di “bambino affetto da patologia cronica” abbraccia un’enorme eterogeneità di possibili situazioni in tutte le fasce d’età, tra cui: neonati gravemente pretermine o affetti da cardiopatie, danni neurologici, sindromi malformative (spesso diagnosticate in epoca prenatale, con tutte le problematiche di accompagnamento al parto) o malattie metaboliche rare; obesità, malattie oncoematologiche, diabete, trapianti d’organo, impianti cocleari, dialisi, epilessie e fibrosi cistica. È fondamentale un approccio multidisciplinare, in cui lo psicologo gioca il delicato ruolo di fornire assistenza in aspetti e problemi psicosociali patologia cronica tutte le fasi del percorso clinico, dalla comunicazione della diagnosi alla cura e al follow-up. Sono tre, in particolare, i suoi compiti: supportare il bambino, sostenere la famiglia e facilitare la comunicazione tra gli operatori. Nella nostra esperienza di Unità Operativa che riunisce psicologi di diversa formazione, l’organizzazione di gruppi espressamente dedicati a bambini, genitori e personale sanitario si è sempre rivelata una strategia efficace, come pure il mantenimento di gruppi aperti di psicoterapia ambulatoriale per genitori dopo la dimissione. Lo psicologo lavora così a stretto contatto e in perfetta sinergia con il pediatra, che a sua volta è sensibile a cogliere e segnalare problematiche da sottoporre alla sua attenzione e conosce bene le risorse del territorio alle quali eventualmente indirizzare i genitori. L’adolescente merita un approccio del tutto differente e personalizzato in quanto individuo autonomo, responsabile e bisognoso di privacy, per il quale la parola chiave si può riassumere in “coinvolgimento”: premessa, questa, irrinunciabile nell’intento di mantenere il più possibile l’aderenza al trattamento prescritto. Le potenzialità dello psicologo clinico sono quindi molto vaste e possono avvalersi di numerosi strumenti, come per esempio questionari rapidi da somministrare ai genitori, funzionali a valutare, per esempio, lo sviluppo di un bambino nato pretermine nei suoi primi anni di vita, oppure sistemi di scoring come la Children Behavior Checklist, utile a identificare l’impatto di un evento stressante (avevamo impiegato questo strumento dopo il terremoto che aveva colpito la città dell’Aquila) e a monitorare il disturbo post-traumatico da stress ad esso potenzialmente correlato. Analogamente lo psicologo clinico, insieme al pediatra e in chiave multidisciplinare, può anche occuparsi di tenere sotto controllo la qualità di vita di un bambino con malattia cronica o di seguire l’andamento della sua disabilità. A tale riguardo uno strumento raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e promosso in Italia dalla dott.sa Matilde Leonardi, Direttore U.O. Neurologia, Salute Pubblica e Disabilità, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), che consente tra l’altro di identificare ostacoli e fattori in grado di facilitare il funzionamento del paziente. Consulenza della dott.sa Simonetta Gentile, Responsabile di Psicologia Clinica dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - Roma Antologia di risorse informative, strumenti operativi e materiali di approfondimento • R. Pilleri Senatore, A. Oliverio Ferraris. Il bambino malato cronico. Aspetti psicologici. Raffaello Cortina, Milano, 1989. Pagine 256. Prezzo: euro 18,00 • P. Catastini. Mio figlio, malato cronico. Franco Angeli, Milano, 1998. Pagine 96. Prezzo: euro 18,50 • F. Bianchi di Castelbianco, M. Capurso, M. Di Renzo. Ti racconto il mio ospedale, Magi edizioni, Roma, 2007. Pagine 208. Prezzo: euro 22,00 • L’uovo fuori dal cesto. A cura di E. Tesio. Utet, Torino, 2000. Pagine 364. Prezzo: euro 24,50 Testo a cura di P.C. Salari Bibliografia 1. National Survey of Children’s Health. Data Resource Center for Child and Adolescent Health. Available at: http://www.nschdata. org/Content/Default.aspx. Accessed November 30, 2011 2. Perrin JM, Bloom SR, Gortmaker SL. The increase of childhood chronic conditions in the United States. JAMA. 2007;297(24): 2755–2759 3. Pless IB, Pinkerton P. Chronic Childhood Disorder: Promoting Patterns of Adjustment. London, England: Kimpton; 1975 4. Perrin EC, Gerrity PS. Development of children with a chronic illness. Pediatr Clin North Am. 1984;31(1):19–31 5. Thompson RJ, Gustafson KE. Adaptation to Chronic Childhood Illness. Washington, DC: American Psychological Association; 1996 6. Barlow JH, Ellard DR. The psychosocial well-being of children with chronic disease, their parents and siblings: an overview of the research evidence base. Child Care Health Dev. 2006;32(1):19–31 7. Varni JW, Limbers CA, Burwinkle TM. Impaired health-related quality of life in children and adolescents with chronic conditions: a comparative analysis of 10 disease clusters and 33 disease categories/severities utilizing the PedsQL 4.0 Generic Core Scales. Health Qual Life Outcomes. 2007;5:43 8. Thyen U, Kuhlthau K, Perrin JM. Employment, child care, and mental health of mothers caring for children assisted by technology. Pediatrics. 1999;103(6 pt 1):1235–1242 9. US Department of Health and Human Services. Health Resources and Services Administration, & Maternal and Child Health Bureau. The National Survey of Children with Special Health Care Needs Chartbook 2005-2006. Washington, DC: 2008 10. Kuhlthau KA, Perrin JM. Child health status and parental employment. Arch Pediatr Adolesc Med. 2001;155(12):1346–1350 11. Taylor RM, Gibson F, Franck LS. The experience of living with a chronic illness during adolescence: a critical review of the literature. J Clin Nurs. 2008;17(23):3083–3091 12. Stein REK, Perrin JM, Iezzoni LI. Health care: access and medical support for youth and young adults with chronic health conditions and disabilities. In: Lollar D, ed. Launching into Adulthood. Baltimore, MD: Paul H Brookes Publishing; 2010: 77–102 13. Arrington-Sanders R. In brief: adherence. Pediatrics. 2009;30: e9–e10 14. Kemper KJ, Vohra S, Walls R; Task Force on Complementary and Alternative Medicine; Provisional Section on Complementary, Holistic, and Integrative Medicine. American Academy of Pediatrics. The use of complementary and alternative medicine in pediatrics. Pediatrics. 2008;122(6):1374–1386 15. Glader LJ, Palfrey JS. Care of the child assisted by technology. Pediatr Rev. 2009;30(11):439–444, quiz 445 16. Kuhlthau K, Nyman RM, Ferris TG, Beal AC, Perrin JM. Correlates of use of specialty care. Pediatrics. 2004;113(3 pt 1): e249–e255 17. Bauman LJ, Drotar D, Leventhal JM, Perrin EC, Pless IB. A review of psychosocial interventions for children with chronic health conditions. Pediatrics. 1997;100(2 pt 1):244–251 18. Perrin JM, Romm D, Bloom SR, et al. A family-centered, community-based system of services for children and youth with special health care needs. Arch Pediatr Adolesc Med. 2007;161(10): 933–936 19. Foy JM; American Academy of Pediatrics Task Force on Mental Health. Enhancing pediatric mental health care: report from the American Academy of Pediatrics Task Force on Mental Health. Introduction. Pediatrics. 2010;125(suppl 3):S69–S74 Traduzione a cura di E. Soravia Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 129 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica PIR Quiz 1. Malgrado alcune criticità, che avevano richiesto in precedenza due ricoveri d’urgenza, il controllo glicemico di un ragazzo di 13 anni affetto da diabete mellito risulta accettabile e stabile da un anno. Cosa suggerireste ai suoi genitori, preoccupati per la sua richiesta di partecipare a una vacanza-studio all’estero con la sua classe, sapendo che si svolgerà presso un college attrezzato per la sola assistenza medica di base? A. Di evitare la vacanza in quanto “prevenire è meglio che dover curare” B. Di recarsi una volta a settimana al college per accertarsi che la situazione sia sotto adeguato controllo C. Di consentire la partecipazione, preallertando gli accompagnatori e invitando il ragazzo a prendere tempestivo contatto con il personale sanitario del college D. Di organizzare con il college un incontro di formazione sul diabete mellito per i ragazzi 2. Quale dei seguenti pazienti ha una maggiore probabilità di avere una comorbilità psicologica? A. B. C. D. Un bambino di 10 anni affetto da asma Una bambina di 5 anni con diabete di tipo 1 Una bambina di 7 anni celiaca Un bambino di 8 anni cieco 3. Un bambino di 3 anni ha un fratellino maggiore affetto da leucemia. La madre gli ha spiegato di lavarsi le mani per prevenire le infezioni, che rappresentano un rischio per suo fratello, ma lui se ne dimentica sempre. Quale suggerimento le dareste? A. Continuare a ripetere al bambino di lavarsi le mani sottoponendolo a punizioni psicologiche in caso di dimenticanza B. Spiegare al bambino che cosa sono i germi e perché sono pericolosi C. Predisporre, in stile ludico, una sequenza di azioni utili a prevenire le infezioni, che il bambino dovrà osservare a casa e a scuola D. Allontanare il bambino da casa, affidandolo ai nonni, fin quando il fratellino non avrà concluso il suo percorso terapeutico 4. Per un bambino si impone la ventilazione meccanica. Qual è la necessità immediata per i suoi familiari: A. B. C. D. Organizzare una visita giornaliera da parte dei servizi assistenziali sul territorio Identificare una struttura per lunga degenza Apprendere la gestione domiciliare del dispositivo e il monitoraggio dello stato delle vie aeree Cercare un’infermiera che segua il bambino 24 ore su 24 5. Quale delle seguenti ragioni è meno plausibile per spiegare la non aderenza di un adolescente a un trattamento cronico? A. B. C. D. Timore di effetti indesiderati Desiderio di sentirsi come gli altri Comprensione soltanto parziale dei rischi del mancato trattamento Scarsa sensibilizzazione e insufficiente attenzione da parte dell’équipe medica 6. Nei bambini con patologia cronica si ritiene che il ricorso alle medicine complementari sia stimabile nell’ordine del… A. B. C. D. 5-10% 15-30% 30-45% 50-70% 130 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 aspetti e problemi psicosociali patologia cronica 7. Nei bambini con patologia cronica, si ritiene che, tra le seguenti, la malattia per la quale è più frequente il ricorso alle medicine complementari sia: A. B. C. D. La celiachia L’autismo Il diabete mellito La fenilchetonuria 8. Quale, tra i seguenti, è l’imprevisto più probabile a scuola per un bambino affetto da malattia cronica? A. L’insieme di possibili conseguenze dovute all’impreparazione del personale scolastico ad affrontare un’eventuale emergenza B. Un episodio di bullismo C. La necessità del trasporto in pronto soccorso a seguito di una complicanza acuta D. Il bisogno di assistenza estemporanea da parte di un familiare Puntualizzazioni Nel numero di Novembre 2011 di Pediatrics in Review, l’articolo “Artrite nei bambini e negli adolescenti” (Pediatr Rev. Ed It. 2011;21:487-498) presenta a pagina 492 alcuni test diagnostici a supporto della diagnosi di infezione da Chlamydia associata ad artrite reattiva. Gli autori sottolineano che il test di amplificazione con acido nucleico rappresenta un ulteriore metodo diagnostico efficace. Nell’articolo “Il punto sulla diagnosi: Le infezioni congenite (TORCH)” pubblicato sul numero di Dicembre 2011 (Pediatr Rev. Ed It. 2011;21:559-565), la raccomandazione per il trattamento del neonato prematuro con peso inferiore ai 2 kg e la cui madre ha uno stato HbsAg sconosciuto dovrebbe includere la somministrazione di immunoglobulina anti-epatite B nelle prime 12 ore dalla nascita poiché il vaccino potrebbe avere una minore immunogenicità in questi neonati e non è affidabile per quanto concerne la protezione, come potrebbe essere nel caso di neonati a termine o pretermine più grandi, nei quali l’immunoglobulina può essere somministrata fino a 7 giorni di vita se lo stato della madre risulta essere positivo. Nell’articolo “Assistenza del neonato sano” pubblicato sul numero di Gennaio 2012 (Pediatr Rev. Ed It. 2011;22:5-21), la raccomandazione per la somministrazione giornaliera di vitamina D nei bambini di età compresa fra 1 e 18 anni è di 400 UI. Gli autori desiderano informare i lettori che altri gruppi, quale l’Office of Dietary Supplements presso i National Institutes of Health, hanno raccomandato dosi giornaliere pari a 600 UI per questo gruppo di età. I lettori dovrebbero prestare attenzione alle linee guida definitive più recenti. Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 131 Articolo genetica/dismorfologia Disabilità intellettiva (ritardo mentale) Sarah E. Shea, MD, FRCPC* Dichiarazione dell’autore La Dott.ssa Shea dichiara l’assenza di conflitto di interesse relativamente al presente articolo. Il presente commento non contiene discussioni di un impiego non approvato/per uso sperimentale di un prodotto/strumento commerciale. SANITANOVA è accreditata dalla Commissione Nazionale (Albo Provider n°12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Spunto formativo L’approccio ai test genetici per la valutazione della disabilità intellettiva sta cambiando con l’introduzione di nuove tecniche, quali il test su microarray. Obiettivi Ultimata la lettura della presente monografia di aggiornamento, i lettori dovrebbero essere in grado di: 1. Comprendere la terminologia della disabilità intellettiva e le definizioni relative agli individui con disabilità intellettiva. 2. Conoscere l’epidemiologia e le presentazioni cliniche della disabilità intellettiva (intellectual disability = ID) e le sue possibili cause. 3. Sapere come ricercare la causa dell’ID in un bambino, comprendendo che molto spesso essa non è identificabile, e come valutare i punti di forza e le debolezze del bambino. 4. Conoscere le ultime tendenze dei test genetici per l’identificazione delle cause di ID. 5. Conoscere le condizioni patologiche comunemente coesistenti con l’ID e saper istituire un adeguato follow-up clinico. 6. Comprendere gli aspetti implicati nell’educazione dei bambini e degli adolescenti con ID e identificare le aspettative ragionevoli. 7. Sapere come aiutare un adolescente con ID nella transizione all’età adulta. Definizioni Parlando di disabilità intellettiva (intellectual disability = ID) ci si riferisce in generale a ciò che è stato precedentemente descritto come ritardo mentale. L’ID è una condizione che dura tutta la vita, caratterizzata da una significativa compromissione dello sviluppo cognitivo e adattativo secondaria ad anomalie della struttura o della funzione cerebrali. L’ID non è una singola entità, bensì un sintomo generale di disfunzione neurologica. Attualmente, la terminologia che si riferisce all’ID (ritardo mentale [mental retardation = MR]) sta cambiando. In numerosi ambiti, inclusi alcuni contesti clinici e le politiche legali e pubbliche che stabiliscono l’eleggibilità per un supporto, è tuttora in uso il termine ritardo mentale; sta aumentando, tuttavia, l’uso del termine disabilità intellettiva come suo diretto sostituto. L’American Association on Mental Retardation è stata ribattezzata American Association on Intellectual and Developmental Disabilities (AAIDD), pur enfatizzando il fatto che la definizione di ID coincide esattamente con quella di MR. La ragione principale di questo cambiamento è che il termine ritardo mentale è percepito come peggiorativo; di fatto, il cambiamento semantico non Abbreviazioni rispecchia un re-inquadramento della condizione. AAIDD: American Association on Intellectual and Viene premesso che la prossima edizione del Diagnostic and Developmental Disabilities Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) utilizzerà un terADHD: attention-deficit/hyperactivity disorder = mine differente in sostituzione di MR; il termine usato nel predisturbo da deficit dell’attenzione con sente articolo è ID. iperattività Ci sono due definizioni formali di ID/MR di comune utilizDSM: Diagnostic and Statistical Manual of Mental zo. La definizione di MR secondo la quarta edizione del DSM Disorders (DSM-IV) e la definizione di ID secondo la AAIDD presentano FAPE: free appropriate public education = istruzione lievi differenze, ma sono essenzialmente equivalenti. Entrambe si pubblica appropriata gratuita basano su tre tratti coesistenti: (1) funzionalità intellettiva signiFAS: fetal alcohol syndrome = sindrome feto-alcolica ficativamente inferiore alla media, accompagnata da (2) deficit o ID: intellectual disability = disabilità intellettiva compromissioni delle capacità adattative con (3) esordio prima MR: mental retardation = ritardo mentale dei 18 anni di età. QI: quoziente intellettivo I gradi di MR (ID) sono descritti nel DSM-IV. Spesso i risulTC: tomografia computerizzata tati dei test vengono riassunti con l’uso di aggettivi correlati *Editorial board member; Dalhousie University, Halifax, Nova Scotia. 132 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva (lieve, moderato, grave, profondo), di cui è utile conoscere il significato. Nel DSM, gli intervalli sono definiti dai valori di quoziente intellettivo (QI), che si basano sul punteggio medio di QI della popolazione, pari a 100; con i metodi di valutazione comunemente usati, 1 deviazione standard (DS) equivale a 15 punti. Un punteggio inferiore a 70 punti, ovvero inferiore alla media di oltre 2 DS, rappresenta una condizione di ID. L’ID è definita lieve quando il QI è inferiore alla media di 2-3 DS (QI da 55 a 70). Nell’ID moderata, il QI è inferiore alla media di 3-4 DS (QI da 40 a 55); nell’ID grave, il QI è inferiore alla media di 4-5 DS (QI da 25 a 40); e nell’ID profonda, il QI è inferiore alla media di oltre 5 DS (QI inferiore a 25). La definizione di ID secondo la AAIDD non si riferisce a queste categorie, focalizzandosi piuttosto sul livello di supporto di cui un individuo necessita, oltre che sulle limitazioni delle funzioni cognitive e adattative. Uno strumento di classificazione alternativo è l’International Classification of Functioning, Disability and Health, sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che include funzioni e struttura corporee, attività, partecipazione sociale e fattori ambientali. Talvolta si usa il descrittore borderline, per esempio parlando di intelligenza borderline o di ID/MR borderline, per rappresentare una situazione in cui il QI è inferiore alla media di 1,5-2,0 DS (QI da 70,0 a 77,5). I soggetti con questo profilo possono presentare differenze significative nella funzionalità, specialmente in ambito scolastico, ma non sono generalmente identificati come affetti da ID. Per convenzione, a qualsiasi livello di ID, un QI ridotto deve essere accompagnato da deficit nelle funzioni adattative, che includono capacità concettuali, sociali e pratiche. Le capacità concettuali sono la conquista del linguaggio, dell’alfabetismo e delle capacità di calcolo, nonché la comprensione dei concetti di tempo e denaro. Le capacità sociali riguardano il giudizio sociale, i rapporti interpersonali e la risoluzione di problemi sociali. Le capacità pratiche includono la cura di sé e lo svolgimento di altre attività della vita quotidiana, capacità occupazionali, capacità di affrontare il mondo in sicurezza, di utilizzare i mezzi di trasporto e così via. I medici utilizzano variamente il termine ID (o MR) in funzione dell’età dell’individuo. Alcuni preferiscono usare il termine “ritardo dello sviluppo” o “ritardo globale dello sviluppo” per i bambini di età inferiore ai 5 anni e riservare i termini ID o MR ai bambini più grandi. Per alcuni medici, la scelta del termine sembra essere una questione di convenzione, mentre per altri essa riflette la necessità di confidare nel percorso di sviluppo di un bambino prima di applicare questi ultimi termini. L’American Academy of Neurology e il Practice Committee della Children Neurology Society hanno definito un ritardo globale dello sviluppo, complicando ulteriormente la comprensione della terminologia. Tale definizione implica che vi sia un ritar- do significativo in un bambino (punteggio di test standardizzati, normativi, specifici per età inferiore alla media di almeno 2 DS) in almeno due qualsiasi aree dello sviluppo; ciò comporta che il termine sarebbe applicabile a molti bambini che non soddisfano i criteri della definizione di ID. Infine, molti medici e molte famiglie continuano a parlare di ritardo dello sviluppo piuttosto che di ID o di MR, percependo questo termine come più positivo e meno stigmatizzante. Un individuo con ID ha uno sviluppo ritardato, ovvero il profilo e la sequenza dello sviluppo seguono un ordine tipico, ma il progredire è più lento e con limitazioni e il livello dei risultati finali è inferiore alla norma. Tale quadro è diverso da quello di uno sviluppo atipico, nel quale il bambino mostra comportamenti che non rientrano in uno sviluppo normale o atteso. I bambini con disturbi dello spettro autistico si sviluppano in modo atipico e con differenze qualitative nel modo di comunicare e di interagire con gli altri. Possono mostrare o meno un ritardo dello sviluppo o una ID. Epidemiologia Le stime della prevalenza dell’ID variano dall’1% al 3%, dove le cifre più alte rappresentano probabilmente coorti definite solo dal punteggio di QI. I rapporti sulla prevalenza reale misurata variano in funzione delle caratteristiche delle popolazioni studiate, della definizione di caso e del disegno dello studio. Nella maggior parte degli individui con ID, il punteggio di QI si colloca in un ambito di ID lieve. Il riscontro di una ID è più comune nei maschi rispetto alle femmine (rapporto 1,4:1,0). Secondo le attuali dimensioni della popolazione e in base a una prevalenza dell’1%, ci sono attualmente oltre 6 milioni di bambini statunitensi e oltre 600.000 bambini canadesi con ID. Presentazione clinica L’età all’identificazione dell’ID di solito ne riflette il livello di gravità; cioè, i bambini gravemente affetti di solito sono identificati più precocemente, perché non raggiungono le tappe attese nei primi 2 anni di età. Talvolta i bambini con ID lieve non vengono identificati se non solo dopo alcuni anni di scuola. Spesso i bambini nei quali si diagnosticherà in seguito una ID conseguono uno sviluppo della motricità grossolana nella norma, laddove mostreranno virtualmente sempre un ritardo del linguaggio ricettivo (nei bambini in età prescolare, il linguaggio ricettivo è il migliore fattore predittivo di intelligenza). In alcuni bambini, l’ID viene identificata grazie a condizioni patologiche associate, quali le sindromi genetiche. Cause Una volta riconosciuta una ID, è importante cercare di identificarne la causa (Tabella 1). Vi sono situazioni, sepPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 133 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva pur rare, nelle quali si identifica una condizione trattabile, come alcuni difetti congeniti del metabolismo. L’identificazione della causa può anche condurre all’identificazione di rischi associati per la salute (per esempio, immunodeficienza associata alla sindrome da delezione 22q11) o avere implicazioni genetiche per l’individuo affetto e la sua famiglia (per esempio, sindrome dell’X fragile). L’identificazione di una causa può anche aiutare la famiglia a comprendere il bambino, a pianificare il futuro e ad accedere a sistemi di supporto, alcuni dei quali sono specifici per certe condizioni patologiche. In alcuni casi, l’identificazione della causa è un processo semplice. In molti bambini, tuttavia, non si identifica un’eziologia specifica. In tali situazioni, la ricerca della causa dovrà essere intesa come un processo continuo, perché l’evoluzione della tecnologia può arrivare a offrire risposte prima non accessibili. Un ottimo esempio di tale evoluzione è stato l’impatto dei test genetici avanzati, quali il test su microarray, nell’aiutare la nostra comprensione delle cause di ID. Le percentuali di successo nella ricerca della causa di un ritardo dello sviluppo o di una ID riportate in letteratura sono molto variabili. Alcuni studi riportano valori prossimi al 10% e altri valori fino all’80%. (1)(2) In generale, gli studi nei quali si riporta un’alta percentuale di successo Cause di disabilità intellettiva Tabella 1. Prenatali Infezione (per esempio, toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus, virus dell’herpes simplex) Anomalie genetiche Trisomia 21 X fragile Altro (mutazioni puntiformi; delezioni cromosomiche, duplicazioni, riarrangiamenti, eccetera) Tossine e teratogeni Alcol Farmaci Radiazioni Ipotiroidismo congenito Errori congeniti del metabolismo Perinatali Ipossia Complicanze della prematurità Emorragia intracranica Infezione perinatale del SNC Postnatali Danno cerebrale acquisito Emorragia del SNC Infezione del SNC Malignità del SNC Grave deprivazione ambientale Malnutrizione grave Tossine (piombo, mercurio) SNC=sistema nervoso centrale. 134 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 nell’identificazione della causa ascrivono la causa a elementi anamnestici, quali l’asfissia intrapartum e l’esposizione prenatale a tossine (alcol o farmaci). Per contro, negli studi in cui si utilizzano studi di neuroimaging, la causa è spesso ascritta a disgenesia cerebrale. Se ne deduce che i primi fanno ipotesi che possono essere valide o meno e che i secondi descrivono reperti associati all’ID piuttosto che identificare la causa del problema e delle anomalie cerebrali. Cause prenatali e differenze genetiche sono le più comuni cause di ID. La sindrome dell’X fragile è la più comune malattia ereditaria notoriamente responsabile di ID. La sindrome interessa circa 1 su 3.600 maschi e 1 su 4.000-6.000 femmine e in alcune casistiche è responsabile dell’1%-2% delle diagnosi di ID in pazienti maschi. I maschi con sindrome dell’X fragile hanno tipicamente una ID moderata, ma l’esito cognitivo può variare da disturbi dell’apprendimento a una grave ID con o senza autismo. Anche le femmine possono avere una sindrome dell’X fragile sintomatica (cioè, un X con mutazione piena), ma i loro fenotipi cognitivi e fisici di solito sono più lievemente compromessi. Circa il 50% delle femmine con sindrome dell’X fragile ha una funzionalità intellettiva ai limiti della norma o una ID lieve. I maschi con sindrome dell’X fragile spesso presentano tratti fisici quali orecchie grandi, viso allungato con mento prominente e testicoli grossi (con la pubertà). Talvolta, inoltre, hanno problemi a carico dei tessuti connettivi, quali prolasso della valvola mitrale, piedi piatti e articolazioni iperflessibili, nonché infezioni dell’orecchio e problemi ossei. Le caratteristiche comportamentali dei maschi con X fragile possono includere ADHD, un eloquio rapido e poco chiaro, morsicarsi o battere le mani e comportamenti associati a disturbi dello spettro autistico, quali scarso contatto visivo e intense risposte agli stimoli sensoriali. Le femmine con sindrome dell’X fragile possono eventualmente mostrare differenze fisiche, quali orecchie prominenti. Le femmine possono avere difficoltà di apprendimento (specialmente in matematica), problemi di attenzione, timidezza o ansia sociale, disfunzione del linguaggio compreso un mutismo selettivo, e disturbi affettivi, dello spettro schizofrenico e dello spettro autistico. Una causa di ID relativamente comune è la trisomia 21, o sindrome di Down, che resta la più comune anomalia cromosomica tra i nati vivi. Uno studio recente ha osservato che nel 2002 la prevalenza della sindrome di Down tra bambini e adolescenti (0-19 anni di età) in 10 stati americani era pari a 10,3 su 10.000 soggetti. (3) La funzione intellettiva nella sindrome di Down è variabile; la maggior parte delle persone ha una ID da lieve a moderata. In alcuni casi è presente una ID grave e talvolta autismo, il che si ripercuote ulteriormente sullo sviluppo adattativo. Il più comune teratogeno responsabile di ID è l’alcol, genetica/dismorfologia disabilità intellettiva che dà luogo al cosiddetto disturbo dello spettro fetoalcolico. L’impatto dell’esposizione fetale all’alcol varia, non rispecchiando necessariamente in modo lineare il grado di esposizione; le attuali raccomandazioni, tuttavia, sconsigliano l’assunzione di alcol durante la gravidanza. I tempi e la frequenza di assunzione e la dose assunta sono fattori che influiscono sull’esito, ma sembrano esserci anche significativi fattori individuali, quali età e corredo genetico/metabolico della madre, alimentazione materna, fattori di rischio sociali ed esposizione ad altre tossine. L’impatto cognitivo dell’esposizione fetale all’alcol è meglio definito nella popolazione che si ritiene esprima pienamente la sindrome feto-alcolica (fetal alcohol syndrome = FAS), sulla base di coesistenti differenze in termini di accrescimento, caratteristiche fisiche e profilo di sviluppo neurologico. Le caratteristiche facciali tipiche della FAS sono filtro piatto, labbro superiore sottile e piatto e fessure palpebrali corte. Si stima che negli Stati Uniti l’incidenza della FAS sia 0,5-2,0 su 1.000 nascite. I bambini con FAS hanno per lo più una ID lieve, mentre alcuni presentano disturbi dell’apprendimento e alcuni una ID moderata. Nei bambini con FAS la funzione adattativa è spesso ulteriormente compromessa da ADHD coesistenti e disturbo oppositivo provocatorio e da scarsa sensibilità sociale. Stabilire la causa L’anamnesi e l’esame obiettivo, seguiti dai test genetici, restano gli elementi più importanti per identificare la causa dell’ID di un bambino. L’anamnesi dovrà includere un’attenta storia familiare focalizzata sull’identificazione di altri individui, inclusi parenti di secondo e di terzo grado, affetti da simili condizioni patologiche, nonché una rassegna degli eventi prenatali, perinatali e neonatali. È inoltre importante registrare eventuali patologie neurologiche e altre patologie acute e croniche e condurre un’attenta rassegna dei sistemi d’organo, nonché registrare il profilo comportamentale e il percorso di sviluppo. Certi profili comportamentali possono fornire indizi per l’identificazione di una malattia genetica (per esempio, nella sindrome di Smith-Magenis il paziente ha disturbi del sonno, si abbraccia, si lecca le dita delle mani e sfoglia compulsivamente le pagine di libri e riviste). Si dovrà condurre un esame obiettivo completo, perché qualsiasi sistema d’organo può fornire indizi per l’identificazione della causa. Esempi di reperti che possono suggerire sindromi associate a ID sono microcefalia, anomalie dell’accrescimento, facies insolita, anomalie scheletriche, chiazze cutanee (per esempio, aree ipo- o iperpigmentate, adenoma sebaceo) e anomalie palatali, cardiache e genitourinarie. Un attento esame neurologico può rilevare dimensioni anomale della testa o fornire reperti locali. Nell’ambito della ricerca della causa dell’ID e in considerazione della maggiore prevalenza di coesistenti deficit sensoriali, all’esame fisico si dovrà aggiungere l’esame della vista e dell’udito. Se la fondoscopia non è possibile, si raccomanda l’invio per un esame oftalmologico, perché reperti quali retinite o anomalie del nervo ottico possono essere di aiuto nel percorso diagnostico. Eventuali reperti anomali possono suggerire all’istante una sindrome o un disturbo noti (per esempio, sindrome di Down). In caso contrario, il medico potrà servirsi di strumenti ausiliari per riconoscere il profilo patologico, per esempio attraverso il sito web della Online Mendelian Inheritance in Man (OMIM) (4) oppure inviare il paziente al consulto con un genetista. Come il profilo comportamentale, anche il profilo dello sviluppo neurologico, se valutato parallelamente alla storia e ai reperti fisici, può fornire indizi. Per esempio, i bambini con sindrome di Williams hanno spesso un caratteristico profilo di apprendimento, con punti di forza nella memoria verbale a breve termine e nel linguaggio e un considerevole deficit di capacità visuo-spaziali. Quando la storia e l’esame fisico non suggeriscono la causa dell’ID di un bambino, si dovranno proporre alla famiglia ulteriori indagini, con particolare accento sull’indagine genetica. Test metabolici ed elettroencefalografia Ove appropriato per l’età del paziente o quando ulteriormente indicato dall’anamnesi del paziente o dall’esame obiettivo, si dovrà procedere allo screening per disfunzione tiroidea e saturnismo. Probabilmente, uno screening metabolico di routine non è utile se la storia non presenta altri elementi suggestivi di una malattia metabolica. Questo è sempre più vero ora che la maggior parte degli istituti in Canada e negli Stati Uniti fornisce lo screening neonatale per alcune malattie metaboliche, tra le quali la fenilchetonuria. Elementi anamnestici che indicano la necessità di escludere una malattia metabolica sono regressione dello sviluppo, ipoglicemia, odore corporeo insolito, disfunzione epatica o cardiaca, convulsioni, livello di funzionalità discontinuo, storia familiare suggestiva, consanguineità parentale, atassia, ipotonia grave e deficit intellettivo da grave a profondo. L’elettroencefalografia non è raccomandata quale indagine di routine e dovrebbe essere riservata alle situazioni nelle quali è presente una storia di possibili convulsioni. Differenze genetiche Un esame normale non esclude una sottostante differenza genetica, poiché l’esame obiettivo risulta normale in almeno il 40% dei bambini con anomalie cromosomiche e ID. L’avvento della tecnologia di ibridazione genomica su microarray ha aggiunto complessità alla scelta dell’approccio da utilizzare per la valutazione genetica del bambino con ID. Un approccio per i bambini con ID e con storia ed esame fisico non diagnostici consiste nell’analisi del Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 135 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva cariotipo e nell’analisi molecolare per la sindrome dell’X fragile. Per i bambini con storia non diagnostica e nei quali l’analisi del cariotipo e l’analisi molecolare per la ricerca dell’X fragile non evidenziano anomalie, una valutazione genetica aggiuntiva tramite microarray non era universalmente raccomandata. Tuttavia l’approccio all’indagine genetica sta cambiando. Una rassegna ha riportato una resa del test su microarray nei bambini con ID pari al 14% e circa doppia rispetto a quella della cariotipizzazione. (5) È inoltre riportato che la probabilità di rilevare anomalie cromosomiche tramite test su microarray aumenta con il numero di anomalie cliniche (reperti fisici, convulsioni, anomalie del tono muscolare, eccetera). Sia l’American College of Medical Geneticists (6) sia il Canadian College of Medical Geneticists (7) hanno raccomandato nel 2010 e nel 2009, rispettivamente, l’ibridazione genomica su microarray come indagine di laboratorio d’elezione per i bambini con ID dalla causa ignota e quale alternativa da preferire alla cariotipizzazione e all’ibridazione fluorescente in situ. Le due società sottolineano che questo test dovrà essere intrapreso solo dopo un appropriato consulto e che quando ci sono ragioni per sospettare un’aneuploidia comune (per esempio, trisomia 21, XXY) la cariotipizzazione resta un’opzione preferibile. Suggeriscono inoltre che il test su microarray non sia l’indagine d’elezione se sussiste il sospetto di certe sindromi specifiche (per esempio, sindrome di Williams) per le quali il rapporto costo-efficacia della valutazione tramite ibridazione fluorescente in situ sarebbe più favorevole. Il test su microarray è in grado di rivelare delezioni altrimenti non identificabili, duplicazioni e riarrangiamenti; tuttavia l’interpretazione dei dati non è semplice, in quanto questi cambiamenti sono riscontrabili anche in individui con sviluppo tipico, inclusi talvolta i familiari del paziente; inoltre non sempre è chiaro che la microdelezione o la duplicazione rilevata ha un ruolo causale. Quando si riscontra un’anomalia genetica in un bambino con ID, può essere necessario, per facilitare l’interpretazione del reperto, sottoporre a test genetici i genitori del bambino e, talvolta, altri familiari. L’indagine può rivelare anomalie genetiche in altri membri della famiglia e anche una non paternità. In alcuni casi, la storia familiare è particolarmente suggestiva di una malattia genetica ereditaria. La valutazione genetica è indicata se ci sono due o più parenti di primo grado con ID, più parenti di secondo e terzo grado con ID, la presenza di ID nella parentela secondo un profilo che suggerisce un’ereditarietà legata al cromosoma X, una storia familiare di anomalie cromosomiche note o una storia di aborti ricorrenti. In queste situazioni si dovrà considerare la valutazione da parte di un genetista e tramite test avanzati. Non si dovranno intraprendere test genetici di alcun 136 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 tipo prima di avere discusso a fondo con la famiglia e, se appropriato, con il bambino circa le potenziali implicazioni dei risultati anomali; questi, infatti, possono avere un impatto clinico, emozionale, finanziario e sociale. Risultati anomali in un bambino possono avere implicazioni maggiori per la salute degli altri membri della famiglia. Per esempio, la diagnosi di sindrome dell’X fragile in un maschio può rivelare il rischio che familiari portatori della premutazione sviluppino la sindrome da tremore/atassia associata all’X fragile o un’insufficienza ovarica primaria associata alla stessa sindrome. L’indagine genetica può anche rivelare una non paternità. Indagine mediante neuroimaging Non vi è consenso sul valore del neuroimaging nei bambini con ID e con risultati altrimenti nella norma. È riportato che la RM identifica anomalie fino nel 13,9% di questi bambini. (1) Tuttavia i reperti non sono solitamente tali da provare una causalità e possono generare più domande che risposte. Inoltre, raramente i reperti dell’imaging orientano la gestione o influiscono sull’esito. In questa situazione, la pratica clinica dell’autore consiste nel richiedere una RM solo per i bambini con ID più grave o quando la RM può aiutare a confermare una causa suggerita dall’anamnesi. Alcuni bambini presentano reperti specifici che suggeriscono una sottostante patologia cerebrale identificabile. Tali reperti sono differenze strutturali, quali vortici di capelli anomali, difetti della linea mediana, ipo- o ipertelorismo e dimensioni anomale della testa, specialmente microcefalia. Differenze funzionali, quali l’emiplegia, o altri reperti locali dell’esame neurologico possono essere indizi. In questi casi, si dovranno considerare gli studi di neuroimaging. La RM è la modalità raccomandata, poiché è in grado di rilevare una disgenesia cerebrale meglio della tomografia computerizzata (TC). Se non vi è urgenza di disporre di risultati, è opportuno programmare la RM per quando il paziente avrà superato i 18 mesi di vita: eseguita più tardivamente, infatti, questa indagine può rivelare cambiamenti che sarebbe difficile identificare più precocemente a causa di un’incompleta mielinizzazione. L’uso della RM invece della TC elimina anche i timori per l’esposizione a radiazioni. Si è ipotizzato che, se la TC cranica viene eseguita in un bambino di 1 anno di età, il rischio nel corso della vita di un incremento della mortalità correlata a neoplasie maligne sia pari a 0,07%. (8) Spesso la RM nei bambini con ID richiede la sedazione profonda o l’anestesia, pertanto occorrerà sempre valutare rischi e benefìci dell’indagine. Follow-up clinico Qualora non sia possibile stabilire la causa dell’ID di un bambino al momento delle indagini iniziali, è importante definire un follow-up clinico. Valutazioni periodiche pos- genetica/dismorfologia disabilità intellettiva sono rivelare cambiamenti utili per la diagnosi, quali l’evoluzione di macchie caffelatte nella neurofibromatosi. Differenze nello sviluppo puberale, nonché cambiamenti della funzionalità sensoriale o dell’accrescimento, possono condurre alla diagnosi; inoltre, sono attese nuove modalità diagnostiche, come nel campo della genetica. Anche quando la causa dell’ID è stata identificata, il follow-up clinico è cruciale, perché con il tempo vengono elaborati nuovi trattamenti per malattie che erano prima intrattabili (per esempio, trapianti di midollo osseo per alcune malattie da accumulo); inoltre, è molto probabile che i bambini con ID presentino comorbilità. La Tabella 2 elenca le comorbilità comuni nei bambini con ID e la loro prevalenza stimata in base agli studi pubblicati. La gestione delle comorbilità è importante per favorire al massimo sia la salute sia lo sviluppo. In presenza di un ADHD coesistente, per esempio, si potrà e si dovrà ricorrere a tutte le modalità terapeutiche disponibili, incluso l’impiego di farmaci. Non è vero che gli individui con ID non rispondono ai farmaci stimolanti per il trattamento dell’ADHD; tuttavia, diagnosticare un ADHD richiede la comprensione del livello cognitivo del bambino. L’autismo è relativamente comune nelle persone con ID e dovrà essere identificato per una migliore definizione delle strategie di intervento. La maggior parte delle persone con ID presenterà, in qualche fase della vita, alcuni disturbi del comportamento o un problema di salute mentale. È molto importante monitorare e intervenire al riguardo. Quando il comportamento è sfidante, vi è il rischio che si ricorra automaticamente all’uso di farmaci. I farmaci svolgono certamente un ruolo nell’aiutare le persone con ID, ma non dovrebbero sostituirsi ad altri approcci. Interventi comportamentali, educativi, ricreativi e psicofarmacologici possono influire sul successo del trattamento. Poiché alcuni individui con ID lieve possono trarre beneficio da una terapia cognitivo-comportamentale, si dovrà richiedere il supporto di professionisti della salute mentale preparati per assistere le persone con ID. Anche i disturbi del sonno sono comuni, e vanno da disturbi del ritmo circadiano a disturbi del sonno secondari a reflusso gastroesofageo o apnea, a problemi del Tabella 2. Comorbilità Autismo Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività Deficit sensoriali Paralisi cerebrale Disturbi psichiatrici/ comportamentali 20%-30% 9%-15% ID lieve, 2%; ID grave, 11% ID lieve, 6%-8%; ID grave, 30% 80% sonno non organici, quali la condivisione del letto e la resistenza a essere messo a dormire. Valutazione Intrinseca nella definizione di ID è la necessità di misurare sia l’intelligenza sia la funzione adattativa. È estremamente importante condurre valutazioni appropriate in entrambi gli ambiti, tenendo conto dell’ambiente, del linguaggio, della salute, dello stato emozionale e delle limitazioni fisiche dell’individuo che si sta valutando. Si dovranno utilizzare test ampiamente studiati e validati in una popolazione che rispecchi adeguatamente il bambino che si sta valutando. Di uso molto comune per una valutazione personalizzata sono le scale per l’intelligenza di Wechsler. I bambini di età compresa fra 3 anni e 7 anni e 3 mesi sono valutati con la Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence, Terza Edizione (WPPSI-III). Per i soggetti da 6 a 16 anni di età si usano spesso le Wechsler Intelligence Scales for Children, Quarta Edizione (WISC-IV). Per gli individui di 16 anni o più si può utilizzare la Wechsler Adult Intelligence Scale, Quarta Edizione (WAIS-IV). Vari ulteriori strumenti sono disponibili per adattare la valutazione alle necessità del singolo, incluse quelle dei bambini con sviluppo del linguaggio limitato. La funzione adattativa può essere valutata tramite strumenti standardizzati, quali le Vineland Adaptive Behavior Scales-Seconda Edizione (VABS-II) e l’Adaptive Behavior Assessment System-Seconda Edizione (ABAS-II). Si raccomanda cautela nell’interpretare l’esito della valutazione, perché una diagnosi di ID inappropriata può avere un impatto negativo sul bambino e sulla famiglia. Il valore predittivo dei test d’intelligenza aumenta con l’età del bambino ed è significativamente maggiore dopo l’età di 4 anni. Fattori che possono rendere i risultati dei test di intelligenza meno predittivi dell’esito sono la coesistenza di un disturbo autistico, così come l’esecuzione del test poco dopo che è emersa una situazione di significativa deprivazione ambientale. La somministrazione dei test dovrà tenere conto anche delle limitazioni imposte da deficit sensoriali o motori. Il test dovrà essere somministrato da professionisti esperti nella valutazione degli individui con questo tipo di deficit. La valutazione non dovrà limitarsi a riconoscere debolezze e deficit di un bambino. Un’indagine condotta in maniera appropriata identificherà anche aree di forza e interessi e dovrà essere di supporto per la pianificazione logica e per una programmazione efficace miranti a un esito ottimale. L’accertamento della componente adattativa può essere particolarmente utile per questo scopo. È inoltre importante un approccio interdisciplinare all’accertamento, alla pianificazione e all’intervento. I bambini e gli adolescenti con ID traggono beneficio dal supporto di una vasta gamma di professionisti, quali psicologi, terapisti occupazionali, fisioterapisti, logopedisti, assistenti Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 137 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva sociali, e specialisti della terapia ricreativa e nella riabilitazione su base di comunità, audiologi, medici generalisti, medici specialisti e insegnanti. Sono fondamentali la collaborazione e la buona comunicazione tra professionisti e il riconoscimento del ruolo chiave delle famiglie per il successo dei bambini. Educazione Negli Stati Uniti, la legge federale difende i diritti di tutti i bambini con disabilità, inclusi quelli con ID. L’Individuals with Disabilities Education Improvement Act (Public Law 108-446) (IDEA), già noto come Education for All Handicapped Children Act (Public Law 94-142), richiede che tutti gli stati che ricevono fondi federali per l’istruzione forniscano a tutti gli individui da 3 a 21 anni di età con disabilità un’istruzione pubblica appropriata gratuita (free appropriate public education = FAPE) che sia “concepita per soddisfare le necessità specifiche di ogni bambino e per prepararlo a svolgere un lavoro e a vivere in autonomia.” In Canada, non vi sono leggi federali che affrontino questo problema; le singole province hanno l’obbligo convenuto di provvedere all’istruzione degli individui con necessità speciali in conformità con la Sezione 15 della Charter of Rights. I servizi canadesi per bambini in età prescolare sono sostenuti da fondi per la difesa della salute, dai servizi della comunità o dalla scuola e variano ampiamente in termini di disponibilità e stanziamenti. C’è stato un deliberato allontanamento dal modello dell’istruzione separata per gli individui con ID. Il razionale per l’inclusione dell’educazione rientra nella più ampia filosofia dell’inclusione nella comunità, basata sulla convinzione che tutti i membri della comunità abbiano un valore e debbano farne parte. La maggior parte dei sistemi scolastici statunitensi e canadesi adotta la politica dell’“ambiente meno restrittivo”, cercando di includere i bambini e gli adolescenti con ID nei contesti tradizionali quando e dove possibile. L’esito educativo di questa inclusione è tuttora oggetto di dibattito, perché le meta-analisi non sono conclusive e perché è difficile controllare i numerosi fattori che possono influire sull’esperienza dello studente in qualsiasi ambiente scolastico. (9) Ci sono evidenze del fatto che l’inclusione degli individui con ID lieve nelle classi tradizionali produca un migliore esito funzionale; da un punto di vista filosofico, inoltre, l’isolamento completo di una qualsiasi popolazione di bambini dai coetanei non è giustificabile. L’approccio più ragionevole è assicurare che i programmi didattici e la scelta della classe in cui collocare l’alunno siano coerenti con le sue specifiche necessità. Alcuni bambini con ID non traggono il massimo beneficio da un contesto focalizzato sulle tradizionali attività scolastiche: essi avranno più opportunità di sviluppare le proprie capacità funzionali e ricreazionali passando almeno una parte della giornata scolastica in contesti meno 138 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 ampiamente inclusivi. Anche comorbilità come disturbi del comportamento o deficit sensoriali possono imporre il ricorso a contesti didattici specializzati. L’inclusione da sola non sembra produrre un’adeguata integrazione sociale, specialmente negli anni della scuola media e della scuola superiore. Verso gli ultimi anni della scuola elementare, i bambini con ID tendono a essere sempre più isolati socialmente e talvolta rifiutati dai coetanei. Approcci strutturati che aiutano gli alunni con e senza ID a stabilire relazioni positive possono migliorare il senso di appartenenza. Sembra che, crescendo, i bambini con ID abbiano maggiori probabilità di stabilire amicizie profonde con individui che hanno necessità speciali identificate. I contesti educativi e ricreativi che riuniscono bambini e giovani con necessità speciali facilitano tali relazioni. Qualora si ritenga che contesti educativi speciali, come classi poco numerose e specializzate, siano la risposta migliore alle necessità di apprendimento del bambino, si potrà comunque migliorare l’inclusione del bambino facendolo partecipare regolarmente ad attività di altri gruppi della comunità scolastica. Con la tendenza all’educazione inclusiva, ci si è via via allontanati dalla bocciatura quale strategia didattica generale, da applicare anche agli alunni con ID. L’effetto della bocciatura nei bambini con ID non è stato studiato a fondo; tuttavia studi su popolazioni generali di bambini hanno dimostrato che la bocciatura compromette l’autostima e desincronizza i bambini rispetto ai compagni in termini di dimensioni e stadio di sviluppo puberale, senza peraltro accelerare il progresso scolastico. Secondo l’esperienza dell’autore, se un modello inclusivo ha prodotto buoni risultati la bocciatura nei bambini con ID può compromettere le relazioni con i compagni e dovrebbe essere presa in considerazione solo quando le circostanze individuali la rendano desiderabile, per esempio nel caso in cui un buon amico dell’alunno sia nella classe inferiore. Il periodo della scuola superiore può essere gestito in modo più flessibile, perché il collocamento dell’alunno in una certa classe ha un minore impatto sul senso di appartenenza alla classe e sui contatti con i compagni data la natura selettiva e personalizzata degli orari delle lezioni negli Stati Uniti. Aspettative I risultati scolastici sono, in qualche misura, prevedibili in base al livello di ID. La Tabella 3 indica le aspettative tipiche per individui con differenti livelli di funzionalità. Si deve comprendere, tuttavia, che variazioni e comorbilità individuali, così come le opportunità di apprendimento e di fare esperienze, possono incidere su queste aspettative. È importante riconoscere l’influenza che le aspettative hanno sull’esito ed evitare di porre limiti agli individui con ID; i medici dovranno evitare di trasmettere visioni indebitamente negative, che possono essere dannose anche se genetica/dismorfologia disabilità intellettiva Tabella 3. Risultati generalmente attesi in funzione del livello di ID ID lieve ID moderata ID grave ID profonda Buone capacità di auto-aiuto Alcune capacità scolastiche (livello elementare da precoce a tardivo) Possibile raggiungimento di una vita autonoma e della compatibilità con un’attività lavorativa; durante l’età adulta, tuttavia, la maggior parte necessiterà di supporto in questi ambiti Capacità di svolgere le basilari attività di auto-aiuto Possibile limitazione delle capacità scolastiche (rudimenti della lettura e del calcolo) Necessità di supporto nella vita e di strutturazione/supervisione dell’attività lavorativa e dello svago Auto-aiuto e attività della vita quotidiana richiedono solitamente supervisione e supporto Impossibilità di avere una vita autonoma Possibile adattabilità a contesto lavorativo protetto Comunicazione limitata Necessità di supporto nelle attività di auto-aiuto e della vita quotidiana Dipendenza a vita per la maggior parte delle attività non intenzionalmente. Inoltre, ogni singola persona dovrà essere aiutata a scoprire e a sviluppare i propri punti di forza e interessi, perché questi possono avere un persistente impatto positivo sull’esito e sulla qualità della vita. Capacità di comunicazione Perché l’educazione degli individui con ID dia risultati ottimali, è di importanza cruciale il sostegno per lo sviluppo delle capacità di comunicazione, che dovrà essere un componente attivo della programmazione didattica. Sarà necessaria una valutazione periodica, che prenda in esame l’articolazione, la comprensione, l’adeguatezza e la chiarezza dell’espressione verbale e l’uso del linguaggio pragmatico. Ad alcuni bambini con ID occorreranno metodi di comunicazione alternativi, quali il linguaggio dei segni, sistemi di comunicazione mediante simboli pittografici, come il Picture Exchange Communication System, oppure ausili elettronici. L’ampia disponibilità di strumenti quali riproduttori musicali elettronici portatili/computer palmari/piattaforme mobili con funzione Wi-Fi, congiuntamente alle numerose applicazioni che possono supportare la comunicazione, sta offrendo un numero sempre maggiore di opportunità alternative. Capacità funzionali e di svago Come enunciato nell’Individuals with Disabilities Education Improvement Act, l’obiettivo ultimo dell’educazione dei bambini con necessità speciali è la preparazione al lavoro e a una vita autonoma. Sebbene molti individui con ID non pervengano alla piena autonomia o a un tipico posto di lavoro, la preparazione ricevuta durante l’infanzia e l’adolescenza li aiuterà a raggiungere la loro qualità di vita ottimale. A tal fine, i programmi educativi devono considerare in generale il corredo di capacità necessarie per il conseguimento della massima autonomia possibile all’interno della famiglia e della comunità: capacità di autoaiuto e abilità domestiche, capacità personali, capacità di prendersi cura della propria salute e di provvedere ad attività come lo spostarsi all’interno della comunità. È dimostrato che la qualità della vita degli adulti con ID correla in parte con le capacità di svago, che dovranno essere attivamente coltivate. Per gli individui con ID che hanno acquisito le basi necessarie, l’educazione dovrà contemplare lo sviluppo di capacità funzionali al lavoro e un’esplorazione degli interessi vocazionali e tecnici. Un’eccellente risorsa per famiglie, scuole e medici è l’Adolescent Autonomy Checklist, sviluppata dallo Youth in Transition Project (1984-1987), presso la Division of Adolescent Medicine dell’Università di Washington e basata su un modello sviluppato dal Children’s Rehabilitation Center dell’Università della Virginia (disponibile all’indirizzo http://www.aacpp.com/ pdf/parents/English/Teens/ Adolescent-Autonomy-Checklist.pdf). Questa lista di controllo annovera le varie capacità che tutte le persone dovrebbero acquisire per raggiungere una piena autonomia e può essere utilizzata per fissare gli obiettivi e tracciare i progressi. Le capacità sociali sono un’altra parte fondamentale del programma educativo degli individui con ID e dovranno includere le basi della comunicazione sociale, le buone maniere, la cura della persona e la capacità di creare e coltivare amicizie. Lo sviluppo spirituale è un altro componente centrale dell’esperienza umana al quale tutti, inclusi gli individui con ID, dovrebbero potere accedere. I medici possono affiancare le istituzioni religiose nel lavoro con i bambini e gli adolescenti con ID aiutandole ad acquisire gli strumenti per comprenderli, educarli e comunicare con loro in modo ottimale. Anche l’identificazione Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 139 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva del ruolo della spiritualità nella vita della persona con ID e della sua famiglia potrà aiutare l’équipe assistenziale a comprendere le fonti di significato, le risorse utilizzate per superare le difficoltà e i rapporti con la comunità. Mantenimento della salute Bambini, adolescenti e adulti con ID sono a rischio relativamente elevato di problemi di salute. Obesità, scarsa forma fisica e insufficiente difesa della salute orale sono aspetti problematici. In alcuni individui, questi sono accentuati da condizioni patologiche associate, quali le sindromi di Prader-Willi o di Down; tuttavia i problemi correlati allo stile di vita e a un ridotto accesso a/sfruttamento dei servizi a difesa della salute sono fattori più importanti. Spesso i programmi sportivi-ricreativi realizzati nella comunità non sono concepiti per includere bambini e adolescenti con ID; per contro possono mancare opportunità alternative. Molti bambini sviluppano stili di vita sedentari, spesso affidandosi a forme elettroniche di intrattenimento e ad altre forme di ricreazione passiva. L’obesità associata ad abitudini alimentari improprie e a un ridotto dispendio calorico è un problema frequente. Le curve di crescita tracciate per specifiche popolazioni, per esempio per le persone con sindrome di Down, dovranno essere interpretate con cautela da parte dei professionisti sanitari, perché gli intervalli di queste curve riflettono la popolazione reale piuttosto che quella ideale, includendo pertanto gli individui obesi. Nella valutazione per l’obesità, l’esame delle curve di crescita dovrà essere integrato dal calcolo dell’indice di massa corporea (body mass index = BMI) e dalla misura della circonferenza della vita. Incoraggiare le famiglie degli individui con ID ad adottare un approccio familiare a uno stile di vita attivo e salutare e a cercare opportunità di svago che comportano un’attività fisica significativa può aiutare a prevenire problemi di salute cronici. In numerose zone vengono ora attuati programmi per bambini e giovani con disabilità dello sviluppo, come il programma Special Olympics: questi programmi possono offrire sia un’eccellente fonte di attività fisica sia opportunità di sviluppo sociale. Il consulto con uno specialista della terapia ricreativa può essere estremamente utile per aiutare le famiglie a partecipare a tali programmi e per fare in modo che i programmi attuati nella comunità diventino inclusivi. La salute orale degli individui con ID è un problema particolare. In alcuni casi, una scarsa salute orale è attribuibile alla mancanza della normale igiene dentale. In altri, può essere dovuta a sottostanti condizioni patologiche, alla scarsa collaborazione nell’esame dei denti o a risorse finanziarie limitate. Poiché alcuni individui con ID non sono in grado di riferire un disagio in modo attendibile, un deterioramento comportamentale o un deficit di accrescimento potranno essere la presentazione di una malattia dentale seria. 140 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Pubertà e sessualità Spesso la pubertà è fonte di preoccupazione per i genitori dei bambini con ID. La maggior parte degli individui con ID passa attraverso le fasi tipiche della pubertà nei tempi previsti; tuttavia eventuali comorbilità possono influire sui tempi della pubertà, come nel caso della pubertà precoce in associazione ad alcuni tipi di anomalia del sistema nervoso centrale, quali l’idrocefalo. La maggior parte degli individui con ID affronta la pubertà con relativamente poche difficoltà. Anche l’igiene mestruale è spesso una preoccupazione per i genitori. In generale le adolescenti in grado di provvedere autonomamente all’igiene personale gestiranno adeguatamente anche l’igiene mestruale; la routine domestica e l’agenda scolastica potranno incorporare promemoria e solleciti. La soppressione del ciclo mestruale, effettuata per lo più con la somministrazione continuativa di contraccettivi orali, rappresenta un’opzione. L’uso di contraccettivi orali in un modo più tipico, che prevede cioè le mestruazioni mensili, può essere utile per ridurre la variabilità del tono dell’umore qualora vi siano un cambiamento comportamentale o una sofferenza premestruale importanti. Il ricorso alla contraccezione orale può aumentare la prevedibilità delle mestruazioni e ridurre l’entità del flusso, facilitando così la gestione. Nel considerare l’opportunità di una manipolazione mestruale, si dovranno prendere in considerazione rischi e benefìci, con la consapevolezza che le decisioni prese in vece altrui devono sempre focalizzarsi sul benessere dell’individuo interessato. La sterilizzazione dei maschi o delle femmine con ID è raramente accettabile. Questa non costituisce una scelta ragionevole per la gestione mestruale, né si sostituisce alla prevenzione della vittimizzazione sessuale di un individuo con ID. Tuttavia possono esservi situazioni nelle quali l’individuo con ID sceglie la sterilizzazione come opzione contraccettiva; se in questi casi si ritiene di potere ottenere un consenso informato, la sterilizzazione potrebbe essere una scelta appropriata. L’educazione sessuale degli individui con ID rappresenta una maggiore sfida e spesso deve essere personalizzata per adeguarsi al livello di comprensione. Una buona risorsa al riguardo è il sito internet del National Dissemination Center for Children with Disabilities (http: //nichcy.org/). Talvolta occorrerà aiutare i genitori a comprendere che i loro figli con ID, siano essi bambini o adolescenti, hanno tipici impulsi sessuali. La masturbazione è spesso un timore e i medici dovranno informarsi proattivamente su questo aspetto. Il nucleo della gestione consiste nell’insegnare il rispetto dell’intimità e, ove necessario, l’uso del ri-direzionamento. Il riferimento a storie sociali e alla “regola del costume da bagno” può facilitare l’insegnamento circa la masturbazione e i contatti fisici appropriati. Secondo la regola del costume da bagno, non si dovrebbero toccare gli altri né si dovrebbe consentire genetica/dismorfologia disabilità intellettiva agli altri di toccarci nelle aree che sono normalmente coperte dal costume da bagno. Spesso i genitori di bambini e adolescenti con ID sono preoccupati per il rischio di coercizione o di abuso sessuale. Al momento, i programmi focalizzati sull’insegnare ad individui adulti con ID a gestire una potenziale coercizione sessuale hanno dimostrato benefìci limitati, pertanto un’appropriata supervisione resta importante. Fasi di transizione Come la pubertà può esser fonte di nuove preoccupazioni per le famiglie, così altri momenti di transizione possono costituire una sfida per le persone con ID e per coloro che le assistono. Vi sono importanti cambiamenti riconosciuti, come l’ingresso nel mondo della scuola, il passaggio da una scuola a un’altra e infine il passaggio dalla scuola a qualunque cosa segua. Cambiamenti minori, tuttavia, come l’inizio di un anno scolastico e perfino le vacanze o altre interruzioni della routine, possono essere altrettanto problematici. In corrispondenza di questi cambiamenti, le famiglie e le stesse persone con ID riportano o dimostrano un più alto livello di tensione emotiva. Spesso un approccio proattivo alla pianificazione dei cambiamenti e al supporto può evitare problemi come uno scompenso comportamentale. I professionisti che entrano in gioco nell’assistenza di bambini e adolescenti con ID trarranno beneficio da informazioni dettagliate sugli individui di cui si occuperanno e da una congrua disponibilità di tempo per la preparazione di materiali e di sostegni alla comunicazione e per l’individuazione di strategie comportamentali. Per i bambini e gli adolescenti con ID può essere utile familiarizzare con personale e ambienti nuovi prima dell’evento reale, per esempio, visitando il nuovo edificio scolastico durante l’estate per incontrare i futuri insegnanti ed esaminare l’ambiente. Il sito internet del CanChild Centre for Child Disability research (http://www.canchild.ca/en/childrenfamilies/abouttransitions.asp) offre a professionisti e famiglie un’eccellente risorsa per la gestione dei momenti di transizione. Stewart et al (10) hanno pubblicato linee guida per un’ottima pratica relative a sei temi: 1. Iniziative e politiche di collaborazione sono supporti necessari per la transizione alla vita adulta. 2. La costruzione di capacità a livello individuale e di comunità favorisce il processo di transizione. 3. Il ruolo del “navigatore” all’interno delle comunità facilita la costruzione di capacità. 4. Informazioni e risorse sono disponibili a tutti coloro che sono coinvolti nel processo di transizione. 5. L’educazione è un elemento fondamentale di qualsiasi strategia di transizione. 6. La ricerca e la valutazione continue dei risultati forniscono le evidenze necessarie per interventi efficaci. Ingresso nell’età adulta Per definizione, l’ID è una condizione che grava un individuo per tutta la vita. Le persone con ID e le loro famiglie dovranno essere incoraggiate a guardare periodicamente al futuro e ad assicurarsi di fare i passi via via necessari per il raggiungimento degli obiettivi identificati. Per identificare i passi da compiere, le famiglie e le squadre di supporto potranno avvalersi in maniera utile di strumenti come quelli disponibili presso il sito internet di CanChild e la Adolescent Autonomy Checklist. (11) Spesso l’accertamento vocazionale durante gli ultimi anni di scuola secondaria è un passo importante, solitamente mediato dal sistema scolastico o dai servizi della comunità. Inoltre si dovrà anticipatamente discutere la pianificazione finanziaria e stabilire se sia necessaria una tutela o una procura. Quando il giovane con ID entra nell’età adulta, sarà necessario discutere dove egli risiederà in futuro e pianificare al riguardo. I professionisti nel campo della salute infantile possono aiutare le famiglie e gli individui con ID indirizzandoli verso le risorse della comunità che possono aiutarli precocemente a gestire questi aspetti. Inoltre possono fare in modo che l’adulto con ID sia sostenuto da una casa medica definita, facilitando il passaggio del testimone nell’assistenza sanitaria. Poiché i medici che prendono in carico gli individui con ID possono avere meno esperienza diretta nell’assistenza di queste persone, i pediatri potranno guidarli verso risorse quali le Consensus Guidelines for Primary Health Care of Adults with Developmental Disabilities (12) o verso linee guida specifiche per la condizione patologica, come quelle per la gestione degli adulti con sindrome di Down. Difesa dei diritti Gli individui con ID sono una popolazione particolarmente vulnerabile, di cui i medici dovranno difendere i diritti. Viviamo in una società che tuttora discrimina sulla base del valore intellettivo percepito: questo punto di vista non è accettabile. Siamo tutti tenuti ad assicurare che ogni persona, comprese le persone con ID, riceva un’educazione appropriata e un’assistenza sanitaria ottimale, che i diritti a dare il proprio consenso e assenso siano sempre rispettati e che ognuno abbia l’opportunità di vivere una vita piena e soddisfacente a ogni stadio del proprio sviluppo. I pediatri possono aiutare a livello di individuo, di famiglia e di comunità, identificando aree dove sono necessari un maggiore supporto o più opportunità e collaborando al soddisfacimento di tali necessità. Riassunto • I medici dovranno considerare l’utilizzo del termine disabilità intellettiva (intellectual disability = ID) invece di ritardo mentale. Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 141 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva • Un’anamnesi scrupolosa e l’esame fisico restano gli strumenti più utili per identificare la causa di ID di un bambino. • I test genetici possono rivelare l’eziologia dell’ID in almeno il 14% dei bambini con storia ed esame fisico non diagnostici. • Gli individui con ID sono a rischio relativamente elevato di problemi di salute. • I momenti di transizione sono fasi di particolare vulnerabilità per le persone con ID e per le loro famiglie. Considerazioni sulla realtà italiana Sotto il profilo epidemiologico non emergono differenze significative tra il profilo italiano e quello americano descritto nell’articolo. Una peculiarità distintiva della nostra realtà nazionale risiede nel fatto che il pediatra di famiglia è il primo esaminatore del bambino e deve pertanto avere sufficiente dimestichezza nel riconoscimento degli elementi suggestivi di ritardo cognitivo e ritardo dello sviluppo psicomotorio (sarebbe tra l’altro opportuno inserire nella terminologia la voce “disabilità intellettiva” in sostituzione di “ritardo mentale”). È bene infatti ricordare che ci sono sia forme isolate sia forme sindromiche, per le quali è fondamentale la tempestiva identificazione di segni di tipo malformativo. Spesso sono i genitori a sollevare per primi dubbi su comportamenti che ritengono anomali, ma in generale è opportuno che il pediatra tenga uno stretto monitoraggio dello sviluppo neuropsicomotorio del bambino, in particolare nel primo anno di vita: dall’acquisizione della capacità di stare seduto alla lallazione, dai primi passi alla strutturazione del linguaggio. In epoche successive la socializzazione e la risposta agli stimoli ambientali della comunità sono importanti elementi da tenere sotto stretta osservazione. Allo stesso modo sono importanti: il controllo della crescita della circonferenza cranica, che può evidenziare un’eventuale macro- o microcefalia, la valutazione del tono muscolare, la conformazione corporea (alcune malattie metaboliche, per esempio, sono caratterizzate da cifosi dorsale bassa), la statura, la rigidità o iperlassità delle articolazioni e il comportamento alimentare. Per esempio la sindrome di Prader Willi, caratterizzata da iperfagia, estremità piccole e ipotonia, potrebbe essere sospettata già in gravidanza, sulla base della segnalazione di scarsi movimenti fetali, e un trattamento precoce con ormone della crescita potrebbe contribuire a prevenire l’obesità che, una volta instauratasi, è irreversibile. Anche la sindrome dell’X fragile può essere sospettata sulla base di elementi fenotipici quali viso allungato, padiglioni auricolari grandi e macroorchidia. In questi casi si rende indispensabile l’esame da parte di un pediatra dismorfologo e non si deve trascurare la possibilità di malformazioni degli organi interni, spesso diagnosticabili mediante ecografia. L’approccio alla disabilità intellettiva è necessariamente multidisciplinare e, oltre a richiedere una rete interspecialistica, impone una stretta collaborazione tra clinici e genetisti 142 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 molecolari, anche a fronte del costo elevato di alcune indagini diagnostiche, che devono essere eseguite soltanto sulla base di specifiche indicazioni. Un’importante criticità è spesso la mancanza di collegamenti tra centri specialistici e strutture territoriali, in particolare per la gestione della riabilitazione dei bambini, che vede il pediatra di famiglia quale coordinatore insostituibile del percorso assistenziale a cui concorrono numerose figure, tra cui neuropsichiatra, fisiatra e logopedista. In Emilia Romagna, per esempio, è stata creata una rete “hub&spoke” per le malattie rare dell’età evolutiva e presso il Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna è stato istituito un centro regionale che segue circa 150 sindromi, ma non mancano purtroppo notevoli disparità nell’organizzazione e pianificazione sanitaria tra diverse aree geografiche del nostro paese. Consulenza di Laura Mazzanti, Professore associato di Pediatria, responsabile dell’Ambulatorio di malattie rare, sindromologia e auxologia del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna. Antologia di risorse informative, strumenti operativi e materiali di approfondimento • Associazione malattie rare: http://www.retemalattierare.it/ index.php • A.N.A.N.a.s. Associazione nazionale aiuto per la neurofibromatosi amicizia e solidarietà: http://www.ananasonline.it/ ananas-onlus/ • A.N.G.S.A. – Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici: http://www.angsaonlus.org/ • A.R.M.R. Associazione Ricerca Malattie Rare: http: //www.armr.it/ • Federazione malattie rare infantili: http://www.malattierare.org/ Testo a cura di P.C. Salari Bibliografia 1. Shevell M, Ashwal S, Donley D, et al; Quality Standards Subcommittee of the American Academy of Neurology; Practice Committee of the Child Neurology Society. Practice parameter: evaluation of the child with global developmental delay: report of the Quality Standards Subcommittee of the American Academy of Neurology and The Practice Committee of the Child Neurology Society. Neurology. 2003;60(3):367–380 2. van Karnebeek CD, Scheper FY, Abeling NG, et al. Etiology of mental retardation in children referred to a tertiary care center: a prospective study. Am J Ment Retard. 2005;110(4):253–267 3. Shin M, Besser LM, Kucik JE, Lu C, Siffel C, Correa A; Congenital AnomalyMultistate Prevalence and Survival Collaborative. Prevalence of Down syndrome among children and adolescents in 10 regions of the United States. Pediatrics. 2009;124(6):1565–1571 4. Online Mendelian Inheritance in Man (OMIM) Web site. Available at: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/sites/entrez? db=omim&TabCmd=Limits. Accessed November 15, 2011 5. Zahir F, Friedman JM. The impact of array genomic hybridization on mental retardation research: a review of current technologies and their clinical utility. Clin Genet. 2007;72(4):271–287 6. Manning M, Hudgins L; Professional Practice and Guidelines Committee. Array-based technology and recommendations for utilization in medical genetics practice for detection of chromosomal abnormalities. Genet Med. 2010;12(11):742–745 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva 7. Canadian College of Medical Geneticists. Use of array genomic hybridization technology for constitutional genetic diagnosis in Canada. CCMG Position Statement (Clinical). Available at: http:// ccmg-ccgm.org/policy.html#position. Accessed November 15, 2011 8. Brenner D, Elliston C, Hall E, Berdon W. Estimated risks of radiation-induced fatal cancer from pediatric CT. AJR Am J Roentgenol. 2001;176(2):289–296 9. Lindsay G. Educational psychology and the effectiveness of inclusive education/mainstreaming. Br J Educ Psychol. 2007;77 (pt 1):1–24 10. Stewart D, Freeman M, Law M, et al. “The best journey to adult life” for youth with disabilities: an evidence-based model and best practice guidelines for the transition to adulthood for youth with disabilities. CanChild Centre for Childhood Disability Research. 2009. Available at: http://transitions.canchild.ca/en/ OurResearch/bestpractices.asp. Accessed November 15, 2011 11. Adolescent Autonomy Checklist. Available at: http://www. aacpp.com/pdf/parents/English/Teens/Adolescent-AutonomyChecklist.pdf. Accessed November 15, 2011 12. Sullivan WF, Heng J, Cameron D, et al. Consensus guidelines for primary health care of adults with developmental disabilities. Can Fam Physician. 2006;52:1410–1418. Available at: http:// www.cfp.ca/cgi/content/short/52/11/1410. Accessed November 15, 2011 Traduzione a cura di P. Roma Risorse dell’AAP per i genitori su HealthyChildren.org Il lettore può reperire materiale relativo al presente articolo da condividere con i genitori visitando i seguenti link: • http://www.healthychildren.org/English/health-issues/conditions/developmental-disabilities/Pages/ Mental-Retardation.aspx • http://www.healthychildren.org/English/health-issues/conditions/developmental-disabilities/Pages/ Mental-Retardation-and-Pervasive-Developmental-Disorders.aspx • http://www.healthychildren.org/English/health-issues/conditions/developmental-disabilities/Pages/ Outlook-for-Children-with-Mental-Retardation.aspx PIR Quiz 9. Quale indagine diagnostica è più appropriata per un bambino di 6 anni di vita con ID moderata mai indagato in precedenza senza elementi anamnestico-clinici significativi? A. B. C. D. TC cranio Aminoacidogramma EEG Cariotipo 10. Sotto il profilo epidemiologico la ID: A. Ha una prevalenza stimata del 5% e un rapporto maschi:femmine di 2:3 B. Ha una prevalenza stimata del 2% con rapporto identico tra i sessi C. Ha una prevalenza stimata compresa tra 1% e 3% con interessamento del sesso maschile di circa il 40% superiore rispetto all’altro sesso D. Interessa le femmine con frequenza doppia rispetto ai maschi Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 143 genetica/dismorfologia disabilità intellettiva 11. Una ID lieve normalmente: A. B. C. D. Si evidenzia comunque nei primi mesi Si sospetta e si riconosce di solito in età scolare Si può diagnosticare soltanto sulla base di una familiarità specifica Non dà segni fino alla maggiore età 12. Una bambina di 8 anni di età, con esame obiettivo normale, presenta un QI di 60. Applicando il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quale delle seguenti è la classificazione più appropriata per l’intelligenza della bambina? A. ID lieve. B. ID moderata C. Intelligenza normale D. ID grave 13. La madre di una bambina di 9 anni di età, con esame obiettivo normale e QI di 65, vi chiede che cosa può aspettarsi riguardo alla funzionalità della figlia nei prossimi anni. Quale tra le seguenti risposte a vostro parere è più corretta? A. B. C. D. La bambina svilupperà probabilmente buone capacità di auto-aiuto È prevedibile un peggioramento cognitivo in età puberale Una risonanza magnetica cerebrale contribuirà a predire il futuro profitto scolastico della bambina Sarà opportuno disincentivare l’attività fisica 14. Quale delle seguenti affermazioni sui bambini con ID è corretta? A. B. C. D. La maggior parte delle forme di ID sono di entità lieve La motricità grossolana è solitamente anomala Nella maggior parte dei casi è possibile identificare cause trattabili dell’ID È possibile sin dai 2 anni d’età formulare una valutazione predittiva del QI che sarà raggiunto in età adulta 15. Tra le seguenti, le comorbilità più frequenti nei bambini con ID sono: A. B. C. D. Paralisi cerebrale e distonie Autismo e deficit neurosensoriali Autismo e disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività Atassia e disartria 16. A quale dei seguenti fattori si dà maggiore importanza nella definizione di disabilità intellettiva (ID) secondo la American Association on Intellectual and Developmental Disabilities? A. B. C. D. Età alla diagnosi Quoziente intellettivo (QI) Presenza di comorbilità Livello di supporto richiesto per lo svolgimento delle attività quotidiane 144 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Articolo malattie infettive Encefalite nella popolazione pediatrica Stephen J. Falchek, MD* Dichiarazione dell’autore Il Dott. Falchek dichiara l’assenza di conflitto di interesse relativamente al presente articolo. Il presente commento non contiene discussioni di un impiego non approvato/per uso sperimentale di un prodotto/strumento commerciale. SANITANOVA è accreditata dalla Commissione Nazionale (Albo Provider n°12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Spunto formativo Il trattamento dell’encefalite, che può essere fatale, impone la conoscenza di un ampio spettro di agenti responsabili di encefalite, meccanismi fisiopatologici, sindromi cliniche ed esiti. Obiettivi Ultimata la lettura della presente monografia di aggiornamento, i lettori dovrebbero essere in grado di: 1. Conoscere le cause principali di encefalite, tra cui le malattie infettive, parainfettive e non infettive. 2. Riconoscere gli aspetti clinici dell’encefalite. 3. Essere in grado di condurre un’indagine diagnostica su un paziente con encefalite applicando i criteri clinici e di laboratorio. 4. Conoscere il decorso clinico previsto dei vari tipi di encefalite. 5. Acquisire dimestichezza con le modalità di trattamento dell’encefalite. 6. Comprendere i fattori che influenzano l’esito in un paziente con encefalite. Introduzione L’ampia definizione del termine “encefalite,” ovvero infiammazione del cervello, impone il riconoscimento dell’enorme vastità dell’argomento. L’interpretazione più comune del termine implica un’invasione diretta del cervello da parte di un patogeno infettivo, il più delle volte virus, micete o parassita. Il tema comprende anche esempi di meningite mediata da batteri o altri agenti, che può dare luogo a sintomi extrameningei quali letargia o convulsioni, nel qual caso si utilizza il termine combinato “meningoencefalite”. Ci sono inoltre numerosi esempi di encefalite non dovuta a infezioni dirette del sistema nervoso centrale (SNC). I processi infiammatori dovuti a una malattia acuta o cronica possono portare a un’encefalite acuta immunomediata, quale un’encefalomielite acuta disseminata (acute disseminated encephalomyelitis = ADEM), cerebrite lupica e sindromi paraneoplastiche. Anche agenti o condizioni che danno luogo a sintomi lentamente progressivi a carico del SNC, quali la sifilide terziaria o i “virus lenti” (le encefalopatie da proteine prioniche) vengono considerati esempi di encefalite. La Tabella 1 riporta soltanto un numero limitato dei vari patogeni e delle condizioni patologiche che possono determinare encefalite acuta o subacuta. In questa sede affronteremo essenzialmente esempi di encefalite acuta legata a Abbreviazioni infezione diretta del SNC e a processi parainfettivi riguardanti il ADEM: acute disseminated encephalomyelitis = SNC. Questi esempi raggruppano la maggior parte dello spetencefalomielite acuta disseminata tro di presentazione della malattia, decorso e guarigione come CEP: California Encephalitis Project pure dei meccanismi di danno cerebrale. CPP: cerebral perfusion pressure = pressione di Oltre alla classificazione tassonomica nella Tabella 1, le cause perfusione cerebrale di encefalite infettiva sono spesso raggruppate secondo le modaHSV: herpes simplex virus = virus dell’herpes simplex lità di trasmissione più comuni. Gli “arbovirus” sono quelli difIVIG: intravenous immune globulin = fusi da insetti vettori, come il virus West Nile (West Nile virus = immunoglobulina per via endovenosa WNV) e il gruppo dell’encefalite equina (entrambi da parte di LCS: liquido cerebrospinale zanzare). Le cause zoonotiche di encefalite non diffusa da insetMS: multiple sclerosis = sclerosi multipla ti vettori intermediari comprendono molte delle infezioni parasPCR: polymerase chain reaction = reazione sitarie (larva migrans) e la rabbia. I virus encefalitici acquisiti in polimerasica a catena comunità, quali enterovirus, adenovirus e infezioni da herpesviSNC: sistema nervoso centrale rus della seconda infanzia, vengono di solito trasmessi per conWNV: West Nile virus = virus West Nile tatto interpersonale. I patogeni a trasmissione verticale non *Division of Pediatric Neurology, Alfred I. duPont Hospital for Children/Thomas Jefferson University, Wilmington, DE, and Philadelphia, PA. Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 145 malattie infettive encefalite Tabella 1. Possibili cause di encefalite acuta Agente Sottoclasse Esempi specifici Virus Virus erpetici Herpes simplex 1 Herpes simplex 2 Virus dell’herpes umano 6 Varicella-zoster Citomegalovirus Coxsackievirus A Coxsackievirus B Echovirus Enterovirus 70 Enterovirus 71 Vari sottotipi Encefalite equina dell’est Encefalite equina dell’ovest Encefalite equina del Venezuela Encefalite di St Louis West Nile virus Encefalite giapponese Encefalite da zecche Encefalite di Powassan Encefalite della California Encefalomielite parotitica Rabbia Rosolia Virus dell’immunodeficienza umana I e II Influenza A Influenza B Metapneumovirus umano Listeria monocytogenes Francisella tularensis Rickettsia species Mycoplasma pneumoniae Chlamydia pneumoniae “Meningoencefalite” quando si verificano necrosi e invasione cerebrale diretta o infiammazione Cryptococcus neoformans Blastomyces dermatitidis Histoplasma capsulatum Paracoccidioides brasiliensis Naegleria fowleri Balamuthia mandrillaris Baylisascaris procyonis Toxocara canis Angiostrongylus cantonensis (Asia) Encefalomielite acuta disseminata Leucoencefalite acuta emorragica Encefalite del tronco cerebrale di Bickerstaff Cerebellite post-infettiva Encefalite da Mycoplasma Picornavirus (Enterovirus) Adenovirus Alfavirus Flavivirus Bunyavirus Myxovirus Rhabdovirus Togavirus Retrovirus Virus influenzali Batteri Metapneumovirus Sindromi encefalitiche specifiche Altre cause di meningite batterica Miceti Parassiti Meningoencefalite amebica primaria Encefalite da ascaride del procione Larva migrans neurale Risposta parainfettiva immunomediata Malattie infiammatorie sistemiche Neoplasie 146 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Lupus eritematoso sistemico Sindromi paraneoplastiche Anticorpi anti-neuronali che danno luogo a sindromi encefalitiche specifiche malattie infettive encefalite comprendono l’herpes simplex (herpes simplex virus = HSV) neonatale, il virus rubeolico e il citomegalovirus e probabilmente molti altri agenti virali. La trasmissione verticale sintomatica del WNV è stata ben documentata. La trasmissione sessuale, infine, è il meccanismo principale di infezione dell’adulto da virus dell’herpes simplex di tipo 2 e dell’HIV (che possono dare luogo a meningoencefalite acuta, spesso transitoria, in assenza di infezioni opportunistiche). Esempi paradigmatici di encefalite parainfettiva nei bambini sono l’ADEM e l’atassia cerebellare acuta. Varianti di queste condizioni, quali la leucoencefalite acuta emorragica e l’encefalite del tronco cerebrale di Bickerstaff, sono state riportate principalmente nelle popolazioni di adulti e anziani. Le sindromi parainfettive sono nella pratica differenziate dall’encefalite infettiva acuta in base alla storia clinica e all’assenza di evidenza a sostegno dell’invasione diretta del SNC. Nel caso dell’ADEM, c’è di solito una patologia o una vaccinazione antecedente, seguita a distanza di 2-30 giorni da vari sintomi neurologici focali, probabilmente accompagnati da segni di irritazione meningea. La presentazione precoce può essere confusa con un’encefalite infettiva acuta, e alcuni casi di ciascun fenomeno potrebbero essere classificati in maniera non corretta. I risultati della puntura lombare possono essere variabili, con una pleiocitosi da normale a lieve o a pleiocitosi linfocitaria moderata unitamente a un’elevata concentrazione di proteine. L’atassia cerebellare acuta segue un decorso simile della patologia antecedente, ma con sintomi limitati al cervelletto (atassia, nistagno e disartria cerebellare). Le cause infettive, parainfettive e di infiammazione primitiva di encefalite sono classicamente considerate mutualmente esclusive. Tuttavia, l’esempio dell’encefalite da Mycoplasma illustra qualche difficoltà nella differenziazione dei meccanismi diretti rispetto a quelli indiretti della patologia del SNC e la vastità della problematica. Benché ampiamente considerato come un fenomeno parainfettivo con quadro istopatologico variabile, fino al 2% di questi pazienti ha una reazione polimerasica a catena (polymerase chain reaction = PCR) positiva per Mycoplasma nel liquido cerebrospinale (LCS), il che potrebbe indicare qualche invasione diretta del SNC. L’infezione da Mycoplasma è una diffusa patologia pediatrica e una causa di encefalite. Centoundici dei 1.988 pazienti inviati al California Encephalitis Project (CEP) sono risultati positivi per Mycoplasma pneumoniae; il 76% di quelli affetti era costituito da pazienti pediatrici. (1)(2) Epidemiologia I dati epidemiologici sull’encefalite sono organizzati in relazione al patogeno identificato. Il CEP era stato avviato nel 1998 per la raccolta di dati epidemiologici ed è attualmente il database più ampio. Esso comprende tutti i soggetti immunocompetenti inviati di età superiore ai 6 mesi e tutti i quadri di presentazione clinica, tra cui l’encefalite cronica e lentamente progressiva. I criteri di inclusione sono encefalopatia o atassia, con in aggiunta almeno un elemento clinico (febbre, convulsioni, deficit neurologici focali, pleiocitosi liquorale, reperti anomali alle indagini neurodiagnostiche o EEG anomalo). Impiegando un’associazione di LCS PCR, isolamento virale su prelievo nasofaringeo/faringeo e dosaggi di confronto su sangue in fase acuta e in convalescenza, tutti i pazienti sono stati sottoposti a test per herpesvirus, arbovirus, enterovirus, virus respiratori, morbillo, specie di Chlamydia e M pneumoniae. Tra il 1998 e il 2005 sono stati reclutati 1.570 pazienti. Un patogeno responsabile confermato o probabile è stato identificato soltanto nel 16% dei casi. Delle cause identificabili, il 69% era di origine virale, il 20% batterica, l’8% non infettiva (cioè malattie autoimmuni), il 7% proteine prioniche, il 3% parassitario e l’1% fungino. Le ampie procedure di indagine non avevano ancora rivelato cause identificabili nel 63% dei pazienti. (3) Tra le cause di encefalite virale classicamente a maggior prevalenza, l’HSV ha rappresentato soltanto il 2,5% dei casi del CEP; l’HSV, al contrario, è stato identificato nel 5% dei 322 pazienti pediatrici con encefalite acuta osservati in una casistica tra il 1994 e il 2005. (4) Le epidemie di encefalite infettiva hanno sempre attirato gran parte dell’attenzione dei media, come quella di WNV osservata negli Stati Uniti a New York City nel 1999. Tra il 1999 e il 2007, negli Stati Uniti si sono verificati 1.478 casi pediatrici di infezione comprovata da WNV, dei quali 443 (30%) hanno avuto compromissione neurologica. In quelli con sintomi neurologici ci sono stati tre decessi. In generale i bambini hanno rappresentato soltanto il 4% dei casi di infezione da WNV riportati, con un’incidenza annuale mediana stimata di 0,07 per 100.000. L’indice di mortalità pediatrica si oppone favorevolmente alla mortalità del 12% dall’epidemia del 1999, in cui la maggior parte dei casi sintomatici ha riguardato soggetti anziani. Il WNV è attualmente un fattore di rischio epidemiologico in tutti gli Stati Uniti e Caraibi. (5) Benché il WNV rimanga l’agente causale il più delle volte riscontrato quale agente di encefalite da arbovirus, i virus dell’encefalite californiana detengono la maggior percentuale di infezioni pediatriche sintomatiche (88% dei casi), e l’encefalite equina dell’est determina il più alto indice di mortalità generale, pari al 42%. L’importanza delle informazioni epidemiologiche locali e della stagionalità non può essere ignorata. Molti casi di encefalite virale si verificano in epidemie e/o mostrano una chiara predilezione stagionale. Per esempio, gli enterovirus si osservano il più delle volte in primavera e in estate, le patologie da artropodi in estate e autunno. I casi dovuti a virus respiratori sono spesso specifici di autunno e inverno. Questi elementi della scienza epidePediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 147 malattie infettive encefalite miologica convenzionale, tuttavia, dovrebbero essere subordinati alle tendenze osservate a livello locale, come i casi di encefalite da influenza H1N1 registrati durante un’epidemia fuori stagione. L’ADEM, al contrario, tende a essere osservata più sporadicamente rispetto a numerose cause infettive, benché i dati della popolazione negli Stati Uniti abbiano documentato una predilezione della patologia in invernoprimavera. Dati recenti provenienti dal Canada, tuttavia, non hanno evidenziato tale stagionalità. (6) I criteri di inclusione per ADEM influenzano fortemente l’incidenza riportata, dando luogo ad ampie variazioni, nell’ordine di 0,2-0,8 per 100.000 bambini in Stati Uniti e Canada, e di 0,07 per 100.000 in Germania. Una precedente malattia infettiva o vaccinazione viene classicamente identificata nel 50%-75% dei pazienti. I sintomi di presentazione sono altamente variabili, come suggerisce l’intervallo dei dati di incidenza riportati per ciascun sintomo neurologico nell’insieme di studi. I dati statistici degli esiti sono altrettanto dispersi, con un tasso di guarigione completa tra il 57% e l’89%. Meccanismi di lesione cerebrale Si presume che gli agenti infettivi e i processi parainfettivi medino i propri sintomi acuti attraverso qualsiasi combinazione dei meccanismi teorizzati e riportati nella Tabella 2. L’evidenza è migliore per le cause dei casi fatali, in cui all’esame autoptico è di solito identificabile una distruzione parenchimale massiva, tra cui l’invasione diretta neuronale e gliale con apoptosi, neuronofagia, occlusione vascolare responsabile di infarto ed effetti secondari di edema cerebrale. L’evidenza a sostegno di meccanismi lesionali essenzialmente immunomediati (anticorpi citotossici, citochite effettrici, eccetera) è meno diretta, e più chiara nelle cause parainfettive/infiammatorie di encefalite. Nei casi di ADEM fatale, l’infiltrazione linfocitica perivenulare con mielinolisi locale è un reperto patognomonico nei prelievi bioptici. (12) L’evidenza a sostegno del concetto di meccanismi mediati da anticorpi scaturisce principalmente dall’efficacia clinica delle immunoglobuline per via endovenosa (intravenous immune globulin = IVIG) e della plasmaferesi nel trattamento dell’ADEM. La dimostrazione di anticorpi mirati a specifiche molecole del SNC nell’ADEM umana e in altri casi di patologie demielinizzanti è scarsa, con esigua concordanza, perfino tra i soggetti che presentano sindromi analoghe. Le conoscenze attuali su anticorpi mirati a molecole specifiche del SNC derivano principalmente dall’esperienza delle sindromi paraneoplastiche negli adulti, ossia dagli anticorpi antiYo, anti-Hu e contro le cellule di Purkinje. Questi meccanismi, tuttavia, danno luogo a encefalite subacuta o a infiammazione cerebellare distinte dalla classica ADEM pediatrica. Anche nei bambini con cerebellite post-infettiva classica, meno della metà presenta anticorpi diretti contro le cellule di Purkinje. L’assenza di anticorpi dosabili di routine nelle patologie parainfettive del SNC è probabilmente attribuibile sia all’ampio numero di agenti infettivi responsabili sia alla molteplicità di possibili meccanismi bersaglio. Questi ultimi possono comprendere sia fenomeni di mimesi molecolare sia controllo anomalo di antigeni cellulari che si presentano normalmente. Per esempio, un virus invasivo può elaborare proteine con epitopi in comune con la mielina Meccanismi proposti di danno del SNC nell’encefalite e nella mielitea Tabella 2. Morte cellulare mediata dal patogeno Invasione neuronale diretta e lisi cellulare Invasione diretta delle cellule gliali e lisi cellulare Danno meccanico e vascolare Edema cerebrale con compromissione dell’integrità capillare Edema cerebrale responsabile di sindromi da erniazione Riduzione della pressione di perfusione cerebrale responsabile di ischemia Occlusione e infarto vascolare Malattia immunomediata Effetti di citochine, tra cui apoptosi Anticorpi citotossici responsabili di compromissione della funzione neuronale o di apoptosi Demielinizzazione Attivazione immunitaria, incluse cellule della microglia, con neuronofagia Disturbi neurotrasmettitoriali e neurofisiologici Alterazioni della funzione neuronale responsabili di convulsioni e apoptosi secondaria (per esempio, alterazione dei potenziali di membrana, dell’equilibrio tra neurotrasmettitori eccitatori e inibitori) a I termini in corsivo sono anche meccanismi proposti nei processi parainfettivi. 148 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 malattie infettive encefalite umana normale (mimesi), oppure può produrre enzimi che degradano o alterano la conformazione delle normali proteine dell’ospite in forme immunologicamente non riconosciute. Per esempio, la proteinchinasi del nucleo del virus del vaiolo degrada la proteina basica della mielina. Ancora più difficile è l’isolamento delle citochine effettrici nel danneggiare il SNC. Le interleuchine 6 e 8, l’interferone e il fattore di necrosi tumorale sembrano rientrare tra le citochine più spesso identificate in correlazione con la gravità del decorso della malattia o gli esiti nel contesto della molteplicità di cause di encefalite, sia infettiva sia non infettiva (per esempio, cerebrite lupica), ma con elevata variabilità tra agenti specifici. Concentrazioni elevate di interleuchine 6 e 8 si possono osservare nel LCS dei pazienti con encefalite da Mycoplasma ed encefalite giapponese. Titoli più elevati in un piccolo numero di pazienti con encefalite giapponese si sono verosimilmente correlati a un indice di sopravvivenza inferiore. Non è chiaro se le citochine siano responsabili di ulteriori danni del SNC o siano marker attivi di gravità di malattia. Presentazione e valutazione La classica presentazione dell’encefalite acuta consiste in una qualsiasi associazione di stato mentale alterato, convulsioni, altre modificazioni comportamentali, debolezza, disturbi del sensorio o disturbi non epilettici della motricità, in assenza di cause esterne identificabili, quali intossicazione, lesione cerebrale traumatica o fattori di stress psicosociali. Nel bambino più piccolo o nel lattante i sintomi possono essere perfino meno distinti e possono comprendere sonnolenza non caratteristica, disinteresse per l’alimentazione, suzione debole, irritabilità, perdita del controllo del capo o anomali movimenti oculari. Ulteriori indizi clinici possono essere la presenza di febbre (acuta o nell’intervallo di 1-4 settimane prima dell’esordio dei sintomi) oppure irritazione meningea (Tabella 3). Questi indizi di supporto, tuttavia, potrebbero non essere manifesti all’esordio. Poiché i sintomi clinici di encefalite comprendono un range molto ampio sia di scenari sia di gravità, il sospetto dovrebbe essere alto nell’approccio a qualsiasi bambino che presenti un comportamento atipico che è persistente e sproporzionato ai fattori ambientali e situazionali. Nel caso dell’identificazione di un caso sospetto di encefalite, si dovrebbe intraprendere una serie relativamente breve ma indispensabile di step, come riassunto nella Tabella 4. Ulteriori elementi da considerare nella valutazione iniziale del paziente sono la presentazione stagionale, una storia di immunosoppressione, una storia di viaggi, recenti informazioni sull’epidemiologia locale e presenza di sintomi o deficit neurologici focali. La Tabella 5 elenca ulteriori indagini specifiche che dovrebbero essere prese in considerazione di routine sulla base dei protocolli sviluppati per il CEP e per specifici ambiti clini- ci. La Tabella 6 elenca, in relazione agli indizi clinici, altre cause virali di encefalite che richiederebbero indagini specifiche in caso di sospetto. Nei pazienti in cui si sospetta un processo parainfettivo si sta sempre più diffondendo la ricerca di patologie infiammatorie demielinizzanti. Questa indagine è giustificata dal crescente riconoscimento della sclerosi multipla (multiple sclerosis = MS) pediatrica e di altre patologie demielinizzanti, come per esempio la neuromielite ottica (malattia di Devic), che può essere inizialmente confusa con l’ADEM. I segni che aumentano il sospetto di patologie correlate alla MS sono la presenza di alterazioni esclusivamente della sostanza bianca alla RM (in particolare se con lesione unica), neurite ottica, mielite isolata, un decorso di malattia ricorrente o polifasica o età post-adolescenziale. In questi casi le indagini standard con puntura lombare comprendono anche il test della proteina basica della mielina e il dosaggio delle immunoglobuline nel LCS con bande oligoclonali e la concomitante elettroforesi delle sieroproteine. Sebbene la presenza di produzione sproporzionata di anticorpi oligoclonali nel LCS sia più suggestiva di demielinizzazione idiopatica (per esempio, MS), questo dato non è sufficientemente specifico a dimostrare una diagnosi di MS in quanto ADEM e altre patologie infiammatorie del SNC, tra cui le infezioni del SNC, possono dare luogo a risultati analoghi. Gli anticorpi della neuromielite ottica sono spesso presenti nei casi in cui la neurite ottica è associata a sintomi a carico del midollo spinale. Alcuni pazienti con neuromielite ottica con positività anticorpale documentata hanno presentato anche neurite ottica da sola. Nel monitoraggio della valutazione standard dei pazienti con sintomi di encefalite, i risultati delle indagini diagnostiche in cui ci si imbatte con maggior frequenza sono leucocitosi non significativa o variabile oppure linfocitosi. Le batterie di test metabolici generali spesso non riescono a evidenziare anomalie specifiche. Alcune infezioni da enterovirus possono dare luogo a sindrome similsettica con maggiori alterazioni ematologiche di rilievo. Le infezioni neonatali da HSV causano talvolta anomalie della funzione epatica e coagulazione intravascolare disseminata. In quasi tutti i processi encefalitici si può riscontrare secrezione inappropriata di ormone antidiuretico, ma viene segnalata il più delle volte nell’encefalite di St Louis (principalmente una patologia della popolazione anziana) e nelle infezioni da WNV. La conoscenza delle correlazioni anatomo-cliniche può essere utile nella definizione della diagnosi differenziale, in quanto alcune cause di encefalite mostrano un tropismo per specifici tessuti del SNC. La Tabella 3 descrive i sintomi principali di infezione o infiammazione nelle principali categorie anatomiche, come pure la terminologia clinica di comune impiego. Benché la localizzazione anatomica sia una componente importante del riconoscimento della Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 149 malattie infettive encefalite Localizzazione delle lesioni del SNC con sintomi e terminologia associati Tabella 3. Denominazione clinica comune Regione anatomica Sintomi acuti Encefalite limbica Sistema limbico Romboencefalite Tronco cerebrale e/o cervelletto “Cerebrite” o “encefalite” (uso generico) Emisferi cerebrali (corteccia, sostanza bianca sottocorticale o entrambe) Gangli basali Agitazione, confusione, delirio, convulsioni, modificazioni autonomiche Deficit dei movimenti oculari e della fissazione, nistagmo, paralisi faciali, atassia, disturbi uditivi, disturbi autonomici, debolezza dei neuroni motori superiori, alterazioni del sensorio, iporeflessia, disfagia, disartria, letargia, coma, insufficienza respiratoria Convulsioni, debolezza dei neuroni motori superiori, alterazioni del sensorio, letargia, coma Astenia, anomalie motorie ipercinetiche (distonia, coreoatetosi) o parkinsoniane, comportamento apatico o disinibito Alterazioni idrosaline (per esempio, sindrome da secrezione inappropriata di ormone antidiuretico, diabete insipido), insufficienza surrenalica e tiroidea, disfunzione autonomica parossistica Alterazioni del sensorio, anomalie posturali, letargia, coma Interessamento sintomatico di due o più regioni distinte Cefalea, rigidità del collo, febbre, dolore al collo o alla schiena, malessere ma non disturbi evidenti della vigilanza Sintomi di meningite associati a quelli di qualsiasi settorializzazione anatomica del cervello Poliomielite (paralisi flaccida e iporeflessia con mantenimento della sensibilità), mielite trasversa (sintomi a lungo tratto tra cui alterazioni sensoriali al di sotto della regione interessata), o entrambe I sintomi spinali possono non essere manifesti in contrasto con i sintomi corticali o a carico del tronco cerebrale Compromissione di qualsiasi delle modalità funzionali dei nervi cranici attribuita a disfunzione del corso extra-assiale dei nervi interessati e assenza di danno al parenchima cerebrale o ai nuclei dei nervi cranici. Può essere indistinguibile dall’interessamento nucleare Ipotalamo (diencefalo) Talamo (diencefalo) Panencefalite Due o più regioni distinte Meningite Meningi Meningoencefalite Meningi più parenchima cerebrale Mielite Cellule delle corna anteriori o tratti lunghi del midollo spinale Encefalomielite Qualsiasi regione del midollo spinale più qualsiasi regione cerebrale Neurite cranica Nervi cranici I-XII sintomatologia iniziale, le indagini neurodiagnostiche svolgono un ruolo indispensabile indipendentemente dalla presenza di sintomi clinici di localizzazione. Nel bambino molto piccolo anche la localizzazione su base neuroanatomica può risultare notoriamente difficile. La Tabella 7 descrive alcuni reperti di localizzazione agentespecifici classicamente citati, identificabili mediante sintomi, indagini neurodiagnostiche o entrambi. Tuttavia, un alto livello di variabilità della presentazione clinica impone che la ricerca di un agente eziologico non possa essere strettamente confinata agli agenti classicamente lesivi per 150 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 specifiche localizzazioni nel SNC. Nelle prime fasi della malattia le indagini di neurodiagnostica, RM inclusa, possono talvolta produrre risultati falsi negativi. Per obiettivi diversi dall’identificazione di edema cerebrale significativo, spostamento della linea mediana o emorragia, le indagini di tomografia computerizzata in generale non sono sufficienti per il processo diagnostico dell’encefalite. La puntura lombare è l’unica indagine di maggior impiego per la diagnosi di encefalite. I risultati principali, tuttavia, mancano in genere di specificità e possono appa- malattie infettive encefalite Tabella 4. Valutazione iniziale 1. Stabilizzazione clinica 2. Indagini standard di laboratorio 3. Neurodiagnostica 4. Puntura lombare 5. Trattamento empirico in acuto 6. Elettroencefalogramma Affrontare i sintomi di instabilità autonomica o shock settico, convulsioni/stato epilettico Emocromo completo, pannello metabolico globale, esame delle urine Preferibile la RM con e senza mezzo di contrasto; emergente la tomografia computerizzata in presenza di segni/sintomi di aumento critico della pressione endocranicaa prima della puntura lombare Pressione liquorale, conteggio cellulare, glucosio, proteine, coltura di virus e batteri, test della reazione polimerasica a catena per enterovirus, herpes simplex; altre indagini specifiche sulla base della storia clinica (si vedano Tabella 3 e Tabella 5) Acyclovir in presenza di qualsiasi sospetto di infezione da herpes simplex; profilassi anticonvulsivante in caso di qualsiasi sospetto di convulsioni oppure se il rischio di convulsioni è apparso elevato Impiegato per valutare i reperti di segnali lateralizzati clinicamente rilevanti (scariche epilettiformi periodiche lateralizzate), per monitorare crisi occulte o uno stato epilettico subclinico a I segni di aumento acuto della pressione endocranica sono vomito e letargia, fontanella pulsante, asimmetria pupillare o assenza di reattività, paralisi dello sguardo, sguardo in basso intermittente o fisso (“segno del sole calante”) o respirazione irregolare. rire normali nelle prime fasi della malattia. Nei pazienti che presentano risultati anomali del LCS, gli elementi più caratteristici sono un aumento della pressione liquorale, concentrazione di proteine normale o elevata, livello di glucosio normale e pleiocitosi, che spesso ha inizio con leucociti polimorfonucleati e si converte poi in predominanza linfocitaria, o talvolta monocitaria, con progressione della patologia. Benché ci siano variazioni riportate su questa tematica con alcuni specifici agenti patologici, quali pleiocitosi emorragica con HSV, linfociti atipici con virus di Epstein-Barr o leucociti mononucleati con infezione da echovirus o da varicella-zoster, non ci sono reperti patognomonici del LCS che aiutino a differenziare i casi di encefalite infettiva. La possibilità di prescrivere l’amplificazione mediante PCR del DNA virale ha per fortuna aggiunto nuove valenze alla puntura lombare nell’encefalite. Questa tecnica, tra l’altro, impone il sospetto clinico di una specifica entità diagnostica e non è disponibile come ampia “batteria” di indagini. Inoltre, in alcuni stadi della malattia, il DNA virale spesso non viene raccolto. Per esempio il 5%-10% dei casi di meningite da HSV dell’adulto ha risultati negativi alla PCR fino alla prima puntura lombare. Spesso, inoltre, i risultati non sono immediatamente disponibili e possono richiedere 1-7 giorni o più per essere pronti. Pertanto la decisione di impiegare specifici trattamenti antibiotici o antivirali, quale l’acyclovir per la meningite sospetta da HSV, è ancora ampiamente consigliata sulla base di un sospetto clinico. L’encefalite parainfettiva, come l’ADEM o l’atassia cerebellare acuta, può presentare molti degli stessi reperti liquorali dell’encefalite infettiva. La pleiocitosi, tuttavia, tende a essere meno drammatica nella maggior parte dei casi parainfettivi, ma non in tutti. Quando è possibile isolare dal LCS il materiale genomico del patogeno, la probabilità di un’eziologia parainfettiva o puramente infiammatoria diventa remota. Lo standard più affidabile per dimostrare l’eziologia dell’encefalite infettiva acuta rimane l’associazione fra titolo in fase acuta e in convalescenza. Un incremento del titolo di quattro volte, in particolare delle immunoglobuline M, nei confronti di un agente sospetto viene il più delle volte considerato diagnostico. Questa metodica è limitata dall’adeguatezza del follow-up e dall’accuratezza della selezione dell’indagine. Molti pazienti vengono dimessi e persi a uno stretto follow-up prima che si possano raggiungere titoli anticorpali da convalescenza. Tra quelli testati, l’agente eziologico può sfuggire a seguito di indagini guidate da un sospetto clinico focalizzato erroneamente su altri microrganismi. Decorso clinico e trattamento La priorità nel trattamento dell’encefalite acuta è la dualità della stabilizzazione clinica e del contenimento dei processi infiammatori potenzialmente dannosi. Poiché molti pazienti presentano qualsiasi associazione di convulsioni, delirio, instabilità autonomica e irregolarità respiratorie, il trattamento di questi sintomi acuti spesso acquista la priorità. Questa stabilizzazione, tuttavia, non dovrebbe ritardare la formulazione del sospetto sul fatto che se si tratti di patologia infettiva o parainfettiva e l’avvio di un trattamento appropriato. Frequentemente questi pazienti vengono trattati in maniera empirica con acyclovir per via endovenosa in attesa della puntura lombare o dei risultati Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 151 malattie infettive encefalite Ulteriori indagini in encefalite, sulla base del modello del California Encephalitis Project Tabella 5. Fonte Metodica Agente specifico Liquido cerebrospinale Reazione polimerasica a catena (polymerase chain reaction = PCR) Virus dell’herpes simplex 1 Virus dell’herpes simplex 2 Enterovirus Virus dell’herpes umano 6 Virus della varicella-zoster Anticorpi contro il morbillo Cryptococcus; altri agenti fungini Tampone nasofaringeo/ faringeo Test anticorpale Coltura fungina; esame microscopico con colorazione India-ink PCR + isolamento del virus Plasma in fase acuta Sierologia Plasma in convalescenza Altre indagini specifiche per agente Sierologia Vari Mycoplasma pneumoniae Enterovirus metapneumovirus umano)b Adenovirus Virus respiratorio sinciziale Influenza A Influenza B Mycoplasma pneumoniae Virus di Epstein-Barr Parvovirus B19 Morbillo Lupus eritematoso sistemico Encefalite equina dell’ovest Encefalite equina dell’est Virus West Nile Mycoplasma pneumoniae Virus di Epstein-Barr Parvovirus B19 Morbillo Influenza A Influenza B Adenovirus Virus West Nile Lupus eritematoso sistemico Encefalite equina dell’ovest Virus della varicella zoster Virus dell’herpes simplex (Chlamydia pneumoniae) Si veda Tabella 1 Criteri aggiuntivi Pazienti immunosoppressia Indagine di routine in ottobremarzo se sono presenti sintomi respiratori o sulla base dell’epidemiologia locale Come indicato dalla stagione Come indicato dalla stagione e dall’epidemiologia locale Come indicato dal quadro clinico e dai risultati della PCR Sulla base della presentazione clinica e dei fattori epidemiologici, come descritto nella Tabella 6 a La predilezione di alcuni agenti nel colpire principalmente i pazienti immunosoppressi non esclude interamente la possibilità di infezione del SNC in soggetti altrimenti immunocompetenti. b I termini tra parentesi fanno parte del protocollo CEP, ma in generale non sono riscontrati essere le cause principali di encefalite a livello nazionale. delle indagini di laboratorio, tra cui HSV PCR. A causa di ritardi nell’acquisizione di tali risultati o a causa della nota incidenza di falsi negativi dell’indagine PCR su campioni di LCS in acuto, molti pazienti completeranno il ciclo necessario di 21 giorni di acyclovir senza una diagnosi di laboratorio posta con sicurezza. 152 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 L’enfasi su un trattamento tempestivo di possibile encefalite da HSV non dovrebbe precludere un’attenta ricerca di indizi di altri agenti eziologici. La Tabella 5 elenca alcune considerazioni alternative nella diagnosi di encefalite infettiva acuta che potrebbero influenzare le opzioni terapeutiche. malattie infettive encefalite Tabella 6. Considerazioni alternative nella diagnosi di encefalite (virale) Reperti suggestivi Considerazioni diagnostiche Storia di tosse recente senza febbre, otite sierosa, epidemia di comunità di “polmonite ambulante” Storia di artrite, sierosite, uveite, nefrite o altre patologie infiammatorie Storia di recente calo ponderale non giustificato, anemia, sintomi di encefalite a esordio lento, encefalite limbica Febbre, anomalie alla radiografia del torace o epatiche, esordio subacuto di encefalite, lesioni multiple alla RM, enhancement meningeo, pleiocitosi liquorale mista Febbre, anomalie alla radiografia del torace o epatiche, esordio subacuto di encefalite/romboencefalite, enhancement basilare meningeo, ipoglicorrachia con pleiocitosi mista Febbre, soffio cardiaco, storia di cardiopatia congenita o reumatica, evidenza di lesioni multifocali alla RM Precedente patologia infettiva con guarigione completa prima della comparsa di sintomi neurologici oppure vaccinazione nei 30 giorni precedenti Neonato con ematopoiesi extramidollare (“blueberry muffin baby”) Neonato con sintomi di encefalite acuta Esposizione a zecche o morsicature da artropodi Mycoplasma pneumoniae Età <4–5 anni, eosinofilia periferica e/o liquorale, lesioni discrete alla RM con enhancement, pica o esposizione estesa a terreni/luoghi frequentati da animali Romboencefalite con pleiocitosi emorragica, HSV PCR negativa, lattato elevato nel LCS (non testato di routine nell’encefalite) Febbre, esposizione a gatti, adenopatia locale Morsicature da animali oppure stretta esposizione ad animali selvatici con comportamento anomalo (inclusi i pipistrelli), decorso con rapido peggioramento Al di là delle principali ipotesi infettive, l’ADEM si delinea come la causa più probabile di encefalite acuta. La costellazione di una malattia infettiva temporaneamente distinta o di una vaccinazione prima dell’esordio dei sintomi, dei sintomi multipli di encefalite e di anomalie multifocali della RM nella sostanza sia grigia sia bianca sono altamente suggestivi (ma non patognomonici) di diagnosi di ADEM. Il trattamento varia significativamente dall’approccio all’encefalite infettiva acuta in cui i corticosteroidi ad alto dosaggio sono un trattamento di prima linea, seguiti da IVIG o plasmaferesi nei casi refrattari al trattamento con corticosteroidi. L’impiego di IVIG e plasmaferesi rimane privo di supporto da parte degli studi clinici; ma le IVIG hanno riscosso accettazione più ampia come trattamento alternativo in questo momento. L’impiego dei corticosteroidi nel contesto dell’encefa- Lupus o altra cerebrite/vasculite autoimmune Sindrome paraneoplastica Infezione fungina Meningite tubercolare Emboli micotici Encefalomielite disseminata acuta Rosolia Toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus, HSV, parvovirus B19 Borrelia burgdorferi Rickettsia species Ehrlichia species Coxiella burnetii Larva migrans neurale, tra cui baylisascariasi (encefalite del procione), toxocariasi (cani), angiostrongilosi (roditori) Listeria monocytogenes Bartonella henselae Rabbia lite infettiva non erpetica rimane controverso. Al di fuori dei singoli casi clinici, l’unica evidenza di supporto disponibile per il loro impiego deriva dal trattamento della leucoencefalopatia multifocale progressiva, un’encefalite subacuta/cronica causata dal poliomavirus JC che si verifica principalmente nei pazienti HIV-positivi gravemente immunocompromessi. Il mantenimento di un’adeguata pressione di perfusione cerebrale (cerebral perfusion pressure = CPP) (il valore generalmente ammesso è di 70 mm Hg o superiore oltre i 2 anni d’età) è un aspetto critico nel trattamento dell’encefalite infettiva. Un aumento della pressione endocranica è un reperto variabile nell’encefalite. La preservazione della CPP mediante il controllo della pressione endocranica è un elemento importante del trattamento. In una casistica di 20 bambini con meningite o meninPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 153 malattie infettive encefalite Tabella 7. Esempi di reperti specifici per agenti nell’encefalite infettiva Agente Localizzazione Altri dettagli specifici HSV I Lobi basali frontali e temporali mesiali con lesioni prominenti alla RM nei bambini più grandi e negli adulti; il tropismo non è affidabile nei neonati Panencefalite neonatale; meningite asettica dell’adulto; romboencefalite o mielite ascendente in adulti immunocompromessi Encefalite del tronco cerebrale; sindrome poliomielitica Meningoencefalite emorragica; >50% dei casi nei soggetti di età >20 anni; causa fino al 30% dei casi di meningoencefalite neonatale HSV II Enterovirus 71 Encefalite equina dell’est Virus West Nile Parotite 50% dei pazienti affetti da lesioni MRI nei gangli basali, talamo e tronco cerebrale Encefalite del tronco cerebrale; mieliti nel 10% dei casi; gangli basali interessati meno frequentemente Cellule ependimali (plesso coroideo e rivestimento dei ventricoli); distruzione neuronale secondaria e demielinizzazione perivascolare goencefalite sono deceduti 4 dei 4 pazienti con CPP <50 mm Hg, mentre sono sopravvissuti 3 dei 16 con CPP mantenuta a valori >50 mm Hg. (7) In presenza di ipertensione endocranica sintomatica, i provvedimenti conservativi (elevazione del capo, iperventilazione e restrizione idrica) sono le strategie maggiormente accettate. Il mannitolo viene impiegato in maniera limitata, come documentano singoli casi clinici e piccole casistiche. La durata del suo impiego, tuttavia, è limitata dalla dinamica dell’ipertensione endocranica correlata all’infiammazione, con possibile compromissione della barriera emato-encefalica e passaggio di agenti osmoticamente attivi nello spazio extravascolare. Tale risultato può portare a ulteriore peggioramento dell’edema cerebrale. Se le strategie più conservative falliscono e anche il mannitolo è inefficace, rapporti isolati e piccole casistiche (3–4 pazienti) comprovano l’efficacia dell’impiego della craniectomia per decompressione. Il trattamento delle convulsioni sintomatiche diventa spesso un aspetto nodale della terapia dei pazienti con encefalite. Nel CEP, il 42% dei pazienti ha presentato convulsioni. Di questi, 62 pazienti hanno sviluppato convulsioni intrattabili con necessità di coma indotto con barbiturici o anestesia. Questo gruppo di pazienti ha avuto una mortalità del 32% rispetto alla mortalità complessiva dell’11% dell’intera coorte. Nel trattamento dei pazienti con convulsioni sintomatiche acute correlate a encefalite sono stati impiegati quasi tutti gli anticonvulsivanti. Le molecole di più facile somministrazione sono disponibili 154 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Una causa di malattia epidemica mani, piedi, bocca; inoltre epidemie di encefalomielite a Taiwan; edema polmonare acuto Stagionalità estate-autunno; coste atlantica e del Golfo; regione dei Grandi Laghi Soltanto il 4% dei casi è pediatrico; stagionalità estate-autunno Tardo inverno-inizio primavera; la maggior parte dei pazienti ha soltanto sintomi di meningite asettica in formulazione per via endovenosa e sono benzodiazepine (midazolam, lorazepam, diazepam), barbiturici (fenobarbital, pentobarbital), anestetici (propofol, ketamina, anestetici inalatori), fenitoina, fosfenitoina, divalproex sodico e levetiracetam. L’approccio classico ha inizio con la somministrazione di benzodiazepine al riconoscimento di attività convulsiva ricorrente o protratta, seguite dall’impiego di un anticonvulsivante più sostenibile, con l’intento di mantenerlo. Fosfenitoina, fenobarbital e, in alcuni centri, fenitoina rappresentano ancora gli anticonvulsivanti di maggior impiego per questa applicazione; ma gli anticonvulsivanti più recenti, come divalproex o levetiracetam, stanno acquistando gradimento. Se livelli terapeutici più elevati o dosaggi apparentemente adeguati non riescono a ottenere la cessazione dell’attività convulsiva, l’infusione di sedativi o anestetici si propone come il trattamento successivo più probabile, tra cui l’impiego di midazolam, pentobarbital, propofol o gocce di ketamine. Nel corso di questa fase di trattamento, si registra di solito il monitoraggio con EEG al letto del paziente, giustificato sia dalla prevalenza di altre convulsioni subcliniche non rilevabili nel paziente in coma sia dal desiderio di ottenere una soppressione burst del tracciato EEG quale parametro di adeguatezza del dosaggio. Spesso, durante l’escalation della terapia con ipnoticosedativi e anestetici, al regime di trattamento si aggiungono altri anticonvulsivanti, in formulazione endovenosa, per via nasogastrica o altra via enterale diretta. L’impiego malattie infettive encefalite della politerapia è mirato a ottenere una più rapida cessazione delle convulsioni come pure una configurazione di anticonvulsivanti più stabile, facilitando l’efficacia della sospensione dell’anestetico senza recidiva delle convulsioni. Le interazioni metaboliche, tuttavia, possono frustrare i tentativi di raggiungere livelli terapeutici di qualsiasi o di tutti i farmaci impiegati contemporaneamente. Gli anestetici inalanti sono spesso impiegati come trattamento di ultima spiaggia. L’impiego isolato di chetosi o stimolazione vagale ha anch’esso prodotto risultati limitati. In generale, quanto più lungo è l’elenco di interventi anticonvulsivanti inefficaci, tanto peggiore è la prognosi per una guarigione completa e in generale per la sopravvivenza. Esiti Gli esiti clinici dell’encefalite sia infettiva sia infiammatoria variano dalla guarigione completa alla morte. La predizione accurata dell’esito clinico rimane elusiva. Ciononostante si possono identificare parecchi fattori che influenzano fortemente la probabilità di guarigione: la natura dell’agente infettivo o del processo, l’età del paziente, l’entità dell’interessamento cerebrale primitivo e del midollo spinale, la presenza di edema cerebrale complicato, l’entità della perfusione cerebrale e del danno vascolare, la presenza di patologie e complicanze a carico di altri apparati e la risposta alle strategie di trattamento. L’importanza degli aspetti non neurologici delle malattie infettive nel condizionare l’esito non dovrebbe essere sottostimata. Tale associazione è particolarmente vera nell’encefalite neonatale accompagnata da sindromi simil-settiche, polmonite infettiva o epatite, che possono dare luogo a tassi di mortalità >50%. Anche nei bambini più grandi, le pneumopatie in particolare condizionano l’esito, come nell’epidemia di Taiwan da enterovirus 71, in cui la sopravvivenza peggiore si è osservata nei soggetti con edema polmonare nella fase acuta della malattia. (8) La questione della capacità funzionale futura è di particolare importanza per le famiglie dei bambini sopravvissuti all’encefalite. La risposta a questo interrogativo dipende in gran parte dall’agente eziologico. Come principio generale, gli agenti che determinano una necrosi cerebrale più estesa (soprattutto se la lesione emisferica bilaterale o al tronco cerebrale è ampia) o patologia vascolare comportano gli esiti funzionali peggiori. Diversamente, i dati statistici disponibili offrono una piccola guida nella consulenza sulla prevenzione. L’agente eziologico specifico svolge un qualche ruolo; per esempio, in alcune casistiche oltre il 60% dei pazienti con encefalite da HSV sviluppa alcune sequele neurologiche identificabili. Ma l’80% dei bambini di Taiwan colpiti dall’enterovirus 71 non presentava deficit identificabili alla visita dopo >2 anni dall’encefalite. (8) Il rischio di sequele più sfumate a lungo termine, anche nei casi in cui non ci siano deficit evidenti a breve termine, rimane un argomento controverso. Per esempio, degli 86 bambini di Taiwan valutati a distanza di 3-7 anni dopo meningite o encefalite da enterovirus 71, il 20% ha presentato sintomi legati a disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività rispetto al 3% soltanto dei soggetti di controllo. (9) L’incidenza di complicanze neurologiche analoghe in altre cause di encefalite rimane attualmente ampiamente priva di documentazione. Riassunto • Il tema dell’encefalite abbraccia un enorme spettro di agenti eziologici, sindromi cliniche ed esiti. • Le opzioni terapeutiche rimangono ampiamente di supporto, a eccezione di un numero selezionato di casi in cui è presente un possibile o probabile agente eziologico e per i quali ci sia una terapia specifica. • La causa specifica di encefalite nella popolazione sia pediatrica sia adulta rimane sconosciuta nella maggior parte dei casi, malgrado ampie indagini diagnostiche. (1) • Le cause specifiche di encefalite hanno spesso caratteristiche classicamente riportate, ma l’entità della sovrapposizione della sintomatologia clinica impone un’ampia considerazione delle possibili cause. (1) • Le cause parainfettive e infiammatorie di encefalite (encefalomielite disseminata acuta) hanno prevalenza e impatto clinico come le infezioni dirette del SNC. (9)(10)(11) • L’esito clinico è ampiamente determinato dalla natura dell’agente eziologico, ma con un contributo significativo da parte di fattori quali interessamento di altri apparati, controllo delle convulsioni e perfusione cerebrale. (7) Considerazioni sulla realtà italiana Le encefaliti: dall’anamnesi al monitoraggio clinico Sotto il profilo epidemiologico non ci sono sostanziali differenze tra Stati Uniti e Italia né tantomeno, nel nostro quadro nazionale, tra gruppi etnici di provenienza diversa. Uno degli aspetti da considerare sono in ogni caso i viaggi che i bambini italiani ed extracomunitari, per turismo o ragioni familiari, possono compiere in paesi con standard igienici nettamente inferiori rispetto a quelli europei. Sempre a livello anamnestico è utile verificare se nelle due settimane precedenti l’esordio della sintomatologia neurologica si siano verificate infezioni – anche in apparenza banali – oppure siano comparse Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 155 malattie infettive encefalite lesioni cutanee sospette. I sintomi cardine per il pediatra, oltre alla febbre, sono le alterazioni della vigilanza e della coscienza, l’ipersonnia ed eventuali anomalie del coordinamento motorio e in generale del comportamento, nel qual caso, a fronte di un fondato sospetto, si impone il ricovero del bambino in ospedale. La sfida posta dall’encefalite, d’altra parte, non è tanto per la diagnosi in sé quanto per l’identificazione dell’agente eziologico. Sotto il profilo clinico lo spettro di gravità è variabile da crisi epilettiche e disturbi della coscienza autolimitanti alla sindrome cerebellare fino all’impatto devastante e spesso invalidante dell’encefalite erpetica: di conseguenza la formulazione della prognosi riserva notevoli limiti, anche perché nelle fasi iniziali non è facile disporre di indici affidabili (l’esame del liquor permette di identificare la presenza di un processo infiammatorio e l’elettroencefalogramma può fornire un supporto di orientamento senza però alcun elemento conclusivo). È dunque importante il monitoraggio dell’andamento clinico, che può estrinsecarsi in forme di epilessia farmacoresistente, emi- e tetraparesi, disturbi della sfera cognitiva, alterazioni della dinamica respiratoria con necessità di ventilazione assistita (in caso di interessamento del tronco encefalico) e altre manifestazioni e possibili sequele. Un terreno fertile di ricerca è quello delle encefaliti autoimmuni, come l’encefalite limbica, che può essere espressione di un insulto diretto del virus sul tessuto nervoso ma anche di una reazione contro il self, per la quale possono tornare utili trattamenti con cortisonici, gamma-globuline e plasmaferesi. Proprio in questo ambito sono stati recentemente caratterizzati numerosi autoanticorpi, che possono aprire nuove frontiere sul versante diagnostico e terapeutico. Consulenza del dott. Nardo Nardocci Direttore U.O. Neuropsichiatria Infantile - Dipartimento di Neuroscienze Pediatriche, Istituto Fondazione IRCCS Carlo Besta (Milano) Testo a cura di P.C. Salari 156 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 Bibliografia 1. Christie LJ, Honarmand S, Talkington DF, et al. Pediatric encephalitis: what is the role of Mycoplasma pneumoniae? Pediatrics. 2007;120(2):305–313 2. Walter ND, Grant GB, Bandy U, et al. Community outbreak of Mycoplasma pneumoniae infection: school-based cluster of neurologic disease associated with household transmission of respiratory illness. J Infect Dis. 2008;198(9):1365–1374 3. Glaser CA, Honarmand S, Anderson LJ, et al. Beyond viruses: clinical profiles and etiologies associated with encephalitis. Clin Infect Dis. 2006;43(12):1565–1577 4. Elbers JM, Bitnun A, Richardson SE, et al. A 12-year prospective study of childhood herpes simplex encephalitis: is there a broader spectrum of disease? Pediatrics. 2007;119(2):e399–e407 5. Lindsey NP, Hayes EB, Staples JE, Fischer M. West Nile virus disease in children, United States, 1999-2007. Pediatrics. 2009;123 (6):e1084–e1089 6. Banwell B, Kennedy J, Sadovnick D, et al. Incidence of acquired demyelination of the CNS in Canadian children. Neurology. 2009; 72(3):232–239 7. Shetty R, Singhi S, Singhi P, Jayashree M. Cerebral perfusion pressure—targeted approach in children with central nervous system infections and raised intracranial pressure: is it feasible? J Child Neurol. 2008;23(2):192–198 8. Huang MC, Wang SM, Hsu YW, Lin HC, Chi CY, Liu CC. Long-term cognitive and motor deficits after enterovirus 71 brainstem encephalitis in children. Pediatrics. 2006; 118(6):e1785–e1788 9. Gau SS, Chang LY, Huang LM, Fan TY, Wu YY, Lin TY. Attention-deficit/hyperactivity-related symptoms among children with enterovirus 71 infection of the central nervous system. Pediatrics. 2008;122(2):e452–e458 10. Berger JR, Houff S. Neurological complications of herpes simplex virus type 2 infection. Arch Neurol. 2008;65(5):596–600 11. Young NP, Weinshenker BG, Lucchinetti CF. Acute disseminated encephalomyelitis: current understanding and controversies. Semin Neurol. 2008;28(1):84–94 12. Noorbakhsh F, Johnson RT, Emery D, Power C. Acute disseminated encephalomyelitis: clinical and pathogenesis features. Neurol Clin. 2008;26(3):759–780, ix Traduzione a cura di P.C. Salari malattie infettive encefalite PIR Quiz 17. Una bambina di 9 anni d’età presenta segni di encefalite acuta. La possibilità che l’agente responsabile sia il virus dell’herpes simplex è significativamente aumentata da un reperto alla MR di lesioni concentrate a livello di A. B. C. D. Talamo Lobi temporali Gangli basali Mesencefalo 18. Tra i seguenti funghi, quale non rientra tra le cause di encefalite micotica: A. B. C. D. Candida albicans Cryptococcus neoformans Histoplasma capsulatum Paracoccidioides brasiliensis 19. Tra le seguenti, la forma di encefalite che trae vantaggio dall’impiego di glucocorticoidi ad alto dosaggio è A. B. C. D. Encefalite di Saint Louis Encefalite acuta disseminata Encefalite enterovirale Encefalite da herpes simplex 20. Tra i seguenti fattori, quale condiziona maggiormente la probabilità di guarigione completa da encefalite: A. B. C. D. Durata della febbre Risultati dell’esame del liquor Disponibilità di trattamenti specifici Tipologia dell’agente responsabile 21. A un bambino di 7 anni d’età viene diagnosticata un’encefalite limbica che ha mostrato un decorso graduale, con una sintomatologia dapprima sfumata. Appare anemico e negli ultimi 3 mesi la madre riferisce un calo di peso significativo. Il quadro clinico è compatibile con: A. B. C. D. Encefalite rubeolica Rabbia Sindrome paraneoplastica Encefalite micotica 22. Il controllo delle zanzare è efficace nel ridurre la frequenza di encefalite causata da: A. B. C. D. Picornavirus Flavivirus Herpesvirus Adenovirus Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 157 malattie infettive encefalite 23. Tra le seguenti azioni, quale non è prioritaria nell’approccio a un bambino appena ricoverato con sintomatologia suggestiva di encefalite: A. B. C. D. Stabilizzazione delle condizioni cliniche Esecuzione di una puntura lombare Esecuzione di un EEG Tutte e tre sono iniziative prioritarie 24. A un ragazzo di 13 anni d’età, clinicamente stabile, è stata diagnosticata un’encefalite acuta. La RM ha evidenziato anomalie multifocali diffuse nella sostanza bianca e grigia cerebrale. Una valutazione appropriata del plasma e del liquor non ha evidenziato elementi suggestivi. Con maggiori probabilità la forma patologica è di A. B. C. D. Encefalite enterovirale Sclerosi multipla Encefalomielite acuta disseminata Encefalite da Mycoplasma 158 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 indizio di sospetto Caso 1: Irritabilità e segni di peritonite in un neonato Caso 2: Occhio arrossato, lacrimazione eccessiva, fotofobia, irritabilità e splenomegalia in un lattante Caso 3: Tosse e anomalie polmonari a destra in una bambina di 2 anni di età Caso 1 Presentazione Il lettore è incoraggiato a mettere per iscritto alcune possibili diagnosi prima di passare alla discussione. I direttori e lo staff di Pediatrics in Review si trovano nella fortunata condizione di avere troppe richieste per la rubrica Indizio di sospetto. Il nostro spazio di pubblicazione per l’Indizio di sospetto è completo fino al 2013. Poiché non pensiamo sia corretto differire la pubblicazione oltre tale data, abbiamo deciso di non accettare nuovi casi al momento. Inseriremo un annuncio su Pediatrics in Review quando riprenderemo ad accettare nuovi casi. Ci scusiamo per aver dovuto prendere una tale decisione, ma desideriamo essere equi con tutti gli autori. Vi ringraziamo per l’interesse dimostrato per la rivista. Dichiarazione dell’autore I Dottori Dziuban, Mychaliska, Tuli, Tuli, Khuddus, Bock, Price, Radhakrishnan e Mateos-Corral dichiarano l’assenza di conflitto di interesse relativamente ai presenti casi. Il presente commento non contiene discussioni di un impiego non approvato/per uso sperimentale di un prodotto/strumento commerciale. Un bambino di 7 giorni di vita, nato a termine, viene portato in pronto soccorso dalla madre adottiva perché rifiuta di alimentarsi da circa 20 ore e a seguito di un pianto crescente, anche se a volte è consolabile. Quando gli si offre il poppatoio, il bimbo incomincia a succhiare, ma poi piange come se provasse dolore. Non ha vomitato e l’ultima scarica risale al giorno precedente. Le feci erano discretamente formate, senza sangue o muco; la diuresi è presente. Non ha presentato sintomi respiratori, letargia, esantemi o ittero. La madre biologica è una ragazza di 27 anni di età nota per un pregresso consumo di stupefacenti e aveva ricevuto qualche tipo di assistenza prenatale. Il bambino era nato con taglio cesareo programmato. Alla visita iniziale, il neonato piange ma è consolabile. La temperatura è 37,7°C, la frequenza cardiaca 170 battiti/minuto e la frequenza respiratoria 56 atti/minuto; la restante obiettività è nella norma. L’emocromo completo (globuli bianchi [white blood cell = WBC] 11,7 109/L, neutrofili 78,5%, monociti 11,4%, linfociti 9,8%), la con- Abbreviazioni di uso frequente acute lymphoblastic leukemia = leucemia linfoblastica acuta AN: appendicite neonatale IVC: inferior vena cava = vena cava inferiore NEC: necrotizing enterocolitis = enterocolite necrotizzante TC: tomografia computerizzata WBC: white blood cell = globuli bianchi ALL: centrazione plasmatica di elettroliti e glucosio, l’esame delle urine e del liquido cerebrospinale risultano nella norma. Si eseguono prelievi per esami colturali. La radiografia dell’addome è normale e un’ecografia addominale mostra tracce di fluido nella pelvi. Gli viene somministrato un bolo di soluzione fisiologica e una copertura antibiotica per una possibile sepsi. Poche ore dopo il ricovero, una nuova valutazione clinica evidenzia un’inconsolabilità, una riduzione del riflesso di suzione e uno stato di letargia. L’addome è disteso, teso e dolente alla palpazione. La peristalsi è normale. Vengono eseguiti ulteriori esami che portano alla diagnosi. Caso 2 Presentazione Un bambino di 10 mesi di vita precedentemente sano viene visitato perché da 2 settimane presenta un arrossamento e lacrimazione all’occhio sinistro. In precedenza, presso un ambulatorio per le urgenze, gli era stata posta una diagnosi di congiuntivite ed è stato trattato per 10 giorni con un collirio a base di polimixina B/trimethoprim, senza ottenere alcun miglioramento. È sembrato caldo a volte, ma la temperatura non è mai salita sopra i 37,8°C. È stato irritabile, specialmente in presenza di luci intense, e ha rifiutato di alimentarsi. Non presenta esantemi. Muove bene gli arti. Vive con il padre (medico) e la madre (casalinga). È in regola con le vaccinazioni e lo sviluppo è normale. Clinicamente, sembra sano e non sofferente. Non ha febbre e i parametri vitali sono nel range di normalità. L’obiettività clinica è nella norma, Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 161 indizio di sospetto fatta eccezione per una punta di milza che si apprezza alla palpazione. L’esame oculistico evidenzia che il paziente fissa e segue gli oggetti con l’occhio destro, ma non con il sinistro. È difficile valutare le pupille perché sono miotiche e il bimbo è fotofobico. L’occhio sinistro presenta un’iniezione rosata pericorneale. Le cornee sono trasparenti, ma è presente del materiale bianco nella camera anteriore dell’occhio sinistro, stratificato in un hypopion. L’iride è iperemica con vasi dilatati e visibili. Il riflesso rosso è presente a destra, mentre non è visualizzabile a sinistra. Un approfondimento porta alla diagnosi. Caso 3 Presentazione Una bambina di 2 anni e mezzo di età giunge in un pronto soccorso esterno per una congestione nasale e una tosse ingravescente che durano da 1 settimana. Viene dimessa in terapia con cotrimossazolo, ma torna il giorno successivo per un peggioramento della tosse, una febbre moderata (38,3°C) e una riduzione dell’apporto di liquidi. Il referto della radiografia del torace indica una polmonite a carico del lobo inferiore destro con tappo di muco. L’antibiotico viene sostituito con l’azitromicina e la bimba viene dimessa. Tre giorni dopo i sintomi sono nettamente migliorati, mentre la radiografia di controllo, a distanza di 2 settimane, non mostra alcun miglioramento. La bimba viene inviata a un centro di terzo livello, dove appare in buone condizioni, a eccezione della tosse sotto sforzo quale unico sintomo riferito. Non ha febbre, pesa 11,3 kg (5° percentile) ed è alta 88 cm (10° percentile). I parametri vitali sono nei limiti di norma, con una saturazione di ossigeno del 96% in aria ambiente. L’obiettività clinica è del tutto normale. La conta dei WBC è 11,5 103/L e l’aspartato aminotransferasi è leggermente aumentata a 45 U/L. Gli elettroliti sierici, la velocità di eri162 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 trosedimentazione, la proteina Creattiva e la sierologia per Mycoplasma sono nella norma. L’ultima radiografia mostra un’opacità destra eterogenea, che copre il margine cardiaco destro, oblitera l’angolo costofrenico destro, con uno spostamento della linea mediana verso destra e un sollevamento dell’emidiaframma destro (Fig 1). Un’ecografia toracica non evidenzia versamenti pleurici. Un ulteriore esame individua la patologia. portato in sala operatoria per una laparotomia esplorativa, che evidenziò un quadro di appendicite perforata. Si procedette a un’appendicectomia e all’esame colturale di un fluido peritoneale denso, che in seguito si positivizzò per Enterococcus gallinarum e Serratia marcescens, entrambi comuni germi enterici. Il paziente si è ripreso perfettamente dalla malattia e dall’intervento. Diagnosi differenziale Caso 1 Discussione Per il quadro peritonitico all’esame dell’addome, si è sospettato un processo addominale acuto. Una tomografia computerizzata (TC) dell’addome mostrava aree circoscritte di gas intraperitoneale libero (pneumoperitoneo) e una moderata quantità di fluido libero. Il bimbo fu rianimato e Ogni situazione di pianto eccessivo o difficoltà ad alimentarsi in un neonato deve essere valutata accuratamente, perché un gran numero di patologie pericolose può causare un quadro clinico simile e non specifico. La diagnosi differenziale per questi segni non specifici è ampia e, di solito, un’anamnesi approfondita e l’esame clinico sono utili per determinare la causa. Figura 1. Radiografia del torace che mostra un’opacità eterogenea destra che nasconde il margine cardiaco destro e oblitera il seno costofrenico destro, uno spostamento della linea mediana verso destra e un sollevamento dell’emidiaframma destro. indizio di sospetto Si devono prendere in considerazione infezioni gravi (sepsi, meningite e pielonefrite); patologie che causano un’ipossiemia (patologie polmonari vascolari o delle vie aeree); patologie gastrointestinali ostruttive (enterocolite necrotizzante [necrotizing enterocolitis = NEC], malrotazione con volvolo ileale, ernie inguinali od ombelicali incarcerate e invaginazione); cardiopatie congenite; condizioni causa di malessere o dolore (crisi di astinenza, stipsi, reflusso gastroesofageo, coliche, mughetto, abrasioni corneali e tourniquet da capelli); e malattie metaboliche. La diagnosi differenziale deve anche comprendere aspetti psicosociali come maltrattamento, scarsa comprensione delle indicazioni sull’alimentazione, violenze (fratture occulte, emorragie endocraniche), depressione materna ed errata valutazione del normale comportamento di un neonato. È importante quantificare accuratamente l’orario, la durata e le modalità dei pasti e il medico deve stabilire se il latte formulato venga ricostituito e preparato correttamente. Un quadro peritonitico, con dolore, tensione e reazione di difesa addominali impone una valutazione e un trattamento immediati. Le radiografie in bianco dell’addome (specialmente in posizione eretta e in proiezione laterale) o una TC possono evidenziare uno pneumoperitoneo da lesione intestinale transmurale. La diagnosi differenziale di una perforazione intestinale in un neonato a termine comprende la NEC, la perforazione intestinale spontanea (specialmente nei bambini trattati con indometacina per facilitare la chiusura di un dotto arterioso pervio), una perforazione gastrica da sondino naso- od orogastrico, un’ostruzione intestinale neonatale complicata e, raramente, un’appendicite perforata. Una perforazione intestinale neonatale è un’emergenza chirurgica che richiede una diagnosi e un trattamento d’emergenza. La patologia L’appendicite neonatale (AN) è rara e si associa a un’elevata frequenza di perforazioni. Sebbene l’incidenza annuale dell’appendicite nei bambini in età scolare possa arrivare a 28 casi per 10.000 bambini, si calcola che l’incidenza di AN sia molto bassa (<0,04%). In una revisione della letteratura, l’AN è stata descritta più frequentemente nei maschi (75%) e nei neonati pretermine (52%) e l’età media all’epoca della diagnosi era di circa 14 giorni. Sono state ipotizzate molte ragioni per tale bassa frequenza; ricordiamo che l’appendice del neonato ha una forma allungata, con un orifizio ampio, e un’ostruzione del lume da parte di fecaliti è insolita in questa fascia di età. La fisiopatologia dell’AN in alcuni casi può essere legata a malformazioni congenite che interferiscono con la perfusione tissutale o l’apporto vascolare, con conseguente ischemia e successiva necrosi coagulativa dell’appendice. Un’appendice perforata nelle prime settimane di vita può essere osservata in neonati con un’ostruzione intestinale distale, per esempio per una malattia di Hirschsprung o un ileo da meconio dovuto a fibrosi cistica. Nei neonati che hanno avuto un’appendicite perforata si devono ricercare accuratamente queste patologie mediante biopsia rettale per aspirazione o screening genetico, in base alle indicazioni. Le caratteristiche cliniche dell’AN sono la distensione addominale, il dolore, l’anoressia, il vomito, l’irritabilità e la letargia. A volte si apprezza una massa addominale. Degno di nota il fatto che, spesso, la febbre non è un sintomo rilevante. La diagnosi viene molto spesso confusa con quella di NEC. I neonati sono particolarmente soggetti a una diagnosi tardiva, proprio per la natura non specifica dei segni e la bassa frequenza dell’AN. Mentre la radiografia in bianco e l’ecografia possono identificare, rispettivamente, uno pneumoperitoneo e un’infiammazione dell’appendice, la TC può essere più sensibile e specifica per porre una diagnosi di appendicite in questa fascia di età. Trattamento e prognosi L’appendicectomia è considerata il trattamento di scelta per l’AN. La consulenza del chirurgo deve avvenire non appena compaiono i segni di interessamento peritoneale. Si deve sospendere l’alimentazione per bocca, mentre si deve avviare rapidamente un’infusione di fluidi con una copertura antibiotica per via endovenosa ad ampio spettro. Il rischio di perforazione e di mortalità per appendicite è maggiore nei neonati rispetto alle altre popolazioni pediatriche, spesso per la tardività della diagnosi. Una diagnosi e un trattamento tempestivi dovrebbero portare a un esito soddisfacente. Insegnamenti per il medico • Un’anamnesi e un esame clinico accurati nel neonato possono contribuire a differenziare un dolore addominale da un’irritabilità generica, permettendo di arrivare a una diagnosi differenziale più mirata. • L’appendicite è rara nel neonato, ma si associa a un alto rischio di perforazione. • Cause potenziali di AN sono una limitazione dell’apporto ematico all’appendice, un aumento della pressione intraluminale per un’ostruzione distale (inclusi una malattia di Hirschsprung e un ileo da meconio) e un processo infiammatorio simile a una NEC localizzata. • Il trattamento immediato di un’AN deve comprendere una copertura antibiotica contro i germi enterici, una rianimazione corretta e un intervento chirurgico tempestivo. (Eric Dziuban, MD, Kerry Mychaliska, MD, C. S. Mott Children’s Hospital, University of Michigan, Ann Arbor, MI) Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 163 indizio di sospetto Caso 2 Discussione Davanti a un lattante con un occhio “rosa” non si deve pensare esclusivamente a una congiuntivite. Per confermare la diagnosi, si deve raccogliere un’anamnesi accurata ed eseguire un esame oculistico. L’esame deve comprendere una valutazione della visione (capacità di fissazione e di seguire il movimento di un oggetto), sede e tipo dell’iniezione congiuntivale, natura del riflesso corneale alla luce e trasparenza corneale, architettura dell’iride e reazione pupillare alla luce. Infine, si deve ricercare il riflesso rosso con un oftalmoscopio, per escludere un’opacamento dei mezzi, che si manifesta come aree scure nel riflesso rosso o nell’assenza del riflesso alla luce. Il primo passo è stabilire se la patologia sia intra- o extraoculare. Nei bambini più grandi, domande mirate possono distinguere il disturbo da corpo estraneo della congiuntivite o per un’abrasione dalla fotofobia di un’irite o di un glaucoma congenito o giovanile. Questa sensazione di corpo estraneo può essere alleviata somministrando gocce anestetiche, mentre il passaggio in un ambiente buio allevia la fotofobia di un’irite e di un glaucoma. Di solito, una patologia extraoculare si associa a un’iniezione congiuntivale rosso brillante, più evidente a livello dei fornici, mentre una patologia intraoculare si mostra con una colorazione rosata più sfumata, localizzata prevalentemente nell’area intorno alla cornea (iniezione pericorneale). Nel glaucoma congenito è presente un’importante fotofobia con lacrimazione e la cornea appare opaca e più grande del normale (buftalmo). Una visione offuscata dell’iride con una pupilla che non sembra muoversi e una cataratta sono segni di un’irite, che può essere la manifestazione d’esordio di un’artrite giovanile idiopatica. Un’irite di solito è idiopatica, ma può svilupparsi in caso di sarcoidosi, malattia di Behçet, toxoplasmosi e infezioni da herpes simplex. Un’irite grave può far sì che un gran numero 164 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 di cellule infiammatorie fuoriescano dall’iride, andando a sedimentarsi nella camera anteriore in un fluido biancastro chiamato ipopion. Questo paziente era affetto da una patologia intraoculare, come emergeva dalla fotofobia, dall’iniezione pericorneale e dall’ipopion. Nei neonati, un’irite da causa sconosciuta è rara. Inoltre, l’iride appariva di per sé evidentemente anormale, con vasi dilatati alla visione in ingrandimento. Questo quadro fece sospettare ai medici una patologia insolita, come un retinoblastoma o un’infiltrazione dell’iride. Il bimbo fu inviato all’oculista e un esame in anestesia confermò l’aspetto inconsueto dell’hypopion e dell’iride. Un esame del fundus in dilatazione escluse un retinoblastoma. Si procedette a una puntura della camera anteriore, che dimostrò un notevole numero di linfociti. L’emocromo mostrò un’emoglobina di 9,1 g/dL, una conteggio piastrinico di 140.000/L, un conteggio dei WBC di 19.000/L (23% di neutrofili, 55% di linfociti, 5% di monociti, 3% di eosinofili e 14% di cellule immature). In base a questi riscontri, si procedette a un aspirato midollare, che evidenziò un gran numero di linfoblasti omogenei, confermando la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta (acute lymphoblastic leukemia = ALL). La patologia L’ALL è la conseguenza di un riarrangiamento o di una mutazione cromosomica a livello delle cellule staminali ematopoietiche, che porta a una proliferazione clonale sregolata di precursori delle cellule linfocitarie. L’ALL rappresenta il 77% di tutti i casi di leucemia nei bambini; è più comune fra i 2 e i 6 anni di età e nei maschi. La maggior parte dei casi di ALL deriva da progenitori delle cellule B, il 15% da cellule T e l’1%-2% da cellule B mature. Nell’ALL sono state identificate diverse anomalie del cariotipo: le più comuni sono il gene di fusione TEL- AML1, che ha una prognosi favorevole, e i riarrangiamenti del gene MLL sulla banda cromosomica 11q23, molto comune nei lattanti e gravata da una prognosi particolarmente infausta. L’ALL si manifesta inizialmente con sintomi non specifici, come febbre modesta, anoressia, affaticamento e irritabilità. Con la progressiva sostituzione del midollo osseo normale da parte delle cellule neoplastiche, si rendono evidenti le caratteristiche cliniche di un’insufficienza midollare, come pallore, ecchimosi, epistassi, petecchie e infezioni ricorrenti. Si possono osservare un dolore osseo intenso e persino dolenzia. L’infiltrazione degli organi porta a linfoadenopatia, splenomegalia ed epatomegalia. L’infiltrazione di testicoli e ovaie è rara e si verifica in meno del 5% dei casi. L’interessamento del sistema nervoso centrale può provocare un aumento della pressione endocranica e paralisi dei nervi cranici. L’interessamento oculare è una rara modalità di presentazione dell’ALL e, di solito, interessa il segmento posteriore dell’occhio. L’infiltrazione del nervo ottico e le emorragie retiniche sono le manifestazioni più comuni. Un coinvolgimento del segmento anteriore con infiltrazione dell’iride è relativamente raro e si manifesta con fotofobia, decolorazione e distorsione dell’iride e, occasionalmente, ipopion. Trattamento La terapia iniziale di un’ALL è definita “induzione della remissione” e ha lo scopo di eradicare le cellule leucemiche dal midollo osseo. Il trattamento induce la remissione, definita come meno del 5% di blasti a livello midollare, in oltre il 98% dei pazienti. La chemioterapia intratecale viene somministrata per trattare e prevenire l’interessamento del sistema nervoso centrale. L’intensità della successiva terapia si basa sui fattori di rischio. Infine, la terapia di mantenimento viene prescritta per 2-3 anni. Il tasso di soprav- indizio di sospetto vivenza a 5 anni per i bambini con ALL è attualmente compreso fra l’80% e il 90%. L’interessamento oculare nell’ALL ha una prognosi particolarmente sfavorevole. L’occhio è un santuario farmacologico per i chemioterapici e può ospitare cellule leucemiche anche dopo che sia stata raggiunta la “guarigione” a livello sistemico. Il trattamento della patologia oculare prevede pertanto la radioterapia dell’orbita a forti dosi. Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che, nonostante interventi eroici, la prognosi dopo un interessamento oculare è grave. Nonostante la chemioterapia, il nostro bimbo morì 2 mesi più tardi. Insegnamenti per il medico • Un bambino con un occhio arrossato deve essere valutato accuratamente per confermare la diagnosi di congiuntivite e non essere solo trattato empiricamente con colliri. • Un’iniezione rosa pericorneale e la fotofobia sono segni di un processo intraoculare e impongono una valutazione specialistica. • Un’infiammazione intraoculare grave con un ipopion è di solito funesta e deve portare a una valutazione sistemica; inoltre, in presenza di ipopion, si deve procedere a un aspirato per determinarne l’eziologia. • L’infiltrazione leucemica dell’occhio è un cattivo fattore prognostico e indica un alto rischio di insuccesso del trattamento, nonostante interventi eroici. (Sanjeev Tuli, MD, Sonal Tuli, MD, Nausheen Khuddus, MD, University of Florida, Gainesville, FL) Caso 3 Discussione Una TC del torace mostrò un polmone destro bilobato, ipoplastico e connesso con il polmone sinistro posteriormente al cuore, a formare Figura 2. Immagine TC del torace che mostra un’ipoplasia del polmone destro, che è connesso posteriormente al cuore con il polmone sinistro, formando un polmone a ferro di cavallo. così un polmone a ferro di cavallo (Fig 2). Il polmone sinistro appariva normale. La distribuzione dei rami dell’arteria polmonare appariva normale, senza contributi arteriosi sistemici. A sinistra erano presenti vene polmonari normali, mentre a destra era presente un ritorno venoso polmonare anomalo in vena cava inferiore (inferior vena cava = IVC), a livello sovraepatico (Fig 3). Questa costellazione di segni era indicativa di una sindrome della scimitarra. Il quadro radiologico (opacità che nasconde il margine cardiaco destro e oblitera il seno costofrenico destro, spostamento della linea mediana a destra, sollevamento dell’emidiaframma destro) è probabilmente secondario all’ipoplasia polmonare destra. L’immagine radiopaca verticale nell’emitorace destro potrebbe essere la vena anomala nel suo decorso verso il diaframma destro (Fig 1). Alla sindrome della scimitarra si associano spesso malformazioni cardiache. Un ecocardiogramma evidenziò un difetto interatriale ostium secundum di moderate dimensioni, una modesta dilatazione del ventricolo destro e l’anomalo ritorno venoso polmonare destro già osservato alla TC. In considerazione dell’età della paziente e poiché era asintomatica e non presentava segni di scompenso, si preferì un approccio osservativo, con controlli regolari. Comunque, fu in seguito eseguito un cateterismo cardiaco per valutare il rapporto tra flusso polmonare e sistemico (Qp/Qs) e si procedette alla correzione chirurgica. La patologia La sindrome della scimitarra, una vaPediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 165 indizio di sospetto Figura 3. Immagine TC del torace che mostra un ritorno venoso anomalo polmonare sistemico a destra nell’IVC a livello sovraepatico. riante di ritorno venoso anomalo polmonare parziale, è una rara malformazione congenita, che interessa più frequentemente le femmine rispetto ai maschi (1,4-2:1). La caratteristica classica della malformazione è un drenaggio venoso polmonare anomalo di una parte o dell’intero polmone destro a livello della giunzione IVC-atrio, direttamente in IVC o in atrio destro. Il drenaggio anomalo avviene mediante una singola vena ricurva, definita “vena a scimitarra” per la sua forma a mezzaluna nelle radiografie in proiezione anteriore, che ricorda la scimitarra turca, come si può vedere nella radiografia della nostra paziente. La maggior parte dei casi di sindrome della scimitarra si associa a un’ipoplasia parziale o totale del polmone destro, che spesso presenta ano- 166 Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 malie di lobazione, come un singolo lobo o due, o più raramente una configurazione a ferro di cavallo, come nella nostra paziente. Altre condizioni comunemente associate sono un apporto arterioso polmonare anomalo al polmone destro, un’ipoplasia dell’arteria polmonare destra, la destroposizione del cuore (che va spesso a nascondere la vena a scimitarra nella radiografia), sequestri polmonari e malformazioni cardiache, in particolare difetti interatriali tipo ostium secundum, ma anche difetti interventricolari, stenosi delle vene polmonari, coartazione aortica e pervietà del dotto arterioso. È stata descritta anche una sindrome della scimitarra dal lato sinistro, in cui parte o tutte le vene polmonari di sinistra si connettono con l’IVC a destra. Le manifestazioni cliniche della sin- drome della scimitarra variano in base all’età di presentazione. I lattanti spesso presentano segni più marcati, legati allo scompenso cardiaco e ad altre condizioni polmonari o cardiache. I segni comprendono tachipnea, difficoltà ad alimentarsi, scarso accrescimento, cianosi e letargia. La metà dei pazienti in cui la diagnosi viene posta dopo il primo anno di vita rimane asintomatica e la diagnosi viene posta quando si osservano occasionalmente i segni tipici alla radiografia del torace. Un’ipertensione polmonare può essere presente all’esordio, per l’importante shunt sinistro-destro causato dal drenaggio venoso polmonare sistemico e dalle malformazioni cardiache associate. Altri fattori che contribuiscono allo sviluppo di un’ipertensione polmonare possono essere la presenza di un flusso arterioso polmonare di origine sistemica al polmone destro e una stenosi della vena a scimitarra, che si osserva fino nel 20% dei casi. Il cateterismo cardiaco è ancora considerato da molti lo standard di riferimento per la diagnosi. Il cateterismo permette di valutare il rapporto Qp/Qs e, contemporaneamente, di embolizzare un’arteria sistemica anomala nei lattanti sintomatici. Inizialmente si può tuttavia fare ricorso alla TC del torace o alla angio-RM perché queste metodiche forniscono ottime immagini dell’anatomia cardiovascolare e polmonare, non sono invasive e di solito sono facilmente disponibili. L’ecocardiografia è utile per valutare la funzione cardiaca, le malformazioni cardiache associate e l’ipertensione polmonare, oltre a confermare la presenza di un ritorno venoso polmonare anomalo parziale. Trattamento In linea generale, i pazienti in scompenso cardiaco congestizio, con un’ipertensione polmonare, un Qp/Qs superiore a 1,5 e un’insufficiente risposta al trattamento medico sono candidati alla chirurgia. Tuttavia, un indizio di sospetto trattamento medico dello scompenso deve essere tentato inizialmente nei lattanti senza ipertensione polmonare, allo scopo di ridurre i rischi associati a una chirurgia precoce e consentire al bambino di crescere. L’intervento chirurgico ha lo scopo di ridirezionare il flusso della vena polmonare anomala verso l’atrio sinistro, correggere le malformazioni cardiache associate e legare ogni vaso arterioso sistemico che rifornisca il polmone destro. In alternativa, specialmente nel caso di un sequestro polmonare associato e di polmoniti ricorrenti, si può pensare a una lobectomia o a una pneumonectomia. I pazienti asintomatici con uno shunt sinistro-destro modesto (Qp/Qs ≤1,5) non richiedono la correzione chirurgica e possono essere seguiti conservativamente. Insegnamenti per il medico • La sindrome della scimitarra è una rara forma di ritorno venoso anomalo polmonare parziale, associata nella maggior parte dei casi a ipoplasia polmonare destra di entità variabile, anomalie di lobazione e malformazioni cardiache, in particolare difetti interatriali di tipo ostium secundum. • La sindrome della scimitarra va presa in considerazione in pazienti con segni di scompenso cardiaco o ipertensione polmonare, come anche nei pazienti con polmoniti ricorrenti a destra. • I pazienti asintomatici con shunt sinistro-destro modesto possono essere seguiti conservativamente. I pazienti sintomatici e quelli con shunt sinistro-destro importante devono essere trattati chirurgicamente. (Dirk E. Bock, MD, April Price, BSc, MD, Dhenuka K. Radhakrishnan, BSc, MD, Department of Pediatrics, Children’s Hospital, London Health Sciences Centre, University of Western Ontario, London, Ontario, Canada; Dimas Mateos-Corral, MD, Department of Pediatrics, IWK Health Centre, Dalhousie University, Halifax, Nova Scotia, Canada) Per accedere all’elenco delle Letture consigliate per questi casi, visitate il sito http://pedsinreview.aappublications.org e cliccate su “Index of Suspicion”. Traduzione a cura di L. Rosti Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 167 PediatricsinReview p a g i ne e l e t t r o n i che M a r z o 2 0 1 2 Pediatrics in Review pagine elettroniche è l’estensione Internet della rivista Pediatrics in Review, che fornisce ulteriori articoli originali in campo pediatrico tramite il Web. Articoli riveduti da esperti, attinenti a importanti progressi in campo medico, verranno pubblicati su Pediatrics in Review pagine elettroniche. Questi articoli sono inseriti nell’indice di Index Medicus, MEDLINE e PubMed, tra altri servizi. I riassunti degli articoli di Pediatrics in Review pagine elettroniche saranno pubblicati tradotti in lingua italiana in questa sezione, che si distingue per il particolare colore giallo delle pagine. Gli articoli originali nella versione integrale saranno disponibili solo online così come il testo integrale originale dell’edizione a stampa di Pediatrics in Review. Gli abbonati all’edizione italiana di Pediatrics in Review possono accedere al sommario completo della rivista utilizzando il proprio Codice Abbonato Personale (AAP ID number) che può essere richiesto per e-mail all’indirizzo [email protected]. Il Codice Abbonato Personale può essere utilizzato per accedere inizialmente alle aree controllate del sito; verrà quindi richiesto di inserire il proprio username (AAP ID number) e di creare la propria password personale. L’indirizzo del sito è http://pedsinreview.aappublications.org. S o m m a r i o e18 e r i a s s u n t i Diagnosi visiva: Un neonato maschio con un ciuffo di capelli bianchi e macule ipopigmentate e18. RIASSUNTO. Diagnosi visiva: Un neonato maschio con un ciuffo di capelli bianchi e macule ipopigmentate. Joshua Wong. Questo articolo presenta un neonato maschio afroamericano che è stato partorito a 39 settimane di gestazione dopo una gravidanza normale. Alla nascita il neonato presenta un prominente ciuffo di capelli bianchi sull’attaccatura sulla fronte (figura sotto) e aree ampie e piatte di ipopigmentazione sul torso e sugli arti. Tutti gli altri reperti J. Wong obiettivi sono nella norma. Al secondo giorno di vita, il neonato non risponde con successo allo screening dell’udito mediante risposta uditiva del tronco encefalico dell’orecchio sinistro, suggerendo una diagnosi. Pediatrics in Review Edizione Originale. 2012;33:e18-e21. URL: pedsinreview. aappublications.org/cgi/content/full/33/3/e18. Traduzione a cura della Redazione Scientifica Pediatrics in Review Vol.22 No.3 Marzo 2012 169