Encefalite letargica e "influenza spagnola"

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Dialogo sui farmaci • n. 2/2009
Encefalite letargica ed influenza “spagnola”
un dibattito epidemiologico e clinico ancora aperto
L’encefalie letargica di Von Economo è stato un grave problema sanitario nella prima metà del
secolo scorso. Da più parti collegata alla pandemia influenzale del 1918 resta un’entità clinica dai
contorni indefiniti ma, proprio per questo, può insegnarci qualcosa.
g ferrari1
Premessa
delirio e successiva sonnolenza, senza alcun rapporto con lo stato febbrile. La forma morbosa colpiva i bamNel 1935 il commissario prefettizio Bruno Bresciani istituì
bini ed i giovani adulti, portava a morte rapidamente oppua Verona, presso la Casa di Ricovero, un Reparto encefare persisteva per mesi, con periodi nei quali la sonnolenza
litici. Fu nominato Dirigente sanitario il dott. Ciro Zerman
si alternava ad un coma profondo. Era visibile fin dall’inicol compito di usare la così detta “cura bulgara” nel trattazio una compromissione della motilità oculare, con paralisi
mento dei gravi ed invalidanti esiti neurologici dell’influenza
e ptosi palpebrale. Gli aspetti infiammato“spagnola”1. Patrocinato personalmente dalri, a carico prevalentemente del mesencela Regina Elena, questo metodo di cura, conDopo 100 anni dalla
falo, portarono Von Economo ad affermasiderato l’unico ausilio terapeutico del
sua comparsa,
re che si trattava di una malattia sui geneParkinsonismo postencefalitico, fu consil’eziologia
ris, provocata da un virus con specifica afgliato a tutti i reparti neurologici della penifinità per il sistema nervoso centrale, vista
dell’encefalite
sola perché fosse attuato, con metodo il più
possibile scientifico, sotto il più rigoroso conletargica resta tuttora la pochezza dei sintomi influenzali e la gravità di quelli neurologici.
trollo. Tale cura era infatti praticata in Italia
enigmatica
Un terzo dei pazienti moriva nel corda quasi 10 anni, seguendo le indicazioni di
so della fase acuta, un altro terzo guaun erborista bulgaro, Ivan Raeff, che la usava
riva
senza
esiti,
mentre il rimanente terzo presentava
empiricamente nella medicina popolare, sotto forma di degravi
sequele
neurologiche
e psichiatriche, tra le quacotto vinoso di radici di Atropa belladonna. La cura era usali
la
più
frequente
era
una
sindrome del tipo parkinta anche in Germania, dove però un certo Rohmer, a Hirsau,
soniano. Questa sindrome si instaurava dopo un periodo di
utilizzava solfato di atropina allo 0,5% raggiungendo alte dolatenza di vari anni, spesso nella seconda-terza decade della
si (fino a 24 mg/die) con evidenti rischi per i malati.
vita5,6. L’encefalite letargica descritta da Von Economo infuZerman a Verona riporta i buoni risultati ottenuti in 13 pariava per il Nord-Italia già negli anni ’90 del XIX secolo, nel
zienti, 8 donne e 5 uomini di età fra i 26 e i 66 anni. Presso
corso di un’altra grave epidemia influenzale precedente alil Policlinico di Roma, Panegrossi a sua volta riferisce che,
la “spagnola”, ed era nota con il termine dialettale di nona.
su circa 200 malati trattati aveva ottenuto, in particolare nei
Si
diffuse negli anni successivi in tutto il pianeta e poi scomcasi di media gravità, una riduzione netta della rigidità muparve
a partire dal 1926 altrettanto misteriosamente di coscolare, dei tremori e delle distonie segmentarie, quali le crime era apparsa.
si oculogire. I malati vedevano ridotta la scialorrea e riuscivano dopo anni a parlare e a masticare, recuperando anche
la mimica facciale. Il miglioramento si manifestava in breve
tempo e durava a lungo anche se gli effetti positivi tendevano parzialmente a ridursi2,3.
L’encefalite letargica
Circa i due terzi dei casi di parkinsonismo del decennio
1920-1930 sono da imputare all’epidemia di Encefalite Letargica (EL) osservata a Vienna nel corso dell’inverno e
descritta nel 1917 da Costantin von Economo4. Il quadro clinico si caratterizzava per la comparsa acuta di cefalea,
1. Neurologo, Verona.
La “spagnola”
Negli anni 1918-19 la cosiddetta pandemia “spagnola” uccise da 20 a 40 milioni di persone nel mondo. In
Francia persero la vita circa 125-250 mila civili e 30 mila soldati. Il virus sembra sia arrivato dall’America con le truppe
che stanziarono nei porti occidentali della Francia o forse
con le truppe indocinesi o gli operai cinesi che andarono a
lavorare nelle fattorie francesi. La malattia presentò tre picchi dall’aprile 1918 al febbraio 1919. Il secondo picco fu il
più grave e si manifestò nei mesi da settembre a novembre.
La morte era dovuta a complicazioni respiratorie che
uccidevano in pochi giorni7. In Europa l’inizio della pandemia sembra sia da collocare nei campi militari di Etaples
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in Francia e Aldershot in Gran Bretagna nel periodo 191617 dove provocò una mortalità molto alta nei soggetti di 2535 anni, mentre le persone più anziane s i dimostravano più
resistenti. La malattia quindi non iniziò in Spagna nel 1918
ma nell’inverno 1916-17 altrove in Europa8. In Italia si stima siano morte di “spagnola” 600 mila persone, mentre in guerra ne sono morte 650 mila9. Determinarono la
diffusione della pandemia l’ambiente delle retrovie, il ritorno a casa delle truppe alla fine della guerra e l’uso dei piccioni viaggiatori nella pratica assai frequente della trasmissione di notizie.
Un’eziologia incerta
I rapporti tra encefalite letargica ed epidemia influenzale si accentuarono nel corso dell’epidemia influenzale detta “spagnola” tanto da portare a considerare
la prima come conseguenza della seconda. E questa osservazione ha prodotto un dibattito epidemiologico e clinico che continua tutt’oggi: se questa forma fosse causata, potenziata o solo coincidente con la pandemia.
Per molti studiosi non rimane alcun dubbio sull’origine virale dell’encefalite letargica, senza però ottenere prove certe
sull’identità del virus. L’ipotesi che fosse responsabile il virus dell’Herpes Zoster non ha trovato conferma unanime10.
Antigeni dell’influenzavirus A furono rilevati nei nuclei delle cellule neuro ganglionari di due parkinsoniani americani
deceduti dopo 50 anni dall’aver sofferto di encefalite letargica tra il 1918-2711.
Le statistiche di mortalità per il periodo 1918-26 a Seattle e
nelle isole Samoa, di cui solo la parte occidentale era stata colpita dall’influenza del 1918 dimostrano un evidente,
costante spostamento di un anno circa tra gli episodi critici di “spagnola” e l’apparizione di casi di encefalite letargica. Questo intervallo proverebbe la partecipazione del virus
influenzale A del 1918 alla genesi dell’encefalite letargica e
quindi delle sue complicazioni parkinsoniane12. Anche questa teoria non è stata accettata da tutti.
Usando pezzi fissati e congelati di vittime dell’influenza del
1918 si è ottenuta la sequenza genomica completa del virus
responsabile della pandemia e si è provato che contiene geni derivati da ceppi del virus dell’influenza tipo-aviaria ed
è l’antenato comune del virus H1N1 dell’influenza umana e
di quella classica del suino13. È stato dimostrato che il virus
dell’influenza “spagnola”, ricostruito in laboratorio, può passare direttamente dagli uccelli all’uomo14.
Niente impedisce di pensare che una malattia, probabilmente virale, che ha fatto la sua comparsa nel 1915 ed ha ucciso
o menomato tanti giovani, possa riapparire un giorno15 (ma
niente ci induce a pensare che questa ipotesi sia ineluttabile come sembrano suggerire i periodici allarmi che dietro ad
un catastrofismo di comodo nascondono la trasparente volontà di indurre all’acquisto di nuovi farmaci miracolosi).
Conclusioni
L’encefalite letargica di Von Economo è una forma clinica
che “non c’è più” e di cui non sappiamo ricostruire la genesi.
Non è certo l’unica scomparsa nella lunga storia che le malattie intrattengono con l’uomo. E’ una conferma ulteriore,
da non trascurare, sulla precarietà delle nostre limitate conoscenze ed un ammonimento a non essere mai troppo sicuri di quello che crediamo di sapere.
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