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Atti locutori – Atti illocutori – Atti perlocutori
In ogni proferimento linguistico per Austin è possibile
distinguere:
• Atto locutorio
• Atto illocutorio
• Atto perlocutorio
Atto locutorio
Corrisponde al fatto di dire qualcosa, al proferimento di
un’espressione ben formata sintatticamente e dotata di
significato (tutto ciò che è oggetto di studio da parte di
sintassi e semantica)
Atto illocutorio
Corrisponde all’azione che viene effettivamente compiuta
proferendo l’enunciato (affermazione, ordine, promessa,
avvertimento, conferimento di una onorificenza, ecc.)
• Attenzione: uno stesso enunciato può essere utilizzato
per compiere atti allocutori molto diversi fra loro.
• Esempio:
• “Il gatto è sul tappeto” (un invito, un avvertimento, una
minaccia, un’insinuazione, un ordine, ecc.)
Atto perlocutorio
Corrisponde agli effetti ottenuti con l’atto illocutorio
• Esempi:
• “Il gatto è sul tappeto”
(spaventare, indurre ad entrare, divertire)
• Le conseguenze perlocutorie dei nostri atti sono del
tutto non-convenzionali (non sono prevedibili)
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La classificazione degli atti illocutori
Sono state proposte diverse classificazioni degli atti
illocutori (o delle forze illocutorie di un enunciato). La
classificazione meglio riuscita è quella proposta da Searle
nel 1975 nell’articolo “Per una tassonomia degli atti
illocutori”
Tre dimensioni di valutazione
1. Scopo dell’atto (descrivere, promettere, ordinare,
pretendere, ecc.) [importante che sia distinto dagli
effetti perlocutori]
2. Vettore d’adattamento: esempio del detective al
supermercato
• Acquirente: dal mondo alle parole
• Investigatore: dalle parole al mondo
3. Stati psicologici espressi (credenza, intenzione,
desiderio)
Sulla base di queste tre dimensioni Searle distingue cinque
tipi di atti illocutori
Atti rappresentativi
• Scopo: impegnarsi alla verità di quanto è affermato
• Vettore di adattamento: dalle parole al mondo
• Stato psicologico: credenza
• Verbi: asserire, descrivere, concludere, giurare, suggerire,
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Atti direttivi
• Scopo: indurre l’ascoltatore a fare qualcosa
• Vettore d’adattamento: dal mondo alle parole
• Stato psicologico espresso: volontà, desiderio
• Verbi: ordinare, vietare, chiedere, implorare, supplicare,
invitare, sfidare, ecc.
Atti commissivi
• Scopo: impegnare il parlante a una linea d’azione
• Vettore d’adattamento: dal mondo alle parole
• Stato psicologico espresso: intenzione
• Verbi: promettere, rifiutare, acconsentire, scommettere
Atti espressivi
• Scopo: esprimere uno stato psicologico
• Vettore d’adattamento: nessuno
• Stato psicologico espresso: variabile
• Verbi: congratularsi, ringraziare, rallegrarsi, scusarsi,
rammaricarsi, ecc.
Atti dichiarativi
• Scopo: far corrispondere il contenuto di ciò che
espresso con il mondo (modificare il mondo con il
proferimento linguistico)
• Direzione d’adattamento: duplice
• Stato psicologico: irrilevante
• Verbi: battezzare, sposare, dichiarare guerra,
condannare, licenziare, ecc.
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Austin distingue:
• Atto locutorio: il fatto di proferire un enunciato che è
studiato da sintassi e semantica
• Atto illocutorio: azione che viene compiuta proferendo
l’enunciato
• Atto perlocutorio: le conseguenze che ha l’atto
illocutorio negli interlocutori
Searle
• Propone un modo per catalogare gli atti illocutori
• Ma gli atti linguistici possono essere catalogati in
modo convenzionale? Non sempre
Searle in Atti linguistici distingue:
• Atti linguistici diretti: quando la forma grammaticale e
il valore illocutorio coincidono (ad esempio: forma
dichiarativa e affermazione, forma imperativa e ordine,
forma interrogativa e domanda, ecc.)
• Atti linguistici indiretti: quando la forma grammaticale
e il valore illocutorio non coincidono
• Esempi:
• “Puoi passarmi il sale?”
• “Il caffè è sul fuoco”
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Problema
• Se per gli atti linguistici indiretti la forma
grammaticale non coincide con l’atto illocutorio
compiuto, come si fa a comprendere l’atto illocutorio?
• Nel compiere un atto illocutorio noi ci proponiamo
degli scopi; affinché questi scopi siano raggiunti, il
nostro interlocutore deve comprenderli. Affinché il
nostro interlocutore comprenda lo scopo che ci
prefiggiamo con i nostri proferimenti deve esserci un
modo per far sì che questo sia compreso.
Grice
• Paul Grice si propone appunto di dimostrare che
sebbene non sempre la forma grammaticale rispecchi
ciò che effettivamente vuole essere comunicato al
nostro interlocutore, ci sono delle regole razionali che
permettono alle persone di intendere ciò che è
comunicato al di là del contenuto letterale.
• Questo permette ai parlanti di aspettarsi di essere
compresi anche quando il contenuto inteso non riflette
la forma grammaticale dell’enunciato e permette agli
ascoltatori di comprendere tale contenuto.
• Si tratta di capire come il contenuto inteso dal parlante
venga trasmesso da parlante ad ascoltatore (anche
quando il contenuto non coincide col significato verocondizionale o con il significato letterale
dell’enunciato)
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Paul Grice (1913-1988)
• Filosofo inglese, formatosi alla scuola dei filosofi del
linguaggio ordinario di Oxford e egli stesso esponente
di questa corrente di pensiero.
• Nel 1967 venne invitato ad Harvard a tenere una serie
di conferenze (intitolate “Logica e conversazione”)
• Il testo che noi leggiamo corrisponde alla seconda delle
lezioni tenute da Grice
Esempi:
• “Hai una sigaretta?”
• (quando quello che si intende non è la richiesta di
un’informazione)
• “Fa proprio caldo”
• (quando quello che si intende non è la semplice
descrizione di un fatto)
Il significato di questi enunciati
• È diverso dal significato naturale (una certa forma
verbale è sintomo di un certo contenuto):
• Come è invece nel caso di
• “Le nuvole significano pioggia”
• “Queste macchie significano morbillo”
• È diverso dal significato non naturale (che si ha nel
caso della comunicazione non verbale)
• Come nel caso in cui:
• Lascio sul tavolo la foto di Francesca e Pietro che si
baciano
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Qual è la differenza?
• Il significato inteso non è strettamente legato alla
forma linguistica adottata
• Il significato inteso dipende da un’intenzione del
parlante e che il parlante vuole che l’ascoltatore
riconosca come sua
In sintesi …
• Il parlante vuole indurre l’ascoltatore A ad avere la
credenza p
• Il parlante vuole che l’ascoltatore riconosca
l’intenzione del parlante di produrre quella credenza p
nell’ascoltatore
• Affinché questo scambio sia possibile ci devono essere
delle regole che lo rendono possibile
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