Arthur Schopenhauer e Giuseppe Rensi

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Un omaggio ad Arthur Schopenhauer e a Giuseppe Rensi,
e ai loro concetti fondamentali!
Da sempre Schopenhauer incarna la figura del pensatore
solitario, misantropo e misogino.
Sono rimaste storiche le sue cattiverie (come "testa di passero"
o "infame scarabocchione di sciocchezze"..) nei confronti di
Hegel, "colpevole" di essere stato all'epoca, il filosofo ufficiale
della cultura tedesca, al culmine del successo.
Se è innegabile la rivalità tra i due filosofi, non è da mettere in
secondo piano, come accadde all'epoca, la filosofia di
Schopenhauer che ha dipinto alla perfezione il vivere umano:
"Siamo simili a degli agnelli che giocano sul prato mentre il
macellaio già sceglie con l'occhio ora l'uno ora l'altro:
noi infatti non sappiano nei nostri giorni migliori quale
sciagura stia preparando proprio allora il destino:
malattia, persecuzione, povertà, cecità, pazzia.
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è il dolore il senso della vita, la gioia è la momentanea
liberazione da un dolore."
"La vita umana è un oscillare perpetuo fra il dolore e la noia".
è attraverso la nolontà ( = dal latino noluntas, "non volere")
che si sfugge alla tirannia della volontà di vivere che ci porta
attraverso la legge del desiderio, a un malcontento e a
un'insoddisfazione continua...
Che cosa è la vita se non un'incessante desiderio?
(e pensiamo a quanto questo concetto sia vero soprattutto
oggi, nella nostra epoca di consumismo globale...)
La liberazione dell'uomo dal dolore passa quindi, per
Schopenhauer, attraverso la soppressione del desiderio in una
mortificazione continua della volontà, astenendosi da tutto ciò
che ci è piacevole, fino al raggiungere il distacco dalle passioni
(atarassia).
"Quest'orrore per la volontà di vivere e dunque per il divenire,
non è però disperazione pura, perchè il ritirarsi dal tutto, in
modo che davanti a noi non resta invero che il nulla, è
un'ascesi che non conduce al nulla assoluto (in termini
kantiani, al nihil negativum) ma al nihil privativum (il niente
come privazione) ossia a ciò che è nulla relativamente a
qualcosa.
Se un dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere dio; la
estrema miseria del mondo mi lacererebbe il cuore"
Arthur passò la vita tra ansie e fobie:
"Anche in assenza di uno stimolo particolare reco in me una
costante ansietà interiore che mi fa vedere e cercare pericoli
dove in realtà non ce ne sono.
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Esso amplifica all'infinito anche la minima avversità e rende
tanto più difficile per me il rapporto con gli esseri umani"
Ma questo rinforzò la sua tempra eroica, di superiorità nei
confronti degli altri esseri umani ("esseri bipedi" come li
chiama lui....):
"Mi sia consentito sperare che il sole mattutino della mia fama
indori con i suoi primi raggi la sera della mia vita togliendole la
cupezza."
"Ebbene, ora ce l'ho fatta, il crepuscolo della mia vita diventa
l'alba della mia fama."
Ma il "misticismo schopenhaueriano" non è un misticismo
cristiano, vale a dire un rinunciare alla materia (da sempre
legata al male, al Demonio...) in favore di un'unione intima con
Dio, ma un misticismo ateo, o legato al concetto del nirvana
buddhista.
Non a caso, Schopenhauer è stato uno dei primi filosofi ad
avvicinarsi alla filosofia contemplativa orientale.
Da ricordare che Schopenhauer affida all'arte (architettura,
pittura e, al vertice, la musica) il compito di elevare l'uomo
attraverso una purificazione catartica.
"Gli uomini con i quali vivo possono essere nulla per me.
Perciò il mio massimo godimento nella vita sono i monumenti,
i pensieri tramandati di esseri simili a me, che un tempo si
sono affannati, come me, tra quelli."
Ma come vede Schopenhauer la morte?
e quale "rimedio" insegna contro la paura angosciante di
morire?
"Il non essere dopo la nostra vita non si differenzia in nulla da
quello prima di essa, perciò affliggersi per il tempo in cui non
ci saremo più è tanto giusto quanto affliggersi per il tempo in
cui non c'eravamo ancora."
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In Italia le idee pessimistiche di Schopenhauer troveranno un
seguace in Giuseppe Rensi (non a caso, ostracizzato
dall'ambiente filosofico accademico dell'epoca, e anche
nell'ambiente accademico attuale come ho avuto modo di
scoprire.....) nel suo "La filosofia dell'Assurdo" (1937)
pubblicato nell'Adelphi:
"L'essere è un'unica cosa con l'assurdo e il dolore, solo nel non
essere senza maschera, nel nulla, questi possono aver fine."
Letture consigliate:
- "Il mondo come volontà e rappresentazione"
- "L'arte di conoscere se stessi"
***
Giuseppe Rensi: "La filosofia dell'Assurdo"
La prima edizione di questo libro risale al 1924 poi
ampliamente riveduto e integrato nel 1937.
"Questo libro è l'illustrazione d'una visuale; d'una visuale
scettica e pessimista: anti-idealista, anti-Croce, anti-Gentile...
Non ci trovo nessun gusto a spiacere ai miei simili, a urtarli,
indispettirli, malcontentarli; vorrei poter enunciare verità che
li facessero lieti e sereni."
La filosofia di Rensi non è una filosofia positiva; è una filosofia
pessimista, ma permeata di un pessimismo fiero e combattivo,
di un pessimismo che non nega la realtà.
Parole dure, concetti scomodi, come questa sua idea del
presente:
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"Tempo e male sono gemelli, sono due facce della medesima
medaglia: uno suppone e richiama necessariamente l'altro. Il
tempo non è che l'eterna (e quindi inutile) fuga dal male
eternamente presente. Il tempo (per usare, rimaneggiandolo
alquanto, d'un pensiero di Schopenhauer) scorre, fugge, c'è,
proprio unicamente per questa ragione, che non vi è nulla che
sia bene, cioè che meriti di permanere.
Ossia c'è un futuro, il presente va sempre via, ci precipitiamo
di continuo verso l'avvenire perchè ogni presente ci
malcontenta, perchè a nessun presente potremmo davvero ed
in tutto, dire "t'arresta!" perchè in ogni presente manca
qualche cosa che ci dovrebbe essere, in ogni presente quindi
siamo nel male, tutta la realtà è nel male."
O l'analisi del dolore:
"Il dolore e l'assurdo sono immanenti all'essere, ché la realtà è
dolore, che ogni volere è dolore - verità che dal punto di vista
morale ha l'importantissima conseguenza di servire, secondo
l'espressione di Schopenhauer, di quietivo della volontà - e che
poichè l'essere è un'unica cosa con l'assurdo e il dolore, solo
nel non-essere senza maschera, nel nulla, questi possono aver
fine."
Questa analisi neo-kantiana dell'essere:
"Che significa essere? Che significa che una cosa è? Non già
che essa sia percepita, ma che è percepibile, che si può vederla,
toccarla, percepirla, che essa dunque ha in sé i caratteri che la
rendono avvertibile (spazio-tempo-categorie) i quali sono i
caratteri stessi della sua esistenza."
E l'analisi della realtà :
"Una realtà che si mantiene solo annientandosi, che si afferma
solo togliendosi, che si pone solo negandosi."
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A mio parere, tutto il pensiero di Rensi, così anti-idealista, può
essere considerato un precursore dell'Esistenzialismo.
Un libro non facile, quindi, ma affascinante nella sua
complessità .
Riporto il commento di Renato Chiarenza: "Spirito tormentato
e tormentatore, poeta maledetto della filosofia, Rensi scopre al
di là dei freddi ragionamenti del dialettico consumato, quali
pure egli è, emozioni e passioni dell'uomo."
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E questo è un commento, non mio, a Schopenhauer.
Quando penso a Schopenhauer la prima cosa che mi viene in
mente è la reazione dell'uomo medio alla sua lettura "Che
pessimista", "Che uomo negativo", "Poveretto, era malato,
avrebbe avuto bisogno di uno psicologo"
Questo perchè? Perchè le persone non ragionando fanno
questa associazione: dolore, tristezza, sofferenza = pessimismo;
felicità, allegria, contentezza = ottimista; ed è davvero
grottesco! Un uomo non è pessimista se racconta qualcosa di
drammatico e di misero, lo è se quella cosa drammatica e
misera non esiste!! Se è una cosa è misera e qualcuno la
descrive cosi come effettivamente è, si tratta di REALISMO! Al
contrario se una persona parla di rose e fiori, di allegria, di
contentezza NON è OTTIMISTA automaticamente, dipende se
quella cosa da lui descritta ha fondamento oppure no! E la
realtà qual è?? Che le persone etichettate di pessimismo
(praticamente tutte) sono in realtà lucide e realiste, e le
persone ritenute OTTIMISTE, sono persone illuse che credono
alle favole (paradisi, oroscopi, dei).
Schopenhauer è uno dei pochi a descrivere perfettamente
quello che sta dietro la parola amore! L'amore non è nient'altro
che una maschera dell'istinto sessuale, non c'è alcuna
differenza tra la forza che spinge il toro a cercare di accoppiarsi
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con la mucca, e l' energia che spinge uomo alla conquista della
donna! Certo cambiano le modalità, cambia la forma, ma non
cambia la sostanza! E' tutto funzionale all'accoppiamento, ergo
è tutto funzionale alla continuazione della specie! L'uomo però
non accetta di fare mille sforzi, mille lotte, per lo stesso motivo
per cui un coniglio cerca di arrivare alla coniglietta, allora si è
inventato il cosiddetto AMORE! Lui si accoppia perchè "ama",
è l'apoteosi dell'illusione! Arthur l'aveva capito, il 99%
dell'umanità ancora no.
Schopenahuer ha capito anche la vera essenza della vita;
dolore, spesso per mancanza di qualcosa, raggiungimento
dell'obiettivo, e subentrare della quasi immediata noia! E di
nuovo dolore.. noia.. dolore... noia... in un circolo vizioso che
va dalla nascita fino alla morte! Come liberarsene in parte?
Cercando di eliminare il più possibile I DESIDERI...è un
insegnamento fondamentale... meno si desidera MEGLIO SI
STA... meno si pretende...MEGLIO SI STA... se una persona
non si aspetta nulla dalla vita d'altronde, come potrà
rimanerne deluso?? Se una persona non desidera essere felice?
Come può intristirsi??
Queste parole non sono solo TEORIA... io applico questi
principi, molto lucidi e molto razionali, alla vita di tutti i
giorni, e devo dire che nonostante la percezione del vuoto
esistenziale, io mi senta sereno, in equilibrio, tranquillo! La
vita è un dramma, ma non è colpa nostra, siamo stati
sfortunati, il caso e la necessità hanno voluto che noi fossimo
al mondo, ma un giorno o l'altro la condanna terminerà!
Occorre semplicemente aprire gli occhi, rendersi conto di
questo, e vivere di piccole cose, senza ossessionarsi, senza
aspirare al successo, alla carriera, al denaro... la vita è già
misera, e vogliamo aggiungerci persino stress per cose inutili?
moriamo domani, che ve ne fate del denaro? del successo?
della carriera? viviamo di piccole cose, senza ossessionarcene e
aspettiamo il passare del tempo! La vita ci riserverà cose
tragiche, malattie, deperimento, morte dei cari, cerchiamo di
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affrontare quello che la vita ahimè ci riserverà consapevoli che
prima o poi la morte ci libererà dalla condanna. Il suicidio non
è possibile, in quanto il dramma esistenziale non vince quasi
mai sull'istinto di sopravvivenza... difatti tutti vivono soltanto
perchè sono costretti, non perchè lo vogliano.
***
"Il mondo è la mia rappresentazione. è questa una verità che
vale nei confronti di ogni essere vivente e conoscente."
Un ultimo pensiero dell'amico Arthur.... ;)
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