Farmaci antidepressivi

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Farmaci antidepressivi
Aspetti Generali
La depressione è una condizione psichiatrica alquanto
frequente che viene spiegata con varie teorie neurochimiche,
a cui corrisponde una varietà di diversi tipi di farmaci che
vengono utilizzati per il suo trattamento. Questo è un
campo nel quale l’empirismo terapeutico ha fatto da guida,
relegando la comprensione dei meccanismi biologici in secondo piano. Parte del problema deriva anche dalla mancanza di modelli animali idonei a fornire indicazioni sulle
modificazioni di umore che sono alla base di questa condizione umana. In questo capitolo verrà discussa l’attuale
conoscenza della natura della malattia e verranno descritti i farmaci maggiormente usati nel suo trattamento.
Natura Della Depressione
La depressione è la condizione psichiatrica più frequente tra i
disordini affettivi (definiti come disordini dell’umore, piuttosto
che disturbi del pensiero o cognitivi), i quali comprendono
condizioni patologiche molto lievi, al limite con la normalità, fino
a depressioni severe (psicotiche) accompagnate da allucinazioni
e deliri. Nel mondo, la depressione è tra le cause più importanti
di disabilità e morte prematura. Oltre alla forte propensione al
suicidio, i soggetti depressi vanno incontro a morte per altre
cause, quali infarto del miocardio o cancro. La depressione è un
disturbo eterogeneo che si manifesta con uno o più sintomi primari ed è spesso associata ad altre condizioni psichiatriche, come
ansia, disordini alimentari e tossicodipendenza.
Tra i sintomi della depressione sono incluse componenti
emozionali e biologiche. I sintomi a carattere emozionale comprendono:
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abbassamento del tono dell’umore, pensieri negativi ricorrenti, sensazione di star male, apatia e pessimismo
bassa autostima: sensazione di colpevolezza, di inadeguatezza e di abiezione
incapacità di prendere decisioni, perdita di motivazione
anedonia, perdita di gratificazione.
I sintomi biologici comprendono:
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ritardo del pensiero e dell’azione
perdita della libido
disturbi del sonno e perdita dell’appetito.
Esistono due tipi diversi di sindrome depressiva: la depressione unipolare, nella quale i cambiamenti dell’umore sono
sempre nella stessa direzione, e i disordini affettivi bipolari,
© 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.
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nei quali la depressione si alterna alla mania. La mania è per
molti aspetti esattamente l’opposto ed è caratterizzata da un
eccesso di esuberanza, entusiasmo e fiducia in se stessi e da
azioni impulsive; questi segni sono spesso associati a irritabilità, impazienza e collera, e qualche volta a deliri di grandezza
“alla Napoleone”. Come nella depressione, l’umore e le azioni
non sono adeguati alle circostanze.
La depressione unipolare di norma (circa il 75% dei casi)
non è di tipo familiare, è chiaramente associata a eventi
stressanti e in genere è accompagnata da sintomi d’ansia e da
agitazione; questo tipo di depressione talvolta viene definito
depressione reattiva. Nei restanti casi (circa il 25%, talvolta
definiti depressione endogena) mostra un certo grado di familiarità, non sembra correlata a stress esterni evidenti ed è caratterizzata da una sintomatologia per qualche aspetto diversa. La
distinzione viene fatta a livello clinico, ma sembra che i farmaci antidepressivi non abbiano una selettività significativa
nell’ambito di queste condizioni.
La depressione bipolare, che di solito si manifesta nella
prima fase dell’età adulta, è meno comune ed è caratterizzata
da oscillazioni tra depressione e mania per un periodo di poche
settimane. Non è sempre facile distinguere tra depressione
bipolare lieve e depressione unipolare e può anche capitare che
gli episodi maniacali del disturbo bipolare vengano confusi con
episodi di psicosi (si veda il Capitolo 45). Inoltre, esiste una
forte componente ereditaria, ma non sono ancora stati identificati il gene o i geni responsabili, sia a seguito di studi di
linkage in famiglie affette da questa patologia sia attraverso il
confronto tra individui affetti o non affetti.
La depressione non può essere attribuita ad alterazioni dell’attività neuronale all’interno di una singola area cerebrale.
Studi di imaging cerebrale hanno suggerito che la corteccia
prefrontale, l’amigdala e l’ippocampo potrebbero essere tutti
coinvolti nelle diverse componenti di questi disturbi.
Teorie Della Depressione
Teoria Monoaminergica
La principale teoria biochimica della depressione è rappresentata dall’ipotesi monoaminergica proposta da Schildkraut nel
1965, in base alla quale gli stati depressivi sarebbero determinati da un deficit funzionale dei trasmettitori monoaminergici,
noradrenalina e 5-idrossitriptamina (5-HT), in alcune aree
cerebrali, mentre la mania dipenderebbe da un’eccessiva funzionalità di questi sistemi. Per rassegne bibliografiche relative
all’evoluzione di questa teoria si vedano Maes e Meltzer (1995)
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e Manji et al. (2001).
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Tabella 46.1 Evidenze farmacologiche a sostegno della teoria monoaminergica della depressione
Farmaco(i)
Azione principale
Effetto nei pazienti depressi
Antidepressivi triciclici
Blocco della ricaptazione di noradrenalina
e di 5-HT
Umore ↑
Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) Aumento dell’accumulo di noradrenalina e di 5-HT
Umore ↑
Reserpina
Inibizione dell’accumulo di noradrenalina e di 5-HT Umore ↓
a-metiltirosina
Inibizione della sintesi di noradrenalina
Umore ↓ (calma i pazienti maniacali)
Metildopa
Inibizione della sintesi di noradrenalina
Umore ↓
Terapia elettroconvulsivante
? Aumento delle risposte del sistema nervoso
centrale a noradrenalina e 5-HT
Umore ↑
Triptofano (5-idrossitriptofano)
Aumento della sintesi di 5-HT
Umore? ↑ in alcuni studi
Deplezione del triptofano
Diminuzione della sintesi di 5-HT cerebrale
Induce recidiva in pazienti trattati con SSRI
5-HT = 5-idrossitriptamina; SSRI = inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina.
L’ipotesi monoaminergica ebbe origine dall’associazione tra
gli effetti clinici di vari farmaci che causano o alleviano i sintomi della depressione e i loro effetti neurochimici sulla trasmissione monoaminergica nel cervello. Queste evidenze
farmacologiche, che sono riassunte nella Tabella 46.1, avvalorano l’ipotesi monoaminergica, nonostante l’esistenza di diverse
discrepanze. I tentativi di ottenere evidenze più dirette, studiando il metabolismo delle monoamine in pazienti depressi o misurando le variazioni nel numero dei recettori monoaminergici nei
tessuti cerebrali post mortem, hanno fornito risultati discordanti
ed equivoci e la loro interpretazione è risultata spesso problematica, poiché i cambiamenti descritti non sono risultati specifici
per la depressione. Anche gli studi condotti mediante test funzionali sull’attività, nei pazienti depressi, di vie monoaminergiche
note (per esempio, quelle che controllano il rilascio degli ormoni da parte dell’ipofisi) hanno fornito risultati equivoci.
Le evidenze farmacologiche non sono in grado di fornire
una chiara distinzione tra le teorie noradrenergica e serotoninergica della depressione. Da un punto di vista clinico, sembra
che gli inibitori della ricaptazione della noradrenalina e della
5-HT siano ugualmente efficaci nella depressione (si veda oltre), anche se i singoli pazienti potrebbero rispondere meglio
a un inibitore piuttosto che all’altro.
Un’altra evidenza a sostegno della teoria monoaminergica è
che i bloccanti della sintesi della noradrenalina o della 5-HT
inibiscono in maniera consistente gli effetti terapeutici dei
farmaci antidepressivi che agiscono selettivamente su questi
due sistemi neurotrasmettitoriali (si veda la Tabella 46.1).
Qualsiasi teoria sulla depressione deve tenere conto del
fatto che gli effetti neurochimici diretti dei farmaci antidepressivi e i loro effetti avversi (per esempio, quelli anticolinergici) si instaurano molto rapidamente (da pochi minuti ad
alcune ore), mentre i loro effetti antidepressivi si manifestano
dopo settimane. Una situazione simile si verifica anche nel caso
dei farmaci antipsicotici (si veda il Capitolo 45) e di alcuni
farmaci ansiolitici (si veda il Capitolo 43), suggerendo che il
miglioramento clinico possa essere il risultato di cambiamenti
adattativi secondari piuttosto che un effetto primario del farmaco. Invece di pensare alla mancanza di monoamine come la
570
causa di cambiamenti diretti nell’attività di possibili neuroni
“felici” o “tristi” nel cervello, dovremmo pensare alle monoamine come regolatori di effetti trofici a lungo termine, i quali
si sviluppano con una tempistica che va di pari passo con i
cambiamenti del tono dell’umore.
La nostra comprensione delle cause della depressione e dei
meccanismi con cui i farmaci possono alleviarla potrebbe
migliorare con il progresso delle tecniche di neuroimaging per
studiare, in vivo, la funzione dei sistemi neurotrasmettitoriali
nel cervello umano, come descritto nel Capitolo 36.
Meccanismi neuroendocrini
Sono stati effettuati vari tentativi per verificare se nella depressione esiste un deficit funzionale delle vie monoaminergiche. I neuroni ipotalamici che controllano la funzione
ipofisaria ricevono un’innervazione noradrenergica e una serotoninergica, le quali ne controllano l’attività elettrica. Il rilascio ipotalamico dell’ormone di rilascio della corticotropina
(CRH) stimola le cellule ipofisarie a secernere l’ormone
adrenocorticotropo (ACTH), che determina la secrezione di
cortisolo. La concentrazione del cortisolo plasmatico di solito
è alta nei pazienti depressi e, quando viene somministrato uno
steroide sintetico come il desametasone, non si osserva la
normale riduzione del suo livello. Ciò è alla base di un classico test clinico, il test di soppressione da desametasone (utilizzato anche nella diagnosi della sindrome di Cushing; si veda il
Capitolo 32). Anche altri ormoni nel plasma sono influenzati;
per esempio, la concentrazione dell’ormone della crescita
viene ridotta, mentre la prolattina aumenta. Queste alterazioni
sono in accordo con un deficit della trasmissione monoaminergica, ma non sono specifiche delle sindromi depressive.
CRH si distribuisce diffusamente nel cervello e ha effetti
comportamentali diversi da quelli legati alle sue funzioni endocrine. CRH, iniettato nel cervello di animali da esperimento,
scatena alcuni effetti simili a quelli della depressione nell’uomo,
quali riduzione di attività, perdita di appetito e aumento dei
segni d’ansia. Inoltre, nel cervello e nel liquido cerebrospinale
di pazienti depressi sono state riscontrate concentrazioni aumentate di CRH. Quindi, l’iperfunzionalità di CRH così come
l’ipofunzionalità monoaminergica potrebbero essere associate
Farmaci antidepressivi
alla depressione (si veda Holsboer, 1999). L’aumento dei livelli di CRH è associato a stress e, in molti casi, la depressione è
preceduta da periodi di stress cronico.
Teoria monoaminergica della depressione
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Effetti trofici e neuroplasticità
È stata avanzata l’ipotesi che la riduzione dei livelli di fattore
neurotrofico derivato dal cervello (o Neurotrofina II, BDNF) o il
malfunzionamento del suo recettore, TrkB, possano avere un
ruolo importante nell’eziopatogenesi di questa condizione. Il
comportamento depressivo è spesso associato a una riduzione
dell’espressione di BDNF e il trattamento con farmaci antidepressivi aumenta i livelli di BDNF.
Potrebbero essere associate alla depressione anche alterazioni
della neurotrasmissione glutammatergica. Nei soggetti affetti da
depressione, infatti, sono state osservate elevate concentrazioni
di glutammato a livello corticale. La terapia con farmaci antidepressivi potrebbe ridurre il rilascio di glutammato e deprimere
la funzione dei recettori NMDA. Gli effetti dei farmaci antidepressivi sul potenziamento a lungo termine (LTP; si veda il
Capitolo 37) a livello delle sinapsi glutammatergiche dell’ippocampo sono complessi; infatti, sono state osservate sia depressione sia facilitazione ed entrambe potrebbero manifestarsi in
acuto dopo somministrazione di farmaci antidepressivi, mettendone così in discussione l’importanza per la risposta terapeutica.
Secondo un altro punto di vista, forse piuttosto azzardato (si
vedano Charney e Manji, 2004; Duman, 2004; Racagni e Popoli, 2008) si sostiene che la depressione maggiore potrebbe
essere associata alla perdita di neuroni nell’ippocampo e nella
corteccia prefrontale, e che le varie terapie antidepressive agiscano inibendo o revertendo di fatto questa perdita neuronale
attraverso la stimolazione della neurogenesi.1 Questa sorprendente ipotesi è sostenuta da alcune evidenze che richiedono, però, fondamenta scientifiche ben più solide:
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Studi di imaging cerebrale e valutazioni post mortem mostrano ipertrofia ventricolare e atrofia dell’ippocampo e
della corteccia prefrontale nei pazienti depressi, con perdita
di neuroni e cellule gliali. Studi di imaging funzionale indicano un’attività neuronale ridotta in queste regioni.
Negli animali, lo stress cronico di vario tipo o la somministrazione di glucocorticoidi provoca lo stesso effetto, mimando
l’aumento della secrezione di cortisolo della depressione umana.
Nell’uomo l’eccessiva secrezione di glucocorticoidi (sindrome
di Cushing; si veda il Capitolo 32) causa spesso depressione.
Negli animali da esperimento, i farmaci antidepressivi o altri
trattamenti, come per esempio la terapia elettroconvulsivante (si
veda il paragrafo “Terapie di stimolazione cerebrale”), promuovono la neurogenesi in queste regioni e (come nell’uomo) ripristinano l’attività funzionale. Prevenire la neurogenesi ippocampale evita anche che si verifichino gli effetti comportamentali
degli antidepressivi nei ratti (si veda Santarelli et al., 2003).
La 5-HT e la noradrenalina, le cui attività vengono incrementate da molti antidepressivi, promuovono la neurogenesi probabilmente attraverso, rispettivamente, l’attivazione
dei recettori 5-HT1A e dei recettori a2-adrenergici. Questo
effetto potrebbe essere mediato da BDNF.
La neurogenesi (si veda il Capitolo 39) – formazione di nuovi neuroni da parte
di cellule staminali – è stata osservata in misura significativa nell’ippocampo
di animali adulti, ma probabilmente si verifica anche in altre parti del cervello,
contraddicendo il vecchio dogma secondo cui questo evento si verifica solo
durante la fase dello sviluppo cerebrale.
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La teoria monoaminergica, proposta nel 1965, suggerì
che la depressione fosse il risultato di una trasmissione
monoaminergica (noradrenalina e/o 5-HT) funzionalmente
deficitaria a livello del sistema nervoso centrale.
La teoria si basava sulla capacità dei noti farmaci
antidepressivi (antidepressivi triciclici e inibitori
delle monoamino ossidasi) di facilitare la trasmissione
monoaminergica, e sulla capacità di farmaci
come la reserpina di causare depressione.
Gli studi biochimici condotti su pazienti depressi
non sostengono in maniera decisa l’ipotesi monoaminergica
nella sua versione più semplicistica.
Una risposta esageratamente debole del cortisolo
plasmatico agli steroidi esogeni (test di soppressione
da desametasone) è tipica nella depressione
e può essere conseguenza di un’insufficiente trasmissione
monoaminergica a livello ipotalamico.
Recenti evidenze suggeriscono che la depressione potrebbe
essere associata alla neurodegenerazione e a una ridotta
neurogenesi nell’ippocampo.
Sebbene l’ipotesi monoaminergica nella sua forma
originaria non sia sufficiente a spiegare la depressione,
la manipolazione farmacologica della trasmissione
monoaminergica resta l’approccio terapeutico più efficace.
Gli approcci attuali si focalizzano su altri mediatori
(per esempio, l’ormone di rilascio della corticotropina),
sulle vie di trasduzione del segnale, sui fattori di crescita ecc.,
ma le varie teorie sono piuttosto imprecise.
L’attività fisica si è dimostrata utile nel promuovere la neurogenesi negli animali ed efficace in alcuni pazienti con depressione di grado lieve o moderato.
La Figura 46.1 riassume i possibili meccanismi coinvolti. Dovrebbe essere sottolineato che queste ipotesi non sono ancora
provate, ma il diagramma evidenzia come ormai si è andati
oltre la formulazione dell’ipotesi monoaminergica, suggerendo
nuovi possibili bersagli per la prossima generazione di farmaci antidepressivi.2
Farmaci Antidepressivi
Classi Di Farmaci Antidepressivi
I farmaci antidepressivi sono classificati come segue.
Inibitori della ricaptazione delle monoamine
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Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)
(per esempio, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina, citalopram, escitalopram).
I cinici potrebbero pensare che questi meccanismi, in cui il glutammato, i fattori
neurotrofici, le monoamine e gli steroidi interagiscono tra di loro nel controllo
della morte neuronale, della sopravvivenza e della plasticità, siano invocati solo per
poter rendere conto di quasi tutti i disordini neurologici e psichiatrici che si possano
immaginare, dallo stroke alla malattia di Parkinson, fino alla schizofrenia. “Stiamo
dimenticando qualcosa” – si potrebbe pensare – “o queste malattie hanno tutte la
stessa base? Se fosse così, perché i loro effetti sono così diversi? È solo una corrente
scientifica di pensiero, o questa convergenza meccanicistica tende a indicare alcuni
principi fondamentali dell’organizzazione neuronale?”. Naturalmente noi non
571
abbiamo le risposte, ma è un aspetto su cui vale la pena indagare.
2
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Figura 46.1 Diagramma semplificato che mostra alcuni meccanismi coinvolti nella fisiopatologia della depressione. La principale
via prodepressiva che coinvolge l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene viene attivata dallo stress e, a sua volta, amplifica l’azione eccitotossica
del glutammato, mediata dai recettori NMDA (si veda il Capitolo 37); inoltre, attiva l’espressione dei geni che promuovono l’apoptosi
neuronale a livello dell’ippocampo e della corteccia prefrontale. Le vie antidepressive coinvolgono monoamine, noradrenalina (NA)
e 5-idrossitriptamina (5-HT), la cui azione è mediata da recettori accoppiati a proteine G, e BDNF, la cui azione è mediata da recettori
accoppiati a proteine chinasi (TrkB); queste vie attivano geni che proteggono i neuroni dall’apoptosi e, inoltre, promuovono la neurogenesi.
Per maggiori dettagli si veda Charney e Manji (2004).
ACTH = ormone adrenocorticotropo; CRF = fattore di rilascio della corticotropina.
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Antidepressivi triciclici (TCA) classici (per esempio, imipramina, desipramina, amitriptilina, nortriptilina, clomipramina), che variano nella loro capacità di inibire la ricaptazione della noradrenalina e della serotonina.
Inibitori misti della ricaptazione della serotonina e della
noradrenalina più recenti (per esempio, venlafaxina [abbastanza selettiva per la 5-HT, anche se meno degli SSRI],
desvenlafaxina, duloxetina, milnacipran).
Inibitori della ricaptazione della noradrenalina (per esempio,
bupropione, reboxetina, atomoxetina).
Le preparazioni a base di erba di San Giovanni (iperico), il
cui principale componente attivo è l’iperforina, hanno efficacia clinica simile alla maggior parte degli antidepressivi
prescritti. L’iperforina è un debole inibitore della ricaptazione delle monoamine, ma possiede anche altri effetti.3
Antagonisti dei recettori monoaminergici
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Nonostante la relativa assenza di effetti collaterali acuti, l’iperforina può
diventare responsabile di gravi conseguenze poiché attiva il citocromo
P450, causando la perdita dell’efficacia di molti farmaci importanti come la
ciclosporina, i contraccettivi orali, gli anticoagulanti orali e alcuni farmaci
anti-HIV e antitumorali. Da ciò si evince il principio secondo cui anche i
rimedi erboristici devono essere utilizzati prestando lo stesso grado di cautela
informata come avviene per qualsiasi farmaco.
3
572
Farmaci come la mirtazapina, il trazodone, la mianserina
non sono selettivi e inibiscono una serie di recettori aminer-
gici, tra cui i recettori a2-adrenergici e recettori 5-HT2. Pos­
sono avere anche deboli effetti sulla ricaptazione delle
monoamine.
Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO)
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Inibitori irreversibili non competitivi (per esempio, fenelzina, tranilcipromina), che non sono selettivi nei confronti
delle MAO di tipo A e B.
Inibitori reversibili selettivi per le MAO di tipo A (per
esempio, moclobemide).
La Tabella 46.2 riassume le caratteristiche principali di queste
classi di farmaci. Recenti rassegne bibliografiche forniscono
nuovi dettagli in merito (si vedano Bosker et al., 2004; Pacher
e Kecsemeti, 2004; Stahl, 2008). Vanno sicuramente menzionate anche la terapia elettroconvulsivante (ECT), la magnetoterapia, la stimolazione cerebrale profonda e la stimolazione
del nervo vago, che sono efficaci e in genere agiscono più rapidamente dei farmaci antidepressivi (si veda oltre).
Valutazione Dei Farmaci
Antidepressivi
Modelli animali
Come in altre aree della psicofarmacologia, il progredire delle
conoscenze sui meccanismi neurochimici della depressione è
limitato dalla mancanza di modelli animali adeguati che siano
Tabella 46.2 Farmaci antidepressivi e loro caratteristiche
Tipi ed esempi
Azione(i)
Effetti indesiderati
Rischi
da sovradosaggio
Farmacocinetica
Note
Inibitori della ricaptazione delle monoamine
Tutti altamente selettivi
per 5-HT
Nausea, diarrea, agitazione, insonnia,
anorgasmia
Inibiscono il metabolismo di altri
farmaci, con conseguente rischio
di interazioni
Basso rischio in caso
di sovradosaggio, ma
non devono essere usati
in concomitanza con
gli inibitori delle MAO
—
—
Fluoxetina
Come sopra
Come sopra
Come sopra
Lungo t1/2 (24-96 ore)
—
Fluvoxamina
Come sopra
Come sopra
Come sopra
t1/2 18-24 ore
Provoca meno nausea rispetto
agli altri SSRI
Paroxetina
Come sopra
Come sopra
Come sopra
t1/2 18-24 ore
Reazione da sospensione
Citalopram
Come sopra
Come sopra
Come sopra
t1/2 24-36 ore
—
Escitalopram
Come sopra
Come sopra
Come sopra
t1/2 24-36 ore
Isomero attivo S del citalopram
Minori effetti collaterali
Sertralina
Come sopra
Come sopra
Come sopra
t1/2 24-36 ore
—
(2) Gruppo dei TCA
tradizionali
Inibizione
della ricaptazione
di NA e 5-HT
Sedazione
Effetti anticolinergici (secchezza
delle fauci, costipazione, visione
offuscata, ritenzione urinaria ecc.)
Ipotensione posturale
Crisi convulsive
Impotenza
Interazione con depressori del SNC
(specialmente alcol e inibitori
delle MAO)
Aritmie ventricolari
Alto rischio
in combinazione
con depressori
del SNC
—
Antidepressivi di “prima
generazione” ancora ampiamente
utilizzati, sebbene i composti
più recenti presentino, in generale,
minori effetti collaterali e minori
rischi in caso di sovradosaggio
Imipramina
Non selettiva
Convertita a desipramina
Come sopra
Come sopra
t1/2 4-18 ore
—
Desipramina
NA-selettiva
Come sopra
Come sopra
t1/2 12-24 ore
—
Amitriptilina
Non selettiva
Come sopra
Come sopra
t1/2 12-24 ore:
convertita
a nortriptilina
Ampiamente usata, anche
per il dolore neuropatico
(si veda il Capitolo 41)
Nortriptilina
NA-selettiva (debole)
Come sopra
Come sopra
Lungo t1/2 (24-96 ore)
Lunga durata e minore sedazione
Clomipramina
Non selettiva
Come sopra
Come sopra
t1/2 18-24 ore
Utilizzata anche per i disturbi
d’ansia
(segue)
Farmaci antidepressivi
(1) SSRI
46
573
46
574
Parte IV
Tabella 46.2 Farmaci antidepressivi e loro caratteristiche – seguito
Tipi ed esempi
Azione(i)
Effetti indesiderati
Rischi
da sovradosaggio
Farmacocinetica
Note
(3) Altri inibitori della ricaptazione della 5-HT/NA
Debole inibitore
non selettivo
della ricaptazione
di NA/5-HT
Mostra anche effetti
non selettivi di blocco
recettoriale
Come gli SSRI
Effetti comuni e fastidiosi di astinenza
se si saltano le dosi
Sicura in caso
di sovradosaggio
Breve t1/2 (∼5 ore)
Convertita
a desvenlafaxina
che inibisce
la ricaptazione di NA
Considerata come il farmaco
che agisce più rapidamente
tra gli antidepressivi e con il miglior
effetto nei pazienti
che non rispondono al trattamento
In genere è classificata
tra i bloccanti non selettivi
della ricaptazione di NA/5-HT,
anche se i dati in vitro mostrano
una selettività per la 5-HT
Duloxetina
Potente inibitore non
selettivo
della ricaptazione
di NA/5-HT
Nessuna azione
sui recettori
monoaminergici
Minori effetti collaterali rispetto
alla venlafaxina
Sedazione, vertigini, nausea
Disfunzioni sessuali
Si vedano gli SSRI
t1/2 ∼14 ore
Anche usata per trattare
l’incontinenza urinaria
(si veda il Capitolo 28)
e per i disturbi
d’ansia
Milnacipran
NA-selettivo (debole)
Minori rispetto ai TCA
Si vedano gli SSRI
t1/2 ∼8 ore
Diversamente dagli SSRI,
non compromette la funzione
sessuale
Erba di San Giovanni
(iperico, principio
attivo: iperforina)
Debole inibitore
non selettivo
della ricaptazione
di NA/5-HT
Anche effetti di blocco
recettoriale non selettivo
Riportati pochi effetti collaterali
Rischio di interazioni farmacologiche
per aumentato metabolismo dei farmaci
(per esempio, perdita di efficacia
della ciclosporina, dei farmaci
antidiabetici ecc.)
t1/2 ∼12 ore
Facilmente disponibile
come preparato da erboristeria
Efficacia simile ad altri
antidepressivi, con minori effetti
collaterali acuti ma rischio
di gravi interazioni farmacologiche
Bupropione
Inibitore selettivo
della ricaptazione
di NA rispetto alla 5-HT
ma inibisce anche
la ricaptazione
di dopamina
Convertito a metaboliti
attivi (per esempio,
radafaxina)
Mal di testa, secchezza delle fauci,
agitazione, insonnia
Crisi convulsive
ad alte dosi
t1/2 ∼12 ore
Emivita plasmatica
∼ 20 ore
Usato soprattutto nella depressione
associata all’ansia
La formulazione a lento rilascio
è usata nel trattamento
della dipendenza da nicotina
(si veda il Capitolo 48)
Maprotilina
Inibitore selettivo
della ricaptazione di NA
Come i TCA; non presenta
vantaggi significativi
Come i TCA
Lungo t1/2 ∼40 ore
Non presenta vantaggi
significativi rispetto ai TCA
Reboxetina
Inibitore selettivo
della ricaptazione di NA
Vertigini
Insonnia
Effetti anticolinergici
Sicura in caso
di sovradosaggio
(basso rischio
di aritmie cardiache)
t1/2 ∼12 ore
Meno efficace dei TCA
Il farmaco correlato, atomoxetina,
ora è usato principalmente
nel trattamento di ADHD
(si veda il Capitolo 47)
Inibitori NA-selettivi
(segue)
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Venlafaxina
Tabella 46.2 Farmaci antidepressivi e loro caratteristiche – seguito
Tipi ed esempi
Azione(i)
Effetti indesiderati
Rischi
da sovradosaggio
Farmacocinetica
Note
(4) Antagonisti dei recettori monoaminergici
Mirtazapina
Blocca i recettori a2,
5-HT2C e 5-HT3
Secchezza delle fauci
Sedazione
Aumento del peso corporeo
Nessuna interazione
farmacologica grave
t1/2 20-40 ore
Si ritiene che abbia un inizio
di azione più rapido degli altri
antidepressivi
Trazodone
Blocca i recettori 5-HT2A
e 5-HT2C e i recettori H1
Debole inibitore
della ricaptazione
di 5-HT (promuove
il rilascio di NA/5-HT)
Sedazione
Ipotensione
Aritmie cardiache
Sicuro in caso
di sovradosaggio
t1/2 6-12 ore
Il nefazodone è simile
Mianserina
Blocca i recettori a1, a2,
5-HT2A e H1
Effetti antimuscarinici e cardiovascolari
più moderati rispetto ai TCA
Agranulocitosi, anemia aplastica
—
t1/2 10-35 ore
Si consiglia il monitoraggio
dell’emocromo nelle prime
fasi d’uso
Inibitori delle MAO
Inibiscono le MAO di tipo
A e/o di tipo B
I primi composti hanno
una lunga durata
di azione dovuta al legame
covalente con l’enzima
Non selettiva
Cheese reaction indotta da cibi
contenenti tiramina (si veda il testo)
Effetti collaterali anticolinergici
Ipotensione
Insonnia
Aumento del peso corporeo
Danno epatico (raro)
Molte interazioni
(TCA, oppioidi, farmaci
simpatico- mimetici) –
rischio di ipertensione
grave dovuto
alla cheese reaction
t1/2 1-2 ore
Lunga durata
di azione dovuta
al legame di tipo
irreversibile
—
Tranilcipromina
Non selettiva
Come la fenelzina
Come la fenelzina
t1/2 1-2 ore
Lunga durata
di azione dovuta
al legame di tipo
irreversibile
—
Isocarbossazide
Non selettiva
Come la fenelzina
Come la fenelzina
Lungo t1/2 ∼36 ore
—
Moclobemide
Selettiva per le MAO
di tipo A
Ad azione breve
Nausea, insonnia, agitazione
Interazioni meno gravi
rispetto agli altri inibitori
delle MAO; nessun
caso riportato di cheese
reaction
t1/2 1-2 ore
Alternativa sicura ai primi inibitori
delle MAO
5-HT = 5-idrossitriptamina; ADHD = sindrome da deficit di attenzione e iperattività; MAO = monoamino ossidasi; NA = noradrenalina; SNC = sistema nervoso centrale; SSRI = inibitori selettivi della ricaptazione
della serotonina; TCA = antidepressivi triciclici.
Farmaci antidepressivi
Fenelzina
46
575
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Classi di farmaci antidepressivi
j
j
j
j
j
j
j
Le principali categorie sono:
j inibitori della ricaptazione delle monoamine
(antidepressivi triciclici, inibitori selettivi
della ricaptazione della serotonina, inibitori
più recenti della ricaptazione della noradrenalina
e della 5-HT)
j antagonisti dei recettori monoaminergici
j inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO).
Gli inibitori della ricaptazione delle monoamine agiscono
inibendo la ricaptazione della noradrenalina e/o della 5-HT
da parte delle terminazioni nervose monoaminergiche.
Gli antagonisti dei recettori a2-adrenergici possono
incrementare indirettamente il rilascio di 5-HT.
Gli inibitori delle MAO inibiscono una o entrambe le forme
delle MAO cerebrali, aumentando, quindi, le scorte
di noradrenalina e 5-HT nelle terminazioni nervose.
L’inibizione delle MAO di tipo A è correlata all’attività
antidepressiva. Molti inibitori delle MAO non sono selettivi;
la moclobemide è specifica per le MAO di tipo A.
Tutti i farmaci antidepressivi necessitano di almeno 2
settimane per determinare qualche effetto terapeutico,
anche se i loro effetti farmacologici vengono prodotti
immediatamente, indicando che le modificazioni secondarie
adattative rivestono un ruolo importante.
La modificazione adattativa che si manifesta
più costantemente con i differenti tipi di farmaci antidepressivi
è la diminuzione dell’espressione dei recettori
b- e a2-adrenergici e dei recettori 5-HT2. Non è chiaro
come questo effetto sia correlato all’efficacia terapeutica.
Recenti evidenze suggeriscono che gli antidepressivi
potrebbero agire aumentando la neurogenesi
nell’ippocampo e in altre aree del cervello.
in grado di riprodurre le condizioni cliniche. Nessuna condizione animale corrisponde alla condizione depressiva nell’uomo; tuttavia alcuni stati comportamentali, come l’astensione
dalle interazioni sociali, la perdita dell’appetito, la riduzione
dell’attività motoria, che sono tipici anche della depressione
nell’uomo, possono essere riprodotti sperimentalmente (Tabella 46.3; si veda Cryan e Slattery, 2007).
L’uso di topi geneticamente modificati per riprodurre vari
aspetti del disturbo potrebbe fornire modelli interessanti (si veda
Gardier, 2009). Tuttavia, la correlazione tra questi modelli
animali e la depressione nell’uomo rimane quanto meno discutibile.
Test sull’uomo
Clinicamente, l’effetto dei farmaci antidepressivi di solito è
misurato sulla scala a 17 item della Hamilton Rating Scale. La
depressione clinica si manifesta in molte forme e i sintomi
variano a seconda dei pazienti e nel tempo. La quantificazione
è quindi difficile e molti protocolli clinici di antidepressivi
hanno mostrato generalmente effetti piuttosto deboli, tenendo
conto di una discreta risposta al placebo.
È stato riscontrato anche un alto grado di variabilità individuale, con il 30-40% dei pazienti che non mostra nessun
miglioramento, probabilmente a causa di fattori genetici (si
veda il paragrafo “Efficacia clinica dei trattamenti antide576
pressivi”).
Meccanismo DI AZIONE
Dei Farmaci Antidepressivi
Cambiamenti adattativi cronici
Data la discrepanza tra la velocità di inizio degli effetti neurochimici (e di quelli avversi) dei farmaci antidepressivi e il lento inizio
degli effetti antidepressivi, si è cercato di capire se i benefici terapeutici scaturiscono da cambiamenti adattativi lenti indotti dall’esposizione cronica a questo tipo di farmaci (si veda Racagni e
Popoli, 2008).
Questo approccio ha portato alla scoperta di una diminuzione
costante dell’espressione di alcuni recettori monoaminergici, in
particolare i recettori b1- e a2-adrenergici in seguito al trattamento cronico con antidepressivi e, in alcuni casi, anche con terapia
elettroconvulsivante. Questo evento può essere dimostrato valutando, negli animali da esperimento, la riduzione del numero
di siti di legame e la riduzione della risposta funzionale agli
agonisti (per esempio, la stimolazione della formazione di cAMP
da parte degli agonisti b-adrenergici). La desensibilizzazione
recettoriale probabilmente avviene anche nell’uomo, poiché le
risposte endocrine alla clonidina, un agonista del recettore a2adrenergico, sono ridotte dopo un trattamento prolungato con
antidepressivi. Tuttavia, non è ancora chiaro quale rilevanza
possano avere queste evidenze sperimentali ai fini della risposta
ai farmaci antidepressivi. La perdita dei recettori b-adrenergici
come fattore efficace nell’alleviare la depressione non è conforme alla teoria monoaminergica, poiché gli antagonisti dei recettori b-adrenergici non hanno azione antidepressiva.
Con la somministrazione acuta, ci si aspetterebbe che l’inibizione della ricaptazione di 5-HT (per esempio, tramite gli SSRI)
incrementi i livelli di 5-HT nelle sinapsi. Tuttavia, l’aumento
della concentrazione di questo trasmettitore a livello sinaptico è
risultato essere inferiore alle previsioni. Ciò è spiegato dal fatto
che la maggiore attivazione dei recettori 5-HT1A sul soma e sui
dendriti dei neuroni del rafe contenenti serotonina (Figura 46.2A)
inibisce questi neuroni e pertanto riduce il rilascio di serotonina,
annullando così in parte l’effetto di inibizione della sua ricaptazione a livello delle terminazioni. Nel corso di un trattamento
farmacologico prolungato, i livelli elevati di 5-HT nella regione
somatodendritica desensibilizza i recettori 5-HT1A, riducendone
l’effetto inibitorio sul rilascio di 5-HT dalle terminazioni nervose.
La necessità di desensibilizzare i recettori somatodendritici 5-HT1A
potrebbe spiegare, quindi, la lentezza di inizio dell’azione antidepressiva degli inibitori della ricaptazione della 5-HT. Anziché
ridurre la funzione dei recettori mediante la desensibilizzazione,
dovrebbe essere possibile ottenere lo stesso effetto semplicemente bloccando i recettori con un antagonista. Il pindololo, un
bloccante non selettivo dei recettori b-adrenergici che ha anche
affinità per i recettori 5-HT1A, è stato utilizzato in associazione
con inibitori della ricaptazione della 5-HT per accelerare l’inizio
dell’azione antidepressiva (si veda Ballasteros e Callado, 2004).
Sono stati sviluppati farmaci con proprietà combinate di SSRI e
di antagonismo sui recettori 5-HT1A che però non hanno dimostrato efficacia nell’uomo, probabilmente perché, bloccando sia
gli autorecettori 5-HT1A sia i recettori postsinaptici 5-HT1A, il
secondo effetto annulla l’effetto benefico del primo.
Controllo noradrenergico
del rilascio di 5-Ht
Il blocco degli autorecettori a2-presinaptici sulle terminazioni
nervose noradrenergiche del SNC riduce il feedback negativo ad
Farmaci antidepressivi
46
Tabella 46.3 Modelli animali usati per studiare la depressione
Modello
Descrizione
Test del nuoto
forzato
(test di Porsolt)
Modello classico utilizzato per valutare l’efficacia degli antidepressivi. I roditori vengono collocati per due
volte in un recipiente pieno d’acqua da cui non possono scappare. Nel secondo test, i farmaci antidepressivi
in acuto potenziano il comportamento di fuga
Fornisce una buona stima dell’efficacia dei farmaci antidepressivi monoaminergici. Gli effetti si osservano
dopo il trattamento acuto, diversamente dagli effetti ritardati osservati negli esseri umani
Test del nuoto
modificato
Test identico al modello visto sopra, con la differenza che il comportamento natatorio viene separato
dal comportamento locomotorio per distinguere tra attività serotonergica e attività catecolaminergica
Test di sospensione
per la coda
Usato principalmente per i topi. Tenendo l’animale sospeso per la coda, si registra il tempo trascorso
fino all’assunzione di una posizione immobile
Impotenza appresa
I roditori vengono sottoposti a ripetuti stimoli non evitabili (foot-shock) che portano all’incapacità di fuggire
quando finalmente ne viene data la possibilità
I farmaci antidepressivi fanno aumentare il numero di fughe dopo il condizionamento. Con gli antidepressivi,
si osservano effetti acuti ma non tutti gli animali sviluppano una risposta
Bulbectomia olfattiva
La rimozione dei bulbi olfattivi nei ratti provoca alterazioni comportamentali e neurochimiche che riflettono
sintomi osservati in soggetti depressi. Gli animali operati rispondono al trattamento cronico con antidepressivi
Deprivazione
materna
I cuccioli vengono separati dalla madre per brevi periodi subito dopo la nascita, in modo da modificare le cure
materne verso la prole. La prole finisce per sviluppare un fenotipo che esprime cambiamenti comportamentali,
neurochimici e biochimici che riflettono aspetti della depressione. Non tutti gli animali sviluppano queste
alterazioni
Stress cronico
moderato
Gli animali sono sottoposti a una serie di fattori di stress per un periodo di ≈14 giorni. I fattori di stress
variano ogni giorno, creando un periodo di stress cronico non prevedibile. Gli animali sviluppano una serie
di cambiamenti comportamentali, neurochimici e biochimici che riproducono i sintomi osservati
nella depressione. Gli animali rispondono al trattamento cronico con antidepressivi
opera della noradrenalina rilasciata, promuovendo così un
maggiore rilascio di noradrenalina (si vedano i Capitoli 14 e 36).
Inoltre, gli antagonisti dei recettori a2-adrenergici possono stimolare indirettamente il rilascio di 5-HT. Questo effetto può
verificarsi in diversi modi (si veda la Figura 46.2B):
j
j
Blocco degli eterorecettori a2 inibitori sulle terminazioni
nervose contenenti serotonina.
Blocco degli autorecettori a2 sulle terminazioni nervose
noradrenergiche che innervano il corpo cellulare di neuroni
contenenti serotonina nel rafe dorsale. Il maggiore rilascio
di noradrenalina attiverà i recettori a1 postsinaptici di tipo
eccitatorio presenti sui neuroni contenenti 5-HT, stimolando
la scarica di potenziali d’azione e aumentando conseguentemente il rilascio di 5-HT.
L’effetto degli antagonisti dei recettori a2-adrenergici sulle
concentrazioni di 5-HT e di noradrenalina a livello sinaptico
dovrebbe avere un inizio di azione rapido, perciò questi cambiamenti devono indurre, in qualche modo, altre risposte
adattative più lente che spiegano la lenta insorgenza degli effetti antidepressivi.
Espressione genica e neurogenesi
Più di recente, l’interesse si è concentrato sulle vie di trasduzione del segnale intracellulare, sulle alterazioni dell’espressione genica e sulla neurogenesi. Molta attenzione è stata
rivolta al modo in cui i farmaci antidepressivi possono attivare
il fattore di trascrizione CREB (cAMP response elementbinding protein) (si veda il Capitolo 48). Il ruolo di altri fattori di trascrizione, come quelli della famiglia Fos e il fattore
NFkB, è stato studiato in maniera meno completa. Come detto
sopra, parecchi farmaci antidepressivi sembrano in grado di
promuovere la neurogenesi nell’ippocampo, un meccanismo
che potrebbe spiegare la lenta insorgenza dell’effetto terapeutico. Restano da chiarire il ruolo che gli aumentati livelli di
5-HT e noradrenalina nella sinapsi possono giocare nell’induzione di alterazioni dell’espressione genica e della neurogenesi, nonché i meccanismi coinvolti in questi effetti.
Inibitori Della Ricaptazione
Delle Monoamine
Inibitori selettivi della ricaptazione
della 5-idrossitriptamina
I farmaci di questa classe (spesso chiamati SSRI, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) comprendono la fluoxetina, la fluvoxamina, la paroxetina, il citalopram, l’escitalopram
e la sertralina (si veda la Tabella 46.2) e rappresentano il gruppo
di farmaci antidepressivi più comunemente prescritti. Oltre a
mostrare selettività nei confronti della ricaptazione della 5-HT
rispetto a quella della noradrenalina (Figura 46.3), questi farmaci causano minori effetti collaterali anticolinergici e sono meno
pericolosi in caso di overdose rispetto ai TCA. Al contrario degli
inibitori delle MAO, non provocano la cheese reaction. Tali
farmaci, nel trattamento della depressione di grado moderato,
hanno un’efficacia simile ai TCA e agli inibitori delle MAO, ma
probabilmente sono meno efficaci dei TCA nel trattamento della
depressione severa. Sono anche utilizzati nel trattamento di
577
disturbi d’ansia (si veda il Capitolo 43).
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
I singoli pazienti possono rispondere meglio a un SSRI
piuttosto che a un altro. Questo aspetto potrebbe indicare l’esistenza di proprietà farmacologiche proprie di ciascun singolo
farmaco, poiché nessuno è privo di altre azioni. La fluoxetina
ha un’attività antagonista sui recettori 5-HT2C, proprietà che
condivide con altri antidepressivi non-SSRI, come la mirtaza-
pina. Ciò potrebbe contribuire anche al suo effetto terapeutico
nel trattamento dell’anoressia e della bulimia. La sertralina è
un debole inibitore della ricaptazione di dopamina.
L’escitalopram è l’isomero S del citalopram racemico che
non presenta le proprietà antistaminiche e di inibizione di
CYP2D6 dell’isomero R.
Figura 46.2 Controllo del rilascio di 5-HT. (A) Il rilascio di 5-HT è controllato dall’azione inibitoria della 5-HT sui recettori
somatodendritici 5-HT1A. L’inibizione acuta della ricaptazione della 5-HT porta a un aumento dei livelli extracellulari di 5-HT,
ma ciò incrementa l’inibizione mediata dai recettori somatodendritici 5-HT1A, pertanto i livelli sinaptici di 5-HT non aumentano come
ci si aspetterebbe. Alla fine, i recettori 5-HT1A si desensibilizzano, con conseguente riduzione dell’inibizione e aumento del rilascio di 5-HT.
(B) Il rilascio di 5-HT è controllato sia dall’azione stimolatoria della noradrenalina (NA) sui recettori a1-adrenergici somatodendritici sia
da un’azione inibitoria della stessa sui recettori a2-adrenergici sulle terminazioni nervose serotonergiche. Il blocco dei recettori a2-adrenergici
situati sui neuroni noradrenergici (non in figura) stimola il rilascio di noradrenalina, causando un’ulteriore eccitazione dei neuroni serotonergici,
mentre il blocco dei recettori a2-adrenergici sui neuroni serotonergici rimuove l’inibizione presinaptica, stimolando il rilascio di 5-HT.
578
(segue)
Farmaci antidepressivi
46
Figura 46.2 – seguito
Aspetti farmacocinetici
Gli SSRI sono ben assorbiti e la maggior parte ha un’emivita
plasmatica di 18-24 ore (la fluoxetina ha un’emivita più lunga:
24-96 ore). Come osservato con altri antidepressivi, l’effetto
terapeutico si sviluppa dopo 2-4 settimane dalla somministrazione. La paroxetina e la fluoxetina non sono utilizzate in
combinazione con i TCA, dei quali inibiscono il metabolismo
attraverso l’interazione con CYP2D6, per timore di aumentarne la tossicità.
Effetti indesiderati
I principali effetti collaterali degli SSRI sono nausea, anoressia,
insonnia, perdita della libido e incapacità di raggiungere l’orgasmo.4 Alcuni di questi effetti indesiderati derivano dalla maggiore stimolazione dei recettori 5-HT postsinaptici per effetto
dell’aumento dei livelli di 5-HT extracellulare indotto dai farmaci. Può trattarsi di una stimolazione di sottotipi sbagliati di
recettori per la 5-HT (per esempio, recettori 5-HT2, 5-HT3 e
5-HT4) oppure di una stimolazione dello stesso sottotipo recettoriale che determina l’effetto terapeutico (come i recettori
Per questo motivo gli SSRI possono essere utilizzati nel trattamento dell’eiaculazione precoce.
4
5-HT1A postsinaptici) ma nella regione cerebrale sbagliata
(ossia una maggiore stimolazione dei recettori 5-HT può produrre sia risposte terapeutiche sia reazioni avverse).
In associazione con gli IMAO, gli SSRI possono causare la
“sindrome serotoninergica”, caratterizzata da tremore, ipertermia e collasso cardiocircolatorio, che possono provocare la
morte del paziente.
Nei pazienti trattati con fluoxetina è stato riscontrato l’aumento dei comportamenti aggressivi e, in qualche occasione,
violenti, anche se questi dati non sono stati confermati da
studi clinici controllati. È sconsigliato l’uso degli SSRI nel
trattamento della depressione nei ragazzi al di sotto dei 18 anni,
a causa della dubbia efficacia e degli effetti avversi, tra cui
agitazione, insonnia e aggressività nelle prime settimane di
trattamento. Nei pazienti di questa età è particolarmente pericoloso l’aumento di idee suicide (si veda oltre).
Nonostante gli evidenti vantaggi degli SSRI rispetto ai TCA,
soprattutto in relazione agli effetti collaterali, i risultati combinati di molti studi clinici mostrano poca differenza in termini di accettabilità da parte dei pazienti (si vedano Song et al.,
1993; Cipriani et al., 2009).
Oltre che nella depressione, gli SSRI sono utilizzati in una
serie di disturbi psichiatrici che comprendono ansia e disturbi
579
ossessivo-compulsivi (si veda il Capitolo 43).
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Inibitori selettivi della ricaptazione
della serotonina (SSRI)
j
j
j
j
j
j
Figura 46.3 Selettività dell’inibizione della ricaptazione
della noradrenalina e della 5-HT da parte di alcuni farmaci
antidepressivi.
Farmaci antidepressivi triciclici
Gli antidepressivi triciclici (TCA; imipramina, desipramina,
amitriptilina, nortriptilina, clomipramina) vengono ancora
ampiamente utilizzati. Tuttavia, non rappresentano la terapia
ideale e la necessità di un intervento farmacologico ad azione
più rapida e più affidabile, con minori effetti collaterali e meno
pericoloso nel caso di sovradosaggio, ha portato all’introduzione di farmaci di più recente ideazione, come gli inibitori
della ricaptazione della serotonina e altri antidepressivi.
I TCA hanno una struttura chimica strettamente correlata a
quella delle fenotiazine (si veda il Capitolo 45) e sono stati
inizialmente sintetizzati (nel 1949) come potenziali farmaci
antipsicotici. Molti di questi composti sono amine terziarie con
due gruppi metilici legati all’atomo di azoto di base e, in vivo,
vengono rapidamente demetilati (Figura 46.4), portando alla
formazione delle amine secondarie corrispondenti (per esempio,
da imipramina a desipramina, da amitriptilina a nortriptilina),
che sono attive e potrebbero essere somministrate come farmaci veri e propri. Esistono altri derivati triciclici con strutture di
collegamento leggermente modificate e tra questi è inclusa la
doxepina. All’interno di questo gruppo di farmaci non esistono grandi differenze nelle caratteristiche farmacologiche,
che invece riguardano essenzialmente gli effetti collaterali,
com’è riportato di seguito.
I TCA sono anche utilizzati nel trattamento del dolore neuropatico (si veda il Capitolo 41).
Meccanismo di azione
Come detto sopra, l’effetto principale dei TCA consiste nel
blocco della ricaptazione delle amine da parte delle terminazioni nervose per competizione con il sito di legame del trasportatore delle amine stesse (si veda il Capitolo 14). La
maggior parte dei TCA inibisce la ricaptazione della noradre580
nalina e della 5-HT (si veda la Figura 46.3), ma è molto meno
j
Alcuni esempi comprendono la fluoxetina, la fluvoxamina,
la paroxetina, la sertralina, il citalopram e l’escitalopram.
Gli effetti antidepressivi sono simili per efficacia e decorso
temporale a quelli dei TCA.
La tossicità acuta (in particolare la cardiotossicità)
è inferiore a quella degli IMAO o dei TCA; pertanto, il rischio
di intossicazione è ridotto.
Gli effetti collaterali includono nausea, insonnia e disfunzioni
sessuali. Gli SSRI hanno un effetto sedativo inferiore
ed effetti collaterali antimuscarinici ridotti rispetto ai primi
TCA utilizzati.
Non si conoscono interazioni con gli alimenti, ma può
manifestarsi una pericolosa “reazione serotoninergica”
(ipertermia, rigidità muscolare, collasso cardiocircolatorio),
se gli SSRI vengono somministrati in associazione
con gli IMAO.
Esistono delle perplessità riguardo all’uso degli SSRI
nei bambini e negli adolescenti, dovute a un aumento
delle idee suicide che è stato documentato all’inizio
del trattamento.
Usati anche per altre indicazioni psichiatriche,
come l’ansia.
efficace nell’inibire la ricaptazione della dopamina. È stato
suggerito che il miglioramento del tono dell’umore riflette
principalmente un aumento della trasmissione mediata dalla
5-HT, mentre l’effetto sui sintomi biologici è il risultato della
facilitazione della trasmissione noradrenergica. L’interpretazione è resa più difficile dal fatto che i principali metaboliti dei
TCA hanno una considerevole attività farmacologica (in alcuni casi superiore a quella dei farmaci di origine) e spesso differiscono dai farmaci di origine per la loro selettività nei
confronti della noradrenalina e della 5-HT (Tabella 46.4).
Oltre agli effetti sulla ricaptazione delle amine, la maggior
parte dei TCA influenza l’attività di recettori quali i recettori
muscarinici per l’acetilcolina, i recettori istaminergici e i recettori serotoninergici. Gli effetti antimuscarinici dei TCA non
contribuiscono alla loro azione antidepressiva, ma sono responsabili di vari effetti collaterali.
Effetti indesiderati
In soggetti non depressi, i TCA causano sedazione, confusione
mentale e incoordinazione motoria. Questi effetti si manifestano anche nei pazienti depressi durante i primi giorni di
trattamento, ma tendono a diminuire progressivamente in 1-2
settimane, quando inizia a comparire l’effetto antidepressivo.
Gli antidepressivi triciclici causano un certo numero di effetti collaterali pericolosi, dovuti principalmente alla loro interferenza con il controllo esercitato dal sistema nervoso autonomo.
Gli effetti simili all’atropina includono secchezza delle
fauci, offuscamento della vista, costipazione e ritenzione urinaria. Questi effetti sono più marcati con l’amitriptilina e più
deboli con la desipramina. I TCA causano ipotensione posturale, effetto che potrebbe sembrare anomalo per farmaci
che potenziano la trasmissione noradrenergica. Tale effetto,
probabilmente, deriva da un’interferenza sulla trasmissione
noradrenergica nel centro vasomotore midollare. Un altro effetto collaterale comune è la sedazione e data la loro lunga
durata di azione lo svolgimento delle attività diurne è spesso
Farmaci antidepressivi
46
Figura 46.4 Metabolismo dell’imipramina, caratteristico anche di altri farmaci antidepressivi triciclici. L’enzima idrossilante,
CYP2D6, è soggetto a un polimorfismo genetico, il quale può giustificare la variazione individuale nella risposta agli antidepressivi triciclici
(si veda il Capitolo 11).
influenzato negativamente dalla sonnolenza e dalla difficoltà
di concentrazione.
I TCA, soprattutto in caso di sovradosaggio, possono causare aritmie ventricolari associate al prolungamento dell’intervallo QT (si veda il Capitolo 21). L’uso di TCA a dosaggi
terapeutici aumenta di poco, ma in maniera significativa, il
rischio di morte cardiaca improvvisa.
Tabella 46.4 Inibizione della ricaptazione della 5-HT
e della noradrenalina neuronale da parte
degli antidepressivi triciclici e dei loro metaboliti
Farmaco/metabolita
Ricaptazione Ricaptazione
di NA
di 5-HT
Imipramina
+++
++
Dismetilimipramina (DMI)
++ + +
+
Idrossi-DMI
+++
−
Clomipramina (CMI)
++
+++
Dismetil-CMI
+++
+
Amitriptilina (AMI)
++
++
Nortriptilina (dismetil-AMI)
+++
++
Idrossinortriptilina
++
++
Interazioni con altri farmaci
I TCA causano effetti collaterali particolarmente quando vengono somministrati in associazione con altri farmaci (si veda
il Capitolo 56). La loro eliminazione dipende dal metabolismo
epatico tramite gli enzimi microsomiali CYP, e questo può
essere inibito da farmaci che competono per i medesimi isoenzimi (per esempio, farmaci antipsicotici e alcuni steroidi).
Gli antidepressivi triciclici potenziano gli effetti dell’alcol e
degli agenti anestetici per ragioni non ancora ben chiarite e
possono causare morte per depressione respiratoria, se la loro
somministrazione è accompagnata da un’abbondante assunzione di alcolici. I TCA interferiscono anche con l’azione di vari
farmaci antipertensivi (si veda il Capitolo 22) con conseguenze potenzialmente pericolose, per cui il loro utilizzo in pazienti in terapia ipertensiva richiede un accurato controllo.
Tossicità acuta
Il sovradosaggio di farmaci antidepressivi triciclici è abbastanza pericoloso e un tempo era uno dei metodi più spesso
utilizzati nei tentativi di suicidio. Questo è uno dei motivi per
cui lo sviluppo di antidepressivi più sicuri è diventato un
obiettivo prioritario. Gli effetti principali si manifestano a livello del sistema nervoso centrale e cardiaco. L’effetto iniziale dell’intossicazione da TCA è rappresentato da eccitazione e
delirio, che possono essere accompagnati da convulsioni. A
questa fase seguono coma e depressione respiratoria, che possono durare alcuni giorni. Sono particolarmente evidenti gli
effetti atropino-simili come la secchezza delle fauci e della 581
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
pelle, la midriasi e l’inibizione della contrattilità intestinale e
della vescica. Una volta si utilizzavano i farmaci anticolinesterasici per contrastare gli effetti atropino-simili, ma attualmente questa procedura non è più raccomandata. Le aritmie
cardiache (si veda sopra) sono frequenti e si possono verificare, anche se raramente, fenomeni di morte improvvisa per fibrillazione ventricolare.
Aspetti farmacocinetici
Tutti i TCA vengono rapidamente assorbiti dopo somministrazione orale e si legano fortemente all’albumina plasmatica, con una
percentuale di legame del 90-95% alle concentrazioni terapeutiche. I TCA si legano anche ai tessuti extravascolari e questo è alla
base del loro grande volume di distribuzione (di solito 10-50
L/kg; si veda il Capitolo 8) e della lenta eliminazione. Il sequestro
extravascolare, associato a un forte legame all’albumina plasmatica, rende praticamente inefficace l’emodialisi come mezzo
per indurre un’aumentata del farmaco in caso di intossicazione.
I TCA vengono metabolizzati nel fegato, dove subiscono
due principali biotrasformazioni, una di N-demetilazione e una
di idrossilazione dell’anello (Figura 46.4). Sia i metaboliti
derivanti dalla demetilazione sia quelli derivanti dall’idrossilazione presentano attività biologica (si veda la Tabella 46.4).
Durante il trattamento prolungato con TCA, la concentrazione
plasmatica di questi metaboliti di solito è paragonabile a
quella del farmaco di origine, sebbene ci sia un’ampia variabilità individuale. L’inattivazione dei farmaci avviene per
mezzo della coniugazione con acido glucuronico dei metaboliti idrossilati e i glucuronidi che si formano vengono escreti
nelle urine.
L’emivita complessiva di eliminazione dei TCA è generalmente lunga, passando da 10 a 20 ore per l’imipramina e la
desipramina, fino a circa 80 ore per la protriptilina. Questi
valori sono persino maggiori per i pazienti anziani, nei quali si
può verificare un accumulo graduale, che provoca lo sviluppo
lento e progressivo degli effetti collaterali.
La relazione tra le concentrazioni plasmatiche e l’effetto
terapeutico non è lineare. Studi condotti sulla nortriptilina,
infatti (Figura 46.5), mostrano che una concentrazione plasmatica troppo elevata riduce l’effetto antidepressivo e la “finestra terapeutica” è alquanto ristretta.
582
Figura 46.5 “Finestra terapeutica” per la nortriptilina.
L’effetto antidepressivo, valutato mediante scale soggettive
di classificazione, è ottimale a concentrazioni comprese tra 200
e 400 nmol/L e diminuisce a concentrazioni più elevate.
Antidepressivi triciclici
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j
j
j
j
j
Gli antidepressivi triciclici sono chimicamente correlati
alle fenotiazine e alcuni di essi mostrano un’azione
comparabile di blocco non selettivo dei recettori.
Esempi importanti includono l’imipramina, l’amitriptilina
e la clomipramina.
La maggior parte ha una lunga durata di azione
e viene spesso convertita in metaboliti attivi.
Importanti effetti collaterali sono: sedazione (blocco
dei recettori H1); ipotensione posturale (blocco dei recettori
a-adrenergici); secchezza delle fauci, visione offuscata,
costipazione (blocco muscarinico); a volte mania
e convulsioni. Rischio di aritmie ventricolari.
Sono pericolosi in caso di sovradosaggio acuto: confusione,
mania e aritmie cardiache.
Probabile interazione con altri farmaci (per esempio, alcol,
anestetici, farmaci ipotensivi e farmaci antinfiammatori
non steroidei; non dovrebbero essere somministrati
in concomitanza con gli inibitori delle monoamino ossidasi).
Anche usati nel trattamento del dolore neuropatico.
Altri inibitori non selettivi
della ricaptazione delle monoamine
Altri inibitori relativamente non selettivi della ricaptazione delle
monoamine (gli SNRI, inibitori della ricaptazione della serotonina/noradrenalina) comprendono la venlafaxina, la desvenlafaxina, la duloxetina e il milnacipran (si veda la Tabella 46.2).
Oggi questi composti sono diffusamente utilizzati come farmaci antidepressivi per la maggiore efficacia terapeutica percepita
e per il buon profilo di sicurezza.
Il milnacipran mostra una certa selettività per la ricaptazione
della noradrenalina rispetto alla ricaptazione della 5-HT. Con
l’aumento del dosaggio di venlafaxina, aumenta anche l’efficacia
del farmaco e tale effetto è stato interpretato come la dimostrazione del fatto che la sua debole azione inibitoria sulla ricaptazione della noradrenalina potrebbe aggiungersi alla sua azione
inibitoria sulla ricaptazione della 5-HT, che si verifica a bassi
dosaggi; questa combinazione fornisce quindi un beneficio terapeutico aggiuntivo. Questi farmaci sono tutti attivi per via orale;
la venlafaxina è disponibile in una formulazione a lento rilascio
che riduce l’incidenza della nausea. La venlafaxina, la desvenlafaxina e la duloxetina sono efficaci in alcuni disturbi d’ansia (si
veda il Capitolo 43). La desvenlafaxina può dimostrarsi efficace
nel trattamento di alcuni sintomi premenopausali, come le
vampate di calore e l’insonnia. La duloxetina e il milnacipran
sono utilizzati nel trattamento del dolore neuropatico e della fibromialgia (si veda il Capitolo 41). La duloxetina è usata anche
per il trattamento dell’incontinenza urinaria.
La venlafaxina e la duloxetina sono metabolizzate da CYP2D6.
La venlafaxina è convertita a desvenlafaxina, che mostra una
maggiore azione inibitoria sulla ricaptazione della noradrenalina. Gli effetti indesiderati di questi farmaci, dovuti perlopiù
alla maggiore attivazione dei recettori adrenergici, comprendono mal di testa, insonnia, disfunzioni sessuali, secchezza
delle fauci, vertigini, sudorazione e riduzione dell’appetito. I
sintomi più comuni in caso di sovradosaggio sono depressione
del SNC, sindrome serotoninergica, convulsioni e anomalie
della conduzione cardiaca. La duloxetina si è rivelata una
causa di epatotossicità ed è controindicata nei pazienti con
insufficienza epatica.
Farmaci antidepressivi
Altri inibitori della ricaptazione delle monoamine
j
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j
j
La venlafaxina è un inibitore della ricaptazione della 5-HT
ma è meno selettiva degli SSRI per la 5-HT rispetto
alla noradrenalina. È metabolizzata a desvenlafaxina,
un altro antidepressivo.
La duloxetina inibisce la ricaptazione di NA e 5-HT.
Il bupropione è un inibitore della ricaptazione
di noradrenalina e dopamina.
Sono generalmente simili agli antidepressivi triciclici, ma non
bloccano i recettori e perciò presentano effetti collaterali minori.
Presentano rischi minori di provocare effetti cardiaci,
quindi sono più sicuri degli antidepressivi triciclici in caso
di sovradosaggio.
Possono essere usati nel trattamento di altri disturbi:
j venlafaxina, desvenlafaxina e duloxetina: disturbi d’ansia
j duloxetina e milnacipran: dolore neuropatico e fibromialgia
j duloxetina: incontinenza urinaria.
Altri inibitori della ricaptazione
della noradrenalina
Il bupropione inibisce la ricaptazione sia della noradrenalina
sia della dopamina (ma non della 5-HT); tuttavia, a differenza
della cocaina e dell’amfetamina (si veda il Capitolo 47), non
induce euforia e finora non ha dimostrato nessun potenziale
di abuso. È metabolizzato a metaboliti attivi. È impiegato anche
nel trattamento della dipendenza da nicotina (si veda il Capitolo 48). La reboxetina e l’atomoxetina sono inibitori altamente selettivi della ricaptazione della noradrenalina, ma
nella depressione hanno un’efficacia minore rispetto ai TCA.
L’atomoxetina è approvata per il trattamento della sindrome da
deficit di attenzione e iperattività (si veda il Capitolo 47).
Antagonisti Dei Recettori
Monoaminergici
La mirtazapina blocca non solo i recettori a2-adrenergici ma
anche altri tipi di recettori, compresi i recettori 5-HT2C, il che
potrebbe contribuire alla sua azione antidepressiva. Il blocco
dei recettori a2-adrenergici non aumenta soltanto il rilascio di
noradrenalina, ma stimola anche il rilascio di 5-HT (si veda la
Figura 46.2B); tuttavia, la mirtazapina, bloccando simultanea-
Altri farmaci antidepressivi
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j
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La mirtazapina blocca i recettori a2-adrenergici e i recettori
5-HT2C, stimolando il rilascio di noradrenalina e di 5-HT.
La mirtazapina sembra agire più rapidamente rispetto
ad altri antidepressivi e provoca minori episodi di nausea
e disfunzioni sessuali rispetto agli SSRI.
Il trazodone blocca i recettori 5-HT2A e 5-HT2C
e la ricaptazione della 5-HT.
La mianserina blocca i recettori H1, 5-HT2A e a1-adrenergici.
Il suo utilizzo è in declino per via del rischio di depressione
midollare. È consigliabile il monitoraggio costante
dell’emocromo.
Gli effetti collaterali cardiovascolari di questi farmaci
sono minori rispetto a quelli degli antidepressivi triciclici.
46
mente i recettori 5-HT2A e 5-HT3, è in grado di ridurre gli effetti indesiderati mediati da questi recettori (per esempio,
disfunzioni sessuali e nausea), lasciando inalterata la stimolazione dei recettori postsinaptici 5-HT1A. Inoltre, blocca i recettori istaminergici H1 che possono provocare sedazione. Il
trazodone combina l’attività antagonista sui recettori 5-HT2A
e 5-HT2C con l’inibizione della ricaptazione della 5-HT.
La mianserina, un altro antagonista dei recettori a2-adrenergici che blocca anche i recettori H1, 5-HT2A e i recettori
a1-adrenergici, può provocare depressione del midollo osseo;
pertanto, il suo uso comporta la necessità di controllare regolarmente l’emocromo; per questo motivo, negli ultimi anni il
suo impiego si è piuttosto ridotto.
Inibitori Delle MONOAMINO OSSIDASI
Gli inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) furono tra i
primi farmaci a essere introdotti per uso clinico come antidepressivi, ma sono stati, in seguito, ampiamente sostituiti da
altri tipi di antidepressivi, la cui efficacia clinica è stata considerata migliore e i cui effetti collaterali erano, in genere, di
minor gravità rispetto a quelli provocati dagli IMAO. Tra i
principali esempi di IMAO ci sono la fenelzina, la tranilcipromina e l’iproniazide. Questi farmaci causano un’inibizione irreversibile dell’enzima e non distinguono tra i due
principali isoenzimi. La scoperta di inibitori reversibili, che
possiedono selettività isoenzimatica, ha risvegliato l’interesse
per questa classe di farmaci.
Sebbene numerosi studi abbiano mostrato una riduzione
dell’attività delle MAO piastriniche in certi gruppi di pazienti
depressi, non vi è una chiara evidenza che l’attività anomala
delle MAO sia coinvolta nella patogenesi della depressione.
Le MAO (si veda il Capitolo 14) sono presenti in quasi tutti
i tessuti ed esistono in due forme molecolari simili codificate
da geni diversi (si veda la Tabella 46.5). La MAO di tipo A ha
come substrato preferenziale la 5-HT ed è il principale bersaglio
degli antidepressivi IMAO. La MAO di tipo B ha come substrato preferenziale la feniletilamina e la dopamina. Il tipo B è
inibito selettivamente dalla selegilina, che viene utilizzata nel
trattamento della malattia di Parkinson (si veda il Capitolo 39).
La soppressione dell’espressione del gene della MAO di tipo
A nel topo causa un aumento dell’accumulo cerebrale della
5-HT e, in misura minore, della noradrenalina, accompagnato
da un comportamento aggressivo (si veda Shih et al., 1999). È
Tabella 46.5 Substrati e inibitori delle monoamino ossidasi
di tipo A e di tipo B
Tipo A
Tipo B
Substrati preferiti
Noradrenalina
5-idrossitriptamina
Feniletilamina
Benzilamina
Substrati
non specifici
Dopamina
Tiramina
Dopamina
Tiramina
Inibitori specifici
Clorgilina
Moclobemide
Selegilina
Inibitori
non specifici
Pargilina
Tranilcipromina
Isocarbossazide
Pargilina
Tranilcipromina
Isocarbossazide
583
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
stato riportato il caso di una famiglia con una mutazione genetica che portava alla perdita di attività della MAO di tipo A, i
cui membri mostravano ritardo mentale e un comportamento
violento. La maggior parte degli IMAO agisce su entrambe le
forme di MAO, ma gli studi clinici condotti con inibitori specifici dei due sottotipi hanno mostrato chiaramente che l’attività antidepressiva così come i principali effetti collaterali
degli IMAO sono correlati all’inibizione della MAO di tipo A.
Le MAO sono localizzate a livello intracellulare, perlopiù associate ai mitocondri, ed esercitano due funzioni principali:
1.All’interno delle terminazioni nervose, regolano la concentrazione intraneuronale libera di noradrenalina o 5-HT e,
quindi, i depositi di questi trasmettitori disponibili a essere
rilasciati (si veda il Capitolo 14). Tali enzimi non sono coinvolti nell’inattivazione dei trasmettitori rilasciati.
2.Le MAO sono importanti nell’inattivazione delle amine
endogene e di quelle assunte con la dieta, come la tiramina,
che altrimenti produrrebbero effetti indesiderati.
Aspetti chimici
Gli inibitori delle monoamino ossidasi sono analoghi del substrato, hanno una struttura simile a quella della feniletilamina e
la maggior parte di loro contiene un gruppo reattivo (per esempio,
l’idrazina, la propargilamina, la ciclopropilamina) che permette
all’inibitore di legarsi covalentemente all’enzima, causando
un’inibizione non competitiva e di lunga durata. Il recupero
dell’attività delle MAO dopo l’inibizione richiede parecchie
settimane con la maggioranza dei farmaci, ma è più veloce con
la tranilcipromina, che forma un legame meno stabile con
l’enzima. La moclobemide agisce come un inibitore competitivo reversibile.
Gli inibitori delle monoamino ossidasi non sono particolarmente specifici nella loro azione e inibiscono una serie di altri
enzimi oltre alle MAO, compresi quelli coinvolti nel metabolismo di altri farmaci. A ciò sono da imputare molte importanti
interazioni cliniche associate alla somministrazione degli
IMAO.
Effetti farmacologici
Gli inibitori delle monoamino ossidasi causano un aumento
rapido e prolungato del contenuto cerebrale di 5-HT, noradrenalina e dopamina; la 5-HT è l’amina più coinvolta in
questo effetto, mentre la dopamina lo è molto meno. Simili
cambiamenti si verificano nei tessuti periferici come cuore,
fegato e intestino, con un possibile aumento delle concentrazioni plasmatiche di queste amine. Sebbene questi incrementi
tissutali di amine siano in gran parte dovuti all’accumulo nei
neuroni, il rilascio del trasmettitore in risposta all’attività
nervosa non è aumentato. All’opposto dell’effetto dei TCA,
gli IMAO non aumentano la risposta degli organi periferici,
come il cuore e i vasi sanguigni, alla stimolazione dei nervi
simpatici. L’effetto principale degli IMAO è l’aumento della
concentrazione citoplasmatica di monoamine nelle terminazioni nervose, senza influenzare significativamente i depositi
vescicolari che rappresentano la quantità rilasciabile dalla
stimolazione nervosa. L’aumento dei livelli citoplasmatici
causa l’aumento sia del rilascio spontaneo di monoamine sia
di quello indotto dalle amine simpaticomimetiche ad azione
indiretta, come l’amfetamina e la tiramina (si vedano il Capi584
tolo 14 e la Figura 14.8). L’inibizione delle MAO aumenta la
quantità di monoamine che fuoriesce spontaneamente (senza
attività elettrica) dalle terminazioni e, quindi, potenzia la risposta. La tiramina, perciò, causa un aumento della pressione
sanguigna molto più marcato negli animali trattati con IMAO
che nei controlli. Questo meccanismo è importante in relazione alla cosiddetta cheese reaction prodotta dagli IMAO nell’uomo (si veda oltre).
Nei soggetti umani normali, gli IMAO causano un aumento
immediato dell’attività motoria e nel corso di pochi giorni
sviluppano euforia ed eccitazione. Tali effetti sono in contrasto
con quelli osservati nel trattamento con TCA, i quali causano
solo sedazione e confusione se somministrati a soggetti non
depressi. Gli effetti degli IMAO sul metabolismo delle amine
si sviluppano rapidamente e l’effetto di una singola dose dura
per alcuni giorni. Come con gli SSRI e i TCA, esiste una
chiara discrepanza tra la rapida risposta biochimica e l’effetto
antidepressivo ritardato.
Effetti indesiderati e tossicità
Molti effetti indesiderati degli IMAO dipendono direttamente
dall’inibizione delle MAO, ma alcuni sono prodotti da altri
meccanismi.
L’ipotensione è un effetto collaterale comune; infatti, la pargilina una volta veniva utilizzata come farmaco antipertensivo. Una
spiegazione possibile per questo effetto – l’opposto di quello che
ci si aspetterebbe – è che le amine come la dopamina o l’octopamina si accumulano all’interno delle terminazioni nervose simpatiche periferiche e spiazzano la noradrenalina dai depositi
vescicolari, riducendo, quindi, il rilascio di noradrenalina associato all’attività simpatica.
L’eccessiva stimolazione a livello del sistema nervoso centrale può causare tremore, eccitamento, insonnia e, nei casi di
overdose, convulsioni. L’aumento dell’appetito, che conduce
a un aumento di peso, può essere così marcato da richiedere la
sospensione della terapia.
Gli effetti collaterali atropino-simili (secchezza delle fauci,
offuscamento della vista, ritenzione urinaria ecc.) sono comuni con gli IMAO, sebbene rappresentino un problema minore
rispetto ai TCA.
Gli IMAO del tipo idrazinico (per esempio, la fenelzina e
l’iproniazide) causano, molto raramente (meno di un caso su
10.000), epatotossicità severa, che sembra sia dovuta alla
componente di idrazina della molecola. Il loro uso, pertanto, è
sconsigliato nei pazienti con malattie epatiche.
Interazioni con altri farmaci e componenti della dieta
L’interazione con altri farmaci e con alcuni componenti
della dieta rappresenta il problema più serio degli IMAO ed
è il principale fattore che ha causato il loro declino nell’uso
clinico. Il vantaggio principale dei nuovi IMAO di tipo reversibile, come la moclobemide, è che queste interazioni sono
ridotte.
La cosiddetta cheese reaction è una conseguenza diretta
dell’inibizione delle MAO e si verifica quando vengono ingerite amine normalmente innocue (principalmente la tiramina)
prodotte durante la fermentazione.
La tiramina di norma viene metabolizzata dalle MAO
nelle pareti dell’intestino e nel fegato e solo una piccola
quantità raggiunge la circolazione sistemica. L’inibizione
delle MAO permette alla tiramina di essere assorbita e, inoltre, aumenta il suo effetto simpaticomimetico, come descritto
Farmaci antidepressivi
Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO)
j
j
j
j
j
j
I principali comprendono la fenelzina, la tranilcipromina,
l’isocarbossazide (irreversibili, lunga durata di azione, non
selettivi tra MAO di tipo A e B) e la moclobemide (reversibile,
breve durata di azione, selettiva per le MAO di tipo A).
IMAO a lunga durata di azione:
j i principali effetti collaterali sono: ipotensione posturale
(blocco simpatico); effetti atropino-simili (come i TCA);
aumento del peso corporeo; stimolazione del SNC,
con agitazione, insonnia, epatotossicità e neurotossicità (rari)
j l’intossicazione acuta causa stimolazione del SNC,
talvolta convulsioni
j cheese reaction, vale a dire grave crisi ipertensiva
dopo ingestione di cibi contenenti tiramina (per esempio,
formaggio, birra, vino, lievito o estratti di soia). Tali reazioni
possono verificarsi fino a 2 settimane dopo la sospensione
del trattamento.
Le interazioni con altre amine (per esempio, l’efedrina
presente in decongestionanti da banco, la clomipramina
e altri TCA) e con alcuni altri tipi di farmaci (per esempio,
la petidina) sono potenzialmente letali.
La moclobemide è utilizzata per la depressione più grave
e la fobia sociale. La cheese reaction e le interazioni
con altri farmaci sono meno gravi e hanno una durata
inferiore rispetto a quelle degli IMAO irreversibili.
Gli IMAO vengono utilizzati molto meno rispetto ad altri
antidepressivi a causa degli effetti avversi e delle gravi
interazioni che presentano.
Sono indicati per la depressione più grave nei pazienti
che non rispondono al trattamento con gli altri farmaci.
46
Miscellanea Di Agenti
Il metilfolato, somministrato come integratore alimentare, può
essere efficace in soggetti depressi che presentano un calo dei
livelli di folato.
Gli estrogeni, usati per migliorare il tono dell’umore delle
donne in premenopausa, possono dimostrarsi utili anche per il
trattamento della depressione post partum. Non è stata chiarita la loro efficacia nel trattamento di altre forme di depressione.
Oltre alla ben documentata attività ormonale nell’organismo
(si veda il Capitolo 34), hanno anche un effetto sui sistemi
monoaminergici, GABAergici e glutammatergici nel cervello
(si vedano i Capitoli 37 e 38).
Farmaci Antidepressivi Futuri
Dopo un periodo di inerzia, oggi sono finalmente in fase di
sviluppo numerosi nuovi farmaci che sembrano promettenti (si
vedano Lodge e Li, 2008; Mathew et al., 2008).
Questi composti possono essere suddivisi a grandi linee come
segue:
j
Farmaci che agiscono sulla trasmissione monoaminergica,
compresi i farmaci con almeno una delle seguenti proprietà:
agonismo sui recettori b3-adrenergici, agonismo o antagonismo sui recettori dopaminergici D2, agonismo o agonismo
parziale sui recettori 5-HT1A e antagonismo sui recettori
5-HT2A, così come inibizione della ricaptazione di dopamina,
noradrenalina e 5-HT.
Uso clinico dei farmaci nella depressione
sopra. Il risultato è una crisi ipertensiva acuta, che dà origine
a una grave cefalea pulsante e, a volte, anche a emorragia
intracranica. Sebbene molti cibi contengano una certa quantità di tiramina, sembra che ne debbano essere ingeriti almeno 10 mg per causare questa reazione e il principale pericolo
è costituito dai formaggi stagionati e dai prodotti concentrati
del lievito.
Anche la somministrazione di amine simpaticomimetiche ad
azione indiretta (per esempio, l’efedrina, un decongestionante
nasale, e l’amfetamina, una sostanza di abuso) può causare
un’ipertensione grave in pazienti sottoposti a trattamento con
gli IMAO; gli agenti ad azione diretta come la noradrenalina
(usati, per esempio, in associazione con gli anestetici locali; si
veda il Capitolo 42) non sono pericolosi. La moclobemide, un
inibitore specifico della MAO di tipo A, non causa la cosiddetta cheese reaction, probabilmente perché la tiramina può ancora essere metabolizzata dalla MAO di tipo B.
Sono stati riportati episodi ipertensivi in pazienti ai quali
erano stati somministrati simultaneamente TCA e IMAO. Una
spiegazione possibile è che l’inibizione della ricaptazione
della noradrenalina aumenti ulteriormente la risposta cardiovascolare alla tiramina nella dieta, accentuando così la cheese
reaction. Questa associazione di farmaci può anche produrre
eccitamento e iperattività.
Gli inibitori delle monoamino ossidasi possono interagire
con la petidina (si veda il Capitolo 41) causando una grave
iperpiressia, con agitazione, coma e ipotensione. Il meccanismo
non è stato ancora completamente chiarito, ma è possibile che
l’inibizione della demetilazione porti alla produzione di un
metabolita anomalo della petidina.
j
j
j
j
j
j
j
j
j
La depressione lieve è spesso meglio trattata inizialmente
con terapie non farmacologiche, limitando l’associazione
con farmaci antidepressivi ai casi in cui il paziente
non risponde adeguatamente.
L’uso dei farmaci antidepressivi è consigliabile
nel trattamento della depressione di grado moderato
e severo.
L’efficacia clinica dei farmaci antidepressivi è limitata e varia
da individuo a individuo. Gli studi clinici non hanno prodotto
risultati coerenti a causa delle risposte al placebo
e delle oscillazioni spontanee del grado di depressione.
Le diverse classi di farmaci antidepressivi hanno livelli simili
di efficacia, ma effetti collaterali diversi.
La scelta del farmaco si basa su aspetti individuali, tra cui
disturbi concomitanti (i TCA, in particolare, hanno numerose
indicazioni) e trattamenti (gli IMAO e i TCA causano
importanti interazioni), il rischio di suicidio e la risposta
a trattamenti precedenti. A parità di altri aspetti, si tendono
a preferire gli SSRI perché in genere sono meglio tollerati
e sono meno pericolosi nei casi di sovradosaggio.
L’effetto dei farmaci antidepressivi compare dopo diverse
settimane dall’assunzione, perciò è bene non prendere
decisioni affrettate in merito a un possibile aumento
del dosaggio o al passaggio a un’altra classe di farmaci.
L’uso degli IMAO deve essere prescritto da uno specialista.
Gli schemi posologici che dimostrano efficacia devono
essere seguiti per almeno 2 anni.
Nei casi urgenti, lo specialista potrebbe prendere
in considerazione il ricorso alla terapia elettroconvulsivante.
In alcuni pazienti può essere utile l’aggiunta di ansiolitici
(per esempio, le benzodiazepine; si veda il Capitolo 43)
o di farmaci antipsicotici (si veda il Capitolo 45).
585
46
Parte IV
j
j
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Farmaci che agiscono sui canali ionici. Gli agonisti, gli agonisti parziali e gli antagonisti dei recettori nicotinici sembrano
avere tutti, sorprendentemente, proprietà antidepressive. Una
possibile spiegazione è che l’effetto richiesto per l’azione
antidepressiva è rappresentato dalla riduzione dell’attivazione
dei recettori e che gli agonisti sono in grado di indurre la desensibilizzazione dei recettori, mentre gli agonisti parziali
inibiscono gli effetti dell’acetilcolina endogena. L’interesse
per i farmaci che agiscono sul recettore NMDA è cresciuto
in seguito all’osservazione dell’effetto ottenuto con una singola dose di ketamina (si veda il Capitolo 40), che si è dimostrata in grado di alleviare rapidamente la depressione, producendo un effetto che dura per giorni. Le AMPAchine, farmaci
che potenziano le risposte del recettore AMPA (si veda il
Capitolo 37), si mostrano efficaci nei modelli animali. Altri
bersagli putativi sono i recettori P2X, i recettori 5-HT3 e vari
canali del potassio.
Farmaci che agiscono sui nuovi bersagli recettoriali, come
gli antagonisti dei recettori GRII per il cortisolo, gli analoghi
del fattore di inibizione dei melanociti (MIF-1), gli agonisti
dei recettori M1/M2 per la melatonina, gli antagonisti dei
recettori NK1 e NK2.
Altre correnti di ricerca sono impegnate nello sviluppo di
composti che agiscono sulle vie di trasduzione del segnale
coinvolte nella neurogenesi, nella plasticità neuronale e nell’apoptosi.
Terapie Di Stimolazione Cerebrale
Alcune tecniche di stimolazione cerebrale sono attualmente
impiegate o in fase di sviluppo per il trattamento della depressione. La più affermata è la terapia elettroconvulsivante (ECT) e la
stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (TMS). Spesso si
ricorre ai trattamenti di stimolazione cerebrale come approccio
terapeutico di ultima istanza, per i pazienti che non hanno risposto alla terapia con farmaci antidepressivi.
L’ECT implica la stimolazione tramite elettrodi posizionati ai
lati della testa, con il paziente blandamente anestetizzato e sotto
l’effetto di farmaci che inducono paralisi muscolare di breve
durata (per esempio, suxametonio, noto anche come succinilcolina; si veda il Capitolo 13) – in modo da evitare danni fisici
– e sottoposto a ventilazione artificiale. Studi clinici controllati
hanno dimostrato che l’ECT è efficace almeno quanto i farmaci
antidepressivi, con percentuali di risposte che variano tra il 60 e
l’80%; questo sembra essere il trattamento più efficace in forme
di depressione severa con tendenza al suicidio e ha il vantaggio
di produrre una risposta rapida. Il principale svantaggio dell’ECT
è che spesso causa confusione e perdita di memoria, che durano
per giorni o settimane. La TMS produce una stimolazione elettrica senza anestesia o convulsioni e non provoca deterioramento cognitivo (si veda Kirkcaldie et al., 1997).
L’effetto dell’ECT su animali da esperimento è stato attentamente analizzato per ottenere informazioni sul meccanismo
di azione dei farmaci antidepressivi, ma le indicazioni che ne
sono derivate non sono state molto chiare. La sintesi e la ricaptazione della 5-HT non sono alterate e la ricaptazione della
noradrenalina è in qualche modo aumentata (in contrasto con
l’effetto dei TCA). La diminuita responsività dei recettori badrenergici, a livello biochimico e comportamentale, si verifica sia con l’ECT sia con la somministrazione a lungo termine
586
dei farmaci antidepressivi, ma le alterazioni delle risposte
mediate dalla 5-HT tendono ad andare in direzione opposta (si
veda Maes e Meltzer, 1995).
È stato riscontrato che la stimolazione cerebrale profonda,
usata anche nel trattamento della malattia di Parkinson (si veda
il Capitolo 39), in cui l’attività di una specifica area del cervello viene alterata mediante elettrodi impiantati chirurgicamente,
è efficace in pazienti che non rispondono ad altri trattamenti
(si veda Mayberg et al., 2005). Non è stata ancora chiarita
l’efficacia di un’altra tecnica, quella della stimolazione del
nervo vago, nella produzione di benefici a lungo termine (si
veda Grimm e Bajbouj, 2010).
Efficacia Clinica Dei Trattamenti
Antidepressivi
L’efficacia clinica complessiva degli antidepressivi è stata
stabilita da numerosi studi clinici ben controllati, sebbene il
grado di miglioramento dei pazienti possa restare limitato.
Nella terapia a lungo termine, il tasso di remissione può essere
anche solo del 30%. Inoltre, è chiaro che alcuni pazienti guariscono spontaneamente e che il 30-40% non migliora con il
trattamento farmacologico. Sebbene gli antidepressivi producano un significativo beneficio nei pazienti con una depressione di grado moderato o severo, nei casi lievi la loro efficacia
non è ancora chiara. Studi controllati hanno dimostrato che, in
termini di efficacia clinica, non vi è una grande differenza fra
i vari tipi di farmaci, anche se l’esperienza clinica suggerisce
che i singoli pazienti possono rispondere meglio a un farmaco
piuttosto che a un altro, e le ragioni di questa reazione sono
sconosciute.
Fattori farmacogenetici ▼ La variabilità individuale in risposta ai farmaci antidepressivi può essere parzialmente dovuta a fattori genetici, così come all’eterogeneità
della condizione clinica. Hanno ricevuto particolare attenzione due fattori
genetici:
1. il polimorfismo del gene del citocromo P450, in particolare CYP2D6
(si veda Kirchheiner et al., 2004) che è responsabile dell’idrossilazione
dei TCA
2. il polimorfismo dei geni del trasportatore delle monoamine (si veda
Glatt e Reus, 2003).
Circa il 10% della popolazione caucasica possiede una mutazione genetica
di CYP2D6 che altera la funzione dell’enzima e, di conseguenza, può essere suscettibile agli effetti collaterali dei TCA e di vari altri farmaci (si veda
il Capitolo 11) metabolizzati in questo modo. L’effetto opposto, causato
dalla duplicazione del gene, è comune nelle popolazioni dell’Europa dell’Est
e dell’Africa Orientale e può arrivare al punto da far perdere l’efficacia
clinica in alcuni individui. Vi sono alcune evidenze che suggeriscono che la
risposta agli SSRI sia correlata al polimorfismo di uno dei geni che codifica
per il trasportatore della serotonina (si veda Gerretsen e Pollock, 2008).
Anche se in futuro la possibilità di conoscere il genotipo potrebbe essere un approccio utile per ottenere una terapia antidepressiva individualizzata, la sua realizzazione pratica è ancora lontana.
Suicidio e farmaci antidepressivi ▼ Alcuni anni fa è stato suggerito che gli antidepressivi possono aumentare il rischio di “tentativi di suicidio” in pazienti depressi, in particolare nei
bambini e negli adolescenti (si veda Licinio e Wong, 2005). L’espressione
“tentativo di suicidio” comprende i pensieri suicidi e la pianificazione così
come i tentativi senza successo; l’atto suicida, sebbene sia una delle maggiori cause di morte nella popolazione giovane, è molto più rara dei tentativi di suicidio. Studi clinici per determinare la relazione tra antidepressivi
e tentativi di suicidio sono difficili, a causa della chiara associazione tra
Farmaci antidepressivi
depressione e suicidio, e hanno determinato risultati variabili, con alcuni
studi che suggeriscono un aumento dei tentativi di suicidio nelle prime
settimane di trattamento con antidepressivi, e non successivamente, e altri
che mostrano un piccolo incremento nel rischio di suicidio reale (si veda
Cipriani et al., 2005). Recenti rassegne di dati pubblicati concludono che
sebbene gli antidepressivi, compresi gli SSRI, comportino un rischio minimo di indurre pensieri suicidi e tentativi di suicidio nella popolazione
giovanile, in quella di età più avanzata tale rischio diminuisce (si vedano
Hetrick et al., 2007; Möller et al., 2008; Barbui et al., 2009). Non vi sono
evidenze che suggeriscono un rischio maggiore con l’uso degli SSRI
rispetto agli altri antidepressivi. Inoltre, occorre valutare il rischio mettendolo
a confronto con gli effetti benefici che questi farmaci hanno non soltanto
sulla depressione, ma anche su ansia, panico e disturbi ossessivo-compulsivi (si veda il Capitolo 43).
Altri Usi Clinici
Dei Farmaci Antidepressivi
Il termine “farmaco antidepressivo” è, in un certo senso, fuorviante perché attualmente molte di queste sostanze vengono
usate nel trattamento di disturbi diversi dalla depressione, che
comprendono:
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dolore neuropatico (per esempio, amitriptilina, nortriptilina; si veda il Capitolo 41)
disturbi d’ansia (per esempio, SSRI, venlafaxina, duloxetina; si veda il Capitolo 43)
fibromialgia (per esempio, duloxetina, venlafaxina, SSRI,
TCA; si veda il Capitolo 41)
depressione bipolare (per esempio, fluoxetina in associazione a olanzapina; si veda oltre)
obesità (per esempio, sibutramina; si veda il Capitolo 31)
disassuefazione dal fumo (per esempio, bupropione; si veda
il Capitolo 48)
sindrome da deficit di attenzione e iperattività (per esempio,
atomoxetina; si veda il Capitolo 47).
Trattamento Farmacologico
Della Depressione Bipolare
Oggi diversi farmaci che stabilizzano l’umore sono utilizzati
per controllare le oscillazioni del tono dell’umore tipiche
delle sindromi maniaco-depressive (bipolari). I principali
sono:
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j
j
litio
diversi farmaci antiepilettici, come carbamazepina, valproato e lamotrigina
alcuni farmaci antipsicotici atipici, per esempio l’olanzapina, il risperidone, la quetiapina e l’aripiprazolo.
Quando sono utilizzati nel trattamento della depressione bipolare, il litio e gli agenti antiepilettici sono spesso definiti farmaci stabilizzanti dell’umore.
Altri agenti che potrebbero avere un qualche effetto positivo
nel trattamento della depressione bipolare sono le benzodiazepine (per calmare, indurre il sonno e ridurre l’ansia), la memantina, l’amantadina e la ketamina. L’uso dei farmaci
antidepressivi nella depressione bipolare è piuttosto controverso. Si consiglia la somministrazione in associazione a un
agente antimaniacale perché, in alcuni pazienti, questi farmaci
potrebbero indurre o aumentare gli stati maniacali.
46
Trattamento della depressione bipolare
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j
j
Litio, uno ione inorganico, da somministrare oralmente,
come carbonato di litio.
Il meccanismo di azione non è ancora stato chiarito.
Le principali indicazioni sul meccanismo biochimico sono:
j interferenza con la formazione dell’inositolo trifosfato
j inibizione delle chinasi.
Farmaci antiepilettici (per esempio, carbamazepina,
valproato, lamotrigina)
j miglior profilo di sicurezza e minori effetti collaterali.
Farmaci antipsicotici atipici (per esempio, olanzapina,
risperidone, quetiapina, aripiprazolo).
Utilizzati per la profilassi della depressione bipolare, questi
farmaci prevengono le oscillazioni del tono dell’umore e,
quindi, possono ridurre sia la depressione sia le fasi maniacali
della malattia. Vengono somministrati per lunghi periodi e i
loro effetti benefici si sviluppano in 3-4 settimane. Somministrati durante un attacco acuto, sono efficaci solo nel ridurre la
fase maniacale, ma non la fase depressiva (anche se il litio
viene usato qualche volta in aggiunta agli antidepressivi nei
casi gravi di depressione unipolare).
Litio
L’effetto psicotropo del litio fu scoperto nel 1949 da Cade, il
quale aveva previsto che i sali di urato avrebbero dovuto prevenire l’induzione dello stato di ipereccitabilità dovuto all’uremia
nelle cavie. Scoprì che l’urato di litio era efficace e che il litio era
il principio attivo; inoltre, dimostrò che il trattamento con il litio
dava origine a un rapido miglioramento nei pazienti maniacali.
I farmaci antiepilettici e gli antipsicotici atipici (si veda oltre)
sono ugualmente efficaci nel trattamento della mania in fase
acuta; questi agiscono più velocemente e sono molto più sicuri, per cui l’uso clinico del litio è limitato in modo particolare
al controllo profilattico della malattia maniaco-depressiva.
L’uso del litio è in declino.5 È abbastanza difficile da utilizzare, perché richiede il monitoraggio della sua concentrazione
plasmatica, ed esiste il rischio di creare problemi in pazienti
con insufficienza renale e di interazioni con altri farmaci, come
per esempio i diuretici (si veda il Capitolo 56). Il litio potrebbe
avere effetti benefici in disturbi neurodegenerativi come la
malattia di Alzheimer (si veda il Capitolo 39).
Effetti farmacologici e meccanismo di azione
Il litio è clinicamente efficace alla concentrazione plasmatica
di 0,5-1 mmol/L, mentre a livelli superiori a 1,5 mmol/L produce una serie di effetti tossici, per cui la finestra terapeutica
risulta stretta. Nei soggetti normali, a concentrazioni plasmatiche di 1 mmol/L non presenta effetti psicotropi apprezzabili.
Tuttavia, esso causa molte alterazioni biochimiche misurabili
e non è ancora noto come queste possano essere correlate al
suo effetto terapeutico.
Il litio è un catione monovalente che può mimare l’effetto di
Na+ nei tessuti eccitabili, poiché è in grado di passare attraverso
Il declino dell’impiego del litio potrebbe essere stato influenzato dalle minori
iniziative di promozione di mercato di questo semplice ione inorganico rispetto
587
ad altri agenti farmacologici.
5
46
Parte IV
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
i canali voltaggio-dipendenti di Na+ responsabili della generazione del potenziale d’azione (si veda il Capitolo 4). Tuttavia, il
litio non viene trasportato verso l’esterno tramite la pompa Na+/
K+-ATPasi e, quindi, tende ad accumularsi all’interno delle
cellule eccitabili determinando una parziale perdita di K+ intracellulare e depolarizzazione della cellula.
Gli effetti biochimici del litio sono complessi, in quanto esso
inibisce molti enzimi coinvolti nelle vie di trasduzione del
segnale. Gli effetti considerati di maggiore rilevanza ai fini
della sua azione terapeutica sono:
j
j
Uso clinico dei farmaci stabilizzanti dell’umore
j
j
L’inibizione dell’inositolo monofosfatasi, che blocca la via
del fosfatidilinositolo (PI) (si veda il Capitolo 3) in corrispondenza dell’idrolisi dell’inositolo fosfato a inositolo libero, risultando nella deplezione di PI. Ciò previene la formazione di inositolo trifosfato stimolata da un agonista
tramite vari recettori accoppiati al ciclo del PI, e quindi, il
blocco di molti effetti mediati dai recettori.
L’inibizione delle isoforme della chinasi glicogeno sintetasi 3 (GSK3), probabilmente per competizione con il magnesio nella sua associazione a queste chinasi. Le isoforme
di GSK3 fosforilano un certo numero di enzimi chiave
coinvolti nelle vie che conducono all’apoptosi e alla formazione di amiloide (si veda Phiel e Klein, 2001). Il litio può
anche agire indirettamente sulle isoforme di GSK3 interferendo con la loro regolazione da parte di Akt, una chinasi
serina/treonina strettamente correlata, regolata attraverso la
trasduzione del segnale mediato da PI e dalle arrestine (si
vedano il Capitolo 3; Beaulieu et al., 2009).
Il litio inibisce anche la produzione di cAMP indotta dagli
ormoni e blocca altre risposte cellulari (per esempio, la risposta delle cellule del tubulo renale all’ormone antidiuretico e
della tiroide all’ormone stimolante la tiroide; si vedano, rispettivamente, i Capitoli 28 e 33). Questo non è, tuttavia, un
effetto marcato a livello cerebrale.
La selettività cellulare del litio sembra dipendere dalla sua
captazione selettiva, che riflette l’attività dei canali del sodio
nelle diverse cellule. Ciò potrebbe spiegare la sua azione relativamente selettiva nel cervello e nel rene, anche se molti altri
tessuti si avvalgono degli stessi secondi messaggeri. Malgrado
queste evidenze, l’ignoranza sulla natura dei disturbi alla base
degli sbalzi d’umore nella depressione bipolare non consente
ancora di conoscere le correlazioni tra gli effetti biochimici e
quelli profilattici del litio.
Aspetti farmacocinetici e tossicità
Il litio viene somministrato per via orale sotto forma di carbonato e viene escreto dal rene. Circa la metà della dose orale
viene eliminata entro 12 ore; la parte restante, che presumibilmente rappresenta il litio captato dalle cellule, viene escreta in
1-2 settimane.
Questa fase molto lenta indica che, in seguito a somministrazioni regolari, il litio si accumula gradualmente per un
periodo di 2 settimane o più prima che venga raggiunta una
concentrazione stazionaria. Essendo la finestra terapeutica
piuttosto stretta (approssimativamente 0,5-1,5 mmol/L) è necessario monitorare costantemente la sua concentrazione plasmatica.
La deplezione di Na+ riduce la velocità di eliminazione del
litio in seguito all’aumento del suo riassorbimento nel tubulo
prossimale; di conseguenza, si potrebbe osservare un aumento
588
degli effetti tossici. Anche i diuretici che agiscono distalmente
j
j
Il litio (sotto forma di carbonato) è il farmaco tradizionale.
Viene utilizzato:
j nella profilassi e nel trattamento della mania
e nella profilassi del disturbo bipolare e unipolare
(depressione maniacale o ricorrente).
Aspetti degni di nota comprendono:
j finestra terapeutica stretta e lunga durata di azione
j gli effetti tossici acuti comprendono effetti cerebellari,
diabete insipido (si veda il Capitolo 28) e insufficienza renale
j la dose deve essere aggiustata in funzione
della concentrazione plasmatica
j l’eliminazione avviene attraverso i reni ed è ridotta
dal riassorbimento a livello del tubulo prossimale. I diuretici
aumentano l’attività del meccanismo di riassorbimento
e, quindi, possono favorire la tossicità del litio
j nell’uso cronico possono verificarsi disordini della tiroide
e disturbi mentali di media gravità.
La carbamazepina, il valproato e la lamotrigina (bloccanti
del canale del sodio con azione antiepilettica; si veda
il Capitolo 44) sono usati per:
j la profilassi e il trattamento di episodi maniacali
in pazienti con disturbo bipolare
j il trattamento di depressione bipolare (valproato,
lamotrigina).
L’olanzapina, il risperidone, la quetiapina e l’aripiprazolo
(farmaci antipsicotici atipici) sono usati nel trattamento
della mania.
dal tubulo prossimale (si veda il Capitolo 28) producono questo effetto e le malattie renali predispongono alla tossicità da
litio.
Gli effetti tossici principali che si possono manifestare durante il trattamento sono:
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Nausea, vomito e diarrea.
Tremore.
Effetti renali: poliuria (con risultante sete), che deriva dall’inibizione dell’azione dell’ormone antidiuretico. Allo
stesso tempo, si verifica una certa ritenzione di Na+ associata a un aumento della secrezione di aldosterone. Con trattamenti prolungati, si possono verificare danni gravi ai tubuli
renali e ciò rende necessario un monitoraggio costante delle
funzioni renali nei pazienti trattati con litio.
Ingrossamento della tiroide, talvolta associato a ipotiroidismo.
Aumento del peso corporeo.
Perdita dei capelli.
La tossicità acuta del litio causa vari effetti neurologici, che
inizialmente possono essere confusione mentale e blocco motorio, per progredire fino al coma, alle convulsioni e alla morte,
se la concentrazione plasmatica raggiunge 3-5 mmol/L.
Farmaci Antiepilettici
La carbamazepina, il valproato e la lamotrigina hanno minori effetti collaterali rispetto al litio e si sono dimostrati efficaci nel trattamento della depressione bipolare.
Si ritiene che, per i farmaci anticonvulsivanti, i meccanismi
di azione in grado di ridurre la depressione bipolare siano
identici a quelli che regolano la loro attività anticonvulsivante.
Sebbene ciascun farmaco abbia molteplici azioni (si veda la
Farmaci antidepressivi
Tabella 44.1), i farmaci antiepilettici efficaci nella depressione
bipolare condividono la capacità di bloccare i canali del sodio,
anche se esistono sottili differenze di efficacia nelle diverse
fasi della depressione bipolare. Il valproato e la carbamazepina sono efficaci nel trattamento degli attacchi acuti di mania
e nel trattamento a lungo termine del disturbo, anche se la
carbamazepina potrebbe non essere altrettanto efficace per il
trattamento della fase depressiva. In alcuni casi, il valproato è
somministrato in associazione ad altri farmaci, come il litio.
La lamotrigina è efficace nella prevenzione delle recidive
della mania e della depressione. Il riluzolo, sviluppato per il
trattamento della sclerosi laterale amiotrofica (si veda il Capitolo 39), dimostra un’azione anticonvulsivante nei modelli
animali e potrebbe dimostrarsi utile nel trattamento dei disturbi bipolari resistenti ad altri agenti.
È stata messa in dubbio l’efficacia della gabapentina e
della pregabalina nella depressione bipolare (si veda Stahl,
2008), ma questi agenti potrebbero essere utili come terapie
aggiuntive nel trattamento del dolore cronico e dell’ansia,
46
spesso manifestati dai pazienti affetti da depressione bipolare.
Il levetiracetam, il topiramato e la zonisamide sono usati
talvolta nel trattamento della depressione bipolare, ma la loro
efficacia deve ancora essere dimostrata.
Farmaci Antipsicotici Atipici
I farmaci antipsicotici atipici (per esempio, olanzapina, risperidone, quetiapina, aripiprazolo) sono farmaci di seconda generazione sviluppati per il trattamento della schizofrenia
(si veda il Capitolo 45). Questi agenti hanno proprietà antagoniste sui recettori dopaminergici D2 e 5-HT2A così come azioni
su altri recettori e trasportatori delle amine che potrebbero
contribuire alla loro efficacia nella depressione bipolare. Sembrano essere tutti efficaci contro la mania, mentre alcuni potrebbero esserlo anche nei confronti della depressione bipolare.
In questa forma di depressione, gli antipsicotici atipici sono
spesso usati in associazione a litio o valproato. L’olanzapina è
somministrata in associazione all’antidepressivo fluoxetina.
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