Farmaci antidepressivi Aspetti Generali La depressione è una condizione psichiatrica alquanto frequente che viene spiegata con varie teorie neurochimiche, a cui corrisponde una varietà di diversi tipi di farmaci che vengono utilizzati per il suo trattamento. Questo è un campo nel quale l’empirismo terapeutico ha fatto da guida, relegando la comprensione dei meccanismi biologici in secondo piano. Parte del problema deriva anche dalla mancanza di modelli animali idonei a fornire indicazioni sulle modificazioni di umore che sono alla base di questa condizione umana. In questo capitolo verrà discussa l’attuale conoscenza della natura della malattia e verranno descritti i farmaci maggiormente usati nel suo trattamento. Natura Della Depressione La depressione è la condizione psichiatrica più frequente tra i disordini affettivi (definiti come disordini dell’umore, piuttosto che disturbi del pensiero o cognitivi), i quali comprendono condizioni patologiche molto lievi, al limite con la normalità, fino a depressioni severe (psicotiche) accompagnate da allucinazioni e deliri. Nel mondo, la depressione è tra le cause più importanti di disabilità e morte prematura. Oltre alla forte propensione al suicidio, i soggetti depressi vanno incontro a morte per altre cause, quali infarto del miocardio o cancro. La depressione è un disturbo eterogeneo che si manifesta con uno o più sintomi primari ed è spesso associata ad altre condizioni psichiatriche, come ansia, disordini alimentari e tossicodipendenza. Tra i sintomi della depressione sono incluse componenti emozionali e biologiche. I sintomi a carattere emozionale comprendono: j j j j abbassamento del tono dell’umore, pensieri negativi ricorrenti, sensazione di star male, apatia e pessimismo bassa autostima: sensazione di colpevolezza, di inadeguatezza e di abiezione incapacità di prendere decisioni, perdita di motivazione anedonia, perdita di gratificazione. I sintomi biologici comprendono: j j j ritardo del pensiero e dell’azione perdita della libido disturbi del sonno e perdita dell’appetito. Esistono due tipi diversi di sindrome depressiva: la depressione unipolare, nella quale i cambiamenti dell’umore sono sempre nella stessa direzione, e i disordini affettivi bipolari, © 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. 46 nei quali la depressione si alterna alla mania. La mania è per molti aspetti esattamente l’opposto ed è caratterizzata da un eccesso di esuberanza, entusiasmo e fiducia in se stessi e da azioni impulsive; questi segni sono spesso associati a irritabilità, impazienza e collera, e qualche volta a deliri di grandezza “alla Napoleone”. Come nella depressione, l’umore e le azioni non sono adeguati alle circostanze. La depressione unipolare di norma (circa il 75% dei casi) non è di tipo familiare, è chiaramente associata a eventi stressanti e in genere è accompagnata da sintomi d’ansia e da agitazione; questo tipo di depressione talvolta viene definito depressione reattiva. Nei restanti casi (circa il 25%, talvolta definiti depressione endogena) mostra un certo grado di familiarità, non sembra correlata a stress esterni evidenti ed è caratterizzata da una sintomatologia per qualche aspetto diversa. La distinzione viene fatta a livello clinico, ma sembra che i farmaci antidepressivi non abbiano una selettività significativa nell’ambito di queste condizioni. La depressione bipolare, che di solito si manifesta nella prima fase dell’età adulta, è meno comune ed è caratterizzata da oscillazioni tra depressione e mania per un periodo di poche settimane. Non è sempre facile distinguere tra depressione bipolare lieve e depressione unipolare e può anche capitare che gli episodi maniacali del disturbo bipolare vengano confusi con episodi di psicosi (si veda il Capitolo 45). Inoltre, esiste una forte componente ereditaria, ma non sono ancora stati identificati il gene o i geni responsabili, sia a seguito di studi di linkage in famiglie affette da questa patologia sia attraverso il confronto tra individui affetti o non affetti. La depressione non può essere attribuita ad alterazioni dell’attività neuronale all’interno di una singola area cerebrale. Studi di imaging cerebrale hanno suggerito che la corteccia prefrontale, l’amigdala e l’ippocampo potrebbero essere tutti coinvolti nelle diverse componenti di questi disturbi. Teorie Della Depressione Teoria Monoaminergica La principale teoria biochimica della depressione è rappresentata dall’ipotesi monoaminergica proposta da Schildkraut nel 1965, in base alla quale gli stati depressivi sarebbero determinati da un deficit funzionale dei trasmettitori monoaminergici, noradrenalina e 5-idrossitriptamina (5-HT), in alcune aree cerebrali, mentre la mania dipenderebbe da un’eccessiva funzionalità di questi sistemi. Per rassegne bibliografiche relative all’evoluzione di questa teoria si vedano Maes e Meltzer (1995) 569 e Manji et al. (2001). 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE Tabella 46.1 Evidenze farmacologiche a sostegno della teoria monoaminergica della depressione Farmaco(i) Azione principale Effetto nei pazienti depressi Antidepressivi triciclici Blocco della ricaptazione di noradrenalina e di 5-HT Umore ↑ Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) Aumento dell’accumulo di noradrenalina e di 5-HT Umore ↑ Reserpina Inibizione dell’accumulo di noradrenalina e di 5-HT Umore ↓ a-metiltirosina Inibizione della sintesi di noradrenalina Umore ↓ (calma i pazienti maniacali) Metildopa Inibizione della sintesi di noradrenalina Umore ↓ Terapia elettroconvulsivante ? Aumento delle risposte del sistema nervoso centrale a noradrenalina e 5-HT Umore ↑ Triptofano (5-idrossitriptofano) Aumento della sintesi di 5-HT Umore? ↑ in alcuni studi Deplezione del triptofano Diminuzione della sintesi di 5-HT cerebrale Induce recidiva in pazienti trattati con SSRI 5-HT = 5-idrossitriptamina; SSRI = inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina. L’ipotesi monoaminergica ebbe origine dall’associazione tra gli effetti clinici di vari farmaci che causano o alleviano i sintomi della depressione e i loro effetti neurochimici sulla trasmissione monoaminergica nel cervello. Queste evidenze farmacologiche, che sono riassunte nella Tabella 46.1, avvalorano l’ipotesi monoaminergica, nonostante l’esistenza di diverse discrepanze. I tentativi di ottenere evidenze più dirette, studiando il metabolismo delle monoamine in pazienti depressi o misurando le variazioni nel numero dei recettori monoaminergici nei tessuti cerebrali post mortem, hanno fornito risultati discordanti ed equivoci e la loro interpretazione è risultata spesso problematica, poiché i cambiamenti descritti non sono risultati specifici per la depressione. Anche gli studi condotti mediante test funzionali sull’attività, nei pazienti depressi, di vie monoaminergiche note (per esempio, quelle che controllano il rilascio degli ormoni da parte dell’ipofisi) hanno fornito risultati equivoci. Le evidenze farmacologiche non sono in grado di fornire una chiara distinzione tra le teorie noradrenergica e serotoninergica della depressione. Da un punto di vista clinico, sembra che gli inibitori della ricaptazione della noradrenalina e della 5-HT siano ugualmente efficaci nella depressione (si veda oltre), anche se i singoli pazienti potrebbero rispondere meglio a un inibitore piuttosto che all’altro. Un’altra evidenza a sostegno della teoria monoaminergica è che i bloccanti della sintesi della noradrenalina o della 5-HT inibiscono in maniera consistente gli effetti terapeutici dei farmaci antidepressivi che agiscono selettivamente su questi due sistemi neurotrasmettitoriali (si veda la Tabella 46.1). Qualsiasi teoria sulla depressione deve tenere conto del fatto che gli effetti neurochimici diretti dei farmaci antidepressivi e i loro effetti avversi (per esempio, quelli anticolinergici) si instaurano molto rapidamente (da pochi minuti ad alcune ore), mentre i loro effetti antidepressivi si manifestano dopo settimane. Una situazione simile si verifica anche nel caso dei farmaci antipsicotici (si veda il Capitolo 45) e di alcuni farmaci ansiolitici (si veda il Capitolo 43), suggerendo che il miglioramento clinico possa essere il risultato di cambiamenti adattativi secondari piuttosto che un effetto primario del farmaco. Invece di pensare alla mancanza di monoamine come la 570 causa di cambiamenti diretti nell’attività di possibili neuroni “felici” o “tristi” nel cervello, dovremmo pensare alle monoamine come regolatori di effetti trofici a lungo termine, i quali si sviluppano con una tempistica che va di pari passo con i cambiamenti del tono dell’umore. La nostra comprensione delle cause della depressione e dei meccanismi con cui i farmaci possono alleviarla potrebbe migliorare con il progresso delle tecniche di neuroimaging per studiare, in vivo, la funzione dei sistemi neurotrasmettitoriali nel cervello umano, come descritto nel Capitolo 36. Meccanismi neuroendocrini Sono stati effettuati vari tentativi per verificare se nella depressione esiste un deficit funzionale delle vie monoaminergiche. I neuroni ipotalamici che controllano la funzione ipofisaria ricevono un’innervazione noradrenergica e una serotoninergica, le quali ne controllano l’attività elettrica. Il rilascio ipotalamico dell’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) stimola le cellule ipofisarie a secernere l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), che determina la secrezione di cortisolo. La concentrazione del cortisolo plasmatico di solito è alta nei pazienti depressi e, quando viene somministrato uno steroide sintetico come il desametasone, non si osserva la normale riduzione del suo livello. Ciò è alla base di un classico test clinico, il test di soppressione da desametasone (utilizzato anche nella diagnosi della sindrome di Cushing; si veda il Capitolo 32). Anche altri ormoni nel plasma sono influenzati; per esempio, la concentrazione dell’ormone della crescita viene ridotta, mentre la prolattina aumenta. Queste alterazioni sono in accordo con un deficit della trasmissione monoaminergica, ma non sono specifiche delle sindromi depressive. CRH si distribuisce diffusamente nel cervello e ha effetti comportamentali diversi da quelli legati alle sue funzioni endocrine. CRH, iniettato nel cervello di animali da esperimento, scatena alcuni effetti simili a quelli della depressione nell’uomo, quali riduzione di attività, perdita di appetito e aumento dei segni d’ansia. Inoltre, nel cervello e nel liquido cerebrospinale di pazienti depressi sono state riscontrate concentrazioni aumentate di CRH. Quindi, l’iperfunzionalità di CRH così come l’ipofunzionalità monoaminergica potrebbero essere associate Farmaci antidepressivi alla depressione (si veda Holsboer, 1999). L’aumento dei livelli di CRH è associato a stress e, in molti casi, la depressione è preceduta da periodi di stress cronico. Teoria monoaminergica della depressione j Effetti trofici e neuroplasticità È stata avanzata l’ipotesi che la riduzione dei livelli di fattore neurotrofico derivato dal cervello (o Neurotrofina II, BDNF) o il malfunzionamento del suo recettore, TrkB, possano avere un ruolo importante nell’eziopatogenesi di questa condizione. Il comportamento depressivo è spesso associato a una riduzione dell’espressione di BDNF e il trattamento con farmaci antidepressivi aumenta i livelli di BDNF. Potrebbero essere associate alla depressione anche alterazioni della neurotrasmissione glutammatergica. Nei soggetti affetti da depressione, infatti, sono state osservate elevate concentrazioni di glutammato a livello corticale. La terapia con farmaci antidepressivi potrebbe ridurre il rilascio di glutammato e deprimere la funzione dei recettori NMDA. Gli effetti dei farmaci antidepressivi sul potenziamento a lungo termine (LTP; si veda il Capitolo 37) a livello delle sinapsi glutammatergiche dell’ippocampo sono complessi; infatti, sono state osservate sia depressione sia facilitazione ed entrambe potrebbero manifestarsi in acuto dopo somministrazione di farmaci antidepressivi, mettendone così in discussione l’importanza per la risposta terapeutica. Secondo un altro punto di vista, forse piuttosto azzardato (si vedano Charney e Manji, 2004; Duman, 2004; Racagni e Popoli, 2008) si sostiene che la depressione maggiore potrebbe essere associata alla perdita di neuroni nell’ippocampo e nella corteccia prefrontale, e che le varie terapie antidepressive agiscano inibendo o revertendo di fatto questa perdita neuronale attraverso la stimolazione della neurogenesi.1 Questa sorprendente ipotesi è sostenuta da alcune evidenze che richiedono, però, fondamenta scientifiche ben più solide: j j j j Studi di imaging cerebrale e valutazioni post mortem mostrano ipertrofia ventricolare e atrofia dell’ippocampo e della corteccia prefrontale nei pazienti depressi, con perdita di neuroni e cellule gliali. Studi di imaging funzionale indicano un’attività neuronale ridotta in queste regioni. Negli animali, lo stress cronico di vario tipo o la somministrazione di glucocorticoidi provoca lo stesso effetto, mimando l’aumento della secrezione di cortisolo della depressione umana. Nell’uomo l’eccessiva secrezione di glucocorticoidi (sindrome di Cushing; si veda il Capitolo 32) causa spesso depressione. Negli animali da esperimento, i farmaci antidepressivi o altri trattamenti, come per esempio la terapia elettroconvulsivante (si veda il paragrafo “Terapie di stimolazione cerebrale”), promuovono la neurogenesi in queste regioni e (come nell’uomo) ripristinano l’attività funzionale. Prevenire la neurogenesi ippocampale evita anche che si verifichino gli effetti comportamentali degli antidepressivi nei ratti (si veda Santarelli et al., 2003). La 5-HT e la noradrenalina, le cui attività vengono incrementate da molti antidepressivi, promuovono la neurogenesi probabilmente attraverso, rispettivamente, l’attivazione dei recettori 5-HT1A e dei recettori a2-adrenergici. Questo effetto potrebbe essere mediato da BDNF. La neurogenesi (si veda il Capitolo 39) – formazione di nuovi neuroni da parte di cellule staminali – è stata osservata in misura significativa nell’ippocampo di animali adulti, ma probabilmente si verifica anche in altre parti del cervello, contraddicendo il vecchio dogma secondo cui questo evento si verifica solo durante la fase dello sviluppo cerebrale. 1 46 j j j j j j j La teoria monoaminergica, proposta nel 1965, suggerì che la depressione fosse il risultato di una trasmissione monoaminergica (noradrenalina e/o 5-HT) funzionalmente deficitaria a livello del sistema nervoso centrale. La teoria si basava sulla capacità dei noti farmaci antidepressivi (antidepressivi triciclici e inibitori delle monoamino ossidasi) di facilitare la trasmissione monoaminergica, e sulla capacità di farmaci come la reserpina di causare depressione. Gli studi biochimici condotti su pazienti depressi non sostengono in maniera decisa l’ipotesi monoaminergica nella sua versione più semplicistica. Una risposta esageratamente debole del cortisolo plasmatico agli steroidi esogeni (test di soppressione da desametasone) è tipica nella depressione e può essere conseguenza di un’insufficiente trasmissione monoaminergica a livello ipotalamico. Recenti evidenze suggeriscono che la depressione potrebbe essere associata alla neurodegenerazione e a una ridotta neurogenesi nell’ippocampo. Sebbene l’ipotesi monoaminergica nella sua forma originaria non sia sufficiente a spiegare la depressione, la manipolazione farmacologica della trasmissione monoaminergica resta l’approccio terapeutico più efficace. Gli approcci attuali si focalizzano su altri mediatori (per esempio, l’ormone di rilascio della corticotropina), sulle vie di trasduzione del segnale, sui fattori di crescita ecc., ma le varie teorie sono piuttosto imprecise. L’attività fisica si è dimostrata utile nel promuovere la neurogenesi negli animali ed efficace in alcuni pazienti con depressione di grado lieve o moderato. La Figura 46.1 riassume i possibili meccanismi coinvolti. Dovrebbe essere sottolineato che queste ipotesi non sono ancora provate, ma il diagramma evidenzia come ormai si è andati oltre la formulazione dell’ipotesi monoaminergica, suggerendo nuovi possibili bersagli per la prossima generazione di farmaci antidepressivi.2 Farmaci Antidepressivi Classi Di Farmaci Antidepressivi I farmaci antidepressivi sono classificati come segue. Inibitori della ricaptazione delle monoamine j Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (per esempio, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina, citalopram, escitalopram). I cinici potrebbero pensare che questi meccanismi, in cui il glutammato, i fattori neurotrofici, le monoamine e gli steroidi interagiscono tra di loro nel controllo della morte neuronale, della sopravvivenza e della plasticità, siano invocati solo per poter rendere conto di quasi tutti i disordini neurologici e psichiatrici che si possano immaginare, dallo stroke alla malattia di Parkinson, fino alla schizofrenia. “Stiamo dimenticando qualcosa” – si potrebbe pensare – “o queste malattie hanno tutte la stessa base? Se fosse così, perché i loro effetti sono così diversi? È solo una corrente scientifica di pensiero, o questa convergenza meccanicistica tende a indicare alcuni principi fondamentali dell’organizzazione neuronale?”. Naturalmente noi non 571 abbiamo le risposte, ma è un aspetto su cui vale la pena indagare. 2 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE Figura 46.1 Diagramma semplificato che mostra alcuni meccanismi coinvolti nella fisiopatologia della depressione. La principale via prodepressiva che coinvolge l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene viene attivata dallo stress e, a sua volta, amplifica l’azione eccitotossica del glutammato, mediata dai recettori NMDA (si veda il Capitolo 37); inoltre, attiva l’espressione dei geni che promuovono l’apoptosi neuronale a livello dell’ippocampo e della corteccia prefrontale. Le vie antidepressive coinvolgono monoamine, noradrenalina (NA) e 5-idrossitriptamina (5-HT), la cui azione è mediata da recettori accoppiati a proteine G, e BDNF, la cui azione è mediata da recettori accoppiati a proteine chinasi (TrkB); queste vie attivano geni che proteggono i neuroni dall’apoptosi e, inoltre, promuovono la neurogenesi. Per maggiori dettagli si veda Charney e Manji (2004). ACTH = ormone adrenocorticotropo; CRF = fattore di rilascio della corticotropina. j j j j Antidepressivi triciclici (TCA) classici (per esempio, imipramina, desipramina, amitriptilina, nortriptilina, clomipramina), che variano nella loro capacità di inibire la ricaptazione della noradrenalina e della serotonina. Inibitori misti della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina più recenti (per esempio, venlafaxina [abbastanza selettiva per la 5-HT, anche se meno degli SSRI], desvenlafaxina, duloxetina, milnacipran). Inibitori della ricaptazione della noradrenalina (per esempio, bupropione, reboxetina, atomoxetina). Le preparazioni a base di erba di San Giovanni (iperico), il cui principale componente attivo è l’iperforina, hanno efficacia clinica simile alla maggior parte degli antidepressivi prescritti. L’iperforina è un debole inibitore della ricaptazione delle monoamine, ma possiede anche altri effetti.3 Antagonisti dei recettori monoaminergici j Nonostante la relativa assenza di effetti collaterali acuti, l’iperforina può diventare responsabile di gravi conseguenze poiché attiva il citocromo P450, causando la perdita dell’efficacia di molti farmaci importanti come la ciclosporina, i contraccettivi orali, gli anticoagulanti orali e alcuni farmaci anti-HIV e antitumorali. Da ciò si evince il principio secondo cui anche i rimedi erboristici devono essere utilizzati prestando lo stesso grado di cautela informata come avviene per qualsiasi farmaco. 3 572 Farmaci come la mirtazapina, il trazodone, la mianserina non sono selettivi e inibiscono una serie di recettori aminer- gici, tra cui i recettori a2-adrenergici e recettori 5-HT2. Pos­ sono avere anche deboli effetti sulla ricaptazione delle monoamine. Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) j j Inibitori irreversibili non competitivi (per esempio, fenelzina, tranilcipromina), che non sono selettivi nei confronti delle MAO di tipo A e B. Inibitori reversibili selettivi per le MAO di tipo A (per esempio, moclobemide). La Tabella 46.2 riassume le caratteristiche principali di queste classi di farmaci. Recenti rassegne bibliografiche forniscono nuovi dettagli in merito (si vedano Bosker et al., 2004; Pacher e Kecsemeti, 2004; Stahl, 2008). Vanno sicuramente menzionate anche la terapia elettroconvulsivante (ECT), la magnetoterapia, la stimolazione cerebrale profonda e la stimolazione del nervo vago, che sono efficaci e in genere agiscono più rapidamente dei farmaci antidepressivi (si veda oltre). Valutazione Dei Farmaci Antidepressivi Modelli animali Come in altre aree della psicofarmacologia, il progredire delle conoscenze sui meccanismi neurochimici della depressione è limitato dalla mancanza di modelli animali adeguati che siano Tabella 46.2 Farmaci antidepressivi e loro caratteristiche Tipi ed esempi Azione(i) Effetti indesiderati Rischi da sovradosaggio Farmacocinetica Note Inibitori della ricaptazione delle monoamine Tutti altamente selettivi per 5-HT Nausea, diarrea, agitazione, insonnia, anorgasmia Inibiscono il metabolismo di altri farmaci, con conseguente rischio di interazioni Basso rischio in caso di sovradosaggio, ma non devono essere usati in concomitanza con gli inibitori delle MAO — — Fluoxetina Come sopra Come sopra Come sopra Lungo t1/2 (24-96 ore) — Fluvoxamina Come sopra Come sopra Come sopra t1/2 18-24 ore Provoca meno nausea rispetto agli altri SSRI Paroxetina Come sopra Come sopra Come sopra t1/2 18-24 ore Reazione da sospensione Citalopram Come sopra Come sopra Come sopra t1/2 24-36 ore — Escitalopram Come sopra Come sopra Come sopra t1/2 24-36 ore Isomero attivo S del citalopram Minori effetti collaterali Sertralina Come sopra Come sopra Come sopra t1/2 24-36 ore — (2) Gruppo dei TCA tradizionali Inibizione della ricaptazione di NA e 5-HT Sedazione Effetti anticolinergici (secchezza delle fauci, costipazione, visione offuscata, ritenzione urinaria ecc.) Ipotensione posturale Crisi convulsive Impotenza Interazione con depressori del SNC (specialmente alcol e inibitori delle MAO) Aritmie ventricolari Alto rischio in combinazione con depressori del SNC — Antidepressivi di “prima generazione” ancora ampiamente utilizzati, sebbene i composti più recenti presentino, in generale, minori effetti collaterali e minori rischi in caso di sovradosaggio Imipramina Non selettiva Convertita a desipramina Come sopra Come sopra t1/2 4-18 ore — Desipramina NA-selettiva Come sopra Come sopra t1/2 12-24 ore — Amitriptilina Non selettiva Come sopra Come sopra t1/2 12-24 ore: convertita a nortriptilina Ampiamente usata, anche per il dolore neuropatico (si veda il Capitolo 41) Nortriptilina NA-selettiva (debole) Come sopra Come sopra Lungo t1/2 (24-96 ore) Lunga durata e minore sedazione Clomipramina Non selettiva Come sopra Come sopra t1/2 18-24 ore Utilizzata anche per i disturbi d’ansia (segue) Farmaci antidepressivi (1) SSRI 46 573 46 574 Parte IV Tabella 46.2 Farmaci antidepressivi e loro caratteristiche – seguito Tipi ed esempi Azione(i) Effetti indesiderati Rischi da sovradosaggio Farmacocinetica Note (3) Altri inibitori della ricaptazione della 5-HT/NA Debole inibitore non selettivo della ricaptazione di NA/5-HT Mostra anche effetti non selettivi di blocco recettoriale Come gli SSRI Effetti comuni e fastidiosi di astinenza se si saltano le dosi Sicura in caso di sovradosaggio Breve t1/2 (∼5 ore) Convertita a desvenlafaxina che inibisce la ricaptazione di NA Considerata come il farmaco che agisce più rapidamente tra gli antidepressivi e con il miglior effetto nei pazienti che non rispondono al trattamento In genere è classificata tra i bloccanti non selettivi della ricaptazione di NA/5-HT, anche se i dati in vitro mostrano una selettività per la 5-HT Duloxetina Potente inibitore non selettivo della ricaptazione di NA/5-HT Nessuna azione sui recettori monoaminergici Minori effetti collaterali rispetto alla venlafaxina Sedazione, vertigini, nausea Disfunzioni sessuali Si vedano gli SSRI t1/2 ∼14 ore Anche usata per trattare l’incontinenza urinaria (si veda il Capitolo 28) e per i disturbi d’ansia Milnacipran NA-selettivo (debole) Minori rispetto ai TCA Si vedano gli SSRI t1/2 ∼8 ore Diversamente dagli SSRI, non compromette la funzione sessuale Erba di San Giovanni (iperico, principio attivo: iperforina) Debole inibitore non selettivo della ricaptazione di NA/5-HT Anche effetti di blocco recettoriale non selettivo Riportati pochi effetti collaterali Rischio di interazioni farmacologiche per aumentato metabolismo dei farmaci (per esempio, perdita di efficacia della ciclosporina, dei farmaci antidiabetici ecc.) t1/2 ∼12 ore Facilmente disponibile come preparato da erboristeria Efficacia simile ad altri antidepressivi, con minori effetti collaterali acuti ma rischio di gravi interazioni farmacologiche Bupropione Inibitore selettivo della ricaptazione di NA rispetto alla 5-HT ma inibisce anche la ricaptazione di dopamina Convertito a metaboliti attivi (per esempio, radafaxina) Mal di testa, secchezza delle fauci, agitazione, insonnia Crisi convulsive ad alte dosi t1/2 ∼12 ore Emivita plasmatica ∼ 20 ore Usato soprattutto nella depressione associata all’ansia La formulazione a lento rilascio è usata nel trattamento della dipendenza da nicotina (si veda il Capitolo 48) Maprotilina Inibitore selettivo della ricaptazione di NA Come i TCA; non presenta vantaggi significativi Come i TCA Lungo t1/2 ∼40 ore Non presenta vantaggi significativi rispetto ai TCA Reboxetina Inibitore selettivo della ricaptazione di NA Vertigini Insonnia Effetti anticolinergici Sicura in caso di sovradosaggio (basso rischio di aritmie cardiache) t1/2 ∼12 ore Meno efficace dei TCA Il farmaco correlato, atomoxetina, ora è usato principalmente nel trattamento di ADHD (si veda il Capitolo 47) Inibitori NA-selettivi (segue) SISTEMA NERVOSO CENTRALE Venlafaxina Tabella 46.2 Farmaci antidepressivi e loro caratteristiche – seguito Tipi ed esempi Azione(i) Effetti indesiderati Rischi da sovradosaggio Farmacocinetica Note (4) Antagonisti dei recettori monoaminergici Mirtazapina Blocca i recettori a2, 5-HT2C e 5-HT3 Secchezza delle fauci Sedazione Aumento del peso corporeo Nessuna interazione farmacologica grave t1/2 20-40 ore Si ritiene che abbia un inizio di azione più rapido degli altri antidepressivi Trazodone Blocca i recettori 5-HT2A e 5-HT2C e i recettori H1 Debole inibitore della ricaptazione di 5-HT (promuove il rilascio di NA/5-HT) Sedazione Ipotensione Aritmie cardiache Sicuro in caso di sovradosaggio t1/2 6-12 ore Il nefazodone è simile Mianserina Blocca i recettori a1, a2, 5-HT2A e H1 Effetti antimuscarinici e cardiovascolari più moderati rispetto ai TCA Agranulocitosi, anemia aplastica — t1/2 10-35 ore Si consiglia il monitoraggio dell’emocromo nelle prime fasi d’uso Inibitori delle MAO Inibiscono le MAO di tipo A e/o di tipo B I primi composti hanno una lunga durata di azione dovuta al legame covalente con l’enzima Non selettiva Cheese reaction indotta da cibi contenenti tiramina (si veda il testo) Effetti collaterali anticolinergici Ipotensione Insonnia Aumento del peso corporeo Danno epatico (raro) Molte interazioni (TCA, oppioidi, farmaci simpatico- mimetici) – rischio di ipertensione grave dovuto alla cheese reaction t1/2 1-2 ore Lunga durata di azione dovuta al legame di tipo irreversibile — Tranilcipromina Non selettiva Come la fenelzina Come la fenelzina t1/2 1-2 ore Lunga durata di azione dovuta al legame di tipo irreversibile — Isocarbossazide Non selettiva Come la fenelzina Come la fenelzina Lungo t1/2 ∼36 ore — Moclobemide Selettiva per le MAO di tipo A Ad azione breve Nausea, insonnia, agitazione Interazioni meno gravi rispetto agli altri inibitori delle MAO; nessun caso riportato di cheese reaction t1/2 1-2 ore Alternativa sicura ai primi inibitori delle MAO 5-HT = 5-idrossitriptamina; ADHD = sindrome da deficit di attenzione e iperattività; MAO = monoamino ossidasi; NA = noradrenalina; SNC = sistema nervoso centrale; SSRI = inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina; TCA = antidepressivi triciclici. Farmaci antidepressivi Fenelzina 46 575 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE Classi di farmaci antidepressivi j j j j j j j Le principali categorie sono: j inibitori della ricaptazione delle monoamine (antidepressivi triciclici, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, inibitori più recenti della ricaptazione della noradrenalina e della 5-HT) j antagonisti dei recettori monoaminergici j inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO). Gli inibitori della ricaptazione delle monoamine agiscono inibendo la ricaptazione della noradrenalina e/o della 5-HT da parte delle terminazioni nervose monoaminergiche. Gli antagonisti dei recettori a2-adrenergici possono incrementare indirettamente il rilascio di 5-HT. Gli inibitori delle MAO inibiscono una o entrambe le forme delle MAO cerebrali, aumentando, quindi, le scorte di noradrenalina e 5-HT nelle terminazioni nervose. L’inibizione delle MAO di tipo A è correlata all’attività antidepressiva. Molti inibitori delle MAO non sono selettivi; la moclobemide è specifica per le MAO di tipo A. Tutti i farmaci antidepressivi necessitano di almeno 2 settimane per determinare qualche effetto terapeutico, anche se i loro effetti farmacologici vengono prodotti immediatamente, indicando che le modificazioni secondarie adattative rivestono un ruolo importante. La modificazione adattativa che si manifesta più costantemente con i differenti tipi di farmaci antidepressivi è la diminuzione dell’espressione dei recettori b- e a2-adrenergici e dei recettori 5-HT2. Non è chiaro come questo effetto sia correlato all’efficacia terapeutica. Recenti evidenze suggeriscono che gli antidepressivi potrebbero agire aumentando la neurogenesi nell’ippocampo e in altre aree del cervello. in grado di riprodurre le condizioni cliniche. Nessuna condizione animale corrisponde alla condizione depressiva nell’uomo; tuttavia alcuni stati comportamentali, come l’astensione dalle interazioni sociali, la perdita dell’appetito, la riduzione dell’attività motoria, che sono tipici anche della depressione nell’uomo, possono essere riprodotti sperimentalmente (Tabella 46.3; si veda Cryan e Slattery, 2007). L’uso di topi geneticamente modificati per riprodurre vari aspetti del disturbo potrebbe fornire modelli interessanti (si veda Gardier, 2009). Tuttavia, la correlazione tra questi modelli animali e la depressione nell’uomo rimane quanto meno discutibile. Test sull’uomo Clinicamente, l’effetto dei farmaci antidepressivi di solito è misurato sulla scala a 17 item della Hamilton Rating Scale. La depressione clinica si manifesta in molte forme e i sintomi variano a seconda dei pazienti e nel tempo. La quantificazione è quindi difficile e molti protocolli clinici di antidepressivi hanno mostrato generalmente effetti piuttosto deboli, tenendo conto di una discreta risposta al placebo. È stato riscontrato anche un alto grado di variabilità individuale, con il 30-40% dei pazienti che non mostra nessun miglioramento, probabilmente a causa di fattori genetici (si veda il paragrafo “Efficacia clinica dei trattamenti antide576 pressivi”). Meccanismo DI AZIONE Dei Farmaci Antidepressivi Cambiamenti adattativi cronici Data la discrepanza tra la velocità di inizio degli effetti neurochimici (e di quelli avversi) dei farmaci antidepressivi e il lento inizio degli effetti antidepressivi, si è cercato di capire se i benefici terapeutici scaturiscono da cambiamenti adattativi lenti indotti dall’esposizione cronica a questo tipo di farmaci (si veda Racagni e Popoli, 2008). Questo approccio ha portato alla scoperta di una diminuzione costante dell’espressione di alcuni recettori monoaminergici, in particolare i recettori b1- e a2-adrenergici in seguito al trattamento cronico con antidepressivi e, in alcuni casi, anche con terapia elettroconvulsivante. Questo evento può essere dimostrato valutando, negli animali da esperimento, la riduzione del numero di siti di legame e la riduzione della risposta funzionale agli agonisti (per esempio, la stimolazione della formazione di cAMP da parte degli agonisti b-adrenergici). La desensibilizzazione recettoriale probabilmente avviene anche nell’uomo, poiché le risposte endocrine alla clonidina, un agonista del recettore a2adrenergico, sono ridotte dopo un trattamento prolungato con antidepressivi. Tuttavia, non è ancora chiaro quale rilevanza possano avere queste evidenze sperimentali ai fini della risposta ai farmaci antidepressivi. La perdita dei recettori b-adrenergici come fattore efficace nell’alleviare la depressione non è conforme alla teoria monoaminergica, poiché gli antagonisti dei recettori b-adrenergici non hanno azione antidepressiva. Con la somministrazione acuta, ci si aspetterebbe che l’inibizione della ricaptazione di 5-HT (per esempio, tramite gli SSRI) incrementi i livelli di 5-HT nelle sinapsi. Tuttavia, l’aumento della concentrazione di questo trasmettitore a livello sinaptico è risultato essere inferiore alle previsioni. Ciò è spiegato dal fatto che la maggiore attivazione dei recettori 5-HT1A sul soma e sui dendriti dei neuroni del rafe contenenti serotonina (Figura 46.2A) inibisce questi neuroni e pertanto riduce il rilascio di serotonina, annullando così in parte l’effetto di inibizione della sua ricaptazione a livello delle terminazioni. Nel corso di un trattamento farmacologico prolungato, i livelli elevati di 5-HT nella regione somatodendritica desensibilizza i recettori 5-HT1A, riducendone l’effetto inibitorio sul rilascio di 5-HT dalle terminazioni nervose. La necessità di desensibilizzare i recettori somatodendritici 5-HT1A potrebbe spiegare, quindi, la lentezza di inizio dell’azione antidepressiva degli inibitori della ricaptazione della 5-HT. Anziché ridurre la funzione dei recettori mediante la desensibilizzazione, dovrebbe essere possibile ottenere lo stesso effetto semplicemente bloccando i recettori con un antagonista. Il pindololo, un bloccante non selettivo dei recettori b-adrenergici che ha anche affinità per i recettori 5-HT1A, è stato utilizzato in associazione con inibitori della ricaptazione della 5-HT per accelerare l’inizio dell’azione antidepressiva (si veda Ballasteros e Callado, 2004). Sono stati sviluppati farmaci con proprietà combinate di SSRI e di antagonismo sui recettori 5-HT1A che però non hanno dimostrato efficacia nell’uomo, probabilmente perché, bloccando sia gli autorecettori 5-HT1A sia i recettori postsinaptici 5-HT1A, il secondo effetto annulla l’effetto benefico del primo. Controllo noradrenergico del rilascio di 5-Ht Il blocco degli autorecettori a2-presinaptici sulle terminazioni nervose noradrenergiche del SNC riduce il feedback negativo ad Farmaci antidepressivi 46 Tabella 46.3 Modelli animali usati per studiare la depressione Modello Descrizione Test del nuoto forzato (test di Porsolt) Modello classico utilizzato per valutare l’efficacia degli antidepressivi. I roditori vengono collocati per due volte in un recipiente pieno d’acqua da cui non possono scappare. Nel secondo test, i farmaci antidepressivi in acuto potenziano il comportamento di fuga Fornisce una buona stima dell’efficacia dei farmaci antidepressivi monoaminergici. Gli effetti si osservano dopo il trattamento acuto, diversamente dagli effetti ritardati osservati negli esseri umani Test del nuoto modificato Test identico al modello visto sopra, con la differenza che il comportamento natatorio viene separato dal comportamento locomotorio per distinguere tra attività serotonergica e attività catecolaminergica Test di sospensione per la coda Usato principalmente per i topi. Tenendo l’animale sospeso per la coda, si registra il tempo trascorso fino all’assunzione di una posizione immobile Impotenza appresa I roditori vengono sottoposti a ripetuti stimoli non evitabili (foot-shock) che portano all’incapacità di fuggire quando finalmente ne viene data la possibilità I farmaci antidepressivi fanno aumentare il numero di fughe dopo il condizionamento. Con gli antidepressivi, si osservano effetti acuti ma non tutti gli animali sviluppano una risposta Bulbectomia olfattiva La rimozione dei bulbi olfattivi nei ratti provoca alterazioni comportamentali e neurochimiche che riflettono sintomi osservati in soggetti depressi. Gli animali operati rispondono al trattamento cronico con antidepressivi Deprivazione materna I cuccioli vengono separati dalla madre per brevi periodi subito dopo la nascita, in modo da modificare le cure materne verso la prole. La prole finisce per sviluppare un fenotipo che esprime cambiamenti comportamentali, neurochimici e biochimici che riflettono aspetti della depressione. Non tutti gli animali sviluppano queste alterazioni Stress cronico moderato Gli animali sono sottoposti a una serie di fattori di stress per un periodo di ≈14 giorni. I fattori di stress variano ogni giorno, creando un periodo di stress cronico non prevedibile. Gli animali sviluppano una serie di cambiamenti comportamentali, neurochimici e biochimici che riproducono i sintomi osservati nella depressione. Gli animali rispondono al trattamento cronico con antidepressivi opera della noradrenalina rilasciata, promuovendo così un maggiore rilascio di noradrenalina (si vedano i Capitoli 14 e 36). Inoltre, gli antagonisti dei recettori a2-adrenergici possono stimolare indirettamente il rilascio di 5-HT. Questo effetto può verificarsi in diversi modi (si veda la Figura 46.2B): j j Blocco degli eterorecettori a2 inibitori sulle terminazioni nervose contenenti serotonina. Blocco degli autorecettori a2 sulle terminazioni nervose noradrenergiche che innervano il corpo cellulare di neuroni contenenti serotonina nel rafe dorsale. Il maggiore rilascio di noradrenalina attiverà i recettori a1 postsinaptici di tipo eccitatorio presenti sui neuroni contenenti 5-HT, stimolando la scarica di potenziali d’azione e aumentando conseguentemente il rilascio di 5-HT. L’effetto degli antagonisti dei recettori a2-adrenergici sulle concentrazioni di 5-HT e di noradrenalina a livello sinaptico dovrebbe avere un inizio di azione rapido, perciò questi cambiamenti devono indurre, in qualche modo, altre risposte adattative più lente che spiegano la lenta insorgenza degli effetti antidepressivi. Espressione genica e neurogenesi Più di recente, l’interesse si è concentrato sulle vie di trasduzione del segnale intracellulare, sulle alterazioni dell’espressione genica e sulla neurogenesi. Molta attenzione è stata rivolta al modo in cui i farmaci antidepressivi possono attivare il fattore di trascrizione CREB (cAMP response elementbinding protein) (si veda il Capitolo 48). Il ruolo di altri fattori di trascrizione, come quelli della famiglia Fos e il fattore NFkB, è stato studiato in maniera meno completa. Come detto sopra, parecchi farmaci antidepressivi sembrano in grado di promuovere la neurogenesi nell’ippocampo, un meccanismo che potrebbe spiegare la lenta insorgenza dell’effetto terapeutico. Restano da chiarire il ruolo che gli aumentati livelli di 5-HT e noradrenalina nella sinapsi possono giocare nell’induzione di alterazioni dell’espressione genica e della neurogenesi, nonché i meccanismi coinvolti in questi effetti. Inibitori Della Ricaptazione Delle Monoamine Inibitori selettivi della ricaptazione della 5-idrossitriptamina I farmaci di questa classe (spesso chiamati SSRI, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) comprendono la fluoxetina, la fluvoxamina, la paroxetina, il citalopram, l’escitalopram e la sertralina (si veda la Tabella 46.2) e rappresentano il gruppo di farmaci antidepressivi più comunemente prescritti. Oltre a mostrare selettività nei confronti della ricaptazione della 5-HT rispetto a quella della noradrenalina (Figura 46.3), questi farmaci causano minori effetti collaterali anticolinergici e sono meno pericolosi in caso di overdose rispetto ai TCA. Al contrario degli inibitori delle MAO, non provocano la cheese reaction. Tali farmaci, nel trattamento della depressione di grado moderato, hanno un’efficacia simile ai TCA e agli inibitori delle MAO, ma probabilmente sono meno efficaci dei TCA nel trattamento della depressione severa. Sono anche utilizzati nel trattamento di 577 disturbi d’ansia (si veda il Capitolo 43). 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE I singoli pazienti possono rispondere meglio a un SSRI piuttosto che a un altro. Questo aspetto potrebbe indicare l’esistenza di proprietà farmacologiche proprie di ciascun singolo farmaco, poiché nessuno è privo di altre azioni. La fluoxetina ha un’attività antagonista sui recettori 5-HT2C, proprietà che condivide con altri antidepressivi non-SSRI, come la mirtaza- pina. Ciò potrebbe contribuire anche al suo effetto terapeutico nel trattamento dell’anoressia e della bulimia. La sertralina è un debole inibitore della ricaptazione di dopamina. L’escitalopram è l’isomero S del citalopram racemico che non presenta le proprietà antistaminiche e di inibizione di CYP2D6 dell’isomero R. Figura 46.2 Controllo del rilascio di 5-HT. (A) Il rilascio di 5-HT è controllato dall’azione inibitoria della 5-HT sui recettori somatodendritici 5-HT1A. L’inibizione acuta della ricaptazione della 5-HT porta a un aumento dei livelli extracellulari di 5-HT, ma ciò incrementa l’inibizione mediata dai recettori somatodendritici 5-HT1A, pertanto i livelli sinaptici di 5-HT non aumentano come ci si aspetterebbe. Alla fine, i recettori 5-HT1A si desensibilizzano, con conseguente riduzione dell’inibizione e aumento del rilascio di 5-HT. (B) Il rilascio di 5-HT è controllato sia dall’azione stimolatoria della noradrenalina (NA) sui recettori a1-adrenergici somatodendritici sia da un’azione inibitoria della stessa sui recettori a2-adrenergici sulle terminazioni nervose serotonergiche. Il blocco dei recettori a2-adrenergici situati sui neuroni noradrenergici (non in figura) stimola il rilascio di noradrenalina, causando un’ulteriore eccitazione dei neuroni serotonergici, mentre il blocco dei recettori a2-adrenergici sui neuroni serotonergici rimuove l’inibizione presinaptica, stimolando il rilascio di 5-HT. 578 (segue) Farmaci antidepressivi 46 Figura 46.2 – seguito Aspetti farmacocinetici Gli SSRI sono ben assorbiti e la maggior parte ha un’emivita plasmatica di 18-24 ore (la fluoxetina ha un’emivita più lunga: 24-96 ore). Come osservato con altri antidepressivi, l’effetto terapeutico si sviluppa dopo 2-4 settimane dalla somministrazione. La paroxetina e la fluoxetina non sono utilizzate in combinazione con i TCA, dei quali inibiscono il metabolismo attraverso l’interazione con CYP2D6, per timore di aumentarne la tossicità. Effetti indesiderati I principali effetti collaterali degli SSRI sono nausea, anoressia, insonnia, perdita della libido e incapacità di raggiungere l’orgasmo.4 Alcuni di questi effetti indesiderati derivano dalla maggiore stimolazione dei recettori 5-HT postsinaptici per effetto dell’aumento dei livelli di 5-HT extracellulare indotto dai farmaci. Può trattarsi di una stimolazione di sottotipi sbagliati di recettori per la 5-HT (per esempio, recettori 5-HT2, 5-HT3 e 5-HT4) oppure di una stimolazione dello stesso sottotipo recettoriale che determina l’effetto terapeutico (come i recettori Per questo motivo gli SSRI possono essere utilizzati nel trattamento dell’eiaculazione precoce. 4 5-HT1A postsinaptici) ma nella regione cerebrale sbagliata (ossia una maggiore stimolazione dei recettori 5-HT può produrre sia risposte terapeutiche sia reazioni avverse). In associazione con gli IMAO, gli SSRI possono causare la “sindrome serotoninergica”, caratterizzata da tremore, ipertermia e collasso cardiocircolatorio, che possono provocare la morte del paziente. Nei pazienti trattati con fluoxetina è stato riscontrato l’aumento dei comportamenti aggressivi e, in qualche occasione, violenti, anche se questi dati non sono stati confermati da studi clinici controllati. È sconsigliato l’uso degli SSRI nel trattamento della depressione nei ragazzi al di sotto dei 18 anni, a causa della dubbia efficacia e degli effetti avversi, tra cui agitazione, insonnia e aggressività nelle prime settimane di trattamento. Nei pazienti di questa età è particolarmente pericoloso l’aumento di idee suicide (si veda oltre). Nonostante gli evidenti vantaggi degli SSRI rispetto ai TCA, soprattutto in relazione agli effetti collaterali, i risultati combinati di molti studi clinici mostrano poca differenza in termini di accettabilità da parte dei pazienti (si vedano Song et al., 1993; Cipriani et al., 2009). Oltre che nella depressione, gli SSRI sono utilizzati in una serie di disturbi psichiatrici che comprendono ansia e disturbi 579 ossessivo-compulsivi (si veda il Capitolo 43). 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) j j j j j j Figura 46.3 Selettività dell’inibizione della ricaptazione della noradrenalina e della 5-HT da parte di alcuni farmaci antidepressivi. Farmaci antidepressivi triciclici Gli antidepressivi triciclici (TCA; imipramina, desipramina, amitriptilina, nortriptilina, clomipramina) vengono ancora ampiamente utilizzati. Tuttavia, non rappresentano la terapia ideale e la necessità di un intervento farmacologico ad azione più rapida e più affidabile, con minori effetti collaterali e meno pericoloso nel caso di sovradosaggio, ha portato all’introduzione di farmaci di più recente ideazione, come gli inibitori della ricaptazione della serotonina e altri antidepressivi. I TCA hanno una struttura chimica strettamente correlata a quella delle fenotiazine (si veda il Capitolo 45) e sono stati inizialmente sintetizzati (nel 1949) come potenziali farmaci antipsicotici. Molti di questi composti sono amine terziarie con due gruppi metilici legati all’atomo di azoto di base e, in vivo, vengono rapidamente demetilati (Figura 46.4), portando alla formazione delle amine secondarie corrispondenti (per esempio, da imipramina a desipramina, da amitriptilina a nortriptilina), che sono attive e potrebbero essere somministrate come farmaci veri e propri. Esistono altri derivati triciclici con strutture di collegamento leggermente modificate e tra questi è inclusa la doxepina. All’interno di questo gruppo di farmaci non esistono grandi differenze nelle caratteristiche farmacologiche, che invece riguardano essenzialmente gli effetti collaterali, com’è riportato di seguito. I TCA sono anche utilizzati nel trattamento del dolore neuropatico (si veda il Capitolo 41). Meccanismo di azione Come detto sopra, l’effetto principale dei TCA consiste nel blocco della ricaptazione delle amine da parte delle terminazioni nervose per competizione con il sito di legame del trasportatore delle amine stesse (si veda il Capitolo 14). La maggior parte dei TCA inibisce la ricaptazione della noradre580 nalina e della 5-HT (si veda la Figura 46.3), ma è molto meno j Alcuni esempi comprendono la fluoxetina, la fluvoxamina, la paroxetina, la sertralina, il citalopram e l’escitalopram. Gli effetti antidepressivi sono simili per efficacia e decorso temporale a quelli dei TCA. La tossicità acuta (in particolare la cardiotossicità) è inferiore a quella degli IMAO o dei TCA; pertanto, il rischio di intossicazione è ridotto. Gli effetti collaterali includono nausea, insonnia e disfunzioni sessuali. Gli SSRI hanno un effetto sedativo inferiore ed effetti collaterali antimuscarinici ridotti rispetto ai primi TCA utilizzati. Non si conoscono interazioni con gli alimenti, ma può manifestarsi una pericolosa “reazione serotoninergica” (ipertermia, rigidità muscolare, collasso cardiocircolatorio), se gli SSRI vengono somministrati in associazione con gli IMAO. Esistono delle perplessità riguardo all’uso degli SSRI nei bambini e negli adolescenti, dovute a un aumento delle idee suicide che è stato documentato all’inizio del trattamento. Usati anche per altre indicazioni psichiatriche, come l’ansia. efficace nell’inibire la ricaptazione della dopamina. È stato suggerito che il miglioramento del tono dell’umore riflette principalmente un aumento della trasmissione mediata dalla 5-HT, mentre l’effetto sui sintomi biologici è il risultato della facilitazione della trasmissione noradrenergica. L’interpretazione è resa più difficile dal fatto che i principali metaboliti dei TCA hanno una considerevole attività farmacologica (in alcuni casi superiore a quella dei farmaci di origine) e spesso differiscono dai farmaci di origine per la loro selettività nei confronti della noradrenalina e della 5-HT (Tabella 46.4). Oltre agli effetti sulla ricaptazione delle amine, la maggior parte dei TCA influenza l’attività di recettori quali i recettori muscarinici per l’acetilcolina, i recettori istaminergici e i recettori serotoninergici. Gli effetti antimuscarinici dei TCA non contribuiscono alla loro azione antidepressiva, ma sono responsabili di vari effetti collaterali. Effetti indesiderati In soggetti non depressi, i TCA causano sedazione, confusione mentale e incoordinazione motoria. Questi effetti si manifestano anche nei pazienti depressi durante i primi giorni di trattamento, ma tendono a diminuire progressivamente in 1-2 settimane, quando inizia a comparire l’effetto antidepressivo. Gli antidepressivi triciclici causano un certo numero di effetti collaterali pericolosi, dovuti principalmente alla loro interferenza con il controllo esercitato dal sistema nervoso autonomo. Gli effetti simili all’atropina includono secchezza delle fauci, offuscamento della vista, costipazione e ritenzione urinaria. Questi effetti sono più marcati con l’amitriptilina e più deboli con la desipramina. I TCA causano ipotensione posturale, effetto che potrebbe sembrare anomalo per farmaci che potenziano la trasmissione noradrenergica. Tale effetto, probabilmente, deriva da un’interferenza sulla trasmissione noradrenergica nel centro vasomotore midollare. Un altro effetto collaterale comune è la sedazione e data la loro lunga durata di azione lo svolgimento delle attività diurne è spesso Farmaci antidepressivi 46 Figura 46.4 Metabolismo dell’imipramina, caratteristico anche di altri farmaci antidepressivi triciclici. L’enzima idrossilante, CYP2D6, è soggetto a un polimorfismo genetico, il quale può giustificare la variazione individuale nella risposta agli antidepressivi triciclici (si veda il Capitolo 11). influenzato negativamente dalla sonnolenza e dalla difficoltà di concentrazione. I TCA, soprattutto in caso di sovradosaggio, possono causare aritmie ventricolari associate al prolungamento dell’intervallo QT (si veda il Capitolo 21). L’uso di TCA a dosaggi terapeutici aumenta di poco, ma in maniera significativa, il rischio di morte cardiaca improvvisa. Tabella 46.4 Inibizione della ricaptazione della 5-HT e della noradrenalina neuronale da parte degli antidepressivi triciclici e dei loro metaboliti Farmaco/metabolita Ricaptazione Ricaptazione di NA di 5-HT Imipramina +++ ++ Dismetilimipramina (DMI) ++ + + + Idrossi-DMI +++ − Clomipramina (CMI) ++ +++ Dismetil-CMI +++ + Amitriptilina (AMI) ++ ++ Nortriptilina (dismetil-AMI) +++ ++ Idrossinortriptilina ++ ++ Interazioni con altri farmaci I TCA causano effetti collaterali particolarmente quando vengono somministrati in associazione con altri farmaci (si veda il Capitolo 56). La loro eliminazione dipende dal metabolismo epatico tramite gli enzimi microsomiali CYP, e questo può essere inibito da farmaci che competono per i medesimi isoenzimi (per esempio, farmaci antipsicotici e alcuni steroidi). Gli antidepressivi triciclici potenziano gli effetti dell’alcol e degli agenti anestetici per ragioni non ancora ben chiarite e possono causare morte per depressione respiratoria, se la loro somministrazione è accompagnata da un’abbondante assunzione di alcolici. I TCA interferiscono anche con l’azione di vari farmaci antipertensivi (si veda il Capitolo 22) con conseguenze potenzialmente pericolose, per cui il loro utilizzo in pazienti in terapia ipertensiva richiede un accurato controllo. Tossicità acuta Il sovradosaggio di farmaci antidepressivi triciclici è abbastanza pericoloso e un tempo era uno dei metodi più spesso utilizzati nei tentativi di suicidio. Questo è uno dei motivi per cui lo sviluppo di antidepressivi più sicuri è diventato un obiettivo prioritario. Gli effetti principali si manifestano a livello del sistema nervoso centrale e cardiaco. L’effetto iniziale dell’intossicazione da TCA è rappresentato da eccitazione e delirio, che possono essere accompagnati da convulsioni. A questa fase seguono coma e depressione respiratoria, che possono durare alcuni giorni. Sono particolarmente evidenti gli effetti atropino-simili come la secchezza delle fauci e della 581 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE pelle, la midriasi e l’inibizione della contrattilità intestinale e della vescica. Una volta si utilizzavano i farmaci anticolinesterasici per contrastare gli effetti atropino-simili, ma attualmente questa procedura non è più raccomandata. Le aritmie cardiache (si veda sopra) sono frequenti e si possono verificare, anche se raramente, fenomeni di morte improvvisa per fibrillazione ventricolare. Aspetti farmacocinetici Tutti i TCA vengono rapidamente assorbiti dopo somministrazione orale e si legano fortemente all’albumina plasmatica, con una percentuale di legame del 90-95% alle concentrazioni terapeutiche. I TCA si legano anche ai tessuti extravascolari e questo è alla base del loro grande volume di distribuzione (di solito 10-50 L/kg; si veda il Capitolo 8) e della lenta eliminazione. Il sequestro extravascolare, associato a un forte legame all’albumina plasmatica, rende praticamente inefficace l’emodialisi come mezzo per indurre un’aumentata del farmaco in caso di intossicazione. I TCA vengono metabolizzati nel fegato, dove subiscono due principali biotrasformazioni, una di N-demetilazione e una di idrossilazione dell’anello (Figura 46.4). Sia i metaboliti derivanti dalla demetilazione sia quelli derivanti dall’idrossilazione presentano attività biologica (si veda la Tabella 46.4). Durante il trattamento prolungato con TCA, la concentrazione plasmatica di questi metaboliti di solito è paragonabile a quella del farmaco di origine, sebbene ci sia un’ampia variabilità individuale. L’inattivazione dei farmaci avviene per mezzo della coniugazione con acido glucuronico dei metaboliti idrossilati e i glucuronidi che si formano vengono escreti nelle urine. L’emivita complessiva di eliminazione dei TCA è generalmente lunga, passando da 10 a 20 ore per l’imipramina e la desipramina, fino a circa 80 ore per la protriptilina. Questi valori sono persino maggiori per i pazienti anziani, nei quali si può verificare un accumulo graduale, che provoca lo sviluppo lento e progressivo degli effetti collaterali. La relazione tra le concentrazioni plasmatiche e l’effetto terapeutico non è lineare. Studi condotti sulla nortriptilina, infatti (Figura 46.5), mostrano che una concentrazione plasmatica troppo elevata riduce l’effetto antidepressivo e la “finestra terapeutica” è alquanto ristretta. 582 Figura 46.5 “Finestra terapeutica” per la nortriptilina. L’effetto antidepressivo, valutato mediante scale soggettive di classificazione, è ottimale a concentrazioni comprese tra 200 e 400 nmol/L e diminuisce a concentrazioni più elevate. Antidepressivi triciclici j j j j j j j Gli antidepressivi triciclici sono chimicamente correlati alle fenotiazine e alcuni di essi mostrano un’azione comparabile di blocco non selettivo dei recettori. Esempi importanti includono l’imipramina, l’amitriptilina e la clomipramina. La maggior parte ha una lunga durata di azione e viene spesso convertita in metaboliti attivi. Importanti effetti collaterali sono: sedazione (blocco dei recettori H1); ipotensione posturale (blocco dei recettori a-adrenergici); secchezza delle fauci, visione offuscata, costipazione (blocco muscarinico); a volte mania e convulsioni. Rischio di aritmie ventricolari. Sono pericolosi in caso di sovradosaggio acuto: confusione, mania e aritmie cardiache. Probabile interazione con altri farmaci (per esempio, alcol, anestetici, farmaci ipotensivi e farmaci antinfiammatori non steroidei; non dovrebbero essere somministrati in concomitanza con gli inibitori delle monoamino ossidasi). Anche usati nel trattamento del dolore neuropatico. Altri inibitori non selettivi della ricaptazione delle monoamine Altri inibitori relativamente non selettivi della ricaptazione delle monoamine (gli SNRI, inibitori della ricaptazione della serotonina/noradrenalina) comprendono la venlafaxina, la desvenlafaxina, la duloxetina e il milnacipran (si veda la Tabella 46.2). Oggi questi composti sono diffusamente utilizzati come farmaci antidepressivi per la maggiore efficacia terapeutica percepita e per il buon profilo di sicurezza. Il milnacipran mostra una certa selettività per la ricaptazione della noradrenalina rispetto alla ricaptazione della 5-HT. Con l’aumento del dosaggio di venlafaxina, aumenta anche l’efficacia del farmaco e tale effetto è stato interpretato come la dimostrazione del fatto che la sua debole azione inibitoria sulla ricaptazione della noradrenalina potrebbe aggiungersi alla sua azione inibitoria sulla ricaptazione della 5-HT, che si verifica a bassi dosaggi; questa combinazione fornisce quindi un beneficio terapeutico aggiuntivo. Questi farmaci sono tutti attivi per via orale; la venlafaxina è disponibile in una formulazione a lento rilascio che riduce l’incidenza della nausea. La venlafaxina, la desvenlafaxina e la duloxetina sono efficaci in alcuni disturbi d’ansia (si veda il Capitolo 43). La desvenlafaxina può dimostrarsi efficace nel trattamento di alcuni sintomi premenopausali, come le vampate di calore e l’insonnia. La duloxetina e il milnacipran sono utilizzati nel trattamento del dolore neuropatico e della fibromialgia (si veda il Capitolo 41). La duloxetina è usata anche per il trattamento dell’incontinenza urinaria. La venlafaxina e la duloxetina sono metabolizzate da CYP2D6. La venlafaxina è convertita a desvenlafaxina, che mostra una maggiore azione inibitoria sulla ricaptazione della noradrenalina. Gli effetti indesiderati di questi farmaci, dovuti perlopiù alla maggiore attivazione dei recettori adrenergici, comprendono mal di testa, insonnia, disfunzioni sessuali, secchezza delle fauci, vertigini, sudorazione e riduzione dell’appetito. I sintomi più comuni in caso di sovradosaggio sono depressione del SNC, sindrome serotoninergica, convulsioni e anomalie della conduzione cardiaca. La duloxetina si è rivelata una causa di epatotossicità ed è controindicata nei pazienti con insufficienza epatica. Farmaci antidepressivi Altri inibitori della ricaptazione delle monoamine j j j j j j La venlafaxina è un inibitore della ricaptazione della 5-HT ma è meno selettiva degli SSRI per la 5-HT rispetto alla noradrenalina. È metabolizzata a desvenlafaxina, un altro antidepressivo. La duloxetina inibisce la ricaptazione di NA e 5-HT. Il bupropione è un inibitore della ricaptazione di noradrenalina e dopamina. Sono generalmente simili agli antidepressivi triciclici, ma non bloccano i recettori e perciò presentano effetti collaterali minori. Presentano rischi minori di provocare effetti cardiaci, quindi sono più sicuri degli antidepressivi triciclici in caso di sovradosaggio. Possono essere usati nel trattamento di altri disturbi: j venlafaxina, desvenlafaxina e duloxetina: disturbi d’ansia j duloxetina e milnacipran: dolore neuropatico e fibromialgia j duloxetina: incontinenza urinaria. Altri inibitori della ricaptazione della noradrenalina Il bupropione inibisce la ricaptazione sia della noradrenalina sia della dopamina (ma non della 5-HT); tuttavia, a differenza della cocaina e dell’amfetamina (si veda il Capitolo 47), non induce euforia e finora non ha dimostrato nessun potenziale di abuso. È metabolizzato a metaboliti attivi. È impiegato anche nel trattamento della dipendenza da nicotina (si veda il Capitolo 48). La reboxetina e l’atomoxetina sono inibitori altamente selettivi della ricaptazione della noradrenalina, ma nella depressione hanno un’efficacia minore rispetto ai TCA. L’atomoxetina è approvata per il trattamento della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (si veda il Capitolo 47). Antagonisti Dei Recettori Monoaminergici La mirtazapina blocca non solo i recettori a2-adrenergici ma anche altri tipi di recettori, compresi i recettori 5-HT2C, il che potrebbe contribuire alla sua azione antidepressiva. Il blocco dei recettori a2-adrenergici non aumenta soltanto il rilascio di noradrenalina, ma stimola anche il rilascio di 5-HT (si veda la Figura 46.2B); tuttavia, la mirtazapina, bloccando simultanea- Altri farmaci antidepressivi j j j j j La mirtazapina blocca i recettori a2-adrenergici e i recettori 5-HT2C, stimolando il rilascio di noradrenalina e di 5-HT. La mirtazapina sembra agire più rapidamente rispetto ad altri antidepressivi e provoca minori episodi di nausea e disfunzioni sessuali rispetto agli SSRI. Il trazodone blocca i recettori 5-HT2A e 5-HT2C e la ricaptazione della 5-HT. La mianserina blocca i recettori H1, 5-HT2A e a1-adrenergici. Il suo utilizzo è in declino per via del rischio di depressione midollare. È consigliabile il monitoraggio costante dell’emocromo. Gli effetti collaterali cardiovascolari di questi farmaci sono minori rispetto a quelli degli antidepressivi triciclici. 46 mente i recettori 5-HT2A e 5-HT3, è in grado di ridurre gli effetti indesiderati mediati da questi recettori (per esempio, disfunzioni sessuali e nausea), lasciando inalterata la stimolazione dei recettori postsinaptici 5-HT1A. Inoltre, blocca i recettori istaminergici H1 che possono provocare sedazione. Il trazodone combina l’attività antagonista sui recettori 5-HT2A e 5-HT2C con l’inibizione della ricaptazione della 5-HT. La mianserina, un altro antagonista dei recettori a2-adrenergici che blocca anche i recettori H1, 5-HT2A e i recettori a1-adrenergici, può provocare depressione del midollo osseo; pertanto, il suo uso comporta la necessità di controllare regolarmente l’emocromo; per questo motivo, negli ultimi anni il suo impiego si è piuttosto ridotto. Inibitori Delle MONOAMINO OSSIDASI Gli inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) furono tra i primi farmaci a essere introdotti per uso clinico come antidepressivi, ma sono stati, in seguito, ampiamente sostituiti da altri tipi di antidepressivi, la cui efficacia clinica è stata considerata migliore e i cui effetti collaterali erano, in genere, di minor gravità rispetto a quelli provocati dagli IMAO. Tra i principali esempi di IMAO ci sono la fenelzina, la tranilcipromina e l’iproniazide. Questi farmaci causano un’inibizione irreversibile dell’enzima e non distinguono tra i due principali isoenzimi. La scoperta di inibitori reversibili, che possiedono selettività isoenzimatica, ha risvegliato l’interesse per questa classe di farmaci. Sebbene numerosi studi abbiano mostrato una riduzione dell’attività delle MAO piastriniche in certi gruppi di pazienti depressi, non vi è una chiara evidenza che l’attività anomala delle MAO sia coinvolta nella patogenesi della depressione. Le MAO (si veda il Capitolo 14) sono presenti in quasi tutti i tessuti ed esistono in due forme molecolari simili codificate da geni diversi (si veda la Tabella 46.5). La MAO di tipo A ha come substrato preferenziale la 5-HT ed è il principale bersaglio degli antidepressivi IMAO. La MAO di tipo B ha come substrato preferenziale la feniletilamina e la dopamina. Il tipo B è inibito selettivamente dalla selegilina, che viene utilizzata nel trattamento della malattia di Parkinson (si veda il Capitolo 39). La soppressione dell’espressione del gene della MAO di tipo A nel topo causa un aumento dell’accumulo cerebrale della 5-HT e, in misura minore, della noradrenalina, accompagnato da un comportamento aggressivo (si veda Shih et al., 1999). È Tabella 46.5 Substrati e inibitori delle monoamino ossidasi di tipo A e di tipo B Tipo A Tipo B Substrati preferiti Noradrenalina 5-idrossitriptamina Feniletilamina Benzilamina Substrati non specifici Dopamina Tiramina Dopamina Tiramina Inibitori specifici Clorgilina Moclobemide Selegilina Inibitori non specifici Pargilina Tranilcipromina Isocarbossazide Pargilina Tranilcipromina Isocarbossazide 583 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE stato riportato il caso di una famiglia con una mutazione genetica che portava alla perdita di attività della MAO di tipo A, i cui membri mostravano ritardo mentale e un comportamento violento. La maggior parte degli IMAO agisce su entrambe le forme di MAO, ma gli studi clinici condotti con inibitori specifici dei due sottotipi hanno mostrato chiaramente che l’attività antidepressiva così come i principali effetti collaterali degli IMAO sono correlati all’inibizione della MAO di tipo A. Le MAO sono localizzate a livello intracellulare, perlopiù associate ai mitocondri, ed esercitano due funzioni principali: 1.All’interno delle terminazioni nervose, regolano la concentrazione intraneuronale libera di noradrenalina o 5-HT e, quindi, i depositi di questi trasmettitori disponibili a essere rilasciati (si veda il Capitolo 14). Tali enzimi non sono coinvolti nell’inattivazione dei trasmettitori rilasciati. 2.Le MAO sono importanti nell’inattivazione delle amine endogene e di quelle assunte con la dieta, come la tiramina, che altrimenti produrrebbero effetti indesiderati. Aspetti chimici Gli inibitori delle monoamino ossidasi sono analoghi del substrato, hanno una struttura simile a quella della feniletilamina e la maggior parte di loro contiene un gruppo reattivo (per esempio, l’idrazina, la propargilamina, la ciclopropilamina) che permette all’inibitore di legarsi covalentemente all’enzima, causando un’inibizione non competitiva e di lunga durata. Il recupero dell’attività delle MAO dopo l’inibizione richiede parecchie settimane con la maggioranza dei farmaci, ma è più veloce con la tranilcipromina, che forma un legame meno stabile con l’enzima. La moclobemide agisce come un inibitore competitivo reversibile. Gli inibitori delle monoamino ossidasi non sono particolarmente specifici nella loro azione e inibiscono una serie di altri enzimi oltre alle MAO, compresi quelli coinvolti nel metabolismo di altri farmaci. A ciò sono da imputare molte importanti interazioni cliniche associate alla somministrazione degli IMAO. Effetti farmacologici Gli inibitori delle monoamino ossidasi causano un aumento rapido e prolungato del contenuto cerebrale di 5-HT, noradrenalina e dopamina; la 5-HT è l’amina più coinvolta in questo effetto, mentre la dopamina lo è molto meno. Simili cambiamenti si verificano nei tessuti periferici come cuore, fegato e intestino, con un possibile aumento delle concentrazioni plasmatiche di queste amine. Sebbene questi incrementi tissutali di amine siano in gran parte dovuti all’accumulo nei neuroni, il rilascio del trasmettitore in risposta all’attività nervosa non è aumentato. All’opposto dell’effetto dei TCA, gli IMAO non aumentano la risposta degli organi periferici, come il cuore e i vasi sanguigni, alla stimolazione dei nervi simpatici. L’effetto principale degli IMAO è l’aumento della concentrazione citoplasmatica di monoamine nelle terminazioni nervose, senza influenzare significativamente i depositi vescicolari che rappresentano la quantità rilasciabile dalla stimolazione nervosa. L’aumento dei livelli citoplasmatici causa l’aumento sia del rilascio spontaneo di monoamine sia di quello indotto dalle amine simpaticomimetiche ad azione indiretta, come l’amfetamina e la tiramina (si vedano il Capi584 tolo 14 e la Figura 14.8). L’inibizione delle MAO aumenta la quantità di monoamine che fuoriesce spontaneamente (senza attività elettrica) dalle terminazioni e, quindi, potenzia la risposta. La tiramina, perciò, causa un aumento della pressione sanguigna molto più marcato negli animali trattati con IMAO che nei controlli. Questo meccanismo è importante in relazione alla cosiddetta cheese reaction prodotta dagli IMAO nell’uomo (si veda oltre). Nei soggetti umani normali, gli IMAO causano un aumento immediato dell’attività motoria e nel corso di pochi giorni sviluppano euforia ed eccitazione. Tali effetti sono in contrasto con quelli osservati nel trattamento con TCA, i quali causano solo sedazione e confusione se somministrati a soggetti non depressi. Gli effetti degli IMAO sul metabolismo delle amine si sviluppano rapidamente e l’effetto di una singola dose dura per alcuni giorni. Come con gli SSRI e i TCA, esiste una chiara discrepanza tra la rapida risposta biochimica e l’effetto antidepressivo ritardato. Effetti indesiderati e tossicità Molti effetti indesiderati degli IMAO dipendono direttamente dall’inibizione delle MAO, ma alcuni sono prodotti da altri meccanismi. L’ipotensione è un effetto collaterale comune; infatti, la pargilina una volta veniva utilizzata come farmaco antipertensivo. Una spiegazione possibile per questo effetto – l’opposto di quello che ci si aspetterebbe – è che le amine come la dopamina o l’octopamina si accumulano all’interno delle terminazioni nervose simpatiche periferiche e spiazzano la noradrenalina dai depositi vescicolari, riducendo, quindi, il rilascio di noradrenalina associato all’attività simpatica. L’eccessiva stimolazione a livello del sistema nervoso centrale può causare tremore, eccitamento, insonnia e, nei casi di overdose, convulsioni. L’aumento dell’appetito, che conduce a un aumento di peso, può essere così marcato da richiedere la sospensione della terapia. Gli effetti collaterali atropino-simili (secchezza delle fauci, offuscamento della vista, ritenzione urinaria ecc.) sono comuni con gli IMAO, sebbene rappresentino un problema minore rispetto ai TCA. Gli IMAO del tipo idrazinico (per esempio, la fenelzina e l’iproniazide) causano, molto raramente (meno di un caso su 10.000), epatotossicità severa, che sembra sia dovuta alla componente di idrazina della molecola. Il loro uso, pertanto, è sconsigliato nei pazienti con malattie epatiche. Interazioni con altri farmaci e componenti della dieta L’interazione con altri farmaci e con alcuni componenti della dieta rappresenta il problema più serio degli IMAO ed è il principale fattore che ha causato il loro declino nell’uso clinico. Il vantaggio principale dei nuovi IMAO di tipo reversibile, come la moclobemide, è che queste interazioni sono ridotte. La cosiddetta cheese reaction è una conseguenza diretta dell’inibizione delle MAO e si verifica quando vengono ingerite amine normalmente innocue (principalmente la tiramina) prodotte durante la fermentazione. La tiramina di norma viene metabolizzata dalle MAO nelle pareti dell’intestino e nel fegato e solo una piccola quantità raggiunge la circolazione sistemica. L’inibizione delle MAO permette alla tiramina di essere assorbita e, inoltre, aumenta il suo effetto simpaticomimetico, come descritto Farmaci antidepressivi Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) j j j j j j I principali comprendono la fenelzina, la tranilcipromina, l’isocarbossazide (irreversibili, lunga durata di azione, non selettivi tra MAO di tipo A e B) e la moclobemide (reversibile, breve durata di azione, selettiva per le MAO di tipo A). IMAO a lunga durata di azione: j i principali effetti collaterali sono: ipotensione posturale (blocco simpatico); effetti atropino-simili (come i TCA); aumento del peso corporeo; stimolazione del SNC, con agitazione, insonnia, epatotossicità e neurotossicità (rari) j l’intossicazione acuta causa stimolazione del SNC, talvolta convulsioni j cheese reaction, vale a dire grave crisi ipertensiva dopo ingestione di cibi contenenti tiramina (per esempio, formaggio, birra, vino, lievito o estratti di soia). Tali reazioni possono verificarsi fino a 2 settimane dopo la sospensione del trattamento. Le interazioni con altre amine (per esempio, l’efedrina presente in decongestionanti da banco, la clomipramina e altri TCA) e con alcuni altri tipi di farmaci (per esempio, la petidina) sono potenzialmente letali. La moclobemide è utilizzata per la depressione più grave e la fobia sociale. La cheese reaction e le interazioni con altri farmaci sono meno gravi e hanno una durata inferiore rispetto a quelle degli IMAO irreversibili. Gli IMAO vengono utilizzati molto meno rispetto ad altri antidepressivi a causa degli effetti avversi e delle gravi interazioni che presentano. Sono indicati per la depressione più grave nei pazienti che non rispondono al trattamento con gli altri farmaci. 46 Miscellanea Di Agenti Il metilfolato, somministrato come integratore alimentare, può essere efficace in soggetti depressi che presentano un calo dei livelli di folato. Gli estrogeni, usati per migliorare il tono dell’umore delle donne in premenopausa, possono dimostrarsi utili anche per il trattamento della depressione post partum. Non è stata chiarita la loro efficacia nel trattamento di altre forme di depressione. Oltre alla ben documentata attività ormonale nell’organismo (si veda il Capitolo 34), hanno anche un effetto sui sistemi monoaminergici, GABAergici e glutammatergici nel cervello (si vedano i Capitoli 37 e 38). Farmaci Antidepressivi Futuri Dopo un periodo di inerzia, oggi sono finalmente in fase di sviluppo numerosi nuovi farmaci che sembrano promettenti (si vedano Lodge e Li, 2008; Mathew et al., 2008). Questi composti possono essere suddivisi a grandi linee come segue: j Farmaci che agiscono sulla trasmissione monoaminergica, compresi i farmaci con almeno una delle seguenti proprietà: agonismo sui recettori b3-adrenergici, agonismo o antagonismo sui recettori dopaminergici D2, agonismo o agonismo parziale sui recettori 5-HT1A e antagonismo sui recettori 5-HT2A, così come inibizione della ricaptazione di dopamina, noradrenalina e 5-HT. Uso clinico dei farmaci nella depressione sopra. Il risultato è una crisi ipertensiva acuta, che dà origine a una grave cefalea pulsante e, a volte, anche a emorragia intracranica. Sebbene molti cibi contengano una certa quantità di tiramina, sembra che ne debbano essere ingeriti almeno 10 mg per causare questa reazione e il principale pericolo è costituito dai formaggi stagionati e dai prodotti concentrati del lievito. Anche la somministrazione di amine simpaticomimetiche ad azione indiretta (per esempio, l’efedrina, un decongestionante nasale, e l’amfetamina, una sostanza di abuso) può causare un’ipertensione grave in pazienti sottoposti a trattamento con gli IMAO; gli agenti ad azione diretta come la noradrenalina (usati, per esempio, in associazione con gli anestetici locali; si veda il Capitolo 42) non sono pericolosi. La moclobemide, un inibitore specifico della MAO di tipo A, non causa la cosiddetta cheese reaction, probabilmente perché la tiramina può ancora essere metabolizzata dalla MAO di tipo B. Sono stati riportati episodi ipertensivi in pazienti ai quali erano stati somministrati simultaneamente TCA e IMAO. Una spiegazione possibile è che l’inibizione della ricaptazione della noradrenalina aumenti ulteriormente la risposta cardiovascolare alla tiramina nella dieta, accentuando così la cheese reaction. Questa associazione di farmaci può anche produrre eccitamento e iperattività. Gli inibitori delle monoamino ossidasi possono interagire con la petidina (si veda il Capitolo 41) causando una grave iperpiressia, con agitazione, coma e ipotensione. Il meccanismo non è stato ancora completamente chiarito, ma è possibile che l’inibizione della demetilazione porti alla produzione di un metabolita anomalo della petidina. j j j j j j j j j La depressione lieve è spesso meglio trattata inizialmente con terapie non farmacologiche, limitando l’associazione con farmaci antidepressivi ai casi in cui il paziente non risponde adeguatamente. L’uso dei farmaci antidepressivi è consigliabile nel trattamento della depressione di grado moderato e severo. L’efficacia clinica dei farmaci antidepressivi è limitata e varia da individuo a individuo. Gli studi clinici non hanno prodotto risultati coerenti a causa delle risposte al placebo e delle oscillazioni spontanee del grado di depressione. Le diverse classi di farmaci antidepressivi hanno livelli simili di efficacia, ma effetti collaterali diversi. La scelta del farmaco si basa su aspetti individuali, tra cui disturbi concomitanti (i TCA, in particolare, hanno numerose indicazioni) e trattamenti (gli IMAO e i TCA causano importanti interazioni), il rischio di suicidio e la risposta a trattamenti precedenti. A parità di altri aspetti, si tendono a preferire gli SSRI perché in genere sono meglio tollerati e sono meno pericolosi nei casi di sovradosaggio. L’effetto dei farmaci antidepressivi compare dopo diverse settimane dall’assunzione, perciò è bene non prendere decisioni affrettate in merito a un possibile aumento del dosaggio o al passaggio a un’altra classe di farmaci. L’uso degli IMAO deve essere prescritto da uno specialista. Gli schemi posologici che dimostrano efficacia devono essere seguiti per almeno 2 anni. Nei casi urgenti, lo specialista potrebbe prendere in considerazione il ricorso alla terapia elettroconvulsivante. In alcuni pazienti può essere utile l’aggiunta di ansiolitici (per esempio, le benzodiazepine; si veda il Capitolo 43) o di farmaci antipsicotici (si veda il Capitolo 45). 585 46 Parte IV j j SISTEMA NERVOSO CENTRALE Farmaci che agiscono sui canali ionici. Gli agonisti, gli agonisti parziali e gli antagonisti dei recettori nicotinici sembrano avere tutti, sorprendentemente, proprietà antidepressive. Una possibile spiegazione è che l’effetto richiesto per l’azione antidepressiva è rappresentato dalla riduzione dell’attivazione dei recettori e che gli agonisti sono in grado di indurre la desensibilizzazione dei recettori, mentre gli agonisti parziali inibiscono gli effetti dell’acetilcolina endogena. L’interesse per i farmaci che agiscono sul recettore NMDA è cresciuto in seguito all’osservazione dell’effetto ottenuto con una singola dose di ketamina (si veda il Capitolo 40), che si è dimostrata in grado di alleviare rapidamente la depressione, producendo un effetto che dura per giorni. Le AMPAchine, farmaci che potenziano le risposte del recettore AMPA (si veda il Capitolo 37), si mostrano efficaci nei modelli animali. Altri bersagli putativi sono i recettori P2X, i recettori 5-HT3 e vari canali del potassio. Farmaci che agiscono sui nuovi bersagli recettoriali, come gli antagonisti dei recettori GRII per il cortisolo, gli analoghi del fattore di inibizione dei melanociti (MIF-1), gli agonisti dei recettori M1/M2 per la melatonina, gli antagonisti dei recettori NK1 e NK2. Altre correnti di ricerca sono impegnate nello sviluppo di composti che agiscono sulle vie di trasduzione del segnale coinvolte nella neurogenesi, nella plasticità neuronale e nell’apoptosi. Terapie Di Stimolazione Cerebrale Alcune tecniche di stimolazione cerebrale sono attualmente impiegate o in fase di sviluppo per il trattamento della depressione. La più affermata è la terapia elettroconvulsivante (ECT) e la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (TMS). Spesso si ricorre ai trattamenti di stimolazione cerebrale come approccio terapeutico di ultima istanza, per i pazienti che non hanno risposto alla terapia con farmaci antidepressivi. L’ECT implica la stimolazione tramite elettrodi posizionati ai lati della testa, con il paziente blandamente anestetizzato e sotto l’effetto di farmaci che inducono paralisi muscolare di breve durata (per esempio, suxametonio, noto anche come succinilcolina; si veda il Capitolo 13) – in modo da evitare danni fisici – e sottoposto a ventilazione artificiale. Studi clinici controllati hanno dimostrato che l’ECT è efficace almeno quanto i farmaci antidepressivi, con percentuali di risposte che variano tra il 60 e l’80%; questo sembra essere il trattamento più efficace in forme di depressione severa con tendenza al suicidio e ha il vantaggio di produrre una risposta rapida. Il principale svantaggio dell’ECT è che spesso causa confusione e perdita di memoria, che durano per giorni o settimane. La TMS produce una stimolazione elettrica senza anestesia o convulsioni e non provoca deterioramento cognitivo (si veda Kirkcaldie et al., 1997). L’effetto dell’ECT su animali da esperimento è stato attentamente analizzato per ottenere informazioni sul meccanismo di azione dei farmaci antidepressivi, ma le indicazioni che ne sono derivate non sono state molto chiare. La sintesi e la ricaptazione della 5-HT non sono alterate e la ricaptazione della noradrenalina è in qualche modo aumentata (in contrasto con l’effetto dei TCA). La diminuita responsività dei recettori badrenergici, a livello biochimico e comportamentale, si verifica sia con l’ECT sia con la somministrazione a lungo termine 586 dei farmaci antidepressivi, ma le alterazioni delle risposte mediate dalla 5-HT tendono ad andare in direzione opposta (si veda Maes e Meltzer, 1995). È stato riscontrato che la stimolazione cerebrale profonda, usata anche nel trattamento della malattia di Parkinson (si veda il Capitolo 39), in cui l’attività di una specifica area del cervello viene alterata mediante elettrodi impiantati chirurgicamente, è efficace in pazienti che non rispondono ad altri trattamenti (si veda Mayberg et al., 2005). Non è stata ancora chiarita l’efficacia di un’altra tecnica, quella della stimolazione del nervo vago, nella produzione di benefici a lungo termine (si veda Grimm e Bajbouj, 2010). Efficacia Clinica Dei Trattamenti Antidepressivi L’efficacia clinica complessiva degli antidepressivi è stata stabilita da numerosi studi clinici ben controllati, sebbene il grado di miglioramento dei pazienti possa restare limitato. Nella terapia a lungo termine, il tasso di remissione può essere anche solo del 30%. Inoltre, è chiaro che alcuni pazienti guariscono spontaneamente e che il 30-40% non migliora con il trattamento farmacologico. Sebbene gli antidepressivi producano un significativo beneficio nei pazienti con una depressione di grado moderato o severo, nei casi lievi la loro efficacia non è ancora chiara. Studi controllati hanno dimostrato che, in termini di efficacia clinica, non vi è una grande differenza fra i vari tipi di farmaci, anche se l’esperienza clinica suggerisce che i singoli pazienti possono rispondere meglio a un farmaco piuttosto che a un altro, e le ragioni di questa reazione sono sconosciute. Fattori farmacogenetici ▼ La variabilità individuale in risposta ai farmaci antidepressivi può essere parzialmente dovuta a fattori genetici, così come all’eterogeneità della condizione clinica. Hanno ricevuto particolare attenzione due fattori genetici: 1. il polimorfismo del gene del citocromo P450, in particolare CYP2D6 (si veda Kirchheiner et al., 2004) che è responsabile dell’idrossilazione dei TCA 2. il polimorfismo dei geni del trasportatore delle monoamine (si veda Glatt e Reus, 2003). Circa il 10% della popolazione caucasica possiede una mutazione genetica di CYP2D6 che altera la funzione dell’enzima e, di conseguenza, può essere suscettibile agli effetti collaterali dei TCA e di vari altri farmaci (si veda il Capitolo 11) metabolizzati in questo modo. L’effetto opposto, causato dalla duplicazione del gene, è comune nelle popolazioni dell’Europa dell’Est e dell’Africa Orientale e può arrivare al punto da far perdere l’efficacia clinica in alcuni individui. Vi sono alcune evidenze che suggeriscono che la risposta agli SSRI sia correlata al polimorfismo di uno dei geni che codifica per il trasportatore della serotonina (si veda Gerretsen e Pollock, 2008). Anche se in futuro la possibilità di conoscere il genotipo potrebbe essere un approccio utile per ottenere una terapia antidepressiva individualizzata, la sua realizzazione pratica è ancora lontana. Suicidio e farmaci antidepressivi ▼ Alcuni anni fa è stato suggerito che gli antidepressivi possono aumentare il rischio di “tentativi di suicidio” in pazienti depressi, in particolare nei bambini e negli adolescenti (si veda Licinio e Wong, 2005). L’espressione “tentativo di suicidio” comprende i pensieri suicidi e la pianificazione così come i tentativi senza successo; l’atto suicida, sebbene sia una delle maggiori cause di morte nella popolazione giovane, è molto più rara dei tentativi di suicidio. Studi clinici per determinare la relazione tra antidepressivi e tentativi di suicidio sono difficili, a causa della chiara associazione tra Farmaci antidepressivi depressione e suicidio, e hanno determinato risultati variabili, con alcuni studi che suggeriscono un aumento dei tentativi di suicidio nelle prime settimane di trattamento con antidepressivi, e non successivamente, e altri che mostrano un piccolo incremento nel rischio di suicidio reale (si veda Cipriani et al., 2005). Recenti rassegne di dati pubblicati concludono che sebbene gli antidepressivi, compresi gli SSRI, comportino un rischio minimo di indurre pensieri suicidi e tentativi di suicidio nella popolazione giovanile, in quella di età più avanzata tale rischio diminuisce (si vedano Hetrick et al., 2007; Möller et al., 2008; Barbui et al., 2009). Non vi sono evidenze che suggeriscono un rischio maggiore con l’uso degli SSRI rispetto agli altri antidepressivi. Inoltre, occorre valutare il rischio mettendolo a confronto con gli effetti benefici che questi farmaci hanno non soltanto sulla depressione, ma anche su ansia, panico e disturbi ossessivo-compulsivi (si veda il Capitolo 43). Altri Usi Clinici Dei Farmaci Antidepressivi Il termine “farmaco antidepressivo” è, in un certo senso, fuorviante perché attualmente molte di queste sostanze vengono usate nel trattamento di disturbi diversi dalla depressione, che comprendono: j j j j j j j dolore neuropatico (per esempio, amitriptilina, nortriptilina; si veda il Capitolo 41) disturbi d’ansia (per esempio, SSRI, venlafaxina, duloxetina; si veda il Capitolo 43) fibromialgia (per esempio, duloxetina, venlafaxina, SSRI, TCA; si veda il Capitolo 41) depressione bipolare (per esempio, fluoxetina in associazione a olanzapina; si veda oltre) obesità (per esempio, sibutramina; si veda il Capitolo 31) disassuefazione dal fumo (per esempio, bupropione; si veda il Capitolo 48) sindrome da deficit di attenzione e iperattività (per esempio, atomoxetina; si veda il Capitolo 47). Trattamento Farmacologico Della Depressione Bipolare Oggi diversi farmaci che stabilizzano l’umore sono utilizzati per controllare le oscillazioni del tono dell’umore tipiche delle sindromi maniaco-depressive (bipolari). I principali sono: j j j litio diversi farmaci antiepilettici, come carbamazepina, valproato e lamotrigina alcuni farmaci antipsicotici atipici, per esempio l’olanzapina, il risperidone, la quetiapina e l’aripiprazolo. Quando sono utilizzati nel trattamento della depressione bipolare, il litio e gli agenti antiepilettici sono spesso definiti farmaci stabilizzanti dell’umore. Altri agenti che potrebbero avere un qualche effetto positivo nel trattamento della depressione bipolare sono le benzodiazepine (per calmare, indurre il sonno e ridurre l’ansia), la memantina, l’amantadina e la ketamina. L’uso dei farmaci antidepressivi nella depressione bipolare è piuttosto controverso. Si consiglia la somministrazione in associazione a un agente antimaniacale perché, in alcuni pazienti, questi farmaci potrebbero indurre o aumentare gli stati maniacali. 46 Trattamento della depressione bipolare j j j j Litio, uno ione inorganico, da somministrare oralmente, come carbonato di litio. Il meccanismo di azione non è ancora stato chiarito. Le principali indicazioni sul meccanismo biochimico sono: j interferenza con la formazione dell’inositolo trifosfato j inibizione delle chinasi. Farmaci antiepilettici (per esempio, carbamazepina, valproato, lamotrigina) j miglior profilo di sicurezza e minori effetti collaterali. Farmaci antipsicotici atipici (per esempio, olanzapina, risperidone, quetiapina, aripiprazolo). Utilizzati per la profilassi della depressione bipolare, questi farmaci prevengono le oscillazioni del tono dell’umore e, quindi, possono ridurre sia la depressione sia le fasi maniacali della malattia. Vengono somministrati per lunghi periodi e i loro effetti benefici si sviluppano in 3-4 settimane. Somministrati durante un attacco acuto, sono efficaci solo nel ridurre la fase maniacale, ma non la fase depressiva (anche se il litio viene usato qualche volta in aggiunta agli antidepressivi nei casi gravi di depressione unipolare). Litio L’effetto psicotropo del litio fu scoperto nel 1949 da Cade, il quale aveva previsto che i sali di urato avrebbero dovuto prevenire l’induzione dello stato di ipereccitabilità dovuto all’uremia nelle cavie. Scoprì che l’urato di litio era efficace e che il litio era il principio attivo; inoltre, dimostrò che il trattamento con il litio dava origine a un rapido miglioramento nei pazienti maniacali. I farmaci antiepilettici e gli antipsicotici atipici (si veda oltre) sono ugualmente efficaci nel trattamento della mania in fase acuta; questi agiscono più velocemente e sono molto più sicuri, per cui l’uso clinico del litio è limitato in modo particolare al controllo profilattico della malattia maniaco-depressiva. L’uso del litio è in declino.5 È abbastanza difficile da utilizzare, perché richiede il monitoraggio della sua concentrazione plasmatica, ed esiste il rischio di creare problemi in pazienti con insufficienza renale e di interazioni con altri farmaci, come per esempio i diuretici (si veda il Capitolo 56). Il litio potrebbe avere effetti benefici in disturbi neurodegenerativi come la malattia di Alzheimer (si veda il Capitolo 39). Effetti farmacologici e meccanismo di azione Il litio è clinicamente efficace alla concentrazione plasmatica di 0,5-1 mmol/L, mentre a livelli superiori a 1,5 mmol/L produce una serie di effetti tossici, per cui la finestra terapeutica risulta stretta. Nei soggetti normali, a concentrazioni plasmatiche di 1 mmol/L non presenta effetti psicotropi apprezzabili. Tuttavia, esso causa molte alterazioni biochimiche misurabili e non è ancora noto come queste possano essere correlate al suo effetto terapeutico. Il litio è un catione monovalente che può mimare l’effetto di Na+ nei tessuti eccitabili, poiché è in grado di passare attraverso Il declino dell’impiego del litio potrebbe essere stato influenzato dalle minori iniziative di promozione di mercato di questo semplice ione inorganico rispetto 587 ad altri agenti farmacologici. 5 46 Parte IV SISTEMA NERVOSO CENTRALE i canali voltaggio-dipendenti di Na+ responsabili della generazione del potenziale d’azione (si veda il Capitolo 4). Tuttavia, il litio non viene trasportato verso l’esterno tramite la pompa Na+/ K+-ATPasi e, quindi, tende ad accumularsi all’interno delle cellule eccitabili determinando una parziale perdita di K+ intracellulare e depolarizzazione della cellula. Gli effetti biochimici del litio sono complessi, in quanto esso inibisce molti enzimi coinvolti nelle vie di trasduzione del segnale. Gli effetti considerati di maggiore rilevanza ai fini della sua azione terapeutica sono: j j Uso clinico dei farmaci stabilizzanti dell’umore j j L’inibizione dell’inositolo monofosfatasi, che blocca la via del fosfatidilinositolo (PI) (si veda il Capitolo 3) in corrispondenza dell’idrolisi dell’inositolo fosfato a inositolo libero, risultando nella deplezione di PI. Ciò previene la formazione di inositolo trifosfato stimolata da un agonista tramite vari recettori accoppiati al ciclo del PI, e quindi, il blocco di molti effetti mediati dai recettori. L’inibizione delle isoforme della chinasi glicogeno sintetasi 3 (GSK3), probabilmente per competizione con il magnesio nella sua associazione a queste chinasi. Le isoforme di GSK3 fosforilano un certo numero di enzimi chiave coinvolti nelle vie che conducono all’apoptosi e alla formazione di amiloide (si veda Phiel e Klein, 2001). Il litio può anche agire indirettamente sulle isoforme di GSK3 interferendo con la loro regolazione da parte di Akt, una chinasi serina/treonina strettamente correlata, regolata attraverso la trasduzione del segnale mediato da PI e dalle arrestine (si vedano il Capitolo 3; Beaulieu et al., 2009). Il litio inibisce anche la produzione di cAMP indotta dagli ormoni e blocca altre risposte cellulari (per esempio, la risposta delle cellule del tubulo renale all’ormone antidiuretico e della tiroide all’ormone stimolante la tiroide; si vedano, rispettivamente, i Capitoli 28 e 33). Questo non è, tuttavia, un effetto marcato a livello cerebrale. La selettività cellulare del litio sembra dipendere dalla sua captazione selettiva, che riflette l’attività dei canali del sodio nelle diverse cellule. Ciò potrebbe spiegare la sua azione relativamente selettiva nel cervello e nel rene, anche se molti altri tessuti si avvalgono degli stessi secondi messaggeri. Malgrado queste evidenze, l’ignoranza sulla natura dei disturbi alla base degli sbalzi d’umore nella depressione bipolare non consente ancora di conoscere le correlazioni tra gli effetti biochimici e quelli profilattici del litio. Aspetti farmacocinetici e tossicità Il litio viene somministrato per via orale sotto forma di carbonato e viene escreto dal rene. Circa la metà della dose orale viene eliminata entro 12 ore; la parte restante, che presumibilmente rappresenta il litio captato dalle cellule, viene escreta in 1-2 settimane. Questa fase molto lenta indica che, in seguito a somministrazioni regolari, il litio si accumula gradualmente per un periodo di 2 settimane o più prima che venga raggiunta una concentrazione stazionaria. Essendo la finestra terapeutica piuttosto stretta (approssimativamente 0,5-1,5 mmol/L) è necessario monitorare costantemente la sua concentrazione plasmatica. La deplezione di Na+ riduce la velocità di eliminazione del litio in seguito all’aumento del suo riassorbimento nel tubulo prossimale; di conseguenza, si potrebbe osservare un aumento 588 degli effetti tossici. Anche i diuretici che agiscono distalmente j j Il litio (sotto forma di carbonato) è il farmaco tradizionale. Viene utilizzato: j nella profilassi e nel trattamento della mania e nella profilassi del disturbo bipolare e unipolare (depressione maniacale o ricorrente). Aspetti degni di nota comprendono: j finestra terapeutica stretta e lunga durata di azione j gli effetti tossici acuti comprendono effetti cerebellari, diabete insipido (si veda il Capitolo 28) e insufficienza renale j la dose deve essere aggiustata in funzione della concentrazione plasmatica j l’eliminazione avviene attraverso i reni ed è ridotta dal riassorbimento a livello del tubulo prossimale. I diuretici aumentano l’attività del meccanismo di riassorbimento e, quindi, possono favorire la tossicità del litio j nell’uso cronico possono verificarsi disordini della tiroide e disturbi mentali di media gravità. La carbamazepina, il valproato e la lamotrigina (bloccanti del canale del sodio con azione antiepilettica; si veda il Capitolo 44) sono usati per: j la profilassi e il trattamento di episodi maniacali in pazienti con disturbo bipolare j il trattamento di depressione bipolare (valproato, lamotrigina). L’olanzapina, il risperidone, la quetiapina e l’aripiprazolo (farmaci antipsicotici atipici) sono usati nel trattamento della mania. dal tubulo prossimale (si veda il Capitolo 28) producono questo effetto e le malattie renali predispongono alla tossicità da litio. Gli effetti tossici principali che si possono manifestare durante il trattamento sono: j j j j j j Nausea, vomito e diarrea. Tremore. Effetti renali: poliuria (con risultante sete), che deriva dall’inibizione dell’azione dell’ormone antidiuretico. Allo stesso tempo, si verifica una certa ritenzione di Na+ associata a un aumento della secrezione di aldosterone. Con trattamenti prolungati, si possono verificare danni gravi ai tubuli renali e ciò rende necessario un monitoraggio costante delle funzioni renali nei pazienti trattati con litio. Ingrossamento della tiroide, talvolta associato a ipotiroidismo. Aumento del peso corporeo. Perdita dei capelli. La tossicità acuta del litio causa vari effetti neurologici, che inizialmente possono essere confusione mentale e blocco motorio, per progredire fino al coma, alle convulsioni e alla morte, se la concentrazione plasmatica raggiunge 3-5 mmol/L. Farmaci Antiepilettici La carbamazepina, il valproato e la lamotrigina hanno minori effetti collaterali rispetto al litio e si sono dimostrati efficaci nel trattamento della depressione bipolare. Si ritiene che, per i farmaci anticonvulsivanti, i meccanismi di azione in grado di ridurre la depressione bipolare siano identici a quelli che regolano la loro attività anticonvulsivante. Sebbene ciascun farmaco abbia molteplici azioni (si veda la Farmaci antidepressivi Tabella 44.1), i farmaci antiepilettici efficaci nella depressione bipolare condividono la capacità di bloccare i canali del sodio, anche se esistono sottili differenze di efficacia nelle diverse fasi della depressione bipolare. Il valproato e la carbamazepina sono efficaci nel trattamento degli attacchi acuti di mania e nel trattamento a lungo termine del disturbo, anche se la carbamazepina potrebbe non essere altrettanto efficace per il trattamento della fase depressiva. In alcuni casi, il valproato è somministrato in associazione ad altri farmaci, come il litio. La lamotrigina è efficace nella prevenzione delle recidive della mania e della depressione. Il riluzolo, sviluppato per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica (si veda il Capitolo 39), dimostra un’azione anticonvulsivante nei modelli animali e potrebbe dimostrarsi utile nel trattamento dei disturbi bipolari resistenti ad altri agenti. È stata messa in dubbio l’efficacia della gabapentina e della pregabalina nella depressione bipolare (si veda Stahl, 2008), ma questi agenti potrebbero essere utili come terapie aggiuntive nel trattamento del dolore cronico e dell’ansia, 46 spesso manifestati dai pazienti affetti da depressione bipolare. Il levetiracetam, il topiramato e la zonisamide sono usati talvolta nel trattamento della depressione bipolare, ma la loro efficacia deve ancora essere dimostrata. Farmaci Antipsicotici Atipici I farmaci antipsicotici atipici (per esempio, olanzapina, risperidone, quetiapina, aripiprazolo) sono farmaci di seconda generazione sviluppati per il trattamento della schizofrenia (si veda il Capitolo 45). Questi agenti hanno proprietà antagoniste sui recettori dopaminergici D2 e 5-HT2A così come azioni su altri recettori e trasportatori delle amine che potrebbero contribuire alla loro efficacia nella depressione bipolare. Sembrano essere tutti efficaci contro la mania, mentre alcuni potrebbero esserlo anche nei confronti della depressione bipolare. In questa forma di depressione, gli antipsicotici atipici sono spesso usati in associazione a litio o valproato. L’olanzapina è somministrata in associazione all’antidepressivo fluoxetina. 589