Psoriasi: nuovo farmaco biologico la

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Psoriasi: nuovo farmaco biologico la “cancella” nell’80% dei casi
Sperimentato su quasi 4.000 pazienti, ha eliminato i segni della malattia per più di un anno
Cancellare la psoriasi può diventare realtà grazie ad un nuovo farmaco biologico, l’anticorpo
monoclonale ixekizumab: sperimentato su più di 3.700 pazienti in 21 Paesi, ha dimostrato di poter
ridurre drasticamente i segni della malattia nell’80% dei casi, con risultati visibili già dopo tre mesi che
persistono per più di un anno.
E’ quanto riportano i tre ampi studi clinici “Uncover” pubblicati sul prestigioso New England Journal of
Medicine dalla Northwestern University a Evanston, nell’Illinois (Usa).
-Questi studi non solo dimostrano l’alto livello di sicurezza ed efficacia del farmaco, ma anche la
persistenza dei risultati, che rimangono in gran parte visibili per almeno 60 settimane- come spiegato
dal dermatologo Kenneth Gordon che ha coordinato la ricerca.
La sperimentazione clinica di ixekizumab ha coinvolto più di 3.700 pazienti affetti da psoriasi di grado
moderato o severo, con segni presenti su almeno il 10% della superficie corporea.
Dopo 12 settimane di trattamento con iniezioni sottocutanee, si è osservato un drastico miglioramento
della malattia o la sua totale scomparsa nell’80% dei pazienti trattati con l’anticorpo monoclonale,
contro il 3% dei pazienti trattati con placebo.
Alla 60esima settimana di terapia, i risultati ottenuti con ixekizumab erano ancora ben visibili nel 68-78%
dei pazienti trattati.
- Sulla base di questi numeri, continua Gordon, ci aspettiamo che l’80% dei pazienti possa avere
un’ottima risposta a ixekizumab: il 40% potrebbe addirittura cancellarla completamente. Fino a dieci
anni fa un risultato del genere sembrava impossibile, mentre ora, con questo nuovo farmaco, possiamo
ottenere miglioramenti mai visti finora-.
La terapia con ixekizumab, comunque, non è completamente scevra da effetti collaterali: nel corso dei
test clinici si è osservato un leggero aumento dei casi di neutropenia (carenza di globuli bianchi),
infezioni da lievito e malattie infiammatorie intestinali. Serviranno dunque nuovi studi per accertare gli
eventuali effetti avversi di una terapia che si prolunghi oltre le 60 settimane.