S. E. Mons. Vittorio Viola, Vescovo di Tortona L`Eucaristia e la via

Congresso Eucaristico Nazionale (Genova 15-18 settembre 2016)
Catechesi tenuta sabato 17 settembre 2016 nella Basilica dell’Annunziata da
S. E. Mons. Vittorio Viola, Vescovo di Tortona
sul tema
L’Eucaristia e la via dell’annunciare
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo
diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.
Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli
conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza
indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che
erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!».
Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello
spezzare il pane.
Sapete cos’è questa ‘runione’ a Gerusalemme di Pietro e gli altri? E’ il primo
Congresso Eucaristico della storia. Perché di che cosa parlavano se non di Eucaristia?
A me piace pensare che quel tornare di corsa nel cuore della notte a Gerusalemme
da Emmaus sia stata la prima Processione Eucaristica della storia, perché non avranno
lasciato quel pane sulla tavola di Emmaus, l’avranno portato per poter raccontare come
lo avevano riconosciuto, nello spezzare il pane. Dentro questa parola c’è il senso
fondamentale di ciò che vorrei condividere con voi. Se Gesù non avesse spezzato il pane,
i due discepoli di Emmaus sarebbero rimasti con il cuore mezzo scongelato perché la
Sua parola lungo la via aveva cominciato a riscaldare il loro cuore.
Il Signore è risorto e comincia quest’opera di scongelamento del cuore attraverso
la sua parola, non prima di averli ascoltati. Prima di stare accanto a loro mettendo i loro
abiti, quelli di un viandante; di un pescatore, di un giardiniere. Sai perché? Perché
l’incarnazione è sì il fatto più rilevante della storia, l’unico fatto veramente nuovo, ma
oltre ad essere un fatto è anche un metodo, è come Dio ha scelto di rivelarsi. E Dio non
cambia metodo, ha scelto l’incarnazione, continua la stessa logica dell’incarnazione
anche dopo la risurrezione. E questo vestirsi, cambiarsi d’abito, cioè mettersi nei nostri
panni (Dio ha assunto la nostra condizione umana) è esattamente continuare con la
stessa logica. Sceglie il metodo dell’incarnazione e prima di parlare fa una cosa: li ascolta
e si fa raccontare la sua storia da loro, ormai passati dalla parte di chi non crede più.
“Di che cosa parlate?” “Solo tu non lo sai, di che cosa dobbiamo parlare?” Egli ascolta,
per poi parlare prendendo la scrittura, sfogliando la scrittura.
A me piace pensare che abbiano detto quella che è la prima Cristologia, si sono
liberati dell’eterno sofferente ... perché quella è la parola alla quale il Verbo fatto carne
si è disposto ad obbedire, in un’obbedienza perfetta, minuziosa, puntuale, tanto che ogni
volta che ci sediamo alla Pasqua ci sorprende la corrispondenza della descrizione con ciò
che vive Gesù, la sua passione. Nel gesto del pane spezzato, si aprono gli occhi dei
discepoli di Emmaus. Che cosa comprendono?
E viene da dire al Signore: “Sei stato con loro tutto quel tempo, quegli 11Km fatti
a piedi con quel carico sulle spalle di delusione. Nel momento in cui ti riconoscono ti
sottrai al loro sguardo”. Se il Signore si sottrae al loro sguardo non è per lasciarli con la
delusione di non averlo riconosciuto; al contrario è perché garantisce una presenza più
potente di una sua apparizione. E’ così. Il pane spezzato è più che un’apparizione del
risorto. Ed è in perfetta continuità con la logica dell’incarnazione … Ma che cosa avrebbe
dovuto annunciare se non lo avessero riconosciuto nello spezzare il pane? Di certo non
sarebbero tornati indietro per dire cosa? la loro delusione? Non c’era più niente da dire.
Riconoscerlo in quelle parole, nel gesto dello spezzare il pane, permette loro di
riconoscerlo perché ricordano lo stesso gesto, quello dell’ultima cena.
Il pane spezzato è la chiave di lettura per leggere ciò che Gesù ha vissuto, la sua
passione, la sua morte. Se non avessimo avuto il pane spezzato non avremmo avuto la
possibilità di comprendere, saremmo stati dentro la nostra delusione.
I Vangeli sono quasi spietati nel descrivere l’incapacità di comprendere che cosa
è accaduto. Sembra che l’evidenza più grande sia la tomba vuota, sembra che l’evidenza
più grande ce l’abbia la morte, non la vita del risorto. Quanto tempo ci vuole perché
cresca la fede pasquale della Chiesa? Ci vuole la pazienza del risorto, il suo vestirsi con
i nostri panni, il tornare a farsi toccare da noi dopo la risurrezione, a spezzare il pane
ad Emmaus, a cucinare pesce e pane sulla riva del lago per i suoi che ancora sperano di
capire cosa vuol dire pescare uomini. Se noi non avessimo avuto il pane spezzato non
avremmo saputo che cosa dire della sua morte in croce. Si sarebbe evidenziato l’esito
disastroso di una vicenda terrena che sembrava invece promettere altro, tanto più nel
momento in cui si stava finalmente compiacendo tutto, dopo quell’ingresso trionfale a
Gerusalemme, il più grande equivoco della storia l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, con
la non comprensione di che cosa sarebbe accaduto.
Se noi non avessimo avuto il pane spezzato, non avremmo avuto la possibilità di
comprendere che la morte in croce di Gesù non è la conseguenza del tradimento di
Giuda, della vigliaccheria di Pilato, dell’infedeltà di Pietro e degli altri che non ce
l’hanno fatta… che non è la conseguenza dell’ostilità dei capi del popolo di fronte a un
maestro che parlava come nessuno aveva mai parlato e li metteva in difficoltà. Gesù
nella sua ultima cena, ultima perché unica, irripetibile, ha anticipato ciò che di lì a poco
avrebbe vissuto sulla croce nell’offerta del pane come suo corpo.
Il pane spezzato ha come contenuto la croce di Gesù. Senza il pane spezzato la
croce di Gesù diventa un fatto umano orrendo, esecrabile come la condanna a morte di
un uomo giusto, ma senza la morte di Gesù il gesto dello spezzare il pane resterebbe un
rito vuoto. E i due di Emmaus l’hanno compreso, in questa prima Processione
Eucaristica della storia, nel buio di quella notte alla luce del pane spezzato e a parlare
del pane spezzato, a dire “Sai come lo abbiamo riconosciuto? Perché ha preso questo
pane e l’ha spezzato”.
E’ l’annuncio una delle ‘cinque vie’, che rendono possibile l’incontro tra l’uomo e
Gesù Cristo. Una di queste vie perché accada l’incontro è l’annuncio, ma noi non
avremmo saputo che cosa dire della morte di Gesù se il pane spezzato non ci avesse
rivelato quel senso. E infatti, appena loro lo riconoscono parlano immediatamente e
raggiungono quel luogo da cui stavano prendendo le distanze, Gerusalemme, perché
quello è il luogo dove si ritrova la comunità, la Chiesa.
La relazione che c’è tra la celebrazione Eucaristica e l’annuncio è una relazione vitale.
Senza l’esperienza del pane spezzato, noi non andiamo da nessuna parte.
Ma che cosa accadrebbe se il nostro annuncio si risolvesse nel raccontare il ricordo
di altri? Può avere efficacia un annuncio di questo tipo? Il nostro annuncio diventa una
via per poter incontrare Gesù Cristo solo se questo annuncio nasce da questa esperienza
e da questa nostra relazione con il risorto, che non è semplicemente un ricordo, un’idea
… sarebbe troppo poco.
E l’incarnazione? Dov’è l’incarnazione oggi? Il pane spezzato è il centro della sua
presenza.
Prima di spezzare il pane, Luca riporta le parole di Gesù al cap. 22 quando dice:
“Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi”. Gesù nell’ultima cena
desiderava tutte le nostre comunioni, non c’è una sola Comunione al mondo che Gesù
non abbia desiderato. Quando dico questo mi viene sempre in mente un fatto, che vi
racconto.
Qualche anno fa un’estate ero in Africa con dei frati missionari. Arriva una
persona al villaggio, dopo diverse ore di cammino, per dire che una donna anziana stava
morendo. Questo frate mi dice: “Vieni che andiamo a portarle la Comunione”. Il mezzo
che c’era a disposizione era un motorino, la strada era tutto sommato percorribile e
allora noi due saliamo su questo motorino con un pezzo di pane spezzato, per portarlo a
questa donna che stava morendo nella sua capanna nel cuore dell’Africa. Mentre
andavamo mi immaginavo questa scena vista dall’alto, dal Padre, a vedere questi due
che su un motorino nel cuore dell’Africa portavano il corpo di Cristo per sfamare quella
donna che stava morendo nella sua capanna e mi sembrava che si stesse portando il
desiderio che Gesù nell’ultima cena aveva esattamente in quella Comunione. Tutto
nasce da qui, tutto nasce dalla nostra Comunione con lui. Non c’è nessun annuncio
possibile, credibile, efficace, gioioso, se non a partire da quest’esperienza viva della
presenza di lui. Come quelle parole dette a Pietro sulla riva del lago, dopo averlo per tre
volte interrogato sul suo amore per lui. “Pietro, ma mi ami?” … “Se mi ami, porta al
pascolo le mie pecore, dai loro da mangiare”. E che cosa può sfamare il cuore dell’uomo
se non Lui, il suo corpo? Tutto nasce da qui, dalla possibilità di entrare in Comunione
con Lui.
Ogni volta che noi diciamo Amen al corpo di Cristo diciamo la nostra disponibilità
ad entrare dentro l’offerta di Gesù; ed è solo da qui, da quest’esperienza, che può nascere
l’annuncio. La Comunione con il suo corpo è possibile ed è vera solo nella Comunione
della comunità. Questo fatto non è un’appendice, è la condizione necessaria perché il
nostro annuncio sia credibile.
Il pane spezzato e l’annuncio, non li puoi separare … E’ acceso e ardentissimo il
desiderio che il Signore ha di farsi mangiare da tutti, che tutti diventiamo una cosa sola
in lui. E noi che cosa dovremmo fare se non mettere la nostra Comunione al servizio del
suo desiderio di raggiungere tutti? Il nostro annuncio deve poter raggiungere tutti,
perché lui desidera la Comunione di tutti. Il nostro annuncio deve essere portato a tutti.
Papa Francesco ci invita ad aprire i nostri orizzonti, a non pensarci nel chiuso
delle nostre realtà, preoccupazioni di conservare l’esistente, che si sta tarlando, perché
abbiamo solo un’apparenza, la secolarizzazione ci ha svuotato da dentro e non ce ne
accorgiamo. Il mondo attende di potersi nutrire di un pane di vita. Ma perché Papa
Francesco ci parla di conversione? E’ tutta finalizzata all’annuncio. Ce lo ha detto
nell’Evangelii Gaudium, “Sogno una chiesa missionaria”, dove tutto deve essere
finalizzato, messo al servizio dell’annuncio del Vangelo. Dobbiamo partire
dall’esperienza della Comunione, i nostri occhi non lo riconoscono nel pane spezzato, se
non facciamo comunione fra di noi.
La Chiesa, prima di costruire gli ospedali, prima della scuola cattolica, prima
della dottrina sociale della Chiesa, prima della teologia, prima di tutto: la prima cosa
che la Chiesa fa è spezzare il pane, conservando dentro il cuore quelle parole che sono il
comando del Signore: “Fate questo in memoria di me”. Il mondo non se ne fa niente di
un annuncio che non è Gesù Cristo, la sua persona, la possibilità di nutrirci di lui, di
riempire la nostra vita della sua vita, per ritrovare quella gioia di annunciarlo, per dire
che Lui è vivo, presente nel pane spezzato. Voglio concludere con una preghiera di
Francesco.
Mi piace concludere questo nostro incontro e poi andare ad adorare insieme il
pane spezzato. La vera adorazione è poi la nostra vita, perché non staremo adesso
dinanzi ad una presenza statica del corpo di Cristo; è una presenza reale, dinamica.
Stare davanti a lui per adorarlo non vuol dire provare a cercare di concentrarci.
Stare di fronte a lui nell’adorazione è esporre la nostra vita al suo movimento d’amore,
al suo dono. Ti prende, ti trasforma… Quindi vogliamo lasciarci trasformare per poi
anche noi recare in Processione il corpo Eucaristico.
Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare,
nelle mani del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza
e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore
dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra
salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite
davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla,
dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a
voi si offre.
(Il testo della catechesi è tratto da una registrazione e non è stato rivisto dall'autore)