Spezzare il pane, edificare la chiesa «In quello stesso giorno due di loro erano in cammino … conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto». Due discepoli di Gesù si allontanano da Gerusalemme. Il loro passo sembra dare il ritmo del loro dialogo, ignari di quanto diverrà creativo. Tra le loro voci, infatti, si inserisce quella di un viandante sconosciuto a loro, ma non a noi lettori: è Gesù risorto, che, pur essendo presente, è irriconoscibile. Il viandante pone una domanda: «che cosa sono questi discorsi di strada?». I «discorsi di strada» si fanno camminando e si fanno con qualcuno. Prima di spezzare il pane a tavola, ci sono molte parole e molti passi da «spezzare» assieme. «Camminare e dialogare». Questi due verbi se vengono bene declinati durante un giornata, per quanto deludente, preparano il terreno fertile per un incontro inaspettato, quello con Gesù, il «Dio che cammina con noi». Gesù prende l’iniziativa: si affianca ai due discepoli e pone delle domande. Non è la prima volta che Dio si comporta così. Dio camminava nel giardino terrestre e fece la sua domande: «… Adamo! Dove sei?». Di nuovo Dio si rivolge Caino: «dov’è tuo fratello?». Anche la schiava Agar, in fuga da Abramo e Sara, viene sorpresa da una domanda: «Agar, da dove viene e dove vai?». A due discepoli del Battista Gesù chiede: «che cercate?» e alla Maddalena al sepolcro: «Donna chi cerchi?». Dio è talmente intelligente da sorprenderci anche con delle domande: sono quelle che non siamo capaci di porci. Se scaviamo un po’, ci accorgiamo di almeno due cose: a. Sono più le domande a unirci che le risposte. b. Le domande giuste, quelle fatte da Dio, possono permettere ai nostri percorsi di condurci verso direzioni inesplorate, possono permettere che un circolo vizioso si interrompa e diventi virtuoso. «Si fermarono, col volto triste …» Interrompere un circuito vizioso: ecco cosa serve! Quando Gesù incontra la vedeva di Naim, si ferma il corteo funebre che accompagna il figlio alla sepoltura. Quando Gesù incontra i due discepoli di Emmaus, si fermano. Dio è là dove qualcuno si ferma. Fermarsi significa scoprire di essere tristi, scoprire cosa sta succedendo. «Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno … noi speravamo …» Gesù incalza con una nuova domanda per lasciarli raccontare, per lasciar loro di «vomitare» la delusione – una delusione. Hanno da raccontare un investimento andato male. «Spiegò loro in tutte le Scritture …» Lungo il cammino il dialogo è creativo: è importante cominciare dagli inizi, da Mosè, dalla prima Pasqua. Agli uditori mancava il senso della seconda Pasqua, mancava qualcuno che aprisse loro gli occhi sulle Scritture: mancavano le connessioni o qualcuno che accendesse la luce. Il viandante è stato capace di rendere fertile il terreno dell’ascolto, dissodandolo dalla tristezza e dalla delusione. Ora si fa desiderare … «“Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro”». Prima erano con uno straniero, adesso è un amico desiderabile, con cui condividere la sera, la cena, l’ospitalità fragrante, anticipata dal profumo del pane, pronto nel forno a legna. «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Ora i due comunicano una esperienza, esprimono cosa hanno vissuto. L’esperienza del pane spezzato ha aperto gli occhi su tutto ciò che è accaduto quel giorno: le domande, la tristezza, le spiegazioni, il dialogo, il desiderio di continuare a «stare con». Il pane spezzato ha aperto gli occhi su qualcuno che non se ne era mai andato da loro. Proprio ora che Gesù sembra assente, diventa riconoscibile. Lungo il cammino il battito cardiaco era cambiato, il cuore intuiva una presenza nelle parole, nei passi, nei toni, nello stile, nell’interesse che il viandante aveva per loro. Il cuore arriva prima della mente. Al cuore serve una nuova esperienza per comprendere le esperienze precedenti. Il pane spezzato era una esperienza conosciuta, ma in quel momento era come nuova: un momento in cui comprende cosa è successo prima … i passi, il dialogo, la tristezza, … comprendere come mai ad un certo punto si è tanto desiderato che il viandante rimanesse; quel pane spezzato era sacramento. Ogni fatto passato è rivissuto e diventa dono, attraverso il dono del pane. Forse non era chiara la frase «questo è il mio corpo», in una notte come quella dell’ultima cena. Non importa, è stata una esperienza importante e quelle successive hanno illuminato la precedente. La stessa crocifissine è stato uno smacco. Non importa, la connessione tra ultima cena e crocifissione è stata poi una chiave di volta: il vino donato è il sangue versato. Una donna a Betania ha bagnato i piedi di Gesù con le sue lacrime e li ha asciugati con i capelli: lui ha fatto lo stesso gesto nella notte di Pasqua per i discepoli. Forse quei gesti erano poco chiari. Non importa se si è compreso poco, ormai quei piedi sono stati toccati, sciacquati, asciugati … sarà l’esperienza successiva a far comprendere meglio, a permettere che diventi dono quello che è stato è successo prima, perché diventi a sua volta dono, affinché nulla vada perduto. «fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. È necessario una inversione a «U», si chiama conversione. I due discepoli non vedono l’ora di tornare a Gerusalemme, anche se è tardi, se è notte. Emmaus ricorda una vittoria, un luogo dove poter sempre dire: ci furono giorni di gloria. Restare a Emmaus significava vivere ancora di nostalgia. Il pane spezzato è stata una esperienza decisiva, ha permesso di ricominciare a vivere guardando in avanti. Ora quei discepoli hanno una storia da raccontare, fieri di esserne stati i «secondi protagonisti».