Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite 1 pagina 1 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 2 Nel corso degli anni le patologie valvolari cardiache hanno avuto importanti cambiamenti inerenti l’epidemiologia, le procedure diagnostiche e terapeutiche e quindi la prognosi. Dal punto di vista epidemiologico, nei paesi più sviluppati la riduzione della malattia reumatica ha causato di riflesso una drastica riduzione di valvulopatie ad essa correlate, che comunque rimangono frequenti nei paesi meno sviluppati. Peraltro con l’innalzamento dell’età media si è assistito ad un incremento delle patologie di tipo degenerativo in particolare, a carico della valvola aortica. Dal punto di vista diagnostico l’esame di riferimento è l’ecocardiogramma color-doppler per via transtoracica, che permette di effettuare una valutazione adeguata della maggior parte delle patologie valvolari cardiache. L’ecocardiogramma color-doppler per via trans-esofagea, l’ecocardiogramma color-doppler sotto sforzo (eco-stress con dobutamina), e più raramente la risonanza magnetica completano il quadro diagnostico in casi particolari. Dal punto di vista terapeutico la terapia chirurgica ha avuto negli anni importanti progressi soprattutto nelle tecniche di riparazione valvolare, con un notevole miglioramento della prognosi, anche a lungo termine dei pazienti sottoposti a intervento di chirurgia valvolare. Patologia valvolare mitralica Stenosi mitralica. Eziologia: la stenosi mitralica è tra i vizi valvolari acquisiti quello maggiormente connesso eziologicamente alla cardite reumatica. Negli ultimi decenni con il calo degli episodi di reumatismo articolare acuto la stenosi mitralica ha subito un’importantissima riduzione nei paesi sviluppati, ma rimane diffusa nei paesi in via di sviluppo. Anatomia patologica: dal punto di vista morfologico la stenosi mitralica è caratterizzata da lembi valvolari diffusamente ispessiti con tessuto fibroso, (figura 5. 1) e frequentemente interessato da apposizioni calcifiche. Le commessure sono fuse, le corde tendinee sono accorciate, retratte e fuse tra loro. Dal punto di vista funzionale i lembi valvolari diventano ipomobili e rigidi, con restringimento della valvola, che assume una forma ad imbuto. 2 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 3 Fig 5.1 versante atriale e ventricolare di una valvola mitralica stenotica post reumatica Fisiopatologia, sintomatologia e segni clinici: il restringimento dell’area valvolare genera un aumento del gradiente diastolico di pressione transmitralico: è questo l’aspetto emodinamico fondamentale della stenosi mitralica, da cui derivano le successive alterazioni fisiopatologiche. Quanto più la stenosi valvolare è marcata, tanto maggiore sarà il gradiente di pressione trans-mitralico. L’aumento di pressione a livello dell’atrio sinistro provoca a sua volta un incremento di pressione a carico delle vene e dei capillari polmonari; questa congestione venosa polmonare provoca aumento della rigidità del polmone ed è la causa della dispnea da sforzo. Figura 5,2 adattamento del circolo polmonare alla stenosi mitralica nella netterimage.com 3 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 4 Un ulteriore aumento di pressione a livello dei capillari polmonari, in particolare se acuto, comporta una trasudazione all’interno degli alveoli, con conseguente edema polmonare. Un altro aspetto conseguente all’ipertensione polmonare è la rottura di connessioni venose polmonari-bronchiali, che causa emottisi. Inoltre la dilatazione atriale sinistra conduce all’insorgenza di fibrillazione atriale. La ritenzione di liquidi, e i sintomi legati all’ insufficienza del ventricolo destro sono reperti tipici della patologia in fase avanzata e non trattata (stenosi mitralica tricuspidalizzata). Il reperto ascultatorio principale è il soffio (rullio) diastolico, in alcuni casi associato a schiocco di apertura della valvola. Ulteriori sintomi sono l’insorgenza di fibrillazione atriale e l’embolia sistemica. Diagnostica strumentale: la radiografia del torace può mostrare un aumento progressivo del II arco di sinistra (cono della polmonare) in corso di Ipertensione polmonare secondaria a stenosi mitralica. Inoltre è spesso riscontrabile una congestione del circolo polmonare. L’elettrocardiogramma può essere normale, nei casi avanzati si possono osservare segni di ipertrofia del ventricolo destro o fibrillazione atriale. L’esame diagnostico di riferimento è, come detto in precedenza, l’ecocardiogramma color-doppler transtoracico, attraverso cui è possibile stimare l’area valvolare, il gradiente trans-valvolare, eventuali apposizioni calcifiche e, se sussiste, il grado di insufficienza associata. Si considera una stenosi mitralica lieve con area planimetrica valvolare maggiore di 1,5 cmq, moderata con area tra 1,5 e 1 cmq, severa con area inferiore a 1 cmq. Il gradiente trans-valvolare di una stenosi mitralica severa è maggiore di 10 mmHg. La pressione arteriosa polmonare è maggiore di 30 mmHg. Terapia medica: consiste nell’attuazione della profilassi dell’endocardite, terapia antiartmica, anticoagulazione orale in caso di fibrillazione atriale, terapia diuretica. Indicazioni e opzioni terapeutiche. Indicazioni: vi è indicazione ad intervenire nei casi di stenosi mitralica severa in presenza di sintomi ad essa riconducibili e nei pazienti asintomatici con ipertensione polmonare. Le opzioni terapeutiche della stenosi mitralica consistono nella dilatazione percutanea o nell’intervento a cuore aperto. La dilatazione percutanea è da considerare solo nei casi che non presentino né calcificazioni né insufficienza. In caso di indicazione all’intervento chirurgico a completamento diagnostico viene eseguita una coronarografia nei pazienti maschi di età maggiore di 40aa e nelle donne con età maggiore di 50aa, o nei pazienti in cui si sospetti la presenza di cardiopatia ischemica (tale esame viene eseguito anche per tutte le altre patologie valvolari cardiache con indicazione chirurgica). 4 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 5 L’intervento chirurgico si esegue a cuore aperto con l’ausilio della circolazione extracorporea. L’accesso chirurgico si effettua in sternotomia mediana o in toracotomia destra. Fig. 5. 3-4 accesso sternotomico . Fig. 5.5 accesso toracotomico L’esposizione della valvola mitrale può essere ottenuta in due modi: con un’atriotomia trans-settale, cioè aprendo l’atrio destro, poi il setto interatriale, e quindi il tetto dell’atrio sinistro, o con un’incisione parasettale a livello del solco di Sondergaard, quest’ultimo si raggiunge dissecando tra atrio destro e atrio sinistro a 4 cm dalla vena polmonare superiore destra. Individuato tale solco (o piano di Sondergaard) si esegue un’incisione sopra la vena polmonare superiore destra fino a sopra la vena polmonare inferiore destra. 5 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 6 Figura 5;6 atriotomia sinistra secondo Sondergaard www.edwards.com. L’intervento chirurgico consiste di solito nella sostituzione della valvola nativa con una protesi poiché, a causa dei rimaneggiamenti dell’apparato valvolare e sub-valvolare, che spesso nella stenosi mitralica si riscontrano, non vi è la possibilità di un intervento conservativo. Nei casi in cui non vi sia insufficienza e si riscontri la sola fusione delle cuspidi si può eseguire una dilatazione valvolare a cuore aperto. 6 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 7 Insufficienza mitralica. L’insufficienza mitralica è una condizione di alterazione anatomo-funzionale a carico dell’apparato valvolare e/o subvalvolare mitralico in cui, per la mancanza di adeguata coaptazione dei lembi valvolari, sussiste un passaggio di sangue dal ventricolo all’atrio sinistro. Se l’entità del rigurgito è rilevante, dal punto di vista fisiopatologico si verificano sovraccarico e congestione a carico del circolo polmonare, e una progressiva dilatazione a carico sia dell’atrio che del ventricolo sinistro con evoluzione verso l’insufficienza cardiaca. Classificazione Vi sono diverse modalità di classificare l’insufficienza mitralica. In base all’eziologia: Insufficienza mitralica primitiva (organica) da alterazioni dell’apparato valvolare e sottovalvolare, come la degenerazione mixomatosa, endocarditi o la malattia reumatica. Insufficienza mitralica funzionale (secondaria) da causa ischemica, o da disfunzione ed alterata geometria del ventricolo sinistro come nella cardiomiopatia dilatativa. In base alla modalità di insorgenza: cronica come nel caso di degenerazione mixomatosa, malattia reumatica, cardiopatia dilatativa idiopatica o post-ischemica. acuta come nel caso di rottura del muscolo papillare quale complicazione di un infarto miocardico, o rottura di corde tendinee causata da un processo endocarditico. Fisiopatologia. A) Insufficienza mitralica cronica: nell’insufficienza mitralica si ha un coinvolgimento della camera cardiaca a valle e di quella a monte della valvola mitrale: questa è la differenza essenziale rispetto alla stenosi mitralica. A livello del ventricolo sinistro si crea un sovraccarico di volume: infatti ad ogni diastole ritorna al ventricolo sinistro, oltre alla quantità di sangue proveniente dal circolo polmonare in atrio sinistro, anche la quantità di sangue rigurgitata dal ventricolo all’atrio sinistro nella sistole precedente. Nel tempo il ventricolo si adatta dilatandosi e ipertrofizzandosi. 7 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 8 La quantità di sangue espulso in aorta, cioè la gittata cardiaca, tende a ridursi, causando quindi una riduzione della portata cardiaca. Nelle fasi iniziali della malattia la frazione di eiezione, che è un indice comunemente usato della contrattilità ventricolare, è di solito conservata (F.E. = vol. telediastolico – vol. telesistolico/vol. telediastolico). Tuttavia col passare del tempo il ventricolo sinistro, sottoposto al sovraccarico di volume, va incontro a un deficit contrattile, con il progressivo aumento della pressione telediastolica; mentre la dilatazione del ventricolo sinistro causa una dilatazione dell’anulus mitralico con aumento secondario del rigurgito. Si instaura quindi un circolo vizioso che porta allo scompenso cardiaco. A livello dell’atrio sinistro il rigurgito mitralico causa effetti differenti, soprattutto in relazione alla modalità di insorgenza dell’insufficienza mitralica: acuta o cronica. Nel caso di insufficienza cronica si verifica una progressiva dilatazione dell’atrio, con rischio di insorgenza di fibrillazione atriale. B) Insufficienza mitralica acuta: in presenza di un’insufficienza mitralica acuta, come nel caso di rottura di corde tendinee in corso di endocardite infettiva, o di rottura di un muscolo papillare in caso di infarto miocardico, il rigurgito massivo associato ad un’insorgenza acuta non consente la dilatazione graduale dell’atrio sinistro. Si ha quindi una salita repentina della pressione atriale sinistra, e conseguentemente delle pressioni venose polmonari, che comporta l’instaurarsi con una certa rapidità del quadro clinico di edema polmonare acuto. Figura 5.7 adattamento fisiopatologico nell’insufficienza mitralica. 8 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 9 Sintomatologia e segni clinici: le manifestazioni cliniche sono già state accennate. In caso di insufficienza mitralica acuta il quadro clinico è spesso instabile, con un’evoluzione rapida verso l’edema polmonare. Possono aversi ulteriori complicazioni emodinamiche nel caso di rottura postinfartuale del muscolo papillare, o settiche nel caso di un’endocardite. Nel caso di insufficienza mitralica cronica i sintomi variano in funzione dell’entità del rigurgito e dello stato di avanzamento della patologia; in molti casi il rilievo è puramente auscultatorio ed ecocardiografico, con assenza di sintomi. Col tempo possono cominciare a instaurarsi dispnea da sforzo e ulteriori sintomi legati allo scompenso cardiaco. La dilatazione a carico dell’atrio sinistro può determinare insorgenza di palpitazioni ed evolvere in fibrillazione atriale. Il segno clinico principale è un soffio sistolico auscutabile alla punta e irradiato all’ascella. Diagnostica strumentale. Radiografia del torace: può mostrare un aumento del profilo atriale e ventricolare sinistro. È spesso riscontrabile anche in questo caso una congestione del circolo polmonare. L’elettrocardiogramma può essere normale, può a volte mettere in evidenza alcune aritmie, quali extrasistoli ventricolari, tachiaritmie sopraventricolari e nei casi avanzati fibrillazione atriale. L’esame diagnostico di riferimento è l’ecocardiogramma color-doppler trans-toracico, attraverso cui è possibile stimare l’entità del rigurgito, l’area dell’orificio rigurgitante, e altri parametri che concorrono a quantificare la gravità dell’insufficienza, il meccanismo con cui si realizza l’insufficienza (vedi successivamente la classificazione di Carpentier) , eventuali apposizioni calcifiche e, se presente, il grado di stenosi valvolare associata. In base all’entità del rigurgito, all’area dell’orificio rigurgitante, e ai valori di vena contracta distinguiamo l’insufficienza mitralica di grado lieve, moderato, e severo: insufficienza mitralica funzionale rigurgito Area orificio rigurgitante lieve moderata 30ml < 20mm2< Insufficienza mitralica organica Vena contracta <3mm Rigurgito lieve 3-6.9 mm moderata severa >30 ml >20mm2 >7mm severa Tabella 5;1 parametri ecocardiografici dell’insufficienza mitralica. 9 20%< area AS >20-40% area AS oppure <60ml >60 ml Area orificio rigurgitante <20mm2 Vena contracta <3mm >20-40<mm2 3-6.9 mm >40mm2 >7mm Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 10 Terapia medica consiste nella somministrazione di Diuretici, ACE-inibitori a basse dosi (per la prevenzione del rimodellamento ventricolare), terapia delle aritmie (FA), digitale. Indicazioni all’intervento chirurgico: trovano indicazione al trattamento chirurgico tutti i pazienti con insufficienza mitralica severa e concomitante presenza di sintomi ad essa riferibili. Tuttavia, considerando che l’evoluzione della patologia è a volte subdola, vi è indicazione all’intervento chirurgico anche nei pazienti asintomatici con iniziali segni ecocardiografici di disfunzione ventricolare sinistra quali: - frazione di eiezione al di sotto del 60%, - diametro telesistolico del ventricolo sinistro > 40 mm, in particolare se, dai dati a disposizione, si prevede la possibilità di riparazione della valvola stessa. In base al movimento dei lembi classifichiamo l’insufficienza mitralica in tre tipi (classificazione secondo Carpentier; figura5;8) tipo 1: movimento dei lembi normale, come nel caso di una perforazione a carico di un lembo, secondaria a un processo endocarditico. tipo 2: movimento dei lembi prolassante, come nel caso della degenerazione mixomatosa o nella rottura di corde tendinee. tipo 3: lembi retratti (tethering) a sua volta suddiviso in 3A retrazione in diastole, 3B retrazione in sistole. L’atteggiamento retratto dei lembi mitralici (tethering) si riscontra in caso di cardiopatia dilatativa idiopatica o post-ischemica. 10 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 11 Tecniche di riparazione chirurgica della valvola mitrale Anche in questo caso l’intervento chirurgico si esegue a cuore aperto con l’ausilio della circolazione extracorporea. L’accesso chirurgico si effettua in sternotomia mediana o in toracotomia destra. Le tecniche di esposizione della valvola sono le stesse descritte per la stenosi mitralica (incisione biatriotransettale o parasettale dell’atrio sinistro). A seconda del meccanismo dell’insufficienza esistono diversi tipi di tecniche riparative. In caso di prolasso isolato del lembo posteriore le tecniche riparative proposte sono: la resezione quadrangolare del lembo posteriore (figura5;7 ), la resezione triangolare del lembo posteriore (figura5;9), Figura 5;10 (Maurice Enriquez-Sarano, 07 April 2009 Lancet) 11 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite l’ - impianto di neocorde tendinee in pagina 12 goretex figura 5;11 Zussa JHVD . In presenza di cleft questi possono essere suturati con un 5-0 in monofilamento se sono profondi. Figura 5;12 Sliding plasty - In caso di un prolasso coinvolgente tutto il lembo posteriore, in cui vi sia un rialzo importante dello stesso, rispetto al lembo anteriore, può essere applicata la sliding plasty . In tal caso, oltre alla resezione quadrangolare di P2, tutto il lembo posteriore viene disinserzionato dall’anulus poi rianastomizzato con una sutura continua di prolene 4/0. La ricostruzione del lembo posteriore termina con la sutura centrale che colmerà lo spazio lasciato dalla resezione quadrangolare. In questo modo può essere resecata una maggior quantità di lembo, e abbassato l’intero lembo posteriore a livello dell’anteriore. 12 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 13 Un’altra tecnica proposta per il prolasso del LPM con rialzo importante rispetto al LAM è la folding Plasty questa tecnica consiste nell’eseguire la resezione quadrangolare del posteriore, e utilizzare i due margini mediali residui del lembo resecato per colmare lo spazio lasciato dalla resezione, ruotando verso l’anulus i margini della resezione e suturando all’anulus stesso la parte di margine della resezione più vicina all’anulus. Il rimanente tessuto viene suturato con una continua per chiudere la distanza della restante parte dei margini della resezione. È una tecnica che può essere utilizzata solo se è presente una ridondanza importante del LPM con quantità di tessuto del lembo sufficiente per eseguire la rotazione dei due margini verso l’anulus e la chiusura dello spazio rimanente. Questa tecnica abbassa l’altezza del LPM verso il LAM e riduce il rischio di SAM. fig 5; 13 folding plasty(Dr Grossi NY University Medical Center Ann Thorac Surg 487 2010 ;89:485–9 MITRAL F) - In caso di semplice dilatazione dell’anulus valvolare come in caso di insufficienza mitralica funzionale si esegue un’anuloplastica con impianto di anello completo rigido Fig 5;14 anuloplastica mitralica(Ctsnet.org) 13 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 14 Altre metodiche sono: Plastica valvolare con rimodellamento di un muscolo papillare e accorciamento dell’apparato tensore (corde tendinee) (fig 5. 15) Plastica valvolare con accorciamento di corda tendinea ridondante (fig 5.16). - Nei casi di insufficienza mitralica acuta, secondaria a rottura di un muscolo papillare o ad endocardite si valuta, a seconda dell’anatomia riscontrata, la possibilità di una riparazione o di una sostituzione valvolare; tenendo conto della criticità del paziente e la necessità di un intervento che dovrà essere più rapido possibile, spesso si opta per la sostituzione. 14 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 15 Patologia valvolare aortica Stenosi valvolare aortica La stenosi aortica degenerativa è diventata il più frequente tipo di valvulopatia in Europa e Nord America. La stenosi aortica che un tempo era più frequente nella forma reumatica, attualmente si presenta come calcifica solitamente negli adulti di età avanzata (2–7% della popolazione >65 anni). Anatomia patologica: la stenosi aortica degenerativa, è dovuta al deterioramento della valvola, compare in seguito a un progressivo processo di fibrosi e calcificazione a carico delle cuspidi valvolari fig 5 17 stenosi valvolare aortica sclerocalcifica. Queste ultime non possono quindi aprirsi normalmente, determinando un ostacolo all’uscita dal ventricolo sinistro. Esistono alcune alterazioni congenite come la bicuspidia aortica (presente in circa il 2 % della popolazione generale) che, determinando un flusso turbolento a livello valvolare, predispongono allo sviluppo della stenosi. Fisiopatologia: il restringimento dell’ostio valvolare costituisce un ostacolo all’eiezione del sangue. Per vincere questa resistenza e mantenere un flusso di sangue normale, la pressione sistolica nel ventricolo sinistro deve sempre essere maggiore della pressione in aorta. Tale differenza si definisce gradiente pressorio transvalvolare aortico. Tanto più la valvola è stenotica, tanto maggiore è il gradiente. L’aumento del gradiente trans-valvolare aortico determina un adattamento del ventricolo sinistro che sviluppa un’ipertrofia concentrica, con notevolmente ispessimento delle pareti. L’ipetrofia concentrica miocardica ha come conseguenze: a) aumento del consumo di O2 nel miocardio . A ciò si aggiunge un’accentuata compressione delle arterie coronarie per l’aumento della pressione endocavitaria, che ne ostacola il flusso soprattutto in diastole. Ne può conseguire una ischemia miocardica anche in assenza di ostruzioni coronariche; 15 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 16 b) si riduce la compliance cioè la distensibilità delle pareti del ventricolo sinistro, con incremento della pressione diastolica ventricolare. Quindi, affinché il ventricolo sinistro si riempia completamente, l’atrio sinistro deve contrarsi maggiormente e anch’esso si ipertrofizza. La contrazione atriale diventa così essenziale per una buona funzione cardiaca. In caso di episodio di fibrillazione atriale o di un blocco atrioventricolare, tale situazione di precario equilibrio potrebbe peggiorare rapidamente. figura 5, 18 adattamento nella stenosi aortica. netter images 16 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 17 Sintomatologia e segni clinici: classicamente i sintomi tipici della stenosi aortica sono: la dispnea, l’angina, la sincope, spesso in correlazione allo sforzo fisico. A. dispnea da sforzo: si verifica poiché durante uno sforzo aumenta la pressione ventricolare sistolica e conseguentemente il post-carico, fin quando il ventricolo non riesce più a eiettare in sistole tutto il sangue ricevuto in diastole. Si verifica quindi una rialzo della pressione in atrio sinistro e nel circolo polmonare, con comparsa di congestione polmonare. B. angina da sforzo: si verifica in quanto il fabbisogno di O2 a livello miocardico aumenta considerevolmente durante uno sforzo. Contestualmente il flusso coronarico è ostacolato dalla compressione estrinseca esercitata dal miocardio ipertrofico in tensione. C. sincope: sotto sforzo la pressione sistolica all’interno del ventricolo sinistro sale e aumenta il flusso di sangue in funzione dell’esercizio muscolare. Ciò determina la stimolazione dei barocettori intra-ventricolari, i quali di riflesso provocano una brusca vasodilatazione periferica. Tale meccanismo nelle persone normali ha lo scopo di impedire pericolosi aumenti della pressione intraventricolare, riducendo le resistenze periferiche. Nel paziente con stenosi aortica, il punto di massima resistenza è l’ostio della valvola stenotica che non si può modificare. Il riflesso dei barocettori ventricolari ridurrà le resistenze sistemiche, senza però ridurre la pressione intraventricolare. Poiché la riduzione delle resistenze può venir compensata da un adeguato incremento della portata cardiaca, per via dell’ostruzione all’efflusso la pressione sistemica crolla bruscamente - anziché aumentare come accade nei soggetti sani durante lo sforzo- sino a provocare segni di ipoperfusione cerebrale quali lipotimia e sincope. L’insorgenza di aritmie ventricolari può protrarre la sincope o, in alcuni casi, esserne la causa anche a riposo. L’aspettativa di vita, per i pazienti sintomatici con stenosi aorta severa è piuttosto bassa. In assenza di intervento chirurgico la mortalità è del 90% a tre anni dall’inizio dei sintomi. Obbiettivamente si riscontra un soffio sistolico eiettivo rude, in crescendo decrescendo (a Diamante), auscultabile sul focolaio aortico, irradiato al giugulo. Classificazione: in relazione alla area valvolare e ad altri parametri emodinamici distinguiamo la stenosi aortica in tre gradi, lieve, moderata e severa. Lieve: area valvolare > 1,5 cmq, gradiente trans-valvolare medio inferiore a 25 mmHg. Moderata: area valvolare compresa tra 1 cmq e 1,5 cmq, gradiente trans-valvolare medio tra 25 e 40 mmHg. 17 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 18 Severa: area valvolare < 1 cmq, gradiente trans-valvolare medio maggiore di 40 mmHg, velocità massima > 4 m/s. Critica: area valvolare < 0.75 cmq. Peraltro, è richiesto un giudizio clinico più approfondito in caso di sospetto di stenosi aortica severa quando il gradiente trans-valvolare medio è < 40 mmHg, e la funzione contrattile del ventricolo sinistro è ridotta. Infatti in presenza di basso flusso, può essere riscontrata una pressione più bassa in pazienti con stenosi aortica severa, cioè una stenosi aortica con basso flusso – basso gradiente. In questi casi un’ecografia cardiaca sottosforzo (eco-stress con dobutamina) può essere dirimente. L’indicazione alla sostituzione valvolare chirurgica si pone nei paziente sintomatici con stenosi severa. L’intervento chirurgico si esegue a cuore aperto con l’ausilio della circolazione extracorporea. L’accesso chirurgico si effettua in sternotomia mediana o in ministernotomia. Fig 5.19 schema ministernotomia L’esposizione della valvola aortica è ottenuta con l’aortotomia dell’aorta ascendente eseguita 2 cm al di sopra dell’ostio coronarico destro. Dopo di che si effettua l’asportazione dei lembi valvolari e si sutura sull’anulus nativo la protesi valvolare. TAVI (impianto di valvola aortica trans-catetere). Il primo impianto di protesi aortica per via percutanea è stato effettuato da Alain Cribier nel 2002. Da allora, sono stati perfezionati ed introdotti in commercio diversi tipi di dispositivi per il trattamento transcatetere della valvulopatia aortica, con diverse peculiarità per quanto riguarda le caratteristiche e la tecnica di impianto. Il trattamento consiste nell’impianto di una protesi biologica in sede aortica tramite catetere attraverso un accesso da un’arteria periferica solitamente l’arteria femorale, oppure tramite un accesso trans-apicale cardiaco attraverso una minitoracotomia sinistra. La procedura viene effettuata in sala operatoria ibrida (dotata di radioscopio, iniettore per il mezzo di contrasto, lettino radiotrasparente ect.), oppure in una sala di emodinamica o di radiologia interventistica. I vantaggi di tale metodica sono l’approccio mini-invasivo e il fatto che si evita la circolazione extracorporea. Gli svantaggi consistono in un aumentato rischio di ictus cerebrale su base embolica, complicanze del sito di accesso vascolare, la possibilità di mal posizionamento del dispositivo e la dislocazione dello stesso. Inoltre, essendo una metodica recente, sarà da accertare la durata nel tempo di tali protesi, prima che vadano incontro al processo di degenerazione proprio di tutte le protesi biologiche. 18 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 19 Fig 5;20 impianto AVI trans-apicale. Fig 5;21 e 22 impianto TAVI trans-femorale Raccomandazioni all’uso. L’ utilizzo di una valvola aortica trans-catetere deve essere considerate solo con un ‘heart team’ multidisciplinare, che includa cardiologi, cardiochirurghi e se necessario altri specialisti, e deve essere eseguita in ospedali con una unità operativa di cardiochirurgia. È indicata in pazienti con stenosi aortica severa sintomatica, che non siano operabili secondo la valutazione dell’ ‘heart team’, e che possano avere un miglioramento della qualità di vita e un’aspettativa di vita > 1 anno dopo aver considerato le comorbilità. Controindicazioni per l’ impianto delle valvole aortiche trans-catetere. Assolute controindicazioni: assenza dell’ ‘heart team’ e assenza di una cardiochirurgia. Appropriatezza dell’impianto di valvola aortica trans-catetere, come alternativa all’intervento chirurgico, non confermata dall’ ‘heart team’. Controindicazioni cliniche: aspettativa di vita <1 anno. Non significativo miglioramento della qualità di vita apportato dall’ impianto di valvola aortica transcatetere a causa delle comorbilità. Contestuale presenza di altra severa patologia primaria, trattabile solo chirurgicamente, che sia concausa importante della sintomatologia del paziente. Insufficienza valvolare aortica Nell’insufficienza aortica una parte del sangue eiettato in sistole ritorna nel ventricolo sinistro in diastole. Ciò si verifica per lesioni a carico delle cuspidi valvolari, oppure per alterazioni della radice aortica tali da inficiare la normale coaptazione dei lembi valvolari. L’insufficienza valvolare si può instaurare in modo cronico o acuto. Nel primo caso il ventricolo ha il tempo di adattarsi al rigurgito, nel secondo il ventricolo 19 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 20 non ha il tempo di adattarsi: questo comporta spesso l’ insorgenza di un quadro clinico da scompenso sinistro acuto. Fisiopatologia: per via che il sangue rigurgitato in diastole verrà espulso alla sistole successiva insieme alla normale quota di sangue proveniente dall’atrio sinistro, il ventricolo sinistro dovrà pompare un volume maggiore di sangue ad ogni sistole. Perciò il ventricolo si adatta, dilatandosi con incremento del volume diastolico (precarico). Ne deriva che, poiché le miocellule iniziano a contrarsi da una lunghezza maggiore, per la legge di Starling si assiste almeno inizialmente ad un incremento della capacità contrattile del ventricolo. Fig 5, 23 adattamento nell’insufficienza aortica 20 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 21 Contestualmente alla dilatazione, per la legge di Laplace, aumenta anche la tensione di parete (postcarico). Per controbilanciare questo fenomeno il ventricolo si adatta ipertrofizzandosi, aumentando cioè lo spessore parietale. Nella stenosi aortica, l’ipertrofia è di tipo concentrico, dunque senza dilatazione della cavità. Nell’insufficienza aortica si instaurano contestualmente sia l’ ipertrofia che la dilatazione, e il cuore può raggiungere in taluni casi , dimensioni enormi, “cor bovinum”. Sintomatologia: il paziente con insufficienza aortica può essere asintomatico per molti anni, durante i quali il ventricolo sinistro si dilata e si ipertrofizza e il vizio aortico progressivamente si aggrava. Il sintomo che compare più precocemente è di solito la dispnea da sforzo, poi ortopnea e dispnea parossistica notturna, man mano che peggiora la contrattilità cardiaca . L’angina pectoris da sforzo è tipica anche nei pazienti con coronarie normali, in quanto per l’ ipertrofia si incrementa il fabbisogno di ossigeno dei miociti, e contestualmente la bassa pressione diastolica inficia il flusso a livello delle arterie coronariche. Tipicamente nell’insufficienza aortica si osserva, assieme alla dispnea e all’angina, la sudorazione profusa . Segni clinici: il reperto auscultatorio principale è un soffio diastolico su focolaio aortico. La durata del soffio è proporzionale alla severità del rigurgito; frequentemente è associato un soffio sistolico eiettivo, provocato dall’incremento del volume di sangue eiettato dal ventricolo. È inoltre possibile apprezzare il soffio di Austin-Flint, un rullio diastolico causato dal getto di sangue rigurgitato che, incontrando il lembo anteriore della mitrale, lo spinge posteriormente determinane una restrizione della valvola mitrale. In caso di insufficienza aortica acuta in genere i pazienti appaiono in condizioni generali compromesse: si rilevano tachicardia, ipoperfusione periferica, shock e congestione/ edema polmonare. Diagnostica strumentale: sono riscontrabili all’elettrocardiogramma segni di ipertrofia ventricolare sinistra con onde R alte nelle derivazioni sinistre, aritmie ventricolari e alterazioni della conduzione. Alla radiografia del torace si potranno rilevare segni di dilatazione del ventricolo sinistro. Nelle forme croniche avanzate o acute si potranno vedere segni di congestione polmonare compatibili con un quadro di scompenso o edema polmonare. L’ecocardiogramma è anche in questa patologia l’esame cardine per quantificare l’entità del rigurgito e il meccanismo da cui è provocato, nonché gli adattamenti cui le camere cardiache sono andate incontro. I parametri ecocardiografici che identificano una insufficienza aortica severe sono: vena contracta>6 mm, area dell’orificio rigurgitante >30 mm2, volume del rigurgito> di 60 ml per battito. Indicazioni all’ intervento chirurgico. L’intervento chirurgico è indicato nei pazienti con insufficienza aortica severa, sintomatici, ma pure nei pazienti asintomatici, con iniziali segni di disfunzione del ventricolo sinistro quali diminuzione della frazione di eiezione, o aumento dei diametri ventricolari: diametro tele-diastolico > 70mm o diametro tele-sistolico> 50 mm. 21 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 22 Classificazione dell’insufficienza aortica proposta da El Khoury: è fatta in relazione al meccanismo dell’insufficienza e alla tecnica riparativa. Tale classificazione è centrata sull’idea che la valvola aortica, sia costituita da due componenti maggiori: i lembi e la radice aortica intesi come unità funzionale. Orbene la radice aortica è costituita dall’anulus aortico, dai seni di Valsalva e dalla giunzione sino-tubulare. Immagine 5.24 anatomia della radice aortica Si distinguono tre tipi di insufficienza aortica: Tipo I il movimento dei lembi è normale e l’insufficienza è causata da un’alterazione dell’anulus funzionale o da perforazione delle cuspidi Tipo II Tipo III meccanismo Tipo I A dilatazione della aorta ascendente (con dilatazione della giunzione sino-tubulare). Tipo I B dilatazione dei seni di Valsalva e della giunzione sino tubulare. Tipo I C: dilatazione della giunzione ventricoloaortica. Tipo I D : perforazione delle cuspidi. prolasso dei lembi causato da ridondanza del tessuto delle cuspidi o da rottura. restrizione dei lembi che può essere riscontrata nella bicuspidia aortica, o causata da malattia reumatica o da degenerazione fibro-calcifica Tecnica riparativa primaria sostituzione dell’aorta ascendente con rimodellamento della GST Valve sparing Reimplantation o Remodelling, Valve sparing Reimplantation Riparazione con patch pericardico plicatura, resezione triangolare, risospensione, impianto di patch solitamente è eseguita la sostituzione con protesi; in alternativa shaving e decalcificazione dei lembi e/o impianto di un patch. Anuloplastica subcommissurale Anuloplastica subcommissurale Anuloplastica subcommissurale Tecnica ripartiva secondaria Anuloplastica subcommissurale anuloplastica subcommissurale. Anuloplastica della giunzione sino tubulare Tab5;2 classificazione dell’insufficienza aortica secondo El Khoury 22 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 23 Tipo I: il movimento dei lembi è normale, l’insufficienza è causata da un’alterazione dell’anulus funzionale o da perforazione delle cuspidi; Tipo IA: dilatazione della aorta ascendente (con dilatazione della giunzione sino-tubulare). Tecnica proposta: sostituzione dell’Aorta Ascendente con rimodellamento della GST. Tipo IB: dilatazione dei seni di Valsalva e della giunzione sino tubulare. tecnica: Valve sparing Reimplantation o Remodelling, con eventuale anuloplastica sub-commissurale. Tipo IC: dilatazione della giunzione ventricolo-aortica. Tecnica: Valve sparing Reimplantation con Anuloplastica sub-commissurale. Secondo El Khoury un intervento di rimodellamento della valvola aortica richiede, in aggiunta alla reimplantation, l’Anuloplastica sub-commissurale per la stabilizzazione prossimale dell’anulus e della giunzione ventricolo-aortica, e la riduzione dell’ ampiezza del triangolo fra le cuspidi (cioè si riduce la distanza fra le cuspidi e aumenta la superficie di coaptazione). Tipo ID: perforazione delle cuspidi. Tecnica Riparazione con patch pericardico. Tipo II: prolasso dei lembi causato da ridondanza del tessuto delle cuspidi o da rottura. Si possono eseguire plicatura, resezione triangolare, risospensione, impianto di patch. Tipo III: restrizione dei lembi che può essere riscontrata nella bicuspidia aortica, o causata da malattia reumatica o da degenerazione fibro-calcifica. Solitamente si esegue una sostituzione valvolare con una protesi. In alternativa El Khoury propone lo shaving con decalcificazione dei lembi, ed eventuale impianto di un patch. Tecniche di sostituzione della radice aortica con preservazione della valvola aortica. Indicazioni: dilatazione della radice aortica, dilatazione dell’anulus aortico in presenza di cuspidi morfologicamente normali. In letteratura sono descritte due tecniche principali: A) tecnica di rimodellamento della radice aortica secondo Yacoub (figura5;22): è indicata per i casi di dilatazione dei seni di Valsalva senza dilatazione dell’anulus aortico. Consiste nell’asportare i seni di Valsalva e l’eventuale ulteriore porzione di aorta ascendente aneurismatica. Quindi si sutura ciascuna commissura valvolare a una protesi di dacron che è stata tagliata longitudinalmente per formare tre neoseni separati. Queste tre lingue di tessuto protesico vengono direttamente suturate al margine di tessuto aortico con tre emicontinue di prolene 4 zeri. A ciò segue l’anastomosi degli osti coronarici ai neoseni e l’anastomosi prossimale della protesi sull’ aorta. Il punto chiave di questa tecnica è che ripristina la fisiologica morfologia della radice aortica. 23 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 24 webcast.aats.org fig 5;25 tecnica di rimodellamento della radice aortica B) Reimpianto della valvola aortica secondo David. (figura5;23)È indicata nei casi di dilatazione della radice aortica, compreso l’anulus valvolare con insufficienza aortica associata. L’intera valvola aortica con l’anulus è reinserita in un tubo protesico in dacron di calibro appropriato. Prima la protesi è fissata all’anulus appena al disotto del livello delle cuspidi con punti a materassaio ethibond 3 zeri. La valvola è poi impiantata nella protesi utilizzando tre suture emicontinue di prolene 4 zeri. In fine i bottoni degli osti coronarici vengono anastomizzati alla protesi. Un aspetto chiave di questa tecnica è che l’anulus aortico, fissato alla protesi, previene la dilatazione dell’anulus nel tempo. openi.nlm.nih.gov Fig 5;26 Tecnica di reimpianto della valvola aortica secondo David Tecnica di sostituzione della radice aortica secondo Bentall-DeBono. È indicata nei casi di dilatazione della radice aortica e/o aorta ascendente tubulare e con vizio valvolare aortico contestuale non passibile di riparazione valvolare (stenosi aortica o insufficienza con lembi valvolari alterati). Consiste nella sostituzione sia della valvola che della prima parte dell’aorta ascendente con un tubo protesico di dacron già provvisto 24 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 25 di una protesi valvolare. In tal modo il chirurgo impianta con la stessa sutura la protesi valvolare e la protesi tubulare di dacron. Fig 5;27 tubo protesico valvolato. Fig 5;28 sostituzione della radice aortica secondo Bentall-De Bono Patologia valvolare tricuspidalica Stenosi tricuspidalica La stenosi tricuspidalica severa è solitamente di origine reumatica: non è frequente e di solito si associa ad una stenosi mitralica. Sintomatologia. L’incremento del gradiente trans-valvolare tricuspidalico può comportare l’instaurarsi di congestione venosa sistemica, ne conseguono facile affaticabilità, sensazione di distensione addominale (per epatomegalia e ascite) e di pulsazione al collo (per via della distensione delle vene giugulari). Segni clinici: il reperto auscultatorio tipico consiste in un rullio diastolico udibile al IV spazio sulla linea parasternale destra. Diagnosi strumentale: all’ECG spesso si riscontra fibrillazione atriale secondaria all’ingrandimento atriale. La radiografia del torace ha come reperto radiologico tipico la dilatazione dell’atrio destro (prominenza dell’arco inferiore destro), che prosegue cefalicamente con la vena cava superiore anch’essa dilatata. L’ecocardiogramma è l’esame di riferimento, viene definita severa una stenosi tricuspidalica quando il gradiente trans-valvolare supera i 5 mmHg. 25 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 26 Indicazioni chirurgiche della valvola tricuspide L’intervento sulla valvola tricuspide è indicato in pazienti sintomatici con stenosi tricuspidalica severa (la dilatazione percutanea può essere provata come primo approccio se la stenosi tricuspidalica è isolata), sia isolata che associata a una indicazione per valvulopatia sinistra. In quest’ultimo caso si considera l’intervento sulla tricuspide anche in caso di stenosi moderata. L’intervento consiste solitamente nella sostituzione della valvola con una bioprotesi. Tecnica di sostituzione: si conserva buona parte del lembo settale per evitare di applicare punti nella parte di anello sotto cui decorre il fascio di His. La restante parte della valvola viene asportata e la protesi viene fissata con punti staccati ethibond due zeri. Insufficienza tricuspidalica Eziologia: come per la valvola mitrale anche l’insufficienza tricuspidalica si distingue in primitiva (organica) e secondaria (funzionale). L’insufficienza tricuspidalica primitiva può essere congenita, come nella malattia di Ebstein, o acquisita. Tra le cause di insufficienza tricuspidalica primitiva acquisita ricordiamo la malattia reumatica (solitamente contestuale a una valvulopatia mitralica); la degenerazione mixomatosa dei lembi e delle corde tendinee con prolasso dei lembi; l’endocardite infettiva, e i traumi. L’insufficienza della tricuspide è più comunemente secondaria, ed è causata dalla dilatazione del ventricolo destro e dell’anulus che non permette più la normale coaptazione dei lembi. Figura5;29 modalità di dilatazione dell’anulus tricuspidale. Di solito la dilatazione del ventricolo è causata dall’ipertensione polmonare, che può essere a sua volta primitiva o secondaria a diverse cause: a una valvulopatia sinistra in genere mitralica, a una cardiopatia congenita con iperafflusso polmonare (come un difetto interventricolare), a cuore polmonare cronico o ad un infarto ventricolare destro. 26 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 27 Fisiopatologia. Nell’ insufficienza tricuspidale primitiva si instaura progressivamente un sovraccarico di volume del ventricolo destro che ad ogni diastole riceve il sangue del ritorno venoso sistemico, a cui si somma il volume rigurgitato in atrio destro durante la sistole precedente. L’evoluzione verso lo scompenso destro è di solito lenta, anche quando l’insufficienza tricuspidale si verifica in modo acuto come nell’endocardite infettiva, a differenza dall’insufficienza mitralica acuta che ha un’evoluzione piuttosto rapida. Nel tempo si instaura una riduzione della funzione ventricolare destra e compaiono quindi i segni dello scompenso destro. Nell’ insufficienza tricuspidale funzionale o secondaria, questa compare in un quadro di dilatazione del ventricolo destro preesistente. Dunque l’ instaurarsi del vizio valvolare esacerba i segni e sintomi di scompenso destro spesso già presenti. Sintomatologia. L’ insufficienza primitiva di solito è ben tollerata dai pazienti. Nell’ insufficienza secondaria, riducendosi la portata cardiaca si aggravano i sintomi della congestione del circolo venoso sistemico quali facile affaticabilità, astenia, tensione addominale e dolenzia da distensione epatica. Segni clinici. All’auscultazione si può apprezzare un soffio sistolico al IV spazio intercostale sulla linea parasternale destra. Potranno poi essere presenti i segni tipici della congestione venosa e dello scompenso destro quali ascite, epatomegalia, edemi declivi. Diagnostica strumentale: all’elettrocardiogramma spesso si rileva fibrillazione atriale con segni di ipertrofia del ventricolo destro. Radiografia del torace: si possono apprezzare i segni della dilatazione dell’atrio destro ed eventualmente i segni di una contestuale valvulopatia sinistra. All’ecocardiogramma viene considerata severa una insufficienza tricuspidalica con i seguenti reperti ecografici:”vena contracta”≥ 7 mm, inversione del flusso ematico in sistole a livello delle vene epatiche, un’ area effettiva dell’orifizio rigurgitante > 40 mm, volume rigurgitato 45 ml per battito. Tali reperti sono per lo più associati ad allargamento dell’atrio destro, della vena cava inferiore, e del ventricolo destro. Indicazioni all’intervento chirurgico. L’intervento sulla valvola tricuspide è indicato in pazienti con insufficienza tricuspidalica severa primaria o secondaria, che devono essere sottoposti ad intervento su valvola cardiaca sinistra. L’intervento è inoltre indicato in pazienti sintomatici con insufficienza tricuspidalica severa primaria isolata, senza severa disfunzione del ventricolo destro. L’intervento può essere considerato in pazienti asintomatici o lievemente sintomatici con insufficienza tricuspidalica severa primitiva isolata, e progressiva dilatazione del ventricolo destro o deterioramento della funzione del ventricolo destro . 27 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 28 Inoltre l’intervento può essere considerato in pazienti con insufficienza tricuspidalica secondaria di grado lieve o moderato con anulus dilatato (≥40 mm o >21 mm/m²) che devono essere sottoposti ad intervento su valvola cardiaca sinistra. Secondo Dreyfus (Annals Thoracic surgery 2005) l’indicazione si pone quando alla misurazione diretta l’anulus tricuspidalico è ≥ a 70 mm. Tecniche riparative della valvola tricuspide. La chirurgia della tricuspide è associata ad un intervento concomitante a carico di una valvola sinistra, solitamente la mitrale. Per questo motivo la porzione di intervento a carico della tricuspide può avvenire sia durante il tempo di clampaggio che a cuore battente durante la riperfusione, dopo aver eseguito la porzione di intervento riguardante la parte sinistra. L’accesso si esegue attraverso l’atrio destro con un’ atriotomia obliqua, con partenza dell’incisione vicino all’auricola destra, ed estensione dell’incisione in direzione della vena cava inferiore vicino alla quale termina. In caso di concomitante intervento sulla valvola mitrale può essere eseguito un accesso trans-settale: dopo aver eseguito l’atriotomia destra si esegue un’ incisione a livello della fossa ovale, estesa superiormente attraverso il setto interatriale. Anuloplastica: quando deve essere eseguita una anuloplastica la lunghezza della base del lembo settale della tricuspide o l’area del lembo anteriore vengono misurate con un calibratore per scegliere il diametro dell’anello. Gli anelli utilizzati sono incompleti per lasciare libera la porzione di anulus sotto cui decorre il fascio di His, cioè tra la commissura antero-settale e il punto medio del lembo settale. Tecnica riparativa secondo De Vega: si utilizza una sutura continua di prolene 2/0 o 3/0 con partenza dalla commissura postero-settale, si prosegue in senso antiorario con punti a materassaio fino alla commissura antero-settale, a tale livello dopo aver messo un pledget di teflon la sutura viene doppiata in senso inverso fino alla commissura postero-settale dove viene stirata per ottenere la riduzione dell’anulus, e i fili dopo essere stati fatti passare attraverso un pledget vengono annodati. La parte settale dell’anulus non viene trattata, perche non viene coinvolta nel processo di dilatazione dell’anulus, e per evitare danni al tessuto di conduzione. 28 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 29 Endocarditi L’endocardite è un processo infiammatorio dell’endocardio, caratterizzato dalla formazione di vegetazioni a livello dell’endocardio stesso. Fig 5.30 e 31 esempi di lesioni endocarditi che aortica e mitralica endocarditi (cardiac surgery 3° ediz. Churcill Livingston) Può essere primitiva (infettiva) o secondaria (da lupus o altre malattie reumatiche). Endocardite infettiva: consiste nell’ invasione e moltiplicazione di microorganismi a livello dell’endocardio, ed è una malattia rara con un’incidenza stimata di 30-100 episodi per milione di pazienti per anno. Il 40-50% dei casi può essere trattato con la sola terapia medica, mentre i restanti necessitano di un intervento chirurgico. L’endocardite acuta è una severa forma di endocardite infettiva causata da microrganismi piogeni virulenti come streptococco emolitico e stafilococchi. Può diventare pericolosa per la vita in pochi giorni. Endocardite subacuta: è una forma di endocardite infettiva che si sviluppa sottilmente in un periodo variabile da settimane a mesi. Può produrre sintomi per mesi prima che il danno alle valvole cardiache o un episodio di embolia chiarisca la diagnosi. Di solito è causata da Streptococcus viridans o Streptococcus faecalis . Endocardite attiva: consiste nella presenza di evidente infezione a livello cardiaco. Si manifesta con infiammazione, vegetazioni attive, ascessi, seni scavati, o fistole . Endocardite guarita: indica l'assenza di evidente infezione cardiaca e d’infiammazione, generalmente dopo il trattamento antibiotico e presunta eradicazione di microrganismi. È caratterizzata dalla mancanza d’infiammazione locale; possono essere presenti vegetazioni, generalmente endotelizzate, e gli ascessi compresi seni e fistole, sono esitati in cavità ben definite e stabili. 29 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 30 Distinguiamo le endocarditi che coinvolgono la valvola nativa propria del paziente e quelle che coinvolgono una valvola cardiaca protesica impiantata chirurgicamente . Criteri diagnostici maggiori: evidenza all’ecocardiografia di vegetazione, di ascessi o di lesioni valvolari. Positività di emocolture per microorganismi tipici. Criteri diagnostici minori: febbre, condizioni cardiache predisponenti o utilizzo di stupefacenti ev, embolia periferica, fenomeni immunologici quali glomerulonefriti o fattore reumatoide, emocolture positive non rispondenti ai criteri maggiori, ecocardiogramma non rispondente ai criteri maggiori. Classificazione secondo la mobilità delle vegetazioni: 1 )Mobilità assente: vegetazione fissa senza evidenza di movimento indipendente. 2) Mobilità bassa: vegetazione con base fissa, ma con margine libero mobile. 3) Mobilità moderata: vegetazione peduncolata che rimane nella stessa camera attraverso il ciclo cardiaco 4) Mobilità severa: vegetazione prolassante che oltrepassa il piano di coaptazione dei lembi valvolari durante il ciclo cardiaco. Pazienti con vegetazioni > di 10 mm (1 cm) hanno una incidenza del 60% di embolia. Pazienti con vegetazioni mobili di ampie dimensioni (> di 1,5 cm) hanno una incidenza dell’85 % di complicanze emboliche. Indicazioni Si pone indicazione all’intervento chirurgico in regime di emergenza nei casi di: instabilità emodinamica da insufficienza valvolare acuta, fistola cardiaca, protesi basculante, rischio di blocco completo di una protesi meccanica. Si pone indicazione all’intervento chirurgico in regime di urgenza (da operare nell’arco di giorni) nei seguenti casi: Endocardite su valvola nativa con preesistente insufficienza cardiaca, segni di compenso labile (scarsa tolleranza emodinamica), o ascesso. Endocardite su valvola protesica con preesistente insufficienza cardiaca, segni di compenso labile, o ascesso. Endocardite su valvola protesica causata da stafilococchi o organismi Gram-negativi. Vegetazione sinistra con diametro >1,0 cm con un evento embolico. Vegetazione sinistra con diametro >1,0 cm e mobilità della stessa prima dell’inizio della terapia antibiotica. Vegetazione sinistra ad alto rischio con episodio di embolizzazione nonostante la terapia antibiotica. Vegetazione sinistra con diametro >1,5 cm specialmente se si può fare un intervento riparativo. Ascesso di importanti dimensioni e/o coinvolgimento perianulare con infezione incontrollata. 30 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 31 Intervento elettivo durante il ricovero: Severa insufficienza aortica o mitralica con insufficienza cardiaca e buona risposta alla terapia medica. Endocardite su valvola protesica con deiscenza valvolare e insufficienza cardiaca e buona risposta alla terapia medica. Presenza di ascesso o estensione perianulare. Persistenza di infezione quando foci extra cardiaci sono esclusi. Infezioni fungine o altre infezioni resistenti alla terapia medica. Le complicazioni neurologiche sono molteplici: ictus ischemico o emorragico, TIA, embolia cerebrale silente, aneurismi micotici cerebrali sintomatici o asintomatici, ascessi cerebrali, meningiti, encefalopatia tossica e crisi epilettiche. In caso di ictus emboligeno con complicazione emorragica l’intervento è rimandato solitamente di 4 settimane. In condizioni di stabilità l’intervento si dovrebbe effettuare dopo sei settimane di terapia antibiotica. La mortalità nell’immediato post-operatorio varia dal 5% al 30%, a 5 anni la sopravvivenza è dell’80%, a 10 anni è del 60%. Questa differenza, soprattutto nell’immediato post-operatorio, è determinata dalla condizione preoperatoria di endocardite fredda o in fase attiva. Nel caso di endocardite fredda i risultati sono paragonabili a quelli di una normale sostituzione valvolare. La mortalità è inoltre influenzata dal grado di estensione del processo destruente a carico delle strutture perivalvolari come ascessi perivalvolari a carico dell’anulus aortico, alterazioni della conduzione A-V, o eventi embolici cerebrali nel preoperatorio. 31 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 32 Protesi valvolari cardiache. Si distinguono essenzialmente due tipi di protesi, le protesi meccaniche e le protesi di origine biologica. Protesi meccaniche Attualmente sono costituite da due dischi di carbonio e berillio, che si muovono su un supporto in relazione alle fasi del ciclo cardiaco. Questi materiali non sono soggetti a degenerazione, per cui se non si instaurano complicanze (quali trombosi a carico delle parti basculanti o apposizione di panno trombotico sul supporto dei dischi) possono rimanere impiantate per il resto della vita del paziente. Tuttavia necessitano dell’anticoagulazione orale per tutto il tempo in cui la valvola rimane impiantata nel paziente. Al fine di evitare complicanze trombo-emboliche il valore di INR è da mantenere tra 2 e 3 per le protesi meccaniche impiantate in sede aortica e tra 2,5 e 3,5 per protesi meccaniche impiantate in sede mitralica. fig 5;32 protesi valvolare meccanica (medtronic.com). Protesi valvolari biologiche Possono essere di origine umana o animale (porcina o bovina). Esse vengono ricoperte dalle cellule endoteliali del ricevente, hanno quindi una ridotta trombogenicità, necessitano pertanto di anticoagulazione orale solo nei primi tre mesi dall’impianto. Il loro limite maggiore è la durata, infatti sono soggette a degenerazione. La durata media è di circa dieci anni per le bioprotesi di origine animale impiantate in sede mitralica, e quindici per quelle in sede aortica. Tale durata è peraltro condizionata ad alcuni fattori quali insufficienza renale e l’età del paziente: più il paziente è giovane più la bioprotesi tende a deteriorarsi precocemente. Quando la bioprotesi è degenerata è necessario sostituirla con un nuovo intervento. Recentemente le valvole impiantabili trans-catetere possono essere utilizzate con la procedura nota come “valve in valve” in cui la valvola trans-catetere è impiantata all’interno del supporto della bioprotesi degenerata. 32 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 33 fig 5;33 protesi valvolare biologica Protesi stentless Le protesi stentless sono delle bioprotesi di origine animale (porcina o bovina) che differiscono dalle protesi convenzionali poiché non hanno il supporto rigido su cui vengono inserite le cuspidi valvolari. A parità di calibro rispetto a una protesi convenzionale la protesi stentless ha una maggiore area dell’orifizio valvolare e quindi migliori parametri emodinamici e non necessita di anticoagulazione orale. Tuttavia il loro impianto è tecnicamente più difficile e la loro durata è paragonabile alle bioprotesi convenzionali. Non vi sono delle indicazioni specifiche per il loro utilizzo rispetto alle bioprotesi convenzionali. Possono essere vantaggiose in pazienti con una radice aortica di piccole dimensioni e nelle endocarditi. Fig. 5.34 Bioprotesi stentless bovina fig 5,35 bioprotesi stentless porcina Valvola aortica omologa (Homograft) Consiste nella radice aortica prelevata da un donatore in cui il cuore non risulti idoneo per il trapianto. Viene in genere criopreservata e conservata presso una banca di tessuti. Le caratteristiche emodinamiche sono simili a quelle delle protesi stentless. La durata degli delle valvole aortiche omologhe è di circa 20 anni. La tecnica di impianto è complessa e difficile. Non è necessaria di anticoagulazione orale Le situazioni per cui può essere considerato il loro utilizzo sono alcuni casi di endocarditi aortiche con estensione del processo infettivo alla radice aortica, pazienti giovani con controindicazione alla anticoagulazione orale. 33 Appunti di Cardiochirurgia Capitolo 5 Patologie valvolari acquisite pagina 34 fig 5,36 homograft aortico. Intervento di Ross Consiste in una sostituzione valvolare aortica mediante l’utilizzo della valvola polmonare del paziente (autograft) Si asporta la radice dell’arteria polmonare e la si impianta in sede aortica con il successivo reimpianto degli osti coronarici. In sede polmonare viene impianto un homograft. Il vantaggio cruciale di questo intervento è che l’autograft cresce con il paziente. Per tale ragione questo tipo di intervento viene eseguito soprattutto nei pazienti pediatrici. Fig5.37, 38, 39, 40 fasi dell’intervento di Ross 34