Traumatologia: diagnostica per immagini dei traumi toraco

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CAPITOLO 9
Traumatologia: diagnostica per immagini
dei traumi toraco-addominali dell’anziano
Andrea Masi, Silvia Gabbrielli, Giuseppe Caracchini, Giovanni D’Elia, Matteo Zini
Introduzione
Gli eventi traumatici costituiscono una delle cause più frequenti di patologia acuta nel
paziente anziano. In considerazione, tuttavia, del tipo di vita e della minore dinamicità negli spostamenti e nei movimenti, gli effetti del traumatismo sono spesso più limitati rispetto a ciò che avviene nella popolazione di età intermedia e giovane e interessano prevalentemente il sistema scheletrico. È comunque necessario considerare che
un evento traumatico può determinare effetti amplificati su un organismo con alterazioni del sistema nervoso, cardiocircolatorio, scheletrico, endocrino e immunitario.
La diagnosi strumentale, che spesso è condizionata nella sua completezza dal quadro clinico del paziente, deve essere rapida e finalizzata al riconoscimento delle diverse sedi e tipologie di lesioni al fine di garantire il migliore immediato trattamento.
I traumi toraco-addominali si dividono in aperti e chiusi. I primi, meno frequenti, sono
sostenuti da ferite da arma da fuoco o da taglio, mentre i secondi sono dovuti per lo più
a incidenti stradali. In questi ultimi casi è richiesta in genere la contemporanea esplorazione di entrambi i distretti. Per quanto riguarda i traumi toracici o comunque coinvolgenti
il distretto toracico, il primo esame strumentale ancora oggi eseguito al momento dell’arrivo del paziente in ospedale è la radiografia del torace a paziente supino.
Sebbene siano noti i limiti intrinseci di questo esame in termini di sensibilità e
accuratezza diagnostica, frequentemente esso può rappresentare l’unico supporto della
diagnostica per immagini in pazienti con grave instabilità clinica a seguito di eventi traumatici a dinamica maggiore. Nello studio dell’addome traumatizzato l’ecografia, soprattutto per la sua elevata sensibilità nel dimostrare piccole falde fluide intra-addominali, è spesso utilizzata come metodica di prima istanza, anche se sono ben noti i limiti
diagnostici nell’identificare lesioni degli organi parenchimatosi. Lo studio scheletrico,
poi, può essere rapidamente eseguito con l’assunzione di radiogrammi del bacino e
del rachide.
La tomografia computerizzata (TC) sia nel distretto toracico che addominale è
comunque la metodica più sensibile nell’individuazione delle lesioni di natura posttraumatica.
L’avvento delle innovazioni tecnologiche proprie della TC spirale e più recentemente delle apparecchiature multidetettore ha determinato un ulteriore guadagno in termini
di rilievo e caratterizzazione delle lesioni, di individuazione dei segni diretti di danno
alle strutture vascolari e, soprattutto, ha consentito l’esecuzione dell’esame in tempi
brevissimi. Questa particolare elevata velocità di acquisizione delle immagini permette infatti di procedere allo studio di diversi distretti corporei nella stessa seduta e soprattutto allo studio delle diverse strutture anatomiche in essi contenute. Attualmente, dun-
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que, la TC spirale rappresenta un fondamentale e irrinunciabile strumento diagnostico, che esprime tutte le caratteristiche che deve possedere un esame da eseguire in regime di urgenza: rapidità, sensibilità nel rilievo di raccolte emorragiche, possibilità di
studio di diversi apparati, non dipendenza dall’operatore; essa deve comunque essere
eseguita in presenza di eventuali dubbi diagnostici all’esame radiografico tradizionale, all’ecografia o nel sospetto di lesioni vascolari. Più limitato risulta il ruolo della risonanza magnetica (RM) nella valutazione di patologie post-traumatiche.
Inquadramento della patologia e indicazioni della metodica
Torace
Nell’ambito della patologia traumatica possono essere distinte lesioni della parete toracica, del parenchima polmonare, del mediastino, della pleura e del diaframma [1-4].
Lesioni della parete toracica
Lesioni scheletriche
Le fratture costali generalmente si localizzano al terzo medio dell’arco costale, sede di
minore resistenza meccanica. Le lesioni fratturative multiple possono essere composte o
scomposte; in quest’ultimo caso risultano più frequenti complicanze quali il versamento pleurico, lo pneumotorace, l’enfisema sottocutaneo e gli ematomi di parete.
La frattura di più archi costali (almeno cinque o tre con frattura plurifocale) può
essere causa di insufficienza respiratoria dovuta al generarsi di un’area distrettuale di instabilità con conseguente movimento respiratorio paradosso della parete toracica lesionata (volet costale o flail chest) ed eventuale erniazione di un segmento polmonare (ernia
polmonare transtoracica). La frattura delle prime tre coste è evenienza rara in quanto queste sono ben difese dalle strutture muscolo-scheletriche del cingolo scapolare. Il loro
riscontro è dovuto a lesione traumatica conseguente a elevato impatto e si accompagna
frequentemente a contusioni e/o lacerazioni delle strutture polmonari ed extrapolmonari, a lesione del plesso brachiale o dei vasi succlavi e dell’apice polmonare.
Le fratture degli ultimi archi costali possono determinare lesioni del fegato, della
milza e dei reni. La rima di frattura della componente scheletrica degli archi costali è per
solito ben identificabile all’esame radiologico tradizionale come discontinuità della
struttura ossea, composta o scomposta; le fratture dei tratti cartilaginei si manifestano
come discontinuità e/o angolazioni all’esame TC.
Le fratture sternali sono in genere identificabili all’esame radiologico. Talora esse si
accompagnano a lesioni vascolari con conseguenti ematomi retrosternali, visualizzabili
con esame TC.
La radiologia tradizionale è metodica di prima istanza nel rilievo di fratture vertebrali. TC e RM rappresentano metodiche di seconda istanza, cui generalmente si ricorre per sintomatologia algica persistente con esame radiologico non chiaramente positivo, per meglio definire la presenza di frammenti ossei dislocati all’interno del canale
vertebrale (TC) o per valutare lo stato del midollo spinale (RM).
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Enfisema sottocutaneo
L’eziologia dell’enfisema sottocutaneo è riconducibile a lacerazione di entrambi i foglietti pleurici, a spostamento d’aria in caso di pneumomediastino e/o a lacerazioni laringotracheo-bronchiali. L’elemento diagnostico fondamentale con radiologia tradizionale e TC
è rappresentato dalla individuazione di aree iperdiafane nel contesto della parete toracica.
Lesioni del parenchima polmonare
Contusione
La contusione è definita come alveolite e interstiziopatia emorragica, che si localizza
nella zona del trauma o nella sede del contraccolpo. La TC è estremamente sensibile
nella valutazione del danno parenchimale e della sua evoluzione; l’aspetto è quello di una
opacità a margini sfumati, tipicamente periferica, che regredisce dopo 10-14 giorni.
Lacerazione
È secondaria in genere a una frattura costale; più raramente è sostenuta da ferite penetranti o da importanti decelerazioni. La sua identificazione con radiogramma toracico
rappresenta una rara evenienza che si caratterizza per la presenza di una immagine
iperdiafana lineare circondata da parenchima addensato da stravaso ematico. Alla TC
la sua identificazione è molto più semplice ed è caratterizzata da un difetto di sostanza di aspetto piuttosto lineare, circondata da lembi polmonari addensati che progressivamente si distanziano verso la superficie pleurica. La lesione può evolvere verso la formazione di un franco ematoma o verso uno pneumatocele.
Atelettasia
Nel paziente politraumatizzato è frequente il riscontro di addensamenti parenchimali
atelettasici, per obliterazione da parte di materiale emorragico o mucoso del lume bronchiale, con maggiore localizzazione nei segmenti posteriori dei polmoni, nei lobi inferiori. L’aspetto radiologico e TC è quello di addensamenti parenchimali a margini regolari con i tipici segni della riduzione di volume polmonare.
Sindrome da distress respiratorio (ARDS) post-traumatico
Consiste nella comparsa improvvisa di grave difficoltà respiratoria dopo un intervallo
di circa 12 ore dall’evento traumatico, sostenuta verosimilmente da aumento della permeabilità alveolo-capillare con conseguente formazione di edema alveolare. Il quadro
strumentale è quello dell’edema alveolare bilaterale, caratterizzato dalla presenza di
aree “a vetro smerigliato” o di consolidazione con distribuzione diffusa o “a carta geografica”, soprattutto periferica. Tipicamente assente è il versamento pleurico. Spesso
l’ARDS è associata a focolai broncopneumonici e infartuali e ad atelettasia.
Lesioni del mediastino
Pneumomediastino
Il rilievo di pneumomediastino è piuttosto frequente nei traumi chiusi del torace ed è
quasi sempre sostenuto da lacerazione degli alveoli periferici con conseguente migra-
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zione dell’aria attraverso gli spazi interstiziali fino in sede mediastinica. Rari, ma clinicamente gravi, sono gli pneumotoraci dovuti a rottura tracheo-bronchiale o esofagea. La radiologia, in caso di pneumomediastino limitato, si caratterizza per l’identificazione di sottili lamine iperdiafane che scollano la pleura dalle strutture cardio-mediastiniche. La TC consente di individuare anche minime quantità di aria in sede mediastinica, valutandone l’esatta distribuzione e consentendone la distinzione con uno pneumopericardio o uno pneumotorace. La diagnosi di rottura tracheo-bronchiale, caratterizzata da massiva diffusione di aria in sede mediastinica, è fondamentalmente di
pertinenza endoscopica; la diagnosi di rottura esofagea si basa sullo studio radiologico tradizionale (Fig. 1) con impiego di mezzo di contrasto (MDC) idrosolubile a bassa
osmolarità somministrato per os o sull’esame endoscopico. In caso di rottura esofagea,
comunque, elemento orientativo all’esame TC per la diagnosi è il riscontro di bolle di
aria nel mediastino posteriore in sede periesofagea. In caso di rottura tracheo-bronchiale la raccolta aerea si localizza preferenzialmente in sede paratracheale in prossimità
della sede di discontinuità parietale. Elevate quantità di aria nel mediastino possono
migrare nel cavo pleurico, nel retroperitoneo o verso il collo e la parete toracica.
Fig. 1. Rottura esofagea: passaggio di gastrografin dall’esofago nel mediastino e in cavità
toracica
Emorragie mediastiniche
Le forme localizzate (di limitate dimensioni) sono prevalentemente sostenute da lesioni circoscritte delle vene parietali o mediastiniche, da fratture sterno-costali o vertebrali. Le forme diffuse sono conseguenza di rottura aortica e/o dei vasi epiaortici. L’aspetto all’esame radiologico (Rx) è rappresentato dallo slargamento del mediastino.
L’aspetto TC delle lesioni traumatiche dell’aorta toracica è caratterizzato dai seguenti
reperti: emorragia mediastinica, distacchi intimali, trombi murali endoluminali, pseudoaneurisma, pseudo-coartazione aortica, brusca modificazione del calibro dell’aorta, irregolarità del contorno aortico e active bleeding.
Il tipico reperto TC dell’emomediastino è la presenza di un alterato aspetto del tessuto adiposo mediastinico all’esame diretto, con zone più o meno definite ed estese a
densità sovraidrica, che, se di piccole dimensioni, sono prevalentemente localizzate
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intorno alla parete vascolare; esse possono tuttavia arrivare a determinare slargamento e deformazione dei profili mediastinici e versamento di natura ematica in cavità
pleurica. Nel caso di una lesione vascolare aperta (active bleeding), dopo MDC si evidenzia lo spandimento del sangue opacizzato all’interno del mediastino (Fig. 2).
a
b
Fig. 2. Emomediastino. a Esame radiologico (Rx) torace: slargamento del mediastino più evidente
a destra. b Tomografia computerizzata (TC) dopo mezzo di contrasto (MDC): aspetto iperdenso
del tessuto adiposo mediastinico con densità analoga al MDC endovasale; versamento pleurico
a destra
Pericardio e cuore
I traumi possono essere non penetranti e penetranti. In questo ambito patologico l’ecocardiografia, meglio se transesofagea, rappresenta la metodica di elezione. Con la
radiologia tradizionale possono essere evidenziati slargamenti dell’ombra cardiaca e
pneumopericardio. La TC è più accurata nella valutazione delle alterazioni pericardiche;
in fase acuta risulta agevole la dimostrazione dell’emorragia recente, iperdensa, in cavità pericardica [5].
Pleura
Nella patologia pleurica (pneumotorace ed emotorace) l’ecografia consente di rilevare
anche minime quantità di liquido in cavità pleurica. La TC è comunque indubbiamente più sensibile nell’individuare falde di aria libera o raccolte liquide.
La diagnosi di chilotorace è di esclusiva pertinenza TC (valori densitometrici negativi del liquido pleurico).
Lesioni del diaframma
La rottura diaframmatica coinvolge prevalentemente l’emidiaframma sinistro e le porzioni più periferiche, specie sul versante posteriore.
La diagnosi di rottura diaframmatica quando possibile è di pertinenza radiografica, aiutandosi anche con i MDC gastro-intestinali. In questi casi la TC serve a valutare
meglio la sede e l’entità della breccia e l’impegno viscerale; deve essere sottolineato
comunque che sempre più frequentemente la TC è la metodica di prima istanza nel-
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l’approccio diagnostico al politraumatizzato. La diagnosi TC si basa sui seguenti criteri: assenza di riconoscimento del diaframma; presenza di grasso o di tessuto adiposo e/o
visceri attraverso la breccia; convergenza e riduzione luminale dei visceri in prossimità della breccia.
Addome
Come già precedentemente accennato, sebbene l’ecografia rappresenti tuttora la metodica
di primo impiego nello studio dell’addome traumatizzato, la TC riveste tuttavia oggigiorno un ruolo fondamentale nel fornire le informazioni più dettagliate e complete [6].
Emoperitoneo
Rappresenta l’espressione più frequente di trauma chiuso addominale e anche piccole
quantità devono indurre alla ricerca di minime lesioni viscerali. L’emoperitoneo si
raccoglie dapprima in prossimità dell’organo danneggiato, successivamente si distribuisce in cavità peritoneale. L’ecografia è metodica estremamente sensibile nel rilevare anche minime falde fluide localizzate nel recesso epato-renale, in sede periepatica e perisplenica, nelle docce parieto-coliche e nella pelvi. Deve essere ricordato che
limitate quantità di liquido in cavità pelvica possono essere riscontrate nelle donne
in età fertile; inoltre il liquido ascitico in pazienti cirrotici può determinare problemi di diagnosi differenziale.
L’emoperitoneo può presentare aspetto TC diverso in base alla sede, alla datazione
e allo stato fisico (se lisato o coagulato) del sanguinamento. In fase acuta il sangue stravasato ha la stessa densità di quello circolante; entro alcune ore i suoi valori di attenuazione aumentano parallelamente alla formazione di coaguli. Le raccolte libere endoperitoneali hanno valori densitometrici compresi tra 30 e 45 unità Hounsfield (UH),
mentre il sangue coagulato oscilla tra 50 e 75 UH, superando talora 100 UH. L’emoperitoneo può presentare bassi valori di attenuazione anche in fase acuta (< 30 UH) in
soggetti fortemente anemici. Talora il sangue fresco può mostrare un aspetto stratificato con componente fluida serica disposta superiormente ed eritrociti e coaguli sedimentati nelle porzioni declivi (hematocrit effect).
Fegato
L’interessamento del parenchima epatico può essere presente in casi di traumi chiusi
addominali o della parete toracica destra. Più frequente è l’interessamento dei segmenti
postero-superiori del lobo destro. Nello studio del fegato traumatizzato l’ecografia si presenta talora con aspetti di difficile interpretazione; più frequentemente si ha una franca disomogeneità della zona parenchimale interessata. Talvolta l’ematoma è evidenziabile come focalità ipoecogena a margini sfumati. La TC risulta sicuramente metodica
più sensibile, che consente di definire i diversi tipi dell’evenienza traumatica.
La contusione si caratterizza all’esame TC come area solitamente segmentaria
tenuemente ipodensa, a margini sfumati, nel cui contesto si possono rilevare piccoli
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focolai emorragici visibili già all’esame diretto, identificabili dopo somministrazione di MDC come stravasi ematici.
L’ematoma intraparenchimale si presenta all’esame diretto in fase acuta come area
di iperdensità (60-70 UH), talora disomogenea, o iso-ipodensa successivamente; esso
appare invece come area di ipodensità dopo somministrazione di MDC.
L’ematoma sottocapsulare ha morfologia lenticolare, può determinare compressione del parenchima periferico, si presenta come raccolta iperdensa periferica, ben circoscritta, più frequentemente disposta lungo la parete antero-laterale del lobo destro epatico. Con periportal tracking si intende un’immagine di ipodensità che circonda i vasi
portali. Tale alterazione è stata attribuita alla presenza di sangue nel connettivo periportale
ed è da considerare un segno di trauma, benché minimo.
La lacerazione è una soluzione di continuo del parenchima, per solito parallela
alle diramazioni venose sovraepatiche e/o perpendicolare ai vasi portali. L’aspetto
TC è quello di una stria di ipodensità più o meno spessa di aspetto abbastanza lineare. Nel suo contesto possono ritrovarsi foci di iperdensità da coaguli e i suoi margini appaiono in genere più o meno frastagliati e divaricati con una componente ematica interposta. Una forma particolare di lacerazione epatica è quella cosiddetta “ad
artigli di orso” in cui si evidenziano aree ipodense a disposizione radiata del lobo
destro (Fig. 3).
Nella frattura si evidenzia una lacerazione complessa (stria di ipodensità) che interessa a pieno spessore un segmento o un intero lobo, estendendosi da un estremo
capsulare all’altro. La frammentazione è data da una severa distruzione del parenchima epatico a estensione in genere uni- o bisegmentaria, in cui i frammenti evolvono rapidamente verso la necrosi. Tra le alterazioni vascolari ricordiamo che l’avulsione rappresenta l’evento più drammatico, caratterizzandosi immediatamente
per il rilievo di abbondante liquido endoperitoneale [7].
a
b
Fig.3. Lacerazione parenchimale epatica.(a) Ecografia:disomogeneità della struttura del lobo destro
epatico sul versante posteriore. (b) TC dopo MDC: disomogeneità strutturali del lobo epatico
destro con striature ipodense parenchimali
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Milza
La milza è l’organo maggiormente coinvolto nei traumi chiusi addominali.
Le alterazioni sono conseguenza di traumi della porzione inferiore dell’emitorace sinistro o dell’ipocondrio sinistro, talora in presenza di frattura delle ultime coste omolaterali.
L’ematoma intraparenchimale si presenta all’ecografia inizialmente come una zona
di disomogeneità strutturale che tende a diventare nel tempo ipoecogena; essa può poi
risolversi, trasformarsi in pseudocisti o andare incontro alla formazione di una massa
complessa fino alla rottura in due tempi. Alla TC l’ematoma intraparenchimale presenta valori densitometrici diversi a seconda del tempo intercorso dall’evento traumatico; esso appare comunque ipodenso dopo somministrazione di MDC. L’ematoma sottocapsulare è rappresentato ecograficamente da una falda anecogena disposta intorno
all’organo. Alla TC si manifesta come una raccolta lenticolare o “a semiluna” di spessore
variabile, localizzata generalmente lungo il margine laterale, che appare iperdensa all’esame diretto e disomogeneamente ipodensa in fase contrastografica. La lacerazione
ecograficamente si esprime con il rilievo di una irregolarità del profilo splenico marginale.
Alla TC appare come immagine irregolarmente lineare di diversa ampiezza, spesso disposta in sede periferica con andamento perpendicolare rispetto alla superficie dell’organo. Dopo somministrazione di MDC per via venosa essa si presenta come stria ipodensa, singola o multipla. La rottura è all’ecografia una stria ipoecogena che interrompe
la continuità del parenchima, i cui lembi possono essere divaricati. Con TC essa si presenta come immagine lineare ipodensa in fase contrastografica (Fig. 4) e, allorché la
lacerazione sia completa, con separazione della milza in due parti di diversa ampiezza,
talora limitata a un polo splenico (avulsione polare). La rottura della milza “in due
tempi” è secondaria a un ematoma intraparenchimale o sottocapsulare che non si associa a emoperitoneo nelle prime fasi, ma che successivamente può accrescersi determinando lenta filtrazione ematica o rottura improvvisa. In tutti questi casi deve essere
a
b
Fig. 4. Rottura splenica con emoperitoneo. a Ecografia: bene evidente l’interruzione parenchimale di aspetto ipoecogeno. b TC dopo MDC: disomogeneità strutturali del parenchima splenico associata a raccolta fluida perisplenica. Coesiste ematoma surrenalico
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comunque presente fin dall’inizio un segno di lesione traumatica, sebbene sfumato.
Nel caso, invece, di rottura cosiddetta “tardiva” della milza, peraltro rara, lo studio iniziale TC è negativo e l’evento si manifesta solo dopo ore o giorni. Alla base di ciò può
porsi un tamponamento della lesione per aderenze o sovradistensione gastrica, per
effetto della capsula, di legamenti o coaguli. In caso di frammentazione (spappolamento o scoppio) si ha la frammentazione multipla della milza con vasti focolai lacero-contusivi e frammenti parenchimali non perfusi. L’infarto può essere identificato con TC
in caso di lesioni post-traumatiche come area non perfusa triangolariforme, con base
rivolta verso la capsula e apice verso l’ilo, meglio evidenziabile dopo somministrazione di MDC [7].
Reni e vescica
Il coinvolgimento renale si verifica nell’8-10% dei traumi addominali chiusi. L’ematuria rappresenta il più importante indice di interessamento dell’apparato urinario; tuttavia la sua negatività non esclude la presenza di lesioni renali. La contusione può essere identificata all’esame ecografico come una zona di rarefazione strutturale. L’ematoma intraparenchimale si presenta come area ipo-anecogena all’esame ecografico; con
TC all’esame diretto si apprezza in fase acuta un’area iperdensa (60-70 UH) rispetto al
restante parenchima, che successivamente diviene isodensa e può quindi essere riconosciuta dopo somministrazione di MDC come lesione ipodensa in fase parenchimografica. In fase cronica l’ematoma mostra una ipodensità di tipo idrico (10-15 UH) e può
sviluppare una pseudo-capsula che lo demarca dal restante parenchima renale. L’ematoma sottocapsulare è visibile come una sottile falda fluida ipo-anecogena che impronta il parenchima renale sottostante; all’esame TC diretto si manifesta come raccolta
liquida a densità variabile a seconda della fase evolutiva, con aspetto “a semiluna” o “a
lente biconvessa” situata tra capsula e parenchima renale. L’ematoma perirenale, secondario alla rottura della capsula renale e a spandimento di liquido emorragico e/o urina
nello spazio perirenale delimitato dalla fascia di Gerota, è riconoscibile ecograficamente come area anecogena estesa alla periferia del rene ben delimitata; con TC l’ematoma si presenta come raccolta a densità variabile, che si localizza nello spazio perirenale rimanendo confinata all’interno della fascia di Gerota. Si associa addensamento del tessuto adiposo perirenale, che può assumere aspetto marezzato per infarcimento
emorragico. L’ematoma pararenale, che compare a seguito della lacerazione della fascia
di Gerota, è visualizzabile come area anecogena estesa alla periferia del rene e della loggia, mal delimitabile. La TC garantisce un accurato bilancio spaziale definendone anche
una eventuale diffusione alla pelvi. Le lacerazioni sono soluzioni di continuo del parenchima renale associate a componente contusiva (lacero-contusione). Le fratture sono soluzioni di continuo profonde, che interessano a tutto spessore il parenchima renale spesso con coinvolgimento delle vie escretrici. Un rene fratturato si presenta ecograficamente aumentato di dimensioni con morfologia deformata. Rara è la possibilità di individuare la stria ipoecogena di frattura, che risulta invece ben identificabile alla TC come
stria ipodensa che interrompe la continuità renale ed è indissociabile dallo stravaso
ematico circostante.
Tra le lesioni vascolari consideriamo l’infarto, visibile alla TC come area triangolariforme con base rivolta verso la capsula e apice verso l’ilo, omogeneamente ipodensa
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dopo somministrazione di MDC venoso. Nelle lesioni del peduncolo può essere ecograficamente dimostrata la trombosi venosa; il rene, in questo caso, presenta ecogenicità diminuita per l’edema parenchimale. Alla TC nel rene colpito si osserva persistenza della fase parenchimografica nei confronti del rene controlaterale.
Le lesioni della pelvi renale e delle vie escretrici urinarie superiori sono rare e caratterizzate dalla diffusione di urina nello spazio retroperitoneale. All’ecografia si può
evidenziare la raccolta liquida retroperitoneale, associata o meno a dilatazione delle
cavità calico-pieliche. All’esame radiologico diretto dell’addome e all’urografia può
essere evidenziata una tenue opacità addominale, che dopo iniezione di MDC può presentare incremento della densità. Il quadro TC mostra una raccolta ipodensa all’esame diretto, che dopo iniezione di MDC può tardivamente aumentare la sua densità per
la diffusione di questo al di fuori della via escretrice. Qualora, oltre allo stravaso urinoso,
vi sia una significativa componente emorragica, la raccolta all’esame diretto appare
iperdensa in fase acuta. I traumi vescicali sono spesso associati a lesioni fratturative
pelviche. Nei casi di rottura vescicale la cistografia retrograda rappresenta l’esame di maggiore accuratezza diagnostica. Nei casi di rottura extraperitoneale la TC permette di
evidenziare all’esame diretto un aumento di densità più o meno diffuso del tessuto adiposo perivescicale. Qualora la rottura sia intraperitoneale si rileva la presenza di fluido tra le anse intestinali. L’ecografia ha scarso valore diagnostico. Nelle rotture extraperitoneali si può dimostrare una raccolta perivescicale.
Nei casi di trauma uretrale l’esame di elezione è l’uretrografia retrograda.
Intestino e mesentere
Le porzioni del tratto gastroenterico maggiormente interessate da un evento traumatico sono il duodeno (soprattutto la seconda e la terza porzione), l’angolo di Treitz e il
digiuno prossimale, a causa della loro fissità anatomica e della posizione prevertebrale. Tra le alterazioni post-traumatiche si ricordano l’ematoma intramurale, l’ematoma
mesenterico e pericolico, lo pneumoperitoneo, lo pneumoretroperitoneo, l’emoperitoneo, le raccolte fluide, la lacerazione completa di parete, le ernie traumatiche.
La TC rappresenta la metodica più accurata nel rilievo e nel bilancio di una lesione,
per la capacità di identificare aria libera, ispessimento delle pareti intestinali e alterazioni densitometriche, nonché per la definizione spaziale di raccolte fluide [8].
Pancreas
Le lesioni pancreatiche da trauma chiuso dell’addome sono piuttosto rare e quasi mai
isolate, legate alla compressione dell’organo tra la parete addominale anteriore e la
colonna vertebrale. Esse sono rappresentate da: contusione, ematoma, lacerazione, frattura, lacerazione dei dotti pancreatici, pancreatite acuta. Attualmente l’esame di elezione per la valutazione del danno parenchimale pancreatico è la TC, che ben evidenzia le zone contusive (aumento volumetrico della ghiandola a margini sfumati), le strie
di lacerazione e le fratture d’organo con dissociazione dei frammenti [9, 10].
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Cingolo pelvico
Le fratture del cingolo pelvico si dividono in stabili e instabili a seconda che sia mantenuta o meno l’integrità anatomica delle componenti ossee e articolari che lo costituiscono (sacro, osso innominato, articolazione sacro-iliaca e sinfisi pubica), nonché
dei tessuti molli, soprattutto dei legamenti. Particolare attenzione va posta sul cosiddetto
complesso sacro-iliaco posteriore, struttura portante dell’anello pelvico, costituito dai
legamenti sacro-iliaci interossei anteriori e posteriori, dai legamenti ileo-lombari e
dalle porzioni posteriori del sacro, delle articolazioni sacro-iliache e degli ilei. Le fratture stabili (2/3 delle lesioni pelviche) sono date da fratture isolate o comprese nell’anello pelvico (fratture unilaterali o bilaterali dei rami pubici, isolate dell’ala iliaca, isolate del sacro o del coccige e da avulsione apofisaria).
L’esame TC, anche attraverso le ricostruzioni bidimensionali e tridimensionali, consente di evidenziare con accuratezza le fratture del cingolo pelvico, la disposizione dei
singoli frammenti ossei, i rapporti delle superfici articolari e le eventuali lesioni associate, quali a esempio la frattura e/o lussazione della giunzione lombo-sacrale, causa
frequente di lombalgie croniche post-traumatiche [6].
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