Un guaritore non è veramente un guaritore

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“Un guaritore non è veramente un guaritore, perché non
c’è niente che lui faccia. La guarigione accade attraverso di
lui, lui deve solo annullarsi. Essere un guaritore significa
proprio non essere. Meno ci sei tu, meglio la guarigione
può accadere. Più ci sei tu, più il passaggio è bloccato. E’
Dio, o il Tutto, o comunque tu preferisci chiamarlo, il
guaritore. Ed è la totalità a guarire. Una persona malata è
semplicemente qualcuno che ha creato dei blocchi tra sé e il
Tutto, c’è una sconnessione. La funzione del guaritore è di
riconnettere. Ma quando dico che la funzione del guaritore
è di riconnettere, non intendo che il guaritore debba fare
qualche cosa. Il guaritore è solo una funzione, chi fa è Dio,
il Tutto. Allora guarire diventa quasi un’esperienza di
preghiera, un’esperienza di Dio, dell’Amore, del Tutto.”
OSHO
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PREMESSE
Ricordiamo le componenti del Meccanismo Respiratorio Primario (MRP):

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
FLUTTUAZIONE DEL LIQUOR
MOTILITA' DEL SNC
MOBILITA' e MOTILITA’ DELLE MEMBRANE A TENSIONE RECIPROCA
MOVIMENTO DELLE OSSA CRANICHE
MOVIMENTO INVOLONTARIO DEL SACRO FRA LE ILIACHE
Il focus di questo livello è prevalentemente a livello delle strutture centrali del corpo e del MRP: dal
sacro, lungo la colonna vertebrale con attenzione al tubo durale e alle vertebre, fino all’occipite.
Il MRP è fondamentalmente guidato da una forza vitale – il Respiro della Vita di cui parlava
Sutherland – che lo anima fin dalle origini. Quando esploriamo l’anatomia delle parti che
compongono il MRP, ricordiamoci di guardarla a partire da questa consapevolezza.
In questo livello inizieremo lo studio dello sviluppo embrionale che ci permette di comprendere una
serie di fenomeni con i quali interagiamo nella nostra disciplina.
Quando esploriamo le dinamiche del MRP, ricordiamo di tener ben presenti alcune premesse:
•
•
•
Tutto ciò che troviamo come inerzie tessutali, inerzie articolari, inerzie nelle dinamiche
strutturali, sono solo l’effetto di forze profonde al lavoro, sono compensazioni che il
sistema mette in atto per mantenere il miglior equilibrio possibile.
La nostra attenzione non è tanto a questi fenomeni compensatori quanto alle forze
profonde che sono al lavoro, alla Salute che è sempre presente al centro di ogni
disfunzione, di ogni inerzia.
Acquisiamo conoscenze e sviluppiamo abilità specifiche di conversazione con il sistema
corpo-mente-spirito a partire dagli aspetti del MRP, ma non siamo noi che “facciamo il
riequilibrio”: il riequilibrio è guidato dalla Respirazione Primaria e dalle sue forze
biodinamiche, noi ci limitiamo a sostenere questo processo.
EMBRIOLOGIA
L’origine
“Ritornare” è il movimento del Tao.
“Cedere” è la qualità del Tao.
Le innumerevoli creature
Hanno la loro origine nell’essere.
L’essere ha la sua origine nel non essere.
Lao Tzu
L’embriologia descrive l’inizio della nostra storia come individui. Questo inizio è racchiuso nella
memoria del nostro corpo, in ogni singola cellula, così come vi è racchiusa la memoria di tutta la
vita esistente prima ancora della formazione del singolo individuo.
Nel nostro lavoro come operatori CS ci troviamo spesso in contatto con esperienze a volte difficili
da descrivere, in cui emergono vissuti misteriosi o che sembrano fantasiosi. Spesso entriamo
proprio in contatto con queste dinamiche originarie. Nella nostra esperienza, l'embriologia è
diventata una mappa che ci aiuta a orientarci in alcune di queste esperienze straordinarie.
Queste esperienze appartengono a un tempo in cui le nostre funzioni cognitive (pensare, riflettere,
dare un nome agli eventi, ecc.) non erano ancora sviluppate: si tratta di esperienze pre-verbali. Per
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questo non è facile descriverle, nominarle, riconoscerle. Conoscere l’embriologia ci permette di
iniziare a orientarci in una parte di queste esperienze.
L’embriologia è inoltre importante in quanto i fenomeni con i quali lavoriamo nella disciplina CS
originano proprio a partire dall’inizio del nostro viaggio come esseri umani, a partire dal
concepimento. Conoscere l’embriologia contribuisce a comprendere l’essenza di questi fenomeni.
Riprenderemo gli aspetti dell’embriologia a più riprese nel corso del training.
All’inizio della vita individuale 2 cellule, l’ovulo (gamete materno) e lo spermatozoo (gamete
paterno), portando ognuna un bagaglio di informazioni, creano una nuova cellula unica e
irripetibile, lo ZIGOTE, che darà avvio a un essere umano, appunto unico e irripetibile.
L’incontro fra queste 2 cellule non è scontato. Non sempre avviene e anche quando avviene sembra
che solo il 20-30% degli zigoti riuscirà ad annidarsi nella parete uterina materna, così come solo
una parte di quanti arrivano ad annidarsi riuscirà a portare avanti e realizzare le potenzialità del
progetto insito in ogni zigote (gli aborti spontanei nel primo trimestre di gravidanza sono un
fenomeno che rientra nella natura del processo, non sono necessariamente eventi patologici).
Ognuno di noi fa parte di un privilegiato ristretto numero di zigoti che “ce l’hanno fatta”. Essere qui
oggi è un privilegio.
Nella disciplina CS facciamo riferimento al lavoro di alcuni scienziati che hanno una visione
particolarmente in sintonia con i principi CS. Uno di questi è l'embriologo Erich Blechschmidt, che
fece le sue scoperte più o meno negli stessi anni in cui Sutherland sviluppava le sue teorie, e pur
non conoscendosi, hanno parlato di dinamiche molto simili riguardo al periodo pre-embrionale. E'
in buona parte al suo lavoro che guarda l'embriologia insegnata nella disciplina CS e al suo sviluppo
ad opera del contemporaneo Jaap Van Der Wal (www.embryo.nl).
Blechschmidt ha osservato che al concepimento sono in atto delle forze, che ha definito
biodinamiche, le quali si esprimono attraverso dei movimenti ritmici e guidano lo sviluppo
embrionale, prima ancora che le informazioni genetiche si attivino per contribuire allo sviluppo.
Al momento del concepimento, queste forze ritmiche entrano in uno stato di quiete per un certo
periodo. Da questa immobilità iniziale qualcosa di molto profondo si innesca (processo di
accensione) e prende avvio uno straordinario e complesso processo.
La FECONDAZIONE di per sé è un processo che dura circa 24 ore. Successivamente avviene la
SINGAMIA, un processo di unione e allineamento dei cromosomi dello spermatozoo e
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dell’ovocita, che porta alla formazione di un nuovo e unico GENOMA nello zigote, che a questo
stadio è ancora una cellula singola.
A questo punto parte la SEGMENTAZIONE, cioè un processo di suddivisione delle cellule in
cellule sempre più piccole, dette BALSTOMERI. Fino allo stadio di suddivisione in 8 blastomeri,
ognuna di queste cellule è totipotente, cioè è in grado di sviluppare da solo un individuo; oltre
questo stadio, questa capacità viene persa. Se la massa cellulare si divide nello stadio dei
blastomeri, si hanno i GEMELLI OMOZIGOTI, cioè derivanti dalla fecondazione di un unico
ovulo.
La suddivisione cellulare continua e dopo 4-5 giorni dalla fecondazione lo zigote ha raggiunto il
numero di 32 cellule. A questo punto nella massa cellulare si forma una CAVITA’ CENTRALE
piena di liquido. Il pre-embrione prende il nome di BLASTOCISTI.
Tutto questo avviene mentre la cellula è in viaggio nell’utero, non è ancora avvenuto l’annidamento
sulla parete uterina. Inizia però la DIFFERENZIAZIONE cellulare: seguendo un progetto molto
preciso e ben definito le cellule cominciano a specializzarsi per poi formare parti diverse. Ad es.,
con la creazione di uno spazio interno, inizia una differenziazione fra le cellule che si trovano
all’interno e quelle che si trovano sulla superficie: stare all’interno o stare in contatto con
l’ambiente esterno permette lo sviluppo di qualità diverse.
“Prima dell’annidamento definitivo ci possono essere molte avventure. Questo viaggio verso
l’annidamento può costituire un modello di riferimento per moduli successivi. Come annidamento
può lasciare traccia sulla nascita. L’annidamento può essere stato spaventevole e meraviglioso come
la nascita;
riverberatesi nelle nostre vite e fatto riecheggiare da esperienze quali l’essere risucchiato, aspirato,
tirato dentro, spinto giù; o quali l’essere soccorso, rianimato, tratto in salvo, accolto; quali il cercare
di entrare, ma venendo tenuti fuori; quali il perire per sfibramento, spossatezza; o impotenti, inermi,
frenetici, ecc. (…)
Lo stampo originale per tutti gli accoglimenti,
l’ingresso: lo spingersi dentro o il venir tirati
dentro; il farsi strada lottando per entrare o un
reciproco abbraccio d’amore.
Si prova gioia a tuffarsi impavidamente nelle
cose,
mettendo fuori antenne (villi, dita); a esplorare
con amore o odio, un mondo amoroso o avverso?
Per dare brevità alla mia asserzione: la nascita è
l’annidamento all’inverso e l’accoglienza che si
riceve dal mondo postatale genera in noi una
compartecipe risonanza della nostra prima adozione
da parte del nostro mondo prenatale.” (Laing, 1978)
Verso il 6°-9° giorno il blastocisti si impianta nella parete uterina per essere, verso il 10° giorno
circa, completamente incluso nel rivestimento uterino: la gravidanza si considera iniziata.
Al momento dell’annidamento è possibile che ci sia perdita di sangue, a volte anche abbastanza
consistente da essere scambiata per una mestruazione.
Comunque, come abbiamo detto, anche l’annidamento non è una garanzia di successo, infatti gli
aborti spontanei all’inizio della gravidanza sono molto comuni, e spesso sono guidati dalla capacità
dell’organismo di riconoscere un embrione difettoso.
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Dopo l’annidamento la massa cellulare appare come un disco piatto che inizia a differenziarsi in 3
strati, i FOGLIETTI EMBRIONALI:
• ECTODERMA: darà origine al sistema nervoso (SN) e alla pelle. In particolare, la parte
dell’ectoderma che darà origine al SN è la PLACCA NEURALE.
• ENDODERMA: darà origine al rivestimento di molti organi.
• MESODERMA: darà origine ai tessuti connettivi (sangue, ossa, muscoli, legamenti,
tendini, fasce e cartilagine).
E’ interessante notare che la pelle prende origine dallo stesso strato da cui prende origine tutto il
SN, a sottolineare lo stretto legame che c’è fra questi 2 sistemi. Con il lavoro Cranio-Sacrale,
tramite il contatto fisico sulla pelle entriamo in connessione con il SN.
Prendiamo atto di come TUTTO si sviluppa differenziandosi a partire da ‘UNO’, da un’UNITA’.
Verso il 14° giorno, sulla massa cellulare compare una LINEA PIU’ SCURA, la STRIA
PRIMITIVA, che diventa l’ASSE DI RIFERIMENTO per lo sviluppo: fino ad ora la cellula non
aveva né un sopra né un sotto, né un davanti né un dietro.
La stria primitiva forma adesso l’asse centrale di
riferimento (LINEA MEDIANA LM) attorno al quale
tutto il sistema si svilupperà. La LM è un concetto
fondamentale nel lavoro CS, come approfondiremo
andando avanti.
Il pre-embrione é adesso lungo circa 2 millimetri.
L’asse della stria primitiva si forma grazie a una
concentrazione di cellule, da cui prenderà origine la
NOTOCORDA. Attorno alla notocorda si organizzano i 3
strati germinali, ectoderma, endoderma e mesoderma, che
daranno origine a tutte la varie parti del corpo.
Secondo il Dr. Upledger (2011), è possibile che
interferenze durante la fase di formazione della notocorda possano essere alla base di futuri
problemi di scoliosi.
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Dopo che la notocorda si è formata, l’ectoderma inizia il processo per formare quello che diventerà
il tubo neurale, dove a
un’estremità si formeranno,
nella 4° settimana, delle
vescicole
(rigonfiamenti),
precursori
dei
ventricoli
cerebrali, attorno ai quali poi si
svilupperà il cervello:
- PROENCEFALO
- MESENCEFALO
- ROMBOENCEFALO (che
darà origine al midollo spinale)
Il processo di formazione del
tubo neurale inizia con la
formazione
nella
placca
neurale di un canale, il SOLCO
o DOCCIA NEURALE, le cui
pareti sono dette PIEGHE
NEURALI. Questa è la fase di
NEURULAZIONE.
Successivamente queste pieghe
si muovono per fondersi
dorsalmente e formare il TUBO NEURALE (che diventerà il tubo durale), che darà forma prima al
midollo spinale e poi al cervello.
Il tubo neurale si chiude progressivamente, finendo il processo verso il 26°-27° giorno.
Il fallimento della chiusura finale provoca la cosiddetta spina bifida. Tale fallimento è imputabile
alla carenza di certe sostanze da parte della madre, fra cui l’acido folico.
Successivamente delle cellule mesodermiche si organizzano formando delle protuberanze su
entrambi i lati del tubo neurale, detti SOMITI. I somiti sono i precursori delle vertebre.
Alla fine della 5° settimana la formazione dei somiti è completata, dando origine a:
• 4 paia di somiti occipitali
• 8 paia di somiti cervicali
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• 12 paia di somiti dorsali
• 5 paia di somiti lombari
• 5 paia di somiti sacrali
• 8-10 paia di somiti coccigei
Successivamente, la prima coppia di somiti occipitali andrà a formare l’occipite e le ultime 3-4 paia
di somiti coccigei scompaiono. Dai somiti rimanenti si svilupperanno le vertebre ed i relativi
muscoli scheletrici.
Dalla 3° alla fine dell’8° settimana si ha il PERIODO EMBRIONALE.
Nella 3° settimana inizia anche la segmentazione del midollo spinale. Tali segmenti si chiamano
metameri. Il midollo innerva ogni somito attraverso nervi spinali specifici. Questa segmentazione si
rifletterà anche sull’innervazione verso organi specifici.
Il cordone spinale inizia a sviluppare delle fibre nervose incrociate, che permetteranno ai somiti di
destra, per es., di avere una relazione diretta con i somiti corrispondenti di sinistra. Questa viene
definita “innervazione reciproca”, che permetterà nel futuro essere umano di rilassare un muscolo
della destra contraendo lo stesso muscolo a sinistra. In questo modo l’eccesso di impulso nervoso
verso il muscolo contratto viene “dirottato” verso l’altro muscolo.
Nella 3° settimana si ha anche la formazione del cuore.
Alla fine della 3° settimana l’embrione comincia a flettersi, permettendo l’inizio della formazione
del cervello.
Nella 4° settimana inizia lo sviluppo del tessuto del midollo spinale.
Alcune cellule derivanti dai somiti migrano e vanno a circondare il midollo spinale in formazione e
la notocorda.
Una volta che si saranno formati i corpi vertebrali, la notocorda sparisce, rimanendo come memoria
nel nucleo polposo nei dischi intervertebrali. Tali nuclei saranno formati prevalentemente da acqua.
Alla fine della 4° settimana le fondamenta dello sviluppo della colonna vertebrale, dei tessuti, del
sistema vascolare e nervoso sono gettate. Il raffinamento di tale progetto continuerà a svilupparsi
per tutta la gravidanza.
Allo stadio di quattro settimane, l'embrione è lungo circa 5 millimetri e in esso è possibile
distinguere l'estremità cefalica, contenente le tre vescicole da cui avrà origine l'encefalo, il
cristallino degli occhi, il cuore e il primo accenno degli arti.
Dalla 9° settimana l’embrione si trasforma in FETO.
La colonna vertebrale cresce più velocemente rispetto al midollo spinale. Al 6° mese il midollo
arriva fino alla cima del sacro; alla nascita invece arriva solo fino alla 3° V lombare; nell’età adulta
arriva fino alla 1°-2° V lombare. Le radici del midollo compensano arrivando dalla zona lombare
fino al sacro, e questa parte viene chiamata cauda equina.
In tutte le specie la funzione compare a sviluppo non ancora ultimato. L’esperienza diventa
fondamentale per il corretto sviluppo della funzione. Ad es., il sistema visivo alla nascita non è
ancora maturo, ma tutti i neuroni sono già predisposti per la funzione del vedere. Sarà l’esperienza
del vedere che comincerà alla nascita a guidare il completamento dello sviluppo della parte del SN
preposto alla visione.
Questo sviluppo successivo avverrà gradualmente nel tempo, fino a un periodo critico (che cambia
a seconda della funzione) entro il quale lo sviluppo si completa.
Se l’esperienza non avviene entro tali termini, il periodo critico si prolunga: l’intelligenza del
sistema fornisce un’ulteriore possibilità. Se però l’esperienza non avviene, a un certo punto non sarà
più possibile completare tale sviluppo.
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In ogni caso, la plasticità del SN permetterà nel corso di tutta la vita di continuare a imparare
attraverso l’esperienza e a trovare adattamenti.
“Il Respiro della Vita organizza lo spazio e la forma segue”, Franklin Sills
Principi dello sviluppo embrionale:
• L’embrione è intero, completo, fin dall’inizio. Si sviluppa a partire da un’unità, da una
cellula.
• La linea mediana è la prima funzione embrionale:
- fornisce un modello per l’orientamento: l’orientamento è necessario per la
sopravvivenza
- la crescita e lo sviluppo embrionale avvengono in relazione alla linea mediana
- mentre entriamo in relazione con la consapevolezza della nostra LM c’è un cambio di
coscienza che è palpabile.
• L’embrione si sviluppa in risposta a ritmi naturali che accadono attraverso l’ambiente.
• Le forze che formano l’embrione sono le stesse forze che sostengono la Salute e l’interezza,
il senso di unità.
• Lo sviluppo avviene lungo 2 direzioni principali:
- dal basso verso l’alto
- dal centro verso la periferia
• Ciò che si forma per primo governa ciò che si forma successivamente.
Questi principi sono alla base del nostro orientamento nella disciplina CS.
Nell’organizzare la struttura di un trattamento, possiamo utilizzare uno schema che ci arriva
dall’embriologia, e dunque ci muoveremo preferibilmente dal basso verso l’alto e dal centro verso
la periferia.
Questa è una linea guida generale, utile nel processo di apprendimento, e man mano che affineremo
le nostre capacità percettive, daremo sempre più spazio alle priorità del sistema che ci arrivano
dall’ascolto dello specifico individuo.
LA LINEA MEDIANA
“Il respiro della Vita organizza lo spazio
e la forma segue”
Franklin Sills, 2001
“La linea mediana è sia una struttura sia una funzione nel corpo umano attorno a cui l'unità si
orienta, dal fisico allo spirituale e dall'embrione all'adulto.” Michael Shea
Per Linea Mediana (LM) si intende un asse di riferimento che si trova centralmente rispetto a una
determinata struttura. La LM funge da fulcro organizzatore per tale struttura.
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Premettiamo che il concetto di LM in ambito CS si è evoluto nel tempo e le sue definizioni sono via
via diventate più precise. Qui ci rifacciamo prevalentemente alle definizioni utilizzate da Franklin
Sills (2011).
Per approfondire il concetto di LM in ambito CS ri-partiamo dall'embriologia.
Sutherland ha definito Respiro della Vita (RdV) la forza vitale alla base della vita nell’universo.
Questa forza si esprime attraverso un ritmo molto lento, definito sempre da Sutherland Marea
Lunga. Al momento del concepimento la Marea Lunga guida l'emergere di una matrice
ordinatrice, cioè un campo quantico organizzato dal RdV che contiene le informazioni che
guideranno le fasi dello sviluppo embrionale. In questa matrice ordinatrice emerge prima un fulcro
(questo centro in seguito guiderà la localizzazione del 3° ventricolo – Sills, 2011) e poi da questo
una LM, la quale orienterà la manifestazione della stria primitiva sul pre-embrione (3 settimana
circa). Questa LM è come una vibrazione luminosa al centro di questo campo ed è chiamata Linea
Mediana Quantica (LMQ). E' un asse energetico, una forza espressa dal campo bioelettrico in cui
il pre-embrione si sta formando. La presenza di questo asse e la sua luminosità non sono fenomeni
esoterici come potrebbero apparire, ma sono stati rilevati in studi di laboratorio dalla biologa di
origine malese Mae Wan-Ho, come riportato nel suo libro “The rainbow and the worm”.
Albero della vita, Klimt
Circa verso il 14° giorno dopo la fecondazione (il pre-embrione si è già attaccato alla parete uterina
materna da circa 4 giorni ed è lungo circa 2 mm) sulla massa cellulare compare una linea più scura,
la stria primitiva. Fino ad allora il pre-embrione non ha un sopra o un sotto, un davanti o un dietro.
Questa stria diventa l'asse centrale di riferimento per il successivo sviluppo. La formazione di
questa stria è guidata dalla LMQ. La LMQ imprime nella stria primitiva una forza ascendente,
attorno alla quale si sviluppa successivamente la notocorda. Questa forza ascendente viene definita
Linea Mediana Primaria (LMP) (o ventrale). Questo asse energetico di riferimento resta presente
per tutta la vita, e guida dal profondo la continua riorganizzazione del sistema. Non è un qualcosa di
fisico (come le ossa, i tessuti ecc) ma è una funzione percepibile, con una qualità ariosa e luminosa.
Essendo guidata dalla LMQ che origina direttamente da uno stato di vuoto cosmico (lo stato che
precede la creazione della forma, quindi uno stato non vuoto nel senso letterale del termine, ma un
vuoto dinamico che è pieno delle potenzialità del divenire), all'essenza di questa LMP si ha una
profonda qualità di quiete, espressione della Quiete Dinamica che è al nucleo di questo vuoto.
Come dice Mae-Wan Ho “tutti gli organismi viventi sono essenzialmente dei campi quantici di luce
organizzati attorno a una linea mediana primaria”.
Possiamo dire che questo asse è la Presenza che si manifesta.
Per Sills (2011) questa LM viene mantenuta per tutta la vita come l'asse primario che organizza sia
il livello cellulare sia quello strutturale del corpo umano.
“Questa forza ascendente è un'espressione dell'azione della ML nel corpo.” (Sills, 2011).
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Contattare la LMP ci permette di essere in relazione diretta con i principi fondamentali dello
sviluppo embriologico che sono alla base della forma umana e dunque ci apre alla connessione con
la ML, in quanto è il principio embriologico ordinatore (Sills, 2011).
Durante lo sviluppo embrionale le cellule della notocorda si disintegrano, ma l'essenza della LMP
resta nei dischi intervertebrali, con una direzione che va dal basso verso l'alto. E' una direzione
continua, come uno zampillo continuo. Il Dr. Stone ne parla come di sorgente o fontana della Vita.
Può essere percepita come una forza ascendente che sale dal coccige, attraversa i corpi vertebrali,
arriva alla base cranica ed emerge dall'etmoide, “dove sembra scomparire nello spazio” (Sills,
2011). Ha una qualità ariosa e leggera, spaziosa, come uno spiffero di aria, e può essere percepita
anche come aria calda.
A volte la percezione è frammentata, la percepiamo arrivare solo fino a un certo punto e sembra non
andare oltre.
La LMP è una manifestazione del Respiro della Vita che si incarna.
Il tubo neurale è invece definito linea mediana secondaria o dorsale, perché si forma
successivamente alla notocorda. Già a livello embrionale lo spazio interno al tubo è pieno di liquido
(non è ancora liquor). Il RdV, interagendo con l’embrione, infonde la sua potenza (ML) facendo
muovere i fluidi di cui l’embrione è prevalentemente composto. La ML si trasmuta nella sua
interazione con i fluidi dell’embrione, in particolare a partire da quelli contenuti nella LM
secondaria, i quali iniziano a muoversi con fasi ritmiche di inspirazione ed espirazione che
riflettono quelli della ML ma che a questo livello vengono definiti Marea Media o Fluida. Questo
movimento ritmico dei fluidi dentro la LM secondaria viene definito Linea Mediana Fluida.
Nell'adulto la LMF si esprime all'interno del tubo durale, che scorre nei forami vertebrali, e si
esprime attraverso i fluidi del midollo spinale e dei ventricoli cerebrali. E' la LM che organizza
l'espressione della potenza nel liquor e nei fluidi del corpo in generale. La LMF funge da fulcro
naturale che organizza l'espressione della MM. Il contatto con questa linea, sia su di sé come
operatori sia sul ricevente, è la chiave per potersi orientare con la MM. Viene percepita come fluida
e fluttuante, ed esprime l'inspirazione e l'espirazione della MM a livello centrale. E’ percepita come
una fluttuazione longitudinale che sorge dal basso e si amplia salendo verso la base cranica nella
fase di inspirazione e che retrocede dalla base cranica verso il basso nella fase di espirazione. Non
sempre è percepita al centro del tubo durale.
La LMF e la LMP sono strettamente interdipendenti.
Man mano che lo sviluppo continua e che emerge la forma, i tessuti cominciano ad acquistare una
qualità più densa e compatta, formando organi e ossa, e si ha una successiva trasmutazione del
RdV, che si esprime attraverso il ritmo CS o impulso ritmico craniale.
Il tubo durale, nella sua struttura fisiologica prevalentemente tessutale, esprime il movimento del
RCS, attraverso fasi di allargamento e accorciamento (flessione) e di restringimento e allungamento
(estensione). Lo stesso movimento è espresso dalla colonna vertebrale, la quale si pone come la LM
fisica o strutturale del corpo umano.
La funzione delle varie LM è essenzialmente unificata, nonostante ognuna abbia dei riferimenti
specifici: la LMP ci connette con il campo delle potenze e della ML, la LMF ci connette con il
campo dei fluidi e della MM, il tubo durale e la LM fisica espressa dalla colonna vertebrale ci
connettono con il corpo fisico (soma) e con il ritmo CS.
In sintonia con uno dei principi dello sviluppo embrionale – ciò che si forma per primo governa ciò
che si forma successivamente – la LMP resta un orientamento valido per tutti i livelli successivi (ed
è per questo che la prenderemo in considerazione quando lavoreremo sulla colonna vertebrale),
mentre la LM fisica non è di per se un orientamento sufficiente quando vogliamo lavorare con i
livelli più sottili.
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Riassumiamo le LM che ci interessano in questo momento:
• LMP (primaria)  sottile vibrazione con movimento continuo dal basso verso l’alto,
percepibile come localizzato nei corpi vertebrali
• LM SECONDARIA  tubo durale
• LM STRUTTURALE  colonna vertebrale
Ecco come Jim Jealous ci parla della funzione della Linea Mediana:
(Articolo tratto dal sito A.CS.I Associazione Craniosacrale Italia)
“Torniamo indietro a quello che generalmente viene considerato l’inizio della nostra esistenza,
quando siamo concepiti, prendiamo forma e poi iniziamo il nostro viaggio per diventare un
embrione completo. Quando iniziamo a creare questa perfetta risposta alla vita, la prima funzione
identificabile è la linea mediana. La linea mediana è la nostra prima funzione.
E’ molto interessante notare come poi questa linea mediana sia nascosta dentro le ossa della
colonna vertebrale e dentro le altre aree segmentate del sistema scheletrico.
La linea mediana è la quintessenza della funzione. E’ la funzione più essenziale della nostra vita e
del nostro essere, della nostra capacità di generare e della nostra guarigione. Senza di essa non
potremmo nemmeno esistere, ancor meno quindi fare qualsiasi progresso verso una normale
relazione con la nostra salute.
C’è un piatto embrionale. Se prendete un foglio di carta e una matita e disegnate qualcosa che
assomigli a un uovo, avrete il disegno di una linea ovale. Questo disegno rappresenta il piatto
embrionale. Il piatto embrionale non è un piatto: non è fatto di legno, né di porcellana. Non è un
vero piatto. E’ un protoplasma che ha una forma, è un fluido elastico.
Non è un liquido, è la sostanza fondamentale della vita. Noi tutti siamo fatti di protoplasma.
Questo campo protoplasmatico di forma ovale, che è una stupefacente sostanza vitale, ci servirà
durante tutta la nostra vita per la guarigione e per creare internamente nuove cose per noi stessi.
In questa matrice di protoplasma, dentro questo fluido elastico, qualcosa incomincia a vibrare nel
centro. Questa vibrazione nel centro del piatto embrionale diventa la stria primitiva. Piuttosto delle
parole “stria primitiva” o qualsiasi altra parola usata, è importante vedere che questo liquido –
questa sostanza fondamentale indifferenziata che può diventare qualsiasi cosa - è il nostro inizio.
E’ semplicemente fantastico pensare che questa forma senza forma può diventare qualsiasi forma.
All’interno di questo campo fluidico incapsulato, qualcosa inizia a vibrare. E’ un fluido dentro al
fluido.
Immaginiamo che il piatto embrionale abbia una profondità. Qualcosa inizia a vibrare nel centro –
una linea, un campo bioelettrico forse, un fluido nel fluido, o una potenza.
Qualcosa comincia a vibrare. Questo avvenimento è così rilevante (notevole, eccezionale,
sorprendente) che risulta facile vederlo semplicemente come un fatto: “Oh, si, è la linea mediana.”
Non è questo che mi interessa. Non vorrei che perdeste l’evento. Non vorrei che perdeste il fatto
che la linea mediana sta ora funzionando in tutti noi. Senza di essa non avremmo forma, né
funzioni, né struttura e nessun punto di orientamento per la nostra consapevolezza. Persino la nostra
percezione ha una relazione con questa linea mediana.
Vorrei essere molto attento a definire fin d’ora che la linea mediana non è un campo
elettromagnetico.
La linea mediana è una quiete dinamica attraverso cui e in cui avviene un’accensione, e da
quell’accensione deriva il campo bioelettrico che si trova intorno alla quiete della linea mediana.
L’aspetto più elevato e profondo della linea mediana è la sua quiete dinamica nel centro.
L’intera linea mediana funziona come un singolo fulcro.
Vorrei essere certo di non portarvi a pensare che questo fluido nel fluido, questa potenza o questo
campo bioelettrico che vediamo sia la linea mediana. Questo è un effetto della linea mediana.
Questo è l’“energia”, se volete usare questo termine, che si trova intorno alla quiete della linea
mediana. La linea mediana è una forma di quiete.
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Abbiamo il piatto embrionale, questo protoplasma, e dal nulla, letteralmente dal nulla, qualcosa
comincia a vibrare, inizia a muoversi. Qualcosa appare e questo qualcosa è un campo bioelettrico.
E’ come se ci fosse una voce che dice: “Costruiscilo intorno a questa linea”. E’ come un’iscrizione
scolpita nella terra di nessuno del protoplasma indifferenziato.
Si è formata una linea, è stato creato il centro. La linea non si è formata per effetto del campo
genetico; nessuno sa da dove viene. La voce che parla non è la voce del concepimento, ma la voce
dell’eternità. Viene da un’altra mente, da un altro luogo, da un luogo che probabilmente non ha né
causa né effetto. E’ un luogo in cui probabilmente non riusciremo ad entrare intellettualmente. Tutti
gli organismi in natura hanno questa linea di orientamento, tutte le cose viventi ce l’hanno. Questa
linea di orientamento è apparsa in tutte le strutture e le funzioni viventi fin dall’inizio dei tempi.
Questa linea mediana è parte del miracolo della vita, è antica, non appartiene a noi, non è parte della
nostra individualità. Ci permette di avere una individualità. Non è la “mia” linea mediana. Era già
presente prima che la mia vita iniziasse. Fa parte del continuum e della saggezza del mondo
naturale di milioni e milioni di anni. La causa non è una forza genetica, ma l’intenzione misteriosa,
onnipresente di una mente più vasta, senza causalità.
Voi, io e tutto il resto è stato formato, abbiamo ricevuto una forma. Ci è stata data una forma ed una
consapevolezza perché tutto è intessuto intorno al centro di quiete della linea mediana. Quando
siamo nel nostro centro possiamo capire l’origine della linea mediana.”
MEDITAZIONE del FILO D’ARGENTO
“Poni tutta la tua attenzione sul nervo, delicato come il filamento del loto, nel centro della tua spina
dorsale. In esso sii trasformata.” (Vigyana Bhairava Tanta)
“Per questo sutra, per questa tecnica di meditazione, si devono chiudere gli occhi e si deve
visualizzare la propria spina dorsale. Sarebbe bene consultare qualche libro di fisiologia sulla
struttura del corpo, oppure andare in una facoltà di medicina o in un ospedale per osservare la
struttura del corpo. Fatto questo, chiudigli occhi e visualizza la tua spina dorsale: che sia diritta,
eretta. Visualizzala, vedila, e proprio nel mezzo visualizza un nervo, delicato come il filamento di
un loto, che attraversa il centro della tua spina dorsale. “In esso sii trasformata”.
Se ci riesci, concentrati sulla spina dorsale, e quindi su un filamento nel mezzo, su un nervo
estremamente delicato, come un filamento di loto che l’attraversa. Concentrati, e questa stessa
concentrazione ti ributterà nel tuo centro. Come mai?
La colonna vertebrale è il fondamento della struttura di tutto il corpo. Ogni parte vi è collegata; in
realtà il tuo cervello non è altro che un polo della tua colonna vertebrale. I fisiologi sostengono che
è solo uno sviluppo della colonna vertebrale: in realtà il cervello è una crescita della spina dorsale.
La colonna vertebrale è collegata a tutto il corpo: ogni cosa vi è connessa, per questo è chiamata
“colonna vertebrale”. Lungo questa spina dorsale esiste realmente qualcosa di filamentoso, ma la
fisiologia non ci dice nulla al riguardo, perché non è materiale. In essa, proprio nel mezzo, c’è un
filo d’argento, un nervo molto delicato. Non è un vero nervo nel senso fisiologico del termine. Non
ti puoi operare, per trovarlo; lì non lo si troverà.
Ma lo si vede in meditazione profonda. Esiste, è non-materiale: è energia, non materia. In realtà,
questo filo d’argento lungo la spina dorsale è la tua vita. Per suo tramite sei in rapporto con
l’esistenza invisibile, e grazie a esso puoi entrare in relazione anche con il visibile. Questo è il ponte
tra l’invisibile e il visibile. Attraverso questo filamento sei in rapporto con il corpo, e anche con
l’anima.
Inizia visualizzando la spina dorsale; in principio ti sentirai molto strano, ma ci riuscirai, solo come
immaginazione. Poi, se perseveri, non sarà più solo un’immaginazione: la vedrai veramente.
Stavo lavorando a questa tecnica con un ricercatore. Gli diedi un’illustrazione della struttura del
corpo su cui concentrarsi così che cominciasse a sentire come la spina dorsale potesse essere
visualizzata internamente. Quindi cominciò. Dopo una settimana ritornò e mi disse: “E’ molto
strano… Cercavo di vedere l’illustrazione che mi hai dato, ma molte volte l’illustrazione spariva e
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io vedevo una spina dorsale diversa. Non è proprio esattamente come l’illustrazione che mi hai
dato”.
Perciò gli dissi: “Ora sei sulla strada giusta. Dimenticati completamente di quell’illustrazione e
continua a vedere la spina dorsale che ti è comparsa.” (…)
In realtà esiste un altro modo di guardare il tuo corpo: dall’interno. Se riesci a concentrarti
all’interno, improvvisamente comincerai a vedere il tuo corpo, le pareti interne del tuo corpo. (…)
Questo sutra usa la spina dorsale perché al suo interno si trova il filamento della vita. Ecco perché si
insiste nel tenere diritta la spina dorsale: solo così è possibile percepire quel filamento. E’ molto
delicato, molto sottile, è minuscolo. E’ un flusso di energia. Perciò se la spina dorsale è diritta,
assolutamente diritta, puoi intravederlo (…)
“In esso sii trasformata.” Una volta che riesci a sentire, a concentrarti e a renderti conto di questo
filamento, verrai colmato da una luce nuova: giungerà dalla spina dorsale stessa e si diffonderà in
tutto il tuo corpo, potrà anche andare oltre. Quando oltrepassa il corpo si vede l’aura. (…) Quando
ci si rende conto di questo filamento nella spina dorsale, la tua aura diventa illuminata. (…) Ti
illumini all’interno, il tuo corpo intero diventa un corpo di luce, poi inizia a uscire all’esterno. (…)
Quando il filamento della spina dorsale viene toccato, visto, quando ne prendi coscienza, intorno a
te comincia a crescere un’aura: “In esso sii trasformata”. Sii ricolmo di quella luce e sii trasformato.
Anche questa è una centratura, una centratura nella spina dorsale. (…)
Quindi visualizza la tua spina dorsale, e poi nel centro un filo d’argento che l’attraversa. All’inizio
potrà apparire come un’immaginazione, ma a poco a poco sentirai che l’immaginazione è
scomparsa e che la tua mente si è focalizzata sulla spina dorsale. Allora vedrai la tua stessa spina
dorsale e, non appena vedrai il tuo centro interior, all’improvviso sentirai dentro di te un’esplosione
di luce.
A volte può accadere spontaneamente. A volte accade. (…)
Chiudi gli occhi e senti il corpo. Rilassati. Concentrati sulla spina dorsale. E questo sutra dice molto
semplicemente: “In esso sii trasformata”. E attraverso ciò sarai trasformato.”
Osho
Esercizio di consapevolezza – Linea Mediana Primaria:
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Posizione seduta, comoda. Connessione col corpo attraverso i riferimenti che ci mettono in
contatto con il radicamento (contatto con la terra), l’allungamento verso l’alto (contatto con
il cielo e centratura), ovvero i fulcri dell'operatore.
Entra in contatto con il senso di tridimensionalità del tuo corpo, sentendo i limiti costituiti
dalla pelle, il confine tra l'interno e l'esterno. All'interno, percepisci lo spazio fisico che
occupi.
Senza modificarlo, porta attenzione al respiro polmonare per qualche ciclo, contattando le
sensazioni fisiche che il suo movimento produce.
Entra in contatto con la struttura del SNC, a partire dal coccige, sacro, attraverso la colonna
vertebrale, fino ad arrivare alla base cranica. Percorri la colonna lentamente dal basso verso
l’alto.
Entra in una percezione globale della colonna, contenuta all'interno della percezione globale
del tuo corpo e dello spazio che avvolge il tuo corpo.
Porta attenzione alla cavità spinale, attraversata dal tubo durale, contenente fluido al suo
interno. Permettiti di contattare (anche usando l’immaginazione) tutto il tubo durale.
Quando ti senti pronta, sposta la tua attenzione nella parte anteriore della colonna vertebrale,
nella parte composta dai corpi impilati l'uno sull'altro e alternati dai dischi intervertebrali.
Percorri questa struttura a partire dal coccige, passando per il sacro, per i corpi vertebrali,
per i dischi intervertebrali, per il contatto fra atlante e occipite, attraverso lo sfenoide, fino
all'etmoide (zona interna alla radice del naso, sotto lo spazio fra le 2 sopracciglia). Questo è
il percorso della LMP.
Allarga il tuo campo percettivo mantenendo un orientamento al centro, lungo questo
percorso. Allarga il campo percettivo, espandendolo verso l’orizzonte, per quanto è comodo.
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Mentre una parte dell’attenzione è rivolta verso l’orizzonte, permetti a un’altra parte
dell’attenzione di riposare in profondità al centro del percorso della LMP.
Nota se puoi cogliere una percezione di movimento che dal basso sale verso l'alto, al centro
della struttura anteriore della colonna vertebrale. Forse puoi notare la sua qualità ariosa...
luminosa.
Prendi nota delle diverse percezioni, senza forzare. Il contatto con la LMP può essere molto
potente.
Lentamente lascia andare il contatto con la LMP, ricostruisci piano piano la percezione
fisica del tuo corpo, portando attenzione in particolare ai punti di contatto con le superfici di
sostegno. Nota il movimento del respiro e seguilo per qualche ciclo, fino a ché, senza fretta,
riprendi contatto con il mondo esterno, aprendo gli occhi, permettendo al corpo di muoversi.
IL SISTEMA NERVOSO
Il SN governa l’attività di tutto il corpo. Ha il compito di RICEVERE le INFORMAZIONI
SENSORIALI attraverso i 5 organi di senso e di CONSERVARE le INFORMAZIONI ricavate da
esperienze passate.
COMUNICA costantemente con il corpo, CONTROLLANDO e COORDINANDO TUTTI gli altri
sistemi: endocrino, dei muscoli e dello scheletro, immunitario, digestivo, cardiovascolare,
riproduttivo, respiratorio e urinario.
La parte più piccola del SN è data dalla cellula nervosa, il NEURONE, che genera e trasmette gli
impulsi nervosi, una forma di energia elettrochimica.
I neuroni sono specializzati nel ricevere gli stimoli e nel condurre gli impulsi provenienti dai nervi.
Sono quindi il tramite per trasmettere informazioni da una parte all'altra del corpo.
La concentrazione maggiore di neuroni si ha nel cervello, dove se ne trovano circa 10 miliardi.
Il SN si suddivide in 2 parti principali:
• Il SN CENTRALE (SNC) costituito dalle cellule nervose del cervello e del midollo spinale.
• Il SN PERIFERICO (SNP) è formato dalle parti del SN che non sono comprese nel
cervello e nel midollo spinale, cioè dai fasci di nervi motori e sensori che si irradiano dal
cervello (nervi cranici) e dal midollo (nervi spinali) e che raggiungono tutte le parti del
corpo.
Il SNP si suddivide ulteriormente in:
• SN somatico: è deputato alla nostra interazione con il mondo esterno, riceve, interpreta e
risponde alle informazioni che arrivano sia dall’interno del corpo che dall’ambiente esterno.
Comprende tutti i nervi spinali che innervano la cute, le giunture ed i muscoli posti sotto il
controllo volontario.
• SN autonomo (o viscerale): è responsabile del funzionamento interno del corpo. E’ formato dai
nervi periferici e centrali che innervano gli organi interni, il sistema cardiovascolare e le
ghiandole.
E' responsabile delle FUNZIONI INVOLONTARIE e dell'OMEOSTASI, che presiede al
funzionamento equilibrato dei processi fisiologici e al mantenimento di un ambiente costante
all'interno dell'organismo. In altre parole, è responsabile dei processi di AUTOCORREZIONE
del corpo, dovuti all'innata INTELLIGENZA del corpo. Regola inoltre la temperatura del corpo,
il livello degli zuccheri nel sangue, il battito cardiaco, e tutti gli aspetti della nostra salute che
siamo abituati a dare per scontati.
Il SNA è ulteriormente suddiviso in:
• SN simpatico: prepara il corpo ad affrontare le situazioni di emergenza, accelerando tutti i
sistemi (aumento del battito cardiaco, della respirazione, etc.) e rilasciando adrenalina per
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una risposta immediata. Contemporaneamente l'energia viene distolta dal tratto digerente. E'
anche detto sistema "combatti o fuggi".
• SN parasimpatico: al contrario, conserva e ripristina l'energia del corpo, rallentando tutti i
sistemi, aumentando l'energia nel tratto digerente, allontanando il flusso sanguigno dai
muscoli periferici e rilassando il corpo.
LE PELVI
Le pelvi sono le fondamenta della Linea Mediana strutturale o fisica (la colonna vertebrale) e le sue
dinamiche hanno un effetto diretto sul sistema delle MTR, grazie all’inserzione del tubo durale a
livello della 2° vertebra sacrale. Inerzie nelle dinamiche delle pelvi si ripercuoteranno inoltre sul
sistema fluido e sul sistema nervoso.
Il cinto, o cingolo, che collega gli arti inferiori alla colonna vertebrale prende il nome di cinto
pelvico, o cintura pelvica, o pelvi, o bacino.
La CINTURA PELVICA è formata da 2 metà
accoppiate e combacianti articolate posteriormente
sull’osso sacro e sul coccige e anteriormente
attraverso la sinfisi pubica. Ciascun osso dell’anca
(ciascuna metà) è un osso piatto, costituito da 3 ossa:
ileo, ischio e pube. Alla nascita queste 3 ossa sono
separate, per permettere il passaggio attraverso il
canale uterino. Durante lo sviluppo corporeo si
fondono insieme; per consentire stabilità agli
acetaboli si fondono già nelle prime fasi dello
sviluppo del bambino. I due ilei si protendono a
ventaglio dal sacro descrivendo un’ampia curva e
formando la parte posteriore di una coppa. Le
tuberosità ischiatiche rappresentano le basi del bacino
e trasferiscono il peso del corpo al pavimento in
posizione eretta e alla sedia in posizione seduta. I pubi
si incontrano per conferire una spinta in avanti. Ad
essi si attaccano i muscoli addominali e i tessuti connettivi (la fascia). Ogni osso dell’anca si
articola con il femore (osso della coscia).
Tutte queste ossa hanno un andamento curvilineo che trasferisce il peso della parte superiore del
corpo alle altre ossa della parte inferiore, attraverso l’articolazione con il femore. Inoltre, assorbono
lo stress che arriva dagli arti inferiori, come per esempio nella camminata o nei salti.
Grazie a questa struttura il bacino è un complesso osseo relativamente rigido, massiccio, ben
ancorato alla colonna vertebrale. La forma concava lo mette in grado di sostenere gli organi
addominali inferiori (preposti alla digestione, alla riproduzione e all’eliminazione dei prodotti di
scarto) oltre che offrire una salda articolazione agli arti inferiori. Crea inoltre i passaggi attraverso i
quali i nervi e i vasi sanguigni si estendono in direzione degli arti inferiori e serve da punto di
attacco per numerosi muscoli.
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Il bacino è la parte anatomica che mostra maggiori differenze, sia individuali che di genere. Nelle
femmine si sviluppa prevalentemente in larghezza, con le ali iliache più svasate e inclinate in fuori;
gli acetaboli e le tuberosità ischiatiche più distanziate; le pareti della piccola pelvi più verticali; lo
stretto superiore è ovale. Nei maschi il bacino si sviluppa in altezza, con i diametri della grande
pelvi e della piccola pelvi inferiori; l’angolo pubico è più acuto e lo stretto superiore a forma di
cuore. Queste differenze si manifestano durante la pubertà e sono strettamente legate alla
riproduzione. Il bacino femminile deve infatti poter sopportare il peso del feto durante la
gravidanza, e permetterne l’espulsione al momento del parto.
Riassumendo, il bacino comprende 5 articolazioni mobili:
• 2 articolazioni sacro-iliache, tra il sacro e i 2 ilei;
• 2 articolazioni dell’anca, tra i 2 acetaboli e i rispettivi femori;
• la sinfisi pubica, tra i due pubi e i loro dischi cartilaginei.
Grazie a queste forti articolazioni dell’anca, collega la parte libera degli arti al corpo consentendo la
camminata bipede, la posizione seduta ed eretta.
Queste articolazioni, tutte insieme, assorbono gli impatti che si producono durante la
deambulazione, in modo da proteggere gli organi vitali contenuti nella coppa del bacino.
Ogni acetabolo è come un tubo concavo diviso in 3 pezzi, composto per un terzo dall’ileo, per un
terzo dall’ischio e per un terzo dal pube. Questo permette di sviluppare una spinta di pari intensità
nelle 3 direzioni del bacino, trasferendo la spinta nella parte concava dell’articolazione dell’anca.
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Il SACRO è il collegamento centrale fra la parte
superiore e inferiore dello scheletro. Ha una forma
curva e mobile, come una piramide curva a testa in
giù. Si articola superiormente con l’ultima vertebra
lombare (L5-S1), ai due lati con gli ilei, e
inferiormente con il coccige.
Alla nascita il sacro è diviso in 5 parti, che sono 5
vertebre modificate. I suoi componenti principali si
ossificano verso i 7-8 anni, e l’ossificazione definitiva
avviene nell’età adulta.
Lesioni intraossee del sacro avvengono facilmente
durante la nascita o nella prima infanzia.
I legamenti fra sacro e ileo permettono al sacro di scivolare limitatamente tra le ossa iliache. I
legamenti limitano l’eccessiva rotazione del sacro, non essendoci muscoli tra sacro e ileo, che
potrebbero controllare il movimento tra i due.
Vi sono 2 tipi di movimento tra sacro e ilei: uno è dovuto alla mobilità posturale e uno è il
movimento CS, che appartiene alla motilità dell’asse neuro-spinale. Il movimento CS avviene
attorno a un fulcro posto a livello di S2. In fase di flessione CS la base del sacro sale cranialmente e
si sposta posteriormente, mentre l’apice (coccige) si muove anteriormente. Questo movimento
riduce la convessità anteriore dell’articolazione lombo-sacrale e non ha relazione con il movimento
che si ha quando il tronco si piega in avanti.
Nella fase di estensione CS la base del sacro scende caudalmente, l’apice si muove posteriormente
e la convessità lombosacrale aumenta, il sacro si inarca posteriormente.
Il movimento del sacro è accompagnato dai movimenti dei tessuti circostanti (le altre ossa e le
fasce).
La mobilità e la motilità del sacro, come di ogni parte del corpo, viene
“isolata” per motivi didattici, ma non dobbiamo dimenticare che
l’espressione della RP è un movimento che coinvolge contemporaneamente
l’intero sistema. Tutte le parti idealmente si orientano alla LMP, la quale è il
fulcro naturale del campo bioelettrico che è alla base del nostro corpo fisico.
Il COCCIGE è un piccolo osso triangolare formato dalla fusione di 3-5
vertebre non più riconoscibili. E’ articolato con il sacro attraverso una
superficie di forma ovale ed è sorretto da una capsula e dai legamenti.
Questa articolazione è spesso saldata. Come già detto, l’osso dell’anca è
articolato posteriormente con il sacro, connesso con il coccige e congiunto con l’osso dell’anca
controlaterale. Il SNC è connesso al coccige attraverso il filum terminalis, che è una continuazione
della pia madre (strato delle MTR).
Partecipa al movimento di flesso-estensione della RP espresso dal sacro.
L’ILIACO è un osso piatto formato da ileo, ischio e pube:
• Ileo → formato dall’ala e dal corpo, e si unisce ai corpi dell’ischio e del pube a livello
dell’acetabolo.
• Ischio → formato dal corpo, a livello dell’acetabolo, e dalle due branche superiore e
inferiore, che si uniscono al livello della grande tuberosità ischiatica.
• Pube → formato dal corpo, al livello dell’acetabolo, e dalle 2 branche superiore e inferiore,
che si uniscono al livello della sinfisi pubica. Tra le due superfici che si uniscono in questa
articolazione, c’è un disco fibro-cartilagineo, che aderisce alle due faccette articolari, che ha
funzione di assorbimento dello shock, analogo ai dischi fra le vertebre. E’ un’articolazione
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dotata di poca mobilità, che permette solamente piccoli movimenti di scivolamento. Si
distende durante il parto permettendo un aumento del diametro pelvico.
Ogni osso dell’anca ha 2 facce: esterna o fossa iliaca esterna e interna o fossa iliaca interna. Nella
fossa iliaca esterna vi sono 3 rilievi in rapporto all’inserzione dei 3 m. glutei:
- il rilievo inferiore contorna l’acetabolo
- il rilievo anteriore, che va dalla cresta iliaca all’incisura
- il rilievo posteriore, che è parallelo al margine posteriore dell’osso dell’anca
L’acetabolo è laterale, ed è formato dalla fossa acetabolare, con una porzione priva di cartilagine sul
fondo, che da inserzioni al legamento rotondo, ed una parte periferica detta faccia lunata, coperta da
cartilagine, che si articola con la testa del femore. La fossa acetabolare è limitata da un ciglio, che
presenta verso il basso l’incisura acetabolare. Anteriormente all’acetabolo vi è il foro otturatorio,
che viene per la maggior parte chiuso dalla membrana otturatoria.
La fossa iliaca interna viene suddivisa in 2 zone dalla linea arcuata:
• la zona superiore, che corrisponde all’ala iliaca, e si suddivide anteriormente nella fossa
iliaca interna, e posteriormente nella superficie auricolare dell’articolazione sacroiliaca;
• la zona posteriore, o tuberosità iliaca, che da inserzione al robusto legamento sacroiliaco.
La cresta iliaca é spessa e va dalla spina iliaca antero-posteriore alla spina iliaca supero-posteriore.
Il suo margine anteriore va dalla spina iliaca antero-superiore alla spina iliaca antero-inferiore.
Sul ramo superiore del pube si trova l’eminenza ileopettinea, che termina con il tubercolo pubico.
Il margine inferiore comprende la sinfisi del pube, la branca ischio-pubica, la tuberosità ischiatica.
Movimento CS espresso dalle iliache: essendo ossa pari esprimono la rotazione eterna-interna.
Quando il sacro va in flessione le creste iliache si aprono in rotazione esterna, quando il sacro va in
estensione le iliache seguono in rotazione interna, creando spazio posteriormente nell’articolazione
sacro-iliaca.
I MUSCOLI DEL CINGOLO PELVICO
I muscoli più importanti che hanno rapporto con il cingolo pelvico sono l’ileo-psoas, il grande
gluteo, il medio-gluteo, il piccolo gluteo e il piriforme.
Il M. ILEO PSOAS (vedi anche dispensa 1° livello) è il più importante per l’integrazione del
corpo. Collega la coscia al bacino e alla colonna vertebrale e si congiunge alla porzione lombare
della colonna vertebrale ed è condizionato dalla respirazione. E’ formato da:
m. iliaco → nasce ed è accolto nella fossa interna dell’ileo, si estende in avanti al di sopra del pube
e si inserisce sul piccolo trocantere del femore. In tal modo integra il bacino con la coscia,
assicurando forza e resistenza nei movimenti di flessione all’altezza dell’anca (es. movimento di
calciare un pallone o nella corsa su lunghe distanze). E’ innervato dal n. femorale (L2-L4).
m. grande psoas → nasce dalle facce laterali dei corpi di D12, L1, L2, L3, L4 e dai dischi
intervertebrali interposti e dalle basi dei processi trasversi delle vertebre lombari, prosegue
anteriormente al di sopra del bordo del pube e scende nella coscia, dove si inserisce sul piccolo
trocantere (parte interna della coscia). Copre quindi una lunga distanza e integra la colonna
vertebrale con l’arto inferiore. Quando la colonna vertebrale viene tenuta ferma partecipa alla
flessione dell’anca (es. movimento di sollevare il ginocchio in posizione eretta). Quando la gamba
viene tenuta ferma partecipa alla flessione della colonna vertebrale (es. movimento di passaggio
dalla posizione seduta alla posizione in piedi). E’ innervato dalle radici L1-L4.
m. piccolo psoas → ha origine in corrispondenza di D12 e si congiunge al bordo del pube,
integrando la colonna con il bacino. Partecipa al mantenimento dell’ allineamento orizzontale del
bacino in posizione eretta, impedendo agli organi contenuti nel bacino di cadere in avanti contro la
parete addominale.
Nel suo insieme il m. ileo-psoas flette la coscia, abducendola lievemente e facendola ruotare
lateralmente. A femore fisso flette il tronco ed il bacino.
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Quando contraiamo gli ileo-psoas, il ventre si incava, poichè gli ileo-psoas esercitano una trazione
in direzione della colonna vertebrale.
Prova a muoverti dalla posizione seduta a eretta, e osserva se usi gli ileo-psoas (incavando
l’addome), oppure se erroneamente usi altri muscoli dell’addome, inducendo tensione e rigidità alla
schiena, specialmente nella zona lombare.
Il M. GRANDE GLUTEO ha origine nel tratto più posteriore della fossa iliaca esterna, dal labbro
esterno della creta iliaca, dalle parti laterali del sacro e del coccige e si inserisce nel tratto ilio-tibiale
ed alla tuberosità glutea del femore. E’ innervato dalle radici L4-S2. Il m. grande gluteo estende,
ruota lateralmente ed abduce la coscia.
Il M. MEDIO GLUTEO è più anteriore rispetto al m. grande gluteo e parzialmente ricoperto da
esso. Nasce nella porzione della fossa iliaca esterna interposta tra linee anterioree posteriore. I suoi
fasci convergono anteriormente e si inseriscono sul grande trocantere. E’ innervato dalle radici L4S1. Il m. medio gluteo abduce e ruota medialmente il femore.
Il M. PICCOLO GLUTEO è ancora più profondo rispetto ai due precedenti, è circoscritto dalle
linee glutee anterire ed inferiore e si inserisce al gran trocantere. E’ innervato da L4-S1.
Il m. piccolo gluteo abduce e ruota lateralmente il femore.
Il M. PIRIFORME è in parte intra ed in parte extra-pelvico. Ha origine dalla parte laterale della
faccia anteriore dell’osso sacro in corrispondenza di S3, S4 ed S5 e dal 2° e 3° foro sacrale
anteriore. I fasci convergono anteriormente e lateralmente, passando per il foro ischiatico, e si
raccolgono in un tendine che va ad inserirsi al margine superiore del grande trocantere. E’ innervato
da S1-S2. Il m. piriforme ruota lateralmente e abduce la coscia.
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LA COLONNA VERTEBRALE
“Simbolicamente la colonna vertebrale è il cammino del nostro incontro con noi stessi, nella nostra
potenzialità deificante. Colonna di mezzo è il luogo dell’incontro e del connubio della destra e
della sinistra, del maschile e del femminile in noi, del “compiuto” e del “non ancora realizzato”.
(…) La colonna vertebrale è dunque il luogo privilegiato dove si inscrivono tutte le nostre
liberazioni, i successivi compimenti, ma anche i nostri blocchi, le paure, il nostro rifiuto, rifiuto di
evolvere, rifiuto di sposare, rifiuto di amare…e tutte le tensioni, tutte le sofferenze che essi
generano. La colonna vertebrale inscrive anche le sofferenze necessarie, quelle dei nostri parti.
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Discernere le sofferenze patologiche dalle sofferenze iniziatiche dovrebbe essere il ruolo del vero
medico.”
Annick De Souzenelle
La colonna vertebrale è la nostra LM strutturale o fisica ed è la sede fisiologica che ospita la LMP
(corpi vertebrali) e la LM Fluida (canale durale). E’ una struttura centrale e incarna le funzioni di
orientamento di base per tutta la struttura fisica.
La colonna vertebrale, o rachide, è uno stelo osseo mobile che compone parte dello scheletro del
tronco. Insieme al cranio, alla gabbia toracica, allo ioide, al sacro e al coccige forma lo scheletro
assile, che è il nostro antico scheletro di pesci, di cui non facevano ancora parte gli arti.
La “stazione eretta” tipica dell’essere umano è una conquista fondamentale che ci permette di stare
in piedi e di camminare ed è un tratto distintivo della nostra specie. La struttura centrale che
permette questo è la colonna vertebrale. Abbiamo visto che è la prima struttura che inizia a formarsi
durante lo sviluppo embrionale (il primo sistema che inizia a formarsi è quello circolatorio) e questo
testimonia il suo ruolo centrale.
Possiamo riassumere le funzioni della colonna vertebrale:
• permette la stabilità del corpo
• è il fulcro naturale attorno al quale tutte le altre strutture si muovono, permettendo
l’allineamento posturale
• sostiene la testa, le spalle e gli arti superiori
• contiene e protegge il midollo spinale
• favorisce la mobilità e gli spostamenti del tronco
• funge da ammortizzatore, in quanto è capace di assorbire carichi e forze grazie alla sua
flessibilità ed elasticità
• garantisce l’equilibrio durante la deambulazione
La colonna vertebrale è formata da:
• 7 vertebre cervicali
• 12 vertebre toraciche
• 5 vertebre lombari
• 5 vertebre sacrali fuse insieme
• 3-4 o 5 vertebre coccigee fuse insieme
Ogni vertebra è composta da un corpo, un processo
spinoso e due processi trasversi, che delimitano un forame
nel quale passa il midollo spinale. L’atlante non ha il
processo spinoso, che impedirebbe il movimento
all’indietro della testa.
Il corpo è cilindrico ed ha una faccia superiore ed una faccia inferiore a contatto con un disco
cartilagineo per parte, attraverso il quale entrano in rapporto con la vertebra vicina. I dischi
cartilaginei (che si trovano solo fra le vertebre libere) contengono del liquido e fungono da
ammortizzatori per la colonna vertebrale. Questi dischi permettono di ammortizzare le vertebre
durante i movimenti come il salto o la corsa. Il processo spinoso si trova posteriormente alla
colonna ed è il punto di attacco di numerosi muscoli. I processi trasversi si protendono lateralmente
e creano passaggi per i nervi spinali e per i vasi sanguigni. Sono anche il punto di attacco dei
muscoli posteriori (m. erettori) della colonna vertebrale.
Il forame si trova dietro il corpo della vertebra. La sovrapposizione dei forami vertebrali forma un
canale osseo, il canale spinale, che contiene il midollo spinale.
Fra una vertebra e l’altra si trova il disco intervertebrale, una sorta di ammortizzatore fibroidraulico.
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Le dimensioni delle vertebre aumentano a mano a mano che si procede dall’alto verso il basso, così
che le vertebre lombari e sacrali sono le più grosse, formando una solida base attraverso la quale il
peso viene distribuito sul bacino.
Le vertebre si contano dall’alto verso il basso e sono indicate con la loro iniziale (C1, C2, ecc).
L’atlante è la sola vertebra che può muoversi indipendentemente dal resto della colonna vertebrale.
Si chiama così perché sostiene la testa. Il suo corpo è costituito dall’arco anteriore, congiunto con
l’arco posteriore dalle due masse laterali. L’arco anteriore si articola posteriormente con il dente
dell’epistrofeo (2° vertebra cervicale). Sulle masse laterali della faccia superiore ci sono i processi
articolari per i condili occipitali, anteriormente ai quali ci sono i solchi per l’arteria vertebrale. Sulla
superficie inferiore dell’atlante, che è piana e circolare, ci sono le superfici articolari per
l’epistrofeo. L’atlante permette al cranio un movimento di oscillazione avanti e indietro, come nel
gesto di assenso. Il cranio inoltre può oscillare sui condili nelle due cavità dell’atlante. Cranio e
atlante insieme possono effettuare un movimento di rotazione attorno all’epistrofeo, permettendo di
effettuare il movimento di diniego. Il movimento dell’epistrofeo, come di una qualsiasi altra
vertebra, si trasferisce al resto della colonna per mezzo dei processi trasversi, garantendo la
protezione del midollo spinale. Il movimento della colonna vertebrale si diffonde in modo ritmico
attraverso tutta la struttura, come in un serpente.
L’epistrofeo, o asse, ha un corpo che si prolunga verso l’alto in un processo allungato detto dente,
che si articola anteriormente con l’arco anteriore dell’atlante. Il processo articolare superiore è
pianeggiante, e quello inferiore è fortemente inclinato in basso e posteriormente.
La III, IV e V vertebre cervicale sono le vertebre tipiche, con il corpo poco alto; largo, e la
superficie superiore incurvata posteriormente verso l’alto. Le lamine sono sottili e molto spioventi.
Il foro vertebrale è ampio e il processo spinoso è breve e bifido. I processi trasversi sono forati,
lasciando passare l’arteria vertebrale. Le faccette articolari superiori ed inferiori sono incurvate
dall’alto al basso e dall’avanti all’indietro su un piano frontale.
La VI vertebra cervicale è caratterizzata da una sporgenza della superficie anteriore del processo
trasverso, detta tubercolo carotico.
La VII vertebra cervicale è detta vertebra prominente, grazie al suo processo spinoso
particolarmente accentuato.
Le vertebre toraciche aumentano in altezza e volume dall’alto verso il basso e i corpi sono più
cilindrici. Subito prima dei peduncoli si trovano le faccette costali, a cui si articolano le costole. Le
lamine sono robuste e fortemente inclinate in basso e indietro. I processi trasversi sono robusti e
presentano anteriormente le faccette articolari per le costole. I processi articolari sono quasi verticali
frontalmente, leggermente inclinati in basso e verso l’esterno.
Le vertebre lombari sono grosse e massicce, aumentando di
dimensione dall’alto verso il basso. Le lamine sono brevi ed inclinate
in basso e indietro. I processi articolari superiori sono orientati
all’indietro e medialmente, e quelli inferiori di lato e in avanti.
La colonna vertebrale è formata da una sequenza di curvature
alterne. In corrispondenza delle vertebre cervicali la curvatura è
anteriore (collo), in corrispondenza delle vertebre toraciche la
curvatura è posteriore (dorso della gabbia toracica), in
corrispondenza delle vertebre lombari la curvatura è di nuovo
anteriore (zona reni) , la curvatura è di nuovo posteriore sul sacro e
anteriore sul coccige.
Un problema su una curvatura anteriore (o posteriore) si riflette sull’altra curvatura anteriore (o
posteriore): un problema al collo si riflette e può dare dolore alla zona lombare.
Si definiscono lordosi le curve con concavità anteriore (cervicale e lombare) e cifosi le curve
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concavità posteriore (dorsali). Le curvature svolgono una funzione di ammortizzamento degli urti,
permettendo l’assorbimento di un colpo inferto su una parte da parte di tutta la struttura.
Ogni vertebra si unisce alla successiva attraverso 3 articolazioni: anteriormente, tra i corpi
vertebrali, si trova il disco intervertebrale; posteriormente, ci sono 2 articolazioni inter-apofisarie,
formate dalle superfici articolari situate sulle apofisi articolari: le superfici inferiori delle vertebre
superiori corrispondono alle superfici superiori delle vertebre inferiori. Queste superfici articolari
sono piccole e servono soprattutto come guida al movimento.
Visto da sopra il disco è formato da 2 parti:
• una parte periferica, detta anulus o anello, formato da lamelle concentriche di cartilagine
fibrosa, come strati di cipolla;
• una parte centrale: il nucleo o nocciolo, una specie di sfera ripiena di liquido gelatinoso.
L’insieme forma una sorta di ammortizzatore in grado di sopportare il massimo della pressione
trasmessa dalle vertebre. La colonna diventa così una successione di segmenti fissi, le vertebre, e di
segmenti mobili, i dischi e le articolazioni interapofisarie. Questo permette una mobilità nei tre
piani dello spazio, con un movimento simile a quello del serpente.
Durante la flessione del corpo in avanti, le apofisi articolari superiori scivolano sulle inferiori in alto
e in avanti, il nucleo si sposta un pò indietro e il disco viene schiacciato anteriormente, con
stiramento posteriore. Le lamine e i processi spinosi si allontanano e i legamenti posteriori vanno in
tensione. Durante l’estensione del corpo (piegando la colonna e la testa all’indietro) accade
l’inverso: le apofisi articolari vanno a contatto in compressione, il disco si comprime anteriormente,
e il nucleo si sposta in avanti. I processi spinosi e le lamine si avvicinano, così che i legamenti
posteriori si distendono, e il legamento longitudinale anteriore entra in tensione. (Attenzione,
nell'immagine precedente, i termini flessione ed estensione si riferiscono al movimento del corpo e
non alla Respirazione Primaria).
Nell’inclinazione laterale la vertebra superiore si inclina
lateralmente su quella
inferiore, schiacciando
il disco sul lato della
concavità, e stirandolo
sul lato della convessità,
facendo spostare il
nucleo
verso
la
convessità. Le apofisi articolari si avvicinano sul lato della
concavità e si allontanano sul lato della convessità, inducendo
rispettivamente una contrazione e una distensione dei legamenti.
Nella rotazione, le fibre del disco vanno in torsione. Le direzioni delle fibre si incrociano da una
lamina all’altra, così che una lamina su due è in tensione mentre l’altra è detesa. Aumentando la
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tensione delle fibre si ha una diminuzione dello spessore del disco con una leggera compressione
del nucleo. Tutti i legamenti entrano in tensione.
Il disco è fragile e tende a invecchiare precocemente, quando subentrano cause di cattive condizioni
meccaniche.
La colonna vertebrale è sostenuta da 4 legamenti longitudinali che, partendo dal lato anteriore della
colonna e proseguendo verso il lato posteriore, sono:
• legamento longitudinale anteriore: lungo la parte frontale dei corpi delle vertebre
• legamento longitudinale posteriore: sulla superficie posteriore dei corpi delle vertebre
all’interno del canale vertebrale
• legamento giallo: sulla superficie posteriore del canale vertebrale
• legamento sovra spinale: collega la superficie posteriore della colonna vertebrale lungo i
processi spinosi.
Collegata alla colonna vertebrale c’è la cassa toracica, un struttura estremamente mobile composta
da 12 costole per lato. Le costole sono collegate posteriormente alla colonna, e anteriormente allo
sterno, mediante articolazioni mobili. Ogni costola forma un’articolazione a cerniera con la colonna
vertebrale, collegandosi con il corpo e il processo trasverso di una vertebra e con il corpo della
vertebra superiore. In tal modo le costole possono fare leva sulla colonna vertebrale per compiere
un movimento di rotazione, oltre ai movimenti di sollevamento e abbassamento durante la
respirazione. Alla base della cassa toracica c’è il diaframma, un muscolo che si attacca attorno alla
base delle ultime 6 costole e alla 12 vertebra toracica.
Il trasferimento del peso dal cranio alla colonna vertebrale è fondamentale per l’allineamento
posturale. Il peso della testa di un adulto varia da 7 a 10 kg, e tale peso viene trasferito alla colonna
vertebrale attraverso la prima vertebra, l’atlante. Due protuberanze ossee dell’occipite, i condili,
formano come due piedistalli che collegano il cranio alle corrispondenti cavità di appoggio
dell’atlante. Il peso si trasferisce verso il basso lungo i corpi delle vertebre, si distribuisce sulle ossa
del bacino attraverso il sacro, e viene scaricato a terra tramite le gambe e i piedi.
Il trasferimento del peso dal cranio alla colonna è inoltre fondamentale per l’efficienza del sistema
nervoso. Il giusto equilibrio in corrispondenza di occipite e atlante permette che il midollo spinale
passi dal cervello alla colonna vertebrale senza compressioni. Il midollo spinale passa dal cervello
lungo la colonna vertebrale attraverso il forame magnum, un foro formato dall’osso occipitale alla
base del cranio. Il midollo spinale scorre all’interno del canale vertebrale, un canale formato dalla
successione dei forami vertebrali, e finisce tra la prima e la seconda vertebra lombare, dove si
divide nei nervi periferici del plesso sacrale e in fini terminazioni, dette cauda equina.
“Se osiamo avventurarci lungo il ponte che dalla testa porta al corpo, potremo trovare la nostra
anima nell’oscurità e potremo trovare le domande che la sollecitano, aprendo ogni cellula mentre la
portiamo alla coscienza.” Marion Woodman
SCHEMA PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE VERTEBRE:
• Atlante (C1)  non ha il processo spinoso dorsale; è articolata con l’occipite
• Epistrofeo (C2)  è la prima vertebra con processo spinoso dorsale, sotto al forame magno
• C7-T1  sono vertebre particolarmente prominente, di solito è più prominente C7, ma non
sempre. Per distinguerle, poggiare un dito sulla vertebra prominente e far piegare la testa
avanti: se la vertebra “sparisce” è D1, se non sparisce è C7.
• T7  quando la persona è prona, è all’altezza della punta inferiore della scapola
• T12  seguire l’ultima costola fluttuante fino alla colonna
• L3  generalmente a livello della vita
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Ricordiamo inoltre che 2 vertebre in particolare sono i fulcri naturali rispetto a determinate
articolazioni. Fulcro naturale vuol dire che il movimento di quelle articolazioni è organizzato
fisiologicamente attorno a quelle vertebre, a partire dalla sviluppo embrionale:
• C7 la settima vertebra cervicale è il fulcro naturale delle articolazioni delle braccia
• L5 la quinta vertebra lombare è il fulcro naturale delle articolazioni delle gambe
Dal punto di vista del lavoro significa che ogni qualvolta un’articolazione è interessata in uno
schema non equilibrato, può essere importante portare attenzione anche al suo fulcro naturale.
Nelle pagine seguenti trovi una serie di mappe per orientarti nel mondo delle connessioni delle
vertebre.
MUSCOLI DEL DORSO
(vedi immagine dispensa 1° livello, pag. 32)
I m. del dorso si dividono in:
• m. superficiali, o spino-appendicolari → sono il trapezio e il grande dorsale. Più
profondamente ci sono il romboide e l’elevatore della scapola.
• m. medi, o spino-costali → sono i m. che vanno dalla spina dorsale alle coste.
• m. profondi, o m. spino-dorsali → sono i m. disposti longitudinalmente nelle docce spino
costali. E’ un sistema muscolare complesso, di cui fanno parte l’insieme dei m. profondi
posteriori del collo: lo splenio del collo e della testa, il piccolo retto, il grande retto, il
piccolo obliquo e il grande obliquo.
Lavoriamo su questi muscoli – direttamente o indirettamente – ogni volta che lavoriamo i
diaframmi.
Secondo gli yogin ogni lacrima non versata va a finire nella schiena.
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I reattori di Lovett indicano le corrispondenze esistenti fra le varie vertebre, utili nel lavoro per
trattare, oltre alle vertebre direttamente coinvolte, anche quelle corrispondenti.
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27
I punti Yu della Medicina Cinese sono un altro utile strumento. I nomi legati agli organi in M.C.
non indicano necessariamente un malfunzionamento dell’organo stesso, quanto delle funzioni
energetiche ad essi corrispondenti. Per chi fosse interessato, informazioni utili al riguardo possono
essere estrapolate dal libro “Medicina Tradizionale Cinese. La legge dei cinque elementi” di Dianne
M. Connelly, edizione Il Castello.
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DERMATOMERIA: La segmentazione è disegnata in modo schematico; in realtà le zone non
sono nettamente separate tra loro, ma vi è una sovrapposizione nell’innervazione.
Esiste una correlazione tra l’organizzazione dei nervi spinali e l’innervazione sensoriale della pelle.
Si chiama dermatomero la regione della cute innervata dalle 2 radici dorsali di uno stesso segmento
spinale. Se una radice dorsale viene tagliata, il dermatomero corrispondente nello stesso lato del
corpo perde parte delle sensazioni, ma non tutte, perché le radici dorsali adiacenti innervano aree
sovrapposte. Perché venga persa tutta la sensazione in un dermatomero, devono essere tagliate 3
radici dorsali adiacenti.
Ad es., nel Fuoco di Sant’Antonio (Herpes Zoster) una radice dorsale viene infettata da virus, e la
pelle sul relativo dermatomero assume la sensibilità e infiammazione tipica di questa malattia.
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IL CRANIO
Il cranio è posto in equilibrio sopra la colonna vertebrale. E’ composto da 8 ossa craniche, che
circondano e proteggono l’encefalo, sede del sistema nervoso centrale, e da 14 ossa facciali.
In cranio sacrale le ossa craniche si distinguono in ossa centrali, impari e mediane ed ossa laterali,
pari e simmetriche:
• le ossa centrali sono l’etmoide, lo sfenoide e l’occipite
• le ossa laterali sono il frontale, le parietali e i temporali
Queste ossa si articolano fra loro in modo diverso attraverso le suture articolari fibrose. Queste
articolazioni sono interbloccanti e assomigliano al percorso di un fiume visto dall’alto, creando
stabilità a livello osseo. Queste suture sono tenute insieme dal tessuto connettivo fibroso e da pochi
muscoli. Ogni sutura è deputata a un particolare movimento, che varia in base a come sono fatte,
secondo una legge basilare della natura, per cui la forma si adegua alla funzione. Questi movimenti
minimi rispondono alla pressione interna e ai colpi esterni, funzionando come un efficace
ammortizzatore di protezione per il cervello. La tensione muscolare può indurre i muscoli del cranio
a bloccare le suture limitando l’elasticità delle ossa del cranio.
Le ossa facciali sostengono e modellano il viso e la bocca, e sono il punto di connessione di
numerose e complesse fasce muscolari.
OSSO OCCIPITALE
Iniziamo la nostra esplorazione delle ossa del cranio dall’occipite.
Alla nascita l'occipite è formato da 4 parti:
• la squama
• il corpo
• le 2 masse laterali
Le ossa della base cranica sono di origine cartilaginea, sono compatte
e offrono una maggiore resistenza alle forze compressive del parto.
I 2 condili occipitali si formano da 2 parti che si saldano tra squama e
corpi laterali tra i 2-3 anni, e quella del corpo con le masse laterali
attorno ai 7-9 anni.
L'occipite e lo sfenoide creano il movimento centrale della base
cranica, quello della flesso-estensione; fanno parte di questo movimento anche l'etmoide e il
vomere (che vedremo assai più avanti nel training).
La flessione corrisponde alla rotazione esterna e viene espressa nella fase di inspirazione della
Respirazione Primaria (RP).
L’estensione corrisponde alla rotazione interna e viene espressa nella fase di espirazione della RP.
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Il movimento, a livello dei tessuti, è principalmente permesso dalla tensione delle membrane a
tensione reciproca e dalla capacità delle ossa vive di flettersi ed estendersi. E' il movimento centrale
attorno al quale si organizzano le rotazioni interne ed esterne delle ossa periferiche.
E’ importante comprendere questo movimento a partire dalla relazione che c’è fra sfenoide ed
occipite, anche se per il lavoro di questo livello ci interessa al momento prendere una buona
confidenza con il movimento dell’occipite. L’ascolto dello sfenoide verrà aggiunto più avanti.
Nella fase di inspirazione-flessione sfenoide e occipite esprimono il movimento CS come se
ruotassero attorno ad assi trasversi e in direzioni opposte. Nella parte inferiore delle loro aree di
congiunzione si avvicinano e l’articolazione sfeno-basilare (ASB) si solleva verso l’alto
(cranialmente), mentre le grandi ali dello sfenoide e gli aspetti laterali della squama dell’occipite si
allargano e ruotano caudalmente. La squama temporale e il mastoide rispondono con un
basculamento laterale e una rotazione anteriore (approfondiremo questo movimento più avanti nel
training). Mentre le squame laterali dell’occipite si aprono, il cranio si gonfia e porta i parietali ad
allargarsi, mentre la sommità del capo si schiaccia verso il basso.
Nella fase di espirazione-estensione avviene l’opposto. Le congiunzioni inferiore della ASB si
allontanano e la ASB scende verso il basso (caudalmente) mentre le grandi ali dello sfenoide e gli
aspetti laterali della squama dell’occipite si restringono e ruotano cranialmente, come se ruotassero
l’uno verso l’alto.
Vediamo ora come percepiamo il movimento a partire da un contatto con l’occipite.
Utilizziamo una presa “a culla”, con le mani vicine fra loro (mignoli in contatto) e la testa del
ricevente supino che riposa fra le nostre mani. E’ importante che le mani siano accoglienti e
spaziose, in modo che non oppongano nessuna resistenza verso il cranio del ricevente. Lasciamo
che il movimento accada fra le nostre mani.
Nella fase di flessione sentiremo l’occipite ruotare come se portasse la punta delle nostre dita verso
l’alto, mentre l’occipite sprofonda maggiormente sui nostri palmi scivolando caudalmente e si
allarga.
Nella fase di estensione sentiremo il movimento rotatorio opposto: sarà come se le punta delle
nostre dita vengono spinte verso il lettino, mentre l’occipite si allunga verso di noi e si restringe.
Chiaramente, questi movimenti sono molto sottili, per cui le nostre mani non hanno bisogno di
muoversi, ma se riusciamo a mantenerle plastiche percepiranno un cambiamento di forma in
relazione a quanto descritto.
Chiaramente, ciò che abbiamo descritto si riferisce a un movimento ideale, in cui il sistema è libero
di esprimersi. Quindi nell’ascolto in realtà dovremo portare attenzione al reale movimento
dell’occipite con cui siamo in
contatto e alle sue eventuali
differenze rispetto a un
movimento ideale.
All'interno dell'occipite si
inseriscono saldamente i
margini
posteriori
del
tentorio, il margine posteriore
della falce cerebrale e
cerebellare. La dura si
inserisce saldamente anche
sul grande forame occipitale.
L'occipite è quindi, da un
punto di vista meccanico
della mobilità, il motore
anche del tubo durale e del sacro, da cui può essere influenzato con disfunzioni dovute
semplicemente anche da ipertono muscolare. Inoltre, la parte cervicale, che ha molte inserzioni
muscolari dirette sull'occipite, può influenzare direttamente il Meccanismo Respiratorio Primario.
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L’occipite si muove in sincronia con il sacro grazie alla continuità del sistema MTR, in particolare
del tubo durale.
Per le MTR vedi materiale su dispensa 1° livello. Ulteriori approfondimenti verranno fatti nel 3°,
mentre qui esploriamo più in profondità il tubo durale.
MIDOLLO SPINALE e TUBO DURALE
Il midollo spinale costituisce una lunga appendice
dell’encefalo che occupa gran parte del canale vertebrale, da
cui è protetto. Nell’adulto è lungo circa 45 cm e spesso circa
1 cm. Si stende dal grande forame occipitale fino all’altezza
della 2° vertebra lombare.
Lungo il suo decorso il midollo presenta 2 rigonfiamenti
fusati:
il rigonfiamento cervicale è situato tra la 4° VC e la 2° VT e
corrisponde ai nervi spinali diretti agli arti superiori
il rigonfiamento lombare è situato tra la 9° e la 12° VT e
corrisponde ai nervi spinali diretti agli arti inferiori
All’altezza della 2° VL il midollo termina con un’estremità a
forma di cono, il cono midollare, da cui si diparte il filum
terminalis, un esile filamento fibroso, che scende verso il
basso fino alla 1° V coccigea.
Il midollo presenta sul davanti una profonda in solcatura
mediana e posteriormente un solco meno profondo.
Ha una importante funzione di distribuzione delle
informazioni, connettendo il sistema nervoso centrale
(cervello e midollo) con il sistema periferico (nervi).
Dal midollo si dipartono 31 paia di nervi spinali, uniti al
midollo tramite radicole nervose anteriori e posteriori:
• 8 paia cervicali
• 12 paia toraciche
• 5 paia lombari
• 5 paia sacrali
• 1 paio coccigeo
Ognuno di essi dipende dalla funzione globale del midollo.
Anche i nervi del cervello ricevono feedback dai nervi del
midollo.
Il midollo spinale trasporta messaggi verso l’alto e verso il
basso. Se un eccesso di informazioni, cioè di impulsi, si
accalca su uno stesso segmento del midollo spinale, si
formano i cosiddetti segmenti facilitati. Da queste zone viene
prodotto un eccesso di impulsi verso i muscoli da esse
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innervati, creando tensione e spasmi in tutto il gruppo di muscoli.
Il midollo spinale é definito “il nucleo profondo”, “l’anima”, del corpo.
“Il midollo spinale scorre, come un fiume di vita, lungo tutta la colonna vertebrale e ci fa partecipi
di una gioia universale. Colpisce il fatto che il midollo spinale scenda dalla testa, ove irradia nella
‘corona raggiante’, fino al coccige, ma ciò durante i primi
tre mesi della vita fetale soltanto; a questo stadio,
dilatandosi il canale midollare, risale fino alla seconda
vertebra lombare dove pone il suo limite definitivo. Questo
fiume di vita ha dunque depositato come una memoria alla
base della colonna vertebrale, un ‘segreto’ che darebbe
nome al ‘sacro’, alle prima vertebre ‘sacrali’ al fondamento
dell’essere; (…). Il midollo spinale si genera dalla ‘matrice
del cranio’ avvolto dalla ‘dura madre’ e dalla ‘pia madre’,
ci indica con questi termini la propria funzione di matrice;
come in un segreto sponsale tra l’acqua e il fuoco, il midollo
è primizia delle ‘acque in alto’, l’inconoscibile mondo
divino cui l’uomo è comunque invitato a partecipare
nell’insondabile mistero delle nozze.” Annick de Souzenelle
Il tubo durale è una continuazione della dura che avvolge il
cervello. E’ costituito dalle 3 meningi, dura, aracnoide e pia
madre. Inizia al forame magno dell’occipite, dove la dura forma un robusto anello fibroso che
circonda e si inserisce al forame magno, da cui si diparte un tubo che in alto è attaccato alla faccia
posteriore dei corpi di C2 e C3, poi scorre libero per tutta la lunghezza del canale vertebrale e infine
si inserisce posteriormente alla superficie anteriore dell’arco posteriore di S2, per poi continuarsi
nel periostio che riveste il sacro ed il coccige, una volta uscito dallo iato inferiore del sacro.
Connette direttamente l’osso occipitale con il sacro, che di conseguenza operano in sintonia. Questo
consente i movimenti di scorrimento del tubo durale nella colonna sia per i movimenti involontari,
tipo il movimento CS, che nei movimenti volontari della colonna.
In questo tubo si trovano il
midollo spinale e la porzione
iniziale dei nervi spinali.
Quando i nervi spinali escono
dal tubo durale sono ricoperti
da un manicotto meningeo,
che termina perdendosi nella
fascia prevertebrale, permettendo una continuità con le
fasce del corpo. Fra il
rivestimento durale e i tessuti
connettivi esterni vi è un
tessuto adiposo che lubrifica e
permette lo scorrimento del canale durale.
Per imparare il sistema cranio-sacrale, bisogna guardare alle singole parti che lo formano, senza
dimenticare che questo sistema è un insieme integrato. Quando guardiamo al sistema delle
membrane teniamo presente che è un sistema di membrane a tensione reciproca.
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In condizioni normali, a riposo,
l’anatomia funzionale del tubo
durale fa si che l’occipite ed il
sacro si muovono nella stessa
maniera. Questo succede grazie al
libero movimento del tubo durale
all’interno del canale vertebrale.
Quando vi è restrizione nella libertà
di movimento del tubo durale, per
qualsiasi motivo, si ha una ridotta
funzionalità
del
sistema
o
disfunzioni. Dal momento che il
tubo durale unisce direttamente
sacro e occipite, disfunzioni su una
parte si riflettono automaticamente
sull’altra.
Il movimento della Respirazione Primario si esprime lungo il tubo durale:
nella fase di flessione - rotazione esterna (inspirazione del Respiro Primario), il tubo tende a salire
verso l’alto, verso la base cranica, mentre, insieme al midollo, si allarga e si accorcia leggermente.
nella fase di estensione – rotazione interna (espirazione del Respiro Primario), il tubo tende a
scendere dalla base cranica verso il basso, mentre, insieme al midollo, si allunga e si restringe
leggermente.
Possibili cause di inerzie lungo il canale durale:
Si definisce zona inerziale una parte che esprime difficoltà, in quanto si tratta sempre di forze
inerziali, trattenute, che non possono scorrere liberamente.
Lo scorrimento tubo durale (che è in continuità con resto di MTR) può essere influenzato da vari
livelli di dinamiche inerziali:
! fissità vertebrali (torsioni, ecc.): influenzano la fuoriuscita dei nervi spinali, i quali a loro
volta ripercuotono i loro schemi condizionati sul canale durale, così come essendo
condizionati dalla posizione della vertebra, il condizionamento si ripercuote sul
funzionamento del SNC (facilitazione dei nervi)
! adesioni e restrizioni fasciali in qualsiasi parte del corpo: qualsiasi schema inerziale sulle
fasce del corpo avrà un’influenza sul tubo durale, in quanto tutte le fasce del corpo sono in
connessione tra loro, e molte hanno inserzioni dirette sulla colonna vertebrale
! restrizioni fasciali specifiche dei tessuti che circondano il midollo (dura, aracnoide, pia)
! mancanza di libertà nell’espressione della RP a carico di sacro e/o occipite
! influenza di disfunzioni di qualsiasi parte del cranio tramite l’occipite e le membrane
! aree inerziali lungo il tubo durale stesso
! segmenti facilitati
! stress
! traumi (cadute, colpi di frusta, colpitore, nascita ecc.)
! malattie (es. meningite)
! tossine
! tensioni nei legamenti che connettono gli strati di dura, aracnoide e pia
! dinamiche del processo di nascita
Di solito quanto sopra influirà in combinazione. Di nuovo, ricordiamo che i dettagli sono solo una
parte del tutto, e che non è possibile trovare una distorsione isolata dal resto, ma sempre e
comunque l’insieme ne sarà influenzato e resta il nostro punto di riferimento principale. E’ da una
visione di insieme che portiamo attenzione ai dettagli.
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Inoltre, è importante conoscere bene gli approcci di lavoro che usiamo, ma il riassestamento
avviene non tanto grazie a noi quanto alla capacità di auto-guarigione insita nel sistema. Per questo
è importante essere sempre connessi col tutto e con le sue potenzialità intrinseche.
VALUTAZIONE e RIEQUILIBRIO nello SCORRIMENTO del TUBO
DURALE
VALUTARE LA MOBILITA’ DEL TUBO DURALE
Prima di procedere, ricordiamo che (e questo vale non solo per il lavoro con il tubo durale…:
• gli effetti che individuiamo sui tessuti (adesioni, tensioni, resistenze, ecc.) sono le
compensazioni generate dell’azione delle forze biodinamiche che cercano di contenere le
forze inerziali, creando il miglior equilibrio possibile per il sistema
• non è l’operatore che guida il processo di riequilibrio, ma le forze profonde del sistema
• la valutazione non è un processo realmente separato dal lavoro, anche se lo separiamo
(soprattutto inizialmente) per motivi di apprendimento: quando valutiamo, come avremo
modo di osservare, noteremo come il sistema inizi già a lavorare e come lungo questo
processo avvengano già dei cambiamenti; così come, quando lavoriamo, continuamente ci
arrivano informazioni che ci servono per approfondire la valutazione della situazione locale
e di insieme del sistema
Nel valutare il tubo durale teniamo presente che interagiamo con più aspetti:
! colonna vertebrale
! tubo durale
! midollo spinale
! liquor che fluttua attorno al midollo spinale
Abbiamo quindi degli aspetti tessutali diversi (le ossa, più compatte; il tubo durale, membranoso; il
midollo spinale, gelatinoso) e con i fluidi (non solo il liquor, ma anche i fluidi che compongono i
tessuti).
Anche quando siamo orientati al livello dei tessuti (ritmo CS) non possiamo dimenticare la loro
componente fluida.
Per la valutazione del grado di libertà di scorrimento del tubo durale abbiamo 2 approcci.
1) Un approccio consiste nell'ascolto del movimento di flesso-estensione del tubo durale a partire da
un contatto all'occipite oppure al sacro. Iniziamo dedicando del tempo all'ascolto del movimento di
flesso-estensione espresso dall’osso scelto. Dopo aver preso confidenza con l'ascolto locale,
lasciamo scivolare una parte della nostra attenzione lungo il tubo durale e iniziamo a praticare la
capacità di percepire il movimento di una zona che non stiamo toccando direttamente. Nella fase di
flessione il tubo durale tende ad accorciarsi e allargarsi, mentre sale in direzione craniale;
nell'estensione tende ad allungarsi e restringersi, scendendo in direzione caudale. Per alcuni questo
ascolto può risultare particolarmente difficile ed è comprensibile. È importante essere pazienti e
darsi la possibilità di sperimentare più e più volte. Pian piano, ognuno con i suoi tempi, questa
capacità percettiva inizierà a svilupparsi. E’ anche importante mantenere un approccio ricettivo,
restando centrati in noi stessi, permettendo al movimento di arrivare, a un certo punto, alla nostra
consapevolezza, piuttosto che andarlo a cercare, spostandoci dal nostro centro.
Scivolando lungo il tubo, mentre il sistema esprime il movimento, possiamo portare attenzione ad
eventuali zone di restrizione lungo il tubo durale, aree in cui il movimento è meno libero, o dove
percepiamo delle inerzie, qualcosa che non “scorre” liberamente.
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2) L'altro approccio consiste in una trazione intenzionale del tubo durale, sempre a partire da un
contatto all'occipite o al sacro. Accogliamo l'osso nelle nostre mani ed entriamo in contatto con il
suo movimento di flesso-estensione. Nella fase di estensione (rotazione interna) invitiamo il sistema
a fermarsi alla fine dell’estensione. E’ un invito, non un ordine, e diamo tempo al sistema di
accogliere questo invito (al sistema solitamente piacciono momenti di pausa nel movimento).
Quando il sistema si ferma nella fase di estensione, il tubo durale è nella sua fase di estensione
massima naturale, ed è quindi in una trazione naturale. Già in questa fase è possibile percepire
eventuali difficoltà nello scorrimento del tubo durale, lasciando scivolare una parte dell’attenzione
lungo il tubo. All’inizio, possiamo immaginare che un pesciolino cominci a nuotare lungo il tubo
durale, lentamente, per individuare le zone di restrizione. E’ anche possibile invitare il sistema ad
andare un po’ più in estensione: questo invito produrrà un’ulteriore leggera trazione nel tubo durale,
evidenziando gli eventuali punti di restrizione. Anche in questo caso lasciamo scivolare una parte
dell'attenzione lungo il tubo per rilevare tali zone. All’inizio bisogna usare l’immaginazione, ma col
tempo si può diventare molto precisi.
Possiamo anche ascoltare sacro e occipite contemporaneamente: ti siedi lateralmente al ricevente
in modo da poter mettere una mano sotto al sacro e una sotto all'occipite (in questo caso il pollice
della mano sotto il sacro si trova rivolta in senso caudale). Prenditi tempo e ascolta i movimenti
delle 2 ossa, fino a poterli percepire contemporaneamente, poi includi nell'ascolto del movimento il
tubo durale che li connette. Visualizza il tubo durale e percepisci i punti di restrizione che
potrebbero essere localizzati lungo di esso. Puoi fare questo ascoltando il sistema libero, oppure
invitando la trazione intenzionale del tubo durale, come descritta sopra. La differenza qui è che
invitiamo il sistema a fermarsi alla fine dell’estensione invitando contemporaneamente sacro e
occipite a fare questo.
Questo processo può essere fatto anche con il ricevente sdraiato su un lato: porta attenzione a
trovare una posizione comoda per il ricevente. E’ importante che ci sia un cuscino sotto al cranio.
La gamba del lato su cui è sdraiato sarà più o meno distesa, mentre quella superiore sarà un po’
piegata e appoggiata su un cuscino, in modo da trovare una posizione stabile. E’ possibile che ci sia
bisogno di cuscini anche per appoggiare i nostri avambracci, per poter essere comodi nell’ascolto.
APPROCCI PER IL RIEQUILIBRIO DEL TUBO DURALE
Nel fare la valutazione del tubo durale a partire dal sacro o dall’occipite possiamo ottenere
informazioni diverse: quando partiamo dal sacro incontreremo più facilmente la prima restrizione a
partire dal basso, mentre dall’occipite quella a partire dall’alto, per cui potremmo ritrovarci con una
restrizione a livello delle lombari e una a livello delle cervicali.
Sul come procedere in termini di priorità, ci può essere di aiuto il principio embriologico di partire
dal basso verso l’alto, e daremo quindi prima attenzione all’area inerziale più vicina alla base della
colonna.
Teniamo presente che i protocolli sono importanti soprattutto per imparare, ma che il nostro
obiettivo è sempre l’ascolto dell’individuo. Pian piano svilupperemo la capacità di percepire quale
inerzia è prioritaria e ci fidiamo delle informazioni che il sistema ci offre.
In termini di scelte di modalità di lavoro, l’ascolto delle restrizioni sul tubo durale ci dà
informazioni che possono essere affrontate in vari modi. Esploriamo qui 3 diverse possibilità.
1) Innanzitutto l’area di restrizione si troverà nel campo di uno dei 3 diaframmi, per cui la
valutazione del tubo durale ci può dare un’indicazione su quale diaframma è prioritario lavorare.
Potremmo lavorare tale diaframma, accedendo al punto di equilibrio e poi tornare a valutare l’entità
del cambiamento.
2) Oppure possiamo tenere il contatto su sacro od occipite con una mano e sull’area inerziale lungo
il tubo durale con l’altra mano (in posizione supina o laterale): entriamo in contatto con
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l’espressione della flesso estensione a partire da queste 2 aree e individuiamo gli schemi inerziali e
la loro direzione facilitata; da qui invitiamo il sistema ad accedere al punto di equilibrio bilanciato,
cioè a trovare un punto in cui fermarsi prima di trovarsi sul confine della direzione facilitata.
Permettiamo a tutto il processo di svolgersi, fino al senso di riorganizzazione e riequilibrio (vedi
dispensa 1° livello per la descrizione approfondita del processo).
3) E’ infine possibile invitare una sincronizzazione fra sacro e occipite con la presa contemporanea,
sia in posizione supina sia in quella laterale. Facciamo questo quando sentiamo che c’è un leggero
ritardo nel movimento di una delle 2 ossa rispetto all’altra, cioè il movimento tende a partire prima
da una parte rispetto all’altra. Entriamo in contatto con il movimento e alla fine della fase di
estensione lo invitiamo ad andare un pochino oltre. Facciamo questo per alcuni cicli, fino a sentire
che si è verificata una sincronizzazione nel movimento.
Durante questo processo (non è detto che la sincronizzazione avvenga) può emergere il fulcro
inerziale che condiziona lo schema e può partire un lavoro di assestamento, che possiamo sostenere
orientandoci al processo del punto di equilibrio bilanciato.
Attraverso la valutazione del tubo durale, o durante il lavoro, potremmo evidenziare che le zone di
inerzia sono localizzate in 2 articolazioni fondamentali della colonna vertebrale: la sacro-lombare
(L5-S1) o quella della triade occipitale (occipite e prime 2 vertebre cervicali), che vediamo più
avanti nel corso del 2° livello.
LAVORO SULL’AREA PELVICA
Come abbiamo visto nella prima parte riguardante l’anatomia, alla nascita le ossa che compongono
il sacro e le pelvi sono separate fra loro, per permettere al corpo del bebè di passare attraverso un
canale alquanto stretto.
Il processo del parto è un grande rito iniziatico di passaggio alla vita terrena. Durante questo
processo molte forze sono in atto, e per quanto sia un processo naturale, è anche un percorso
delicato e pieno di prove. Le ossa (anche quelle craniche) vengono compresse tra di loro, per
ricomporsi poi immediatamente appena fuori dal canale uterino. Il passaggio della nascita produce
un profondo massaggio sulle strutture nervose, in particolare sul cervello, e sulla struttura. Durante
questo processo, però, le forze compressive in atto possono influire creando delle inerzie lungo il
canale durale e nel sistema durale in genere oltre che a livello delle strutture ossee, in particolare del
cranio.
Un’osteopata americana, Viola Freeman, ha condotto molti studi sui neonati, rilevando che
nell’80% dei casi si verificano degli squilibri percepibili con l’approccio CS.
Inoltre, nei primi anni di vita, quando le ossa sono ancora molto flessibili e in processo di
saldamento, molti traumi tipici della prima infanzia (cadute, colpiture, ecc.) dovuti all’imparare a
tenere l’equilibrio, camminare, ecc., si aggiungono e possono ulteriormente influire sul sistema.
Nel corso della vita, continuiamo a rafforzare questi schemi non in equilibrio, anche semplicemente
con tensioni emotive, cattiva postura, ecc.
I livelli con cui ci troviamo a lavorare con il CS sono quindi molteplici.
In relazione al MRP, la struttura che più ci interessa dell’area pelvica è il sacro. Qui siamo alle
fondamenta della LM strutturale e in contatto con le fondamenta della LM fluida e della LMP.
Dall’ascolto del sacro possiamo portare attenzione a 2 delle sue principali relazioni con le strutture
adiacenti:
• la relazione con le ossa iliache  articolazione sacro-iliaca (una a dx e una a sx)
• la relazione con la 5° vertebra lombare  L5-S1
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Queste aree trattengono facilmente dinamiche inerziali, che possono essere prevalentemente
articolari oppure legate a dinamiche fasciali. Dal punto di vista fasciale possono essere a livello dei
legamenti o delle varie fasce del pavimento pelvico, della muscolatura del cingolo pelvico oppure in
risposta a restrizioni o inerzie localizzate in qualsiasi altra parte del MRP e del sistema fasciale.
Non possiamo veramente isolare uno di questi aspetti da un’interrelazione reciproca di insieme, ma
possiamo notare che un aspetto può apparire predominante e attirare la nostra attenzione.
In ogni caso iniziamo con una verifica della libertà di movimento di queste 2 relazioni principali e
durante l’ascolto del sacro ci domandiamo quanto questo movimento sia libero e quanto invece sia
condizionato.
Il sacro è un luogo energetico molto importante, un vero e proprio magazzino di energia vitale.
Nelle tradizioni yogiche il sacro e l’articolazione lombosacrale (L5-S1) sono considerati luoghi in
cui si contattano energie potenti. E’ infatti questa la zona che ospita l’energia Kundalini. Questa
area ospita 2 importanti Chakra (centri di energia localizzati lungo la LM): il 1° Chakra si trova
all’apice del sacro e del coccige (funzioni di sostegno, stabilità, centratura), il 2° si trova sulla base
del sacro, nell’area di L5-S1 (funzioni di radicamento, energia sessuale, nutrimento).
Il riequilibrio del diaframma pelvico può essere un sostegno nel lavoro con le articolazioni del
sacro. Può essere usato prima di rivolgerci alle articolazioni, per creare un campo tessutale più
morbido che può facilitare il processo del lavoro articolare, oppure alla fine, per sostenere il
riequilibrio delle liberazioni articolari nell’area pelvica.
RIEQUILIBRIO LOMBO-SACRALE (L5-S1)
•
•
•
•
•
•
•
Col ricevente supino, inizia l’ascolto a partire dall’osso
sacro.
Mentre ascolti il movimento di flesso-estensione del
sacro, porta attenzione all’area di L5-S1.
Fai scivolare l’altra mano sotto la zona lombare del
ricevente, in modo da appoggiare le dita sui processi
spinosi delle vertebre lombari; la punta delle dita si
agganciano in particolare su L5-L4-L3.
Ascolta il movimento di flesso-estensione di sacro
e area lombare e nota la presenza di uno schema
inerziale nella relazione fra sacro e L5 e la sua
direzione facilitata.
Quando lo schema inerziale è chiaro, invita il
sistema a rallentare e a trovare l’accesso al punto
di equilibrio.
Permetti al processo di liberazione delle forze
inerziali di accadere orientandoti alla Salute che è
presente al centro dell’inerzia.
Quando il sistema ti mostra i segnali di riorganizzazione, puoi aprire l’orientamento alla LMP.
Durante il processo di liberazione e riorganizzazione è possibile percepire uno sganciamento fra L5
e S1, con una conseguente creazione di spazio fra i 2.
Se per qualche motivo questo non dovesse accadere, e rimanesse un senso di forte inerzia, puoi
intenzionalmente aprire la conversazione sulla possibilità di creare spazio, invitando una
intenzionale trazione/sganciamento del sacro in direzione caudale: non è qualcosa che devi
forzare o spingere, è solo una domanda che porti nel sistema, “è possibile creare spazio in questa
articolazione?”. Permetti al sistema di trovare la sua risposta. Sostieni il processo permettendo al
sacro la trazione che è disposto a fare spontaneamente, e aspetta sulla soglia di questa possibilità
(prima che arrivi al suo limite massimo), finché l’articolazione accede a maggiore spazio.
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Se il sistema non accoglie l’invito, puoi domandare: “che cosa impedisce questa liberazione?”. Da
qui potrebbero arrivarti indicazioni su come procedere nel lavoro.
Durante tutto il lavoro su L5-S1, attenzione a non chiudere tutto il tuo campo percettivo
restringendolo alla sola area di interesse, ma permetti alla tua attenzione di includere tutta l’area
pelvica e anche oltre, se possibile.
Permetti alle informazioni di arrivare senza andarle a cercare. Sii paziente.
Non aggrapparti ai tessuti, né fisicamente né con l’attenzione, e permetti al processo di svolgersi
secondo i suoi tempi.
Ricordati che stai imparando, ed è meglio fare troppo poco piuttosto che troppo. 
La compressione a livello di L5-S1 è spesso accompagnata da altre dinamiche, fra cui:
! compressione sacro-iliaca
! compressione a livello della triade occipitale, con la quale intrattiene dinamiche
compensatorie reciproche.
RIEQUILIBRIO ARTICOLAZIONI SACRO-ILIACHE
La nostra attenzione può essere richiamata su queste articolazioni in vari modi, fra cui:
• A partire dall’ascolto del sacro, potremmo avere l’impressione che la libertà del suo
movimento sia condizionata dalla relazione con le iliache.
• Durante il processo di riequilibrio di L5-S1 potremmo notare che il processo di
riequilibrio è limitato da inerzie nelle articolazioni sacro-iliache.
• Possiamo essere richiamati da queste articolazioni tramite l’ascolto delle iliache. Per fare
questo ascolto con il ricevente in posizione supina, troviamo una posizione a lato della
sua area pelvica (possiamo essere parzialmente seduti sul lettino, a lato delle pelvi del
ricevente) e appoggiamo le mani sulle creste iliache, rivolgendoci all’ascolto del ritmo
CS nelle sue espressioni di rotazione esterna e rotazione interna. Potremmo notare una
difficoltà in entrambe le aree o prevalentemente da un lato.
• Anche nell’ascolto dalle caviglie potremmo essere richiamati verso queste aree.
L’approccio L5-S1 e questo sulle sacro-iliache sono presentati come 2 approcci distinti, perché nel
tempo potranno essere usati a seconda delle priorità del sistema. All’inizio è utile applicarle sempre
entrambe (di solito facciamo prima L5-S1 e poi le sacro-iliache) per imparare a conoscerle e a
esplorare le potenzialità di questi 2 approcci, e per prendere confidenza percettiva con queste
strutture.
Abbiamo a disposizione 2 prese per lavorare su queste articolazioni:
1. “Ponte a braccio”. E’ la presa più diretta. Si pone una mano sotto il sacro con la presa
classica (se abbiamo appena eseguito l'approccio L5-S1, la mano è già in questa posizione) e
si posiziona l’altro braccio a ponte sopra il bacino, cioè si appoggia il gomito sulla cresta
iliaca più vicina a noi e si aggancia con la punta delle dita l’altra cresta iliaca, così che il
braccio si trova posizionato come un ponte fra le 2 creste.
2. Questa è più indiretta, ed è la presa dalle creste iliache come descritta sopra per l’ascolto di
rotazione esterna-interna delle creste iliache.
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In entrambe le modalità il processo di riequilibrio è essenzialmente lo stesso:
• Ascoltiamo il movimento e notiamo il suo schema preferito (direzione preferita).
• Invitiamo a rallentare e ad assestarsi in un punto di equilibrio, coinvolgendo tutte le
aree con quali siamo in contatto. Il sistema accederà al punto di equilibrio attorno ad
un sito di inerzia (fulcro inerziale).
• Quando accede al punto di equilibrio, permettiamo al processo di rilascio e
liberazione delle inerzie di accadere, mentre ci orientiamo alla Salute che è al centro
delle inerzie.
• Sosteniamo il processo di riorganizzazione orientandoci alla LMP.
• Durante il processo di liberazione e riorganizzazione, possiamo notare spazio che si
crea a livello delle articolazioni sacro-iliache.
Se per qualche motivo le inerzie sono particolarmente dense e percepiamo la difficoltà di queste
articolazioni a rilasciarle, possiamo introdurre una conversazione di sganciamento delle sacroiliache. In questa conversazione inviti le creste iliache ad avvicinarsi intenzionalmente verso di
loro. Di nuovo, è solo un invito, una possibilità che offri al sistema, non è un’imposizione. Se il
sistema accoglie questo invito, le creste si avvicinano fra loro e nella parte posteriore delle
articolazioni sacro-iliache si creerà spazio. Se il sistema non accoglie l’invito, puoi domandare:
“che cosa impedisce questa liberazione?”. Da qui potrebbero arrivarti indicazioni su come
procedere nel lavoro.
Come sempre, attenzione a non chiudere tutto il tuo campo percettivo sulle strutture a cui stai
portando attenzione.
LA TRIADE OCCIPITALE
L'articolazione EPISTROFEO (C2) – ATLANTE (C1) – OCCIPITE (C0) è una delle più importanti
del corpo.
Idealmente l’atlante dovrebbe poter fluttuare liberamente nei fluidi sinoviali della sua articolazione
con entrambe le strutture a esso adiacenti. Spesso questa triade è però condizionata da forze
inerziali, che possono essere dovute a eventi traumatici, come incidenti (es. colpo di frusta), shock e
dinamiche della nascita.
L’importanza di un corretto assetto di questa triade è alla base della postura di base sviluppata in
alcune pratiche di meditazione (es. Zen), dello Yoga e nel Tai Chi Chuan. Queste discipline, in
alcune loro forme, prevedono lo sviluppo della percezione di un asse che va dal foro occipitale al
bregma (dove la sutura sagittale incontra quella coronale).
Questa triade si trova lungo la LM del corpo. Le sue componenti hanno sia un’origine embriologica
comune, sia una relazione funzionale.
L’occipite è un osso che viene considerato una vertebra modificata, in quando si forma a partire dai
somiti cefalici dell’embrione (vedi embriologia).
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L’occipite si articola con l’atlante tramite i condili occipitali, situati lateralmente al foro occipitale.
L’Atlante è l'unica vertebra senza corpo e senza processo spinoso, con la forma di un anello. Nella
faccia inferiore ha 2 linguette o faccette che le permettono di agganciarsi al dente dell’espistrofeo
(processo odontoideo), cioè a una protuberanza che si trova sulla parte superiore di C2. Nella faccia
superiore ha 2 linguette o faccette che permettono l’aggancio con l’occipite, a livello del foro
occipitale.
L’epistrofeo, oltre al dente che si inserisce sull’anello dell’atlante, ha 2 faccette articolari che si
agganciano con le faccette inferiore dell’atlante. Il dente dell’epistrofeo ha una funzione di perno.
C1 e C2 sono le uniche vertebre fra le quali non si trova disco intervertebrale ma si articolano
tramite le faccette.
Quest'area è direttamente connessa alla cisterna magna ed ha una relazione con la cisterna lombare
(relazione occipite-sacro, “come sopra così sotto”).
atlante
epistrofeo
1 forame magno
2 condili occipitali
3 canale carotideo per passaggio arteria carotidea
4 canale dell’ipoglosso: passaggio nervo ipoglosso
5 canale giugulare: passaggio vena giugulare, nervo
vago, nervo spinale accessorio, nervo glossofaringeo
6 canale stilo mastoideo: passaggio nervo facciale
7 canale condilare
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Queste 3 strutture sono in relazione fra loro grazie a una serie di legamenti superficiali che si
connettono a legamenti più profondi e a connessioni fasciali. Spesso le tensioni trattenute in questi
tessuti mantengono la triade in uno stato di compressione cronica. Alcuni di questi legamenti sono
in connessione con la dura madre e con il tubo durale, trasferendo così le tensioni direttamente a
cranio, colonna e sacro.
Le inerzie in questa zona compromettono lo scambio di fluidi (arterie, vene, liquor) che avviene fra
cranio e corpo e condizionano la trasmissione nervosa attraverso i nervi.
La compressione dei condili può essere accompagnata dalla compressione della base cranica e dalla
compressione lombare. Questo abbinamento è spesso presente in persone che soffrono di
depressione, nei bambini iper-cinetici e con disturbi del comportamento, nelle cefalee severe ed in
altre disfunzioni.
RILASCIO DI ATLANTE-OCCIPITE (C0-C1)
Abbiamo presentato la triade, ma dal punto di vista del lavoro al momento ci concentriamo sulla
relazione fra occipite e atlante.
La zona che accoglie l’articolazione atlante-occipite dà inserzione a numerosi muscoli e fasce, che,
se contratti o in tensione, possono interferire in modo notevole con il corretto funzionamento del
sistema cranio-sacrale.
La base cranica dovrebbe essere rilasciata solo dopo essersi assicurati una buona libertà
dell’ingresso toracico, perché i fluidi di provenienza cranica possano agevolmente raggiungere il
cuore. Un ingresso toracico in restrizione provoca un aumento della pressione venosa a livello del
collo e quindi interferisce con un corretto drenaggio venoso del cranio.
E’ inoltre importante che il sacro sia libero.
Possiamo percepire che ci sono inerzie trattenute in questa area in particolare a partire dall’ascolto
dell’occipite e dello scorrimento del tubo durale.
Esistono varie modalità per riequilibrare questa articolazione. Il riequilibrio di C0-C1 verrà
raffinato più volte lungo il training di base. Imparare a eseguirlo con precisione ci fornisce uno
strumento potente che ci permetterà di portare molto sollievo ai nostri clienti.
Iniziamo la nostra esplorazione con la presa atlante-occipite (A-O).
• Il ricevente è in posizione supina e partiamo dalla presa di contatto con l’occipite, in cui le
nostre mani sono unite a culla per accogliere la nuca.
• Per entrare in contatto con A-O, permettiamo alla presa delle mani di scivolare caudalmente
rispetto al semplice ascolto dell’occipite, così che la punta delle dita (in particolare anulare e
medio) possano posizionarsi alla base dell’occipite, nell’area dell’atlante, per poter arrivare
a una sensazione di atlante appoggiato sulla punta delle dita. L’atlante è l’unica vertebra
senza processo spinoso (e senza corpo) e non sarà percepibile come le altre vertebre, resta
protetta da uno strato di tessuti. Permetti alle dita di sprofondare dolcemente e lentamente in
questi tessuti.
• Apriti all’ascolto delle dinamiche di A-O e della loro relazione.
• Senza fretta, permetti ai movimenti presenti di accadere e di mostrarti lo schema
condizionato della relazione A-O.
• Quando lo schema condizionato si sarà chiarito, invitalo ad accedere a un punto di
equilibrio, uno stato in cui le tensioni di questa relazione si assestano e trovano un
equilibrio bilanciato.
• Nella fase del processo di equilibrio orientati alla Salute.
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• Permetti al processo di rilascio e liberazione delle forze inerziali di accadere.
• Nel processo di riorganizzazione e riequilibrio, sostieni il processo orientandoti alla LMP.
Durante il processo di liberazione di A-O potrebbe accadere uno sganciamento spontaneo fra le 2
strutture, che permette un allontanamento fra le 2 con conseguente creazione di spazio.
Oltre a questo potremmo anche notare la creazione di spazio fra atlante ed epistrofeo. In ogni caso
sosteniamo la manifestazione dello spazio.
Può capitare di osservare anche un sollevamento dell’atlante in direzione anteriore. Permettiamo a
questo sollevamento di avvenire.
Se l’area A-O è fortemente inerziale, il processo di accesso al
punto di equilibrio potrebbe non essere sufficiente per
facilitare un riequilibrio.
In questo caso è possibile utilizzare una conversazione di
sganciamento fra atlante e occipite. In questo approccio,
dopo aver stabilito un certo assestamento nei movimenti
presenti, invita intenzionalmente le dita ad accompagnare
l’atlante in direzione caudale, mentre con il palmo delle mani
inviti l’occipite in direzione craniale. E’ un invito
intenzionale, non è una trazione nei tessuti. Mantenendo un
campo percettivo ampio, non forzare questo sganciamento, ma permetti ad A-O di fare quanto sono
in grado di fare. Dai tempo al sistema di accogliere e lavorare con questo invito, finché sentirai lo
sganciamento e la creazione di spazio.
A questo punto è possibile lavorare nuovamente con il punto di equilibrio, per permettere una più
profonda liberazione e integrazione.
STILL POINT o PUNTI DI QUIETE
“Al punto fermo del mondo
rotante. Non corporeo
né incorporeo; non da
né verso; al punto fermo
là è la danza, ma non arresto
né movimento. Non movimento da né
verso, non ascesa
né declino. Fuorché per il punto,
il punto fermo, non ci sarebbe danza
e c’è solo la danza”
Thomas S. Eliot “Quattro quartetti”
Lo SP è un processo naturale che il sistema esprime spontaneamente. Si manifesta attraverso la
cessazione dell’espressione della RP, per cui i movimenti di rotazione interna-esterna o di
inspirazione-espirazione cessano e il sistema accede a uno stato di quiete. Il suo scopo è di
ristabilire la connessione con le risorse profonde del sistema. E’ uno stato di riposo e rigenerazione,
una componente importante del processo di auto-guarigione.
Può durare da un secondo a diversi minuti: il sistema resterà in SP quanto necessita o quanto è in
grado di starci, a seconda delle sue condizioni. In un sistema deperito, traumatizzato o
congestionato, il corpo potrà non essere in grado di accedere alle sue risorse per ricaricarsi, quindi
l’operatore CS può facilitare l'espressione della quiete invitando uno SP.
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Nello SP la quiete, che può iniziare localmente, si diffonde in tutto il corpo, permettendo il contatto
con il Respiro della Vita. Attraverso lo SP tutte le parti del corpo-mente coerentemente si
riconnettono con la loro unità fondamentale.
La QUIETE è un concetto fondamentale nella disciplina CS. La quiete è intesa come la dimensione
da cui tutta la vita emerge, da cui la RP emerge. Questa quiete originaria, sottostante, viene
chiamata Quiete Dinamica (QD).
Gli SP sono diversi dalla QD, sono dei livelli di quiete più o meno profonda, ma non sono la QD.
Gli SP sono come i gradini di possibile accesso alla QD.
Mentre il sistema entra nello SP, tenderà a entrare nel livello di quiete che gli è possibile in quel
momento e che gli è necessario.
Alcuni operatori CS parlano di 7 livelli di SP. Ci sono degli SP che agiscono più sul livello fisico
del corpo, altri più sul livello emotivo, altri più sul livello psichico e psicologico. Qui siamo sul
livello del corpo-mente. Altre volte capita invece di fare delle esperienze più profonde: c'è il senso
di una connessione profonda con qualcosa di più grande. A volte c'è una quiete che ci spaventa,
tanto è profonda. A volte la quiete di colpo permea tutta la stanza: se qualcun altro è presente, al di
là del cliente e dell'operatore, la può percepire. A volte è un'esperienza indescrivibile: il tempo
perde significato. Questo è il contatto che la QD. La QD possiamo definirla come un’esperienza
transpersonale.
Durante il lavoro, gli SP possono emergere spontaneamente per vari motivi:
 Quando il sistema inizia a rilasciare tensioni, oppure poco prima che questo accada.
 Mentre il sistema sta apportando degli auto-aggiustamenti oppure a conclusione degli stessi.
 Come processo di integrazione dei cambiamenti intervenuti nel sistema.
Orientandoci al ritmo CS, se ascoltiamo il sistema per tempi lunghi con la solita presa (es. oltre i 5
minuti), quello che possiamo osservare è l’emergere di momenti di pausa più o meno lunghi che
intervallano il ritmo CS. Non sono veri e propri SP, ma questo ci mostra come l’espressione del
sistema non sia la marcia di un soldatino, ma l’espressione di una vitalità creativa e variegata.
Continuando ad ascoltare per tempi lunghi (es. oltre i 10 min.) possiamo invece osservare, oltre a
queste pause, il possibile emergere di veri e propri SP. Lo SP è tale quando tutto il sistema si ferma,
non quando c’è una semplice pausa locale. La qualità di questi spazi di quiete è molto diversa. La
semplice pratica di palpazione, “se fatta regolarmente, può insegnarti una grande quantità di cose
sul ritmo CS, sugli SP spontanei e sull’auto-regolazione.” (Agustoni Daniel, 2008).
Lo stesso processo di pause e SP lo possiamo osservare in modo analogo anche nell’espressione
della R1 a livello della MM.
Dopo lo SP del ritmo CS è possibile che si apra la possibilità di contattare la MM, un’espressione
più lenta (1-3 cicli al minuto) della RP, con una qualità molto più fluida. Questo può essere
permesso anche per il fatto che lo SP stimola lo scambio dei fluidi nel corpo, permettendo dunque a
questa dimensione di entrare in primo piano.
“La guarigione avviene nel silenzio. La guarigione avviene non quando stai facendo qualcosa, e la
guarigione generalmente avviene in un modo misterioso” Maura Sills
CONSEGUENZE DELLO SP:
La potenza che guida le espressioni della RP diventa inerziale per poter dare un equilibrio alle forze
irrisolte derivanti dall'esperienza. Queste forze includono trauma, patologie, shock, stress, e anche
la genetica che ereditiamo incarnandoci. La potenza inerziale resta intrappolata al centro di schemi
di tensione che si creano nel sistema, il quale risulta congestionato. Nell’ascolto le espressioni della
RP possono faticare a presentarsi o manifestarsi in modi poco armonici, con poca forza o poca
chiarezza. A volte il sistema non sembra avere accesso alle risorse, le forze inerziali sono molto
dense, lo stato del sistema è piatto, non ha profondità, sembra non andare da nessuna parte, non si
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riesce ad accedere a indicazioni riguardo la nostra possibilità, come operatori, di dare supporto alla
Salute. In questi casi, facilitare uno SP può essere di molto aiuto. Nel facilitarlo, diamo supporto a
un processo che spontaneamente il sistema ricerca da solo, quindi è importante supportarlo
senza interferire.
Alcune conseguenze benefiche dello SP:
 Lo SP è fondamentalmente un processo di riconnessione con le risorse profonde del
sistema: più risorse divengono disponibili.
 Il sistema si rivitalizza.
 Lo scambio dei fluidi è facilitato, permettendo eliminazione dei rifiuti.
 Viene facilitato il riorientamento del sistema alla linea mediana del corpo.
 La potenza del sistema viene aumentata e i fulcri inerziali, che sono al centro dei vari
disturbi, possono iniziare a esprimere qualcos'altro al di là della compensazione.
 Facilita i processi fisiologici di riequilibrio e auto-guarigione.
 Lo SP ha la tendenza a terminare compiti lasciati a metà, permettendo la conclusione di
cicli di rilascio iniziati con il lavoro CS.
 Permette alle espressioni della R1 di esprimersi più chiaramente.
 Favorisce il rilassamento dei tessuti contratti.
 Ristabilisce l’equilibrio del sistema nervoso autonomo.
 Stimola le contrazioni uterine e il processo della nascita.
Durante lo SP possono emergere dei piccoli fastidi e/o dolori nel corpo, a volte anche dei vecchi
sintomi, così come possono emergere stati emotivi non espressi (Kern, 2001).
Possiamo quindi usare gli SP con varie intenzioni:
 All’inizio della seduta per rilassare una persona particolarmente attiva o per avere migliori
informazioni sullo stato della Respirazione Primaria (es. per chiarire i parametri del ritmo).
 Alla fine di una tecnica o della seduta per favorire il riequilibrio delle forze che si sono
mosse nel sistema, o per permettere al sistema di completare le liberazioni facilitate, o per
auto-correggere eventuali disarmonie derivanti da un lavoro non completo. Per questo è
particolarmente utile alla fine del lavoro sul cranio.
 Ogni qualvolta c’è attivazione nel sistema che non riesce ad assestarsi (es. nel processo di
ricerca della neutralità nel corpo dei fluidi).
 In situazioni di disequilibrio del sistema nervoso autonomo.
 Per aiutare il sistema a integrare i rilasci dopo processi intensi, sia fisici sia emotivi.
 E, come diceva Sutherland, ogni volta che non sai cosa fare! Lo SP ti aiuterà a stabilire una
connessione più profonda con il sistema del cliente, che ti mostrerà più facilmente le sue
priorità.
Controindicazioni per gli SP:
Queste controindicazioni sono particolarmente rilevanti in un approccio bio-meccanico, in cui lo SP
non è tanto invitato quanto creato dall’operatore attraverso una pressione che “ferma” il ritmo CS.
Le inseriamo come indicazioni che possono essere utili nel processo di apprendimento, quando le
capacità percettive non sono ancora ben sviluppate e il lavoro con le intenzioni non ancora
sofisticato, oltre che ad essere pertinenti in ogni caso per il processo di SP invitato all’occipite con
la presa classica del CV4 (vedi oltre):
• Gravi lesioni alla testa (es. fratture craniche, ictus). Dopo un periodo di qualche mese è
possibile usare.
 Rischio di emorragia cerebrale.
 Gravi lesioni al corpo (es. postumi di gravi incidenti recenti).
 Nel 1° e ultimo trimestre di gravidanza, più come precauzione che come reale rischio di
danno, soprattutto in donne con con gravidanze difficili.
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Nello SP l’intenzione fondamentale che l’operatore porta è quella di sostenere il sistema ad
accedere alla sue risorse di Salute a partire da uno spazio di quiete.
Un’altra intenzione indispensabile è quella di cooperare con il sistema per favorire l'accesso ai
punti di quiete. Aver l'intenzione di cooperare con il sistema vuol dire dialogare con esso,
sviluppando la capacità di porre domande in modo non invasivo, che non interferisca con priorità
del sistema. Le domande neutrali aiutano il sistema a rivolgere l'attenzione a sé stesso, per poter
accedere al suo progetto di Salute. La domanda nasce da uno spazio in cui non sappiamo quale sarà
la scelta migliore per il sistema, per proporre delle possibilità a cui il sistema può aderire o meno.
Grazie alla propria esperienza e conoscenza l’operatore propone delle domande e verifica le
necessità del sistema.
La nostra intenzione non è di imporre uno SP ma di negoziare con il sistema la possibilità o meno
di accederci.
Invitare intenzionalmente lo SP in estensione/rotazione interna in ambito di ritmo CS:
Nell’orientamento al ritmo, siamo rivolti prevalentemente al livello dei tessuti, in particolare delle
ossa e MTR, e il movimento che contattiamo è a livello di specifiche strutture.
Con le mani appoggiate sui tessuti (ossa e loro connessione con le MTR) come foglie che
galleggiano sull’acqua, ascoltiamo il ritmo per alcuni cicli, notando i suoi parametri e la sua
relazione con la linea mediana del corpo, più o meno allineata lungo la colonna vertebrale.
Poi lasciamo che l’attenzione si rivolga maggiormente alla estensione/rotazione interna (E/RI),
notando la sua escursione massima (cioè quando il sistema si trova alla fine della E/RI). E’ alla fine
della E/RI che attiviamo l’intenzione di porre una domanda del tipo “Vuoi entrare in uno SP alla
fine della E/RI?”. L’intenzione aperta e spaziosa con cui poniamo la domanda viene veicolata
attraverso le nostre mani e il sistema inizia a ponderarla. E' una negoziazione, non un'imposizione.
Verifichiamo la risposta del sistema. Il sistema può essere molto o poco disponibile. Il ritmo può
proseguire il suo alternarsi di E/RI e F/RE, e alla successiva E/RI possiamo porre nuovamente la
domanda o semplicemente mantenere l’invito, la domanda, nelle nostre mani e aspettare. Anche se
il sistema non accoglie subito il suggerimento, possiamo iniziare a notare delle risposte: ad es.
possiamo notare un’esitazione alla fine della E/RI, come se il sistema stesse valutando la possibilità
di fermarsi, oppure la E/RI comincia ad allungarsi, a rallentare. Possiamo anche intenzionalmente
invitare il sistema a rallentare: alla fine della E/RI invitiamo il sistema ad indugiare prima di
ripartire per la E/RE.
Altre volte il sistema comincia a disorganizzarsi, perdiamo il contatto con l’alternarsi di E/RI e
F/RE e c’è più una sensazione di caos nei movimenti.
Manteniamo l’invito nelle nostre mani e accompagnamo il sistema ad assestarsi alla fine della E/RI,
ad accedere alla quiete.
A volte si può percepire una qualità dello SP che sembra molto superficiale; in questo caso non si
sente il sistema entrare in contatto con la sua potenza, e la quiete sembra essere un po' piatta.
Questo di solito accade quando il sistema trattiene delle inerzie e congestioni in modi che rendono
difficile esprimere la profondità della quiete. In questo caso, si può incoraggiare un
approfondimento dello SP, approfondendo il suggerimento della quiete.
Quando il sistema entra nello SP, non si deve “tenercelo”: a quel punto possiamo lasciar andare i
suggerimenti e semplicemente ascoltare cosa accade.
Quanta intenzione portiamo nell’invito di fermarsi, di entrare in SP alla fine della RI?
Nell’approccio tradizionale bio-meccanico, quando l’operatore valuta che sia utile uno SP in E/RI,
dopo aver seguito alcuni cicli, accompagna la fine di una RI e alla fine di questa RI sfrutta il
naturale confine dell’escursione per creare una barriera, alla quale contribuisce un’intenzione nelle
mani piuttosto decisa, in modo che la E/RE venga inibita.
Nell’approccio funzionale col quale lavoriamo non vogliamo porre una tale enfasi.
Iniziamo con un’intenzione molto aperta e spaziosa e verifichiamo via via la forza di cui il sistema
ha bisogno per accedere allo SP, senza mai forzare o imporre. Le nostre mani non diventeranno una
barriera, ma potranno sostenere il sistema alla fine della E/RI in modo più o meno intenzionalmente
“attivo”, a seconda della forza richiesta dal sistema. Nel tempo impareremo a riconoscere le
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richieste del sistema. Ci saranno casi in cui al ritmo basta un invito e sentiamo che ha le risorse per
fare da solo, altri in cui la sensazione è che c’è “bisogno di aiuto” e allora dobbiamo gradualmente
trovare il sostegno appropriato. Per iniziare a misurarci con questo, all’inizio è meglio rischiare di
non dare sufficiente sostegno piuttosto che imporre troppo. Il CS è un’arte, e richiede pratica
amorevole e passione.
Entrando in profondità nel processo di SP:
Lo SP è un processo, non è uno stato statico: durante lo SP possiamo notare molti fenomeni. La
quiete di cui parliamo non è un’assenza, ma è in realtà una pienezza, uno spazio ricco di
potenzialità, è vibrante di vita.
Restiamo con lo SP con l'apprezzamento di un compagno di viaggio.
Si può sentire che il movimento va ancora di più in RI-estensione o espirazione o entrare in stati
sempre più profondi di quiete: questo può accadere diverse volte durante tutto il processo.
Si può notare una disorganizzazione nella globalità del sistema: possiamo sentire come un tirare dei
tessuti in una direzione o in più direzioni (ricorda che anche le ossa sono tessuti); possiamo sentire i
tessuti che cambiano consistenza, che diventano più soffici, più fluidi; possiamo notare movimenti
nel campo fluido, come fluttuazioni o pulsazioni dei fluidi; possiamo sentire assestamenti a livello
delle forze sottostanti; e molto altro ancora.
Possiamo sentire la facilità o difficoltà con cui il sistema accede e si assesta nella quiete. Se il
sistema non è particolarmente congestionato e inerte, può sprofondare nello SP in modo fluido e
gentile e potrebbe non esprimere la disorganizzazione.
Possiamo notare la risonanza di ciò che accade nel sistema del ricevente nel nostro corpo. Anche
noi possiamo ritrovarci in uno spazio di SP.
Nello SP l’espressione della RP si ferma, mentre il ritmo cardiaco e della respirazione polmonare
possono rallentare o cambiare in qualche modo, in risonanza con lo SP. Per es, la respirazione
polmonare può rallentare e diventare più profonda, e nella quiete profonda può addirittura diventare
impercettibile. Lo stesso può accadere per il ritmo cardiaco.
Man mano che si diventa più familiari con il sistema della R1 e con le sue dinamiche, ci accorgiamo
che le informazioni relative alla Salute vengono comunicate dal sistema durante lo SP.
Quando il sistema comincia a uscire dallo SP, la RP inizia nuovamente a manifestarsi. Questo può
essere percepito come un gonfiarsi contro le mani mentre il sistema inizia ad esprimere la fase di
inspirazione o di RE-flessione. Non si impedisce e si lascia che il sistema si esprima come vuole: si
resta semplicemente in ascolto, senza opporsi all'espressione delle forze della R1. La RP può
ripartire subito completamente, oppure manifestarsi pian piano: magari tende a ripartire, poi
nuovamente tornare in SP, e nuovamente ripartire finché raggiunge un'espressione piena. Così come
l'entrata in SP può essere immediata o graduale, lo stesso può accadere per il manifestarsi
nuovamente della RP dopo lo SP.
Quando il sistema esce dallo SP, si può sentire che l’espressione della RP è cambiata: la sua spinta
(potenza) potrebbe essere più forte e più piena; potrebbe esserci la sensazione di maggiore risorse
nel sistema; può essere diventata più equilibrato nei suoi parametri. Questo è un aspetto importante
da notare e da monitorare durante tutta la sessione.
Lo SP può essere invitato in ogni punto del corpo. I
luoghi chiave dai quali invitiamo lo SP sono:
 il sacro (attraverso la classica presa di ascolto)
 le caviglie (attraverso le varie prese di ascolto)
 l'occipite, sia nella presa di ascolto che con la
presa del CV4 (compressione 4° ventricolo)
(vedi descrizione seguente)
Le indicazioni sono sempre le stesse.
Se invitiamo uno SP alla fine di una sessione e il
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ricevente è ancora in SP quando il tempo della sessione è invece finito, va bene ed è buono. E'
fondamentale lasciargli il tempo per stare un po' sul lettino da solo, prima di farlo rialzare (ma
questo vale per tutte le sessioni).
Falsi SP: E' importante avere cura di osservare se il sistema del cliente è veramente in SP o se si
tratta di uno stop che ha a che fare con mancanza di forza, una difficoltà a mantenere
un’espressione del movimento continuativa oppure se è uno stop di difesa.
Una particolare attenzione va posta quando facciamo l'ascolto a inizio sessione. Non accade
facilmente che il sistema sia già in SP al primo tocco: quando entriamo in contatto e non sentiamo
l’espressione della R1, è più facile che il sistema del cliente sia esaurito o in bisogno di nuovi
equilibri. I tessuti saranno percepiti come fissi, o congelati, o inerziali. A differenza dello SP dove
c'è un senso di spazio e di potenzialità. Altre volte è il nostro tocco che provoca una chiusura nel
sistema del ricevente: qui è importante essere disponibili, come operatori, a verificare il nostro
modo di porci – infatti può essere che le nostre mani siano leggere, che non stringano o premano,
ma che il nostro stato interiore sia teso oppure che la nostra attenzione sia prevalentemente
focalizzata nella zona fra le mani, invadendo il sistema del ricevente.
Quello che può accadere nell’invito allo SP, se l'intenzione non è appropriata, è una chiusura
immediata di tutto il sistema, che “assomiglia” teoricamente a uno SP, perché tutto si ferma, ma ha
una qualità molto diversa, non spaziosa ma chiusa. Lo SP è dinamico, si percepisce la vita nella
quiete, mentre la chiusura è percepita come un blocco della vitalità, un chiudersi a riccio.
E’ una grande risorsa il dialogo e la cooperazione con il sistema, diamoci quindi il permesso di
verificare con il sistema stesso se è o meno in SP.
Come operatori ci è richiesto di sviluppare una profonda umiltà e di mantenere la disponibilità a
verificare, tenendo la domanda aperta se non siamo in grado di accedere a una risposta chiara. E'
vero che il dubbio è uno stato d'animo spiacevole, ma una delle abilità dell'operatore CS è la
capacità di stare nel “non sapere”. Capacità che, come tante altre, si sviluppa grazie alla pratica
della meditazione.
Se ti accorgi che il sistema è in uno stop di difesa, non ti spaventare, succede! Mantieni il contatto
(non togliere le mani), lascia andare la tua intenzione, invita spazio e leggerezza nelle tue mani e
torna ai tuoi fulcri di operatore (radicamento, allungamento verso l'alto, creazione del giusto spazio
tra te e il ricevente, ampliamento del campo percettivo, ecc.). Fai tutto questo con calma, ri-membra
i punti di riferimento fondamentali che ti riconnettono allo spazio di neutralità (vedi dispensa prima
serata sulla neutralità), dandoti il tempo di accogliere qualsiasi cosa possa emergere dentro di te:
inadeguatezza, timore, giudizio, ecc.
Questo evento di chiusura è una grande opportunità per la nostra pratica. Primo, può accadere anche
all'operatore più esperto, perché non ha necessariamente a che fare con l'essere bravo o non bravo;
secondo, magari sono le prime volte che stai provando e devi farti l'esperienza necessaria (anche se
ogni volta è una prima volta, quindi è sempre possibile!); terzo e non ultimo, riuscire a sentirsi a
proprio agio nel rinegoziare in frangenti come questi è la vera abilità (non incontrarli mai potrebbe
corrispondere a non prendersi mai il rischio di andare oltre).
“COMPRESSIONE” DEL IV VENTRICOLO – CV4
Le mani sono messe a coppa (vedi immagine) sotto l’occipite. Le dita di una mano sono
sovrapposte a quelle dell’altra, e i pollici si toccano nella parte superiore. Gli angoli laterali
dell’occipite si appoggiano sulle eminenze tenar in corrispondenza della squama, subito
lateralmente e un po’ in alto rispetto alla protuberanza occipitale esterna. Bisogna evitare di
comprimere le suture temporo-occipitali, pena la possibile comparsa di disturbi vagali (vertigini,
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nausea, vomito), per blocco dei forami giugulari. La punta dei pollici dovrebbero trovarsi all’altezza
di C2-C3.
La posizione deve essere comoda sia per chi riceve sia
per chi opera.
Ascolta le fasi di flessione-estensione. Quando l’occipite
del ricevente raggiunge la posizione di estensione, lo
invitiamo a fermarsi alla fine dell’estensione, come
descritto per il processo di SP. Tutto quanto detto in
precedenza sul processo di SP vale anche qui.
LA COMPRESSIONE DEL IV VENTRICOLO NON
DEVE ESSERE USATA NELLE EMERGENZE
CRANICHE DI TIPO EMORRAGICO, DOVE
L’AUMENTO DI PRESSIONE DEL FLUIDO
CEREBROSPINALE NUOCE al ricevente.
E’ CONTROINDICATO NELLE DONNE INCINTE,
SOPRATTUTTO NEI PRIMI 3 MESI DI GRAVIDANZA (quando l’aborto spontaneo è più
facile); DURANTE LA GRAVIDANZA L’IDEALE E’ FACILITARE STILL POINT SOLO DAL
SACRO O CAVIGLIE.
Sutherland scrisse: “E’ stabilito, con certezza, che la compressione del 4° ventricolo è una delle
procedure terapeutiche più efficaci e benefiche nell’intero concetto CS. Il gonfiore localizzato per
trauma viene ridotto. Le parestesie periferiche sono favorevolmente influenzate. L’edema attorno a
una frattura, a un’articolazione infiammata, una congestione venosa di un mal di testa, l’ingorgo di
un processo febbrile, l’edema di una infezione respiratoria, la stasi dei fluidi corporei in una
malattia degenerativa o dismetabolica, gli stati tossici o di tensione e tutti gli stati di emergenza
possono trarre beneficio dall’induzione dello SP. Si risolvono gonfiori alle caviglie da stasi venosa,
si abbassa la pressione, lo stress fasciale e muscolare si rilascia, così come l’inerzia uterina.
Senza meravigliarsi si può affermare che questo metodo di facilitazione è il più utile nel restaurare
il bilanciamento armonico del sistema nervoso autonomo, neuroendocrino e nel campo della
psicosomatica, ed anche nelle lesioni ossee ed articolari.”
Nei suoi libri il dott. Upledger (1996) ha scritto: “Nella pratica clinica, questo approccio è di
beneficio quando si richiede una facilitazione di pompa linfatica. Abbassa significativamente la
febbre almeno di 4°F, in 30-60 minuti. Rilassa il connettivo corporeo e quindi migliora le lesioni
muscolo scheletriche acute o croniche. E’ efficace nei processi degenerativi cronici delle
articolazioni. Nella congestione polmonare e cerebrale, nel regolare il travaglio di parto e nel ridurre
ogni tipo di edema secondario.”
FACILITAZIONI ENERGETICHE - V SPREAD
L’espressione V-spread è usata per descrivere una tecnica di direzione energetica. Questa
facilitazione può essere usata ovunque vi sia una restrizione (fasciale od ossea), infezioni
localizzate, stiramenti o distorsioni, dolori cronici, ecc.
Questo approccio è raccomandato da Sutherland, che è stata la persona che lo ha scoperto e
sviluppato, da Magoun e da Upledger.
Sutherland afferma che quando usiamo questo approccio noi lavoriamo con il fluido cerebrospinale,
lo spingiamo contro l’area inerziale e in questo modo otteniamo il rilascio.
Quando usiamo questa tecnica le mani dovrebbero essere diametralmente opposte rispetto alla zona
che vogliamo trattare. Formiamo una V con indice e medio, posizionandola ai lati dell’area di
restrizione; l'altra mano, con le dita puntate o appoggiando il palmo, viene posta sulla parte
diametralmente opposta. Le dita a V sono dita riceventi e percepiscono l’effetto del flusso
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energetico e della spinta energetica inviati dalle dita o mano nella sede diametralmente opposta. Le
dita a V possono anche esercitare un intenzionale allargamento, come un invito a creare spazio, per
facilitarne la liberazione.
La scelta della direzione entro cui inviare l’energia è importante. Le dita che ricevono e quelle che
inviano sono diametralmente opposte, ovvero quello che ci permette maggiore perpendicolarità.
Dopo circa 30-60 secondi, si comincerà a sentire un movimento gentile, o un calore, una pulsazione
nella zona di restrizione. Rimaniamo in contatto, continuando a inviare energia, finché il
movimento, il calore o la pulsazione cessano.
Se accadono dei movimenti durante il lavoro, per esempio i tessuti paravertebrali sopra i processi
trasversi delle vertebre, permetti al movimento di accadere finché non trova un assestamento.
Occasionalmente una disfunzione somatica deriva da un problema strutturale che è troppo severo
per essere corretto totalmente con questo approccio. In alcuni casi si può scegliere di applicare un
approccio strutturale e poi tornare con un altro V spread.
Il V-spread può essere utilizzato nelle articolazioni. Nel 2° livello iniziamo a utilizzarlo nel lavoro
sulle vertebre, come vediamo di seguito.
APPROCCI SULLE VERTEBRE
Prima di lavorare sulle vertebre e la colonna vertebrale non dimentichiamoci l’importanza della
fascia e della sua continuità in tutto il corpo, per cui una tensione in una parte viene trasmessa
ovunque. Questo immenso tessuto ci connette direttamente a tutto il corpo, da qualsiasi parte venga
contattato.
Grazie alla sua capacità di scorrere la fascia permette la circolazione dei fluidi.
Le tensioni fasciali a livello delle articolazioni (vertebre, costole, sterno, clavicole ecc.) attirano la
parte ossea mobile verso di sé impedendole di andare nella direzione opposta. Tutto questo
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nell’ambito delle possibilità fisiologiche dell’articolazione. Quindi la fascia va nella direzione
dell’inerzia e non nell’altra. Quindi la fascia si muove in DIREZIONE FACILITATA perché in
questo modo diminuisce la tensione e non va nella direzione opposta perché la esagererebbe.
L’ascolto può quindi guidarci nel mantenere una visione globale, olistica, e guidarci all’origine di
questa tensione. L’origine diventa perciò il nostro obiettivo.
Dopo aver utilizzato tutti gli approcci di riequilibrio fasciale a nostra disposizione fino a questo
momento, passiamo alla valutazione delle condizioni delle vertebre, per verificare se ci siano
rimaste ancora delle aree da riequilibrare (molto comune!).
Uno degli approcci che ci permette di individuare la presenza di dinamiche vertebrali è quello della
valutazione dello scorrimento del tubo durale.
Al tempo stesso è importante anche sviluppare capacità visive e palpatorie per indagare la
condizione della colonna vertebrale. Nella nostra disciplina lavoriamo con le persone vestite, quindi
dobbiamo sviluppare queste capacità nell’osservazione e tocco attraverso i tessuti.
Osserviamo la schiena della persona, dapprima in posizione eretta. Osserviamo la posizione della
colonna, della testa, delle spalle, delle scapole, del bacino e dei piedi. Notiamo dove sono presenti
asimmetrie, notiamo se ci sono aree particolarmente piene o aree particolarmente vuote, e tutto
quello che attira la nostra attenzione.
Poi facciamo sdraiare la persona sul lettino, in posizione prona, e facciamo una valutazione
palpatoria delle vertebre, facendo scorrere le dita lungo i processi spinosi, e ai lati, con gentilezza,
senza essere intrusivi. Il tocco è gentile e graduale. Notiamo dove lo scorrimento è meno fluido e
mostra delle aree inerziali. Valutiamo la consistenza dei tessuti molli paravertebrali, la presenza di
contratture localizzate o diffuse, la temperatura della pelle e la dolorabilità delle strutture che
andiamo a toccare.
Nelle vertebre dorsali i processi trasversi sono posizionati superiormente rispetto al processo
spinoso, localizzandosi più o meno a metà fra il processo spinoso della vertebra che vogliamo
contattare e quella superiore.
Nelle vertebre lombari i processi trasversi sono più o meno laterali al processo spinoso della
vertebra stessa. Le dita non avranno un contatto diretto con i processi trasversi, che sono localizzati
più internamente rispetto a quello spinoso e sono ricoperti da tessuti.
Permettiamo alle dita quindi di sprofondare leggermente nei tessuti, in modo graduale, fino a
percepire il contatto con i processi trasversi. Posizioniamo le dita il più lateralmente possibile
rispetto al processo spinoso. Qui si può valutare la posizione della vertebra, amplificata dalla
posizione delle dita. Le dita potranno essere più o meno affondate, e la posizione della vertebra è di
conseguenza in torsione, oppure un dito potrà essere più craniale di un altro e la vertebra sarà
angolata, rispetto al piano orizzontale. Oppure ci sarà una combinazione di questi due principali
schemi. La posizione di una vertebra si compara con quelle sovrastanti e sottostanti.
Abbiamo 2 approcci a disposizione. In entrambi, nel processo di riallineamento, orientare
l’attenzione alla LMP, in quanto asse primario attorno al quale le vertebre si sono formate.
1) Il 1° approccio utilizza il V-spread. Si posizionano l’indice e il medio a V sui processi trasversi
della vertebra. L’altra mano è appoggiata a piatto su una parte della colonna, oppure sul vertice
della testa; con questa mano si invia energia, mentre con le dita a V si segue il movimento della
vertebra, accompagnandolo e seguendolo fino a che la posizione si assesta ed il movimento cessa o
diventa equilibrato. Questo è un lavoro prevalentemente energetico, e il contatto con i processi
trasversi è leggero.
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2) Nel 2° approccio si porta un contatto più fisico con i processi trasversi. Posiziona i polpastrelli
dei pollici sui processi trasversi della vertebra da riequilibrare creando una forza compressiva
graduale sui tessuti fino ad avere la sensazione di essere in contatto con i processi trasversi. Tale
forza compressiva deve essere flessibile e permettere alla vertebra di esprimere liberamente i suoi
movimenti. Da questo contatto la vertebra, a un certo punto, inizierà ad esprimere dei movimenti:
seguili e accompagnali, individuando il loro schema condizionato. Quando lo schema si sarà
mostrato, invitalo ad assestarsi in un punto di equilibrio bilanciato delle varie tensioni in gioco.
Permetti al processo di svolgersi. Alla fine arriverai a percepire un miglior allineamento nel
movimento della vertebra, un acquietamento nelle forze coinvolte, un riequilibrio generale, un
movimento più libero tra le vertebre.
Abbiamo visto che le vertebre si formano a partire dai somiti (strutture embrionali). Ogni coppia di
somiti darà origine a metà di una vertebra e metà della vertebra adiacente, ovvero ogni vertebra è
formata a partire da una parte di una coppia di somiti e da una parte della coppia adiacente di
somiti. Questo fa si che ogni vertebra abbia delle relazioni profonde con le vertebre adiacenti.
Questo ci guida, quando lavoriamo su una vertebra, a coinvolgere nel lavoro anche le 2 vertebra
adiacenti, per cui tenderemo a lavorare sempre un gruppo di 3 vertebre alla volta: quella che
richiama la nostra attenzione, la precedente e la successiva.
Questo vale anche per le vertebre cervicali.
Allo stesso tempo, in base allo schema dei Reattori di Lovett, è utile portare attenzione anche alle
vertebre corrispondenti (es. L5 è in relazione con C1) o per lo meno alla zona corrispondente.
LAVORO SULLE VERTEBRE CERVICALI:
Le vertebre cervicali e il collo rappresentano il ponte che dalla testa porta al corpo. In questo senso
sono un passaggio delicato e denso di simbolismo. Questa è una zona forte e delicata al tempo
stesso, una parte in cui facilmente sperimentiamo tensioni.
La mobilità delle vertebre cervicali ci permette di volgere la testa verso i molteplici stimoli della
vita quotidiana, orientando la nostra risposta a essi, rendendo le vertebre e il tessuto connettivo del
collo un luogo in cui facilmente accumuliamo stress.
Già nel processo di nascita il collo è una zona dove facilmente si possono accumulare le forze
coinvolte, creando inerzie. Anche i mal di testa possono facilmente avere la loro origine in queste
inerzie, che possono essersi installate allora o in seguito.
Inoltre, essendo un ponte, questa zona viene coinvolta da tutte le possibili disfunzioni craniche e del
tronco e bacino, e in questo senso è un punto chiave dell’intero sistema. Non dimentichiamo
comunque che il corpo è un insieme, e che tutto viene riflesso ovunque.
Cause di dolore cervicale possono essere:
- traumi (es. colpi di frusta)
- artrite o spondilosi delle vertebre cervicali
- degenerazione di 1 o più dischi vertebrali
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- problemi di masticazione (es. masticare solo da un lato)
- problemi di deglutizione
- colpi di freddo (producono facilmente il torcicollo)
- mal posizionamenti assunti durante la giornata (es. lavorare per molto tempo al computer)
- sovraccarico eccessivo sulla zona spalle-collo (es. utilizzare molto le braccia per spostare materiali
senza bilanciarsi sul resto del corpo)
- stress (es. dovute all’assunzione di posizioni rigide e contratte in risposta a situazioni stressanti)
- inattività fisica o eccesso di alcuni tipi di attività
- utilizzo di cuscini o materassi non adatti (es. o troppo morbidi o troppo rigidi)
- compensazione ad altre zone della colonna
- dinamiche del processo di nascita
Una volta individuata una zona d’inerzia lungo le vertebre cervicali, possiamo intervenire quando il
ricevente è in posizione supina, e l’operatore è posizionato alla testa del ricevente.
Per lavorare sulle vertebre cervicali dobbiamo individuare i loro processi trasversi, che si trovano
più o meno lateralmente al processo spinoso. Quindi iniziamo individuando il processo spinoso
(ricordiamo che C1 non ha processo spinoso) e posizioniamo i polpastrelli delle nostre dita subito a
lato del processo spinoso della vertebra o vertebre scelte. Non saremo in contatto diretto con i
processi trasversi in quanto sono localizzati più internamente e ricoperti da alcuni strati di tessuto.
Permettiamo dunque ai polpastrelli di affondare leggermente nei tessuti fino a trovare un senso di
contatto con i processi trasversi attraverso i tessuti. Lasciare che le dita affondino gradualmente
senza comprimere e solo fin dove l’affondamento è permesso.
Possiamo lavorare su una vertebra per volta oppure con più vertebre contemporaneamente.
Nel 1° caso posizioniamo il polpastrello di un dito della mano destra sul processo traverso destro
della vertebra scelta e lo stesso dito della mano sinistra sul processo trasverso sinistro, molto
gentilmente. Entriamo in contatto con la vertebra e con le sue dinamiche. Permettiamole di
muoversi, di eseguire un unwindig (svitamento) e gentilmente seguiamo i suoi movimenti, finché la
vertebra ci mostra il suo schema condizionato. Una volta che lo schema si è chiarito, invitiamolo ad
accedere a un punto di equilibrio bilanciato e, come sempre, permettiamo ai processi di liberazione
e di riequilibrio di accadere. Orientiamoci alla LMP nel processo di riorganizzazione.
Ripetiamo sulle vertebre vicine (solitamente quella precedente e quella successiva).
Nel 2° caso, posizioniamo più polpastrelli su più processi traversi. Proseguiamo come sopra.
Ricordiamo che il lavoro deve essere gentile e non invasivo, in sintonia con il sistema.
“Qualsiasi cosa voi pensiate o crediate di poter fare, cominciatela. L'azione
ha in sé la magia, la grazia e il potere.”
Goethe
Ass. Culturale Mu –2° livello New 2013
www.craniosacral-training.it
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Bibliografia:
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