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Deuteronomio 32, 1-7
26.01.2014 (s)
«Porgete orecchio, o cieli, e io parlerò; e ascolta, o terra, le parole della mia bocca. 2 Il mio
insegnamento scenderà come la pioggia, la mia parola stillerà come la rugiada, come la
pioggerella sull'erba tenera e come un acquazzone sugli arbusti, 3 poiché io proclamo il
nome dell'Eterno. Magnificate il nostro DIO! 4 Egli è la Roccia, l'opera sua è perfetta, poiché
tutte le sue vie sono giustizia. È un Dio di fedeltà e senza ingiustizia; egli è giusto e retto. 5
Ma essi si sono corrotti; non sono suoi figli, a motivo della loro colpa, generazione contorta
e perversa. 6 È così che ripagate l'Eterno, o popolo stolto e insensato? Non è lui tuo padre
che ti ha comprato? Non è lui che ti ha fatto e ti ha stabilito? 7 Ricorda i giorni antichi,
considera gli anni delle molte età passate, interroga tuo padre, ed egli te lo annuncierà, i
tuoi vecchi ed essi te lo diranno.
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Oggi prenderemo spunto dalla giornata della Memoria per riflettere
sull’importanza del ricordare.
È stato il Parlamento italiano a istituire questa giornata con legge del
2000 al fine di aderire alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio
come giornata dedicata alla commemorazione delle vittime della Shoah.
La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945, quando le truppe
sovietiche arrivarono nei pressi della città polacca di Auschwitz scoprendo
l’orrore del più grande campo di sterminio che la storia umana abbia mai
conosciuto.
Anche se la riflessione su un tema di particolare attenzione non la si può
limitare ad un giorno specifico, pensiamo a giornate come la Pasqua che
ricorda la resurrezione di Cristo, o la Pentecoste la discesa dello Spirito Santo,
o il 31 ottobre la Riforma, o il 25 dicembre l’incarnazione del Cristo e così via,
ma un momento bene preciso nel nostro calendario ci aiuta a riflettere su un
aspetto importante della nostra vita.
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La memoria può essere rivolta al non ripetersi di un fatto, come la
Shoah che ha visto milioni di ebrei condotti alla morte, oppure al rinvigorire il
ricordo quello che Dio fa per noi come nel testo di Deuteronomio.
I momenti della memoria, come quello di oggi, quelli che ho citato
prima ed altri non sono atti formali o ibernati nel tempo.
A questo proposito vorrei ricordare una frase di Amos Luzzato: «La
memoria è un possente strumento per capire e per rispondere alle
sollecitazioni del presente» (www.ucei.it/giornodellamemoria).
Noi cristiani siamo chiamati a testimoniare la fede in Gesù Cristo in
un’Italia che è ormai un paese in cui esistono comunità radicate in fedi e
culture diverse, ma anche una secolarizzazione dilagante dove viene fraintesa
la ricerca di Dio con una spiritualità fai da te.
Il senso della memoria non è solo patrimonio dell’ebraismo, che lega
l’assenza di memoria alla morte e la morte come termine della memoria.
La tradizione ebraica è caratterizzata dall'imperativo categorico zachor,
ricorda. "Noi ebrei - scriveva Martin Buber nel 1938 - siamo una comunità
basata sul ricordo. Il comune ricordo ci ha tenuti uniti e ci ha permesso di
sopravvivere...".
Noi forse noi sottovalutiamo l’importanza di potere raccontare agli altri
la nostra fede cristiana proprio come Mosè raccomanda al suo popolo con le
parole " Ricorda i tempi antichi, cercate di comprendere gli anni dei secoli
trascorsi (il corso della storia ), interroga tuo padre e ti racconterà, i tuoi
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anziani e te lo diranno...." o Gesù ai suoi discepoli “fate questo in memoria di
me”.
Il concetto di ricordare trova il suo complemento e completamento in
quello di segno opposto: dimenticare.
La memoria, infatti, incombe su entrambi.
Ma sbaglierebbe chi intendesse questa affermazione come un semplice
invito a guardare solo al passato che ci appartiene.
La memoria, custodita da una generazione all’altra di credenti, è
l'antidoto contro l’oblio che oggi viviamo in una società secolarizzata che ha
perso il senso di Dio e rincorre solo se stessa.
Nell'ebraismo, infatti, il passato non è qualcosa di sorpassato, privo di
utilità, ma al contrario costituisce un valido aiuto per affrontare la vita, nel
cristianesimo il senso del nostro passato viene messo in Gesù Cristo e nella
scelta di Dio di incarnarsi in Gesù Cristo per incidere profondamente nella
nostra storia e rendere concreta la presenza della Sua parola anche nel nostro
oggi.
Tanto l’ebraismo quanto il cristianesimo sono certi che la storia non si
ripete, o meglio che non viviamo la ciclicità dei corsi e ricorsi storici (Vico).
L’essere umano può vivere i suoi fallimenti e i suoi successi e ricordare il
passato, può servire a comprenderlo,ma mentre per l’ebreo lo aiuta a mettere
a fuoco correttamente gli eventi attuali, per il cristiano il passato quanto al
presente guardano al futuro della gloria di Dio, come ci ricorda l’apostolo
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Paolo Rm 5:1 Giustificati dunque per fede, abbiamo pace presso Dio per
mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, 2 per mezzo del quale abbiamo anche
avuto, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale stiamo saldi e
ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. 3 E non soltanto questo, ma
ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l'afflizione produce
perseveranza, 4 la perseveranza esperienza e l'esperienza speranza.
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