Competenza di riferimento: ESERCITARE IL PROPRIO STILE EDUCATIVO Modulo: L’INSEGNAMENTO SOCIALE DELLA CHIESA Conoscere i principi fondamentali e le tappe storiche della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), individuando le implicazioni più rilevanti a livello educativo La Dottrina Sociale della Chiesa nasce dalla fede cristiana, dall’adesione alla parola e alla prassi di Cristo Salvatore, dall’accoglienza in noi del Suo messaggio di pace, fraternità e giustizia. Il messaggio cristiano vale anche per le relazioni umane e sociali in questo mondo, vuole rigenerare la comunità degli uomini e quindi ha una ricaduta anche nella politica, nell’economia, nel lavoro. Che la DSC nasca dalla fede cristiana è provato dal fatto che anche le primissime comunità cristiane avevano una loro dottrina sociale, che si rifaceva alle parole e ai gesti di Gesù. Per elemento fondativo della DSC si intende quello che la costituisce facendola sgorgare dalla sua fonte. È il magistero della Chiesa, in quanto la formulazione dei contenuti delle encicliche sociali è un atto di “insegnamento” da parte di chi nella Chiesa ha il compito di annunciare la verità, anche nelle realtà del mondo. Per molto tempo la DSC era stata considerata parte della filosofia, filosofia sociale oppure etica sociale, in quanto si riteneva che il suo fondamento fosse la ragione e la legge naturale. Più di recente si è capito con maggiore chiarezza che essa è invece “teologia” in quanto si basa sul disegno di liberazione che Cristo è venuto ad incarnare e non può essere compresa se non all’interno del piano di Dio nella storia. Poiché essa è riflessione sulla fede nelle sue implicazioni storiche e sociali al fine di guidare il comportamento umano, si dice che appartiene alla teologia “morale”. La DSC, quindi, riflette sulle implicazioni sociali della fede e guida il comportamento umano per la costruzione di un mondo più degno dell’uomo e più rispondente al disegno di Dio. La teologia morale è la specificità disciplinare della DSC. Eppure la DSC è anche filosofia (tante sue affermazioni sulla persona umana sono filosofiche) ed è anche sociologia (le osservazioni della Rerum Novarum sui cambiamenti in atto nella società di quel tempo). Filosofia e sociologia sono componenti costitutive in quanto la DSC non ci sarebbe senza di esse, però non è tale per esse. La filosofia, poi, è a carattere primario, molto più intima alla DSC, che non la sociologia, che ha carattere secondario. La filosofia, infatti, ha un rapporto molto più stretto con la teologia che non la sociologia. La DSC ha un rapporto fontale con la fede, fondativo con il magistero, fondante con la teologia, costitutivo primario con la filosofia e costitutivo secondario con le scienze umane e sociali. ELEMENTO FONTALE LA FEDE ELEMENTO FONDATIVO IL MAGISTERO DELLA CHIESA ELEMENTO FONDANTE LA TEOLOGIA FORMALITÁ DISCIPLINARE SPECIFICA LA TEOLOGIA MORALE ELEMENTO COSTITUTIVO PRIMARIO LA FILOSOFIA ELEMENTO COSTITUTIVO SECONDARIO LE SCIENZE UMANE E SOCIALI Leggendo le encicliche sociali ci si accorge subito della loro storicità. Per esempio: i temi di cui si occupa la Rerum novarum sono tipici di un certo tempo e di una certa area del pianeta; sullo sfondo della Quadragesimo anno ci sono la crisi del ’29 e i totalitarismi, senza riferirsi a quei fatti risulta incomprensibile l’intera enciclica; nella Centesimus annus un intero capitolo è dedicato ad un fatto storico, il crollo del Muro di Berlino del 1989. Sono tutti esempi di storicità. La stessa caratteristica emerge se consideriamo che certi problemi sono stati affrontati dalla DSC solo ad un certo momento. Del problema ecologico, per esempio, non c’è traccia fino agli anni Settanta. Del resto, certe proposte contenute in alcune encicliche si sono rivelate, col passare del tempo, superate ed obsolete. È il caso della proposta corporativa lanciata da Pio XI nella Quadragesimo anno, dopo solo qualche anno essa non era già più spendibile nella storia. … da ultima, ha commemorato la Rerum novarum nel suo centesimo compleanno sia per mettere in evidenza la perennità di quell’insegnamento sia per aggiornarlo all’oggi. Da questi pochi esempi emerge con tutta chiarezza il carattere storico della DSC. Essa è così non per motivi estrinseci ma perché nasce dall’incontro tra il Vangelo e le problematiche sociali dell’umanità e questo incontro non può essere che storico. Il Vangelo stesso, del resto, non è una teoria, ma un storia incarnata. La dimensione della DSC, però, non è solo storica, in quanto la luce del Vangelo supera ogni singolo fatto storico e non si fa rinchiudere in nessun momento della storia. - Nella sua genesi. Quando nasce una enciclica sociale, a cominciare dalla Rerum novarum, il magistero guarda indietro , alla tradizione della Chiesa e agli elementi di Dottrina sociale ad essa connessi fin dall’inizio; guarda attorno, ai problemi nuovi che interpellano l’umanità, guarda in avanti alle sfide da affrontare in futuro per il diritto e per la giustizia. La storicità è quindi una caratteristica nativa della DSC, perché è una caratteristica del cristianesimo stesso, storia di una Verità incarnata. - Nella sua incarnazione. La DSC ha una finalità pratica, ossia deve essere incarnata concretamente nella storia, nella soluzione dei problemi degli uomini. Essa non è solo teoria, anzi è per l’azione. Quindi la DSC è storica innanzitutto nel momento della sua formulazione dottrinale da parte del magistero, il quale si basa anche sulla conoscenza del concreto storico del suo tempo e sulla concretezza vitale del rapporto tra la Chiesa e il mondo in quel particolare frangente della storia dell’umanità. La DSC non viene “dedotta” dal Vangelo, essa nasce dall’incontro della luce del Vangelo con la storia del momento. In questo senso la DSC nasce anche “dalla” storia, è “scritta” implicitamente dal basso. Una volta formulata, si pone poi come ispiratrice di interventi nel concreto, di atteggiamenti e prassi cristianamente ispirate. Non si tratta nemmeno qui di una “deduzione” di comportamenti dalla DSC, quanto di un nuovo incontro tra l’ispirazione della DSC e la concreta prassi degli uomini. La concretezza storica, insomma, è di vitale importanza, in quanto anche da essa nasce la DSC e ad essa si rivolge chi intende cambiare le cose ispirandosi ad essa. 1. Leone XIII, Rerum Novarum; 2. Pio XI, Quadragesimo anno; 3. Giovanni XXIII, Mater et magistra; 4. Giovanni XXIII, Pacem in Terris 5. Paolo VI, Populorum progressio; 6. Paolo VI, Octogesima adveniens; 7. Giovanni Paolo II, Laborem exercens; 8. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis; 9. Giovanni Paolo II, Centesimus annus; 10. Benedetto XVI, Caritas in Veritate; 11. Francesco I, Lumen Fidei. Per principi fondamentali si intendono quegli spunti, largamente presenti nell’intera DSC e che costituiscono quasi il suo filo rosso che lega tutti gli altri aspetti delle encicliche sociali. Non si tratta, quindi, di concetti, definizioni, formule fisse quanto piuttosto di linee dinamiche di pensiero, di orientamenti interpretativi del nuovo, di criteri di discernimento, ossia di valutazione delle situazioni. Non è facile stabilire quanti e quali siano questi principi, nel senso che un loro elenco potrebbe essere riduttivo. Tuttavia tentiamo di indicare i principali, tenendo conto che altri potrebbero essere ugualmente importanti e, soprattutto, che i principi della DSC si “tengono assieme”, si illuminano l’un l’altro. Ci soffermiamo qui di seguito sui seguenti principi fondamentali: Destinazione universale dei beni Funzione sociale della proprietà privata Scelta preferenziale per i poveri Bene comune Solidarietà Sussidiarietà La DSC è quindi l’annuncio di una visione nuova dei rapporti sociali, di una fratellanza universale, di una giustizia fondata nel rispetto dell’uomo e di una pace frutto della solidarietà. In questo senso essa non è altro che un aspetto dell’annuncio di Cristo che la Chiesa fa da sempre e quindi appartiene alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Come tale essa impegna tutti quanti la accolgono a rinnovare le relazioni sociali e ad immettere nel loro campo di lavoro o di azione criteri nuovi di rispetto per l’uomo e di attenzione agli ultimi. Da questo annuncio deriva poi una “denuncia”. La DSC fornisce i criteri per denunciare gli abusi e le ingiustizie, per far emergere le inadeguatezze, gli attentati ai diritti umani, le molteplici situazioni di trascuratezza per l’uomo. Da questo punto di vista essa, fin dall’inizio, ha fornito criteri per denunciare le ideologie errate, come è avvenuto per la Rerum novarum, che ha permesso di criticare le soluzioni socialiste ed anarchiche alla questione sociale, oppure per la Quadragesimo anno che ha fornito criteri per denunciare i totalitarismi, o per la Centesimus annus che ha criticato il consumismo. Si badi bene, però, che la denuncia deriva dall’annuncio. Ossia, prima di tutto la DSC fa una proposta, indica una meta, addita dei valori umani; solo in un secondo momento e a partire da quanto annunciato, fornisce anche dei criteri per denunciare il presente nelle sue manifestazioni disumane. Ne consegue che tra i tre momenti da un lato c’è una sintesi che si consolida nell’atto del discernimento, dall’altro c’è un aspetto continuo di influenza reciproca. Man mano che si conosce si scoprono anche nuovi motivi per giudicare, man mano che si giudica si cerca cosa fare; ma anche il contrario: si progettano interventi che svelano nuove realtà e modificano i giudizi precedenti. Tra le cause del fenomeno dell’emergenza educativa, Benedetto XVI ha riscontrato anche «un'atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile, allora, trasmettere da una generazione all'altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita». La conclusione quindi è che l’educazione è un bene comune richiesto dalla «società nel suo complesso, che vede messe in dubbio le basi stesse della convivenza». L’antropologia della Dottrina sociale della Chiesa si incentra sulla persona umana come vocazione; e tale vocazione può essere perseguita soltanto se chi educa si assume pienamente la responsabilità di farlo, secondo i valori, in questo caso, del magistero della Chiesa cattolica. 21 In coerenza con i principi dello Stato sociale quindi, non è possibile educare in una comunità cattolica se non si educa alla socialità; ad esempio quindi: - educare ad informarsi educare alla partecipazione responsabile educare a lavorare insieme 22 Le implicazioni educative della DSC si possono anche tradurre con un unico termine: coerenza … … tra le parole e i fatti … tra i contenuti e le modalità … tra i credo e le azioni … tra la teoria e la pratica … tra la fede e la vita 23