Per il Teatro Romano? pozzanghere a destra! Tre Immaginate di essere nell’auto di un ipotetico turista. Sul suo navigatore, prima di partire, ha impostato semplicemente: Teatro romano Teano. Quel marchingegno, a metà della salita di viale Ferrovia consigliava: "tra quattrocento metri, svoltare a destra". Giunto nei pressi della Chiesetta, il poverino, non ha avuto il coraggio di percorrere quella viuzza, che lo avrebbe inevitabilmente condotto alla sua meta. Via Teatro romano, da tempo, non è più una strada. Subito dopo averla imboccata, agli amanti della storia, non sfuggiranno quelle pietre che, da un lato in corrispondenza del manto stradale, sporgono dal muro. Un tempo, servivano per evitare che gli assi delle le ruote dei carri, trainati da buoi o dai cavalli, si rompessero strisciando contro il muro stesso. Chissà quanti carretti avranno salvato. Anche loro, sono un altro pezzo della nostra storia. Quel cammino, oggi, non è più facilmente percorribile. E’ ormai diventato una mulattiera. Le buche la fanno da padrone e percorrere quella stradina, è una vera avventura: tanto a piedi che in auto. E’ un’impresa ardua continuare a scendere, altrettanto lo diventa quando ci si rende conto che è il caso di tornare indietro. E, si badi bene, lo si può fare solo a marcia indietro, perché non c’é alcun modo di girare. Se quella stradina oggi, fosse ricoperta di basolato, svolgerebbe sicuramente una degno prologo a quell’edificio tipico dell’architettura romana, un tempo destinato ad accogliere spettacoli di vario genere, che si trova proprio dove tale strada termina. Così, il nostro amico immaginario, dopo aver pensato bene di desistere da tale avventura, è ora fermo dove la strada si biforca, intento a scorgere qualche indicazione a lui utile. Non si fida più del suo GPS che lo invita invece a svoltare a destra. Il suo volto, ha ancora un’espressione di preoccupato per la peripezia di pocanzi. Dopo attimi di indecisione, questa volta, decide di dare fiducia al suo navigatore e sicuro svolta a destra. Mentre ancora si sta sistemando alla meglio sul sedile, la sua attenzione è attirata nuovamente dalla voce metallica del compagno di viaggio: "tra trecento metri, svoltare a destra". Alla sua sinistra scorge l’enorme vasca e subito accosta. Un passante, fermato qualche istante prima, gli aveva detto che per arrivare all’Anfiteatro, doveva prendere la strada che si trova proprio di fronte alla grande vasca. E qui, lo stato di degrado di quell’enorme tinozza, fa prendere coscienza al nostro turista, che forse la sua scelta di venire a Teano non sarà stata delle migliori. Con la coda dell’occhio ha però già intravisto il cartellone turistico Teatro Romano di Teanum Sidicinum. Si rianima, non ha dubbi: questa volta non avrà sorprese. Almeno spera. I passanti lo guardano in modo incuriosito, insistente. Come se fosse un alieno. Sul loro volto, riesce a leggere il labiale "ma ‘addo cazz’ vo’ scennere chist’ ?". Per un attimo crede di aver sbagliato strada, ma il cartello indicava di girare a destra e, nel frattempo, il suo fido navigatore lo informa che l’arrivo è a meno di duecento metri. A dire il vero, in effetti, non gli si può dare tanto torto per tutta quella preoccupazione. Anche questa via di comunicazione, che si accinge a percorrere, è un azzardo definirla strada: tombini pericolosamente aperti, avvallamenti provocati da cedimenti del terreno ovunque, reti arancioni di quelle utilizzate nei cantieri messe alla rinfusa. Tutt’intorno degrado ed incuria. Lui, è un amante della storia, dell’archeologia. La sua voglia di vedere il più antico edificio da spettacolo, costruito su volte intorno al 100 a.C., è forte. E’ venuto, perché ha saputo che la decorazione del teatro fu rinnovata durante il regno di Augusto, forse in concomitanza con l’elezione di Teanum Sidicinum a colonia romana. Teano restò durante tutta l’età imperiale uno dei centri più importanti della Campania. La costruzione, che di lì a breve si aspetta di visitare, faceva parte di un complesso architettonico composto da una grande terrazza artificiale, che rende uniforme l’altura retrostante il teatro, sulla quale, secondo alcuni scritti, sorgeva un tempio pare dedicato ad Apollo. La cavea, che nei teatri e negli anfiteatri antichi rappresentava la gradinata riservata agli spettatori, si narra che raggiunse un diametro di 85 m circa, e l’edificio scenico, decorato con tre ordini di colonne, capitelli, architravi e sculture nei marmi, raggiunse 26 m circa di altezza. Gli scavi, hanno posto in luce fasi di frequentazioni medioevali: tra XII e XIII secolo, sulla cavea ormai interrata, fu allestito un quartiere artigianale per la produzione di mattoni e ceramica; ancora tra il VIII ed IX secolo, sulle rovine dell’edificio scenico, crollate forse per un terremoto, si predispose un cantiere volto al recupero ed al riutilizzo dei materiali di marmo. Ma la nostra medaglia, come tutte, ha due facce: una bella, grazie alla quale i nostri avi un tempo, hanno dato gloria e splendore a Teano, al punto che ancora oggi possiamo ammirare le loro opere. L’altra ahinoi, triste, che esprime quanto siamo stati in grado di distruggere. Senza la salvaguardia e la valorizzazione del passato, non si potrà mai costruire un futuro migliore. Il nostro futuro passa dal presente, partendo necessariamente dal nostro passato. Il nostro amico, è ormai giunto alla meta. E’ lì, fermo davanti al cancello chiuso, ad ammirare quel pezzo di storia che il mondo intero ci invidia. E’ estasiato, ma al tempo stesso la sua rabbia è enorme. Proseguendo, scorge un enorme spazio, dove sono adagiati sul terreno altri mille pezzi di storia. Immagina che chiunque potrebbe approfittarne e portarsi via un souvenir. Non c’è nessuno a vigilare. Il suo sconforto, è il nostro. Troppo spesso ci lamentiamo, di questo o di quello. Ma evidentemente, ci meritiamo quello che abbiamo. Luciano Passariello