Traumatologia dello sport in età evolutiva Prof. Alfredo Schiavone Panni Ordinario di Malattie dell’Apparato Locomotore Università degli Studi del Molise Epidemiologia Il 38,5 % delle lesioni traumatiche muscoloscheletriche nell’adolescente è riferibile ad un trauma da sport, sia agonistico che amatoriale, con un rapporto di 1,8 : 1 tra maschi e femmine. Epidemiologia Per “trauma sportivo” si intende qualsiasi lesione dell’apparato locomotore che abbia come conseguenza sia una sola limitazione della prestazione dell’atleta che una sospensione dell’attività sportiva dovuta ad intervento terapeutico. (Bijur, 1995) Traumatologia dello sport in età evolutiva - Va dai 5 anni all’adolescenza - È estremamente variabile in base: • Al tipo di sport; • Alla sede della lesione (caviglia, ginocchio, spalla…) • Al tipo di struttura interessata (osso, articolazione, muscolo) • Al tipo di lesione (acuta o cronica) …. inoltre Ha caratteristiche molto diverse dalla traumatologia dell’adulto e, in alcuni casi, è del tutto esclusiva dell’età infanto-giovanile per la diversità delle caratteristiche anatomiche, biomeccaniche e fisiologiche proprie dello scheletro in accrescimento… Tanner Scale E’ una scala oggettiva che divide le fasi dello sviluppo fisico nell’età evolutiva. Stage I Fase prepuberale Stage II Ragazzi: 12.5 – 14.5 Ragazze: 10 - 12 Stage III Ragazzi: 13 – 15 Ragazze: 11 – 13 Stage IV Ragazzi: 13.5 – 15.5 Ragazze: 12 – 14 Stage V Ragazzi: 14 – 18 Ragazze 14-18 James M. Tanner British Pediatrician Peculiarità anatomiche dello scheletro in accrescimento … 1. Presenza dei nuclei di accrescimento e delle cartilagini epifisarie; 2. Grande elasticità dell’osso ed elevato spessore del periostio; 3. Notevole capacità di rimodellamento; 4. Possibilità riparativa della cartilagini articolari; 5. Tempi di guarigione più rapidi. 1. Presenza dei nuclei di accrescimento e delle cartilagini metafisarie… L’anello debole nella scala di resistenza allo stress, che nell’adulto è rappresentato dalla giunzione miotendinea o dai legamenti, nell’adolescente corrisponde alla cartilagine di accrescimento, in quanto meno resistente (alle forze in torsione-distrazione) rispetto all’osso, ai legamenti, ai tendini ed al muscolo. 1. Presenza dei nuclei di accrescimento e delle cartilagini epifisarie… La presenza di cartilagine sia a livello della epifisi, sia a livello della giunzione osteotendinea, ha un’azione protettiva nei riguardi delle altre strutture muscolo-scheletriche, preservando queste dal danno e concentrando su di sé le forze vulnerabili. 2. Grande elasticità dell’osso … Il tessuto osseo è più elastico nell’adolescente rispetto all’adulto, e più giovane è il soggetto meno facilmente si rompe… …ed elevato spessore del periostio L’osso giovane possiede una migliore vascolarizzazione e questo riduce i tempi necessari per la guarigione. 3. Notevole capacità di rimodellamento … Alcune fratture anche se lasciate con una certa deformità angolare o addirittura con una sovrapposizione dei frammenti vanno incontro ad un processo di rimodellamento che ristabilisce, con la crescita residua, i normali rapporti anatomici dei capi ossei. 4. Cartilagini articolari … Diversamente dagli adulti, le cartilagini articolari hanno una minima capacità riparativa. 5. Tempi di guarigione più rapidi… Prima dei dieci anni i tempi di riparazione di frattura sono più brevi e quindi anche i tempi di immobilizzazione sono più accorciati. Fratture in età evolutiva Fratture La rottura completa dell’osso nei bambini è più rara che negli adulti e si possono osservare diversi tipi di fratture incomplete: 1. Deformazione plastica 2. Frattura a “legno verde” 3. Frattura tipo “torus” 4. Frattura epifisaria. 1. Deformazione plastica Incurvamento dell’osso senza evidente frattura, che si verifica quando sulla diafisi di un osso viene ad applicarsi una forza sufficiente a superare l’elasticità ma non abbastanza per determinarne la rottura. Sedi tipiche: avambraccio (radio e ulna), femore e perone. 1. Fratture a legno verde Si localizzano a livello diafisario e sono determinate da una sollecitazione in compressione su di una corticale Il periosto integro fa si che non si verifichi uno spostamento dei capi. l’aspetto radiografico ricorda quello di un ramo verde spezzato in modo incompleto. 3. Fratture tipo “torus” Determinate dal cedimento in compressione di una sola corticale. Il quadro radiografico è caratterizzato da un piccolo “sovvertimento” della corticale. La prognosi è costantemente buona ed il trattamento è conservativo. 4. Fratture epifisarie Sono a carico delle fisi e epifisi che rappresentano punti di minor resistenza. La classificazione di Halter – Harris è basata sul quadro radiografico ed è correlata con la prognosi: più è alto il grado classificativo più è probabile un arresto della crescita o un’incongruenza articolare. Patologie dell’arto superiore: instabilità di spalla la spalla è l’articolazione con il maggior grado di articolarità e quindi con la maggior predisposizione alla lussazione enartrosi i due capi ossei sono sferici (uno concavo l'altro convesso) e compiono movimenti angolari su tutti i piani Strutture stabilizzanti della spalla Passivi: • Ossei • Capsulari • Legamentosi Attivi: • Tendini • Muscoli stabilizzatori ossei omero angolo cervico-diafisario: 129.6 retrotorsione media: 18 (variabilità da -6,7 a 47,5 ) Boileau e Walch 1997 Glena stabilizzatori ossei - Il polo superiore è descritto alle ore 12 e il polo inferiore ad ore 6 in entrambe le spalle - ha una superficie articolare piccola pari ad 1/3 di quella omerale; ha un profilo piatto con una profondità pari al 25% del raggio di curvatura della testa omerale Flatow 1991 stabilizzatori capsulo-legamentosi 1. cercine glenoideo 2. capsula articolare 3. intervallo dei rotatori e legamento coraco-omerale 4. LGS 5. LGM 6. LGI 7. pressione intrarticolare negativa 1. cercine glenoideo tessuto fibro-cartilagineo inserito intorno al margine della cavità glenoidea ha la funzione di aumentare la congruenza articolare su di esso si inserisce l’apparato capsulo-legamentoso della spalla e (ad ore 12) il tendine del CLB 1. cercine glenoideo Struttura fibrosa con scarse fibre elastiche. Rappresenta l’interconnessione tra il periostio glenoideo, la cartilagine articolare glenoidea, la membrana sinoviale e la capsula. 1. cercine glenoideo aumenta la profondità glenoidea e permette l’inserzione dei legamenti gleno-omerali e del bicipite alla glena aumenta del 65% l’area di copertura omerale aumenta del 20% la stabilità della spalla Le condizioni del labbro glenoideo, sul quale la capsula si inserisce, nonché le sue varianti di inserzione, sono gli elementi determinanti della stabilità articolare. 2. capsula articolare • Struttura ampia e lassa tale da permettere la completa escursione articolare • Ha superficie doppia rispetto a quella omerale; • È più resistente nella porzione antero-inferiore; • Svolge la sua funzione di stabilizzatore quando entra in tensione ovvero ai gradi articolari estremi 3. Intervallo dei rotatori e legamento C-O intervallo dei rotatori: è lo spazio compreso tra il tendine del sopraspinoso ed il tendine sottoscapolare la sua porzione mediale è costituita da: 1. leg. gleno omerale superiore 2. leg. coraco-omerale 3. Intervallo dei rotatori e legamento C-O legamento coraco-omerale: • rappresenta una plicatura della capsula articolare • origina dalla porzione laterale della coracoide e si inserisce sul trochite e sul trochine 3. intervallo dei rotatori e legamento C-O • insieme con il legamento gleno-omerale superiore costituisce il tetto dell’intervallo dei rotatori al di sopra del CLB • svolge un ruolo fondamentale nel limitare la traslazione inferiore e la rotazione esterna della testa omerale 4. legamenti gleno-omerali ispessimenti della capsula articolare: 1. gleno-omerale superiore (LGS) 2. gleno-omerale medio (LGM) 3. gleno-omerale inferiore (LGI) 4. legamenti gleno-omerali legamento gleno-omerale superiore • identificabile nel 90% dei pz componente del: - muro anteriore - dell’intervallo dei rotatori • Azione predominante con il braccio al corpo • Si oppone alla traslazione inferiore • Limita la rotazione esterna (con il coraco-omerale) 4. legamenti gleno-omerali legamento gleno-omerale medio • risulta poco definito nel 10% delle spalle • è assente nel 30% delle spalle • limita la traslazione anteriore tra 60 e 90 di abduzione 4. legamenti gleno-omerali legamento gleno-omerale inferiore • è il più importante e robusto • è composto da 3 porzioni: banda anteriore e posteriore e recesso ascellare • è il più importante stabilizzatore contro la traslazione anteriore a 90 di abduzione banda anteriore 6. pressione intra-articolare passiva circa 42 cm/H2O crea un “effetto sotto vuoto” limitando la tendenza della testa a lussarsi. La perdita di questo effetto, per lesioni della capsula, rende l’ articolazione gleno-omerale meno stabile. stabilizzatori muscolari i muscoli della spalla rappresentano gli stabilizzatori dinamici grazie alla loro funzione di barriera che limita la traslazione della testa omerale cuffia dei rotatori la testa è mantenuta nella cavità glenoidea dalla “cuffia dei rotatori” formata da brevi muscoli 1 di origine scapolare 1. m. sopraspinato 2. m. sottospinato 3. m. piccolo rotondo 4. m. sottoscapolare 2 4 3 stabilizzazione dinamica azione coordinata di: deltoide cuffia rotatori stabilizzatori muscolari azione del deltoide componente rotatoria (abduzione) componente longitudinale (trazione prossimale della testa omerale) stabilizzatori muscolari azione della cuffia dei rotatori stabilizzazione centrazione capo lungo del bicipite • da un punto di vista funzionale il tendine del CLB può essere considerato parte della cuffia dei rotatori • agisce come depressore posteriore della testa omerale biomeccanica la spalla si caratterizza per la variabilità individuale nella forma nella posizione e nella mobilità delle sue componenti biomeccanica i movimenti fisiologici della spalla sono sempre dei movimenti combinati e necessitano di complesse interazioni delle articolazioni e dei diversi gruppi muscolari biomeccanica il movimento scapolare sul torace fornisce un contributo essenziale alla posizione del braccio nello spazio poichè inclinando la cavità glenoidea nella direzione desiderata aumenta la mobilità dell’arto superiore biomeccanica i movimenti scapolo-toracico e gleno-omerale (ritmo scapolo-omerale) si amalgamano ritmicamente consentendo di sollevare il braccio da 0 a 180 biomeccanica il ritmo scapolo-omerale è di difficile definizione nella sua entità e nella sua sequenza varia nei diversi individui è direttamente correlato all’entità dei carichi ed alla velocità del movimento biomeccanica nell’ambito del ritmo scapolo-omerale alla scapola si attribuisce un range di mobilità < 60 ed alla gleno-omerale non > 120 biomeccanica il perfetto sinergismo funzionale dei diversi gruppi muscolari conferisce alla spalla stabilità articolare senza compromettere l’ampiezza del movimento Instabilità gleno - omerale instabilità gleno-omerale la stabilità della spalla è affidata alle strutture muscolari dinamiche ed a quelle capsulo-legamentose ed ossee che svolgono invece una funzione statica non esiste una singola struttura responsabile della stabilità articolare della spalla instabilità gleno-omerale fattori statici morfologia articolare volume articolare complesso capsulo-labrale pressione intrarticolare negativa instabilità gleno-omerale fattori dinamici cuffia dei rotatori CLB ritmo scapolo-toracico instabilità gleno-omerale Lassità Quadro oggettivo nel quale i rapporti articolari glena/testa omerale sono alterati con assenza di dolore. Non richiede un trattamento ma rappresenta un fattore di rischio per l’instabilità instabilità gleno-omerale Instabilità Quadro patologico soggettivo caratterizzato da eccessiva traslazione della testa omerale nella glena con conseguente dolore ed alterazione funzionale della spalla instabilità gleno-omerale L’instabilità della spalla può essere 1. Post-traumatica : avviene dopo una lussazione traumatica accidentale 2. Idiopatica: dovuta ad una eccessiva e congenita elasticità delle strutture articolari instabilità gleno-omerale nell’ instabilità anteriore (di gran lunga la più frequente) si rilevano alterazioni patologiche a carico delle strutture anteriori: labbro glenoideo anteriore, legamenti gleno-omerali, tendine del sottoscapolare e strutture ossee (testa omerale e glena) instabilità gleno-omerale Lesione di Bankart disinserzione del cercine antero-inferiore dalla glena instabilità gleno-omerale la lussazione anteriore può provocare un distacco più o meno ampio della porzione antero-inferiore della glena (“bony Bankart lesion”) ed un danno sulla superficie postero-superiore della testa omerale (lesione di Hill-Sachs) instabilità gleno-omerale lesione di Bankart ossea e concetto della “pera invertita” instabilità gleno-omerale lesione di Perthes distacco sottoperiostale della capsula anteriore dal collo della glena può essere considerata una progressione della lesione di Bankart PERTHES instabilità gleno-omerale TUBS Traumatic Unidirectional Bankart lesion Surgery instabilità gleno-omerale AIOS Acquired Instability Overstress Surgery instabilità gleno-omerale AMBRII Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior capsular shift Interval closure instabilità gleno-omerale la lussazione anteriore di spalla è di frequente riscontro nella pratica clinica instabilità gleno-omerale Trattamento instabilità unidirezionale instabilità multidirezionale diagnosi Anamnesi età del paziente sintomi occupazione sports praticati pregressi traumi diagnosi Sintomatologia dolore rigidità debolezza blocco articolare rumori articolari deformità parestesie diagnosi Test per l’instabilità apprehension test (ant. e post.) relocation test test del cassetto (ant. e post.) sulcus sign O’Brien test valutazione lassità generalizzata (iperestensione di: gomito, M-F, pollice, ginocchio) diagnosi test del cassetto (translation test) diagnosi apprehension and relocation test O’ Brien test sulcus sign diagnosi Indagini strumentali rx standard rx “out-let view” ecografia TC RMN diagnosi ecografia rapidità sicurezza esame dinamico patologie del CLB basso costo limite:operatore-dipendente diagnosi TC fratture misconosciute ricostruzione 3-D nelle fratture difetti ossei glena e testa omero engaging Hill-Sachs lussazioni inveterate diagnosi RMN informazioni su tendini e muscoli lesioni di cuffia lesioni del cercine patologie dello spazio SA patologie tumorali elevata accuratezza valutazione post-operatoria limite: alto costo Lesione del Legamento crociato anteriore Anatomia Femore Menischi: LCA LCP - interno - esterno Legamenti Crociati: - anteriore - posteriore Collaterale esterno Collaterale interno Legamenti collaterali: - interno - esterno Menisco Tibia laterale Menisco mediale Pivot Centrale 1. Legamento crociato anteriore (LCA) 2. Legamento crociato posteriore (LCP) Anatomia: L.C.A. E’ una delle strutture anatomiche più frequentemente lesionate durante le attività sportive Anatomia: L.C.A. Il LCA è un legamento intrarticolare ed extrasinoviale E’ ricoperto da una guaina sinoviale Anatomia: L.C.A. ... si inserisce sulla superficie prespinale della tibia per poi dirigersi obliquamente, in alto ed in fuori, verso il condilo femorale esterno Anatomia: L.C.A. La sua inserzione femorale ha una forma semicircolare disposta verticalmente. L’ampiezza della inserzione varia da 11 a 24 mm Anatomia: L.C.A. La sua larghezza varia da 7 a 12 mm e la lunghezza da 22 a 41 mm ( media 32 mm) La sua forma ad una sezione trasversa è irregolare, non circolare od ellittica ed aumenta dal femore alla tibia. 32 mm Anatomia : L.C.A. E’ costituito da due fasci di fibre: - antero-mediale - postero-laterale Ognuno dei due fasci ha una tensione diversa in funzione del grado di flessione del ginocchio, ma sono entrambi in tensione massima in estensione LCA: Inserzione diretta Legamento Fibrocartilagine Fibrocartilagine mineralizzata Osso Innervazione: L.C.A. Ramo articolare posteriore del n. tibiale post. Recettori del Ruffini: sensibili agli stretching e situati sull’inserzione femorale Ruffini rec. Innervazione: L.C.A. Pacini: sensibili ai movimenti rapidi Golgi: situati sulle inserzioni del LCA e sulla membrana sinoviale Terminazioni nervose libere: agiscono come nocicettori Vater - Pacini rec. Terminaz. libere Incidenza di lesioni LCA Più frequenti nella 2 e 3 decade di vita Rapporto M/F: 2/1 Biomeccanica: L.C.A. Carico rottura 2160 N Rigidità 242 N … che variano a seconda dell’età Eziologia Traumi sportivi calcio rugby basket sci Incidenti stradali rara incidenza Sede di lesione L.C.A. Inserzione distale Inserzione prossimale 1/3 centrale Meccanismo traumatico Varismo puro Valgismo puro Valgo-extrarotazione Varo-intrarotazione Iperestensione Iperflessione La comprensione del meccanismo traumatico, induce a sospettare i possibili tipi di lesione legamentosa Varismo puro Eccessivo stiramento Valgismo puro Valgo-extrarotazione La rottura del compartimento mediale precede la rottura del L.C.A. Iperestensione Il L.C.A. viene “ghigliottinato” dal tetto della gola intercondiloidea Iperflessione Traslazione anteriore della tibia aumentata dalla brusca e massimale contrazione del quadricipite Storia naturale delle lesioni LCA Lesione L.C.A. Instabilità Lesioni meniscali e condrali Artrosi Cedimento Impossibilità a praticare sport di contatto L’esame di un ginocchio deve comprendere tre fasi distinte ma ugualmente importanti: 1. 2. 3. Anamnesi (ascoltare) Esame ispettivo (guardare) Esecuzione di test clinici (esaminare) Anamnesi Trauma acuto Trauma cronico Meccanismo traumatico ev. comparsa di versamento articolare Natura ed entità dei disturbi Lesione L.C.A. Molti pazienti riferiscono una sensazione, o addirittura un rumore tipo “pop”, seguito da intenso dolore e impossibilità a continuare l’attività sportiva Segni e sintomi Dolore Versamento articolare Impotenza funzionale Instabilità (soggettiva) Lassità (obiettiva) Esame obiettivo Ballottamento rotuleo 4 diversi gradi di versamento Emartro : 80 - 85% lesione L.C.A. 15% disinserzione meniscale Idrartro : lesione meniscale Esame obiettivo delle lesioni legamentose Test di Lachman 30 Sublussazione anteriore dei piatti tibiali a 30 di flessione Test di Lachman + 1: sensazione propriocettiva dell’esaminatore dello spostamento della tibia rispetto al femore +2: spostamento visibile (5-9mm) della tibia rispetto al femore +3: spostamento (9-16mm) ben evidente +4 o attivo: provocato dalla contrazione del quadricipite con uno spostamento tra i 10 e i 20mm Cassetto anteriore Sublussazione anteriore dei piatti tibiali a 90 di flessione Tests dinamici (Jerk test, Pivot Shift) Evidenziano l’ipermobilità del compartimento esterno con la comparsa di uno scatto dovuto alla sublussazione anteriore dell’emipiatto tibiale esterno Difficili da eseguire in una lesione acuta Jerk test Sublussazione anterolaterale dei piatti tibiali nella flesso-estensione, stress in valgo e intrarotazione Pivot shift Sublussazione anterolaterale dei piatti tibiali passando dall’estensione alla flessione, stress in valgo e intrarotazione Valgo stress 0 : collaterale mediale + punto d’angolo postero-mediale 30 : collaterale mediale Indagini strumentali RX: permette di diagnosticare o escludere eventuali fratture associate RMN: accuratezza diagnostica è comparabile a quella di un completo esame clinico TAC RMN Tuttavia nessuna tecnica di diagnostica per immagini può definire la funzionalità residua del fascio o della porzione legamentosa apparentemente integra dopo l’evento traumatico Trattamento Conservativo (R.I.C.E.) FKT Chirurgico R.I.C.E. (prime 48h) Rest: protezione, recupero energie Ice: analgesia,riduzione versamento (vasocostrizione) Compression: riduzione versamento Elevation: riduzione versamento (al di sopra del livello del cuore) F.K.T. NO nella fase acuta Potenziamento muscolare Antalgica Antiinfiammatoria Chirurgia/Artroscopia Ricostruzione LCA A Tendine Rotuleo B Gracile + Semitendinoso L’obiettivo della ricostruzione del LCA è ridare stabilità al ginocchio con il minimo trauma chirurgico Fratture delle spine tibiali Fratture delle spine tibiali Le fratture delle spine tibiali sono più frequenti nei bambini e negli adolescenti e corrispondono alla lesione dell’inserzione tibiale del LCA negli adulti 8-14 anni caduta da bicicletta (50%) Epidemiologia 8-14 anni caduta da bicicletta (50%) incidente stradale trauma diretto durante attività sportiva trauma diretto durante sollevamento peso Epidemiologia Meccanismi di lesione iperflessione del ginocchio iperestensione del ginocchio rotazione esterna valgo-rotazione esterna Trattamento Il trattamento delle fratture delle spine tibiali nei soggetti in accrescimento è controverso e in continua evoluzione in relazione allo sviluppo della tecnica artroscopica Lo scopo del trattamento è la riduzione anatomica della frattura ed il ripristino della stabilità e della congruenza articolare Trattamento Opzioni di trattamento immobilizzazione in tutore riduzione aperta e fissazione interna riduzione artroscopica e fissazione interna Trattamento Trattamento post-op: carico immediato tutore articolato in estensione per 6 settimane CPM per 3 settimane potenziamento muscolare rieducazione articolare Sindromi da sovraccarico Sindromi da sovraccarico Microtraumatismi ripetuti su un tessuto la cui capacità riparativa è inibita dalla persistenza dell’insulto traumatico Micheli 1992 Stress Strenght Sindromi da sovraccarico Unità muscolo-tendinea Cartilagine Osso Quadro clinico Infiammazione Dolore All’incirca 1/3 delle sindromi da sovraccarico è localizzato al ginocchio Järvinen 1992 Unità muscolo-tendinea Le tendiniti dell’apparato estensore rappresentano la patologia più frequente (50%) “Jumper’s knee” Tendinite localizzata lungo tutto l’apparato estensore del ginocchio Maurizio 1963, Blazina 1973, Ferretti & Mariani 1983 La tendinite quadricipitale rappresenta il 15-20 % dei casi Brunuet-Guedj 1992 Il vero “jumper’s knee” dovrebbe essere considerato una condizione patologica della giunzione osso-tendine Ferretti, Ippolito, Mariani 1983 Classificazione anatomo-patologica Tendinite inserzionale (rara a livello dell’inserzione tibiale) Tendinite del corpo del tendine (tenosinovite) Quadro clinico Dolore apice rotuleo Aumento volume tendineo Presenza di noduli o “enchoches” Esame clinico Dolore allo stiramento massimo del quadricipite (Ely test) Dolore alla contrazione contro resistenza del quadricipite Classificazione Stadio 1: Dolore dopo attività sportiva Stadio 2: Dolore dopo l’inizio dell’allenamento che scompare con il riscaldamento e riappare con la fatica sportiva Stadio 3: Dolore permanente a riposo e durante l’attività sportiva Stadio 4: Rottura del tendine Blazina 1973 Patellar tendon injuries constitute a significant problem in a wide variety of sports Jozsa 1997, Kannus 1997 Epidemiology Basketball, volleyball, football, soccer, high jump, triple jump, long jump, tennis, running, skiing More frequent between 18-26 years Puddu 1993, Maffulli 1990, Verdonk 1999 Athletes involved in repetitive sudden ballistic movements of the knee may develop anterior knee pain with tenderness at the inferior pole of the patella Blazina 1973 Site of P-T lesion Patella pole (impingement overuse) Mid one third of the tendon (overuse direct repetitive trauma) Distal pole (as Osgood Schlatter) History The clinical diagnosis of patellar tendnopathy is based on patient subjective reports of pain related to activity levels Onset is often insidious and usually relates to an increase in frequency or intensity of activity involving rapid, repetitive ballistic movements of the knee joints Phisical exam Tenderness at the inferior pole of the patella or in the main body of the tendon when the knee is fully extended and the quadriceps relaxed Imaging Rx Ultrasound MRI CT scan Physical Therapy Cryo-therapy Magnetic fields Laser Ultrasound The stretching and the strengthening program of the whole muscle-tendon unit of a chronical painful tendon is a key treatment of patellar tendinopathy Jozsa 1997 Local corticosteroid injections should be avoided Ismall 1969, Kelly 1984, Shrier 1996, Maffulli 1997 Surgical management Drilling of the inferior pole of the patella Scarification Percutaneous longitudinal tenotomy Excision of macroscopic necrotic areas Iliotibial Band Friction Syndrome 6% of overuse syndrome of the knee Orava 1980 Estensione ITB anteriore al condilo laterale Flessione ITB parallela o posteriore al condilo laterale Flexion-extension movements in prolonged running can cause an inflammatory reaction of the iliotibial band, the bursa or the periosteum Diagnosi Dolore sul condilo femorale esterno (circa 2 cm dalla rima articolare) Dolore irradiato al tubercolo di Gerdy Crepitii sul condilo femorale esterno Scomparsa di dolore dopo infiltrazione locale di anestetico Tests clinici specifici Diagnosi Renne’s test Noble’s test Ober’s test Dolore ingravescente: - durante o dopo attività sportive Scomparsa del dolore: - riposo - farmaci antiinfiammatori - crioterapia Trattamento Terapia fisica Terapia antiinfiammatoria Infiltrazione di cortisone Riduzione dell’attività sportiva Cambiamento tecnica di allenamento Stretching Ortesi Crioterapia Trattamento chirurgico Ripresa attività sportiva: - 4 settimane Ripresa attività agonistica: - 8 settimane Articolazione Femoro - rotulea La femoro-rotulea è senza dubbio una delle articolazioni del corpo umano più complesse da conoscere e comprendere per le molteplici interazioni (anatomiche, biomeccaniche, funzionali e psicologiche) che influiscono su di essa e che coinvolgono più segmenti articolari (anca, ginocchio, tibio-tarsica e piede) Anatomia della rotula La rotula è la più grande delle ossa sesamoidi dello scheletro. E’ un osso di forma quasi ovalare. Sui due terzi superiori, la base triangolare, si inserisce il tendine del quadricipite. Il terzo inferiore a forma di “V” dà, invece, inserzione al tendine rotuleo. Tendine quadricipitale Rotula Tendine rotuleo Anatomia della troclea femorale La parte articolare della faccia anteriore dell’estremità inferiore del femore è formata ad un solco mediano o gola con una faccetta mediale ed una laterale. La gola intertrocleare continua distalmente nella gola o fossa intercondiloidea. Function of the Patella • Improve quadriceps efficiency (increased lever arm) • Centralize the divergent forces from Quadriceps and transmit tension around the femur to PT • bony shield (protection) • cosmetics Stabilità della femoro-rotulea La stabilità della femoro-rotulea è il risultato di un delicato equilibrio tra geometria articolare e morfologia, tensione e forza muscolare, allineamento dell’arto e controllo neuromotorio del movimento Stabilizzatori mediali: • Attivi: Vastus Medialis Obliquus • Passivi: Retinacolo mediale (leg. patellofemorale mediale e leg. meniscopatellare, leg. patellotibiale) Retinacolo mediale Formato dall’unione di 2 strati, ha una ampia inserzione sulla porzione mediale della rotula Leg. Patello-Femorale Mediale MPFL is the primary stabilizer against lateral patellar displacement providing 53-60% of the total tension generated by the medial retinaculum structures Conlan 1993; Desio 1998; Hautamaa 1998; Arendt 2002, Panagiotopoulos 2006 Il contributo del LPFM alla stabilità rotulea è significativo e maggiore a ginocchio esteso e nei primi 20 di flessione 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 Intact MPFL sectioned 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Amis 2003 VMO during initial 20-30 of flexion “dynamizes” MPFL and by shortening “polls and guides” the patella into the femoral groove during initial knee flexion, when the patella is most at risk to dislocate laterally Panagiotopoulos 2006 Lateral stabilizers: • Active: Ileotibial band • Passive: Lateral retinaculum Retinacolo Laterale Lo strato superficiale, con direzione obliqua delle fibre è piuttosto sottile e decorre dalla bendelletta ilio-tibiale alla rotula Retinacolo Laterale Strato profondo con fibre a decorso trasversale : - banda Epicondilo-Patellare o leg. Patello-Femorale Laterale - Leg. Patello-Tibiale o Patello-Meniscale Retinacolo Laterale Lateral retinaculum contributed 10% of the restraint to lateral patellar translation Desio 1998 Retinacolo Laterale Con la flessione del ginocchio il retinacolo laterale è trazionato posteriormente dalla bendelletta ilio-tibiale provocando così uno spostamento laterale sulla rotula che deve essere bilanciato dagli stabilizzatori mediali per mantenere la rotula centrata Patologia Femoro-Rotulea: eziopatogenesi Antiversione Extratorsione Calcagno collo femore tibiale valgo-pronato Patologia Femoro-Rotulea Ipotrofia vasto mediale, troclea displasica Valgismo arto inferiore Retrazione bendelletta I-T, mm.ischio-crurali, m. retto anteriore Rotula stabile dolorosa Rotula stabile dolorosa La patogenesi di tale sindrome non è ancora completamente chiarita. Tre sono le cause principali: Malallineamento dell’arto inferiore Squilibrio muscolare dell’arto inferiore Sovraccarico rotuleo Rotula stabile dolorosa La rotula dolorosa è spesso associata al “tilt”, che può eventualmente causare una sindrome da iperpressione esterna ed associarsi o meno a sublussazione rotulea Sindrome da iperpressione rotulea esterna Patogenesi Il meccanismo patogenetico sembra coinvolgere un aumento delle forze di lateralizzazione della rotula, che rimane stabile nel solco. Sindrome da iperpressione rotulea esterna Sintomi 1. Dolore sordo e scarsamente localizzato 2. Aggravato da esercizio e carico dell’articolazione femororotulea (salita delle scale, accovacciamento e posizione seduta prolungata 3. Insorgenza dopo trauma o un colpo diretto sulla rotula o una distorsione. Sindrome da iperpressione rotulea esterna Segni 1. Malallineamento dell’arto inferiore, con un aumento dell’angolo Q ed un legamento alare esterno troppo teso. 2. Gonfiore, raramente versamento articolare (frequente in presenza di alterazioni condromalaciche) Sindrome da iperpressione rotulea esterna Terapia conservativa Comprende il riposo, gli esercizi per il quadricipite, i tutori per il ginocchio e i farmaci antinfiammatori. Il rinforzo del quadricipite (VMO) rappresenta il maggior presidio non interventistico. Sindrome da iperpressione rotulea esterna Terapia conservativa L’esercizio migliore: sollevamento della gamba a ginocchio esteso che serve a rafforzare il quadricipite tramite una contrazione isometrica ed un aumento progressivo della contrazione. Sindrome da iperpressione rotulea esterna Terapia chirurgica Va intrapreso in quelle ginocchia che mostrano una permanenza dei sintomi e che non migliorano dopo un ciclo terapeutico prolungato e sorvegliato, di almeno 6 mesi. Rotula instabile Patologia Femoro-Rotulea: Rotula instabile Extratorsione tibiale Ipertrofia vasto laterale Malallineamento apparato estensore Rotula instabile Ipotrofia vasto mediale Troclea displasica Gin.Valgo Rotula alta Rotula instabile A seconda dello spostamento laterale Sublussazione Lussazione Classificazione - Sublussazione: perdita parziale dei rapporti articolari - Lussazione: perdita totale dei rapporti articolari Recidivante: riprodotta, per un nuovo evento traumatico, in un periodo di tempo più o meno lungo Abituale: riprodotta con facilità, anche senza eventi traumatici Volontaria: provocata intenzionalmente dal paziente stesso Sublussazione della rotula Alterato scorrimento della rotula, che rimane centrata nella troclea, ma presenta nei primi gradi di flessione del ginocchio un improvviso e transitorio spostamento verso l’esterno con una sensazione di instabilità spesso dolorosa Sublussazione della rotula Come la patologia lussazione, che è una interessa prevalentemente il sesso femminile e si presenta nella 2 decade di vita. In alcuni soggetti, per molti anni asintomatici, la sintomatologia si instaura più tardivamente Lussazione acuta della rotula Lussazione: intende la perdita dei rapporti tra i capi articolari di un’articolazione. Sono lesioni traumatiche molto meno frequenti delle fratture. Lussazione acuta della rotula Anamnesi Sensazione di uno scatto nel ginocchio durante un movimento di rotazione, con cedimento del ginocchio. Raramente il paziente afferma di aver visto la rotula sul lato esterno del ginocchio. Lussazione acuta della rotula Esame obiettivo articolare: spesso necessaria un’artrocentesi (presenza di emartro). • Dolorabilità alla palpazione del legamento alare interno ed ai tentativi di mobilizzazione della rotula lateralmente. • Versamento Lussazione acuta della rotula Trattamento Conservativo: 30% di recidive. Immobilizzazione in tutore con carico a tolleranza. Entro un mese si rimuove il tutore e si indirizza il paziente ad un lungo periodo di esercizi di rinforzo del quadricipite. Lussazione recidivante della rotula Il paziente affetto da tale sindrome è normalmente nella seconda decade di vita, con una prevalenza del sesso femminile rispetto al maschile. Lussazione recidivante della rotula Sintomi Episodio iniziale di lussazione trattato in maniera conservativa. Dopo l’episodio iniziale il paziente ha altri episodi di instabilità legati a traumi di minore entità. Lussazione recidivante della rotula Sintomi La gravità variabile dalla semplice sensazione di instabilità a veri episodi di lussazione. La sintomatologia tende a regredire oltre i 20 anni soprattutto se il soggetto sospende l’attività sportiva. Lussazione recidivante della rotula Trattamento conservativo • Rinforzo del quadricipite e VMO • Stretching delle strutture laterali in eccessiva tensione. Trattamento della rotula instabile Ritensione del retinacolo mediale (RRM) Ricostruzione del LPFM Riallineamenti prossimali Riallineamenti distali RRM: tecnica chirurgica Pre-op Post-op RRM: postoperatorio CPM con ROM: 0-70 Carico immediato Rinforzo del quadricipite No sport di contatto per 3-4 mesi LPFM: postoperatorio CPM con ROM: 0-90 Tutore articolato per 4 sett Carico parziale immediato Rinforzo del quadricipite No sport di contatto per 3-4 mesi Osteocondrosi giovanile osteocondrosi giovanile Gruppo di malattie ad eziologia incerta che interessano le epifisi, le apofisi, e le ossa corte dello scheletro in accrescimento Hanno un substrato anatomico ben definito, decorso clinico non grave per intensità e durata, ed un quadro radiologico caratterizzato da fasi successive di addensamento, frammentazione e ricostituzione L’esito differisce a seconda della sede Localizzazioni Età di maggiore frequenza Scafoide tarsale Da 4 a 6 aa con massimo a 5aa Epifisi tarsale Da 5 a 8aa con max a 6aa Corpo vertebrale Da 6 a 9aa con max a 8aa Apofisi calcaneare posteriore Da 9 a 11aa con max a 9aa Apofisi tibiale anteriore Da 12 a 14aa con max a 13aa Epifisi vertebrali Da 13 a 21aa con max a 15aa Testa del 2° metatarso Da 15 a 20aa ed oltre Semilunare Da 19 a 20aa ed oltre FREQUENZA DELLE PRINCIPALI LOCALIZZAZIONI Testa femorale Apofisi tibiale anteriore Epifisi vertebrale Tuberosità calcaneare Testa del 2° metatarso Scafoide tarsale Semilunare 29,74% 21,45% 17,70% 8,99% 6,18% 6,07% 3,94% Le altre localizzazioni devono considerarsi rare Eziopatogenesi TEORIA VASCOLARE: Ipotesi sostenuta da molti autori, forse un disturbo ischemico da occlusione vasale o per un’alterazione vasale primitiva TRAUMATICA: Un trauma diretto o un disturbo circolatorio secondario ad un trauma. Altri aa considerano il trauma un fattore scatenante CONGENITA: Ipotesi sviluppata per la presenza della malattia in gemelli e forme eredo-familiari DISPLASICA: Alterazioni ultrastrutturali (>f. collagene ed > proteoglicani) renderebbero la cartilagine meno resistente e favorirebbero le turbe vascolari di alcune forme (Perthes, Kohler I) anatomia patologica La caratteristica principale è la presenza contemporanea di processi regressivi – fenomeni necrotici con frammentazione e distruzione delle trabecole ossee – e processi riparativi senza che ci sia una successione ordinate delle lesioni clinica I sintomi non sono mai eclatanti né costanti Il dolore, quando presente, non è mai intenso e può accompagnarsi a tumefazione dei tessuti molli sovrastanti Può associarsi contrattura muscolare Non di rado la malattia è asintomatica radiologia In tutte le localizzazioni esiste una evoluzione cronologica caratteristica: Decalcificazione del nucleo di ossificazione Disomogeneizzazione strutturale del nucleo Fase di addensamento Fase di frammentazione Stadio riparativo radiologia La scintigrafia e la RMN danno indicazioni più precise sulla fase metabolica e sono utili in caso di terapia chirurgica Osteocondrosi ? Fairbank 1933 Rosenberg 1964 Aichroth 1971 Clanton 1982 Garrett 1991 prognosi L’evoluzione in genere è quella della guarigione spontanea, la durata varia da pochi mesi a più anni: 6-12 mesi per OC apofisaria di tibia e calcagno 1-2 aa per l’OC dei metatarsi, scafoide ed epifisi vertebrale 2-3 aa per la testa del femore In genere non residuano postumi specie nelle aree fuori dal carico Microtraumatismi ripetuti Fragilità dell’apofisi Diminuzione flessibilità muscolare Apofisite da Trazione morbo di Osgood Schlatter Microlacerazioni causate dalle sollecitazioni meccaniche che il tendine rotuleo esercita su una tuberosità tibiale indebolita per una abnorme ossificazione Sesso M (10:1), tra 12-14aa, monolaterale nell’84% dei casi 14% di tutte le localizzazioni OC morbo di Osgood Schlatter La tuberosità o apofisi tibiale anteriore ossifica in ritardo rispetto ad altre parti della tibia e pertanto rimane più debole. La risposta alle sollecitazioni, provocate dalla trazione esercitata dal tendine rotuleo che vi si inserisce, comporta un’infiammazione della zona patogenesi Microfratture cartilaginee con successivi fenomeni infiammatori locali che provocano dolore, soprattutto dopo sforzo, e tumefazione. Quando l'apofisi tibiale si ossifica completamente, l'inserzione del potente tendine rotuleo non avviene più su una debole struttura cartilaginea, ma su una zona ossea e così il dolore si esaurisce clinica Abnorme sporgenza apofisaria Lievi alterazioni dei tessuti soprastanti Dolore locale remittente col riposo ed esacerbato dallo sforzo e dalla pressione diretta Modesta ipotrofia muscolare e limitazione funzionale clinica radiologia Fase iniziale: molteplici ombre sfumate senza struttura. Successivamente alternanza di parti rarefatte e parti addensate Fase di stato: sollevamento dell’apice o di tutta le tuberosità con possibile frammentazione del nucleo Fase tardiva: fusione delle parti staccate con ricostituzione dell’apofisi con aspetto più grossolano che di norma. Talvolta permane un frammento staccato trattamento Conservativo: crioterapia, cure locali antinfiammatorie, occasionalmente farmaci antidolorifici. Nei casi acuti è utile il riposo funzionale. Guarigione spontanea completa alla fine dell’accrescimento osseo Chirurgico: (raro) in età post-puberale per asportare il nucleo osseo frammentato in caso di persistenza della sintomatologia morbo di Haglund-Sever Il nucleo di ossificazione dell’apofisi calcaneare post è formato dalla fusione di due centri ed avviene intorno all’8 aa di età Rappresenta il 9% dell OC Sesso M (64%), tra 8-13aa, bilaterale nel 27% Prognosi benigna con regressione dei sintomi in poche settimane col semplice riposo Dolore e tumefazione regione posteriore del calcagno radiologia Fase iniziale: Frammentazione del nucleo di ossificazione suddiviso in due o più parti Fase di stato: Addensamento e riduzione di volume dell’apofisi Fase di riparazione: si riduce l’addensamento ed i nuclei si avvicinano al calcagno fondendosi con esso Osteocondrite dissecante osteocondrite dissecante Patologia ad eziologia ignota caratterizzata dalla mobilizzazione di un frammento libero osteo-condrale da una superficie articolare epifisaria Sesso M (10:1), eta tra15-30aa di cui 55% 2 decennio Sede: ginocchio (75-85%), gomito, tibio tarsica e anca Morbo di Konig Condilo Femorale Mediale (70%) Condilo Femorale Laterale (15%) Piatto Tibiale e Rotula (Rara) osteocondrite dissecante 75% ginocchio astragalo capitello radiale epifisi femorale polso rotula osteocondrite dissecante osteocondrite dissecante classificazione Forma giovanile: 5 -15 aa Forma dell’adulto: cartilagini chiuse classificazione artroscopica STADIO 1: superficie cartilaginea normale STADIO 2: iniziale demarcazione del frammento STADIO 3: parziale distacco STADIO 4: distacco completo classificazione Conway, 1937 anatomia patologica I : cartilagine II : osso necrotico separato III: tessuto fibroso IV : zona necrotica V : osso normale eziopatogenesi Traumi (Fischer 1921, Garrett 1991, Cahill 1995) Ischemia (Enneking 1990) Difetti di ossificazione Fattori genetici (Barrie 1984) (Mubarak e Carroll 1979) Fattori di rischio Trauma (circa la metà dei casi) Sesso maschile (anche se incidenza in aumento nel sesso femminile) Overuse da attività sportiva Familiarità nel 10% dei casi Lassità legamentosa Ginocchio varo/valgo Lesioni meniscali clinica Asintomatico in molti casi, diagnosi occasionale DOLORE: si accentua con sforzi, compare e scompare rapidamente IPOTROFIA MUSCOLARE TUMEFAZIONE ARTICOLARE LIMITAZIONE FUNZIONALE BLOCCHI ARTICOLARI spesso causati dal frammento mobile radiologia tradizionale RMN planning pre-operatorio corpi liberi grading della lesione rivascolarizzazione (follow-up) evoluzione La maggior parte delle osteocondriti guarisce normalmente Sorveglianza radiologica ed arresto delle attività sportive Trattamento chirurgico riservato ai frammenti mobili od ai casi ad evoluzione sfavorevole Trattamento conservativo Prima scelta nel paziente asintomatico o paucisintomatico per circa 6 mesi: Riposo Carico protetto FKT Terapia medica (FANS) Rivalutazione clinica, RX e/o RMN ogni 3 mesi Trattamento nell’adolescente Limitazione della attività • Guarigione dell’osso subcondrale • Prevenzione del distacco Intervento chirurgico • Sintomi dopo 6 mesi di tratt.conservativo • Assenza di segni strumentali di guarigione • Imminente maturità scheletrica Trattamento nell’adolescente fissazione del frammento asportazione corpo libero cruentazione del fondo Ritorno alla pratica sportiva L’atleta infortunato può riprendere la pratica sportiva dopo la guarigione della lesione, che può verificarsi 3 – 6 mesi dopo l’operazione. Prima della ripresa deve recuperare con un adeguato programma di allenamento un adeguato tono muscolare e raggiungere la piena mobilità articolare. Tendinopatia inserzionale: Sindrome di Sinding Larsen Johansson Tendinopatia inserzionale affezione caratterizzata dall’interessamento dell’ inserzione osteo-tendinea più comunemente definita entesite o in base al nome dalla regione interessata dal dolore (es: epitrocleite, epicondilite…) Tendinopatia inserzionale caratteristica comune è l’ispessimento peritendineo e la presenza di aree ipervascolarizzate nella regione d’inserzione sull’osso Tendinopatia inserzionale quadro clinico dolore elettivo nel punto d’inserzione dolore acutizzato dai movimenti che mettono in tensione il tendine interessato dolore alla palpazione nel punto d’inserzione Tendinopatia inserzionale localizzazioni più frequenti tendine rotuleo tendine quadricipitale tendine di achille tendini epicondiloidei dell’avambraccio tendini della zampa d’oca Tendinopatia inserzionale Tendinopatia inserzionale interessa prevalentemente gli sportivi professionisti sottoposti ad intenso allenamento in particolare gli atleti impegnati in attività di salto Tendinopatia inserzionale fattori estrinseci terreni d’allenamento troppo duri scorretto allenamento equipaggiamento inadeguato Tendinopatia inserzionale fattori intrinseci malallineamento del ginocchio posizione della rotula lassità costituzionale anomalie del piede Tendinopatia inserzionale la sintomatologia tende a scomparire in breve tempo con la sospensione dell’attività sportiva Tendinopatia inserzionale sindrome di Sinding-Larsen-Johansson avulsione polo inferiore rotula adiacente entesite rotulea edema corpo di Hoffa Tendinopatia inserzionale M. Di Sinding-LarsenJohansson Omologo al “jumper’s knee” dell’adulto Distorsione tibio - tarsica Epidemiologia le distorsioni di caviglia rappresentano la lesione più comune negli sports!!! Pallacanestro Calcio Corsa campestre Danza Balletto 45% 31% 29% 30% 34% Classificazione distorsioni I grado: legamento elongato II grado: legamento parzialmente rotto III grado: legamento completamente rotto Classificazione I grado (lieve): minimo deficit funzionale, non zoppia, tumefazione minima o assente, iperestesia puntoria, dolore alla riproduzione del meccanismo di lesione, lassità assente, terapia conservativa II grado (moderata): moderato deficit funzionale, incapacità di sollevarsi in punta di piedi o di saltare sulla caviglia lesa, zoppia, tumefazione localizzata, iperestesia puntoria, lassità moderata, terapia conservativa III grado (grave): dolore intenso, tumefazione diffusa, lassità grave, utilizzo di stampelle, terapia chirurgica Meccanismo traumatico Flessione plantare Inversione Il legamento PAA è più frequentemente leso perché è in tensione con il piede in flessione plantare e inversione Meccanismo traumatico 85% legamenti laterali 10% sindesmosi tibio-peroneale 5-6% leg. deltoideo o leg. mediale Clinica tumefazione della regione malleolare dolore perimalleolare appoggio a terra del piede doloroso impotenza funzionale Clinica iperestesia ecchimosi instabilità Clinica: test del cassetto anteriore Clinica: test del cassetto anteriore Clinica: valutazione instabilità legamentosa medio-laterale Clinica: valutazione instabilità legamentosa medio-laterale Diagnostica per immagini Rx … Artrografia Ecografia TC RMN Diagnostica per immagini Rx fratture da avulsione lesioni osteocondrali fratture occulte Rx sotto stress instabilità da lesione capsulolegamentosa RM - lesioni acute - operatore - dipendente Diagnostica per immagini RMN metodica elettiva legamenti, tendini, ossa costi elevati Trattamento Conservativo E’ il trattamento di elezione nella maggioranza dei traumi distorsivi della tibio-tarsica Trattamento Conservativo Immobilizzazione Terapia medica FKT Ginnastica propriocettiva Trattamento Immobilizzazione Conservativo Terapia medica FKT Ginnastica propriocettiva Trattamento Chirurgico (sutura dei legamenti) Raro Giovane atleta Grave instabilità Trattamento Chirurgico (Artroscopia) Distacchi osteocondrali Corpi mobili Impingement fibroso Trattamento Frequenti recidive Bendaggi preventivi ( flessione plantare) Tutori Impingement Si tratta di sindromi da conflitto molto frequenti negli sports 1. 2. 3. 4. Anteriore Antero-laterale Posteriore Mediale Impingement 1. Anteriore (caviglia dell’atleta) Speroni ossei od osteofiti a livello del margine anteriore dell’epifisi tibiale e/o della superficie articolare contrapposta dell’astragalo Impingement 2. Antero-laterale Recesso sinoviale tra 3 strutture: tibia-fibula-astragalo Impingement 2. Antero-laterale Dolore cronico in sede laterale (maggiore in eversione e dorsiflessione e nel salto su un piede) Impingement 2. Posteriore (caviglia del danzatore - ginnasti) siti di impingement posteriore Impingement 3. mediale Lesioni delle componenti profonde del legamento deltoideo GRAZIE