on tin te en euro peo p i A l D bl i n oc co A a r o i -p in lie se continente africano ug Atlante Mediterraneo occidentale dal resto della Tetide. Con il Cretacico, circa 130 milioni di anni fa, ebbe inizio l’apertura dell’Atlantico meridionale, mentre l’Atlantico settentrionale cominciò ad allargarsi molto più tardi, nel Cretacico superiore, separando il Nord America dall’Europa. Questa apertura esercitò sull’intero Mediterraneo un’influenza grandissima. Con la separazione tra Sud America e Africa, l’insieme AfricaAdria subì, rispetto all’Europa, una rotazione antioraria stimata complessivamente di circa 45° e uno spostamento verso Nord di oltre 30° (fig. 1). Queste stime sono state elaborate a partire dall’analisi dei dati paleomagnetici del nostro paese. In seguito allo spostamento di AfricaAdria si ebbero ripercussioni sulle aree vicine e una subduzione lungo il margine Dinaridi-Ellenidi (le catene montuose della ex Iugoslavia e della Grecia occidentale). Con l’apertura dell’Atlantico settentrionale e il conseguente allontanamento tra Europa e America si verificò la chiusura dell’area oceanica tra Adria ed Europa, che entrarono in collisione. Questa portò alla formazione della catena alpino-appenninica, che raggiunse i suoi massimi verso la fine del Mesozoico, contemporaneamente alla catena himalayana, di cui forma un’ideale prosecuzione. Vediamo i dettagli. i n tic n d e ria i p ad p co oc do so bl sar cor Alla luce delle conoscenze che la tettonica delle zolle ci offre, cerchiamo di ricostruire per sommi capi la struttura tettonica del nostro paese, in particolare la genesi delle due maggiori catene montuose, le Alpi e gli Appennini. Queste rappresentano, senza dubbio, l’ossatura centrale della nostra penisola ma, come vedremo, non sono le uniche strutture geologiche che la costituiscono. Esistono infatti territori molto estesi formati da rocce che hanno avuto origine in epoche antecedenti e successive a quelle che hanno generato la catena alpinoappenninica e che sono stati coinvolti in processi geodinamici di varia natura. Una più dettagliata analisi della storia geologica d’Italia verrà affrontata nel capitolo 15. La nostra storia strutturale comincia alla fine del Paleozoico, quando tutti i continenti erano tra loro uniti in un’unica grande massa, la Pangea. Circa 200 milioni di anni fa cominciò la separazione delle terre e l’espansione del grande golfo della Tetide, il mare che si stendeva tra Africa e Eurasia e andava dall’attuale Mediterraneo fino al Borneo. Al termine del Giurassico inferiore si formò, dalla Turchia ai Caraibi, una fascia di crosta oceanica che si andò sempre più allungando. In questo periodo la Tetide raggiunse la sua massima ampiezza e si ebbe uno stadio di accentuata oceanizzazione, con la formazione di una dorsale medio-oceanica simile a quelle attuali, lungo la quale vennero emesse grandi colate di lava che si spostarono ai lati allargando il bacino. È in questo oceano che si depositarono lentamente grandi quantità di sedimenti che formarono poi le rocce della catena alpina. L’area ora occupata dal Mar Adriatico e dalla fascia montuosa periadriatica, ossia parte della penisola italiana e le coste adriatiche fino alla Grecia occidentale, secondo alcuni studiosi era unita al blocco dell’Africa, di cui costituiva una sorta di promontorio, detto placca Apulia o Adria. Secondo altri autori Adria non era collegata all’Africa ma era una microzolla che separava il c L’Italia tra due continenti T Figura 1 Le unità strutturali che hanno portato alla formazione dell’Italia, stretta tra il continente europeo e quello africano, con il suo prolungamento rappresentato dalla zolla Apulia. ■ La struttura delle Alpi Nel Giurassico medio (circa 180 m.a. fa) si iniziò a formare crosta oceanica in mezzo a una vasta placca di crosta continentale e iniziarono a separarsi due zolle, una a Nord (zolla europea) e una a Sud (zolla adriatica). La massima separazione avvenne intorno al passaggio tra Giurassico e Cretacico (150-120 m.a. fa), quando il bacino oceanico intermedio, detto oceano piemontese-ligure, raggiunse la sua massima larghezza; un residuo di tale oceano è rappresentato dalle ofioliti incorporate nell’edificio alpino. Ma a un certo punto le due zolle cominciarono a invertire il moto di fuga relativa e iniziarono ad avvicinarsi dando origine, a partire dal Cretacico, a falde di ricoprimento e a fasi di metamorfismo. Cominciò così una fase di subduzione di litosfera oceanica nell’area alpina allorché la zolla europea si scontrò con quella adriatica, la cui crosta inferiore formò un cuneo che si infilò nella crosta europea. Il risultato dello scontro fu una struttura a falde di ricoprimento, già riconosciuta dal geologo svizzero Émile Argand nel 1924: una falda, detta delle Alpi Meridionali, verge verso Sud, mentre le altre, rispettivamente dette Pennidi, Austridi, Elvetidi, Ultraelvetidi, sono piegate verso Nord. A loro volta queste falde coprono, soprattutto nella parte esterna delle Alpi F Re ossa na na ra en a d el G iu Ba del cino paes o la M e lass o a Sistema Austroalpino Finestra dei Tauri Finestra ma e t dell’Engadina is A U S T R I A S he tica idic ia e n nt i c h e P li de BZ d Fal Ofio a e ri Linea pe Alpi Meridionali S V I Z Z E R A i alp Pre tico Elve il Cenozoico si sono messi in posto lungo la Linea Insubrica batoliti e plutoni, accompagnati da vulcaniti solo nel Biellese, mentre una modesta attività vulcanica ha interessato il settore orientale, nei Lessini e negli Euganei (fig. 2). r C at Avam pe Euro MI PD VE TO Sistema Delfinese ITALIA Monferrato Bacino terziario ligure-piemontese GE Appennino Settentrionale Catene Subalpine Mar Ligure Pad Avam ano pae -Ad se riat ico aridi Din A ENI OV SL F R A N C I A G E R M A N I A TS Mare CROAZIA Adriatico direzione ed età di movimento e ultimo trasporto orogenetico Miocene medio-superiore Pliocene-Pleistocene X Figura 2 Le principali unità strutturali delle Alpi, con indicazione delle direzioni (vergenze) delle diverse falde che formano la catena alpina. Occidentali, il basamento cristallino che oggi affiora in maniera discontinua nei massicci dell’Argentera, del PelvouxBelledonne, del Monte Bianco e dell’Aar-Gottardo. Le Pennidi corrispondono a quello che era il fondo delle aree centrali dell’originario bacino oceanico, con parti di litosfera oceanica e continentale, e relativa copertura sedimentaria: il tutto ormai metamorfizzato prevalentemente in calcescisti. Le Austridi erano in originaria continuità con le Alpi Meridionali, e corrispondevano alla crosta continentale con la sua copertura sedimentaria, all’epoca appartenente alla zolla adriatica. Oggi le falde austroalpine si trovano sovrapposte alle Pennidi. Le Elvetidi e le Ultraelvetidi derivano dal corrugamento della zolla europea, con crosta continentale coperta da rocce sedimentarie di mare poco profondo. Il trasporto tettonico è avvenuto verso l’esterno dell’arco alpino, ossia verso Nord nel settore centrale e verso Nord-Ovest in quello occidentale. Le Alpi Meridionali, che – come abbiamo detto – hanno la stessa genesi delle Austridi, sono prevalentemente sedimentarie e volgono a Sud, con sovrascorrimenti riconoscibili fin nel sottosuolo pedemontano della Pianura Padana, come hanno messo in luce le ricerche petrolifere dell’AGIP a partire dal secondo dopoguerra. La linea di separazione tra i due grandi gruppi di falde forma un grande arco intorno all’Adriatico, che è detta complessivamente Linea Insubrica o Periadriatica (anche se localmente prende altri nomi) ed è un sistema di faglie di notevole lunghezza e rigetto, che va dalla zona del Canavese fino alla Slovenia. La regione settentrionale delle Alpi è alquanto più complessa ed è tra quelle più tettonicamente complicate al mondo, soprattutto per la presenza di un grande accavallamento rappresentato dalle Austridi, che sono passate al di sopra delle altre falde. La struttura a falde è messa in evidenza anche dai numerosi scogli tettonici (klippen), resti di coltri alloctone sovrapposte ad altre, come il Monte Cervino, brandello australpino accavallatosi su falde pennidiche, o la regione svizzera dei Quattro Cantoni; ma soprattutto dalle finestre tettoniche dell’Engadina e degli Alti Tauri, dove affiora il substrato pennidico raggiunto dall’erosione che ha intaccato le soprastanti unità australpine. Durante ■ La struttura degli Appennini Gli antichi Appennini si trovavano in una posizione diversa dall’attuale. Erano infatti disposti sul prolungamento delle Alpi e rappresentavano il collegamento tra questa catena e quelle della Spagna. Contrariamente a quanto molti credono, il loro corrugamento è più recente di quello alpino ed è legato alle vicende dell’area mediterranea occidentale. Questa comprende oggi bacini profondi, formatisi durante il Cenozoico, con due vaste pianure abissali: quella balearico-provenzale e quella tirrenica, entrambe con crosta oceanica. Un discorso a parte vale per il blocco sardo-corso, l’insieme delle due isole che hanno avuto un’origine comune e una storia geologica specifica, distinta da quella del resto d’Italia. Questo blocco si trovava grosso modo nella posizione delle attuali Baleari e si ritiene fosse attaccato al blocco europeo, da cui si sarebbe separato, agli inizi del Miocene, con una rotazione in senso antiorario che avrebbe aperto il Mar Ligure. Durante questa migrazione il proto-Appennino però si muoveva a una velocità maggiore di quella del blocco sardo-corso. Fra i due tratti di terra si aprì allora una frattura che in seguito si allargò e si riempì d’acqua formando il Tirreno. La crosta oceanica del Tirreno è quindi la conseguenza dell’apertura dell’omonimo bacino a tergo del corrugamento appenninico il cui fronte procedeva in direzione della zolla adriatica. Per quanto invece riguarda direttamente la catena appenninica, al contrario che nelle Alpi dove prevalgono rocce metamorfiche o intrusive, qui si ha una netta prevalenza di rocce sedimentarie. E non è l’unica differenza: non tutta la parte corrispondente al bordo del paleocontinente africano è sovrascorsa struttura risulta perciò alquanto complessa, quando non caotica. Anche la vergenza della falde è variegata ed è diretta verso Nord-Est negli Appennini settentrionali, verso Est in quelli centrali e verso Est, ma anche Sud-Est e Sud in quelli meridionali. Le aree che si estendono ai margini di una catena montuosa, verso le quali si dirigono le falde di ricoprimento, ma non sono direttamente interessate dai corrugamenti sono dette avampaese, mentre avanfossa sono quelle parti che più direttamente raccolgono (quasi appunto in una fossa) i detriti che l’erosione della nascente catena va producendo, man mano che questa si solleva e viene aggredita dagli agenti esogeni. Nel nostro caso la Pianura Padana rappresenta l’avampaese delle Alpi Meridionali da una parte e degli Appennini settentrionali dall’altra, mentre il bacino adriatico è l’avampaese dell’Appennino centro- sui terreni sottostanti. Mentre a Est si formavano le Alpi, a Ovest si andavano costituendo, sempre a seguito dell’accavallarsi di falde di ricoprimento, gli Appennini nei quali tuttavia non sono rappresentati tutti i componenti dell’edificio strutturale alpino. Negli Appennini mancano infatti la parte esterna, corrispondente alle Pennidi, e tutte le Elvetidi, mentre sono presenti i terreni corrispondenti alle porzioni interne. Geologicamente gli Appennini si possono dividere in tre grandi gruppi: • gli Appennini settentrionali, prevalentemente argilloso-arenacei; • gli Appennini centrali, a prevalenza calcarea; • gli Appennini meridionali, di composizione mista calcarea e arenaceo-argillosa. S U a ne Li L A V A A M zale A da no ven b ra d an ic a a - p ro pa ero E alg S E ino E P Bac P P Massiccio sardo - corso ■ In futuro… Mentre possiamo dire che l’orogenesi alpina è sostanzialmente finita, quella appenninica non lo è e varie parti sono ancora in movimento, soprattutto nell’area del massiccio calabropeloritano, come prova la vivace sismicità della zona e i suoi movimenti tettonici diretti verticalmente, che indicano un complessivo innalzamento in atto, collegato all’espansione parallela del bacino del basso Tirreno. Questi sollevamenti e la sismicità della regione mediterranea, al di là delle conferme che ci giungono dalle osservazioni satellitari o dai dati della sismica a rifrazione (vedi scheda 13.2), provano in modo inequivocabile che la convergenza tra la zolla africana e quella europea non si è per nulla esaurita. Attualmente la velocità del movimento Pliocene viene stimata in circa Pleistocene 3 cm all’anno Miocene medio e superiore complessivamente. Oligocene Questo significa che il Miocene bacino mediterraneo inferiore tenderà a chiudersi e il Mar Adriatico a scomparire, schiacciando D l’Italia contro le Dinaridi e i n a garantendoci, nel r i d i contempo, milioni d’anni ancora di violenti A terremoti e qualche D R IA esplosione vulcanica. Nelle TI CO future epoche geologiche i due blocchi continentali O si salderanno in uno solo, lasciando qua e là isolati laghi salati a ricordo del Mediterraneo, così come Arco oggi il Mar Caspio e il lago calabro d’Aral sono un pallido peloritano ricordo della perduta Tetide. - I primi due sono separati da un’importante linea tettonica, detta dai suoi due estremi “Linea O Ancona-Anzio”, che PE a) RO olass U taglia diagonalmente in E o della M n i c E (Ba ES due la nostra penisola. Il s sa PA nfo M a R A L P I N O v A A secondo blocco degli T AV Alti Tauri Appennini è diviso dal I A periadriatica terzo da un limite che è a P I N O P L S U un tempo morfologico e D A tettonico che corre sul lato sudorientale dei A Av a massicci calcarei della nf os sa Maiella e del Matese (“Linea MaiellaRoccamonfina”). Sovrascorrimenti e falde N sono state riconosciute N da tempo in tutte le sue I N parti. Queste vennero prodotte, agli inizi del Miocene, dall’avvenuta Piana collisione del blocco abissale tirrenica sardo-corso con la zolla Adria. Si ebbe allora una spinta che andava in senso antiorario a premere sui sedimenti Av ul che si erano deposti nei anfossa sic AVAMPAESE AFRICANO bacini intermedi e questi fronte raggiunto dai vennero compressi, sistemi di falde nel sollevati e sospinti, l’uno loro movimento sull’altro a formare gli finestra tettonica Appennini, la cui meridionale. Le regioni della Francia e della Svizzera settentrionale sono invece l’avampaese europeo (fig. 3). T Figura 3 Strutture tettoniche della regione italiana. Le frecce indicano direzioni ed età dei movimenti delle ultime fasi dell’orogenesi alpidica.