Appunti di sicurezza elettrica

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$SSXQWLGLVLFXUH]]DHOHWWULFD
ing. Giorgio Franceschi
Dipartimento Interaziendale di Area Tecnica
Azienda Ospedaliera di Padova - Azienda ULSS 16 di Padova
1
NORME PRINCIPALI IN TEMA DI SICUREZZA DEGLI IMPIANTI ELETTRICI ............... 2
1.1 Leggi sulla sicurezza degli impianti.................................................................................... 2
1.2 Norme tecniche ................................................................................................................... 3
1.3 Legislazione antincendio..................................................................................................... 4
1.4 Legislazione per i requisiti minimi per le strutture sanitarie............................................... 4
2
PRESCRIZIONI PER LA SICUREZZA...................................................................................... 4
2.1 Contatti diretti ..................................................................................................................... 5
2.2 Contatti indiretti .................................................................................................................. 5
2.3 Prescrizioni contro gli effetti termici ................................................................................ 10
2.4 Prescrizioni contro le sovratensioni .................................................................................. 11
2.5 Prescrizioni per i locali ad uso medico ............................................................................. 12
2.6 Alimentazione di emergenza............................................................................................. 13
$SSXQWLGLVLFXUH]]DHOHWWULFD
1250(35,1&,3$/,,17(0$',6,&85(==$'(*/,,03,$17,
(/(775,&,
Oltre alle leggi e norme “generiche” sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sulle dotazioni
minime impiantistiche e sulla prevenzione incendi, esistono diverse nome e leggi, riguardanti in
modo specifico gli impianti elettrici, applicabili anche alle strutture sanitarie.
/HJJLVXOODVLFXUH]]DGHJOLLPSLDQWL
1.1.1
DPR n° 547/55 “1RUPHSHUODSUHYHQ]LRQHGHJOLLQIRUWXQLVXOODYRUR”
La legge, pur obsoleta in molte parti, è in vigore e contiene alcuni specifici articoli
riguardanti le macchine e le apparecchiature elettriche, in particolare sull’obbligo del
sezionamento e della messa a terra.
1.1.2 Legge n° 186/68 “'LVSRVL]LRQLFRQFHUQHQWLODSURGX]LRQHGLPDWHULDOLDSSDUHFFKLDWXUH
PDFFKLQDULLQVWDOOD]LRQLHLPSLDQWLHOHWWULFLHGHOHWWURQLFL”
È la legge che rende obbligatorio realizzare gli impianti “a regola d’arte” e considera la
realizzazione degli impianti secondo le norme CEI sufficiente alla regola dell’arte.
1.1.3 Legge n° 46/90 “1RUPHSHUODVLFXUH]]DGHJOLLPSLDQWL”
È la prima legge interamente dedicata alla sicurezza degli impianti (non solo elettrici).
Prescrive, tra le altre cose, l’obbligo del progetto, l’obbligo di far realizzare gli impianti a
imprese qualificate e il rilascio, da parte di queste, di un certificato di conformità alla norma per
quanto realizzato.
1.1.4 DPR n° 447/91 “5HJRODPHQWRGLDWWXD]LRQHOHJJHQGHOLQPDWHULDGLVLFXUH]]D
GHJOLLPSLDQWL”
È il regolamento di attuazione della Legge 46/90 e precisa molti aspetti della legge.
1.1.5
DPR n° 462/01 “5HJRODPHQWRGLVHPSOLILFD]LRQHGHOSURFHGLPHQWRSHUODGHQXQFLDGL
LQVWDOOD]LRQLHGLVSRVLWLYLGLSURWH]LRQHFRQWUROHVFDULFKHDWPRVIHULFKHGLGLVSRVLWLYLGL
PHVVDDWHUUDGLLPSLDQWLHOHWWULFLHGLLPSLDQWLHOHWWULFLSHULFRORVL”
È il regolamento che prescrive le verifiche periodiche degli impianti di terra, dei
parafulmine e degli impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione.
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1RUPHWHFQLFKH
1.2.1
Norma CEI 68-8 “ ,PSLDQWLHOHWWULFLXWLOL]]DWRULDWHQVLRQHQRPLQDOHQRQVXSHULRUHD
9LQFRUUHQWHDOWHUQDWDHD9LQFRUUHQWHFRQWLQXD”
È una famiglia di 7 norme pubblicate dal Comitato Elettrotecnico Italiano che si occupa
di tutti gli impianti elettrici in “ bassa tensione” [1] (BT).
In particolare:
•
la parte 4 riguarda le prescrizioni per la sicurezza (quali sono i rischi negli
impianti elettrici e come fare per limitarne o eliminarne gli effetti);
•
la parte 5 riguarda la scelta e l’ installazione dei componenti elettrici (al fine di
rispettare le prescrizioni della parte 4);
•
la parte 7 riguarda le prescrizioni per ambienti ed applicazioni particolari (ad
esempio bagni e docce, piscine e fontane, cantieri, ambienti a maggior rischio in
caso d’ incendio, ecc.).
Nel caso di strutture sanitarie e locali ad uso medico si applicano tutte le parti della
norma, ma si applicano in particolare le prescrizioni contenute nel capitolo 710 della
parte 7 intitolato appunto “ /RFDOLDGXVRPHGLFR” . Si applicano anche le prescrizioni del
capitolo 751 “ $PELHQWL D PDJJLRU ULVFKLR LQ FDVR G¶LQFHQGLR” essendo le strutture
sanitarie tipicamente soggette alla legislazione di prevenzione incendi.
Le norma CEI sono norme tecniche, ma sono assunte a ruolo di legge dal momento che la
Legge 46/90 recita al comma 1 dell’ articolo 7:
“ /HLPSUHVHLQVWDOODWULFLVRQRWHQXWHDGHVHJXLUHJOLLPSLDQWLDUHJRODG¶DUWHXWLOL]]DQGR
DOOR VFRSR PDWHULDOL SDULPHQWL FRVWUXLWL D UHJROD G¶DUWH , PDWHULDOL HG L FRPSRQHQWL
UHDOL]]DWLVHFRQGROHQRUPHWHFQLFKHGLVLFXUH]]DGHOO¶(QWHLWDOLDQRGLXQLILFD]LRQH81,
H GHO &RPLWDWR HOHWWURWHFQLFR LWDOLDQR &(, QRQFKp QHO ULVSHWWR GL TXDQWR SUHVFULWWR
GDOODOHJLVOD]LRQHWHFQLFDYLJHQWHLQPDWHULDVLFRQVLGHUDQRFRVWUXLWLDUHJRODG¶DUWH.”
e il DPR 447/91 (Regolamento di attuazione della Legge 46/90) recita all’ articolo 5:
³ , PDWHULDOL H FRPSRQHQWL FRVWUXLWL VHFRQGR OH QRUPH WHFQLFKH SHU OD VDOYDJXDUGLD
GHOODVLFXUH]]DGHOO¶81,HGHO&(,QRQFKpQHOULVSHWWRGHOODOHJLVOD]LRQHWHFQLFDYLJHQWH
LQPDWHULDGLVLFXUH]]DVLFRQVLGHUDQRFRVWUXLWLDUHJRODG¶DUWH
6LLQWHQGRQRDOWUHVuFRVWUXLWLDUHJRODG¶DUWHLPDWHULDOLHGLFRPSRQHQWLHOHWWULFLGRWDWL
GL FHUWLILFDWL R DWWHVWDWL GL FRQIRUPLWj DOOH QRUPH DUPRQL]]DWH SUHYLVWH GDOOD OHJJH RWWREUH Q R GRWDWL DOWUHVu GL PDUFKL GL FXL DOO¶DOOHJDWR ,9 GHO GHFUHWR GHO
0LQLVWHUR GHOO¶LQGXVWULD GHO FRPPHUFLR H GHOO¶DUWLJLDQDWR JLXJQR SXEEOLFDWR
QHOVXSSOHPHQWRRUGLQDULRDOOD*D]]HWWD8IILFLDOHQGHOOXJOLR
*OLLPSLDQWLUHDOL]]DWLLQFRQIRUPLWjDOOHQRUPHWHFQLFKHGHOO¶81,HGHO&(,QRQFKp
DOODOHJLVOD]LRQHWHFQLFDYLJHQWHVLLQWHQGRQRFRVWUXLWLDUHJRODG¶DUWH´
1
La norma suddivide i sistemi elettrici in base alla loro tensione nominale: sistemi di categoria 0 quelli a tensione
nominale ≤50V in corrente alternata. e ≤120V in corrente continua, sistemi di I categoria quelli con tensione
nominale ≤1.000V in c.a. e ≤1.500V in c.c., sistemi di II categoria quelli con tensione nominale ≤30.000V in c.a. e
c.c., sistemi di III categoria quelli a tensione nominale superiore a 30.000V in c.a. e in c.c. Per “ bassa tensione” si
intendono, in genere, i sistemi elettrici di I categoria.
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La corrispondenza alle norme tecniche del CEI è quindi sufficiente a rendere un impianto
costruito “ a regola d’ arte” (prima della Legge 46/90 lo stesso concetto era espresso dalla Legge
186/68), ma, nella realtà dei fatti, è da considerarsi anche necessaria, non essendoci reali
alternative normative con cui confrontarsi [2].
/HJLVOD]LRQHDQWLQFHQGLR
1.3.1 Decreto Ministero dell’ Interno 18 settembre 2002, “ $SSURYD]LRQHGHOODUHJRODWHFQLFDGL
SUHYHQ]LRQHLQFHQGLSHUODSURJHWWD]LRQHODFRVWUX]LRQHHO¶HVHUFL]LRGHOOHVWUXWWXUH
VDQLWDULHSXEEOLFKHHSULYDWH”
Il DMI 16 febbraio 1982 elenca le attività soggette alla prevenzioni incendi. L’ attività 86
riguarda “ 2VSHGDOLFDVHGLFXUDHVLPLOLFRQROWUHSRVWLOHWWR” .
Il DMI 18 settembre 2002 contiene le disposizioni specifiche per le strutture sanitarie.
Contiene diverse indicazioni che riguardano specificatamente gli impianti elettrici.
1.4.1
/HJLVOD]LRQHSHULUHTXLVLWLPLQLPLSHUOHVWUXWWXUHVDQLWDULH
DPR 14 gennaio 1997, n°37, “ $SSURYD]LRQHGHOO¶DWWRGLLQGLUL]]RHFRRUGLQDPHQWRDOOH
UHJLRQLHDOOHSURYLQFHDXWRQRPHGL7UHQWRHGL%RO]DQRLQPDWHULDGLUHTXLVLWL
VWUXWWXUDOLWHFQRORJLFLHGRUJDQL]]DWLYLPLQLPLSHUO¶HVHUFL]LRGHOOHDWWLYLWjVDQLWDULHGD
SDUWHGHOOHVWUXWWXUHSXEEOLFKHHSULYDWH”
In questo decreto sono contenuti i requisiti minimi strutturali e tecnologici (quindi anche
impiantistici) per le strutture sanitarie. È la base sulla quale è necessario progettare e realizzare le
strutture sanitarie per le quali è obbligatorio ottenere l’ autorizzazione e la certificazione a livello
regionale per l’ esercizio.
35(6&5,=,21,3(5/$6,&85(==$
La norma CEI 64-8 descrive, nella parte 4, i principali rischi di carattere elettrico con le
relative prescrizioni:
•
protezione contro i contatti diretti;
•
protezione contro i contatti indiretti;
•
protezione contro gli effetti termici;
•
protezione contro le sovracorrenti;
•
protezione contro le sovratensioni.
Il principale rischio per le persone è quello di “ prendere la scossa” , cioè quello di venire
in contatto con conduttori e/o parti d’ impianto che, per motivi di esercizio normale o per guasto,
si trovano sottoposti ad una tensione pericolosa per il corpo umano.
2
Le norme CEI sono infatti armonizzate a livello europeo all’ interno del CENELEC (comitato europeo di
standardizzazione per l’ area impianti elettrici ed elettronici), branca del CEN, e sono per lo più armonizzate a livello
internazionale tramite l’ IEC. Hanno quindi valore praticamente internazionale e sono spesso la traduzione letterale di
norme internazionali adottate da, quasi, tutti gli stati (sicuramente da quelli dell’ UE).
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La norma stabilisce, in sostanza e in estrema sintesi, che le persone sono protette contro i
contatti diretti e indiretti quando la tensione a cui sono sottoposte non supera 50V valore efficace
in c.a. e 120V valore efficace in c.c. Cioè il contatto può avvenire purché la tensione applicata al
corpo umano non sia pericolosa e tale pericolosità è stabilita nei valori suddetti.
La 7HQVLRQHGLFRQWDWWROLPLWHFRQYHQ]LRQDOH8 ) è definita, nell’ art. 22.4 della parte 2
della norma, come il massimo valore della tensione di contatto (cioè tensione che si stabilisce fra
parti simultaneamente accessibili) che è possibile mantenere per un tempo indefinito in
condizioni ambientali specificate. La norma considera appunto UL=50V in c.a. e UL=120V in c.c.
a vuoto, in condizioni specificate e con l’ impianto alimentato alla tensione nominale [3].
&RQWDWWLGLUHWWL
Un contatto con una parte in tensione è considerato GLUHWWR quando avviene con una parte
di impianto la cui funzione è quella di essere in tensione nel servizio ordinario. Tali parti
d’ impianto si definiscono SDUWLDWWLYH.
In sostanza è il contatto, senza intermediazioni, con un conduttore la cui funzione è quella
di condurre energia elettrica.
La protezione contro i contatti diretti si ottiene in due modi. Nella sostanza si tratta di
impedire che la persona possa avere a portata di mano i conduttori attivi:
1. 'LVWDQ]LDPHQWR: le parti attive devono essere a debita distanza dallo spazio
potenzialmente accessibile e raggiungibile dalle persone (ad es. le linee aree in MT
sono tipicamente “ distanti” dal suolo).
2. ,VRODPHQWRLQYROXFULHEDUULHUHRVWDFROL: tra le parti attive e lo spazio occupato dalle
persone si frappone qualcosa che impedisca il contatto. L’ isolamento ha una funzione
anche impiantistica (deve impedire che conduttori diversi siano in contatto tra di loro,
evitando cioè il “ corto circuito” ). Gli involucri e le barriere sono tutte quelle parti
d’ impianto o di apparecchiatura che impediscono, senza l’ uso di attrezzi, di
raggiungere le parti attive (ad es. le scatole in PVC delle prese, il case dei PC, la
carcassa di una lavatrice, ecc.). Le prese elettriche civili moderne contengono un
diaframma plastico che rende accessibili i contatti elettrici interni solo quando
entrambi gli “ spinotti” della spina sono inseriti. Gli involucri e le barriere non sono
necessariamente in materiale isolante: possono anzi essere in metallo perché svolgono
principalmente funzioni di protezione meccanica o strutturale. In un normale
elettrodomestico si utilizza una combinazione di distanziamento, protezione
meccanica e isolamento per impedire i contatti diretti. Gli ostacoli devono impedire
l’ avvicinamento non intenzionale del corpo con parti attive e, in ogni caso, non devono
poter essere rimossi in modo accidentale.
&RQWDWWLLQGLUHWWL
Un contatto è considerato LQGLUHWWR quando avviene a seguito di un guasto all’ isolamento.
Il contatto non avviene direttamente con una parte attiva (conduttore che nel funzionamento
ordinario GHYH essere in tensione), ma con una PDVVD, cioè con una parte dell’ apparecchiatura o
3
Tipicamente 230V o 400V in c.a. nei casi di impianti in BT.
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dell’ impianto che, pur conduttrice, in condizioni normali dovrebbe poter essere toccata senza
pericolo e la cui funzione non è quella di essere in tensione e/o di condurre energia elettrica.
Un semplice circuito elettrico in corrente alternata è costituito da un generatore che eroga
una tensione V, da una coppia di conduttori (fase e neutro) e da un utilizzatore (ad esempio un
motore elettrico, una resistenza, un elettrodomestico, un apparecchio illuminante, ecc.).
F
M
V
Carcassa della
lavatrice (
N
Nel caso di un circuito elettrico civile, il generatore è il secondario del trasformatore il cui
neutro N è collegato a terra, cioè è collegato tramite un conduttore apposito a un sistema detto
GLVSHUVRUH formato da conduttori, picchetti e altri dispositivi e che serve disperdere nel terreno
una corrente di guasto [4].
Il FDULFR, cioè l’ apparecchiatura alimentata elettricamente (ad esempio una lavatrice), è
connesso alla rete tramite una coppia di morsetti (ad esempio i 2 poli di un sistema presa-spina).
Si può supporre che avvenga un guasto all’ isolamento dell’ apparecchiatura. Un
conduttore attivo viene in contatto elettrico con la carcassa della lavatrice (PDVVD). La carcassa si
trova così collegata elettricamente con il generatore e si trova quindi “ in tensione” .
4 Il terreno ha tipicamente scarse proprietà di FRQGXFLELOLWj (caratteristica dei materiali che riguarda la proprietà
specifica di condurre cariche elettriche, reciproco della UHVLVWLYLWj), ma, poiché la resistenza è inversamente
proporzionale alla sezione, il terreno si rivela un buon conduttore.
Generatore
G
Terreno
Nella figura precedente il circuito elettrico si richiude attraverso il terreno. Il generatore eroga corrente iniettandola
(tramite due dispersori piantati nel terreno) nel terreno che funge da conduttore. La resistività del terreno è alta se
confrontata con quella di tipici materiali conduttori (rame, alluminio, ecc.), ma la sezione offerta dal terreno è
pressoché illimitata.
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M
Se il guasto è IUDQFR (cioè netto), una persona (la famosa PDVVDLD [5]) che tocca la
carcassa della lavatrice si trova alla tensione di alimentazione della lavatrice. Si crea quindi una
via diversa per la richiusura della corrente (FLUFXLWRGLJXDVWR): una parte della corrente erogata
dal generatore attraversa il guasto, la carcassa della lavatrice, il corpo della massaia e si richiude,
tramite il terreno, con il generatore.
F
I
V
M
IN
Terra
N
IG
La corrente I che attraversa il circuito si suddivide in due correnti: la prima, IN, attraversa
il conduttore di neutro (che è la strada normale, in assenza di guasto). La seconda, la corrente di
guasto IG, percorre una diversa via di ritorno.
In condizioni normali, senza guasto:
I= IN
In condizioni di guasto e con la massaia che offre alla corrente una via diversa:
I = IN + IG
La corrente di guasto ha trovato, subdolamente, una via di minor resistenza per
richiudersi: il corpo della massaia!
5
Si ringraziano Francesca e Serena per la splendida illustrazione -.
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Si noti che, fintantoché la massaia non tocca la carcassa della lavatrice, la corrente di
guasto è nulla. La carcassa è in tensione, ma la corrente di guasto non trova una via di richiusura
fintantoché non avviene il contatto della massaia. In teoria (salvo un ulteriore peggioramento del
difetto di isolamento che potrebbe produrre un guasto elettricamente più grave), nessuno si
accorgerebbe del guasto per un tempo indefinito (la lavatrice ha probabilmente dei piedini di
plastica, la carcassa non è elettricamente in contatto con il terreno e quindi non vi è una via di
richiusura).
Il principale metodo di protezione contro i FRQWDWWL LQGLUHWWL è il coordinamento tra
l’ LQWHUUX]LRQHGHOO¶DOLPHQWD]LRQH in caso di guasto e un efficiente sistema di PHVVDDWHUUD.
2.2.1 Interruzione dell’ alimentazione
In caso di guasto è fondamentale interrompere l’ alimentazione al primo verificarsi del
guasto. Servono due dispositivi combinati.
•
Un interruttore che fisicamente apra il circuito.
•
Un sistema che rilevi la corrente IG di guasto prima che qualcuno venga a contatto
con la parte guasta in tensione (prima che la massaia tocchi la carcassa della
lavatrice).
Nei normali impianti elettrici (ma non è l’ unico sistema) esiste un dispositivo molto
diffuso che assolve a questi due compiti: è l’ LQWHUUXWWRUH GLIIHUHQ]LDOH, gergalmente detto
“ salvavita” .
I
V
Guasto verso terra
IG
I∆ = I - IN
IN
L’ interruttore differenziale legge la differenza tra la corrente di andata (nel conduttore di
fase) e quella di ritorno (conduttore di neutro) del circuito. Se rileva una differenza significa che
una parte della corrente I “ è scappata” , ha cioè seguito una via diversa per richiudersi
(probabilmente il corpo della massaia). È in atto un JXDVWR YHUVR WHUUD: è necessario quanto
prima interrompere l’ alimentazione.
Tipicamente gli interruttori differenziali utilizzati in ambito domestico e civile hanno un
tempo d’ intervento pari a zero (salvo i tempo fisico di apertura dei contatti, di pochi ns o ms) e
una corrente differenziale I∆ di decine/centinaia di mA (30mA nei dispositivi differenziali di uso
civile obbligatori per legge a monte degli impianti residenziali).
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2.2.2
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Impianto di terra
Il metodo migliore per evitare il contatto indiretto: fare in modo che la corrente di guasto,
invece di passare attraverso il corpo umano, prenda un’ altra strada, stabilita preventivamente in
fase di progetto e/o di realizzazione dell’ impianto.
Gli impianti elettrici devono essere dotati di una rete di conduttori che, collegati a terra in
un punto ben preciso, permettano di dirigere le correnti di guasto attraverso vie prestabilite,
sicure, segnalate e ben delimitate. A tale impianto di terra devono essere collegate tutte le PDVVH
delle apparecchiature elettriche che, per guasto, potrebbero trovarsi in tensione.
La corrente di guasto viene così convogliata attraverso il FRQGXWWRUHGLSURWH]LRQH (PE)
collegato all’ impianto di terra. Si tratta del terzo conduttore di un impianto, oltre a quelli di fase
(tipicamente nero, marrone o rosso) e di neutro (tipicamente di colore azzurro/blu). La norma
prescrive che il colore dell’ isolamento dei conduttori di protezione e di terra sia giallo/verde.
2.2.3
Coordinamento delle protezioni
Il “ trucco” per rendere funzionante questo sistema di protezione contro i contatti indiretti
è intercettare il guasto al suo primo apparire, prima del contatto fortuito che potrebbe permettere
alla corrente di richiudersi attraverso un corpo umano.
I
F
V
M
N
IN
IG
PE
Terra
È quindi necessario far sì che il guasto non rimanga latente. Anzi, è preferibile che, una
volta manifestatosi il difetto di isolamento che ha messo in tensione la PDVVD, il guasto sia reso
evidente e intercettato immediatamente.
La corrente di guasto deve “ preferire” il percorso verso terra offerto dal conduttore di
protezione piuttosto che un possibile percorso attraverso il corpo umano.
L’ impianto di terra deve quindi offrire una bassissima resistenza alla corrente di guasto. Il
valore di IG deve essere il più alto possibile: più è alto, prima e con maggior certezza
l’ interruttore differenziale interviene (poiché “ legge” un valore di corrente differenziale I∆
elevato), prevenendo contatti indiretti pericolosi e proteggendo preventivamente l’ impianto.
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2.2.4
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Isolamento supplementare
Un metodo particolare, ma molto utilizzato, per proteggere le persone contro i contatti
indiretti è quello dell’ utilizzo di componenti con isolamento supplementare, cioè di classe II,
detti gergalmente a GRSSLRLVRODPHQWR.
L’ idea di base è quella di evitare sostanzialmente il verificarsi di contatti indiretti perché:
• si evitano carcasse, case, contenitori, ecc. realizzati in materiale conduttore;
• in mancanza di PDVVH non è necessario prevedere la messa a terra.
La condizione è che i componenti dell’ impianto o dell’ apparecchiature dispongano di un
isolamento supplementare (doppio o rinforzato) certificato e contrassegnato.
Gli apparecchi di classe II devono essere conformi a quanto specificato dalla norma e
devono essere contrassegnati con il simbolo grafico
e non devono essere collegati a terra (in realtà non dovrebbero avere nessuna parte metallica che
sia possibile mettere a terra pena la vanificazione del concetto di doppio isolamento).
Si affronta il problema alla radice: non ci deve essere guasto a terra e contatto indiretto.
La perdita di isolamento è ritenuto un rischio accettabile poiché altamente improbabile essendoci
un doppio livello di isolamento.
2.2.5 Utilizzo di tensioni non pericolose
Un metodo chiaramente molto efficace per la protezione contro i contatti diretti e indiretti
è l’ utilizzo di tensioni di alimentazione non pericolose, al di sotto, cioè, della WHQVLRQH OLPLWH
FRQYHQ]LRQDOH(50V in c.a. e 120V in c.c.).
Apparecchiature alimentate a EDVVLVVLPDWHQVLRQH non sono considerate pericolose e non
necessitano di ulteriori precauzioni circa il pericolo di folgorazione. È il caso, ad esempio, di tutti
i dispositivi a batteria o dei dispositivi che funzionano con l’ ausilio di un alimentatore che
trasforma la tensione di rete (230V in c.a.) in una tensione inferiore ai limiti di pericolosità
(tipicamente 5, 12, 24 o 48V in c.a. o c.c.).
Se l’ alimentatore è “ a spina” deve essere costruito secondo particolari prescrizioni per
impedire che, in caso di guasto, possa trasportare la tensione di rete all’ apparecchiatura
alimentata. I WUDVIRUPDWRULGLVLFXUH]]D, anche portatili, sono generalmente di classe II (in genere
sono incapsulati in un getto di resina o altro materiale isolante non manomissibile).
3UHVFUL]LRQLFRQWURJOLHIIHWWLWHUPLFL
Gli impianti elettrici possono dar luogo a incendi a causa del riscaldamento dei conduttori
per effetto Joule e per il conseguente degrado degli isolamenti. Il surriscaldamento di una parte di
impianto può portare a difetti di isolamento che possono provocare malfunzionamenti e guasti
all’ impianto stesso.
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Un cavo [6] (o una apparecchiatura elettrica in genere) in tensione può essere legato al
rischio d’ incendio in tre modi.
• Il cavo (o una parte d’ impianto) provoca l’ incendio per effetto del surriscaldamento
dovuto all’ effetto Joule: brucia sé stesso e/o il materiale circostante.
• Il cavo non provoca direttamente l’ incendio, ma per effetto della combustione
dell’ isolamento “ trasporta” e diffonde l’ incendio.
• Il cavo per effetto del fuoco o del semplice surriscaldamento si danneggia e mette fuori
servizio una parte di impianto non interessata direttamente dall’ incendio.
Per ognuno dei tre casi è necessario porre in essere determinate precauzioni circa la scelta
dei cavi, delle parti di impianto e circa la loro disposizione. Si parla quindi di cavi QRQ
SURSDJDQWLO¶LQFHQGLR (in grado cioè di autoestinguersi e di non propagare la fiamma o il calore),
di cavi UHVLVWHQWLDOO¶LQFHQGLR, di cavi DEDVVDHPLVVLRQHGLJDVWRVVLFLHFRUURVLYL, ecc.
Inoltre i cavi in particolar modo devono essere installati in modo tale da garantire che
possano disperdere efficacemente il calore prodotto: ecco perché esistono dei limiti ben precisi di
portata dei cavi (cioè la massima corrente che un cavo può trasportare) a seconda dei modi di
posa degli stessi. Una matassa di cavi stipati in una tubazione incassata a parete disperde il calore
peggio di una cavo in aria libera.
Particolare è il rischio da fumo derivato dalla combustione degli isolamenti delle
apparecchiature. L’ effetto del fumo in caso di guasto:
• è pericoloso per persone con problemi respiratori;
• si incunea dappertutto.
Tutta la parte 751 della norma CEI 64-8/7 è dedicata alle prescrizioni per i luoghi a
maggior rischio in caso d’ incendio e contiene ulteriori disposizioni circa i legami tra il trasporto
e l’ utilizzazione dell’ energia elettrica e l’ incendio in luoghi e ambienti particolari.
3UHVFUL]LRQLFRQWUROHVRYUDWHQVLRQL
Le sovratensioni sono “ scariche elettriche” incontrollate che hanno effetti difficili da
quantificare e prevedere. Un tipico esempio sono le sovratensioni di origine atmosferica, cioè i
fulmini che scaricandosi nei pressi di un impianto elettrico, provocano degli impulsi di tensione
nei conduttori che si trasmettono attraverso essi (in modo analogo alle onde sulla superficie
dell’ acqua perturbata).
Le sovratensioni sono un tipico caso di guasto che provoca danni alle apparecchiature
(incendi, danni a circuiti elettronici, fulminazioni, ecc.).
La limitazione degli effetti delle sovratensione si ottiene, oltrché con l’ utilizzo del
“ parafulmine” nel caso di scariche atmosferiche dirette, mediante dispositivi detti VFDULFDWRULGL
WHQVLRQH (SPD) che “ tagliano” i picchi delle onde di tensione che si stanno propagando attraverso
i circuiti elettrici e ne scaricano l’ energia verso l’ impianto di terra.
Per FDYR si intende l’ insieme formato da un conduttore rettilineo (tipicamente in rame o alluminio) e dal materiale
isolante che lo avvolge (tipicamente PVC o gomma). Un cavo può essere dotato anche di un isolamento
supplementare (a volte con caratteristiche di protezione prevalentemente meccanica) detto JXDLQD. I cavi multipolari
sono generalmente formati da un certo numero di conduttori singolarmente isolati racchiusi in una unica guaina
protettiva.
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La normativa e la tecnologia non sono ancora mature in materia. Infatti solo nelle ultime
edizioni la norma CEI 64-8 contiene disposizioni circa la scelta di dispositivi e metodi di
protezione contro le sovratensioni (capitolo 43 della parte 4).
3UHVFUL]LRQLSHULORFDOLDGXVRPHGLFR
I danni della corrente elettrica attraverso il corpo umano sono legati a fenomeni di
riscaldamento (effetto Joule, ustioni per effetto della scarica, elettrolisi del sangue) e a danni
cardiocircolatori.
La differenza dei valori della WHQVLRQH OLPLWH FRQYHQ]LRQDOH UL tra corrente alternata
(50V) e continua (120V) è dovuta al fatto che la corrente alternata alla tipica frequenza di 50Hz
(60Hz negli USA, in parte del Giappone e in altre nazioni) provoca maggiori problemi poiché
interferisce con le pulsazioni cardiache.
Nei luoghi di cura si suppone che la pericolosità della corrente elettrica sul corpo umano
sia maggiore rispetto agli ambienti ordinari:
• gli ospedali sono pieni di impianti e di apparecchi elettromedicali che agiscono
direttamente sul corpo dei pazienti (elettrobisturi, ecc.);
• i pazienti hanno già i loro problemi e sono quindi maggiormente vulnerabili; inoltre
non hanno sempre la possibilità di reagire tempestivamente.
Le precauzioni quindi raddoppiano: la tensione limite convenzionale è dimezzata (25V in
c.a. e 60V in c.c).
La norma suddivide i locali ad uso medico in 3 categorie:
• gruppo 0: locali ad uso medico nei quali non si utilizzano apparecchi elettromedicali
con parti applicate [7] (ambulatori generici, studi medici, ecc.)
• gruppo 1: locali nei quali si usano parti applicate purché non in zona cardiaca
(ambulatori chirurgici, degenze, terapie, diagnostiche, ecc.);
• gruppo 2: locali nei quali le parti applicate riguardano la zona cardiaca e locali di
chirurgia o di terapia intensiva nei quali la mancanza di energia elettrica mette a
rischio la vita del paziente (sale operatorie, rianimazioni, sale parto, ambulatori per
applicazioni cardiache, ecc.).
Specialmente nei locali di gruppo 2 si preferisce evitare l’ interruzione automatica
dell’ alimentazione elettrica anche in caso di guasto a terra. È prioritaria la continuità del servizio
rispetto l’ individuazione immediata di una dispersione.
In tal senso si usa un sistema di protezione contro i contatti indiretti che non prevede
l’ utilizzo di interruttori differenziali o simili. Il sistema, detto IT-M (IT medicale) è un sistema a
neutro isolato in cui il secondario del trasformatore non è messo a terra. La corrente di gusto IG
risulta di valore estremamente basso poiché non ha vie certe di richiusura.
Si crea una sottorete elettrica locale totalmente indipendente da quella di alimentazione a
monte: la suddivisione è ottenuta frapponendo tra la rete a monte e quella locale a valle un
WUDVIRUPDWRUHGLLVRODPHQWR.
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Parte di un apparecchio che nell’ uso normale viene a contatto fisico con il corpo del paziente o può da lui essere
toccato.
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È necessario disporre di dispositivi che accertino in modo estremamente preciso un
difetto di isolamento nell’ impianto e diano l’ allarme. L’ alimentazione non viene interrotta. Solo
in caso di secondo guasto (probabile se già ce n’ è stato uno) l’ alimentazione deve essere
interrotta automaticamente.
Anche l’ impianto di terra nei locali ad uso medico è particolare: i locali di gruppo 1 e 2
devono essere dotati di QRGRHTXLSRWHQ]LDOH. In sintesi una disposizione della rete di conduttori di
protezione fatta in modo particolare e ordinata alla quale devono essere collegate non solo le
PDVVH ma anche le PDVVHHVWUDQHH [8] (tramite conduttori giallo-verdi detti equipotenziali).
$OLPHQWD]LRQHGLHPHUJHQ]D
Per garantire la continuità del servizio è fondamentale che le fonti di alimentazione siano
sicure. Si utilizzano reti SULYLOHJLDWH (alimentate in genere da gruppi elettrogeni) o in FRQWLQXLWj
DVVROXWD (alimentate tramite gruppi statici di continuità assoluta o UPS, forniti di batterie con
tempo di interruzione pari a zero in caso di mancanza della tensione di rete).
Nei locali ad uso medico sono previsti tre tipi di sorgenti di alimentazione (3 livelli di
sicurezza):
•
alimentazione normale con tempo di commutazione >15s: è l’ alimentazione di
uso comune, tipicamente quella collegata alla rete pubblica (ENEL o altri);
•
alimentazione di sicurezza con tempo di commutazione ≤15s. In caso di mancanza
della rete principale, il sistema di riserva deve intervenire entro 15s. Tipicamente
è detta alimentazione privilegiata servita da gruppo/i elettrogeno/i che si attiva
entro 15s;
•
alimentazione di sicurezza con tempo di commutazione ≤0,5s e con autonomia
minmima di 3h. Si utilizzano sistemi a batteria come i gruppi statici di continuità
assoluta (UPS) che hanno un tempo di commutazione nullo oppure sistemi di
batterie per l’ alimentazione di apparecchi illuminati di emergenza.
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Parti metalliche conduttrici che non fanno parte dell’ impianto elettrico o delle apparecchiature elettriche, ma che
possono introdurre un potenziale, cioè possono trovarsi in tensione per il solo fatto di essere conduttori (tubazioni
idriche, serramenti, arredi fissi, ecc.). Il potenziale introdotto può essere estraneo all’ impianto: può essere una
tensione di origine atmosferica (fulmini) o può provenire da un guasto di un altro impianto e così via.
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