PROTEZIONE DAI CONTATTI INDIRETTI: METODI DI PROTEZIONE PASSIVA Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici A.A. 2005/2006 Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari CAPITOLO 13. PROTEZIONE DAI CONTATTI INDIRETTI: pag. 2 METODI DI PROTEZIONE PASSIVA 1 CAPITOLO 13 PROTEZIONE DAI CONTATTI INDIRETTI: METODI DI PROTEZIONE PASSIVA La normativa CEI 64/8 prevede metodi di protezione senza interruzione automatica del circuito; essi sono metodi preventivi che tendono ad impedire che possano verificarsi condizioni di pericolo, con conseguente vantaggio per la continuità di servizio, dato che non interrompono il funzionamento. Tra i principali tipi di protezione passiva si distinguono: • Protezione passiva mediante l’utilizzo di apparecchi di classe II o a doppio isolamento. Tali dispositivi sono provvisti di doppio isolamento di modo che tra i poli in tensione e la superficie accessibile si hanno due strati di isolamento di per sé sufficienti per la protezione. Le parti metalliche accessibili non in tensione dei componenti di classe II non sono da considerare masse e quindi non devono essere collegate all’impianto di terra (CEI 64-8). Risulta molto difficile e costoso nella pratica realizzare impianti a doppio isolamento, basti pensare che tutti gli utilizzatori di tale impianto dovrebbero essere del tipo a doppio isolamento. • Protezione passiva mediante locali isolati. La separazione elettrica fra sorgente di alimentazione e impianto utilizzatore. In questo caso i locali sono dotati di pavimento e pareti isolate, in modo che in caso di contatto con una parte in tensione, la persona non sia comunque percorsa da corrente. La difficoltà di questo sistema consiste, così come per il sistema precedentemente esaminato, nel garantire nel tempo le caratteristiche di isolamento, anche in considerazione di interventi di manutenzione o ristrutturazione negli impianti e nelle strutture. • Protezione mediante sistemi elettrici a tensione di sicurezza. Vengono denominati sistemi di categoria OS (bassissima tensione di sicurezza) i sistemi elettrici a tensione nominale minore od uguale a 50 V in corrente alternata e a 75 V in corrente continua alimentati da una sorgente 2 autonoma o da un trasformatore di isolamento o da altre sorgenti con analoghe caratteristiche di sicurezza. Il trasformatore di isolamento è una macchina elettrica statica composta da due avvolgimenti separati, montati su un nucleo magnetico ed interagenti fra loro per effetto del flusso magnetico generato. Il primario del trasformatore è collegato al circuito di alimentazione, mentre il secondario all’impianto utilizzatore. Si consideri il caso di guasto verso massa di un apparecchio utilizzatore alimentato da una rete con neutro a terra mediante un trasformatore di isolamento (fig.24) Fig. 1 Guasto verso massa di un apparecchio utilizzatore È chiaro che non essendovi alcuna via di richiusura, non potrà manifestarsi alcuna corrente di guasto; la carcassa M assumerà semplicemente il potenziale del punto A. In realtà fluiranno piccole correnti tali comunque a non creare situazioni di pericolo in condizioni ambientali ordinarie, che si richiudono attraverso le capacità parassite di accoppiamento verso terra dei vari componenti. Il pericolo maggiore è rappresentato dal cedimento dell’isolamento tra primario e secondario, che annullerebbe in tutto o in parte il vantaggio della separazione elettrica; allo scopo si adottano avvolgimenti con isolamento doppio o rinforzato oppure con uno schermo metallico tra gli avvolgimenti, collegato all’impianto di terra del primario in modo da convogliare a terra eventuali correnti di guasto, impedendone il passaggio dal primario al secondario. Per quanto riguarda il collegamento delle masse all’impianto di terra, esso è espressamente vietato dalla norma CEI 64/8. Dato che l’adozione del 3 trasformatore di isolamento ha lo scopo di impedire la richiusura delle correnti di guasto, sarebbe un controsenso il collegamento a terra delle masse, collegamento che, inoltre, introdurrebbe il potenziale di terra sulle masse del circuito separato, in conseguenza di un guasto in un qualsiasi punto dell’impianto connesso a terra. Le masse del circuito separato devono invece essere collegate fra loro per rendere equipotenziali ed evitare il determinarsi della grave situazione di pericolo mostrata nella fig. 25. Fig. 2 Esempio di contatto contemporaneo con masse in tensione In occasione di un doppio guasto da fasi diverse, nella persona, accidentalmente a contatto con i due involucri, circola una corrente molto intensa, alimentata dalla tensione secondaria del trasformatore e limitata essenzialmente dalla resistenza del corpo umano. È da notare che, in assenza di contatto, le correnti di guasto non si manifestano non avendo via di richiusura e gli utilizzatori continuano a funzionare regolarmente, impedendo di prevenire la situazione di pericolo. La presenza di un collegamento fra i due involucri (collegamento posto in parallelo alla persona), converte il doppio guasto in un corto circuito che viene interrotto dall’interruttore di protezione. Per prevenire la possibilità di un doppio guasto si può installare un dispositivo di controllo dell’isolamento che avverte della presenza del primo guasto. Questi sistemi sono adoperati in casi speciali per l’alimentazione di giocattoli, apparecchi elettromedicali, apparecchi che si trovino in zone pericolose, etc. (apparecchi in classe III). 4 • Misura delle tensioni di passo e di contatto. In alcuni casi particolari non è possibile utilizzare realizzare un adeguato impianto di terra. Si pensi ad esempio ad un impianto alimentato da una linea trifase MT che ha una protezione con corrente di sgancio elevata. Non si riesce a realizzare realisticamente una resistenza di terra al di sotto di certi valori. Ci si deve accontentare in questo caso di verificare che in ogni punto dell’area dell’impianto accessibile alle persone, nelle peggiori condizioni di dispersione, cioè per corrente a terra uguale a quella di sgancio, la tensione di contatto sia superiore al valore indicato sulla tabella di cui si è parlato nel paragrafo 2.2.4. La misura delle tensioni di passo e di contatto si rende necessaria allorquando si misura un valore della resistenza di terra: RT > (7.1) Vp Ig Si definisce convenzionalmente tensione di passo VP quella tensione che durante il funzionamento di un impianto di terra può risultare applicata tra i piedi di una persona posti alla distanza di un metro l’uno dall’altro, mentre si definisce tensione di contatto VC quella tensione alla quale può essere soggetta una persona in seguito al contatto con le carcasse e le strutture meccaniche, normalmente non in tensione, delle macchine e delle apparecchiature. La misura delle tensioni di passo e contatto è effettuata in scala ridotta; si invia cioè nell’impianto di terra una corrente di prova che è una frazione della corrente di guasto Ig che l’impianto deve disperdere, ed il cui valore viene generalmente fornito dall’ente distributore di energia elettrica. Occorre in ogni modo utilizzare una corrente di prova non inferiore all’1% della corrente di guasto, con un minimo di 5A per le cabine di trasformazione MT/BT e di 50 A per le stazioni AT ed AAT. Le tensioni di contatto e di passo ricercate si ottengono moltiplicando quelle misurate per il rapporto di riduzione tra le correnti, potendo essere considerato il fenomeno lineare entro ampi limiti. Nella pratica è necessario che la corrente di prova sia la più alta possibile in modo che le tensioni di 5 disturbo (tensioni di passo e contatto misurate in assenza di corrente di prova) siano trascurabili rispetto alle tensioni misurate quando la corrente di prova viene dispersa. Se le tensioni di disturbo sono costanti nel tempo, è possibile depurarle dalla misura. Il dispersore ausiliario utilizzato per inviare la corrente di prova deve essere posto rispetto all’impianto di terra ad una distanza che va dalle 3 alle cinque volte il diametro massimo dell’impianto stesso. La tensione di passo si misura tra due punti del terreno ad un metro di distanza tra loro, gli elettrodi verso terra devono avere una superficie di contatto di 200 cm ed 2 essere premuti con una forza di 250 N (fig. 26). Fig. 3 Circuito per la misura della tensione di passo La tensione di contatto va misurata ad un metro di distanza dalla massa tra la massa stessa e i due elettrodi ausiliari posti in parallelo l’uno vicino all’altro (si veda fig. 27). Fig. 4 Circuito per la misura della tensione di contatto 6