ecstasy e serotonina.

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ECSTASY E SEROTONINA
Reneman L., Boolij J., de Bruin K. et al.: “Effects of dose, sex and long-term
abstention from use on toxic effects of MDMA (ecstasy) on brain serotonin neurons”,
Lancet, 358: 1864-9, 2001
La 3,4-metilenemetossiamfetamina (MDMA) nell'animale riduce molti indicatori
della serotonina, quali il livello cerebrale di serotonina, l'acido 5-idrossiindoloacetico e la
densità dei trasportatori della serotonina che sono collocati al terminale dei neuroni
serotoninergici, a dimostrazione di una aziona neurotossica. Più recentemente ricerche sui
primati e sull'uomo effettuate mediante la PET con emissione di singolo fotone (SPECT)
hanno confermato la riduzione dei neuroni centrali serotoninergici fra coloro che
consumavano dosi elevate di MDMA.
Ma cosa succede quando le dosi sono medio basse? Intanto, a quanto sembra, nel
sesso femminile si avverte una maggiore sensibilità; si tratta di accertare fino a che punto
i danni siano irreversibili.
Tossicologi, radiologi e psichiatri olandesi hanno studiato gli effetti di consumi
elevati (25 utilizzatori), modici (15 utilizzatori), su 16 ex-consumatori che da un anno
non avevano mandato giù "lo sballo", nonché su 15 controlli dichiaranti di non aver mai
consumato MDMA. Per seguire la localizzazione dell'ectasy sui neuroni serotonergici si è
impiegato un radioligando confrontando la densità di legame di questo ligando nelle varie
aree cerebrali con quello a livello del cervelletto; il tutto con esami SPECT.
Fra i forti consumatori si sono riscontrate nette riduzioni del rapporto tra densità
in varie aree cerebrali e densità nel cervelletto, fra le consumatrici donne ma non fra i
maschi. Le ex-consumatrici, invece, hanno un quadro migliore rispetto a quello delle
consumatrici, ma non giungono mai al rapporto presente nei soggetti del gruppo di
controllo che non hanno avuto contatti con l'ecstasy. Sembra evidenziarsi la possibilità di
ripristino della normalità della neurotrasmissione dopo la sospensione in quanto non si
evidenzia più la riduzione di densità alla SPECT, soprattutto nell'area nella corteccia
parieto-occipitale ed occipitale. Quest'ultima appare coinvolta nei primati sottoposti a
sperimentazione.
La differenza fra i due sessi dovrebbe essere tenuta presente quando si programma
una ricerca. Finora quasi tutte le ricerche hanno arruolato consumatori e controlli di sesso
maschile e, quindi, risulta necessario correggere i dati, forse sottostimati. Si esclude che
la maggiore sensibilità delle donne nei confronti dell'MDMA sia legata al peso minore
del sesso femminile ma si è visto che sulla base dei consumi dichiarati gli uomini sono
esposti a dosaggi superiori. E' probabile che entrino in gioco differenze neuro-ormonali;
per quanto riguarda la reversibilità dei danni gli studi su primati dimostrano che i danni a
carico dei terminali serotoninergici durano almeno 7 anni. Ma chiaramente sono
necessarie ricerche prospettiche per accertare la durata delle alterazioni neurologiche
sugli assoni terminali.
La ricerca olandese ha il pregio di ridurre la discussione sull'influenza di fattori
psico-sociali in quanto soggetti e controlli derivano dal medesimo substrato socioculturale.
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