96 A Allccuunnii rriissuullttaattii ddeeggllii eesseerrcciizzii pprrooppoossttii Pensaci bene prima di proseguire Sei sicuro di avere fatto tutti gli sforzi necessari per risolvere i problemi. 97 Prima di rispondere alle domande dei diversi esercizi, qui di seguito sono riportati alcuni concetti fondamentali relativi a questo capitolo. Principio di esclusione di Pauli. – Il principio di esclusione di Pauli condiziona il numero di elettroni che possono essere collocati in uno stesso orbitale. Questo principio stabilisce che non possono esistere in un atomo elettroni con tutti e quattro i numeri quantici uguali. Ne segue che in uno stesso orbitale, necessariamente definito da una precisa terna di valori di n, l e ml, non possono essere contenuti più di due elettroni, i quali devono avere numeri quantici di spin opposti (spin accoppiati o antiparalleli). Infatti, poiché il numero quantico di spin può assumere due soli valori, un terzo elettrone nello stesso orbitale avrebbe necessariamente gli stessi quattro numeri quantici di uno degli altri due elettroni. Regola di Hund.– La regola di Hund riguarda la collocazione degli elettroni in orbitali degeneri, come i 3 orbitali p, i 5 orbitali d, i 7 orbitali f ecc., e stabilisce che quando esistono orbitali degeneri, gli elettroni tendono preferibilmente a distribuirsi nel maggior numero possibile di orbitali, e si dispongono in essi con spin paralleli (ossia con lo stesso valore del numero quantico di spin). Questa regola discende dal fatto che gli elettroni tendono a collocarsi in modo da minimizzare le loro interazioni. Di conseguenza, se esistono orbitali degeneri disponibili, gli elettroni tendono a occuparne uno ciascuno perché le distribuzioni spaziali di densità elettronica di tali orbitali interessano zone dello spazio differenti, con conseguente minimizzazione delle loro reciproche repulsioni. La necessità che gli elettroni abbiano lo stesso numero quantico di spin (spin paralleli) è la conseguenza del fatto che talune interazioni, dette di scambio, comportano la massima stabilità quando gli elettroni spaiati collocati in orbitali degeneri hanno spin paralleli. Spettri di assorbimento e di emissione - I fenomeni di emissione e di assorbimento di radiazioni elettromagnetiche da parte degli atomi isolati, e in particolare dell’idrogeno atomico, sono connessi con la quantizzazione dell’energia, e la loro razionalizzazione ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo della teoria sulla struttura degli atomi. L’insieme dei numeri d’onda (o delle frequenze) delle radiazioni emesse è chiamato spettro di emissione. Questo appare come un insieme di gruppi discreti di righe a ognuna delle quali corrisponde il valore del numero d’onda (o della frequenza) di una delle radiazioni elettromagnetiche emesse. Per questo motivo questi spettri sono anche chiamati spettri a righe. L’insieme delle righe registrate può essere ordinato in serie di righe correlate tra loro da relazioni matematiche, ognuna delle quali è definita da due righe estreme aventi il valore minimo e, rispettivamente, massimo del numero d’onda di quella serie, 98 e all’interno delle quali compare una serie di righe che vanno progressivamente infittendosi a mano Spettro di emissione dell’idrogeno - Quando l’idrogeno molecolare è sottoposto a una scarica elettrica si dissocia nei suoi atomi, assumono energia (raggiungono uno stato eccitato), che poi restituiscono emettendo radiazioni elettromagnetiche, alcune delle quali appartengono alla regione spettrale del visibile. Di grande rilievo è che le radiazioni elettromagnetiche emesse dall’idrogeno atomico eccitato non hanno valori qualsiasi dei numeri d’onda, ma solo valori discreti. Equazione di Schroedinger - Nel caso dell’atomo di idrogeno l’equazione è esattamente risolvibile. Esistono varie classi di funzioni d’onda (autofunzioni) che descrivono i possibili stati dell’elettrone nell’atomo di idrogeno. La forma di queste funzioni e la corrispondente energia sono legate a tre parametri, detti numeri quantici, che derivano in via logica dalla soluzione matematica dell’equazione d’onda. Numeri quantici: a) numero quantico principale, n: può assumere tutti i valori interi positivi da 1 a ; b) numero quantico momento orbitale, o secondario, l: per ogni valore di n può assumere tutti i valori interi positivi, compreso lo 0, fino a n – 1; c) numero quantico magnetico, ml: per ogni valore di l può assumere tutti i valori interi positivi e negativi, compreso lo 0, che vanno da –l a +l d) numero quantico di spin, ms il cui valore non è legato ai tre numeri quantici prima descritti. Ogni funzione d’onda è caratterizzata da una specifica terna dei valori di n, l e ml, ed è chiamata funzione orbitale o, semplicemente, orbitale. Energia di ionizzazione - La difficoltà con cui un elettrone può essere estratto da un atomo è una proprietà periodica. In termini energetici, la difficoltà di un atomo a cedere un elettrone è misurata dalla sua energia di ionizzazione, I (o potenziale di ionizzazione, IP), che è l’energia minima che occorre somministrare a un atomo isolato allo stato fondamentale per rimuovere un elettrone e dare uno ione positivo: M I1 M+ + e-. Di solito è misurata in eV o in kJ mole-1. Si parla di energia di prima ionizzazione, I1, quando si estrae dall’atomo il primo elettrone, di energia di seconda ionizzazione, I2, quando si estrae il secondo elettrone, e così via: Se si esaminano i valori delle energie di ionizzazione è evidente che lungo un periodo l’energia di ionizzazione aumenta gradualmente, e che questo andamento si ripete in ciascun periodo. Pertanto, gli elementi dei primi gruppi della tavola periodica degli 99 elementi hanno le più basse energie di ionizzazione, mentre quelli degli ultimi gruppi hanno energie di ionizzazione tra le più alte. Se si esamina invece gli elementi appartenenti a uno stesso gruppo, è possibile notare che l’energia di ionizzazione diminuisce scendendo lungo un gruppo. Esercizio 1 Domanda (a) Per n = 1 il numero quantico secondario l può avere solo il valore 0 (0, ecc., fino a n – 1). Per l = 0 il valore di ml può essere solo 0 (+l,0,–l). n = 1; l = 0; ml = 0. Domanda (b) Per n = 4 il numero quantico secondario può assumere i valori 0, 1, 2 e 3. Per ciascuno di questi valori sono possibili i valori del numero quantico magnetico ml che comprendono tutti i numeri interi, incluso lo zero, che vanno da +l a –l. Pertanto: n = 4; l = 0; ml = 0 l = 1; ml = -1, 0, +1 l = 2; ml = -2, -1, 0, +1, +2 l = 3; ml = -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3 Esercizio 2 Domanda (a) Per n = 2 il numero quantico secondario l può avere i valori 0 (che qualifica un orbitale s) e 1 (che qualifica gli orbitali p). D’altra parte gli orbitali atomici sono definiti anche dal numero quantico magnetico, ml. Complessivamente avremo: n = 2; l = 0; ml = 0; 1 orbitale s: 2s n = 2; l = 1; ml = -1, 0, +1; 3 orbitali p: convenzionalmente sono: 2px, 2py, 2pz Numero totale di orbitali atomici: 4 Domanda (b) Per n = 3 il numero quantico secondario l può avere i valori 0 (orbitale s), 1 (orbitali p) e 2 (orbitali d). Tenendo anche conto del numero quantico magnetico, ml, avremo: n = 3; l = 0; ml = 0; 1 orbitale s: 3s n = 3; l = 1; ml = -1, 0, +1; 3 orbitali p: convenzionalmente sono: 3px, 3py, 3pz n = 3; l = 2; ml = -2, -1, 0, +1, +2; 5 orbitali d: convenzionalmente sono: 3dxy, 3dxz, 3dyz, 3 d x 2 y 2 , 3 d z 2 . 100 Numero totale di orbitali atomici: 9 Esercizio 3 Domanda (a) Il numero quantico principale è n = 2. Inoltre, trattandosi di un orbitale s, il numero quantico secondario, l, è 0 e di conseguenza è 0 anche il numero quantico magnetico, ml: Orbitale 2s: n = 2; l = 0; ml = 0 Domanda (b) Procedendo come sopra deduciamo che n è 4 e l è 1 (si tratta di un orbitale p). Per l = 1 il numero quantico magnetico può essere -1, 0 o +1: Orbitale 4p: n = 4; l = 1; ml = -1, 0 oppure +1 (un diverso valore di ml per ciascun orbitale p). Domanda (c) Procedendo come al punto precedente, deduciamo i valori di n = 3 e l = 2 (si tratta di un orbitale d). Per l = 2 il numero quantico magnetico può essere -2, -1, 0, +1 o +2: Orbitale 3d: n = 3; l = 2; ml = -2, -1, 0, +1 oppure +2 (un diverso valore di ml per ciascun orbitale d). Esercizio 4 1s. Questo orbitale è caratterizzato da n = 1 e l = 0 (è un orbitale s). Per n = 1 il valore l = 0 è possibile per cui l’orbitale 1s esiste. 1p. Questo tipo di orbitali richiederebbe i valori di n = 1 e l = 1 (sono orbitali p). Ma il massimo valore permesso del numero quantico secondario per n = 1 è 0. Pertanto gli orbitali 1p non esistono. 2s. Questo orbitale ha i numeri quantici n = 2 e l = 0. Per n = 2 il valore di l = 0 è possibile. Pertanto l’orbitale 2s esiste. 2p. Questo tipo di orbitali è definito dai numeri quantici n = 2 e l = 1. Il valore 1 del numero quantico secondario è possibile quando n è 2, per cui gli orbitali 2p esistono. 2d. Questo tipo di orbitali richiederebbe i valori di n = 2 e l = 2 (sono orbitali d). Ma per n = 2 il valore massimo possibile del numero quantico secondario è 1, per cui gli orbitali 2d non esistono. 101 Esercizio 5 Il livello energetico di un orbitale di un atomo polielettronico cresce con la somma n + l e, a parità di questa, è più basso il livello energetico con il più basso valore di n. Domanda (a) 3p (n = 3; l = 1): n + l = 4; 3d (n = 3; l = 2): n + l = 5 L’orbitale situato al livello energetico inferiore è il 3p (ha il più basso valore di n + l). Domanda (b) 5s (n = 5; l = 0): n + l = 5; 3d (n = 3; l = 2): n + l = 5 L’orbitale situato al livello energetico inferiore è il 3d (a parità di n + l è quello con il più basso valore di n). Esercizio 6 Procediamo come nell’esercizio precedente: 2s (n = 2; l = 0): n + l = 2; 2p (n = 2; l = 1): n + l = 3; 3s (n = 3; l = 0): n+l = 3; 3d (n = 3; l = 2): n + l = 5; 4s (n = 4; l = 0): n + l = 4; 4f (n = 4; l = 3): n + l = 7 In base alle considerazioni fatte sopra, possiamo dedurre che: l’ordine crescente dei livelli energetici è: 2s < 2p < 3s < 4s < 3d < 4f. Esercizio 7 In base al principio di esclusione di Pauli un orbitale può accogliere da 0 a 2 elettroni, di conseguenza ogni orbitale ns può alloggiare da 0 a 2 elettroni, l’insieme di ogni gruppo dei 3 orbitali np può ospitare da 0 a 6 elettroni e ogni gruppo di 5 orbitali nd può ospitare da 0 a 10 elettroni. a) La configurazione elettronica è accettabile perché in ciascun orbitale ns ci sono 2 elettroni e nei tre orbitali 2p ci sono solo 4 elettroni. b) La configurazione elettronica non è accettabile perché nell’orbitale 2s ci sono 3 elettroni. c) La configurazione elettronica non è accettabile perché nei 5 orbitali 3d ci sono più di 10 elettroni. d) La configurazione è accettabile perché in ciascun orbitale o gruppo di orbitali degeneri c’è un numero di elettroni consentito dal principio di esclusione di Pauli. 102 Esercizio 8 a) 1s22s22p3. 3 elettroni spaiati. Infatti, i due orbitali ns hanno due elettroni con spin necessariamente antiparalleli, mentre nei tre orbitali 2p ci sono 3 elettroni che per la regola di Hund si ripartiscono nei 3 orbitali degeneri 2p, con spin parallelo. b) 1s22s22p5. Un elettrone spaiato perché i due orbitali ns hanno due elettroni con spin necessariamente antiparalleli, nei tre orbitali 2p ci sono 5 elettroni cosicché 4 sono collocati in 2 orbitali p con spin antiparalleli e il quinto resta spaiato sul terzo orbitale p. c) 1s22s22p63s23p64s13d5. 6 elettroni spaiati. Infatti gli orbitali 1s22s22p63s23p6 sono completi, quindi con tutti gli elettroni con spin accoppiati, mentre l’orbitale 4s ha un elettrone spaiato e i cinque orbitali degeneri 3d ospitano 5 elettroni che per la regola di Hund si ripartiscono con spin parallelo nei 5 orbitali 3d. d) [Xe]6s15d3. 4 elettroni spaiati. Infatti, la configurazione elettronica interna, rappresentata dal simbolo [Xe] è costituita solo da orbitali pieni e quindi con tutti gli elettroni con spin accoppiati; restano un elettrone spaiato nell’orbitale 6s e 3 elettroni nei 5 orbitali degeneri 5d, che per la regola di Hund si dispongono con spin paralleli in tre distinti di questi orbitali. Esercizio 9 L’ordine di riempimento degli orbitali in atomi polielettronici, fatte salve poche eccezioni, dà origine a una configurazione elettronica del tipo (1s)(2s)(2p)(3s)(3p)(4s)(3d)(4p)(5s) (4d) …, nella quale sono collocati progressivamente gli elettroni, seguendo il principio di esclusione di Pauli e la regola di Hund. Domanda (a) 8O. L’atomo di ossigeno ha numero atomico Z = 8 per cui contiene 8 elettroni, che sono collocati negli orbitali 1s(2)2s(2)e 2p(4): Configurazione elettronica: 1s22s22p4. Elettroni spaiati: 2 (negli orbitali 2p). Domanda (b) 26Fe. L’atomo di ferro ha 26 elettroni (Z = 26). Tenendo conto del numero massimo di elettroni che ogni orbitale o gruppo di orbitali degeneri può contenere si ottiene: Configurazione elettronica: 1s22s22p63s23p64s23d6. Elettroni spaiati: 4. Infatti ci sono 6 elettroni negli orbitali 3d: un orbitale contiene necessariamente 2 elettroni accoppiati, mentre gli altri quattro elettroni si dispongono negli altri 4 orbitali degeneri 3d con spin paralleli. 103 Domanda (c) 38Sr. La stronzio ha 38 elettroni. Procedendo come sopra otteniamo: Configurazione elettronica: 1s22s22p63s23p64s23d104p65s2. Elettroni spaiati: 0. Tutti gli orbitali contengono il massimo numero di elettroni consentito, i quali sono necessariamente alloggiati con spin accoppiati. Esercizio 10 E’ possibile procedere come nell’esercizio precedente, tenendo conto del numero complessivo di elettroni contenuti nello ione: Domanda (a) 1H . Primo periodo (n = 1); elettroni da collocare 1 + 1 = 2; nessun gas nobile che lo precede. Occorre sistemare 2 elettroni: Configurazione elettronica: 1s2 [He] Domanda (b) 9F . Secondo periodo (n = 2); elettroni da collocare 9 + 1 = 10; gas nobile che lo precede: 2He (2 elettroni). Occorre collocare 10 – 2 = 8 elettroni nel guscio elettronico esterno: Configurazione elettronica: [He]2s22p6 [Ne] Domanda (c) 216S . 10Ne Terzo periodo (n = 3); elettroni da collocare 16 + 2 = 18; gas nobile che lo precede: (10 elettroni). Occorre collocare 18 – 10 = 8 elettroni nel guscio elettronico esterno: Configurazione elettronica: [Ne]3s23p6 [Ar] Domanda (d) 2+ 82Pb . 54Xe Sesto periodo (n = 6); elettroni da colloca e 82 – 2 = 80; gas nobile che lo precede: (54 elettroni). Occorre collocare 80 – 54 = 26 elettroni nel guscio elettronico esterno: Configurazione elettronica: [Xe]4f145d106s2 Domanda (e) + 47Ag . 36Kr Quinto periodo (n = 5); elettroni da collocare 47 – 1 = 46; gas nobile che lo precede: (36 elettroni). Occorre collocare 46 – 36 = 10 elettroni nel guscio elettronico esterno: Configurazione elettronica: [Kr]5s24d8. In realtà la configurazione elettronica è [Ar]5s04d10 perché l’elettrone che l’argento perde appartiene all’orbitale 5s e la configurazione elettronica con orbitali degeneri (come i 4d) completamente occupati è particolarmente stabile. 104 Esercizio 11 Domanda (a) Gli elementi del II periodo sono tutti quelli compresi tra Li e Ne. La configurazione elettronica di valenza per questi elementi è del tipo 2s-2p. Per questa ragione solamente i primi due elementi del periodo Li e Be hanno orbitali 2p vuoti. Domanda (b) Per rispondere a questa domanda bisogna scrivere le strutture elettroniche di questi elementi che sono compresi tra Na e Ar. Na = [Ne]3s1, Mg = [Ne]3s2, Al = [Ne]3s23p1, Si = [Ne]3s23p2, P = [Ne]3s23p3, S = [Ne]3s23p4, Cl = [Ne]3s23p5, Ar = [Ne]3s23p6. Il riempimento dei vari orbitali segue la regola di Hund della massima molteplicità di spin. In base a questa regola gli atomi con un elettrone spaiato sono tutti tranne Mg e Ar. Domanda (c) I metalli alcalino terrosi comprendono Mg, Ca, Sr e Ba. il sottolivello 3d compare per la prima volta con n = 3 e quindi gli elementi saranno: Sr, Ba. Domanda (d) Gli orbitali 4p compaiono per la prima volta con n = 4. L’unico alogeno che ha elettroni spaiati in orbitali 4p è il bromo. Esercizio 12 Domanda (a) Il principio di esclusione di Pauli è stato discusso nelle premesse generali di questo capitolo. Ora sarà presentato nuovamente adottando un linguaggio diversi. Come è ben noto esistono quattro numeri quantici che caratterizzano l’elettrone in un atomo. Esiste un importante principio, chiamato principio di esclusione di Pauli, che pone in relazione questi numero. Esso asserisce che in un atomo due elettroni non possono avere la stessa serie dei quattro numeri quantici. Questo principio fu stabilito per primo, nel 1925, da Wolfgang Pauli, un collega di Bohr, nel tentativo di rendere la teoria coerente con le proprietà degli atomi. Il principio di esclusione di Pauli ha un’implicazione che non appare ovvia a prima vista. Presume che nello stesso orbitale non si possono trovare più di due elettroni perché ms può assumere soltanto due valori. Inoltre, se due elettroni occupano lo stesso orbitale devono avere spin opposti altrimenti tutti e quattro i loro numeri quantici sarebbero uguali. Domanda (b) 105 Anche questo concetto è stato sviluppato nell’introduzione generale al capitolo ma come per la domanda (a) sarà di nuovo richiamato. La regola di Hund si applica quando ci sono orbitali degeneri e si deve attribuire a questi due o più elettroni. La regola di Hund (Friedrich Hund) afferma che: quando sono disponibili diversi orbitali di uguale energia, come in un dato sottolivello, gli elettroni vi entrano singolarmente con spin paralleli. Solo dopo che tutti gli orbitali sono riempiti singolarmente gli elettroni cominciano ad “appaiarsi”. Come conseguenza si ha: in tutti gli orbitali pieni i due elettroni hanno spin opposti e che in un dato sottolivello il numero di orbitali singolarmente occupati è il massimo possibile. Domanda (c) Uno spettro a righe rappresenta la transizione di atomo da uno stato eccitato ad uno stato con energia più bassa. La presenza di un spettro a righe è indice della quantizzazione delle energia atomiche. Domanda (d) Anche questo concetto è stato sviluppato nell’introduzione generale al capitolo ma come per la domanda (a) sarà di nuovo richiamato. Il primo numero quantico n, o numero quantico principale, determina l’energia dell’elettrone. Esercizio 13 Come è già stato puntualizzato all’inizio di questo capitolo nell’ambito della Tavola Periodica l’energia di prima ionizzazione aumenta lungo un periodo e diminuisce scendendo lungo un gruppo. Questo trend si giustifica considerando come varia la carica nucleare efficace di un atomo passando da un elemento all’altro. Nell’ambito di questo andamento ci sono delle eccezioni e queste si verificano quasi sempre quando in un periodo passando da un elemento all’altro si passa da una situazione dove sono riempiti di elettroni orbitali di un certo tipo a una situazione dove ci sono elettroni su orbitali di due tipo diversi. Esempio da ns2 a ns2p1. Altra situazione che si può verificare è da np3 a np4 in questo caso pur si riempiono di elettroni orbitali dello stesso tipo ma si occupa con un elettrone un orbitale già occupato. Domanda (a) In questo caso sono due elementi che appartengono allo stesso gruppo ma fanno parte di due periodi diversi. Quindi: I1 Ca > I1 Ba. Domanda (b) 106 Questo è il caso di elementi che appartengono allo stesso periodo e sono adiacenti con riempimento di due orbitali di diverso tipo. Quindi: I1 Be > I1 B. Domanda (c) In questo caso sono valide le considerazioni fatte per il caso (a). Quindi: I1 Ar > I1 Xe. Esercizio 14 Si fa presente che la configurazione elettronica degli ioni si costruisce in modo simile a quella degli atomi neutri, ma tenendo conto anche della carica. Il numero di elettroni di un catione è uguale a quella dell’elemento meno il numero appropriato di elettroni (pari alla carica) mentre quello di un anione deve essere aumentato rispetto a quello dell’atomo neutro di un valore pari alla carica negativa. Domanda (a) Zn = [Ar]3d104s2; Zn2+ = [Ar]3d10 Domanda (b) Se = [Ar]3d104s24p4, Se2- = [Ar]3d104s24p6 Domanda (c) I = [Kr]4d105s25p5; I- = [Kr]4d105s25p6 Domanda (d) Y = [Kr]4d15s2 Domanda (e) P = [Ne]3s23p3 Domanda (f) In = [Kr]4d105s25p1 Domanda (g) As = [Ar]3d104s24p3 Domanda (h) Ir = [Xe]4f145d76s2 Esercizio 15 Alcune definizioni sono già state riportate negli esercizi precedenti. In questo esercizio saranno ricordate solamente quelle che non sono state ancora discusse. Raggio ionico - La distanza tra i nuclei che dà la massima stabilità a un legame ionico è detta distanza o lunghezza del legame ionico ed è ottenuta sperimentalmente. Essa corrisponde alla somma dei raggi ionici degli ioni coinvolti nel legame. Occorre però osservare 107 che il valore dei raggi ionici dipende in qualche misura anche dal tipo di impaccamento degli ioni con il quale la sostanza si presenta nel proprio cristallo ionico. Raggio covalente - La distanza tra i nuclei che dà la massima stabilità al legame covalente è chiamata distanza o lunghezza del legame covalente. Questa dipende dagli atomi legati, ma anche dalla natura del legame che si forma: singolo, o multiplo. Nel caso in cui le elettronegatività dei due atomi legati siano simili, la lunghezza del legame covalente singolo è data dalla somma dei raggi covalenti degli atomi coinvolti nel legame. Il valore del raggio covalente di un elemento è diverso dal suo raggio ionico. Raggio di van der Waals - Accanto ai raggi covalenti e a quelli ionici di un elemento si annovera anche il raggio di van der Waals che convenzionalmente è dato dalla semidistanza di massimo avvicinamento tra i nuclei di due atomi dello stesso elemento quando non sono legati tra loro. Affinità elettronica - La facilità con cui un atomo accetta un elettrone è misurata dalla sua affinità elettronica, Ae, che è l’energia in gioco quando un atomo isolato allo stato fondamentale accetta un elettrone e dà il più stabile ione negativo (l’elettrone si colloca nell’orbitale atomico disponibile a più bassa energia): X + e- –Ae X- Nel caso dell’affinità elettronica valori positivi corrispondono a liberazione di energia da parte del sistema. In pratica, quanto più alta è l’energia di ionizzazione tanto minore è la tendenza dell’atomo a cedere un suo elettrone, mentre quanto più alta è l’affinità elettronica tanto maggiore è la tendenza di un atomo ad accettare un elettrone. Se si esaminano i valori delle affinità elettroniche è possibile constatare che muovendosi lungo un periodo l’affinità elettronica aumentano gradualmente, e che questo andamento si ripete in ciascun periodo. Pertanto, gli elementi dei primi gruppi della tavola periodica degli elementi hanno le più basse affinità elettroniche, mentre quelli degli ultimi gruppi hanno affinità elettroniche tra le più alte. Se si esamina invece gli elementi appartenenti a uno stesso gruppo è possibile notare che l’affinità elettronica diminuiscono scendendo lungo un gruppo. Domanda (a) Elementi che appartengono al gruppo 16 della Tavola Periodica. L’elemento che ha la massima energia di prima ionizzazione è lo zolfo. Domanda (b) 108 Tutti elementi che appartengono al gruppo 17 della Tavola Periodica. Come il raggio atomico aumenta scendendo lungo un gruppo parallelamente aumenta il raggio ionico. Il fluoro è l’elemento con il raggio ionico più piccolo. Domanda (c) Tutti elementi che appartengono al gruppo 1 della Tavola Periodica. L’andamento generale dell’affinità elettronica nell’ambito della Tavola Periodica è che aumenta lungo un periodo e diminuisce scendendo lungo un gruppo. Quindi il cesio è l’elemento che presenta l’affinità elettronica più bassa. Domanda (d) Ricordando come varia l’energia di prima ionizzazione nell’ambito della Tavola Periodica è evidente che il fluoro è l’elemento che ha l’energia di prima ionizzazione più elevata. Domanda (e) Sono elementi che appartengono a gruppi diversi della Tavola Periodica e quindi per rispondere alla domanda bisogna conoscere la loro struttura elettronica di valenza. [Ar] gas nobile; struttura elettronica a guscio completo. Struttura elettronica particolarmente stabile che non perde facilmente elettroni. [K] [Ar]4s1. La seconda energia di ionizzazione comporterebbe la perdita di un elettrone dal guscio tipo [Ar]. Processo che richiede una notevole quantità di energia. Ca [Ar]4s2. La seconda energia di ionizzazione richiede la perdita dell’elettrone dello strato di valenza. Quindi un processo che richiede un basso apporto energetico. Il Ca sarà quindi l’elemento che avrà la II energia ionizzazione più bassa. Domanda (f) Per rispondere questa domanda bisogna conoscere lo strato di valenza di questi elementi e tenere presente la regola di Hund della massima molteplicità di spin. Fe [Ar]3d64s2. Elettroni s2 appaiati. Ricordando che gli orbitali d sono cinque e che distribuendo sei elettroni rimarranno quattro elettroni spaiati. Co [Ar]3d74s2. Valgono le stesse considerazioni fatte per il Fe. In questo caso gli elettroni spaiati saranno tre. Ni [Ar]3d84s2. le considerazioni fatte nei due casi precedenti portano ad avere due elettroni spaiati. Domanda (g) I criteri esposti nella domanda (b) possono essere applicati a questo caso. Quindi sarà il Ba2+ lo ione che avrà il raggio più grande nell’ambito degli ioni che stiamo considerando. 109 Domanda (h) Con le solite considerazioni di come varia il raggio atomico e quello ionico di un elemento è facile arrivare alla conclusione che è S2- la specie col raggio ionico più grande tenendo anche presente che presenta due cariche negative rispetto all’unica portata dall’anione Cl-. Domanda (i) In questo caso l’andamenti generale è disatteso perché è l’azoto che l’energia di prima ionizzazione più elevata e questo perché la sua configurazione elettronica dello strato di valenza è [He]2s22p3 con tutti gli orbitali 2p singolarmente occupati. Questa situazione dal punto di vista energetico è più stabile delle altre due che hanno rispettivamente un elettrone in meno e uno in più rispetto alla struttura elettronica dell’azoto. Domanda (j) Sono tutti elementi che appartengono allo stesso periodo e quindi seguono l’andamento generale di come varia l’affinità elettronica nell’ambito della Tavola Periodica. Quindi il cloro sarà l’elemento che avrà l’affinità elettronica più elevata. Domanda (k) In questo caso è necessario confrontare fra di loro raggi covalenti perché non si conosce il raggio atomico dello iodio. Dopo queste premesse questi elementi seguono l’andamento generale di come varia il raggio nell’ambito della Tavola Periodica. Sarà quindi lo iodio quello che lo avrà più piccolo. Domanda (l) Per confrontare questi tre atomi è necessario ricordare che non tutti appartengono allo stesso gruppo. Sarà quindi il potassio che presenta l’energia di prima ionizzazione più bassa. K e Ca appartengono allo stesso periodo e quindi sarà il Ca ad avere l’energia di prima ionizzazione più elevata. Queste considerazioni portano senza ombra di dubbi ad affermare che è il K l’elemento con l’energia di prima ionizzazione più bassa anche rispetto al Na, elemento che appartiene al suo stesso gruppo. Domanda (m) Per rispondere a questa domanda è necessario ricordare che con: n=4 orbitali disponibili s, p, d, f 4g non disponibili n=5 orbitali disponibili s, p, d, f, g 5d disponibile n=4 orbitali disponibili s, p, d, f 4p disponibile Domanda (n) Con n = 2 sono disponibili un orbitale s e 3 orbitali p. Un totale di 4 orbitali. Questo si ottiene ricordando che per n = 2, l = 0, ml = 0; l = 1, ml = -1, 0, +1 110 Domanda (o) Gli orbitali f sono sette perché: n = 4; l = 0, 1, 2, 3. Gli orbitali f sono quelli caratterizzati da l = 3 che ha come conseguenza ml = -3, -2, -1, 0, 1, 2, 3. Esercizio 16 La scrittura abbreviata, [gas nobile](n - 2)f(n - 1)dns, della configurazione elettronica di un atomo è agevolata dal fatto che è sufficiente individuare la configurazione elettronica esterna a quella del gas nobile che nella tavola periodica precede l’elemento in questione. a) 7N. L’azoto è del secondo periodo (n =2) ed ha 7 elettroni. Il gas nobile che lo precede è l’elio, 2He, che contiene 2 elettroni. Restano da collocare nel guscio elettronico esterno 5 elettroni: [He]2s22p3; 3 elettroni spaiati nei tre orbitali 2p b) 13Al. L’alluminio appartiene al terzo periodo (n = 3) e possiede 13 elettroni. Il gas nobile che lo precede è il neo, 10Ne, che contiene 10 elettroni. Restano da collocare nel guscio elettronico esterno 3 elettroni: [Ne]3s23p1; un elettrone spaiato in un orbitale 3p c) 19K. Il potassio appartiene al quarto periodo (n = 4) e possiede 19 elettroni. Il gas nobile che lo precede è l’argo, 18Ar, che contiene 18 elettroni. Resta un solo elettrone da collocare nel guscio elettronico esterno: [Ar]4s1; un elettrone spaiato d) 20Ca. Appartiene al quarto periodo (n = 4) e possiede un elettrone in più del potassio, per cui la sua configurazione elettronica è: [Ar]4s2; nessun elettrone spaiato e) 33As. Appartiene al quarto periodo (n = 4) e possiede 33 elettroni. Il gas nobile che lo precede è l’argo, 18Ar, che contiene 18 elettroni. Occorre sistemare 15 elettroni nel guscio elettronico esterno: 2 vanno nel 4s, 10 nei 3d e i rimanenti 3 nei 4p. [Ar]4s23d104p3; 3 elettroni spaiati negli orbitali 4p. f) 77Ir. L’iridio appartiene al sesto periodo (n = 6) e possiede 77 elettroni. Il gas nobile che lo precede è lo xeno, 54Xe, che ha 54 elettroni. Occorre collocarne 23 nel guscio elettronico esterno. Tenendo conto che n è 6, segue che 2 elettroni occupano l’orbitale 6s, 14 elettroni occupano i 7 orbitali 4f e i rimanenti 7 si collocano nei 5 orbitali 5d: [Xe]6s24f145d7; 3 elettroni spaiati negli orbitali 5d. 111 Esercizio 17 Gli elementi di transizione devono contenere elettroni negli orbitali di tipo d parzialmente occupati. a) [Ar]3d54s1. E’ un elemento della prima serie degli elementi di transizione in quanto ha gli orbitali 3d solo parzialmente occupati. Inoltre ha 6 elettroni in più del gas nobile argo [Ar], per cui è il sesto elemento del quarto periodo (n = 4): si tratta del cromo (Cr). b) [Ne]3s23p2. Non è un elemento di transizione in quanto non ha elettroni in orbitali d. Inoltre ha 4 elettroni in più del gas nobile neo [Ne], per cui è il quarto elemento del terzo periodo (n = 3): si tratta del silicio (Si). c) [Kr]4d105s25p2. Non è un elemento di transizione perché ha gli orbitali 4d pieni ed ha elettroni nel 5s e nei 5p. Inoltre ha 10 + 2 + 2 = 14 elettroni in più del gas nobile cripto [Kr], per cui è il quattordicesimo elemento del quinto periodo (n = 5): si tratta dello stagno (Sn). d) [Xe]4f145d46s2. E’ un elemento della terza serie degli elementi di transizione in quanto ha gli orbitali 5d solo parzialmente occupati. Inoltre ha 14 + 4 + 2 = 20 elettroni in più del gas nobile xeno [Xe], per cui è il ventesimo elemento (inclusi i 14 lantanoidi) del sesto periodo (n = 6): si tratta del tungsteno (W). La configurazione elettronica esterna avrebbe dovuto fare capire subito che si tratta del quarto elemento della terza serie di transizione (5d4). 112 113 A Allccuunnii rriissuullttaattii ddeeggllii eesseerrcciizzii pprrooppoossttii Pensaci bene prima di proseguire Sei sicuro di avere fatto tutti gli sforzi necessari per risolvere i problemi. 114 Per rispondere alle domande sugli esercizi che seguono è utile richiamare alcuni concetti di carattere generale. Esistono sostanzialmente due tipi di legame chimico: ionico e covalente. Legame ionico - Vi sono buoni motivi, anche di carattere didattico, per iniziare la descrizione del legame a partire dal legame ionico: esso, infatti, è circoscritto ad una categoria omogenea e relativamente limitata di composti (ionici) appartenenti al mondo minerale e inorganico; questo tipo di legame è di comprensione intuitiva e soprattutto non implica tutta quella vasta serie di conoscenze accessorie che richiede invece la descrizione del legame covalente. Inoltre, il concetto di legame ionico è storicamente antecedente a quello di legame covalente e addirittura rappresentò quella visione "univoca" del legame che dominò tutta la chimica dei primi anni del novecento. Il legame ionico è il legame che si instaura tra ioni di carica opposta per effetto della forza di attrazione coulombiana. È il legame tipico che si stabilisce tra elementi con basso potenziale di ionizzazione ed elementi con alta affinità elettronica. Ricordando quello che è l'andamento di queste due proprietà periodiche, possiamo aspettarci che i più semplici composti ionici binari siano costituiti quasi esclusivamente dagli elementi appartenenti ai gruppi uno, due e tredici della Tavola Periodica e dei metalli di transizione (che posseggono basso potenziale di ionizzazione) e da elementi dei gruppi 16 e 17 (caratterizzati da alta affinità elettronica). I cationi più comuni, dei gruppi 1, 2 e 13, che formano composti ionici sono: Li+, Na+. K+, Mg2+, Ca2+, Ba2+, Al3+. I cationi più comuni, dei metalli di transizione, che formano composti ionici sono: Cr3+, Mn2+, Fe2+, Fe3+, Cu+, Cu2+, Zn2+, Ag+, Cd2+. Gli anioni più comuni, dei gruppi 16 e 17, che formano composti ionici sono: F-, Cl-, Br-, I-, S2-, Se2-. Molto spesso il legame ionico può interessare ioni molecolari, ovvero gruppi di atomi legati in modo covalente che acquistando o perdendo ioni H+ formano specie ioniche. Come si vedrà, si tratta frequentemente di anioni derivati da ossiacidi: CO32-, NO2-, NO3-, SO32-, SO42-, etc. Quando si scrive la formula bruta di un sale ionico, si deve fare molta attenzione al bilancio delle cariche totali: ovvero si deve prendere un determinato numero di ioni positivi e un determinato numero di ioni negativi, in modo che la somma algebrica delle cariche risulti zero. Ad esempio: NaCl, K2S, CaCl2, BaSO4, Al2S3, MgBr2, Na2CO3, Zn(NO3)2 115 Si tenga presente che quando si scrivono queste formule, non si rappresentano molecole, ma si indica semplicemente il rapporto numerico fra gli ioni di segno opposto nel solido cristallino. Ad esempio, NaCl indica che nel cloruro di sodio il rapporto fra Na+ e Cl- è 1:1; MgBr2 indica che nel bromuro di magnesio il rapporto fra Mg2+ e Br- è 1:2. Allo stato solido, i composti ionici hanno una struttura ordinata ben definita, il reticolo cristallino, tale che ogni catione è circondato da un certo numero di anioni e viceversa. Legame covalente - Quando si incontrano due atomi uguali o con potenziale di ionizzazione e affinità elettronica simili, non vi può essere ovviamente un trasferimento completo di elettroni dall'uno all'altro, come avviene nella formazione del legame ionico. In questo caso i due atomi possono tuttavia raggiungere la configurazione elettronica stabile del gas nobile, mettendo in compartecipazione i propri elettroni spaiati. Questo è quanto avviene nella formazione del legame covalente. Il legame covalente è formato da una coppia di elettroni condivisa fra due atomi. È attraverso questo tipo di legame che si formano le molecole, aggregati atomici stabili, capaci di esistere come unità indipendenti in tutti gli stati di aggregazione della materia. Il legame covalente si rappresenta con un trattino (notazione di Lewis), che indica una coppia di elettroni. La molecola di idrogeno è quindi rappresentata come H-H. Ogni trattino che compare in una formula di struttura rappresenta una coppia di elettroni: questa può essere una coppia di legame, quando è in compartecipazione tra due atomi, o un doppietto solitario. Il legame covalente non è esclusivo di molecole formate da atomi uguali (omonucleari). Ad esempio, idrogeno e fluoro possono mettere in compartecipazione una coppia di elettroni (1s dell'H e 2p del F), raggiungendo entrambi la configurazione elettronica stabile dell'elio e del Ne, rispettivamente. Inoltre, la configurazione elettronica otteziale può essere raggiunta attraverso la formazione di legami multipli (doppi o tripli) o di più di un legame semplice. Quando ad essere legati sono due atomi uguali, la coppia di elettroni risulta equamente condivisa fra di essi: si parla in questo caso di legame covalente puro o omopolare. Quando invece il legame si stabilisce fra due atomi diversi, la coppia elettronica risulta spostata (mediamente nel tempo) verso quello che ha maggior affinità elettronica e maggior potenziale di ionizzazione. In tal caso il legame è definito eteropolare. È possibile avere tutta una gamma di polarità del legame covalente, che va dal legame omopolare fino al massimo grado del legame ionico (CsF). Il legame ionico in effetti può 116 essere considerato un caso limite del legame eteropolare, che si realizza quando la coppia di elettroni è trasferita completamente ad uno dei due atomi. Il grado di polarità del legame è correlato ad una proprietà degli atomi, detta elettronegatività; più esattamente, esso è in relazione con la differenza di elettronegatività dei due atomi impegnati nel legame. L'elettronegatività può essere definita concettualmente come "la tendenza di un atomo ad attrarre verso di sé gli elettroni di legame". In ogni caso il valore esatto dipende dalla molecola in esame e quindi non solo dallo stato di valenza dell’atomo considerato, ma anche, a parità di valenza, dai sostituenti che impegnano le altre valenze. Sono stati proposti vari modi per valutare l’elettronegatività, fra questi si può ricordare la definizione di Mullikan, Allred e Rochow, Pauling, Sanderson ecc. Osservando i valori dell’elettronegatività si nota che: a) i metalli alcalini presentano le elettronegatività più basse, tutte inferiori all’unità. b) gli elementi più elettronegativi sono nell’ordine F = 4,1 > O = 3,5 > N = 3,1 > Cl = 2,8 > Br = 2,74 > C = 2,50 c) l’idrogeno presenta un’elettronegatività simile a quella del carbonio e potrebbe quindi essere situato nel sistema periodico direttamente sopra il carbonio. Esso rappresenta infatti l’elemento centrale del primo periodo, come il carbonio rappresenta l’elemento centrale del secondo periodo. d) l’elettronegatività degli elementi di transizione aumenta da sinistra a destra (Ti > Cu) e ciò corrisponde al progressivo aumento della carica nucleare accompagnata da una non efficiente schermatura da parte degli elettroni d. e) l’elettronegatività diminuisce al discendere nei gruppi; ciò è dovuto all’aumento delle dimensioni e alla conseguente minor forza elettrostatica esercitata sugli elettroni esterni. (Fanno eccezione alcuni elementi del VI periodo che seguono alla contrazione dei lantadini ove, a causa del brusco aumento della carica nucleare, si ha infatti anche una contrazione delle dimensioni). f) l’elettronegatività tabulata è solo una grandezza media riferita allo stato di ossidazione più comune. Essa varia con lo stato di valenza dell’atomo e aumenta all’aumentare del contributo dell’orbitale s. L’elettronegatività è una grandezza approssimata da usare con molta cautela ricordando che esse varia notevolmente al variare del numero di ossidazione formale. L'elettronegatività è un concetto estremamente importante in chimica, in quanto permette di fare diverse considerazioni sulla struttura, le proprietà e la reattività delle molecole. 117 Dalla differenza di elettronegatività, ΔEN, dei due atomi impegnati in un legame, è possibile risalire alla % di carattere ionico del legame. Nella tabella che segue, è riportata la relazione fra questi due parametri mentre il diagramma mostra l’andamento del carattere ionico di un composto al variare della differenza di elettronegatività. EN 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 2,0 2,2 2,4 2,6 2,8 % ionicità 1 4 9 15 22 30 39 47 56 63 70 76 82 86 Questa tabella, così come il grafico, devono essere usati con molta accortezza. Innanzitutto, occorre ricordare che è stata ricavata da un'equazione empirica, suggerita dallo stesso Pauling e che è stata concepita per esprimere il carattere ionico del legame covalente. È unicamente in questa ottica che essa trova corretta applicazione. Su alcuni testi di chimica si indica la ΔEN = 2 come valore di discriminazione fra composti ionici (ΔEN > 2) e covalenti (ΔEN < 2). Usando questo criterio, si arriverebbe a concludere che composti decisamente ionici, quali NaH, MgCl2, ZnCl2 e numerosi altri, siano covalenti, e che certi composti covalenti quali BeF2 o BF3 siano ionici. In base alle caratteristiche di molti composti un valore più ragionevole sembrerebbe EN = 1,7. A differenza del legame covalente che si produce lungo la direzione stabilita dagli orbitali di legame, il legame ionico non è direzionale. L’attrazione tra cariche di segno opposto infatti, non si sviluppa in un'unica direzione ma agisce con ugual forza, in tutte le direzioni con simmetria sferica (a pari distanza). Un legame covalente in cui viene condivisa una sola coppia di elettroni è detto legame singolo (legame semplice), se sono condivise due coppie di elettroni viene detto doppio e se le coppie condivise sono tre, si dice legame triplo. Il legame monovalente si esprime con un trattino tra i simboli dei due atomi che vi sono coinvolti, nel caso del legame bivalente il trattino è doppio e triplo nel caso del legame trivalente e così via. 118 La scrittura delle formule o strutture di Lewis fa uso di una notazione in cui gli elettroni del guscio di valenza di ogni atomo sono rappresentati da altrettanti punti posti intorno al simbolo chimico dell’atomo stesso. Per esempio, le formule di Lewis degli atomi dei primi dieci elementi della tavola periodica sono le seguenti: H. Li . Be .. .. . B ..C. . ..N. . . . ..O.. . .. ....F . He .. .. . ..Ne .. . L’esame del comportamento chimico dei primi 20 elementi (esclusi i gas nobili), ha condotto G. N. Lewis a scoprire che questi si combinano tra loro o con altri elementi per dare composti in cui hanno realizzato intorno a sé un ottetto di elettroni (con l’eccezione dell’idrogeno), tipico della configurazione elettronica del gas nobile ad essi più vicino. Sulla base di queste osservazioni Lewis formulò la regola dell’ottetto o regola del gas nobile secondo la quale un atomo forma legami perdendo, acquistando, o mettendo in comune un numero di elettroni tale da realizzare intorno a sé un ottetto di elettroni. Peraltro, si sapeva già che l’idrogeno poteva partecipare al legame acquistando o mettendo in comune un solo elettrone, ma in questo modo anch’esso raggiunge la configurazione elettronica di un gas nobile: l’elio. Lewis ipotizzò che un legame singolo si formi utilizzando due elettroni forniti dai due atomi che si legano. Nel caso della formazione di un legame covalente bielettronico ciascuno dei due atomi mette in compartecipazione un suo elettrone, e ogni atomo può formare tanti legami covalenti bielettronici con uno o più altri atomi, quanti sono gli elettroni necessari per raggiungere la configurazione del gas nobile. Occorre precisare che, una volta messi in comune, i due elettroni del legame appartengono a entrambi gli atomi, per cui sono assegnati per intero a ciascuno dei due atomi quando si fa il conteggio degli elettroni presenti nei gusci di valenza dei due atomi legati. Per esempio, il fluoro ha sette elettroni nel guscio di valenza, per cui se ne riceve ancora uno, messo in compartecipazione da un altro atomo (e con il quale il fluoro mette in compartecipazione un proprio elettrone), completa l’ottetto, realizzando la configurazione elettronica del gas nobile neo. In questo modo tra l’atomo di fluoro e l’altro atomo si instaura un legame covalente bielettronico. Per esempio, nella formazione del fluoruro di idrogeno, HF, sono condivisi un elettrone appartenente originariamente all’idrogeno e uno appartenente originariamente al fluoro. In questo modo sia l’atomo di idrogeno sia quello di fluoro raggiungono la configurazione del gas nobile che li segue {He (2 elettroni) e Ne (8 elettroni)}. Anche la condivisione di un elettrone da parte di ciascuno di due atomi di fluoro conduce al completamento dell’ottetto 119 su entrambi gli atomi e alla formazione di un legame covalente bielettronico (ossia un legame singolo), con formazione della molecola F2. .. H .. .. F .. .....F. . ; ... ..F . Si noti che attorno all’atomo di fluoro nelle formule appena riportate di HF e F2 compaiono anche coppie di elettroni non coinvolte nel legame: queste sono dette coppie di elettroni solitarie, doppietti solitari o coppie non condivise. Nel caso della formazione di un legame ionico un atomo cede integralmente elettroni all’altro, cosicché nel composto i due atomi si presentano sotto forma di cationi e anioni. Un esempio è costituito dal fluoruro di potassio, KF. Il potassio cede l’elettrone del guscio di valenza al fluoro per cui nel sale risultante sono presenti il catione K+, che ha la configurazione del gas nobile che lo precede (l’argo), e l’anione F-, con la configurazione del gas nobile che lo segue (il neo). Un esempio di legame ionico nella formazione del quale vengono ceduti o acquistati più elettroni è fornito dall’ossido di calcio (CaO): il calcio cede due elettroni del suo guscio di valenza all’ossigeno, che è in grado di accettarli. Nell’ossido risultante sono presenti il catione bivalente Ca2+ (configurazione elettronica del gas nobile argo) e l’anione bivalente O2- (configurazione elettronica del gas nobile neo). Individui chimici di particolare interesse in relazione alle formule di Lewis sono i composti di tipo molecolare e gli ioni poliatomici, che contengono uno o più legami covalenti. Premettiamo che nella descrizione dei legami covalenti conviene rappresentare una coppia di elettroni di legame con una lineetta che unisce i due atomi, anziché con i due punti che indicano i due elettroni. Inoltre, anche per rappresentare una coppia di elettroni solitaria è utile usare una lineetta posta a uno dei lati del simbolo dell’atomo interessato. Per esempio: .. - .. - H:I :H-I| La regola dell’ottetto non è vincolante nel caso degli elementi dei periodi successivi al secondo, soprattutto di quelli degli ultimi gruppi della tavola periodica. Per esempio, le molecole PF3 e SF2 seguono la regola dell’ottetto, mentre non è così per PF5, SF4 e SF6, intorno ai cui atomi centrali (P e S) si contano 10 o addirittura 12 elettroni. 120 |F| P |F |F| S F| |F |F P F| |F |F| F| |F |F| S |F| F| |F S |F F| F| |F| |F| Gli elementi dei periodi successivi al secondo possono ospitare nel loro intorno più di 8 elettroni perché dispongono di orbitali d vuoti dello stesso numero quantico principale degli orbitali ns e np del guscio di valenza. Nello stato fondamentale degli atomi degli elementi di non transizione gli orbitali nd sono vuoti e ad un livello energetico sufficientemente basso da renderli utilizzabili insieme agli orbitali ns e np nella formazione di tanti legami covalenti bielettronici quanti sono gli elettroni presenti nel guscio di valenza (gli orbitali d vuoti possono anche accettare doppietti di elettroni da altre specie chimiche per formare legami covalenti dativi; un esempio è costituito dalla formazione dell’anione PF6-). Esaminiamo in particolare gli ossoacidi, HmXOn. Scegliamo a titolo di esempio i due ossoacidi più ossigenati dell’azoto (secondo periodo) e del fosforo (terzo periodo), che sono l’acido nitrico, HNO3, e l’acido fosforico, H3PO4. Gli atomi di ossigeno sono legati direttamente all’atomo non metallico X (N o P), mentre quelli di idrogeno sono legati direttamente all’ossigeno. Seguendo rigorosamente la regola dell’ottetto otteniamo formule di Lewis che contengono cariche formali: O N |O| O H |O |O H P O |O H H Nel caso dell’acido nitrico queste non possono essere eliminate con la conversione di una coppia solitaria dell’ossigeno in una coppia di legame nel modo seguito nel caso del monossido di carbonio, dato che l’azoto, con quattro soli orbitali nel guscio di valenza (l’orbitale 2s e i tre 2p) non può alloggiare più di otto elettroni (regola dell’ottetto). Nel caso dell’acido fosforico, invece, il fosforo, che possiede orbitali 3d vuoti ed energeticamente accessibili, può disattendere la regola dell’ottetto e formare altri legami, in particolare un legame doppio P=O. 121 O |O H P O |O H H La conversione di una coppia di elettroni solitaria dell’ossigeno in una coppia di legame riduce di una unità la carica formale positiva sull’atomo centrale e quella negativa sull’ossigeno. Di conseguenza, in questo caso intorno al fosforo si possono collocare 10 elettroni. Questo comportamento viene chiamato espansione dell’ottetto. Tra i molti altri esempi proponibili riportiamo quelli di due ossoacidi dello zolfo nei quali opera in varia misura l’espansione dell’ottetto incontrata nell’acido fosforico. |O |O O S| |O |O H H H S| |O |O |O H 2 S |O| H O H O |O H S O H O Anche in questi casi le formule scritte senza doppi legami contengono cariche formali, le quali vengono azzerate mediante conversione di coppie di elettroni solitarie di atomi di ossigeno in coppie di elettroni di legame. Di norma la formula di Lewis che descrive lo stato energetico più stabile di una molecola è quella in cui le cariche formali sono nulle, o comunque hanno i valori più prossimi a zero. Nel caso della costruzione delle formule di Lewis degli ioni poliatomici è necessario sistemare il numero totale di elettroni dei gusci di valenza dei vari atomi, aumentato del numero di elettroni aggiunti per ottenere la corretta carica dell’anione, o diminuito di quelli sottratti per ottenere quella positiva del catione. A rigore, per costruire la formula di Lewis di una specie chimica occorrerebbe già conoscere quali atomi sono legati direttamente tra loro. Infatti, esistono sostanze che hanno la stessa formula bruta, ma proprietà chimico-fisiche differenti a causa della diversa disposizione degli atomi che le compongono o della differente collocazione spaziale di questi. Per esempio, l’etanolo e l’etere dimetilico sono due sostanze con la stessa formula molecolare bruta (C2H6O), ma con proprietà chimico-fisiche e formula di Lewis diverse. Nel complesso le regole più utili per ricavare le formule di Lewis sono le seguenti: 1. Si calcola il numero globale di elettroni esterni da sistemare. Questo numero è dato dalla somma degli elettroni contenuti nei gusci di valenza di tutti gli atomi presenti, alla 122 quale va aggiunto il numero di elettroni che conferiscono alla specie chimica la carica negativa, se si tratta di un anione, o alla quale va tolto il numero di elettroni necessari per lasciare sulla specie chimica la corretta carica positiva, se si tratta di un catione. 2. Si dispongono i singoli atomi come richiesto dalla struttura nota della sostanza, o sulla base di noti comportamenti chimici, e li si uniscono con legami singoli (bielettronici) all’atomo centrale (o a più atomi). 3. Si usano i rimanenti elettroni per completare gli ottetti di ciascun atomo, cominciando dagli atomi esterni ed eventualmente più elettronegativi, e si assegnano le cariche formali. 4. Se qualche atomo rimane con l’ottetto incompleto si convertono le coppie di elettroni solitarie in coppie di legame, formando legami doppi o tripli, e si riassegnano le cariche formali. 5. Se l’atomo centrale appartiene a un periodo successivo al secondo, la regola dell’ottetto non è vincolante, e si convertono altre coppie di elettroni solitarie in coppie di legame per neutralizzare le cariche formali, fino a ridurle al numero minimo. Gli elementi di non transizione dei periodi successivi al secondo possono "espandere" l’ottetto perché hanno orbitali d liberi a energia sufficientemente bassa da poter essere coinvolti nella formazione di legami covalenti. In particolare possono dare tanti legami covalenti bielettronici quanti sono gli elettroni spaiati dell’atomo che si possono ottenere distribuendoli nel massimo numero degli orbitali ns, np e nd. Esercizio 1 In base alle premesse fatte è immediato rispondere alla domanda. (a) Cl2 - legame fra due atomi uguali quindi covalente puro (b) SCl2 - legame fra due atomi con una differenza di elettronegatività pari a circa 0,5, quindi legame covalente polare. La carica negativa è sul cloro e, ovviamente, quella positiva sullo zolfo. (c) NaF - legame fra due atomi con una differenza di elettronegatività pari a circa 2,1, quindi legame ionico. (d) NaH - in questo caso il legame è ionico. Per questo composto, non è possibile prevedere la differenza di elettronegatività fra i due atomi come è stato messo in evidenza nelle premesse generali. Il comportamento chimico di questa sostanza è perfettamente in accordo con una situazione del tipo Na+H-. 123 (e) H2O - legame covalente polarizzato perché la differenza di elettronegatività fra i due atomi è circa 1,4. La carica negativa è sull’ossigeno e, ovviamente, quella positiva sull’idrogeno. (f) I2 - legame fra due atomi uguali quindi covalente puro. (g) SO2 - legame covalente polarizzato perché la differenza di elettronegatività fra i due atomi è circa 1. La carica negativa è sull’ossigeno e, ovviamente, quella positiva sull’ossigeno. (h) Cl2O - legame covalente polarizzato perché la differenza di elettronegatività fra i due atomi è circa 0,5. La carica negativa è sull’ossigeno e, ovviamente, quella positiva sul cloro. (i) NCl3 - legame covalente puro perché i due atomi hanno la stessa elettronegatività. (j) CsF - legame fra due atomi con una differenza di elettronegatività pari a circa 3,3, quindi legame ionico. (k) N2 - legame fra due atomi uguali quindi covalente puro. (l) CH4 - legame covalente polarizzato perché la differenza di elettronegatività fra i due atomi è circa 0,4. La carica negativa è sull’atomo di carbonio e, ovviamente, quella positiva sull’idrogeno. (m) KCl - legame fra due atomi con una differenza di elettronegatività pari a circa 3,3, quindi legame ionico. Esercizio 2 La formula di Lewis dell’acido formico è: O H C O H Al carbonio può essere assegnata l’ibridizzazione sp2, con l’orbitale pz non implicato nell’ibridizzazione. La combinazione lineare dei tre orbitali ibridi del carbonio con l’orbitale 1s dell’idrogeno e con un orbitale atomico 2p di ciascuno dei due atomi di ossigeno (oppure di orbitali ibridi sp2 per l’ossigeno terminale e sp3 per quello legato anche all’idrogeno) produce tre legami : un legame C–H e due C–O. La combinazione lineare degli orbitali pz dell’atomo di carbonio e di quello dell’ossigeno terminale produce un legame localizzato di tipo . Infine la combinazione lineare di un orbitale 2p dell’altro atomo di ossigeno (o di un suo orbitale ibrido sp3) con l’orbitale 1s del secondo atomo di idrogeno 124 produce un legame O-H. Complessivamente nella molecola sono presenti 4 legami (2 C-O, 1 C–H, 1 O-H) e un legame (C-O). Esercizio 3 In base alle premesse fatte è immediato rispondere alla domanda, però è necessario rappresentare per ogni composto la formula di Lewis. Per semplicità saranno ignorate eventuali forme di risonanza. Domanda (a) Elettroni di valenza del composto S O 6 3x6 Carica 18 -2 26 Ventisei elettroni corrispondono a 13 coppie di elettroni 2- O S O O In base alla teoria VSEPR la geometria di questo anione è tetraedrica. Nella molecola sono presenti tre legami di tipo covalente polarizzato avendo l’ossigeno e lo zolfo diversa elettronegatività. Domanda (b) Elettroni di valenza del composto C 4 O 6 Cl 2x7 14 24 Ventiquattro elettroni corrispondono a dodici coppie O C Cl Cl 125 In base alla teoria VSEPR la geometria di questo composto è trigonale piana. Nella molecola sono presenti due legami singoli di tipo covalente e un doppio legame carbonio-ossigeno. I legami nella molecola sono polarizzati perché sia l’ossigeno che il cloro sono più elettronegativi del carbonio. Domanda (c) In KF il legame è di tipo ionico data la grande diversità di elettronegatività fra potassio e fluoro: maggiore di 3. Domanda (d) Elettroni di valenza del composto I 3x7 carica 21 1 22 Ventidue elettroni corrispondono a undici coppie I I I I legami nella molecola sono covalenti puri perché sono coinvolti elementi dello stesso tipo. Esercizio 4 La risposta a questa domanda è già stata data nelle premesse a questo capitolo. Esercizio 5 Per rispondere alle varie domande dell’esercizio è necessario fare una premessa generale. La tensione di vapore è strettamente legata alla natura del legame presente in una molecola. Generalmente se in una molecola è presente un legame covalente questa avrà un’alta tensione di vapore mentre molecole con legame ionico avranno una bassa tensione di vapore (quasi nulla). Non è immediato stabilire in termini qualitativi come varia la tensione di vapore nell’ambito di molecole caratterizzate dallo stesso tipo di legame in quanto la casistica è molto varia. 1) Quando si deve confrontare la tensione di vapore fra due molecole che hanno un carattere ionico non è possibile fare delle previsioni qualitative quale delle due avrà la tensione di vapore più alta. L’unica affermazione che si può fare è che queste molecole avranno una tensione di vapore bassissima quasi nulla. 126 2) Quando si considerano molecole a carattere covalente non polarizzato la tensione di vapore è legata al PM del composto, ovvero la tensione di vapore diminuisce all’aumentare del PM del composto. 3) Quando si considerano molecole a carattere covalente polarizzato la tensione di vapore di questi composti è minore, a parità di fattori, di quella di molecole con legame covalente non polarizzato. 4) Non è facile confrontare la tensione di vapore di molecole con legame covalente polarizzato. La prima affermazione che è possibile fare è che la tensione di vapore diminuisce all’aumentare della polarità delle molecole. Sul valore della pressione di vapore influisce anche la complessità molecolare ed è quindi difficile confrontare fra di loro molecole covalenti polari caratterizzate da PM molto diversi. Dopo queste premesse è possibile rispondere alle varie domande. a) Cl2O, Na2O – In Cl2O il legame è di tipo covalente polarizzato mentre in Na2O è un legame ionico. Per quanto affermato nelle premesse, sarà Cl2O che avrà la tensione di vapore più elevata. b) InCl3, SbCl3 – In base all’elettronegatività il legame del tricloruro di antimonio è più polare di quello del tricloruro di indio e quindi dovrebbero esserci interazioni più forti fra le varie molecole di SbCl3 e quindi questo possedere la tensione di vapore più bassa. c) LiH(s), HCl(g) – L’idruro di litio è un composto ionico mentre HCl è un composto con un legame covalente polarizzato. Come conseguenza sarà lo LiH che avrà la tensione di vapore più bassa. d) MgCl2, PCl3 – In questo caso abbiamo un composto ionico, MgCl2, per la diversa elettronegatività fra magnesio e cloro, e un composto covalente polare. Questi due composti seguono la regola generale che molecole con spiccato legame a carattere ionico hanno una pressione di vapore inferiore a quella con legame covalente anche se questo fosse polarizzato. Esercizio 6 In base a quanto esposto nelle premesse, il carattere ionico di un legame aumenta all’aumentare della differenza di elettronegatività fra gli atomi coinvolti nel legame. Elemento Elettronegatività Cl 3,0 C 2,5 127 Na 0,9 Al 1,5 Br 2,8 Da questi dati è evidente che il carattere ionico del legame cresce nell’ordine: Br-Cl < C-Cl < Al-Cl < Na-Cl Esercizio 7 Domande (a) HCN, (b) CS2. Queste due molecole sono lineari, H-CN e S=C=S. Di conseguenza all’atomo di carbonio si può assegnare l’ibridizzazione sp. Domanda (c) COCl2. Questa molecola è idealmente triangolare planare, per cui al carbonio si può assegnare un’ibridizzazione sp2. Domanda (d) CCl4. La molecola è tetraedrica, per cui al carbonio si può assegnare l’ibridizzazione sp3. Esercizio 8 L’atomo di carbonio terminale, CH3, è ibridizzato sp3 dato che lega a sé quattro atomi in una configurazione tetraedrica (VSEPR). L’atomo di carbonio interno, che lega a sé due atomi in una geometria lineare (VSEPR), è ibridizzato sp. Tre dei quattro orbitali ibridi sp3 del carbonio terminale si combinano linearmente con gli orbitali 1s dei tre atomi di idrogeno e formano tre legami C-H; il quarto orbitale ibrido sp3 si combina con un ibrido sp del secondo atomo di carbonio e dà un legame C-C. Il secondo orbitale ibrido sp di quest’ultimo atomo di carbonio si combina con un orbitale atomico dell’azoto (o con un suo orbitale ibrido sp per rendere conto della localizzazione esterna della coppia solitaria sull’azoto) e dà origine a un legame C-N. Gli orbitali py e pz dell’atomo di carbonio interno e dell’atomo di azoto, non coinvolti nelle ibridizzazioni, hanno la simmetria adatta per dare orbitali molecolari localizzati e danno origine a due legami . Pertanto il triplo legame CN è costituito da un legame e da due legami . Esercizio 9 a) CO + H2 > H2CO. L’ibridizzazione del carbonio cambia da sp a sp2. Infatti l’ibridizzazione del carbonio che descrive meglio la molecola CO è sp (uno dei due orbitali ibridi sp alloggia una coppia di elettroni solitaria). La molecola di aldeide formica, H2CO 128 (metanale), è idealmente triangolare planare (VSEPR), per cui in questa il carbonio è ibridizzato sp2. b) 2 CO + O2 > 2 CO2. La reazione non è accompagnata da variazioni di ibridizzazione del carbonio. Infatti la molecola di diossido di carbonio, CO2, è lineare (VSEPR) per cui l’ibridizzazione da assegnare al carbonio è sp, come nel caso di CO. c) CH4 + 2 O2 > CO2 + 2 H2O. L’ibridizzazione del carbonio cambia da sp3 a sp. Infatti l’ibridizzazione del carbonio nel metano, che è una molecola tetraedrica, è sp3, mentre è sp nel diossido di carbonio. Esercizio 10 a) SF4. La molecola è a sella e pseudobipiramidale trigonale se si considera anche la coppia di elettroni solitaria (VSEPR). L’ibridizzazione che fornisce cinque orbitali ibridi proiettati verso i vertici di una bipiramide trigonale è dsp3 ( d z2 sp 3 ) . Quattro orbitali ibridi sono utilizzati per formare quattro legami S-F e il quinto, situato sul piano trigonale, è occupato dalla coppia solitaria. F F F S .. F b) SF6. La molecola è ottaedrica (VSEPR). L’ibridizzazione che dà orbitali ibridi proiettati verso i vertici di un ottaedro è d2sp3 ( d x 2 y 2 d z2 sp 3 ). Esercizio 11 Non possono essere analizzate in modo completo con il metodo degli orbitali molecolari localizzati le configurazioni elettroniche di ioni o molecole che per essere descritte 129 richiedono l’uso di formule che sono ibridi di risonanza e questo generalmente capita quando intorno ad un atomo ci sono più elementi dello stesso tipo e la formula di Lewis in prima istanza attribuisce un doppio legame solamente ad una coppia di atomi. a) e b) Le molecole SOCl2 e Cl2C=CCl2 sono descrivibili da una semplice formula di Lewis, senza bisogno di ricorrere a ibridi di risonanza, per cui le loro configurazioni elettroniche esterne possono essere trattate ricorrendo al metodo degli orbitali molecolari localizzati. Cl Cl Cl C S C O Cl Cl Cl SOCl2 C2Cl4 c) e d) Per descrivere la struttura degli anioni SO32- e SO42- occorrono formule che sono ibridi di risonanza. Di conseguenza in questi due casi si deve ricorrere al metodo degli orbitali molecolari delocalizzati, almeno per descrivere gli elettroni di legame delocalizzati. 2- O S O O O 2- O 2- S O O SO32- O O O O S SO42Esercizio 12 Lo ione è triangolare planare (VSEPR), per cui l’ibridizzazione da assegnare all’azoto è sp2. Gli orbitali atomici che si combinano per rendere conto della coppia di elettroni delocalizzata sono i quattro orbitali pz, uno dell’azoto e uno di ciascuno dei tre atomi di ossigeno, che sono tutti tra loro paralleli. 130 O N O O NO3Esercizio 13 Dopo le premesse iniziali è possibile rispondere alle domande dell’esercizio. a) Na. Ha un solo elettrone nel guscio di valenza (è un elemento del gruppo 1) e tende a dare specie cationiche. Formula di Lewis: Na.; dà il catione Na+. b) Ba. Ha due elettroni nel guscio di valenza (è un elemento del gruppo 2) e tende a dare specie cationiche. Formula di Lewis: Ba: Ba|; dà il catione Ba2+. c) Br. Ha sette elettroni nel guscio di valenza (è un elemento del gruppo 17). Poiché appartiene a uno degli ultimi gruppi della Tavola Periodica tende a dare specie anioniche accettando elettroni fino a completare l’ottetto (è sufficiente un elettrone). Formula di Lewis: Br = Br ; dà l’anione Br d) O. Ha sei elettroni nel guscio di valenza (è un elemento del gruppo 16). Appartiene a uno degli ultimi gruppi della tavola periodica per cui tende a dare specie anioniche accettando elettroni fino a realizzare un ottetto di elettroni nel guscio di valenza (occorrono due elettroni). O ; dà l’anione O Formula di Lewis: O 2– . Esercizio 14 Si ha a che fare con molecole, per cui i legami che uniscono tra loro gli atomi sono di tipo covalente. a) H2 Ogni atomo di idrogeno possiede un elettrone. Entrambi gli elettroni sono messi in compartecipazione tra i due atomi di idrogeno per dare un legame covalente e assicurare la configurazione elettronica dell’elio a entrambi gli atomi: H-H. b) ICl. Entrambi gli atomi hanno sette elettroni nel guscio di valenza (appartengono al gruppo 17). Hanno bisogno di un ulteriore elettrone per completare l’ottetto. Ciascuno dei 131 due atomi mette in comune con l’altro un suo elettrone cosicché entrambi completano l’ottetto con formazione di un legame covalente singolo: I Cl . c) HCl. L’atomo di idrogeno ha un solo elettrone, mentre quello di cloro ne ha sette. Se ciascuno dei due atomi mette in comune con l’altro un suo elettrone entrambi completano il guscio di valenza (l’idrogeno raggiunge la configurazione elettronica dell’elio e il cloro quella dell’argo), con formazione di un legame covalente singolo: H Cl . Esercizio 15 a) MgF2. I due elementi appartengono al gruppo 2 (Mg) e 17 (F). Hanno elettronegatività molto diverse per cui il composto è ionico. Il magnesio ha 2 elettroni nel guscio di valenza e il fluoro ne ha 7. I due elettroni originariamente del magnesio sono trasferiti sui due atomi di fluoro: Mg2+ F – 2 . b) OF2. I due elementi appartengono al gruppo 16 (O) e 17 (F). Le loro elettronegatività sono alquanto simili per cui i legami formati sono di tipo covalente. L’ossigeno mette in comune un suo elettrone con ciascuno dei due atomi di fluoro, ognuno dei quali a sua volta mette in comune con l’ossigeno un proprio elettrone: in questo modo fluoro e ossigeno O completano l’ottetto, con la formazione di due legami covalenti semplici: |F F|. Esercizio 16 a) BH3. L’idrogeno può formare un solo legame covalente bielettronico. Il boro ha tre H elettroni nel guscio di valenza; di conseguenza: B + 3 H B H H Il boro rimane con l’ottetto incompleto per cui BH3 è un acido di Lewis b) OH2. L’idrogeno può formare un solo legame covalente bielettronico; d’altra parte, l’ossigeno può formare due legami O-H e realizzare così la configurazione elettronica del gas nobile per tutti e tre gli atomi: O + 2 H O H H L’ossigeno ha l’ottetto completo e contiene due coppie di elettroni solitari. Queste possono partecipare alla formazione di un legame covalente dativo solo se si trovano in orbitali ad alto livello energetico. Nel caso specifico i doppietti di elettroni dell’ossigeno intervengono a formare legami covalenti dativi con buoni accettori di doppietti di elettroni (acidi di 132 Lewis), come è attestato dalla formazione di composti quali [Be(OH2)4]2+ e [Al(OH2)6]3+. Pertanto l’acqua è una base di Lewis. Esercizio 17 a) As. Appartiene al quarto periodo (4s24p34d0). Può espandere l’ottetto. I 5 elettroni possono essere distribuiti in 5 orbitali con n = 4 (5 elettroni spaiati: 4s14p34d1). Può dare 5 legami covalenti bielettronici. b) Be. Appartiene al secondo periodo (2s22p0). Non può espandere l’ottetto. I 2 elettroni possono essere distribuiti in un orbitale 2s e in uno degli orbitali 2p (2 elettroni spaiati: 2s12p1). Può dare 2 legami covalenti bielettronici. c) Cl. Appartiene al terzo periodo (3s23p53d0). Può espandere l’ottetto. I 7 elettroni del guscio di valenza possono essere distribuiti in 7 dei nove orbitali con n = 3 (7 elettroni spaiati: 3s13p33d3). Può dare 7 legami covalenti bielettronici. d) C. Appartiene al secondo periodo (2s22p2). Non può espandere l’ottetto. I 4 elettroni possono essere distribuiti nei 4 orbitali con n = 2 (4 elettroni spaiati: 2s12p3). Può dare 4 legami covalenti bielettronici. Esercizio 18 In questi casi occorre azzerare eventuali cariche formali mediante conversione di coppie di elettroni solitarie degli atomi di ossigeno in coppie di legame e formazione di doppi legami. a) XeO3. Numero di elettroni (esclusi i 10 negli orbitali 4d): 8 + 6·3 = 26: |O 3 Xe Xe O O| |O| O O b) ClO3F. Numero di elettroni: 7 + 6·3 + 7 = 32 O |O| |O 3 Cl F| |O| O Cl F| O c) HIO3. Numero di elettroni: 1 + 7 + 6·3 = 26: 133 2 |O I O H |O| O I O H O Esercizio 19 Domanda (a) Gas nobile: elemento con configurazione otteziale Ne Domanda (b) Elemento che appartiene al gruppo 1 della Tavola Periodica . Rb Domanda (c) Elemento che appartiene al gruppo 17 della Tavola Periodica perciò con 7 elettroni nello strato di valenza. I. Domanda (d) Elemento che appartiene al gruppo 2 della tavola Periodica perciò con due elettroni nello strato di valenza Mg: Domanda (e) Elemento che appartiene al gruppo 14 della tavola Periodica perciò con 4 elettroni nello strato di valenza C Domanda (f) Elemento che appartiene al gruppo 17 della tavola Periodica perciò con sette elettroni nello strato di valenza F. Domanda (g) Elemento che appartiene al gruppo 16 della tavola Periodica perciò con sei elettroni nello strato di valenza 134 S Esercizio 20 Domanda (a) Cl Cl Domanda (b) Cl H Domanda (c) F Cl Domanda (d) Cl O O Domanda (e) O O N N O O Esercizio 21 Domanda (a) K Cl Domanda (b) S Cl Cl 135 Domanda (c) Na 2- S Na Esercizio 22 Domanda (a) H H Si H H Domanda (b) N F F F Domanda (c) H F C F H Domanda (d) H H H C C H F H Domanda (e) O O O S S O O O O O S O Domanda (f) 136 O F S F F F Domanda (g) H O As O O H O H Esercizio 23 Come messo in evidenza nell’esercizio 17, gli elementi dei periodi successivi al secondo possono ospitare nel loro intorno più di 8 elettroni perché dispongono di orbitali d vuoti dello stesso numero quantico principale degli orbitali ns e np del guscio di valenza. Quindi considerando questa osservazione gli elementi che possono espandere l’ottetto sono: P, I, S; mentre gli elementi B e N essendo elementi con numero quantico principale n = 2 non possono espandere l’ottetto. Esercizio 24 Domanda (a) N H H Domanda (b) H H B H H 137 Domanda (c) O I O O O Domanda (d) C N O Esercizio 25 Domanda (a) Gli elettroni valenza sono: B (3) + 3 H (1) = 6 H B H H Geometria trigonale piana; ibrido sp2. Domanda (b) Gli elettroni di valenza sono: P (5) + 2 H (1) + carica = 8 P H H Geometria angolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (c) Gli elettroni di valenza sono: O (6) + 2 h (1) = 8 O H H Geometria angolare, ibrido sp3, tetraedrico. 138 Domanda (d) S |F| |F| Domanda (e) Gli elettroni di valenza sono: Cl (7) + 2 F (7) + carica = 22 |F| Cl |F| Geometria: lineare, ibrido dsp3, bipiramide trigonale. Domanda (f) Gli elettroni di valenza sono: Xe (8) + 2 F (7) = 22 |F| Xe |F| Geometria lineare, ibrido dsp3, bipiramide trigonale. Domanda (g) Gli elettroni di valenza sono: B (3) + 4 F (7) + carica = 32 |F| |F B F| |F| Geometria tetraedrica, ibrido sp3. Domanda (h) 139 Gli elettroni di valenza sono: Si (4) + 4 F (7) = 32 |F| |F Si F| |F| Geometria tetraedrica, ibrido sp3. Domanda (i) Gli elettroni di valenza sono: Br (7) + 4 F (7) + carica = 36 |F Br |F F| F| Geometria quadrata, ibrido d2sp3, ottaedrico. Domanda (l) Gli elettroni di valenza sono: C (4) + 3 O (6) + carica = 24 2- 2- O O O C C O O O Geometria trigonale piana, ibrido sp2. Domanda (m) Gli elettroni di valenza sono: S (6) + 3 O (6) + carica = 26 140 2|O| S O| |O Geometria piramide a base triangolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (n) Gli elettroni di valenza sono: Br (7) + 3 O (6) + carica = 26 Br |O |O| O| Geometria piramide a base triangolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (o) Gli elettroni di valenza sono: Se (6) + 2 O (6) = 18 Se Se O O O O Geometria angolare, ibrido sp2, trigonale. Domanda (p) Gli elettroni di valenza sono: Se (6) + 3 O (6) = 24 O O O Se Se O O O O O Se O Geometria trigonale piana, ibrido sp2. Domanda (q) Gli elettroni di valenza sono: S (6) + O (6) + 2 Cl (7) = 26 141 |O| S Cl| |Cl| Geometria piramide a base triangolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (r) Gli elettroni di valenza sono: Cl (7) + N (5) + O (6) = 18 N O Cl| Geometria angolare, ibrido sp2, trigonale. Domanda (s) Gli elettroni di valenza sono: Xe (8) + O (6) + 4 F (7) = 42 |O| |F Xe |F F| F| Geometria piramide a base quadrata, ibrido d2sp3, ottaedrica. Domanda (t) Gli elettroni di valenza sono: Xe (8) + 2 O (6) + 4 F (7) = 48 |O| |F Xe |F F| F| |O| Geometria ottaedrica, ibrido d2sp3. Domanda (u) Gli elettroni di valenza sono: O (6) + Cl (7) + H (1) = 14 142 O Cl| H Geometria angolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (v) Gli elettroni di valenza sono: Cl (7) + 2 O (6) + H (1) = 20 Cl O |O H Geometria angolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (z) Gli elettroni di valenza sono: Cl (7), 3 O (6) + H (1) = 26 Cl |O| |O| O H Geometria piramide a base triangolare, ibrido sp3, tetraedrico. Domanda (x) Gli elettroni di valenza sono: Cl (7) + 4 O (6) + H (1) = 32 |O| Cl |O O H |O| Geometria tetraedrica, ibrido sp3. 143 144 A Allccuunnii rriissuullttaattii ddeeggllii eesseerrcciizzii pprrooppoossttii Pensaci bene prima di proseguire Sei sicuro di avere fatto tutti gli sforzi necessari per risolvere i problemi. 145 Alcune premesse di carattere generale aiuteranno a risolvere gli esercizi proposti. Bilanci energetici nelle reazioni chimiche La variazione di energia interna prodotta da una trasformazione fisica o chimica dipende esclusivamente dalle condizioni finali e iniziali del sistema, ma non dal modo in cui si passa da una condizione all’altra. Questa affermazione deriva direttamente dal primo principio della termodinamica secondo il quale l’energia interna totale di un sistema isolato, che è un sistema che non scambia né materia né energia con l’ambiente esterno, è costante anche se può essere convertita da una forma all’altra durante la trasformazione del sistema stesso: a) E1 = E2 b) E E2 – E1 = 0 L’energia interna è una funzione di stato, essendo così definita una funzione le cui variazioni dipendono esclusivamente dagli stati finale e iniziale del sistema, ma non dal modo in cui si è passati da uno stato all’altro. Nel caso in cui le trasformazioni avvengano in un sistema chiuso il primo principio della termodinamica sancisce che la variazione di energia che accompagna una trasformazione in un sistema chiuso è uguale all’energia (di qualsiasi tipo) che il sistema riceve dall’ambiente esterno o ad esso cede. La conseguenza di questo è che: la variazione di energia interna che accompagna una trasformazione dallo stato 1 allo stato 2 è uguale in valore assoluto a quella della trasformazione inversa, ma è di segno opposto. La variazione di energia interna in un sistema chiuso, E = E2 – E1, può manifestarsi nei confronti dell’ambiente esterno sotto forma di calore, q, e/o di lavoro, w. Per convenzione: il calore, q, ha valore positivo quando è assorbito dal sistema (processo endotermico) e negativo quando viene ceduto dal sistema (processo esotermico). D’altra parte il lavoro, w, ha valore positivo quando è compiuto dall’ambiente sul sistema e negativo quando è compiuto dal sistema. E = E2 – E1 = q + w Particolarmente importante, nei processi chimici, è il lavoro meccanico associato a variazioni di volume del sistema (espansioni o compressioni) e perciò chiamato anche lavoro di volume. Quando la trasformazione comporta solo lavoro di volume trova la relazione sopra riportata può essere scritta: a) w = –PV b) E = q + w = q – PV 146 Molto spesso le trasformazioni chimiche o fisiche sono effettuate a pressione costante, piuttosto che a volume costante. Per trattare questi casi è utile usare la funzione di stato entalpia, H, che è definita dalla seguente equazione: H = E + PV La variazione di entalpia, H, che accompagna la trasformazione in un sistema, a pressione costante (P1 = P2; P = 0) è: H = E + PV + VP = E + PV La variazione di entalpia che accompagna una reazione chimica è detta entalpia di reazione. Se questa si riferisce alla reazione di una mole di un particolare reagente si parla di entalpia molare di reazione, Hr, riferita a quel particolare reagente. Se ricordiamo che l’entalpia è funzione anche dello stato di aggregazione delle sostanze implicate nella reazione, nonché della pressione e della temperatura a cui sono soggette, appare chiara la necessità di precisare queste condizioni. Condizioni di riferimento, o stati standard, delle possibili variabili che definiscono lo stato delle sostanze: a) Pressione: P = 1,01325x105 Pa (1 atm). b) Temperatura convenzionale alla quale vengono tabulati i dati termodinamici: T = 298,15 K (25,0 °C). c) Stati di aggregazione delle sostanze. 1) gas: il gas a P = 1 atm e con comportamento ideale; 2) liquidi: il liquido puro; 3) solidi: la forma cristallina stabile alla pressione e temperatura considerate. d) Sostanze in soluzione: 1) solvente: il solvente puro; 2) soluti gassosi: il gas a P = 1 atm e con comportamento ideale; 3) soluti liquidi solubili: le sostanze pure; 4) soluti solo parzialmente solubili (solidi o liquidi): la concentrazione 1 m di soluto (1 m = 1 molale), oppure la concentrazione 1 M di soluto (1 M = 1 molare), e nell’ipotesi che le soluzioni abbiano comportamento ideale. Le entalpie delle reazioni in cui reagenti e prodotti sono nei loro stati standard sono dette entalpie standard di reazione, H°r. In particolare, l’entalpia di reazione di una mole di una specifica sostanza prende il nome di entalpia molare standard di reazione. Tutti i bilanci energetici delle reazioni chimiche devono obbedire al primo principio della termodinamica che nel caso delle reazioni chimiche è descritto dalla legge di Hess, secondo la quale il calore messo in gioco in una reazione dipende solo dagli stati 147 finale e iniziale, ossia dai prodotti di reazione e dai reagenti, e non dalle reazioni intermedie attraverso le quali gli stessi reagenti producono gli stessi prodotti finali di reazione. L’entalpia di una reazione è uguale alla somma delle entalpie delle reazioni intermedie in cui tale reazione può essere suddivisa. Si osservi che l’entalpia è una funzione di stato cosicché l’entalpia di una reazione è uguale in valore assoluto all’entalpia della reazione inversa, ma è di segno opposto: H°(1>2) = -H°(2>1) La legge di Hess, insieme alla relazione appena scritta, può essere utilizzata per ricavare l’entalpia di reazione di trasformazioni chimiche che non possono essere fatte avvenire effettivamente. E’ chiamata reazione di formazione di un composto quella reazione che, partendo dagli elementi, porta alla formazione del composto in questione. Quando gli elementi che costituiscono i reagenti e il composto che si forma sono nei loro stati standard, le entalpie molari di formazione sono chiamate entalpie molari standard di formazione, H°f. Da questa definizione segue direttamente che l’entalpia molare standard di formazione di un elemento (A>A) è nulla a qualsiasi temperatura. Se si applica la legge di Hess possiamo dedurre che l’entalpia molare standard di formazione di una sostanza di composizione AaBbCc è data dalla differenza tra le entalpie molari standard di combustione degli elementi, moltiplicate per i relativi coefficienti stechiometrici, e l’entalpia molare standard di combustione del composto. Una conseguenza della legge di Hess è che per una generica reazione l’entalpia standard di reazione (espressa in termini molari) è data dalla differenza tra la somma delle entalpie molari standard di formazione di tutti i prodotti di reazione (tenendo cioè conto anche dei coefficienti stechiometrici) e la somma delle entalpie molari standard di formazione di tutti i reagenti. Il primo principio della termodinamica regola i bilanci energetici delle trasformazioni chimiche e fisiche, ma non pone limitazioni sull’eventuale loro spontaneità. E’ però di ben noto il fatto che nel caso di un sistema non in equilibrio vi sia una direzione spontanea della trasformazione di un sistema. 148 Un sistema chimico o fisico è definito in equilibrio quando i valori delle grandezze fisiche che lo descrivono non tendono a mutare nel tempo. Invece, non è in equilibrio quando tende a modificare spontaneamente il proprio stato. Entropia e secondo principio della termodinamica E’ stato messo in evidenza che il primo principio della termodinamica non pone condizioni sull’eventuale spontaneità di un processo, sebbene di fatto si riscontri sperimentalmente che per i sistemi non in equilibrio esiste sempre una direzione spontanea della loro trasformazione. Di ciò rende conto il secondo principio della termodinamica che in modo elementare può essere formulato affermando che il calore non può passare spontaneamente da un corpo più freddo a uno più caldo. Questo principio, che nella formulazione proposta definisce la direzione in cui si trasferisce spontaneamente il calore, ha portato a introdurre una nuova funzione di stato, S, detta entropia. Essa è tale che la sua variazione finita S che accompagna una trasformazione finita del sistema alla temperatura T, è uguale al rapporto qrev/T dove qrev è la quantità di calore assorbito (S> 0) o ceduto (S< 0) reversibilmente dal sistema. Ai fini pratici, l’entropia può essere presa come un indice del disordine microscopico di un sistema: una trasformazione fisica o chimica che comporta un aumento di entropia implica che nello stato finale il sistema si presenta in uno stato più disordinato di quello iniziale (come può essere il passaggio dallo stato solido a quello liquido o da questo allo stato di vapore). L’entropia standard di reazione (espressa in termini molari) è data dalla differenza tra la somma delle entropie molari standard di tutti i prodotti di reazione (tenendo cioè conto anche dei coefficienti stechiometrici) e la somma delle entropie molari standard di tutti i reagenti. L’entropia è una misura del disordine di un sistema. Energia libera Una funzione di stato di estrema utilità dal punto di vista chimico per definire se una trasformazione (per esempio una qualsiasi reazione chimica) può avvenire spontaneamente, o anche se il sistema si trova in condizioni di equilibrio, è la funzione di stato energia libera di Gibbs, G nella quale H, S e T sono l’entalpia, l’entropia e la temperatura assoluta del sistema. G = H - TS La variazione di energia libera che accompagna un processo irreversibile di una reazione che avviene spontaneamente, è negativa: G < 0 (processo spontaneo) 149 Considerando ora una reazione chimica che avvenga a temperatura e pressione costanti (P = 0; T = 0). Dalla (G = H – TS – ST) è possibile dedurre la relazione che lega l’energia libera di reazione, Gr, all’entalpia e all’entropia di reazione: Gr =Hr – TSr L’entalpia e l’entropia di reazione sono funzioni che dipendono anche dalla temperatura. Tuttavia, se ci limitiamo a moderate variazioni di questa le due variabili possono essere considerate indipendenti da essa. Se accettiamo questa approssimazione, e conosciamo i valori di Hr e di Sr è possibile fare delle previsioni sul valore dell’energia libera della reazione a qualsiasi temperatura. Energia libera di reazione ed equilibri chimici Consideriamo la seguente generica reazione: aA+bB+ mM+nN+ L’energia libera standard di una reazione rappresenta la variazione di energia libera che si verifica quando i reagenti nei loro stati standard, e nelle quantità molari specificate dai coefficienti stechiometrici, si convertono nei prodotti di reazione, anch’essi nei loro stati standard. Reagenti e prodotti, però, possono trovarsi nel sistema in stati non standard, cosicché il valore dell’energia libera di reazione dipende anche dalla composizione del sistema. Se teniamo conto di ciò parametro Q, chiamato quoziente di reazione, è legato alle concentrazioni dei componenti dalla relazione: a) Gr = G 0 r b) Q = m n M N RT ln , Gr = Aa Bb Gr0 RT lnQ M m N n Aa Bb Primo caso: Gr = 0; reazioni all’equilibrio Gr0 RT lnQ Qeq = K; Questa costante è nota come costante di equilibrio termodinamica. Pertanto, l’energia libera standard di una reazione è direttamente legata alla costante di equilibrio termodinamica. L’equazione è l’espressione termodinamica della legge dell’equilibrio chimico o legge d’azione di massa secondo la quale in condizioni di equilibrio il rapporto tra il prodotto delle attività (concentrazione, pressione parziale) dei prodotti di reazione, elevate ai rispettivi coefficienti stechiometrici, e il prodotto delle attività 150 (concentrazione, pressione parziale) dei reagenti, elevate ai rispettivi coefficienti stechiometrici, è costante a temperatura costante. L’equazione può essere riscritta in vari modi nei quali sono utilizzati l’entalpia e l’entropia standard di reazione: a) Gr0 Hr0 TSr0 ; Gr0 RT ln K b) ln K Hr0 Sr0 RT R Supponendo che l’entalpia e l’entropia di reazione siano indipendenti dalla temperatura è possibile ottenere un’equazione che rappresenta la forma integrata di un’equazione chiamata equazione isocora di van t’Hoff. ln K 2 H r = K1 R 1 1 H r T2 T1 T2 R T1T2 T1 Secondo caso: Gr < 0; reazioni spontanee In questo caso la reazione diretta è spontanea. Questa situazione si realizza se sono verificate le seguenti condizioni: Gr = Gr + RT ln Q = -RT ln K + RT ln Q = RT ln Q <0 K aMmaNn Q = a b < K° aAaB La reazione tende spontaneamente verso le condizioni di equilibrio. Terzo caso: Gr > 0; reazioni che non avvengono spontaneamente Questa situazione si realizza se sono verificate le seguenti condizioni: Gr = Gr + RT ln Q = –RT ln K° + RT ln Q = RT ln Q >0 K aMmaNn Q= a b >K aAaB Energia libera molare di formazione Molto importante è l’energia libera molare di formazione dei composti, la quale rappresenta la differenza tra l’energia libera di una mole di composto, AaBbCc, e la somma delle energie libere delle moli degli elementi dai quali questo è prodotto. Se il composto e gli elementi dai quali è prodotto sono nei loro stati standard si ottiene l’energia libera molare standard di formazione del composto, la quale rappresenta la variazione di energia libera che accompagna la formazione di una mole di composto nel suo stato standard partendo dagli elementi nei loro stati standard. 151 Se utilizziamo relazioni come questa possiamo giungere alla conclusione che, espressa in termini molari, l’energia libera standard di una reazione è uguale alla differenza tra la somma delle energie libere molari standard di formazione di tutti i prodotti di reazione, moltiplicate per i relativi coefficienti stechiometrici, e quella delle energie libere molari standard di formazione di tutti i reagenti, moltiplicate per i relativi coefficienti stechiometrici. Esercizio 1 Relazioni utili: 1 J = 1 Pa m3; 1 L = 10-3 m3; 1 atm = 1,01325x105 Pa Domanda (a) L’espansione avviene a pressione costante per cui la variazione di entalpia è uguale al calore assorbito dal gas: H = qp = 250 J Domanda (b) Il lavoro compiuto dal gas è: w = -PV = -2,00 (atm)·(8,00 - 2,50) (L) = -2,00x1,01325x105 (Pa)x5,50x10-3 (m3) w = -1,11x103 J Domanda (c) E = q + w = 250 J - 1,11x103 J = -860 J Esercizio 2 Domanda (a) Conosciamo il calore prodotto dalla combustione di una quantità nota, m, di carbonio; quello sviluppato dalla combustione di una quantità qualsivoglia, m', di carbonio è: q' q xm' ; m q' 3,819 kJ x1,800 g 18,19 kJ 0,3780 g Domanda (b) L’entalpia standard della reazione (1) è quella della combustione di due moli di CO ed ha valore negativo perché nella combustione il calore è ceduto dal sistema. H r0(1) q q 3,819kJ xm' x 2 (mole)xPMCO x 2 (moli )x 28,01 (gmole 1 ) = -566 kJ m m 0,3780g Domanda (c) Si noti che la reazione (2) è l’inversa della reazione (1). Pertanto: H r0( 2 ) H r0(1) = 566 kJ 152 Domanda (d) L’entalpia molare standard di combustione di CO è quella della combustione di una mole di CO (eq. 3). Poiché l’eq. (1) descrive la combustione di due moli di CO, possiamo dedurre: 0 H com (CO ) H r0(1) 2 mole 566 kJ = -283 kJ mole-1 2 mole Domanda (e) Solo la reazione (2) descrive una trasformazione chimica endotermica H r0( 2 ) 0 . Esercizio 3 Domanda (a) L’equazione (1) descrive la reazione di 1 mole di stagno. Conosciamo la quantità di calore liberato nella reazione di 0,785 g di stagno, ossia di 0,785 g/PASn = 0,785 g/(118,63 g mole-1) = 6,617x10-3 moli di stagno. Di conseguenza possiamo calcolare l’entalpia standard della reazione ricordando che trattasi di calore ceduto dal sistema: H r0(1) q 3,382 kJ x1 mole x1 mole = -511 kJ nSn 6,617 x10 3 moli Domanda (b) L’entalpia molare standard di formazione di SnCl4(l) è direttamente legata all’entalpia standard della reazione (1) dato che questa descrive proprio la reazione di formazione di 1 mol di SnCl4 nel suo stato standard (è liquido a 25 °C), partendo dagli elementi nei loro stati standard: H 0 f SnCl 4 H r01 1 mole 511 kJ = 511 kJ mole-1 1 mole Esercizio 4 1 cal = 4,184 J Notiamo preliminarmente che i calori riportati nel testo del problema riguardano combustioni condotte a 25,0 °C e 1 atm e che gli stati di aggregazione di reagenti e prodotti sono quelli stabili a tale temperatura, per cui le entalpie che si possono dedurre sono quelle standard. Domanda (a) L’entalpia molare standard di combustione è legata al calore di combustione e alla quantità di sostanza dalla seguente relazione: 153 0 H comb q n n Per C2H5OH: n m PM 2,850 g = 6,186x10-2 moli 1 46,07 gmole q = -20,22 kcalx4,184 kJ kcal-1 = -84,60 kJ 0 H comb C2H 5OH Per C: n 84,60 kJ q = -1368 kJ mole-1 2 n 6,186 x10 moli 1,180 g = 9,824x10-2 moli 1 12,011 g mole q = -9,240 kcalx4,184 kJ kcal-1 = -38,66 kJ 0 H comb C 38,66 kJ q = -393,5 kJ mole-1 2 n 9,824 x10 moli Per H2: n 2,00 atm x 2,500 L PV = 0,2093 moli RT 0,082 L atm K 1 mole 1 x 291,15 K q = -14,30 kcalx4,184 kJ kcal-1 = -59,83 kJ 0 Hcomb H 2 59,83 kJ q = -285,9 kJ mole-1 n 0,2093 moli Domanda (b) Un litro di etanolo pesa: 1 dm3x0,7893 kg dm-3 = 0,7893 kg n (C2H5OH) = 789,3 g = 17,13 moli 46,07 g mole 1 q = -1368 kJ mole-1x17,13 moli = -23434 kJ Domanda (c) La reazione che descrive la formazione di C2H5OH dai suoi elementi nei loro stati standard (eq. a) può essere ottenuta come risultato della combinazione delle reazioni di combustione (1) – (3), introducendo in esse gli appropriati coefficienti stechiometrici: 154 2 Cgrafite + 2 O2(g) > 2 CO2(g) 3 H2(g) + 0 Ha0 2Hcomb C 3 O2(g) > 3 H2O(l) 2 0 Hb0 3Hcomb H 2 0 HC0 Hcomb C2H5OH 2 CO2(g) + 3 H2O(l) > C2H5OH(l) + 3 O2(g) 2 Cgrafite + 3 H2(g) + ½ O2(g) > C2H5OH(l) (a) Hf0C2H5OH Ha0 Hb0 Hc0 Hf0C2H5OH = (-2x393,5 – 3x285,9 + 1368) kJ mole-1 = -276,7 kJ mole-1 Esercizio 5 1 hL = 100 dm3 Domanda (a) L’entalpia standard della reazione (1) è data dalla differenza tra le entalpie molari standard di formazione dei prodotti di reazione e quelle dei reagenti, ciascuna moltiplicata per il numero di moli del corrispondente composto che compare nella stechiometria della reazione. H r0 2 xH f0C2H5OH 2 xH f0CO2 - Hf0C H 6 12O6 Hr0 = (-2x277,6 – 2x393,5 + 1273,3) kJ mole-1 = -68,9 kJ Domanda (b) L’entalpia standard della reazione è negativa per cui nel processo è sviluppato calore: processo esotermico. Domanda (c) Conosciamo l’entalpia standard della reazione di fermentazione di una mole di glucosio, la quale corrisponde al calore sviluppato nella fermentazione di una mole di questa sostanza (il fatto che la fermentazione avvenga in soluzione non modifica i risultati se la dissoluzione comporta effetti termici trascurabili). Ricaviamo per prima cosa le moli di C6H12O6 che sono fatte fermentare: msoluzione = dxV = 1,03 (kg dm-3)x100 (dm3) = 103 kg m (C6H12O6) = n (C6H12O6) = 5,0 5,0 xmsoluzione x103 kg 5,15 x103 g 100 100 mC6H12O6 PMC6H12O6 q = n (C6H12O6) x 5,15 x103 g = 28,59 moli 180,16 g mole 1 Hr0 = 28,59 molix(-68,9 kJ mole-1) = -1970 kJ 1 mole 155 Il segno negativo implica che si tratta di calore sviluppato dal sistema. Esercizio 6 L’entalpia molare standard della reazione può essere dedotta dalle reazioni di combustione del carbonio nelle forme allotropiche di grafite e di diamante. Cdiamante + O2(g) > CO2(g) 0 Ha0 Hcomb ( diamante ) CO2(g) > Cgrafite + O2(g) 0 H b0 H comb grafite Cdiamante > Cgrafite 0 H transiz H a0 H b0 0 0 0 H transiz H comb Cdiamante H comb Cgrafite Si calcoli le due entalpie molari standard di combustione, ricordando che il calore è sviluppato per cui va preso con segno negativo: 0 H comb q nC nC Per Cdiamante: nC = 0 H comb Cdiamante m PAC 1,438 g = 0,1197 moli 12,011 g mole 1 47,34 kJ = - 395,5 kJ mole-1 0,1197 moli Per Cgrafite: nC = 1,754 g = 0,1460 moli 12,011 g mole 1 0 H comb Cgrafite 47,34 kJ = - 393,6 kJ mole-1 0,1460 moli 0 0 0 Per cui: H transiz H comb Cdiamante H comb Cgrafite 0 H transiz (-395,5 + 393,6) kJ mole-1 = -1,9 kJ mole-1 Esercizio 7 Le entalpie molari standard di formazione di O2 e di N2 sono nulle. L’entalpia standard della reazione (1) è data dalla differenza tra l’entalpia standard di formazione di 6 moli di H2O e quella di formazione di 4 moli di NH3: H r01 6 xH f0H 2O 4 xH f0NH3 = (-6x285,8 + 4x45,9) kJ = -1531 kJ 156 Esercizio 8 Domanda (a) La variazione di entropia che si verifica in una reazione chimica è data dalle differenze dei entropie dei prodotti e quella dei reagenti tenendo conto che l’entropia è una grandezza estensiva: S°r = S°prodoti – S°reagenti Sf0C2H6 SC02H6 ( g ) 2xSC0grafite 3 xSH0 2( g ) 229,2 2 x5,7 3 x130,7 J mole 1 K 1 Sf0C2H6 = -174,3 J mole-1 K-1 Domanda (b) 0 0 0 0 0 Scomb C2H 6 2 xSCO2 g 3 xSH 2O l SC2H 6 g 7 / 2SO2 g -1 -1 0 Scomb C2H 6 = [(2·213,8 + 3·70,0) – (229,2 + 3,5·205,2)] J K = -309,8 J K Esercizio 9 Domanda (a) Gr0 H r0 TSr0 = -90,5 kJ – 298,15x(-219,2x10-3) = -25,1 kJ Domanda (b) Quando il sistema contiene reagenti e prodotti di reazione nei loro stati standard la reazione si trova in condizioni di equilibrio se l’energia libera standard della reazione è uguale a zero: Gr Gr0 0 . Pertanto: Gr0 H ro TSr0 = 0 T H r0 90,5 kJ = 413 K o Sr - 219,2x10 -3 kJ K 1 Domanda (c) La reazione di decomposizione del metanolo a CO e H2 è l’inversa della reazione di sintesi del metanolo. Quando quest’ultima non è spontanea (Gr > 0) è spontanea la reazione di decomposizione. Se CO, H2 e CH3OH nel sistema si trovano nei loro stati standard dovrà verificarsi la condizione Gr = Gr0 > 0. Considerando i dati ottenuti nella domanda (b) è logico che a temperature superiori a 413 K avverrà la reazione di decomposizione del metanolo, Esercizio 10 Domanda (a) Gr 1 0f prodotti Gr0reagenti 157 Gr 1 3 xGf0KClO4 Gf0KCl 4 xGf0KClO3 = (-3x303,1 -408,5 + 4x296,3) kJ –132,6 kJ Domanda (b) La reazione è spontanea dato che nelle condizioni indicate l’energia libera di reazione coincide con l’energia libera standard di reazione, e questa è negativa. Esercizio 11 Se si tiene presente che l’energia libera è una funzione di stato, è possibile combinare l’eq. (1) con l’inverso della (2) ed ottenere una reazione globale che descrive la reazione di formazione di 4 mol di NO, cosicché anche la corrispondente energia libera di reazione è quella di formazione di 4 mol di NO: 4 NH3(g) + 5 O2(g) > 4 NO(g) + 6 H2O(l) Ga0 Gr01 = -1006,6 kJ 2 N2(g) + 6 H2O(l) > 4 NH3(g) + 3 O2(g) Gb0 Gr02 = 1357,0 kJ 2 N2(g) + 2 O2(g) > 4 NO(g) Gc0 Ga0 Gb0 Gc0 (-1006,6 + 1357,0) kJ = 350,4 kJ Poiché l’energia libera è una grandezza estensiva il valore ottenuto deve essere diviso per quattro se si vuole ottenere il valore dell’energia libera di formazione standard molare. Gf0NO Gc0 350,4 kJ = 87,6 kJ mole-1 4 4 moli Esercizio12 Domanda (a) G° = -RTlnK = -8,315x10-3 (kJ mole-1 K-1)x298,15 (K)xln3,3710-4 = 19,8 kJ mole-1 Domanda (b) Quando SO2(g) e SO2Cl2(g) sono nei loro stati standard (p di ciascun componente = 1 atm), le condizioni di equilibrio sono descritte dalla seguente relazione G = 0: G G RT ln PSO2 xPCl 2 PSO2Cl 2 G RT ln PCl 2 G = 19,8 (kJ mole-1) + 8,315x10-3 (kJ mole-1)x298,15 (K)x ln PCl 2 = 0 ln PCl 2 19,8 kJ mole 1 7,987 8,315x10 -3 kJ mole 1 x 298,15 K PCl 2 = 3,4x10-4 atm 158 Esercizio 13 Domanda (a) Gr0 Gf0Na2CO3 Gf0CO2 Gf0H 2O 2 xGf0NaHCO3 Gr0 = (-1044,4 – 394,4 – 228,6 + 2x851,0) kJ = 34,6 kJ Domanda (b) Il campo di temperature entro il quale la reazione è spontanea quando tutte le sostanze sono nei loro stati standard è quello nel quale sussiste la seguente diseguaglianza: Gr Gr0 RT ln K Hr0 TSr0 RT ln1 Hr0 T0r 0 Il valore di Sr0 può essere ricavato utilizzando il valore di Hr0 fornito dal testo e il valore di Gr0 a 25,0 °C ottenuto al punto (a): Sr0 Hr0 Gr0 135,6 34,6 kJ = 0,3388 kJ K-1 T 298,15 K Se ora introduciamo i valori di Hr0 e di Sr0 nella prima equazione si ottiene il valore richiesto. 135,6 (kJ) – Tx0,3388 (kJ K-1) < 0 Hr0 TSr0 0 T> 135,6 kJ = 400 K cioè 27°C 0,3388 kJ K 1 Esercizio 14 Domanda (a) Gr0 Gf0 prodotti Gf0reagenti Gr01 2 xGf0prodotti Gf0O2 2xGf0SO3 = (-2x3001 + 2x371,1) kJ = 142,0 kJ Sr0 Hr0 Gr0 197,8 142,0 kJ = 0,1872 kJ K-1 = 187, J K-1 T 298,15 K Domanda (b) Nelle condizioni date il triossido di zolfo è stabile perché la sua conversione nei prodotti ha un’energia libera di reazione maggiore di zero: il valore ha il segno opposto di quello trovato per Gr01 . Domanda (c) All’equilibrio so può applicare l’equazione Gr0 = –RTlnK (ricordiamo che l’energia libera è espressa in quantità molari). Gr0 = –RTlnK 142,0 kJ mole-1 = -8,315x10-3 (kJ mol-1 K-1)x298,15 (K)·ln K 159 142,0 kJ mole 1 ln K = = -57,28 8,315x10- 3 x 298,15 kJ mole 1 K= 2 PSO xPO2 2 2 SO3 P = 1,33x10-25 Domanda (d) Se Hr0 è indipendente dalla temperatura, è possibile applicare l’equazione isocora di van t’Hoff. ln K 423,15 Hr0 T2 T1 197,8 423,15 298,15 = 23,569 K 298,15 R T1xT2 8,315 x10 3 298,15 x 423,15 K 423,15 = 1,72x1010 K 298,15 K423,15 = 1,72x1010xK298,15 = 1,72x1010x1,33x10-25 = 2,3x10-15 Esercizio 15 Domanda (a) Gr0 Hr0 TSr0 = 108,6 (kJ mol-1) - 298,15 (K)x137,3x10-3 (kJ mol-1 K-1) Gr0 = 67,7 kJ mole-1 Domanda (b) G RT ln K 0 r K= PCO xPCl2 PCO2Cl2 67,7 kJ mole 1 Gr0 lnK = = -27,308 RT 8,315x10- 3 kJmole 1K 1 x 298,15K = 1,38x10-12 Domanda (c) Applichiamo l’equazione isocora di van t’Hoff: ln K 573,15 Hr0 T2 T1 108,6 573,15 298,15 = 21,018 K 298,15 R T1xT2 8,315 x10 3 573,15 x 298,15 K 573,15 = 1,34x109 K 298,15 K573,15 = 1,34x109xK298,15 = 1,34x109x1,38x10-12 = 1,85x10-3 Esercizio 16 Domanda (a) Gr0 Hr0 TSr0 = -45,9 kJ mole-1 + 298,15 (K)x99,0x10-3 (kJ mole-1 K-1) Gr0 = - 26,4 kJ mole-1 Domanda (b) 160 Se Hr0 e Sr0 sono indipendenti dalla temperatura l’energia libera standard a 400°C (673,15 K) è: 0 G673 Hr0 TSr0 0 G673 = 45,9 (kJ mole-1) + 673,15 (K)x[-99,0x10-3 (kJ mole-1 K-1) = 20,74 kJ mole-1 Domanda (c) Il valore dell’energia libera della reazione nelle condizioni date è calcolabile tenendo conto del quoziente di reazione: Gr Gr0 RT ln PNH3 1/ 2 N2 P xPH32/ 2 Gr = 20,74 (kJ mole-1) + 8,315x10-3 (kJ mole-1 K-1)x673,15(k)ln 10 10 x103 / 2 1/ 2 Gr = 7,85 kJ mole-1 Domanda (d) Affinché la reazione sia spontanea quando tutte le sostanze sono nei loro stati standard G r Gr0 , occorre che l’energia libera standard di reazione sia negativa: Gr Gr0 Hr0 TSr0 < 0 Gr = -45,9 (kJ mole-1) + Tx99,0x10-3 (kJ mole-1 K-1) < 0 T< 45,9 kJ mole 1 = 464 K (191°C) 99,0x10- 3 kJ mole 1 K 1 Esercizio 17 A questa domanda è già stato risposto nelle considerazioni fatte all’inizio di questo capitolo. Esercizio 18 Domanda (a) L’entalpia è una grandezza funzione di stato ed estensiva. Quindi: H f0NO 180,6kJ = 90,3 kJ 2 Il H° per la formazione di 0,7 moli di NO è: 161 H° = 90,3 kJ mole-1x0,7 moli = 63,21 kJ Domanda (b) Le condizioni alle quali si misura il volume di azoto che reagisce sono le condizioni normali. n (N2) = 17,92 L = 0,8 moli 22,4 L mole 1 Ricordando che l’entalpia è una grandezza estensiva si ha: H r0 = 180,6 kJ mole-1x 0,8 moli = 144,48 kJ Domanda (c) n= 790 kJ = 4,47 moli di N2 180,6 kJ mole 1 m (N2) = 4,37 molix28,014 g mole-1 = 122,42 g Esercizio 19 Una volta stabilito quanto ossido di Fe(III) reagirà è possibile calcolare il calore di reazione. PM (Fe2O3) = 2xPAFe + 3PAO = 2 molix55,85 g mole-1 + 3 molix15,999 g mole-1 PM (Fe2O3) = 159,697 g mole-1 n (Fe2O3) = n (Al) = 50,0 g = 0,313 moli 159,697 g mole -1 25,0 g = 0,926 moli 26,981 g mole 1 Dalla stechiometria di reazione e dalle quantità iniziali dei reagenti è evidente che tutto l’ossido di Fe(III) sarà ridotto; quindi: H r0 = 0,313 molix(-851,5 kJ mole-1) = -266,52 kJ Esercizio 20 Grande importanza rivestono le entalpie standard delle reazioni di combustione e delle reazioni di formazione delle sostanze. 162 E’ chiamata reazione di combustione quella reazione tra una sostanza e l’ossigeno che conduce alla totale degradazione della sostanza stessa e alla formazione di ossidi stabili degli elementi costituenti, come CO2, H2O e simili. Per esempio la reazione sotto riportata è un processo di combustione. 2 C2H6 + 7 O2(g) > 4 CO2(g) + 6 H2O(l) L’entalpia standard della reazione di combustione di una mole di sostanza è chiamata entalpia molare standard di combustione, o calore molare standard di combustione a pressione costante. E’ chiamata reazione di formazione di un composto quella reazione che, partendo dagli elementi, porta alla formazione del composto in questione. Per esempio, le seguenti sono reazioni di formazione: C(s) + O2(g) > CO2(g) 6 C(s) + 6 H2(g) + 3 O2(g) > C6H12O6 Invece, l’equazione, sotto riportata, non descrive la reazione di formazione di CO2 dato che uno dei reagenti (CO) è un composto e non un elemento. CO(g) ½ O2(g) > CO2(g) Da questi esempi è evidente che l’entalpia di combustione non è l’opposto di quella di formazione in quanto per questo tipo di reazione si parte da elementi e non da composti. Esercizio 21 Il problema si risolve ricordando che l’entalpia è una grandezza funzione di stato. Il H r0 è riferito alla seguente trasformazione: Cgrafite > Cdiamante (1) Cgrafite + O2(g) > CO2(g) (2) H° = -393,51 kJ mole-1 Cdiamante + O2(g) > CO2(g) (3) H° = -395,41 kJ mole-1 Il H° di reazione del processo desiderato (1) si ottiene sottraendo dall’equazione (2) l’equazione (3). Cgrafite + O2(g) > CO2(g) H° = -393,51 kJ mole-1 CO2(g) > Cdiamante + O2(g) Cgrafite > Cdiamante H° = 395,41 kJ mole-1 H r0 = 1,9 kJ 163 Esercizio 22 Le proprietà di una sostanza si dividono in proprietà intensive e proprietà estensive. Sono proprietà intensive quelle che, a parità di condizioni, sono indipendenti dalla quantità di sostanza che si considera. Proprietà intensive sono, tra molte altre, la densità, la durezza, la malleabilità, le temperature di fusione e di ebollizione, le conducibilità elettrica e termica. Le proprietà estensive, invece, sono quelle che dipendono dalla quantità di sostanza che si esamina. Per esempio, il volume e la massa sono proprietà estensive perché dipendono dalla quantità di sostanza che stiamo considerando. Domanda (a) In base alle definizioni sopra riportate la capacità termica è una grandezza intensiva. Domanda (b) L’entalpia di reazione è una proprietà estensiva. Domanda (c) L’entalpia standard di formazione si può considerare una grandezza estensiva. Esercizio 23 Domanda (a) L’unico dato che è necessario trovare nelle Tabelle Termodinamiche è il H f0 di Al2O3 perché per Mn e Al per definizione H f0 è uguale a zero. H f0 (Al2O3) = -1676 kJ mole-1. Per calcolare il H r0 è necessario fare la differenza tra il H f0 (Al2O3) e il H f0 (MnO2) tenendo presente che l’entalpia di formazione è una grandezza estensiva e quindi i valori dovranno essere moltiplicati per il numero di moli. H r0 = 2x H f0 (Al2O3) – 3x H f0 (MnO2) H r0 = 2 molix(-1676 kJ mole-1) – 3x(-512 kJ mole-1) = -1816 kJ Domanda (b) Sempre ricordando che l’entalpia è una grandezza estensiva è necessario calcolare le moli di Mn che si sono formate. n (Mn) = 10,00 g = 0,182 moli Mn 54,938 g mole 1 H r0 = 1816 kJ x 0,182 moli = -110 kJ 3 moli 164 Esercizio 24 E’ necessario trovare il H f0 di tutte le specie coinvolte nella reazione e poi fare la differenza tra i H f0 dei prodotti e quelli dei reagenti tenendo presente che l’entalpia di formazione è una grandezza estensiva. H f0 (CaCO3(s)) = 1207 kJ mole-1; H f0 (HCl(aq)) = -167,2 kJ mole-1; H f0 (CaCl2(aq)) = 877,2 kJ mole-1; H f0 (H2O(l)) = -285,8 kJ mole-1; H f0 (CO2(g)) – 393,5 kJ mole-1. H r0 = H f0 (CaCl2) + H f0 (H2O) + H f0 (CO2) - H f0 (CaCO3) – 2x H f0 (HCl) H r0 = -877,2 kJ mole-1 – 285,8 kJ mole-1 – 393,5 kJ mole-1 – (-1207 kJ mole-1) -2molix(167,2 kJ mole-1) = -15,1 kJ Esercizio 25 Relazioni utili: 1 J = 1 Pa m3; 1 L = 10-3 m3; 1 atm = 1,01325x105 Pa Domanda (a) Il lavoro compiuto dal gas è: w = -PV = -2,5x105 (Pa)x(10,00 – 3,0) (L) = -2,5x105 (Pa)x7,0x10-3 (m3) w = -1,75x103 J Domanda (b) L’espansione avviene a pressione costante per cui la variazione di entalpia è uguale al calore assorbito dal gas: H = qp = 450 J Domanda (c) E = q + w = 450 J - 1,75x103 J = -1300 J Esercizio 26 La reazione di combustione del metano è: CH4(g) + 2 O2(g) > CO2(g) + 2 H2O(l) Come al solito la variazione di entropia di una trasformazione chimica si calcola facendo la differenze fra le entropie dei prodotti e dei reagenti. Nel fare il calcolo è necessario tenere presente che l’entropia è una grandezza estensiva. 0 0 Sr0 = SCO 2 xSH0 2O SCH 2 xSO0 2 2 4 Sr0 = (213,8 J K-1 mole-1 + 2 molix70,0 J K-1 mole-1 – 186,3 J K-1 mole-1 – 2molix205,3 J K-1 mole-1) = -242,9 J K-1 165 La reazione di combustione dell’etanolo è: C2H5OH(l) + 3 O2(g) > 2 CO2(g) + 3 H2O(l) 0 Sr0 = 2 xSCO 3 xSH0 2Ol SC02H 5OH l 3 xSO0 2 g 2 g Sr0 = 2 molix213,8 J K-1 mole-1 + 3 molix70,0 J K-1 mole-1 – 160,7 J K-1 mole-1 – 3 molix 205,2 J K-1 mole-1 Sr0 = -138,7 J K-1 Esercizio 27 Domanda (a) Come puntualizzato in diverse occasioni il Gr0 si ottiene facendo la differenza tra i Gf0 dei prodotti e quelli dei reagenti, ricordando, nel contempo, che l’energia di Gibbs è una grandezza estensiva. 0 0 0 Gr0 = GMgCO GMgO GCO s 3 s 2 g Gr0 = -1012,1 kJ mole-1 – (569,3 kJ mole-1) – (-394,4 kJ mole-1) = -48,4 kJ Domanda (b) La costante di equilibrio del processo eterogeneo è data dall’espressione: Kp = 1 PCO2 cioè dipende solamente dalla pressione parziale dell’anidride carbonica. Affinché, la reazione di equilibrio sia spostata verso sinistra è necessario che la pressione parziale di CO2 sia uguale (caso limite) o minore del valore della costante di equilibrio. G° = -RTlnK -48,4 kJ = -8,315x10-3 kJ K-1 x298 K lnK K = 3x108 3x108 = PCO2 1 PCO2 1 = 3,3x10-9 8 3 x10 Esercizio 28 La risoluzione dell’esercizio si affronta ricordando che l’entalpia di reazione è una grandezza estensiva e che quando il testo afferma che la reazione sviluppa una certa quantità di J significa che è un processo esotermico e quindi con una variazione di entalpia negativa. PM (P4) = 4xPAP = 4x30,973 g mole-1 = 123,892 g mole-1 166 n (P4) = 0,495 g = 0,004 123,892 g mole 1 L’entalpia molare standard di formazione si riferisce alla formazione di una mole di prodotto, in condizioni standard, a partire dagli elementi che formano il prodotto in condizioni standard. Hf0P4O10 11780 J = -2945000 J 0,004 moli H f0P4O10 -2,945x103 kJ Esercizio 29 Anche in questo caso valgono le solite osservazioni cioè Gr0 Gf0 prodotti Gf0reagenti e che l’energia di Gibbs è una grandezza estensiva. Dalla letteratura si ha: Gf0H 2S = -33,56 kJ mole-1 Gf0SO2 = -300,2 kJ mole-1 Gf0H 2Ol = -237,1 kJ mole-1 Domanda (a) Gr0 = 2x Gf0H 2Ol – 2x Gf0H 2S - Gf0SO2 Gr0 = -2x237,1 -2x(-33,56) – (-300,2) = -106,88 kJ Domanda (b) L’espressione della costante di equilibrio è: Kp = 2 H 2s P 1 xPSO2 e il valore di Kp si calcola con la relazione: Gr0 = -RTlnK -106,88 = -8,315x10-3x298xlnK ln K = 43,13 Kp = 5,40x1018 Domanda (c) Poiché il Gr0 del processo è minore di zero il processo è spontaneo. Il simbolo G 0 significa inoltre che sia i reagenti che i prodotti sono nelle condizioni standard. Esercizio 30 Ricordando che l’entropia molare standard di formazione si riferisce alla variazione di entropia di una reazione che porta alla sintesi di un composto partendo dagli elementi che 167 formano il composto nelle condizioni standard. Infine bisogna ricordare che l’entropia è una grandezza estensiva. Domanda (a) 2 C(g) + H2(g) > C2H2(g) Sf0C2H 2 SC02H 2 2 xSC0g S0H 2 = 200,9 – 2x5,7 – 130,7 = 58,8 J K-1 mole-1 Domanda (b) 2 C(g) + 2 H2(g) > C2H4(g) Sf0C2H 4 SC02H 4 2 xSC0g 2 xS0H 2 = 219,3 – 2x5,7 – 2x130,7 = -53,5 J K-1 mole-1 Domanda (c) 2 C(g) + 3 H2(g) > C2H6(g) Sf0C2H 6 SC02H 6 2 xSC0g 3 xS0H 2 = 229,2 – 2x5,7 – 3x130,7 = -174,3 J K-1 mole-1 Esercizio 31 Conoscendo i valori delle entropie molari delle varie sostanze coinvolte nelle due trasformazioni chimiche il Sr si ottiene sottraendo dalle entropie dei prodotti quelle dei reagenti Sr0 = S 0 prodotti 0 tenendo presente che l’entropia è una grandezza Sreagenti estensiva. Sostanza S° J K-1 mole-1 N2(g) 191,6 H2(g) 130,7 NH3(g) 192,5 O2 205,1 NO(g) 210,8 H2O(g) 188,8 Domanda (a) N2(g) + 3H2(g) > 2NH3(g) 0 Sr0 2 xSNH SN0 2 3 xSH0 2 = 2x192,5 – 191,6 – 3x130,7 = -198,7 J K-1 3 Il valore negativo del Sr0 di reazione indica che il processo in esame è una trasformazione ordinante. Infatti, la trasformazione reagenti-prodotti comporta una diminuzione del numero dei moli: da quattro moli a due moli. Domanda (b) 4 NH3(g) + 5 O2(g) > 4 NO(g) + 6 H2O(g) 168 0 0 Sr0 4 xSNO 6 xSH0 2Og 4 xSNH 5 xSO02 g 3 g g = 4x210,8 + 6x188,8 – 4x192,5 – 5x205,1 Sr0 = 180,5 J K-1 Il valore positivo del Sr0 di reazione indica che il processo in esame è una trasformazione disordinante. Infatti, la trasformazione reagenti-prodotti comporta un aumento del numero dei moli: da nove a dieci moli. Esercizio 32 Sostanza Gf0 kJ mole-1 H2S(g) -33,56 SO2(g) -300,2 H2O(l) -237,1 HF(g) -273,2 Non sono riportati i valori dell’energia di Gibbs per ossigeno e fluoro perché per definizione questi sono uguali a zero. Domanda (a) Come fatto precedentemente la variazione di Gr0 , associata a una trasformazione, si ottiene sottraendo dalle energie libere dei prodotti quelle dei reagenti G 0 prodotti 0 Greagenti Gr0 = tenendo presente che l’energia di Gibbs è una grandezza estensiva. 2 H2S(g) + 3 O2(g) > 2 SO2(g) + 2 H2O(l) Gr0 = 2x(-300,2) + 2x(-237,2) – 2x(-33,56) = -1007,5 kJ 4 HF(g) + O2(g) > 2 F2(g) + 2 H2O(l) Gr0 = 2x(-237,1) – 4x(-273,2) = 618,6 kJ Domanda (b) La prima reazione avendo una Gr0 negativo è spontanea mentre la seconda reazione avendo un Gr0 positivo non è spontanea. I valori sono stati calcolati in condizioni standard come è evidente dal simbolo G°. 169 Esercizio 33 Domanda (a) Dal valore della costante di equilibrio di una reazione è possibile calcolare il valore del Gr0 della reazione. Gr0 = -8,31x10-3 kJ K-1 mole-1x298,15 Kxln3,05x10-7 Gr0 = - RTlnK Gr0 = 37,17 kJ mole-1 Domanda (b) Come al solito il Gr0 si calcola facendo la differenza dei Gf0 prodotti reagenti. In questa somma non compare il Cl2 perché il suo Gf0 è zero per definizione. Gr0 Gf0PCl 3 Gf0PCl 5 Gf0PCl 5 = -267,8 – 37,17 = -304,9 kJ mole-1 Esercizio 34 I valori di Gf0 e H f0 delle specie coinvolte nelle due trasformazioni chimiche sono: Gf0 kJ mole-1 H f0 kJ mole-1 H2O(g) -228,6 -241,8 CO(g) -137,2 -110,5 CO2(g) -394,4 -393,5 Ovviamente, nella tabella sopra riportata non compaiono i dati termodinamici per Cgrafite e H2(g) perché per convenzione sono uguali a zero. Domanda (a) Coma al solito il Gr0 si calcola sottraendo dai Gf0 dei prodotti quelli dei reagenti Cgrafite + H2O(g) > CO(g) + H2(g) (1) Gr0 Gf0CO Gf0H2O g = -137,2 – (-228,6) = 91,4 kJ L’espressione della costante di equilibrio del processo sopra riportato è: Kp = Gr0 = -RTlnK lnK = PH2 xPCO PH2O 91,4 kJ mole-1= -8,31x10-3 kJ K-1 mole-1x298,15 K lnK 91,4 = -36,89 8,31x10 3 x 298,15 CO(g) + H2O(g) > CO2(g) + H2(g) K = 1,05x10-16 (2) Gr0 Gf0CO2 Gf0H2O g Gf0CO = -394,4 – (-137,2) – (-228,6) = -28,6 kJ 170 L’espressione della costante di equilibrio del processo sopra riportato è: Kp = PH2O xPCO -28,6 KJ mole-1= -8,31x10-3 kJ K-1 mole-1x298,15 K lnK Gr0 = -RTlnK lnK = PH2 xPCO2 28,6 = -11,54 8,31x10 3 x 298,15 K = 1x105 Domanda (b) Per rispondere a questa domanda si può procedere in questo modo. Calcolare il Hr0 delle due reazioni. Con questo valore calcolare il Sr0 dei due processi ricordando che Gr0 Hr0 TSr0 e imponendo che Gr0 < 0 ossia che Hr0 TSr0 < 0. Cgrafite + H2O(g) > CO(g) + H2(g) (1) Hr0 Hf0CO Hf0H2Og = -110,5 – (-241,8) = 131,3 kJ Gr0 Hr0 TSr0 91,4 = 131,3 – 298,15x Sr0 Sr0 = 0,133 kJ K-1 mole-1 Gr0 < 0, Hr0 TSr0 < 0 131,3 –Tx0,133 < 0 T > 987 K CO(g) + H2O(g) > CO2(g) + H2(g) (2) Hr0 Hf0CO2 Hf0H2Og Hf0CO = -393,5 – (-241,8) – (-110,5) = -41,2 kJ Gr0 Hr0 TSr0 -28,6 = -41,2 – 298,15x Sr0 Sr0 = -0,0421 kJ K-1 mole-1 Gr0 < 0, Hr0 TSr0 < 0 -41,2 – Tx(-0,042) < 0 T < 981 K Esercizio 35 Questo problema si risolve tenendo presente le usuali osservazioni, ricordando che il H f0 del mercurio e dell’ossigeno sono zero per convenzione e che l’entalpia è una grandezza estensiva. H r0 H f0 prodotti H f0reagenti H r0 H f0SO2 H f0HgS = -296,8 kJ mole-1 – (-58,2 kJ mole-1) = -238,6 kJ Esercizio 36 Per questo problema valgono le osservazioni fatte nell’esercizio precedente. H r0 H f0 prodotti H f0reagenti 171 H r0 H f0CuCl 2 2 xH f0CuCl = -220,1 – 2x(-137,2) = - 54,3 kJ Esercizio 37 Per risolvere questo problema oltre alle considerazioni fatte nell’esercizio precedente bisogna ricordare che l’entalpia è una grandezza funzione di stato. I dati riportati nell’esercizio si riferiscono a quantità arbitrarie di zolfo che sono trasformate in SO2. Per ottenere il valore richiesto è necessario calcolare i valori di entalpie molari. Quando il problema afferma che la reazione sviluppa una certa quantità di energia vuol dire che il H della trasformazione è negativo. Domanda (a) Srombico + O2(g) > SO2(g) 0 H combustion e S rombico 16,05 kJ = -296,7 kJ mole-1 1,734 g 32,06 g mole 1 Smonoclino + O2(g) > SO2(g) 0 H combustion e S monoclino 13,78 kJ = -298,9 kJ mole-1 1,487 g 32,06 g mole 1 Smonoclino > Srombico -1 0 0 H r0 H com rombico H com monoclino = -298,9 – (-296,7) = -2,2 kJ mole Domanda (b) Poiché il H r0 è negativo questo vuol dire che il processo è esotermico. Esercizio 38 per risolvere questo esercizio bisogna ricordare che: i) il H r0 di reazione si ottiene applicando la relazione H 0 comb prodot 0 0 H comb reagen ; ii) bisogna calcolare il H comb molare; 0 iii) il H comb è una grandezza funzione di stato; iv) è necessario scrivere e bilanciare tutte le reazioni in gioco; v) calore sviluppato significa H negativo. C2H2(g) + 5/2 O2(g) > 2 CO2(g) + H2O(g) (1) PM (C2H2) = 2xPAC + 2xPAH = 2x12,011 g mole-1+ 2x1,008 g mole-1 = 26,038 g mole-1 n (C2H2) = 1,474 g = 0,057 26,038 g mole 1 172 0 H comb C2 H 2 73,67 kJ = -1292 kJ mole-1 0,057 mole C6H6(l) + 15/2 O2(g) > 6 CO2(g) + 3 H2O(l) (2) PM (C6H6) = 6xPAC + 6xPAH = 6x12,011 g mole-1+ 6x1,008 g mole-1 = 78,114 g mole-1 n (C6H6) = 0,874 g = 0,011 78,114 g mole 1 0 H comb C 6 H 6 36,56 kJ = -3324 kJ mole-1 0,011 mole 3 C2H2 > C6H6(l) (3) 3x(C2H2(g) + 5/2 O2(g) > 2 CO2(g) + H2O(l) 0 3x H comb 1 6 CO2(g) + 3 H2O(l) > C6H6(l) + 15/2 O2(g) 0 - H comb 2 3 C2H2(g) > C6H6(l) 0 0 H r03 3 xH comb 1 H comb 2 H r0acetile benzene = 3 molix(-1292 kJ mole-1) – (-3324 kJ mole-1) = -552 kJ Esercizio 39 Domanda (a) I valori delle entalpie riportate si riferiscono alle seguenti trasformazioni chimiche: S(s) + O2(g) > SO2(g) (1) H f01 = -296,8 kJ mole-1 S(s) + 3/2 O2(g) > SO3(g) (2) H f02 = -395,7 kJ mole-1 Il processo di cui si vuol calcolare il H r0 è 2 SO2(g) + O2(g) > 2 SO3(g) (3) Ricordando che l’entalpia è una grandezza funzione di stato è possibile ottenere il H r03 combinando opportunamente i processi (1) e (2) 2x(SO2(g) > S(s) + O2(g) -2x H f01 2x(S(s) + 3/2 O2(g) > SO3(g) 2x H f02 2 SO2(g) + O2(g) > 2 SO3(g) H r03 2 xH f01 2 xH f02 = -2x(-296,8 kJ) + 2x(395,7 kJ) = -197,8 kJ Domanda (b) Come puntualizzato in più occasioni essendo il H r0 negativo vuol dire che il processo esotermico. 173 Domanda (c) Per rispondere a questa domanda è necessario ricordare che l’entalpia è una grandezza estensiva. PM (SO2) = PAS + 2xPAO = 32,064 g mole-1 + 2 molix15,994 g mole-1 = 64,052 g mole-1 n (SO2) = 10,0 kgx1000 g Kg 1 = 156,1 64,052 g mole 1 H r03 per mole SO2 197,8 kJ = -98,9 kJ mole-1 2 moli H r0 = -98,9 kJ mole-1x156,1 moli = -15,438x103 kJ Esercizio 40 Questo esercizio si risolve applicando la relazione H r0 H f0prodot H f0reage , ricordando che l’entalpia è una grandezza estensiva e che per definizione il H f0 di O2 e Ag sono uguali a zero per definizione. H r0 2 xH f0H 2O 2 xH f0 Ag 2S 2 xH f0H 2S = 2x(-285,8) + 2x(-32,6) -2x(-20,6) = -595,6 kJ Esercizio 41 L’esercizio si risolve tenendo presente le solite considerazioni sull’entalpia. H r0 H f0SnCl 4 H f0SnCl 2 -186 kJ = -511 kJ - H f0SnCl 2 H f0SnCl 2 = -511 kJ + 186 kJ = -325 kJ mole-1 Esercizio 42 Le premesse per risolvere questo esercizio sono già state fatte nell’introduzione generale o negli esercizi precedenti. C2H6(g) + 7/2 O2(g) > 2 CO2(g) + 3 H2O(g) (1) PxV 1,5 atmx 0,1 dm 3 = 0,006 n (C2H6) = RxT 0,082 dm 3 atm K 1 mole 1x 293,15 K 0 H comb 1 9,733 kJ = -1622 kJ mole-1 0,006 moli Cgrafite + O2(g) > CO2(g) (2) 174 n (C) = 0,284 g = 0,024 12,011 g mole 1 0 H comb 2 9,304 kJ = -387,7 kJ moli-1 0,024 moli H2(g) + ½ O2(g) > H2O(g) n (H2) = (3) PxV 0,8 atmx1 dm 3 = 0,033 RxT 0,082 dm 3 atm K 1 mole 1x 291,15 K 0 H comb 3 9,571 kJ = -290 kJ moli-1 0,033 moli L’entalpia standard molare di formazione dell’etano è la variazione di entalpia associata alla trasformazione: 2 Cgrafite + 3 H2(g) > C2H6(g) Essendo l’entalpia una grandezza funzione di stato il H f0 di questo processo si può ottenere combinando opportunamente le entalpie di combustione delle reazioni (1)-(3) 2 CO2(g) + 3 H2O(g) > C2H6(g) + 7/2 O2(g) 0 - H comb 1 2(Cgrafite + O2(g) > CO2(g) 0 2x H comb 2 3(H2(g) + ½ O2(g) > H2O(g) 0 3x H comb 3 2 Cgrafite + 3 H2(g) > C2H6(g) 0 0 0 H f0 = - H comb 1 + 2x H comb 2 + 3x H comb 3 H f0 = 1622 + 2x(-387,7) + 3x(-290) = -23,4 kJ mole-1 Esercizio 43 L’entalpia molare standard di formazione dell’acetone si riferisce alla reazione: 3 Cgrafite + 3 H2(g) + ½ O2(g) > CH3COCH3(l) Il H f0 di questo processo si può ottenere combinando opportunamente le tre reazioni di combustione riportate nel testo dell’esercizio perché l’entalpia gode della proprietà di essere una grandezza funzione di stato. Nello sfruttare questa proprietà bisogna ricordare anche che l’entalpia è una grandezza estensiva. 3 CO2(g) + 3 H2O(l) > CH3COCH3(l) (1) H10 = 1790 kJ 3(Cgrafite + O2(g) > CO2(g) (2) H 20 = 3x(-393,5) kJ 3( H2(g) + ½ O2(g) > H2O(l) (3) H 30 = 3x(-285,8) kJ 175 3 Cgrafite + 3 H2(g) + ½ O2(g) > CH3COCH3 H f0 = H10 + H 20 + H 30 = -247,9 kJ mole-1 Esercizio 44 Le premesse per risolvere questo esercizio sono già state presentate nell’esercizio precedente. L’equazione che rappresenta la formazione del PCl5 è: ¼ P4(s) + 5/2 Cl2(g) > PCl5(s) ¼ (P4(s) + 6 Cl2(g) > 4 PCl3(l) H10 = ¼ (-1279 kJ) PCl3(l) + Cl2(g) > PCl5(s) ¼ P4(s) + 5/2 Cl2(g) > PCl5(s) H 20 = -123,8 kJ H f0 = H10 + H 20 = -443,5 kJ mole-1 Esercizio 45 Le premesse per risolvere questo esercizio sono già state presentate nell’esercizio precedente. L’equazione che rappresenta la formazione del H2O2 è: H2(g) + O2(g) > H2O2(l) H2(g) + ½ O2(g) > H2O(l) (1) H f01 = -285,8 kJ mole-1 2 H2O2(l) > 2 H2O(l) + O2(g) (2) H f02 = -196,0 kJ mole-1 Combinando opportunamente le equazioni (1) e (2) si ottiene il H del processo desiderato ovvero il H f0 dell’acqua ossigenata. H2(g) + ½ O2(g) > H2O(l) H f01 = -285,8 kJ mole-1 ½ (2 H2O(l) + O2(g) > 2 H2O2(l) H r02 = ½ (196,0) kJ mole-1 H2(g) + O2(g) > H2O2(l) H f0 = -187,8 kJ mole-1 Esercizio 46 L’esercizio si risolve ricordando che G, H e S sono legati dalla relazione: Gf0 H f0 TSf0 T = 273,15 + 25,0 = 293,15 K -3202 = -3268 -298,15x Sf0 176 Sf0 = -0,221 kJ K-1 mole-1 Sf0 = -221 J K-1 mole-1 Esercizio 47 L’esercizio si risolve ricordando che: Gr0 H r0 TSr0 T = 273,15 + 25,0 = 293,15 K Gr01 = -1166 - 298,15x(-534)x10-3 = -1006 kJ Gr02 = -890,2 – 298,15x(-243,1)x10-3 = -817,7 kJ Esercizio 48 Le considerazioni generali per risolvere l’esercizio sono già state discusse nei dettagli; per rispondere alla domanda è sufficiente applicare la relazione: Gf0 H f0 TSf0 T = 273,15 + 25,0 = 298,15 K Gr0298,15K = -45,9 – 298,15(-99,0)x10-3 = -16,4 kJ T = 273,15 + 450,0 = 723,5 K Gr0723,15 K = -45,9 – 723,15x(-99,0)x10-3 = 25,7 kJ La reazione è favorita dal punto di vista entalpico ma sfavorita dal punto di vista entropico. Questo tipo di reazione è favorita a bassa temperatura. I risultati ottenuti mettono in risalto questo punto. Esercizio 49 Domanda (a) T = 273,15 + 25,0 = 298,15 K Gr0 H r0 TSr0 Gr0 -197,8 – 298,15(-188,0)x10-3 = -141,7 kJ Domanda (b) Per calcolare l’intervallo di temperatura entro il quale la reazione è spontanea basta ricordare che deve essere verificata questa condizione: Gr0 < 0. Quindi: -197,8 – t(-188,0)x10-3 < 0 Risolvendo si ottiene: T < 1052 Quindi il processo risulterà spontaneo per tutte le temperature inferiori a 1052 K. 177 Esercizio 50 Domanda (a) T = 273,15 + 25,0 = 298,15 K Gr01 = -182,6 – 298,15x(-24,8)x10-3 Gr01 = -175,2 kJ Gr02 = -159,1 – 298,15x(-172,3)x10-3 Gr02 = -107,7 kJ Domanda (b) Affinché il processo (2) avvenga la variazione di energia libera del processo dovrà essere inferiore a zero. -159,1 – Tx(172,3)x10-3 < 0 Risolvendo si ottiene: 923 > T Per temperature inferiori a 923 K la reazione risulterà spontanea. Ovviamente, per temperature superiori a 923 K il Gr02 sarà positivo e il processo di dismutazione non avverrà. Esercizio 51 Domanda (a) Le considerazioni per rispondere a questa domanda sono già state fatte nella parte introduttiva a questo capitolo. Affinché un processo sia fattibile deve avere un Gr0 negativo. Come è ben noto Gr0 = H r0 TSr0 . Nel caso in esame il segno del H r0 contribuisce a rendere negativo il valore dell’energia di Gibbs mentre il segno della variazione di entropia contribuisce a rendere positivo il valore del Gr0 . Domanda (b) Il procedimento per trovare il campo di temperature entro il quale la reazione è spontanea è stato descritto, ad esempio, nell’esercizio 50. -136,4 – Tx(-120,8)x10-3 < 0 1129> T Per temperature inferiori a 1129 K il processo sarà spontaneo in quanto avrà un Gr0 < 0. Esercizio 52 Domanda (a) I valori dell’energie libere standard di formazione riportate nel testo si riferiscono alle seguenti trasformazioni: ½ I2(s) + ½ Br2(l) > IBr(g) (a) Gf0a = 3,7 kJ mole-1 178 ½ I2(s) + ½ Cl2(g) > ICl(g) Gf0b = -5,5 kJ mole-1 (b) Per rispondere alla domanda è sufficiente ricordare che l’energia di Gibbs è una grandezza funzione di stato ed estensiva. 2 IBr(g) > I2(s) + Br2(l) 2x(- Gf0a ) (1) Gr01 = 2 molix(-3,7 kJ mole-1) = -7,4 kJ 2 ICl(g) > I2(s) + Cl2(g) 2x( Gf0b ) (2) Gr02 = 2 molix(5,5 kJ mole-1) = 11,0 kJ Domanda (b) Poiché il Gf0 di IBr è positivo significa che la sua formazione a partire dagli elementi non è favorita e questa affermazione è anche confermata dal valore di Gr01 che è negativo. Invece è esattamente l’opposto per quanto riguarda ICl: questo è un composto stabile che si forma a partire dagli elementi che lo costituiscono e la sua reazione di decomposizione (2) non è favorita ha un Gr02 positivo. Esercizio 53 Domanda (a) Le considerazioni generali per risolvere questo problema sono già state fatte negli esercizi precedenti cioè che il G è una grandezza funzione di stato ed estensiva. 2 Cu2O(s) + O2(g) > 4 CuO(s) Gr0 4 xGf0CuO 2 xGf0Cu2O = 4 molix(-129,7 kJ mole-1) – 2x(-146,0 kJ mole-1) Gr0 -226,8 kJ Domanda (b) L’espressione della costante di equilibrio di questa reazione è: Kp = 1 PO2 T = 273,15 + 25,0 = 298,15 K Gr0 = - RTln lnKp = 226,8 kJ mole 1 = 91,53 8,31x10 3 kJ K 1 mole 1x 298,15 K lnKp = - Gr0 RT Kp = 5,6x1039 179