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Maria Scalisi, L’Economia non va disgiunta dall’Etica e dagli Imperativi della Giustizia.
La condizione economica, politica e sociale che stiamo vivendo chiama
noi tutti ad una
correttezza etica che ci impone di riflettere sui giorni tragici che sta attraversando la nostra
economia. L’economia etica cioè “buona” deve affermare in primis la dignità del lavoro; il lavoro
sta alla base di tutto. I Principi primi della Costituzione, con gli articoli che vanno dall’uno al tre
riconoscono il lavoro come valore fondamentale dello Stato. Il lavoro onesto come elemento di
valorizzazione e di realizzazione della persona umana, che in tal modo rafforza la propria identità,
intreccia sincere relazioni con gli altri e contribuisce a migliorare l’economia.
Per questo si esige che l’attività economica dello Stato sia compenetrata da valori spirituali e
retta secondo le norme della coscienza, affinché essa si svolga nella fedeltà alla sua stessa natura:
quella di prestare servizio all’uomo in funzione del suo bene. Il bene della carità va ricercato da tutti
nella Verità. Una Verità che deve essere continuamente ricercata e trovata e quando si è trovata va
nuovamente ricercata.
In uno Stato di diritti e di doveri l’economia non può essere disgiunta dall’etica, infatti si
parla di giusta economia quando, in forza della sua stessa essenza, postula un ordinamento etico, e
quindi una subordinazione all’onestà; si potrebbe anche dire che la sua eticità è data dal rispetto
della sua più intima natura e dalla fedeltà alla sua finalità essenziale, che è il procurare un bene
reale all’uomo - il bene economico-posto nel quadro del bene comune1.
Gli economisti hanno il dovere morale di disciplinare l’economia secondo la sua stessa legge:
rispettare le esigenze di moralità, scritte nella sua natura; nei casi pratici si tratterà di applicare la
legge morale secondo la legge della coscienza ai vari campi dell’economia, ad opera di quelle virtù
che vincolano la sfera economica ai valori morali.
Oltre ad essere virtuosi è importante per gli economisti e per i politici conoscere quel complesso
di principi e di norme con cui la Chiesa cattolica interviene nelle questioni sociali. Abbiamo a
nostra disposizione delle Fonti preziose come la “Dottrina sociale della Chiesa” che affonda le sue
radici nella parola di Dio, nella Dottrina Patristica e nelle Elaborazioni dottrinali dei grandi Dottori
medievali.
1
Cf . M. Scalisi, “Educare al Bene Comune”, in http://www.meic.net/allegati/files/2011/02/16621.pdf
1
Papa Leone XIII con l’enciclica Rerum Novarum del 15 maggio 1891 prese chiara e decisa
posizione in merito alla questione sociale, cioè al conflitto capitale-lavoro apertosi con la
rivoluzione industriale. Tale enciclica enuncia alcuni criteri e principi, riconducibili alle seguenti
considerazioni che vengono qui riassunte in quattro punti:
1) l’uomo lavoratore per la sua imminente dignità personale non può essere assimilato alle merci,
sottomesse alla legge della domanda e dell’offerta;
2) l’economia non va disgiunta dall’etica e quindi dagli imperativi della giustizia e della carità;
3) la Chiesa ha il diritto- dovere di intervenire nella questione sociale, in quanto essa non è soltanto
problema tecnico, ma riveste sempre profili etico-religiosi;
4) lo Stato, in quanto comunità finalizzata al bene comune, ha il diritto dovere di intervenire nella
questione sociale con una legislazione che garantisca il lavoro a tutti i cittadini e condizioni eque
alle loro famiglie con un salario giusto, senza sovraccarico di tasse, per una vita dignitosa e per la
sicurezza sociale.
Si vogliono elencare dopo la Rerum Novarum i principali documenti nei quali la Dottrina Sociale
della Chiesa ha trovato i suoi ulteriori sviluppi con una dinamica di continuità negli elementi
essenziali e di innovazione per lo sviluppo dei Popoli; Quadragesimo anno (1931); Mater et
magistra (1961); Pacem in terris (1963); Gaudium et spes (1965); Populorum progressio (1967);
Octogesima adveniens (1971);
Laborem exercens (1981); Sollecitudo rei socialis (1987);
Centesimus annus (1991); Evangelium vitae (1995); Deus caritas est (2005); Caritas in veritate
(2009)2: in queste Fonti si evince che la carità, il dovere, la pace e la giustizia procedono di pari
passo e che l’economia deve essere subordinata al bene comune3, e non va disgiunta dall’etica.
Un’etica che affonda le sue radici nelle virtù naturali, così bene descritte dall’antichità greca, e cioè
le quattro virtù cardinali, la Giustizia, la Prudenza, la Temperanza e la Fortezza4.
In questi ultimi anni l’economia italiana si è basata sul rigore; un rigore spesso trasformato da
alcune istituzioni in inutile ed irritante rigorismo,5 che esaspera gli animi e lede la Democrazia.
2
Cf. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano 2004.
Cf . M. Scalisi, “Educare al Bene Comune”, in http://www.meic.net/allegati/files/2011/02/16621.pdf.
4
Cf. R. Cessario, Le Virtù, Jaca Book, Milano 1994.
5
Cf. Dizionario di Filosofia, “Rigorismo”, a cura di W. Brugger, Marietti, Torino 1959, p. 473. Rigorismo è in genere
ogni atteggiamento che, di fronte a un contrasto d’opinioni sulla liceità di un’azione, prenda per principio posizione in
favore dell’alternativa più severa. Il senso più ristretto, equivale al tutiorismo, che in caso di dubbio sulla liceità di
un’azione esige che non si opti mai per la libertà della legge quando la libertà non sia assolutamente sicura. Il
tuziorismo in senso proprio è da respingersi non meno del lassismo che gli si contrappone. Infatti il pericolo di mancare
violando una legge dubbia sussiste solo nel presupposto, non dimostrato, che una legge veramente dubbia obblighi
all’obbedienza. La storia dimostra che il rigorismo non di rado ha condotto i suoi rigidi sostenitori a violare doveri che,
3
2
L’uomo di oggi percepisce intorno a sé il vuoto politico e sperimenta sulla propria persona
l’incertezza, la precarietà, la caducità, l’intolleranza; questo stato di indignazione nei cittadini di
certo non migliora l’economia.
Serve un politica onesta che ci faccia rispondere a uno stimolo positivo con consapevolezza,
prendere coscienza di lavorare insieme indivisi con responsabilità per costruire un’economia nel
rispetto di tutti, in particolare dei deboli, dei bambini, dei giovani, degli anziani, degli invalidi, degli
immigrati. Ai vertici abbiamo bisogno di uomini e soprattutto di donne che si impegnino
disinteressatamente nella politica per dovere e gratuità, questo per il bene di ciascuno e di tutti
secondo giustizia. Quella giustizia “per la quale con costante e perpetua volontà si attribuisce a
ciascuno il suo”6. “Suo” è il diritto proprio di una persona: ciò che gli appartiene in ragione di una
spettanza di origine sia naturale (i diritti fondamentali dell'uomo) sia acquisiti nella società.
“L’economia non è un fatto meramente contabile. È un evento umano, nelle sue riuscite come nei
suoi fallimenti. E dire umano è dire un evento di coscienza e di responsabilità morale, che in campo
economico prende la forma etica della giustizia”7. Il dovere della giustizia non nasce con la legge,
ma con il bene-valore insito nell’anima che la coscienza morale riconosce. “La coscienza morale,
per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido
fondamento della verità, deve cioè essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la
consistenza dei criteri di valutazione, così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove
l’ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutano a ciò.” (Benedetto
XVI, Discorso, 24 febbraio 2007). È per questo che ogni disconoscimento del diritto altrui, anche se
non è in contrasto con le disposizioni della legge civile, è tuttavia contrario alla legge morale e
divina. Basarsi quindi sul fondamento della verità non a discrezione di ognuno secondo una verità
soggettiva (soggettivismo), ma secondo una verità oggettiva che la coscienza riconosce. La
coscienza umana è un toccasana; in essa si trova la verità, mai può esserci una giustificazione per il
soggettivismo (secondo cui ciò che uno pensa è criterio e fonte di verità) e per il relativismo
(secondo cui non esiste la verità, ma ci sono tante verità). Se proviamo a rientrare in noi stessi e a
ragionare sulla Verità non possiamo non scoprire che la Verità in quanto Verità è una sola, ed
per contro, non erano affatto dubitabili. Del rigorismo si parla anche a proposito della dottrina di Kant secondo cui ogni
inclinazione di simpatia verso il prossimo rende dubbio che l’azione buona sia compiuta per puro rispetto del dovere
(non secondo coscienza e giustizia).
6
Cf. Per la giustizia come virtù con la quale si attribuisce a ciascuno il suo si Cf. Platone, Repubblica, 331E; 335E;
SVF I, 374; III, 262.263.266.280; Rethorica ad Herennium III,2,3; Cicerone, De finibus V,23,67; De natura deorum
III, 15,38; Digesto I,1,10 uguale Ulpiano, che Agostino d’Ippona riprende sotto l’influsso prevalente di Cicerone. De
ord. I,7,19; II, 7,22; De Gn. c. Man. II,27,41; De Quant. an. 9,15; De lib. Arb. I, 13,27; De div. qu. 2; En. in Ps. 83,11;
De civ. Dei, XIX, 4; XIX, 21,1.Tommaso d’Aquino, S.Th. II-II,58,1.
7
Cf. M. Cozzoli, L’altro «default» incombente è quello delle coscienze, in “Avvenire” XLIV/305 – Martedì 27
dicembre 2011, p. 2.
3
abita nell’uomo interiore, non per rimanervi rinchiusa, ma per darsi come dono agli altri, per aprirsi
alle cose e agli uomini.“In interiore homine stat veritas”8 sono le parole di uno tra i più grandi
filosofi dell’antichità: Agostino d’Ippona. L’Italia ha bisogno di filosofi e di teologi che mettano a
disposizione il loro sapere a servizio sia dello Stato italiano che dell’Europa.
L’Europa unita ha bisogno di una politica-economia aperta alla Verità che rispetti la vita, che
comprenda il vero valore della persona umana. Una politica inquinata non può che danneggiare
l’Economia di un Paese. Bisogna educare ogni persona a disinquinarsi e a disinquinare, per ritrovare
la giusta strada, mediante un’adeguata informazione e formazione, nel rispetto, nella libertà e nella
dignità umana. Educare al nobile e difficile compito di governare oggi è possibile e doveroso.
Educare secondo i principi fondati sul primato e sulla centralità della persona umana, quali ad
esempio: la tutela di tutti i diritti inalienabili della persona e in particolare la difesa del diritto alla
vita in tutte le sue fasi (dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale); educare
alla protezione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra uomo e donna; educare al
rispetto della giustizia sociale, della sussidiarietà e della solidarietà; educare alla difesa della pace
(da non confondersi con il pacifismo ideologico) contro ogni forma di violenza e di terrorismo;
educare al rispetto del creato, al dialogo interculturale e interreligioso. Questi principi etici sono
insiti nella natura umana e pertanto sono comuni a tutta l’umanità e sono fondamentali per il bene
della società. Tanto più questi principi vengono negati o mal compresi tanto più costituiscono
un'offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa.
(Benedetto XVI, Discorso, 30 marzo 2006).
L'attività economica ha la sua espressione primaria nel lavoro con cui l’uomo trasforma il
mondo, lo umanizza, adattandolo alle necessità sue e di tutti gli uomini e allo stesso tempo l’uomo
non solo realizza se stesso “migliorandosi”, ma migliora la società. La dignità umana del lavoro
nella prospettiva teologale è il prolungamento dell'attività creatrice di Dio, è cooperazione all’opera
salvifica di Cristo, momento di quella vocazione alla santità che il cristiano è chiamato ad
adempiere. “Il lavoro è per l'uomo, e non l'uomo per il lavoro”9. Dalla dignità umana e teologale
del lavoro promana il diritto e il dovere. Il lavoro è più di un dovere etico: è una esigenza di fedeltà
a Dio e al prossimo con cui il cristiano adempie alla propria salvezza.
Disconoscere il vero significato della coscienza, di ciò che la coscienza è e vuole essere in senso
epistemologico e morale significa rinnegare la parte migliore che c’è nell’uomo, di conseguenza
8
9
Cf. A. d’Ippona, De vera rel. 39,72: CSEL 77,52, NBA VI/1, 108.
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens (14 settembre 1981), 6, Ench. Vat. 1934-1936.
4
vengono spesso violati i valori sociali e i diritti della persona; come il diritto al lavoro, alla cultura,
alla famiglia, alla “giustizia” come correttezza economica distributiva.
I suicidi degli ultimi mesi di onesti cittadini che per cause economiche si sono tolti la vita
pesano sulla coscienza di tutti i cittadini europei, essi confermano e aprono scenari sociali molto
gravi. Fare dei tagli alla spesa pubblica semplicemente pensando di favorire l’economia, là dove
alcune persone corrono il rischio di perdere il lavoro, manifesta un disagio che equivale a
“uccidere” la persona in senso morale e purtroppo anche fisico, come conferma la cronaca dei
Quotidiani degli ultimi mesi. Non possiamo assistere impotenti a questo scempio; è doveroso
trovare un rimedio che sappia
frenare l’avidità di molte persone disoneste che speculano
sull’economia e agiscono senza interpellare prima la propria coscienza.
Il Santo Padre Benedetto XVI ci invita a leggere la “Caritas in Veritate” che è stata scritta per
rispondere alle esigenze morali più profonde della persona, essa dà risposte, sull’economia e sulla
finanza, così dice l’enciclica: L’economia ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento;
non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona. Oggi si parla molto di etica in
campo economico, finanziario e aziendale. Nascono Centri di studio e percorsi formativi di business
ethics; si diffonde nel mondo sviluppato il sistema delle certificazioni etiche, sulla scia del
movimento di idee nato intorno alla responsabilità sociale dell'impresa. Le banche propongono
conti e fondi di investimento cosiddetti “etici”. Si sviluppa una “finanza etica”, soprattutto mediante
il micro-credito e, più in generale, la micro- finanza. Questi processi suscitano apprezzamento e
meritano un ampio sostegno. I loro effetti positivi si fanno sentire anche nelle aree meno sviluppate
della terra. È bene, tuttavia, elaborare anche un valido criterio di discernimento, in quanto si nota un
certo abuso dell'aggettivo “etico” che, adoperato in modo generico, si presta a designare contenuti
anche molto diversi, al punto da far passare sotto la sua copertura decisioni e scelte contrarie alla
giustizia e al vero bene dell’uomo.
Molto, infatti, dipende dal sistema morale di riferimento. Su questo argomento la dottrina sociale
della Chiesa ha un suo specifico apporto da dare, che si fonda sulla creazione dell’uomo “ad
immagine di Dio” (Gn 1,27), un dato da cui discende l’inviolabile dignità della persona umana,
come anche il trascendente valore delle norme morali naturali. Un’etica economica che
prescindesse da questi due pilastri rischierebbe inevitabilmente di perdere la propria connotazione e
di prestarsi a strumentalizzazioni; più precisamente essa rischierebbe di diventare funzionale ai
sistemi economico-finanziari esistenti, anziché correttiva delle loro disfunzioni. Tra l’altro,
finirebbe anche per giustificare il finanziamento di progetti che etici non sono. Bisogna, poi, non
5
ricorrere alla parola “etica” in modo ideologicamente discriminatorio, lasciando intendere che non
sarebbero etiche le iniziative che non si fregiassero formalmente di questa qualifica. Occorre
adoperarsi — l’osservazione è qui essenziale! — non solamente perché nascano settori o segmenti
“etici” dell'economia o della finanza, ma perché l’intera economia e l’intera finanza siano etiche e
lo siano non per un’etichettatura dall’esterno, ma per il rispetto di esigenze intrinseche alla loro
stessa natura. Parla con chiarezza, a questo riguardo, la dottrina sociale della Chiesa, che ricorda
come l’economia, con tutte le sue branche, sia un settore dell’attività umana”10. Un’economia priva
di una sostanziale funzione etica e morale individuale non risponde all’efficacia e all’efficienza dei
sistemi produttivi e soffoca quella sana energia spirituale e vitale di ogni lavoratore. Il Ministro
Renato Balduzzi invita noi tutti a ritornare al pensiero laico del Beato Giuseppe Toniolo, che oggi
risulta utile anche per coloro che rivestono cariche pubbliche o che sono direttamente impegnati
nella vita politico-parlamentare. Non ci potrà essere una proposta politica all’altezza di questi tempi
difficili per l’Italia e per l’Europa, senza quella ritrovata circolarità tra dimensione etico-sociale e
dimensione politica11.
Maria Scalisi
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11
Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in Veritate (29 giugno 2009), 4,45: AAS 101 (2009), 705ss.
Cf. R. Balduzzi, Ritrovare la buona politica, in “Coscienza” 1-2 (2012), p. 1-2.
6
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