PARTE SECONDA: LA COMPONENTE VEGETALE DEGLI ECOSISTEMI INDICE Il bosco, un ecosistema Campionamento specie arboree: il leccio Censimento delle specie arboree SCI: indice di biodiversità vegetazionale Indicatori biologici della qualità dell’aria: licheni, quercus ilex (leccio) IL BOSCO, UN ECOSISTEMA Il bosco è un complesso sistema ecologico nel quale esistono legami molto stretti tra i fattori fisici (luce, calore, elementi minerali del terreno, acqua ecc.) e gli esseri viventi (vegetali e animali). L'albero è solo una parte di questo sistema, anche se una delle più importanti. L'albero muore, mentre il bosco visto dall'esterno sembra essere perenne; apparentemente non vi sono mutamenti, ma all'interno del bosco vi è il ciclo della vita e della morte, ed il bosco ha una continua e lenta evoluzione. Ogni ecosistema ha un inizio (fase pioniera), uno sviluppo (fase giovanile), una maturità (fase climax) ed una eventuale decadenza e morte. Climax Climax = equilibrio biologico duraturo I vegetali che vivono insieme in un determinato ambiente tendono ad assumere stati di equilibrio sempre nuovi. Questo avviene fino a quando la vegetazione non arriva a sfruttare al massimo lo spazio disponibile, la luce, l'acqua e tutto ciò che è necessario alla vita delle piante. A quel punto si avrà la vegetazione più complessa possibile, con un gran numero di individui e di specie. Ma non sarà più possibile che quella vegetazione si evolva e raggiunga altri stadi. L'equilibrio finale stabile dell'evoluzione viene definito "climax ". La vita nel bosco All'interno del bosco esiste una stretta dipendenza fra la vita degli animali e dei vegetali. All'interno dell'ecosistema bosco esistono diversi habitat che si distribuiscono in sei differenti piani. Strato delle chiome o arboreo Strato intermedio o dei fusti Strato degli arbusti Strato delle piante erbacee Strato del muschio Strato dell'humus Strato delle chiome E' formato dall'insieme dei rami, delle foglie e dei frutti degli alberi adulti. Quanto più è spesso questo strato, tanto minore è la quantità di luce e di precipitazioni che arrivano agli strati inferiori. E' a questo livello che, grazie all'energia luminosa del Sole, si verifica la più vasta ed intensa sintesi clorofilliana. Qui vivono molte specie di animali che vi trovano cibo e spazio per nidificare: scoiattoli e ghiri, piccoli uccelli e svariati rapaci come il gufo e l'allocco. Anche la martora e la faina si arrampicano sino a questo livello per saccheggiare nidi di uccelli e di piccoli mammiferi. Strato intermedio E' costituito prevalentemente dai fusti degli alberi. Sotto la corteccia di tali alberi si possono trovare larve di insetti che si nutrono del legno; queste larve sono a loro volta preda di varie specie di picchi, che forano con il becco la corteccia per cercare cibo e per costruirsi il nido. Sui tronchi si trovano inoltre piante rampicanti (ad esempio l'edera) e numerosi muschi e licheni. Strato arbustivo E' detto anche sottobosco, anche se in realtà l'insieme "sottobosco" è costituito anche dallo strato delle erbe e da quello dei muschi. E' formato da cespugli, arbusti e piccole piante legnose. Molto spesso cespugli e arbusti formano un intrico di rami così fitto da rendere il sottobosco impenetrabile. Qui trovano rifugio e nutrimento insetti uccelli e mammiferi erbivori. Anche volpi e cinghiali possono trovarvi un rifugio temporaneo. I cespugli e gli arbusti, colonizzando il terreno, precedono e favoriscono la comparsa e l'insediamento degli alberi veri e propri. Strato erbaceo E' costituito da fiori, erbe e felci, ed è a questo livello che avviene una prima trasformazione in humus del materiale organico morto. Di ciò si occupano alcuni invertebrati (ragni, collemboli, piccoli crostacei, larve) che si nutrono di carogne di animali e resti di piante. Nello strato erbaceo vivono anche piccoli roditori come i topolini, ed alcuni insettivori come ad esempio il riccio. Strato dei muschi Questo strato è composto da muschi, licheni e funghi che nascono sulla superficie del terreno, traendo nutrimento direttamente dagli organismi in decomposizione. I funghi contribuiscono alla decomposizione delle sostanze morte e alla loro trasformazione in sali minerali. Lo strato dei muschi è molto importante per la vita del bosco perché assorbe e trattiene come una spugna le piogge e l'umidità del terreno. Questo strato è popolato da animaletti quali formiche, ragni, millepiedi, coleotteri, lumache e chiocciole. Strato dell'humus E' il suolo del bosco, dove affondano le loro radici gli alberi. Lo strato più superficiale è costituito dal "terriccio", formato da resti di piante e di animali morti, da escrementi di animali e soprattutto foglie cadute. Una grande quantità di lombrichi, porcellini di terra, larve di insetti sminuzzano il terreno facendolo passare attraverso il proprio intestino; i batteri decompositori inoltre scindono ancor più finemente il terriccio, facendolo diventare parte dell' humus. PRINCIPALI FUNZIONI DELL’ECOSISTEMA BOSCO FUNZIONE PROTETTIVA 1 - Il bosco come protezione dall'erosione. L'erosione è il fenomeno per il quale lo strato superficiale del suolo viene asportato dall'azione degli agenti atmo-sferici, principalmente dai venti e dall'acqua. Il bosco costituisce uno degli eco-sistemi che maggiormente contribusce a limitare l'erosione e a conservare il suolo. Il bosco svolge questa funzione di protezione dall'erosione a diversi livelli: - Trattenendo direttamente la terra tramite le radici. - Attenuando gli effetti dilavanti dell'acqua. - Riducendo la velocità del vento Trattengono la terra Alberi e piante offrono un fitto strato di radici che contribusce a trattenere la terra, riducendo il pericolo di frane e smottamenti del terreno. Tronchi e arbusti ostacolano, inoltre, la caduta di massi, frequente lungo i pendii e costituiscono una buona difesa contro le valanghe. Attenua l'impatto delle piogge Il bosco attenua l'impatto delle piogge sul terreno e favorisce un assorbimento graduale dell'acqua, limitando fenomeni di erosione e di ruscellamento. Riduce la velocità del vento Il bosco costituisce un ostacolo alla forza dei venti, riducendone la velocità. Quando il vento soffia sopra un terreno che non ha copertura vegetale, viene sollevata una grande quantità di polvere e vengono asportate le parti più ricche del suolo. 2 - Il bosco come regolatore del regime idrico Il bosco svolge un'importante funzione nel regolare il regime idrico di un territorio, attenuando gli effetti negativi delle forti piogge, assorbendo gran parte dell'acqua piovana e costituendo una riserva idrica. Il bosco funziona infatti un po' come una spugna: assorbe l'acqua piovana e la reimmette in circolo solo in un secondo momento, sia sotto forma di vapore sia rifornendo le falde freatiche sottostanti. Questa funzione di assorbimento e restituzione graduale dell'acqua viene svolta sia dagli alberi che dal terreno boschivo. In un territorio privo di boschi, l'acqua piovana scorre via rapidamente perchè il terreno è generalmente più compatto; ne può conseguire, in caso di piogge intense, un rapido ingrossamento dei torrenti e lo straripamento dei fiumi. In periodo di siccità le fonti delle zone prive di boschi diventano presto aride, perchè il terreno accumula scarse quantità d'acqua. FUNZIONE BIOECOLOGICA 1 - riduzione dell'inquinamento atmosferico La polvere che proviene dalle fabbriche o dalle città per l'azione dei venti si sposta verso le foreste dove l'aria è più fresca. Qui si ferma sulle foglie e sui rami, per arrivare poi al terreno sotto l'azione della pioggia. Così il bosco funziona come una specie di filtro dell'aria (ad esempio un ettaro di abeti rossi può, in seguito a due acquazzoni, bloccare 32 tonnellate di polvere). Vi è però un limite alla quantità di polvere che gli alberi possono assorbire. Se inoltre le polveri contengono sostanze inquinanti, le piante si ammalano ed il bosco si avvia verso uno stato di completa degradazione. 2 - Consumo di anidride carbonica (CO2) Una delle funzioni vitali più importanti delle piante è la funzione clorofilliana, attraverso la quale le piante verdi trasformano il carbonio dell'anidride carbonica in composti organici e restituiscono all'atmosfera ossigeno, elemento indispensabile alla vita dell'uomo e degli animali. Fotosintesi Clorofilliana La foglia, attraverso i suoi pori, assorbe dall'aria molecole di anidride carbonica (CO2) mentre riceve dalle radici, attraverso i vasi, molecole di acqua (H2O). Il processo di fotosintesi avviene nei cloroplasti, minuscoli dischetti verdi posti all'interno delle cellule delle foglie. All'interno dei cloroplasti si trova la clorofilla: una sostanza in grado di utilizzare l'energia luminosa per trasformare acqua e anidride carbonica in zuccheri e ossigeno. La CO2 viene assorbita attraverso aperture poste nello strato più esterno (epidermide) delle foglie, gli stomi. Attraverso gli stomi la foglia può perdere notevoli quantità d'acqua, specie se la temperatura è elevata. Si tratta del fenomeno della traspirazione, che è essenziale per permettere l'ingresso della CO2 nella cellula vegetale. Infatti le pareti delle cellule sono quasi impermeabili all'anidride carbonica gassosa, e questa può penetrarvi solo se è in soluzione acquosa. A seconda delle condizioni climatiche e ambientali la pianta regola l'apertura e la chiusura degli stomi: nelle piante che vivono in climi aridi, ad esempio, la fotosintesi viene mantenuta a livelli molto bassi, perché è di vitale importanza trattenere l'acqua. L'accrescimento di queste piante sarà di conseguenza più lento, perché minori sono le sostanze nutritive prodotte. La clorofilla La clorofilla è un pigmento, cioè una sostanza chimica colorata, che si trova in tutti i vegetali, esclusi i funghi e alcune piante parassite. Si forma nel cloroplasto, che è un piccolo corpicciolo verde lenticolare posto all'interno delle cellule delle foglie, quando la foglia è esposta alla luce. Le piante fornite di clorofilla si dicono autotrofe perché sono in grado di trasformare da sé le sostanze minerali in composti organici, senza dover utilizzare molecole organiche già elaborate da altri organismi. La clorofilla ha una struttura chimica molto complicata. Vi sono due tipi di molecole di clorofilla: ognuna contiene 55 atomi di carbonio, 72 di idrogeno, 5 di ossigeno, 4 di azoto e 1 di magnesio. Le piante respirano Le piante respirano attraverso tutto il loro organismo, ma specialmente per mezzo delle radici e delle foglie (attraverso gli stomi). La respirazione di tutti gli esseri viventi, comprese le piante, consuma ossigeno e produce anidride carbonica (CO2). Nelle piante la produzione di anidride carbonica attraverso la respirazione è ampiamente "neutralizzata" dalla fotosintesi clorofilliana. Attraverso la fotosintesi le piante consumano molto più CO2 di quanto ne emettano respirando. 3 - Regolazione del clima Il bosco svolge un importante ruolo di regolazione climatica. L'aria calda che giunge sopra una zona boschiva si raffredda e condensa, provocando pioggia. Vicino ad una foresta le precipitazioni sono quindi più frequenti e regolari. Il bosco inoltre frena la velocità del vento, evitando che il terreno circostante sia prosciugato. Il bosco mitiga la differenza di temperatura fra notte e giorno e fra estate e inverno. 1) Il fenomeno della traspirazione delle piante contribuisce ad aumentare il grado di umidità dell'aria delle zone vicine ai boschi. 2) I boschi vicino alle città hanno un importante effetto di regolazione del clima urbano. Traspirazione La traspirazione dell'acqua dalle piante avviene quasi totalmente attraverso gli stomi che si trovano sull'epidermide delle foglie. Le piante assorbono dal terreno una grandissima quantità di acqua e la reimmettono nell'ambiente attraverso la traspirazione. Si può calcolare che una betulla o un faggio che abbiano circa 200.000 foglie traspirano in un'estate circa 8000 litri di acqua; cioè all'incirca la stessa quantità di acqua che può trasportare un'autocisterna. Un bosco di faggi dell'estensione di un ettaro nel corso di un'estate riverserà nell'atmosfera sotto forma di vapore 3.600.000 litri di acqua circa. Bosco e città Il bosco influisce sul clima della città ad esso vicina In città d'estate si forma sopra gli edifici come una cappa di aria calda, inquinata da scarichi di industrie e automobili. L'aria calda tende sempre a salire verso l'alto spinta anche dall'aria più fresca che giunge dalle zone vicine alla città. Se anche l'aria delle zone vicine è calda, questo movimento atmosferico non avviene, e non vi è più ricambio di aria. Sopra la città si forma così una coltre di smog. Un bosco vicino alla città facilita il rinnovamento atmosferico, perché garantisce sempre l'afflusso di aria fresca e umida. 4 - Ripristino dell'equilibrio ecologico Nelle zone agricole esiste spesso uno stato di non equilibrio ecologico: esistono solo poche specie di piante e spesso sono presenti specie animali o vegetali dannose alla coltivazione, che devono essere attaccate con prodotti chimici. Un bosco vicino ai terreni coltivati può aiutare a ricostituire l'equilibrio perso: molti animali che vivono nel bosco, come la volpe, il tasso, il riccio, la civetta, alcuni rettili e anfibi si nutrono di animali nocivi alle coltivazioni (topi, lumache, insetti ecc..) Il bosco inoltre può costituire una barriera che ostacola la diffusione in altre zone geografiche di una specie vegetale o animale non desiderata. FUNZIONE ECONOMICA Vi sono diversi tipi di boschi. Si possono dividere: A seconda delle cure cui vengono sottoposti - Ceduo - Fustaia - Ceduo composto Cedui. Sono quei boschi che vengono tagliati a periodi che vanno dai 3 ai 18 anni. Questi boschi ricrescono poi perché i tronchi delle piante madri emettono nuovi getti, chiamati polloni, che formano il nuovo albero. I boschi cedui sono circa il 40% dei boschi italiani. Fustaie Sono quei boschi nei quali gli alberi vengono tagliati solo quando hanno raggiunto la maturità. Le fustaie si rinnovano per mezzo dei semi, che fanno crescere nuove piante. Sono circa il 41% dei boschi italiani Ceduo composto E' formato da bosco ceduo e da piante di alto fusto. Costituisce circa il 19% dei boschi italian Prodotti del bosco I prodotti del bosco sono di grandissimo valore per l'economia umana. Principale prodotto è il legname per costruzioni e sostegni pasta di legno carta combustibile fibre artifciali Vi sono poi: resine, cortecce, erbe medicinali, coloranti, sughero, funghi e frutti. In Italia si ricavano ogni anno 9 milioni di m3 di legna. Non per questo i boschi diminuiscono, anzi, grazie ad una politica di rimboschimento iniziata da alcuni decenni, continuano ad aumentare; ma molto spesso si tratta di boschi "poveri", di bassa qualità, perché non curati e attaccati spesso da incendi e malattie. Con una migliore cura dei boschi si potrebbe evitare di importare dall'estero 33 milioni di m3 di legna ogni anno, senza nello stesso tempo impoverire le nostre risorse boschive. LA CURA DEI BOSCHI SI CHIAMA SELVICOLTURA Selvicoltura Lasciare le foreste alla loro spontanea evoluzione è un fatto positivo per alcuni tipi di boschi. I boschi che non sono più allo stato naturale, ma che sono utilizzati dall'uomo, devono essere sottoposti periodicamente a cure praticate da esperti, per mantenerne lo stato di equilibrio. Le principali operazioni che compiono gli esperti selvicoltori sono: diradamento potatura lotta contro i nemici del bosco rimboschimento Potatura Gli alberi delle fustaie non vengono tagliati solo alla fine del loro sviluppo, ma spesso devono essere sottoposti alla potatura, ossia al taglio di alcuni rami, indispensabile per dare luce e spazio ai nuovi alberi in via di sviluppo. Diradamento Quando le piante di un bosco sono troppo addossate l'una all'altra non riescono più a trovare luce, spazio e nutrimento. E' necessario quindi eliminare alcune piante, diradare il bosco. Le piante da eliminare sono generalmente scelte fra quelle malate, fra le più deboli o fra quelle che sono cresciute in modo irregolare. lotta contro i nemici del bosco Il bosco ha molti nemici: ad esempio gli agenti atmosferici, gli incendi, alcuni vegetali parassiti ed alcuni insetti. Prendersi cura del bosco significa sia cercare di prevenire gli incendi, sia lottare contro parassiti ed insetti nocivi. Una delle forme migliori di lotta agli insetti nocivi è la "lotta biologica", che consiste nel favorire la diffusione nel bosco di quegli animali che si nutrono di insetti dannosi alle piante. Ad esempio la formica rufa dei boschi del Trentino divora le larve della processionaria e di altri insetti dannosi ai pini e agli abeti. Rimboschimento Rimboscare significa "far crescere" un nuovo bosco in una zona. Il rimboschimento può avvenire per seminagione, ossia per mezzo dei semi, oppure per piantagione, cioè trapiantando nel terreno da rimboscare piccole piantine allevate in vivaio. Perché si formi un nuovo bosco maturo occorrono però circa 100 anni. FUNZIONE PAESAGGISTICO RICREATIVA Il bosco non è solo una questione di utilità, accanto agli alberi si trovano erbe, fiori, frutti, animali con le loro tane e i loro nidi. Entrando nel bosco con gli occhi e le orecchie bene aperti possiamo scoprire un nuovo mondo ed apprezzarne la bellezza. Per poter continuare a godere di queste bellezze, bisogna che tutti si comportino in modo da non arrecare danni. Regole di comportamento nei boschi L'eccessiva presenza dell'uomo può provocare al bosco pericolosi squilibri e alterazioni alla stabilità fisica e biologica. E' necessario evitare quelle azioni che, prese da sole, non hanno un grande significato, ma ripetute da migliaia di persone recano grave danno al bosco; ad esempio: accendere fuochi gettare rifiuti in giro strappare cime di piantine asportare muschi, fiori scorticare cortecce entrare con macchine e moto sui prati mutilare gli alberi rovinando il manto erboso. danneggiare il sottobosco FORESTE Vi sono diversi tipi di foreste: la foresta boreale, prevalentemente composta di conifere; la foresta temperata, di latifoglie o mista, la foresta tropicale. CAMPIONAMENTO DI SPECIE ARBOREE (questa scheda deve essere integrata con quella relativa al leccio, ancora non trascritta su floppy) Stazione di campionamento………………………………………………Area di assaggio n°…… Gruppo n……….. Operatori………..………..…………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………… Data…………………………………Dalle ore………………. alle ore…………………………... Coordinate UTM …………………………….…………………………………………………… Condizioni metereologiche…………………………….……………Temperatura……………….. Direzione del vento……………………………………………………………..………………… Distanza da corpi idrici……………………………………………………………………………. TIPO DI VEGETALE……………………………….…………ALTEZZA………………………. DIAMETRO TRONCO (a metri 1,30 dal suolo)…………………………………………………… ALTEZZA DAL SUOLO DEL CAMPIONE PRELEVATO……………………………………….. (NOTA BENE: se il campione è leccio, prelevare circa 500 grammi di sole foglie CARATTERISTICHE DEL SITO DI CAMPIONAMENTO E OSSERVAZIONI CENSIMENTO DELLE SPECIE ARBOREE Stazione di campionamento………………………………………………Area di assaggio n°…… Gruppo n……….. Operatori………..………..…………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………… Data…………………………………Dalle ore………………. alle ore…………………………... Coordinate UTM …………………………….…………………………………………………… Condizioni metereologiche…………………………….……………Temperatura……………….. Direzione del vento……………………………………………………………..………………… Distanza da corpi idrici……………………………………………………………………………. Schizzo dell’area di assaggio (metri 10 x 10) Legenda: …………….. …………….. …………….. …………….. ……………… ……………… ……………… ……………….. ………………. Tipo di bosco………………………………………………………………………….. Specie dominante……………………………………………………………………… Densità di vegetazione………………………………………………………………… Penetrazione della luce………………………………………………………………… Sottobosco……………………………………………………………………………… Segni faunistici………………………………………………………………………….. Segni antropici…………………………………………………………………………… Eventuali segni di degrado……………………………………………………………….. Caratteristiche litologiche e pedologiche del suolo……………………………………… ……………………………………………………………………………………………. Osservazioni (se necessario usare il retro del foglio e allegare foto, schizzi e disegni di particolari) DETERMINAZIONE DELLA DIVERSITA' BIOLOGICA La diversità biologica di un ecosistema è considerata una misura della sua qualità. L'indice di qualità che proponiamo è il Sequential Comparison Index (S.C.I., Cairns e altri, 1971), che permette di valutare la diversità a livello di specie (in realtà, nelle attività del Laboratorio è stato applicato - per semplicità - solo alle specie vegetali), e quindi di acquisire uno dei fattori importanti per arrivare a esprimere - integrato con altri - un "giudizio di qualità ambientale". Istruzioni Divisi in gruppi di 5 persone, raccogliete non meno di 250 campioni di vegetali (erbe, arbusti, alberi, muschi ecc.) in un'area di circa 50 passi di raggio (ogni membro del gruppo raccoglie in un sacchetto 50 esemplari). Riunite tutti i campioni in un solo sacchetto, poi estraeteli a caso uno alla volta. Al primo estratto assegnate il simbolo "o", e segnatelo su un foglio; se il secondo estratto è identico, usate lo stesso simbolo, altrimenti segnate il simbolo "x"; se il terzo estratto è uguale al secondo, usate ancora la x, altrimenti tornate alla o: in breve, ogni volta che il campione estratto è uguale al precedente mantenete lo stesso simbolo, altrimenti passate dalla o alla x o dalla x alla o. Mentre estraete i campioni, formate tanti mucchietti con quelli uguali tra loro. Alla fine, contate il numero dei cambi di simbolo, contate il numero dei mucchietti (è il numero di taxa, nel nostro caso di specie) e applicate la formula: SCI (indice di confronto sequenziale) = (n° cambi/250) x n° taxa ATTENZIONE: nel campionare le specie può venire istintivo prelevare esemplari diversi scartando i doppioni: NO! Il campionamento deve essere casuale, dovete prelevare tutti gli esemplari che incontrate sul vostro cammino anche se uguali tra loro. Tutta l'attività richiede al massimo un'ora. Alla fine, i gruppi confronteranno i valori trovati per l'indice SCI, e ci sarà una discussione collettiva. Osservazioni Il metodo può essere utilizato senza particolari conoscenze precedenti, e stimola la capacità di osservazione. Non è necessario concentrare l’attenzione sulla individuazione delle specie, aspetto che eventualmente può essere l’oggetto di approfondimenti successivi. Uno degli obiettivi principali di questa attività è quello di permettere alcune riflessioni sul rapporto tra biodiversità, complessità di un ecosistema e sua stabilità (intesa non in senso statico, ma come coevoluzione). Va chiarito che, mentre maggiore diversità significa sempre maggiore complessità, non è automaticamente vero che a una maggiore diversità corrisponda una maggiore stabilità. Infatti, esistono numerosi esempi di ecosistemi di straordinaria ricchezza dal punto di vista della loro biodiversità che sono, però, particolarmente vulnerabili (basta pensare alle foreste pluviali, o alle barriere coralline): a maggior ragione questa ricchezza va difesa, in quanto costituisce una risorsa insostituibile per la vita dell’intero pianeta. Tornando al rapporto tra biodiversità e stabilità negli ecosistemi, ferme restando le considerazioni precedenti è comunque vero che, spesso, un alto indice di biodiversità è segno di un ecosistema in buona salute, e il suo valore è considerato un indice per valutare la qualità ambientale. Nei parchi e nelle aree protette delle nostre regioni si raggiungono valori dello SCI vegetazionale molto alti (nella zona della faggeta di Allumiere abbiamo trovato, a inizio autunno di qualche anno fa, indici compresi tra 20 e 40): può essere uno stimolo all’impegno per la conservazione di una risorsa non ancora del tutto compromessa, ma sicuramente minacciata. Questa attività fornisce numerosi spunti per affrontare il discorso, molto impegnativo, del valore delle diversità anche sul piano socio-culturale. Su questo torneremo in seguito. OSSERVAZIONE DELLE CARATTERISTICHE DELLA VEGETAZIONE COSA OSSERVARE QUANDO SI VA IN GIRO LAVEGETAZIONE E' SANA? RELAZIONE COL SUOLO COSA OSSERVARE Innanzitutto bisogna partire dalla zona climatica (e relativa fascia fitoclimatica) in cui ci troviamo, perché da questa dipende la fisionomia della vegetazione (da cosa è composta, cosa possiamo trovare), cioè: alberi arbusti piante erbacee Esempio: la zona mediterranea comprende una fascia termomediterranea più calda e una fascia mesomediterranea più fredda. La fisionomia della fascia termomediterranea (macchia mediterranea) è così composta: arancio, piante ornamentali tropicali, oleastro, ginepro, lentisco leccio Di un albero bisogna conoscere:: la corologia (cioè il suo areale, la sua distribuzione geografica, in che fascia climatica lo possiamo trovare) l’ autoecologia: le sue esigenze idriche, edafiche cioè rispetto al suolo, se ha bisogno di luce (eliofila) o tollera bene l’ombra (sciafila), se ha abito sempreverde o è caducifoglia… se tende a formare boschi puri o invece si trova come specie consociata. La sua forma di propagazione Funzioni del bosco (vedi materiali già disponibili) Produttiva Turistico-ricreazionale Difesa idrogeologica Le piante arbustive e piante erbacee che possiamo trovare consociate al bosco dipendono dalla sua stazione (clima, esposizione etc..), dal tipo di suolo, dalla struttura stessa del bosco cioè se è chiuso o tende ad aprirsi con frequenza…. Il suolo si forma attraverso azioni fisiche (azione di disgregazione della roccia madre ad opera delle escursioni termiche, azione del gelo e disgelo etc), chimiche, biologiche (ad opera dell’azione delle radici delle piante, animali terricoli, sostanza organica..). Le foglie, i rametti e altre parti della pianta, quando cadono al suolo costituiscono la lettiera: questa viene, attraverso processi più o meno lunghi, trasformata in humus, insieme di colloidi che migliorano la struttura e il contenuto di umidità del terreno, condizionano il ph, impediscono il dilavamento di ioni metallici preziosi per le piante e, attraverso la mineralizzazione, rilasciano importanti elementi minerali disponibili per l’assorbimento delle piante. [suolo e humus (vedi materiali già in uso)] Le malattie delle piante si possono classificare in due grandi gruppi: Malattie di origine abiotica: di origine climatica di origine edafica (legata al suolo) dovute alla presenza di inquinanti dell'aria e del terreno Malattie di origine biotica, dovute a virus batteri funghi piante parassite Possiamo riconoscere se una pianta è malata dai seguenti sintomi: diradamento della chioma mancata germogliazione disseccamento dei rami nido di cicogna (chioma appiattita all’estremità) necrosi corticali (macchie di colore scuro sulla corteccia, dove la stecca comincia a staccarsi..) Esempi di associazioni tipiche nei nostri Appennini: Siamo nella zona fitoclimatica del fagetum (secondo la classificazione del Pavari, circa 1200-1600 metri di quota): i boschi tipici sono infatti le faggete. Associati al faggio troviamo: Nelle stazioni più fertili e fresche: acero montano, frassino maggiore, olmo, tiglio, ciliegio, acero riccio; Dove il clima è più atlantico (nel piano inferiore della faggeta): tasso e agrifoglio; Nelle stazioni più piovose: betulla e pioppo tremulo. Per quanto riguarda il sottobosco: Dove il suolo è più profondo, neutro, subacido: tappeto di erbe laminifoglie basse (Geranium, crucifere del genere Cardamine, l'’ombrellifera Sanicula Europaea) Nelle radure e lacune troviamo specie nitrofile: epilobi, fragole, lamponi, rovi, sambuco nero. Nelle esposizioni più secche il sottobosco delle pinete e delle faggete ha la fisionomia di gramineto con arbusti spinosi (rosa, biancospini, pruno); Nei suoli acidi troviamo una fisionomia di brughiera a calluna, arbusti e felce acquilina. INDICATORI DI QUALITA’ DELL’ARIA: LICHENI, QUERCUS ILEX (LECCIO) (Vedi tesina di Alessandra Transatti, 2004, disponibile su CD) La valutazione corretta del degrado di inquinamento dell’aria in una zona urbana esige un campionamento che abbia un’integrazione temporale significativa, e tenga conto dei vari microclimi originati dalla particolare situazione urbanistica. Una possibile soluzione può essere costituita dall’individuazione e caratterizzazione di un monitor già naturalmente presente in sito. Alcuni tipi di indicatori di buona qualità per il comparto aria sono: I Licheni Il leccio 1. LICHENI I licheni sono organismi complessi costituiti da due individui che vivono in stretta simbiosi. Uno dei partner è un fungo superiore che forma il tallo, assicurando la componente di lignina che costituisce il “fusto”, l’altro è un’alga che costituisce i cosiddetti Gonidi, cioè cellule verdi che svolgono la fotosintesi, e che si trovano isolate nei filamenti del tallo. L’alga, grazie alla clorofilla contenuta nelle cellule verdi, elabora le sostanze nutritive, producendo biomolecole quali: il DNA, l’RNA e i carboidrati di cui si nutre anche il fungo, che fornisce a sua volta acqua, sali minerali e alloggio per l’alga. Questa vantaggiosa forma di vita permette al lichene di vivere in qualsiasi ambiente sulla Terra sopravvivendo ai gelidi inverni polari, come ai torridi climi tropicali. Colonizzano le pareti più povere e sterili degli ecosistemi. Crescono molto lentamente e possono superare lunghi periodi freddi o siccitosi in uno stadio di vita latente per poi riprendere il loro sviluppo. I licheni hanno un’importanza fondamentale nell’economia della natura perché, insediandosi sulle nude rocce (piante pioniere), contribuiscono alla loro alterazione, preparando un substrato adatto alla vita di organismi vegetali superiori: sono perciò i primi artefici del terreno agrario. Assorbono le sostanze nutritive dalla pioggia e le concentrano nelle loro cellule per cui, in presenza di inquinamento, vengono concentrate anche le sostanze tossiche, compromettendo la vita dei licheni stessi che non possiedono organi di escrezione. I licheni trovano molte applicazioni in medicina, nell’industria dei coloranti e dei profumi; alcuni sono anche commestibili. La maggior parte dei licheni predilige ambienti con temperature miti ed elevata umidità atmosferica. Sono diversi i substrati su cui vivono i licheni: la terra (terricoli) le rocce (epilitici) le cortecce degli alberi (epifiti) le foglie (foglicoli) il muschio (muscicoli) il legno morto (lignicoli). Molte specie sono in grado di diffondersi attraverso il vetro, il cuoio, l’asfalto, il cemento. Le forme crostose possono raggiungere anche i 300 anni di vita, quelle fogliose e fruticose, invece, hanno mediamente una vita di 70 - 80 anni. Nei climi artici, alcune specie possono vivere anche oltre i 3000 anni. I ritmi di crescita dei licheni sono lentissimi: la velocità di crescita, a seconda delle specie, può variare da 1 mm fino a 10 mm in un anno. I licheni sono ottimi bioindicatori della qualità dell’aria, in quanto il loro metabolismo dipende essenzialmente dall’atmosfera; la loro attività metabolica è ininterrotta durante l’anno, sono longevi, non si liberano periodicamente delle parti vecchie o intossicate; è dimostrata la loro sensibilità nei confronti delle sostanze inquinanti (anidride solforosa, idrocarburi, ozono, ossidi di azoto e altre). In particolare, quelli che crescono sulle cortecce degli alberi, presentano caratteristiche particolarmente idonee per fungere da indicatori della qualità dell’aria. Tali caratteristiche sono: Accertata sensibilità agli inquinanti Ampia distribuzione in tutto il territorio Scarsa mobilità Ciclo vitale lungo Capacità di accumulo di sostanze inquinanti Metabolismo essenzialmente dipendente dall’atmosfera Mancanza di barriere protettive superficiali, per cui risentono direttamente delle sostanze presenti nell’atmosfera che vengono facilmente assorbite ed accumulate Elevata resistenza agli stress ambientali, quali stress idrico e termico. I licheni non traggono nutrimento dalla superficie su cui si installano, ma solo dall’atmosfera e dalla luce del sole. La scomparsa dei licheni è il primo segno della presenza nell’atmosfera di sostanze estranee derivate dall’attività umana. Indice I.A.P. L’informazione fornita dai licheni come bioindicatori è stata quantificata in Indici di Purezza Atmosferica (I. A. P.) che permettono una valutazione numerica quantitativa del livello di degrado atmosferico attraverso la determinazione del numero di specie e la frequenza dei licheni riscontrati sulle cortecce degli alberi di una determinata zona. I licheni come indicatori biologici di qualita' dell’aria Il controllo dell’inquinamento atmosferico si effettua con reti di monitoraggio costituite da un numero variabile di stazioni di rilevamento, distribuite sul territorio interessato. In alcuni paesi, soprattutto nel nord Europa, vengono utilizzati anche i licheni, per la loro elevata sensibilità ad alcuni inquinanti. I licheni sono particolari crittogame (piante sprovviste di fiori) costituiti da un’alga e da un fungo. Come abbiamo detto, tra l’alga e il fungo si attiva un rapporto biologico di simbiosi: il fungo fornisce all’alga l’acqua e i sali minerali e questa produce con la fotosintesi i composti organici nutrizionali utilizzati anche dal fungo L’inquinamento atmosferico causa la riduzione, che può arrivare fino alla perdita totale, della capacità di operare la fotosintesi; di conseguenza nella popolazione dei licheni aumenta il numero di quelli deboli o malati, e si verifica la scomparsa di numerosi individui. Nelle situazioni di maggiore inquinamento, come avviene spesso nelle aree urbane o molto industrializzate, la numerosità della popolazione dei licheni diminuisce fino alla scomparsa totale. I danni subiti da questi organismi, quindi, rappresentano un campanello d’allarme per quanto riguarda la qualità dell'aria. Nelle stazioni di rilevamento che utilizzano i licheni, il grado di qualità dell’aria si ricava tramite l’indice IAP (lndex of Atmospheric Purity, proposto nel 1964 da De Sloover). L’indice si calcola considerando il numero e la frequenza dei licheni riscontrati all’interno di un apposito reticolo di rilevamento, posto sulla corteccia degli alberi all’altezza di 120 cm da terra. La tabella 1 mostra la corrispondenza tra i valori dell’indice e le classi di qualità dell’aria. Corrispondenza tra valori dell’indice IAP e giudizio di qualità dell’aria Intervalli Classe di qualità Giudizio di qualità dell’indice IAP dell’aria <5 1 molto degradata 510 2 degradata 1020 3 poco degradata 2030 4 discreta 3050 5 buona 5070 6 molto buona >70 7 ottima TABELLA 1: 2. LECCIO La valutazione corretta del grado di inquinamento dell’aria in una zona urbana richiede un campionamento che abbia un’integrazione temporale significativa, e tenga conto dei vari microclimi generati dalla particolare situazione urbanistica. Una soluzione a queste difficoltà può essere costituita dall’individuazione e caratterizzazione di un monitor già naturalmente presente in situ. In quest’ottica la scelta delle foglie di leccio (Quercus ilex) è conveniente perché: 1. si tratta di una specie arborea largamente impiegata come pianta ornamentale per il verde urbano e per la villa italiana; ha inoltre una larga diffusione naturale nella macchia mediterranea; 2. la foglia può essere considerata l’organo bersaglio degli inquinanti atmosferici; 3. la distribuzione spaziale delle foglie nella chioma occupa un elevato volume attivo ed offre una significativa sezione d’impatto ai polluenti, con orientamento spaziale tale da normalizzare la ricezione di vettori polidirezionali; 4. il leccio è una specie sempreverde con un ciclo fogliare di tre anni; rappresenta quindi un integratore temporale apprezzabile; 5. le foglie presentano un’elevata omogeneità di superficie d’impatto ed un’adeguata azione selettiva sulla granulometria del particolato atmosferico. Criterio di scelta degli esemplari da campionare. Senza dubbio è la fase più delicata del lavoro. Infatti l’inquinamento urbano è caratterizzato da miriadi di microsorgenti (camini delle abitazioni, veicoli a motore, ecc.). Inoltre, la diffusione è strettamente dipendente dalla disposizione e dalla struttura urbanistica. Una possibile schematizzazione per le diverse condizioni è: 1. zona critica chiusa: caratterizzata da intenso traffico veicolare e da barriere situate sugli immediati margini della strada (palazzi alti, muri di recinzione); 2. zona critica aperta: caratterizzata da intenso traffico veicolare e dotata di almeno un lato aperto; il traffico scorre sernza ingorghi; 3. zona residenziale chiusa: caratterizzata da traffico veicolare di media intensità senza ingorghi e da barriere alte ai margini della strada; 4. zona residenziale aperta: caratterizzata da traffico veicolare di. media intensità e dotata di almeno un lato aperto; 5. parco urbano: zona verde di estensione variabile distante almeno 100 m da vie aperte al traffico; 6. zona remota: distante almeno 5 - 10 Krn dal centro urbano, 20 - 30 Km da zone industriali, da utilizzare come riferimento naturale. Metodo di prelievo dei campioni. Si prelevano circa 500 g di foglie (staccare i rametti) avendo cura di escludere i germogli; la scelta degli esemplari da campionare deve cadere su quelli che hanno la parte inferiore della chioma ad un’altezza compresa tra i due e i tre metri. Il prelievo va eseguito sulla parte esterna della chioma, lungo tutta la circonferenza; l’identica procedura va seguita sia. per la parte bassa che per la parte alta dell’esemplare campionato. Si effettua il rilievo fotografico dell’esemplare campionato e si annotano i dati che ne rendono possibile 1’ identificazione (via, piazza., corrispondenza al numero civico più vicino, lato della strada). I campioni prelevati si inseriscono in due buste di politene, una per quello relativo alla parte alta e l’altra per quello relativo alla parte bassa. Trattamento dei campioni In laboratorio i rametti devono essere sottoposti ad un energico getto di gas inerte (azoto ) o di aria compressa per asportare il particolato aderente all’esterno delle foglie, quindi, usando guanti di plastica, si raccolgono circa 200 g di foglie, si essiccano in stufa a 95 °C fino a peso costante. Conservazione dei campioni. I campioni essiccati si inseriscono in buste di politene nuove che vengono chiuse ermeticamente. Analisi dei campioni Negli anni precedenti a quello in corso, i campioni sono stati inviati ai laboratori dell’INFN (Istituto Nazionale per la Fisica Nucleare) di Frascati, dove sono stati sottoposti ad attivazione neutronica per la determinazione dei metalli pesanti eventualmente presenti.