• allo stato bloccato: - una tensione diretta massima ammessa. I transistori di potenza utilizzati in variazione di velocità possono funzionare a frequenze di qualche kilohertz. L’IGBT (C Fig.16e) È un transistore di potenza comandato da una tensione applicata ad un elettrodo chiamata griglia o « gate » isolata dal circuito di potenza, da cui il nome « Insulated Gate Bipolar Transistor ». Questo componente richiede delle energie minime per far circolare delle correnti elevate. Viene oggi utilizzato in interruttore ON/OFF nella maggior parte dei convertitori di frequenza fino a potenze elevate (dell’ordine di MW). A Fig. 16e L Le sue caratteristiche tensione corrente sono simili a quelle dei transistori bipolari, ma le sue prestazioni in energia di comando e frequenza di commutazione sono nettamente superiori a tutti gli altri semi-conduttori. Le caratteristiche degli IGBT progrediscono molto rapidamente; attualmente sono disponibili dei componenti alta tensione (> 3 kV) e correnti elevate (diverse centinaia di Ampere). Il transistore IGBT presenta le seguenti caratteristiche principali: • una tensione di comando: - che consente la messa in conduzione e il bloccaggio del componente. • allo stato passante: - una caduta di tensione composta da una tensione di soglia e da una resistenza interna, - una corrente massima permanente ammessa. • allo stato bloccato: - una tensione diretta massima ammessa. I transistori IGBT utilizzati in variazione di velocità possono funzionare a frequenze di qualche decine di kilohertz. Il transistore MOS (C Fig.16f) Questo componente funziona in modo diverso dai precedenti, mediante modifica del campo elettrico in un semi-conduttore ottenuta polarizzando una griglia isolata da cui il nome MOS che stà per Metal Oxide Semiconductor. Il suo impiego in variazione di velocità è limitato agli utilizzi a bassa tensione (variatori di velocità alimentati tramite batteria) o bassa potenza, poiché la superficie di silicio necessaria all’ottenimento di una tensione di bloccaggio elevata con una caduta di tensione non importante allo stato passante non è realizzabile dal punto di vista economico. A Fig. 16f L Il transistore MOS ha le seguenti caratteristiche principali: • una tensione di comando: - che consente la messa in conduzione e il bloccaggio del componente. • allo stato passante: - una resistenza interna, - una corrente massima permanente ammessa. • allo stato bloccato: - una tensione diretta massima ammessa (che può superare i 1000 V). I transistori MOS utilizzati in variazione di velocità possono funzionare a frequenze di alcune centinaia di kilohertz. Sono d’impiego quasi universale negli alimentatori switching, sotto forma di componenti discreti o di ciruito integrato comprendente la potenza (MOS) e i circuiti di comando e regolazione. Schneider Electric 113 5 Partenze-motore 5.6 5.7 Composizione, componenti degli avviatori e variatori elettronici Variatore-regolatore per motore a corrente continua L’IPM (Intelligent Power Module) Non è proprio un semi-conduttore, ma un assemblaggio (C Fig.17) che raggruppa un ponte ondulatore a transistori di potenza IGBT e la loro elettronica di comando basso livello. A Fig. 17 LModulo IPM (Intelligent Power Module) Sono contenuti nella stessa cassetta compatta: - 7 componenti IGBT, di cui sei per il ponte ondulatore e uno per la frenatura, - i circuiti di comando degli IGBT, - 7 diodi di potenza di ruota libera associati agli IGBT per consentire la circolazione di corrente, - le protezioni contro i cortocircuiti, le sovracorrenti e il superamento dei limiti di temperatura, - l’isolamento galvanico di questo modulo. Il ponte raddrizzatore a diodi è spesso integrato a questo stesso modulo. Questo assemblaggio consente di gestire nel miglior modo possibile i vincoli di cablaggio e di comando degli IGBT. 5.7 Variatore-regolatore per motore a corrente continua b Principio generale L’antenato dei variatori di velocità per motori a corrente continua è il gruppo Ward Leonard (C capitolo 3 Motori e carichi). Questo gruppo, composto da un motore di azionamento, generalmente asincrono e da un generatore a corrente continua a eccitazione variabile, alimenta uno o più motori a corrente continua. L’eccitazione è regolata da un dispositivo elettromeccanico (Amplidyne, Rototrol, Regulex) o da un sistema statico (amplificatore magnetico o regolatore elettronico). Questo dispositivo è stato oggi totalmente abbandonato a vantaggio dei variatori di velocità a semi-conduttori che realizzano in modo statico le stesse operazioni ma con prestazioni superiori. I variatori di velocità elettronici sono alimentati ad una tensione fissa a partire dalla rete alternata e forniscono al motore una tensione continua variabile. Un ponte di diodi o un ponte a tiristori, generalmente monofase, consente l’alimentazione del circuito di eccitazione. Il circuito di potenza è un raddrizzatore. Poichè la tensione da fornire deve essere variabile, questo raddrizzatore deve essere di tipo controllato, deve cioè comprendere componenti di potenza la cui conduzione può essere comandata (tiristori). La variazione della tensione di uscita si ottiene limitando più o meno il tempo di conduzione durante ogni semi-periodo. Più l'innesco del tiristore viene ritardato rispetto allo zero del semi-periodo, più il valore medio della tensione viene ridotto e, di conseguenza, la velocità del motore sarà più bassa (ricordiamo che lo spegnimento di un tiristore avviene automaticamente quando la corrente passa a zero). Per dei variatori di bassa potenza o dei variatori alimentati da una batteria di accumulatori, il circuito di potenza, talvolta costituito da transistori di potenza (chopper), fa variare la tensione continua di uscita regolando il tempo di conduzione. Questo modo di funzionamento è detto MLI (Modulazione a Larghezza d’Impulso). 114 Schneider Electric b Regolazione La regolazione consiste nel mantenere con precisione la velocità al valore impostato nonostante i disturbi (variazione della coppia resistente, della tensione di alimentazione, della tempertaura). Comunque, in fase di accelerazione o in caso di sovraccarico, l'intensità della corrente non deve raggiungere un valore tale da danneggiare il motore o il dispositivo di alimentazione. Un anello di regolazione interno al variatore mantiene la corrente ad un valore accettabile. Questo limite è accessibile per consentire la regolazione in funzione delle caratteristiche del motore. La velocità è fissata da un segnale, analogico o digitale, trasmesso tramite un bus di campo o da un altro dispositivo che fornisce una tensione immagine della velocità desiderata. Il riferimento può essere fisso o variare durante il ciclo di funzionamento della macchina azionata. Delle rampe di accelerazione e di decelerazione regolabili applicano in modo progressivo la tensione di riferimento corrispondente alla velocità desiderata. L’evoluzione di questa rampa può seguire tutte le forme volute. La regolazione delle rampe definisce la durata dell’accelerazione e del rallentamento. Ad anello chiuso la velocità reale viene misurata permanentemente da una dinamo tachimetrica o da un generatore di impulsi (C capitolo 6 Acquisizioni di dati) e confrontata con il riferimento. Se viene rilevato uno scarto, l'elettronica di controllo realizza una correzione della velocità. La gamma di velocità si estende da alcuni giri al minuto fino alla velocità massima. All’interno di questa gamma di variazione, si ottiene facilmente una precisione superiore all’1 % in regolazione analogica e superiore a 1 / 1 000 in regolazione digitale. Accumulando tutte le variazioni possibili (vuoto/carico, variazione di tensione, di temperatura, ecc...), la regolazione può anche essere effettuata a partire dalla misura della tensione del motore tenendo conto della corrente che lo attraversa. Le prestazioni sono in questo caso nettamente inferiori, sia nella gamma di velocità che nella precisione (qualche % tra marcia a vuoto e marcia in carico). b Inversione del senso di marcia e frenatura con recupero di energia Per invertire il senso di marcia, è necessario invertire la tensione dell’indotto mediante dei contattori (soluzione ormai abbandonata) o in statico mediante inversione della polarità di uscita del variatore di velocità o della polarità della corrente di eccitazione. Quest’ultima soluzione è molto rara data la costante di tempo dell’induttore. A Fig. 18 LSchema di un variatore con inversione di marcia e frenatura mediante recupero di energia per un motore a corrente continua Quando si desidera una frenatura controllata o il tipo di carico la impone (coppia di azionamento), è necessario rinviare l’energia alla rete. In fase di frenatura il variatore funziona come ondulatore, in altri termini la potenza che lo attraversa è negativa. I variatori in grado di effettuare i due tipi di funzionamento (inversione e frenatura mediante recupero di energia) sono dotati di due ponti collegati in antiparallelo (C Fig.18). Ciascuno dei due ponti consente di invertire la tensione, la corrente e il segno dell’energia che circola tra la rete e il carico. Schneider Electric 115 5 Partenze-motore 5.7 5.8 Variatore-regolatore per motore a corrente continua Convertitore di frequenza per motore asincrono b Modi di funzionamento possibili Il tipo di carico viene trattato in modo più dettagliato nel capitolo 3 Motori e carichi. Per quanto riguarda il funzionamento del motore a corrente continua, verrà trattato il funzionamento « a coppia costante » e il funzionamento a « potenza costante ». v Funzionamento detto a « coppia costante » Ad eccitazione costante, la velocità del motore dipende dalla tensione applicata all’indotto del motore. La variazione di velocità è possibile dall’arresto fino alla tensione nominale del motore scelta in funzione della tensione alternata d’alimentazione. La coppia motore è proporzionale alla corrente d’indotto e la coppia nominale della macchina può essere ottenuta in modo continuo a tutte le velocità. v Funzionamento detto a « potenza costante » Quando la macchina è alimentata alla sua tensione nominale è ancora possibile aumentare la sua velocità riducendo la corrente di eccitazione. Il variatore di velocità deve, in questo caso, comprendere un ponte raddrizzatore controllato che alimenta il circuito di eccitazione. La tensione d’indotto rimane allora fissa e uguale alla tensione nominale e la corrente di eccitazione viene regolata per ottenere la velocità desiderata. La potenza viene espressa con la formula: P=E.I ove E rappresenta la tensione di alimentazione, I rappresenta la corrente d’indotto. La potenza, per una data corrente d’indotto, è quindi costante sull’intera gamma di velocità, ma la velocità massima viene limitata da due parametri: - il limite meccanico legato all’indotto e in particolare la forza centrifuga massima supportabile dal collettore, - le possibilità di commutazione della macchina, generalmente più limitative. Il costruttore del motore deve quindi effettuare la scelta più corretta, soprattutto in funzione della gamma di velocità a potenza costante. 5.8 Convertitore di frequenza per motore asincrono Il variatore di velocità per motore asincrono riprende gli stessi principi base del variatore per motore a corrente continua. La comparsa sul mercato di variatori di velocità economici per motori asincroni è abbastanza recente. In Francia Telemecanique è stata una delle aziende pioniere del settore. L’evoluzione delle tecnologie ha permesso la realizzazione di variatori economici, affidabili e performanti. b Principio generale Il convertitore di frequenza, alimentato a tensione e frequenza fisse dalla rete, garantisce al motore, in funzione delle esigenze di velocità, la sua alimentazione a corrente alternata con tensione e frequenza variabili. Per alimentare correttamente un motore asincrono a coppia costante, qualsiasi sia la velocità, è necessario mantenere il flusso costante; perché questo si verifichi occorre che la tensione e la frequenza evolvano simultaneamente e nelle stesse proporzioni. 116 Schneider Electric b Composizione A Fig. 19 LSchema di principio di un convertitore di frequenza Il circuito di potenza è composto da un raddrizzatore e un convertitore che, a partire dalla tensione raddrizzata, produce una tensione di ampiezza e frequenza variabili (C Fig. 19). Per rispettare la direttiva CE e le norme associate, a monte del ponte raddrizzatore viene posizionato un filtro «rete». v Il raddrizzatore Il raddrizzatore è generalmente dotato di un ponte raddrizzatore a diodi e di un circuito di filtraggio costituito da uno o più condensatori in funzione della potenza. Un circuito di limitazione controlla la corrente alla messa sotto tensione del variatore. Alcuni convertitori utilizzano un ponte a tiristori per limitare la corrente di spunto dei condensatori di filtraggio, caricati ad un valore più o meno uguale al valore cresta della sinusoide rete (circa 560 V in 400 V trifase). Malgrado la presenza di circuiti di scarica, i condensatori potrebbero conservare una tensione pericolosa in assenza della tensione rete. Un intervento all’interno del prodotto può quindi essere effettuato esclusivamente da personale qualificato che ben conosce le precauzioni indispensabili da prendere (circuito di scarico aggiuntivo o conoscenza del tempo di attesa). v L’ondulatore Il ponte ondulatore, collegato a questi condensatori, utilizza sei semiconduttori di potenza (solitamente degli IGBT) e dei diodi di ruota libera associati. Questo tipo di variatore è destinato all'alimentazione dei motori asincroni a gabbia. L’Altivar di Telemecanique consente di creare una mini-rete elettrica a tensione e frequenza variabili in grado di alimentare un unico motore o diversi motori in parallelo. Comprende: - un raddrizzatore con condensatori di filtraggio, - un ondulatore a 6 IGBT e 6 diodi, - un chopper collegato ad una resistenza di frenatura (generalmente esterna al prodotto), - i circuiti di comando dei transistori IGBT, - un’unità di controllo organizzata intorno ad un microprocessore che garantisce il comando dell’ondulatore, - sensori interni per misurare la corrente motore, la tensione continua presente ai morsetti dei condensatori e in alcuni casi le tensioni presenti ai morsetti del ponte raddrizzatore e del motore oltre che tutte le grandezze necessarie al controllo e alla protezione dell’insieme moto-variatore, - un’alimentazione per i circuiti elettronici basso livello. L’alimentazione viene realizzata da un circuito a sezionamento collegato ai morsetti dei condensatori di filtraggio che utilizza la riserva di energia. In tal modo l’Altivar permette di evitare fluttuazioni della rete e brevi interruzioni della tensione, offrendo prestazioni interessanti in presenza di reti fortemente disturbate. b La variazione di velocità A Fig. 20 LLa modulazione di larghezza di impulsi La generazione di tensione di uscita si ottiene mediante modulazione della tensione raddrizzata attraverso impulsi la cui durata, quindi larghezza, viene modulata in modo tale che la corrente alternata risultante sia il più possibile sinusoidale (C Fig.20). Questa tecnica conosciuta con il nome di MLI (Modulazione a Larghezza d’Impulsi o PWM in inglese) condiziona la rotazione regolare a bassa velocità e limita i riscaldamenti. La frequenza di modulazione è un compromesso: deve essere sufficientemente elevata per ridurre l’ondulazione di corrente e il rumore nel motore senza naturalmente aumentare le perdite nel ponte ondulatore e nei semi-conduttori. Due rampe regolano l'accelerazione e il rallentamento. Schneider Electric 117 5 Partenze-motore 5.8 Convertitore di frequenza per motore asincrono b Le protezioni integrate Il variatore è autoprotetto e a sua volta protegge il motore contro i riscaldamenti eccessivi, bloccandosi fino al ripristino di una temperatura accettabile. Lo stesso vale per tutti i disturbi o le anomalie che possono alterare il funzionamento dell’insieme, quali sovratensioni, sottotensioni, assenze di fase in ingresso o uscita. Alcuni modelli di variatore integrano in un unico modulo IPM (Intelligent Power Module) il raddrizzatore, l’ondulatore, il chopper, il comando e le protezioni contro i cortocircuiti. b Legge di comando del motore asincrono I variatori di velocità per motori asincroni di prima generazione utilizzavano il comando scalare o V/Hz, che dal punto di vista economico rappresentava l’unica possibilità realizzabile. La comparsa dei microprocessori con le loro notevoli potenze di calcolo ha permesso il passaggio al controllo vettoriale, molto più performante. I costruttori di variatori propongono oggi sulla maggior parte dei loro prodotti il controllo scalare, il controllo vettoriale senza sensore e, su alcuni modelli il controllo vettoriale con sensore. v Funzionamento in U/f In questo tipo di funzionamento il riferimento velocità impone una frequenza all’ondulatore e di conseguenza al motore, determinando la velocità di rotazione. La tensione d’alimentazione è in relazione diretta con la frequenza. Questo funzionamento viene spesso chiamato funzionamento a U/f costante o funzionamento scalare. Se non viene effettuata nessuna compensazione, la velocità reale varia con il carico e in questo modo la gamma di funzionamento e le prestazioni vengono limitate. Una compensazione sommaria può essere utilizzata per tener conto dell’impedenza interna del motore e limitare la caduta di velocità in carico. v Controllo vettoriale di flusso senza trasduttore Grazie all’elettronica di comando che utilizza il controllo vettoriale di flusso o CVF (CFig.21) le prestazioni aumentano notevolmente. A Fig. 21 118 LSchema di principio di un variatore a controllo vettoriale di flusso Schneider Electric Quasi tutti i variatori moderni integrano questa funzione di base. Nella maggior parte delle applicazioni, l’impostazione o la valutazione dei parametri della macchina consente di fare a meno del sensore di velocità. In questo caso un motore standard può essere utilizzato con la limitazione usuale del funzionamento prolungato a bassa velocità. Il variatore elabora le informazioni a partire dalle grandezze misurate ai morsetti della macchina (tensione e corrente). Questo modo di controllo offre prestazioni accettabili senza aumentare i costi. Per ottenere tali prestazioni è necessario conoscere alcuni parametri della macchina. Alla messa in servizio l’operatore deve inserire nei parametri di regolazione del variatore le caratteristiche indicate sulla targa motore: UNS: tensione nominale motore, FRS: frequenza nominale statore, NCR: corrente nominale statore, NSP: velocità nominale, COS: coseno motore. Queste sigle vengono utilizzate dai variatori Altivar di Telemecanique. A partire da questi valori il variatore calcola le caratteristiche del rotore: Lm, Tr. (Lm: induttanza magnetizzante, Tr: momento della coppia). Alla messa sotto tensione un variatore con controllo vettoriale di flusso senza sensore (tipo ATV71 di Telemecanique) esegue un’autoregolazione che gli consente di determinare i parametri statorici Rs, Lf. Questa misura può essere effettuata con motore collegato alla meccanica. La durata varia in funzione della potenza motore (da 1 a 10 s). Questi valori vengono memorizzati e consentono al prodotto di elaborare le leggi di comando. L’oscillogramma della Fig. 22 rappresenta la messa in velocità di un motore alla sua coppia nominale alimentato da un variatore senza sensore. Si noterà la linearità della messa in velocità e la rapidità di ottenimento della coppia nominale (meno di 0.2 s). La velocità nominale si ottiene in 0.8 secondi. A Fig. 22 LCaratteristiche di un motore alla sua messa sotto tensione mediante un variatore con controllo vettoriale di flusso senza sensore (tipo ATV71 – Telemecanique) Schneider Electric 119 5 Partenze-motore 5.8 Convertitore di frequenza per motore asincrono v Variatore con controllo vettoriale di flusso ad anello chiuso con trasduttore Il controllo vettoriale di flusso ad anello chiuso con trasduttore è un’altra possibilità. Questa soluzione ricorre alla trasformata di Park e consente di controllare indipendentemente la corrente (Id) garantendo il flusso nella macchina e la corrente (Iq) garantendo la coppia (uguale al prodotto Id, Iq). Il comando del motore è analogo a quello di un motore a corrente continua. Questa soluzione (C Fig.23) garantisce la risposta alle applicazioni esigenti: forte dinamica durante i transitori, precisione di velocità, coppia nominale all’arresto. A Fig. 23 LSchema di principio di un variatore con controllo vettoriale di flusso con trasduttore La coppia massima transitoria è pari a 2 o 3 volte la coppia nominale a seconda del tipo di motore. A Fig. 24 LOscillogramma della messa in velocità di un motore, caricato alla sua coppia nominale alimentato mediante un variatore con controllo vettoriale di flusso (tipo ATV71 – Telemecanique). Inoltre, la velocità massima raggiunge spesso il doppio della velocità nominale, o di più se il motore lo permette dal punto di vista meccanico. Questo tipo di controllo consente anche delle bande passanti molto elevate e delle prestazioni paragonabili e anche superiori a quelle dei migliori variatori a corrente continua. In compenso, il motore utilizzato non è di costruzione standard per la presenza di un encoder ed eventualmente di una ventilazione forzata. L’oscillogramma della Fig. 24 rappresenta la messa in velocità di un motore caricato alla sua coppia nominale, alimentato mediante un variatore con controllo vettoriale di flusso con trasduttore. La scala dei tempi è di 0.1 s per divisione. Rispetto allo stesso prodotto senza sensore, l’aumento delle prestazioni è sensibile. La coppia nominale si stabilisce in 80 ms e il tempo di salita in velocità, nelle stesse condizioni di carico, è di 0.5 secondi. In conclusione, la tabella della Fig. 25 mette a confronto le rispettive prestazioni di un variatore nelle tre configurazioni possibili. b Inversione del senso di marcia e frenatura A Fig. 25 120 LPrestazioni rispettive di un variatore nelle tre configurazioni possibili (tipo ATV71 – Telemecanique) Per invertire il senso di marcia, un ordine esterno (su un ingresso dedicato a questo effetto, oppure per un segnale che circola su un bus di comunicazione) genera l’inversione nell’ordine di funzionamento dei componenti dell’ondulatore, quindi del senso di rotazione del motore. Schneider Electric Sono possibili diversi funzionamenti. v 1° caso: inversione immediata del senso di comando dei semiconduttori Se il motore è sempre in rotazione al momento dell’inversione del senso di marcia, si avrà uno scorrimento importante e la corrente nel variatore sarà uguale alla soglia massima ammessa (limitazione interna). La coppia di frenatura è debole a causa del forte scorrimento e la regolazione interna riporta il riferimento di velocità ad un valore basso. Quando il motore raggiunge la velocità nulla, si avrà l’inversione della velocità secondo la rampa. L’eccesso di energia non assorbita dalla coppia resistente e dagli attriti viene dissipata nel rotore. v 2° caso: inversione del senso di comando dei semiconduttori preceduta da una decelerazione con o senza rampa Se la coppia resistente della macchina è tale che la decelerazione naturale è più rapida della rampa fissata dal variatore, quest’ultimo continuerà a fornire energia al motore. La velocità diminuisce progressivamente e si inverte. Se la coppia resistente della macchina è tale da avere una decelerazione naturale più lenta della rampa fissata dal variatore, il motore si comporterà come un generatore ipersincrono e restituirà energia al variatore. Tuttavia, dal momento che la presenza del ponte di diodi impedisce il rinvio di energia verso la rete, i condensatori di filtraggio si caricano, la tensione aumenta e il variatore si blocca. Per evitare questo è necessario disporre di una resistenza collegata ai morsetti dei condensatori mediante un chopper in modo da limitare la tensione ad un valore accettabile. La coppia di frenatura sarà limitata solo più dalle capacità del variatore di velocità: la velocità diminuisce progres-sivamente e s’inverte. Per questo tipo di funzionamento il costruttore del variatore fornisce delle resistenze di frenatura dimensionate in funzione della potenza del motore e delle energie da dissipare. Poiché nella maggior parte dei casi il chopper è incluso di base nel variatore, solo la presenza di una resistenza di frenatura distingue un variatore in grado di garantire una frenatura controllata. Questo modo di frenatura quindi risulta essere particolarmente economico. Questo tipo di funzionamento consente di rallentare un motore fino all’arresto senza necessariamente invertire il senso di rotazione. v 3° caso: funzionamento prolungato in frenatura Un caso tipo di applicazione è rappresentato dai banchi di prova per motori. Essendo impossibile ipotizzare la dissipazione dell’energia così prodotta nelle resistenze, il bilancio energetico sarebbe inaccettabile e la dissipazione delle calorie problematica. La maggior parte dei costruttori propone della associazioni che consentono di restituire alla rete l’energia recuparata. Generalmente il ponte di diodi collegato alla rete viene sostituito da un ponte di semiconduttori controllati composto da IGBT. La restituzione, con un comando MLI adatto, avviene nella maggior parte dei casi sotto forma di corrente sinusoidale. v Altre possibilità di frenatura Una frenatura economica può essere facilmente realizzata facendo funzionare l’uscita del variatore come chopper con iniezione di corrente continua negli avvolgimenti. La coppia di frenatura non è controllata. Si tratta di un metodo poco efficace soprattutto a grande velocità, che non assicura il controllo della rampa di decelerazione. Tuttavia è una soluzione pratica per diminuire il tempo di arresto naturale della macchina. Poiché l’energia viene dissipata nel rotore questo tipo di funzionamento è, per natura, occasionale. Schneider Electric 121 5 Partenze-motore 5.8 Convertitore di frequenza per motore asincrono b I modi di funzionamento possibili v Funzionamento detto a « coppia costante » Finchè la tensione fornita dal variatore può evolvere e nella misura in cui il flusso nella macchina è costante (rapporto U/f costante o meglio ancora con controllo vettoriale di flusso), la coppia motore sarà grosso modo proporzionale alla corrente e la coppia nominale della macchina potrà essere ottenuta sull’intera gamma di velocità (C Fig.26a). A Fig. 26a LCoppia di un motore asincrono a carico costante alimentato da un convertitore di frequenza [a] – zona di funzionamento a coppia costante, [b] – zona di funzionamento a potenza costante Tuttavia il funzionamento prolungato alla coppia nominale a bassa velocità è possibile solo se è prevista una ventilazione forzata del motore che richiede quindi un motore speciale. I variatori moderni dispongono di circuiti di protezione che stabiliscono un’immagine termica del motore in funzione della corrente, dei cicli di funzionamento e della velocità di rotazione: la protezione del motore è quindi garantita. v Funzionamento detto a « potenza costante » Quando la macchina è alimentata a tensione nominale è ancora possibile aumentarne la velocità alimentandola ad una frequenza superiore a quella della rete di distribuzione. Tuttavia, dal momento che la tensione di uscita del convertitore non può superare quella della rete, la coppia disponibile si abbassa in modo inversamente proporzionale all’aumentare della velocità (C Fig.26b). Al di sopra della velocità nominale, il motore non funziona più a coppia costante, ma a potenza costante (P = Cω), fino a quando la caratteristica nominale del motore lo consente. La velocità massima è limitata da due parametri: - il limite meccanico legato al rotore, - la riserva di coppia disponibile. A Fig. 26b 122 LCoppia di un motore asincrono a carico costante alimentato da un convertitore di frequenza [a] – zona di funzionamento a coppia costante, [b] – zona di funzionamento a potenza costante Per una macchina asincrona alimentata a tensione costante, dal momento che la coppia massima varia con il quadrato della velocità (C capitolo 3 Motori e carichi), il funzionamento a « potenza costante » è possibile solo all’interno di una gamma limitata di velocità determinata dalla caratteristica di coppia della macchina. Schneider Electric 5.9 5.9 Variatore di tensione per motore asincrono Variatore di tensione per motore asincrono b Storia e presentazione Questo dispositivo di variazione della tensione (C Fig.27) utilizzabile per l’illuminazione e il riscaldamento non viene praticamente più utilizzato come variatore di velocità. Nel passato questa soluzione veniva utilizzata con motori asincroni a gabbia resistente o ad anelli. Il modo di funzionamento è riportato nella Fig. 28. Si può chiaramente vedere che una variazione di velocità è possibile facendo variare la tensione e in particolare con un motore a gabbia resistente. Questi motori asincroni sono nella maggior parte dei casi trifase, solo occasionalmente monofase per le piccole potenze (fino a 3 kW circa). Molto utilizzati in passato per alcune applicazioni quali la variazione di velocità dei piccoli ventilatori, i variatori di tensione sono quasi scomparsi a vantaggio dei più economici convertitori di frequenza. 5 A Fig. 27 LAvviatore di motori asincroni e forma della corrente d’alimentazione A Fig. 28 LCoppia disponibile di un motore asincrono alimentato a tensione variabile e il cui ricevitore presenta una coppia resistente parabolica (ventilatore) [a] – motore a gabbia di scoiattolo, [b] – motore a gabbia resistente Il variatore di tensione, chiamato anche soft starter, è universalmente utilizzato per l’avviamento dei motori. I motori asincroni sono nella maggior parte dei casi trifase, solo occasionalmente monofase per le piccole potenze (fino a 3 kW circa). Il variatore di tensione viene utilizzato come avviatore rallentatore progressivo se non è necessaria una coppia di avviamento elevata e consente di limitare lo spunto di corrente, la caduta di tensione che ne deriva e gli urti meccanici dovuti alla comparsa improvvisa della coppia. Tra le applicazioni più comuni citiamo l’avviamento delle pompe centrifughe e dei ventilatori, dei nastri trasportatori, delle scale mobili, degli impianti di lavaggio automobili (a tunnel), delle macchine dotate di cinghie, ecc... e in variazione di velocità sui motori di bassissima potenza o sui motori universali, come negli utensili elettrici portatili. Nel caso delle pompe la funzione rallentatore consente anche di eliminare i colpi di ariete. Sul mercato sono disponibili tre tipi di avviatori: ad una fase controllata nelle piccole potenze, a due fasi controllate (la terza è una connessione diretta), o con tutte le fasi controllate. I primi due sistemi sono adatti solo per cicli di funzionamento poco severi a causa dell’elevato tasso di armoniche. Schneider Electric 123 Partenze-motore 5.9 Variatore di tensione per motore asincrono b Principio generale Il gruppo di potenza comprende per ciascuna fase 2 tiristori montati in antiparallelo (C Fig. 28). La variazione di tensione si ottiene facendo variare il tempo di conduzione dei tiristori nel corso di ogni semi-periodo. Più l'istante di innesco viene ritardato, più il valore della tensione risultante sarà basso. L'innesco dei tiristori è gestito da un microprocesssore che garantisce anche le seguenti funzioni: - controllo delle rampe di aumento tensione e di diminuzione tensione regolabili; la rampa di decelerazione potrà essere seguita solo se il tempo di decelerazione naturale del sistema azionato è più lungo, - limitazione di corrente regolabile, - sovracoppia all’avviamento, - comando di frenatura con iniezione di corrente continua, - protezione del variatore contro i sovraccarichi, - protezione del motore contro i riscaldamenti dovuti ai sovraccarichi o agli avviamenti troppo frequenti, - rilevamento squilibri o assenze di fase, difetti tiristori. Un’unità di regolazione dei diversi parametri di funzionamento offre un valido aiuto alla messa in servizio, all'impiego e alla manutenzione. Alcuni variatori di tensione come l’Altistart (Telemecanique) possono comandare l’avviamento e il rallentamento - di un solo motore, - di più motori simultaneamente, entro i limiti del suo calibro, - di più motori in successione mediante commutazione. In regime stabilito, ogni motore viene alimentato direttamente dalla rete attraverso un contattore. Solo l’Altistart dispone di un dispositivo brevettato che consente una stima della coppia motore permettendo di effettuare accelerazioni e decelerazioni lineari e, se necessario, di limitare la coppia motore. b Inversione del senso di marcia e frenatura L’inversione del senso di marcia si effettua mediante inversione delle fasi d’ingresso dell’avviatore. La frenatura si effettua quindi in contro corrente e tutta l’energia viene dissipata nel rotore della macchina. Il funzionamento è quindi per natura intermittente. b Frenatura di rallentamento mediante iniezione di corrente continua Una frenatura economica è facilmente realizzabile facendo funzionare l’uscita dell’avviatore come raddrizzatore iniettando una corrente continua negli avvolgimenti. La coppia di frenatura non è controllata e la frenatura è poco efficace, soprattutto a grande velocità. Di conseguenza la rampa di decelerazione non è controllata. Si tratta di una soluzione pratica per diminuire il tempo di arresto naturale della macchina. Poichè l’energia viene dissipata nel rotore questo modo di funzionamento è occasionale. 124 Schneider Electric 5.10 Moto-variatori sincroni 5.10 Motovariatori sincroni b Principio generale I motovariatori sincroni (C Fig. 29) sono l’associazione di un convertitore di frequenza e di un motore sincrono a magneti permanenti dotato di un sensore. Questi servomotori vengono spesso chiamati « motori brushless ». Questi servomotori sono destinati a mercati specifici, come quello dei robot, dell’automazione o delle macchine-utensili, che richiedono volumi ridotti, accelerazioni rapide e una banda passante tesa. b Il motore Questo tipo di motore è presentato nel capitolo sui motori e quanto segue completa le informazioni per consentire al lettore di comprendere l’alimentazione con variatore di velocità. Il rotore del motore è dotato di magneti permanenti in neodimio e samario (terre rare) per ottenere un campo elevato in un volume ridotto. Lo statore comprende avvolgimenti trifase A, B, C (C Fig.30). A Fig. 29 LFotografia di un moto-variatore sincrono (Variatore Lexium + motore, Schneider Electric) A Fig. 30 LRappresentazione semplificata dello statore motore sincrono a magneti permanenti « motore brushless » Questo tipo di motori possono accettare correnti di sovraccarico importanti per realizzare accelerazioni molto rapide. Questo tipo di motori sono dotati di un sensore per indicare al variatore la posizione angolare dei poli del motore, al fine di garantire la commutazione degli avvolgimenti (C Fig.31). A Fig. 31 LRappresentazione semplificata di un motore sincrono a magneti permanenti « motore brushless » che illustra il sensore angolare di posizione del rotore Schneider Electric 125 5 Partenze-motore 5.10 Moto-variatori sincroni 5.11 Moto-variatori passo-passo b Il variatore Nella sua composizione il variatore è simile ad un convertitore di frequenza: funziona in modo analogo. È costituito da un raddrizzatore e da un ondulatore a transistor a modulazione di larghezza di impulsi (MLI) che fornisce una corrente di uscita di forma sinusoidale. È frequente trovare più variatori di questo tipo alimentati da una stessa sorgente di corrente continua. Su una macchina-utensile, ad esempio, ciascun variatore comanda uno dei motori associati agli assi della macchina. Una sorgente comune a corrente continua alimenta in parallelo il gruppo di variatori. Questo tipo di installazione consente di mettere a disposizione dell’insieme di variatori l’energia che verrebbe dalla frenatura di uno degli assi. Come nei convertitori di frequenza una resistenza di frenatura associata ad un chopper consente di smaltire l’energia di frenatura in eccesso. Le funzioni di asservimento dell’elettronica e le basse costanti di tempo meccaniche ed elettriche garantiscono accelerazioni e più in generale bande passanti molto elevate unite ad una grandissima dinamica di velocità. 5.11 Motovariatori passo-passo b Principio generale Il motovariatore passo-passo, progettualmente simile ad un convertitore di frequenza, è un apparecchio che associa l’elettronica di potenza ad un motore passo-passo. Funzionano ad anello aperto (senza trasduttore) e sono adatti alle applicazioni di posizionamento. b Il motore Il motore può essere a riluttanza variabile (VR(), a magneti permanenti o combinare le due soluzioni (C per informazioni dettagliate, capitolo 3 Motori e carichi). b Il variatore Nella composizione il variatore è analogo ad un convertitore di frequenza (raddrizzatore, filtraggio e ponte costituito da semiconduttori di potenza). Lo stadio di uscita alimenta le bobine del motore passo-passo, come nell’esempio della Fig. 32 per un motore passo-passo bipolare. Tuttavia il suo funzionamento è fondamentalmente diverso nella misura in cui l’obiettivo è iniettare una corrente costante negli avvolgimenti. A Fig. 32 126 LSchema di principio di un variatore per motore bipolare passo-passo Schneider Electric 5.11 Moto-variatori passo-passo 5.12 Le funzioni complementari dei variatori di velocità Talvolta ricorre alla modulazione a larghezza d’impulsi (MLI) per ottenere migliori prestazioni, soprattutto nei tempi di salita della corrente (C Fig.33), permettendo in tal modo di estendere la gamma di funzionamento. Il funzionamento (C Fig.34) a micropassi, già citato nel capitolo 3 Motori e carichi, consente di moltiplicare artificialmente il numero di posizioni possibili del rotore creando degli stadi successivi nelle bobine, per ciascuna sequenza. Le correnti in entrambe le bobine sembreranno quindi due correnti alternate sfasate di 90°. A Fig. 33 LAndatura della corrente risultante di un comando a MLI 5 A Fig. 34 LDiagramma, curve di corrente e principio di gradi per un comando a micropassi di un moto-variatore passo-passo Il campo risultante è la composizione vettoriale dei campi creati dalle due bobine. Il rotore assume così tutte le posizioni intermedie possibili. Lo schema rappresenta le correnti di alimentazione delle bobine B1 e B2 e le posizioni del rotore sono rappresentate dal vettore. 5.12 Le funzioni complementari dei variatori di velocità b Le possibilità di dialogo Per poter assicurare un funzionamento corretto del motore, i variatori integrano un certo numero di sensori per il controllo della tensione, delle correnti e dello stato termico del motore. Questi dati, indispensabili per il variatore, possono essere utili per l’utilizzo. Grazie ai progressi tecnologici e ai bus di campo I variatori e gli avviatori più recenti integrano funzioni di dialogo avanzate. Consentono quindi la generazione di informazioni utilizzabili da un controllore programmabile e da un supervisore per il comando della macchina; le informazioni di controllo vengono fornite dal controllore programmabile attraverso lo stesso canale. La funzione di dialogo mette a disposizione le seguenti informazioni: - impostazioni di velocità, - ordini di marcia o di arresto, - regolazioni iniziali del variatore o modifiche delle regolazioni con motore in funzione, - stato del variatore (marcia, arresto, sovraccarico, difetto), - allarmi, - stato del motore (velocità, coppia, corrente, temperatura). Schneider Electric 127 Partenze-motore 5.12 Le funzioni complementari dei variatori di velocità Le funzioni di dialogo vengono utilizzate anche in collegamento con un PC per semplificare le regolazioni all’avviamento (telecaricamento) o per l’archiviazione delle regolazioni iniziali. b Le funzioni integrate Per assicurare un gran numero di applicazioni i variatori dispongono di diversi parametri di regolazione quali: - i tempi delle rampe di accelerazione e di decelerazione, - la forma delle rampe (lineari, a S, a U o configurabili), - le commutazioni di rampe che permettono di ottenere due rampe di accelerazione o di decelerazione per consentire ad esempio un accostamento in dolcezza, - la riduzione della coppia massima comandata da un ingresso logico o da un’impostazione, - la marcia passo-passo, - la gestione del comando di un freno per le applicazioni di sollevamento, - la scelta di velocità preselezionate, - la presenza di ingressi sommatori che consentono di sommare le impostazioni di velocità, - la commutazione dei riferimenti presenti all’ingresso del variatore, - la presenza di un regolatore PI per gli asservimenti semplici (velocità o portata ad esempio), - l’arresto automatico in seguito ad un’interruzione rete che permette la frenatura del motore, - il recupero automatico con ricerca della velocità del motore per una ripresa al volo, - la protezione termica del motore a partire da un’immagine generata nel variatore, - la possibilità di collegamento di sonde PTC integrate al motore, - l’occultazione di frequenza di risonanza della macchina (la velocità critica viene occultata in modo che il funzionamento permanente a quella frequenza sia reso impossibile), - il blocco temporizzato a bassa velocità nelle applicazioni di pompaggio in cui il fluido partecipa alla lubrificazione della pompa ed evita il grippaggio. Sui modelli più sofisticati di variatori quali l’ATV61 - ATV71 di Telemecanique queste funzioni sono spesso funzioni base. b Le schede opzionali Per le applicazioni più complesse i costruttori offrono delle schede opzionali che consentono di realizzare funzioni specifiche, quali ad esempio il controllo vettoriale di flusso con sensore, oppure schede dedicate ad una funzione specifica. Sono ad esempio disponibili: - schede « commutazione di pompe » per realizzare in modo economico una stazione di pompaggio con un solo variatore che alimenta in successione più motori, - schede « multimotori », - schede « multiparametri» che consentono la commutazione automatica dei parametri predefiniti nel variatore, - schede personalizzate sviluppate su specifica richiesta del Cliente. Alcuni costruttori propongono anche delle schede controllore integrate al variatore per le applicazioni semplici. L’operatore dispone quindi di istruzioni di programmazione e di I/O per la realizzazione di piccoli sistemi di automazione che non giustificano la presenza di un controllore programmabile. 128 Schneider Electric 5.13 I variatori di velocità e il bilancio energetico 5.13 I variatori di velocità e il bilancio energetico b Fattore di sfasamento v Nota Il fattore di sfasamento o coseno ϕ è il coseno dell’angolo di sfasamento della corrente rispetto alla tensione. Il fattore di sfasamento ha significato solo per tensioni e correnti sinusoidali della stessa frequenza. Se la corrente prelevata alla sorgente presenta delle armoniche, come accade per la maggior parte dei variatori di velocità, il fattore di potenza sarà per definizione lo sfasamento della fondamentale (o prima armonica) della corrente rispetto alla fondamentale della tensione d’alimentazione. v 1° caso: il circuito d’ingresso composto da semiconduttori comandati tipo tiristore (es. variatore per motore a corrente continua) Il fattore di sfasamento è all’incirca uguale al coseno dell’angolo di ritardo all’innesco. In altri termini se la tensione di uscita è bassa (bassa velocità), il coseno ϕ è basso. Se la tensione di uscita è elevata (velocità elevata) il coseno ϕ si avvicina all’unità. Il coseno ϕ diventa negativo se il variatore restituisce energia alla rete nel caso di variatore reversibile. v 2° caso: ponte di diodi composto da diodi (es. convertitore di frequenza per motore asincrono) La componente fondamentale della corrente è quasi in fase con la tensione d’alimentazione e il coseno ϕ è vicino a 1. v 3° caso: circuito d’ingresso composto da semiconduttori comandati tipo IGBT Questa soluzione viene utilizzata per prelevare corrente sinusoidale. Con un comando MLI appropriato, il coseno ϕ è pari o vicino a 1. Un convertitore di frequenza associato ad un motore asincrono ha un miglior fattore di sfasamento rispetto al motore stesso. Infatti il ponte di diodi di cui generalmente è dotato questo tipo di convertitore ha un fattore di sfasamento vicino a 1. Sono i condensatori di filtraggio integrati nel variatore che fungono da « riserva » di energia reattiva. b Fattore di potenza v Nota Il fattore di potenza è il rapporto tra la potenza apparente S e la potenza attiva P. Fp = P/S La potenza attiva P è il prodotto della tensione fondamentale per la corrente fondamentale e il coseno ϕ P = U x I x coseno ϕ La potenza apparente S è uguale al prodotto del valore efficace della tensione per il valore efficace della corrente. Se la tensione e la corrente sono deformate sarà necessario effettuare la somma quadratica dei valori efficaci di ciascun ordine. Se l’impedenza della rete è bassa (come si verifica generalmente), la tensione d’alimentazione sarà vicina alla sinusoide. In compenso la corrente assorbita dai semiconduttori è ricca in armoniche, tanto più ricca quanto più bassa sarà l’impedenza della rete. Il valore efficace della corrente viene espresso con la seguente formula: Ieff = (I1_ + I2_+ I3_+ …… In_) 0.5 E la potenza apparente S con: oppure: Schneider Electric S= Veff x Ieff S = V x Ieff 129 5 Partenze-motore 5.13 I variatori di velocità e il bilancio energetico Un basso rapporto P/S denota una rete di alimentazione sovraccarica per la presenza di armoniche, con rischi di riscaldamento dei conduttori che dovranno quindi essere dimensionati di conseguenza. v 1° caso: circuito d’ingresso composto da semiconduttori comandati tipo tiristore (es. variatore per motore a corrente continua) Il prelievo di corrente è più o meno quadrato. Il fattore di potenza è basso con una bassa tensione di uscita e migliora con l’aumentare della tensione di uscita per raggiungere il valore di 0.7 circa. v 2° caso: ponte di diodi composto da diodi (es. convertitore di A Fig. 35 LForme della corrente assorbita un variatore di velocità da frequenza per motore asincrono) La corrente prelevata è ricca di armoniche (C Fig.35) e il fattore di potenza è basso qualsiasi sia la velocità del motore. Questo fenomeno può essere sopportato dai piccoli variatori ma diventa penalizzante con l’aumentare delle potenze. Per ridurre questo problema diventa indispensabile installare delle induttanze di linea e delle induttanze nei circuiti dell’alimentazione continua, in serie con i condensatori di filtraggio. Si otterrà quindi un’attenuazione dell’ampiezza delle armoniche e il miglioramento del fattore di potenza. I convertitori di frequenza che utilizzano un ponte di diodi, senza induttanza di linea o induttanza nel circuito continuo hanno un fattore di potenza dell’ordine di 0.5. v 3° caso: circuito d’ingresso composto da semiconduttori comandati tipo IGBT Questa soluzione viene utilizzata per prelevare corrente sinusoidale. Con un comando MLI adatto. Permette di ottenere una corrente vicina alla sinusoide e un fattore di potenza ottimale quasi uguale al fattore di sfasamento e vicino all’unità (C Fig.36). Il costo elevato di questa soluzione spiega la sua limitata diffusione nell’offerta dei costruttori. b Rendimento v Perdite nel convertitore Le perdite nei convertitori sono associate ai semiconduttori da cui sono composti. La perdite di energia nei semiconduttori sono di due tipi: - perdite per conduzione dovute alla tensione residua nell’ordine del volt, - le perdite per commutazione legate alla frequenza di commutazione. A Fig. 36 LPrelievo sinusoidale I semiconduttori con tempi di commutazione rapidi presentano le perdite di commutazione più basse, come nel caso degli IGBT che consentono frequenze di commutazione elevate. Di conseguenza i convertitori presentano rendimenti eccellenti superiori al 90%. v Perdite nel motore I motori associati ai convertitori vedono aumentare le loro perdite a causa della commutazione della tensione applicata. Tuttavia dal momento che la frequenza di commutazione è elevata la corrente assorbita è quasi sinusoidale (C Fig. 37) e le perdite supplementari possono essere considerate insignificanti. A Fig. 37 130 LAndatura della corrente motore Schneider Electric 5.14 I variatori di velocità e il risparmio energetico e di manutenzione 5.14 I variatori di velocità e il risparmio energetico e di manutenzione b Scelta del motore I convertitori di frequenza possono alimentare motori standard senza particolari precauzioni, se non il declassamento a bassa velocità nel caso di motori autoventilati. Tuttavia sarà sempre preferibile scegliere il motore con il miglior rendimento e il più alto cos ϕ. Per le basse potenze un motovariatore sincrono può essere una scelta intelligente per il rendimento superiore di questa associazione. La differenza del prezzo di acquisto viene infatti rapidamente ammortizzata. b Tipo di carico I convertitori di frequenza sono la soluzione migliore per la regolazione di portata delle pompe e dei ventilatori in ragione della caratteristica di coppia di questi carichi (C capitolo 3 Motori e carichi). L’utilizzo di variatori di velocità, per funzionamenti ON/OFF o sistemi di regolazione che utilizzano valvole, saracinesche o alette, permette un risparmio energetico notevole. La documentazione dei costruttori fornisce esempi di calcolo di risparmio energetico che consentono di valutare il ritorno sull’investimento. Questo risparmio può essere valutato solo conoscendo perfettamente l’applicazione; gli specialisti dei costruttori sono in grado di guidare l’utente nella scelta. b Riduzione delle operazioni di manutenzione I convertitori di frequenza e gli avviatori elettronici (C capitolo 4 Avviamento dei motori) effettuano un avviamento progressivo che elimina i limiti meccanici imposti alla macchina che può in questo modo essere ottimizzata direttamente in fase di progettazione. Nei comandi multimotore (ad es. una stazione di pompaggio) la gestione appropriata dei motori permette di equilibrare le ore di funzionamento di ciascun motore e di aumentare la disponibilità e la durata dell’installazione. b Conclusione Dal momento che la scelta di un variatore di velocità è profondamente legata al tipo di carico azionato e alle prestazioni desiderate, la ricerca e la definizione di un variatore devono passare attraverso l’analisi delle esigenze funzionali dell’apparecchioe e quindi delle prestazioni richieste per il motore stesso. Nella documentazione dei produttori di variatori di velocità vengono anche indicati parametri quali coppia costante, coppia variabile, potenza costante, controllo vettoriale di flusso, variatore reversibile, ecc... Queste indicazioni caratterizzano tutti i dati necessari per una corretta scelta del variatore più adatto. Una scelta non corretta del variatore può portare ad un funzionamento deludente. Allo stesso modo occorre tener conto della gamma di velocità desiderata per una corretta scelta dell’associazione motore/variatore. Si consiglia di rivolgersi ai servizi di assistenza specializzati dei costruttori con tutti i dati necessari a selezionare il variatore che possa garantire il miglior rapporto prezzo/prestazioni. Schneider Electric 131 5 Partenze-motore 5.15 Prodotto 5.15 Tabella di scelta delle partenze-motore Tabella di scelta delle partenze-motore Contattore Avviatore progressivo Variatore velocità Relè termico Protezioni complementari Porta fusibili Funzione Sezionamento Interruzione Protezione cortocircuiti Sovraccarico Funzioni complementari Commutazione (ON/OFF, 2V, ∆) Commutazione a velocità variabile Commutazione a velocità variabile 132 Schneider Electric Interruttore Interruttore fusibili Interruttore autom. linea Interruttore autom. Avviatore magneto-termico controllore 6 134 chapitre capitolo Rilevamentode Acquisition dati données: rilevamento Presentazione: - Funzioni e tecnologie di rilevamento Présentation: - Tabella di scelta • Fonctions et des technologies de rilevamento • Tableau de choix Sommario 6. Rilevamento dati b 6.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 136 1 b 6.2 Finecorsa elettromecanici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 137 b 6.3 Interruttori di prossimità induttivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 138 b 6.4 Interruttori di prossimità capacitivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 140 b 6.5 Interruttori fotoelettrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 142 2 b 6.6 Interruttori ad ultrasuoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 144 b 6.7 Sistema di identificazione a radio frequenza RFID o Radio Frequency IDentification . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 146 3 b 6.8 Sistemi di visione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 149 b 6.9 Encoder optoelettronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 153 b 6.10 Pressostati e vacuostati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 158 4 b 6.11 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 161 b 6.12 Guida alla scelta delle diverse tecnologie . . . . . . . . . . . . . . . pagina 162 5 6 7 8 9 10 11 12 M Schneider Electric 135 Rilevamento dati A Fig. 1 6.1 Funzioni essenziali del rilevamento 6.1 Introduzione Il campo del rilevamento dati comprende due grandi famiglie di prodotti: i dispositivi di rilevamento, ovvero tutti i prodotti in grado di rilevare una soglia, un limite o di valutare una grandezza fisica e i dispositivi di misura, ovvero i prodotti che permettono di misurare con una data precisione una grandezza fisica. I rilevatori dedicati in modo specifico alla sicurezza delle macchine sono presentati nel capitolo Sicurezza. Il lettore interessato troverà un gran numero di pubblicazioni sulla sicurezza delle macchine ove vengono presentati tutti i rilevatori disponibili sul mercato. I dispositivi di rilevamento offrono tre funzioni fondamentali, come mostrato dalla Fig. 1. Introduzione b Il rilevamento: una funzione essenziale La funzione “ rilevamento ” è fondamentale perchè rappresenta la prima maglia della catena di misura e controllo di un processo industriale (C Fig.2 ). In un sistema automatico gli interruttori garantiscono infatti la raccolta delle informazioni riguardanti: A Fig. 2 - tutti gli eventi necessari al controllo per l’acquisizione da parte dei sistemi di comando, in base ad un programma predefinito, - la successione delle diverse fasi del processo di esecuzione del programma predefinito. Catena di informazioni di un sistema industriale b Le diverse funzioni del rilevamento Le esigenze di rilevamento sono svariate. Quelle più elementari sono le seguenti: - il controllo della presenza, dell’assenza o del posizionamento di un oggetto, - la verifica del passaggio, dello scorrimento o di un intasamento di oggetti mobili e del conteggio. Queste esigenze richiedono in genere semplici dispositivi “ ON/OFF”, ad esempio nelle applicazioni tipiche di rilevamento pezzi nelle catene di produzione o nelle attività di movimentazione, oltre che nel rilevamento di persone e di veicoli. Nelle applicazioni industriali vi sono poi altre esigenze più specifiche quali: - il rilevamento della pressione (o del livello) di un gas o di un liquido, - il rilevamento della forma, - il rilevamento della posizione (angolare, lineare), - il rilevamento di etichette, con lettura e scrittura di dati codificati. A queste si aggiungono numerose altre esigenze applicative che riguardano in modo più specifico le condizioni ambientali circostanti. Gli interruttori devono, in base alla condizione d’impiego, poter resistere: - all’umidità, o all’immersione (es: tenuta maggiorata), - alla corrosione (industrie chimiche o anche impianti agricoli,...), - a forti variazioni di temperatura (es. regioni tropicali), - a depositi di sporco di vario genere (all’esterno o nelle macchine), - ad atti di vandalismo, ecc... Per rispondere a tutte queste esigenze applicativi Telemecanique ha creato molti tipi di interruttori con tecnologie diverse. b Le diverse tecnologie degli interruttori I produttori di interruttori ricorrono a principi di misura fisica diversi; citiamo qui di seguito i principali: - meccanica (pressione, forza) per i finecorsa elettromeccanici, 136 Schneider Electric 6.1 6.2 Introduzione Finecorsa elettromeccanici - elettromagnetismo (campo, forza) per i rilevatori magnetici e gli interruttori di prossimità induttivi, - luce (potenza e deviazione luminosa) per le cellule fotoelettriche, - campo elettrico per gli interruttori di prossimità capacitivi, - acustica (tempo di percorso di un’onda) per gli interruttori ad ultrasuoni, - fluido (pressione) per i pressostati, - ottica (analisi d’immagine) per la visione. Questi principi di misura determinano vantaggi e limiti in ogni tipo di interruttore; per questo alcuni interruttori sono robusti ma richiedono un contatto con l’oggetto da rilevare, mentre altri possono essere installati in ambienti agressivi ma sono utilizzabili solo con pezzi in metallo. La presentazione delle diverse tecnologie nelle pagine che seguono ha lo scopo di facilitare la comprensione degli imperativi d’installazione e di utilizzo dei rilevatori disponibili sul mercato per i sistemi di automazione e le apparecchiature industriali. b Le funzioni aggiuntive degli interruttori Per facilitare l’impiego degli interruttori sono state sviluppate diverse funzioni, tra le quali l’auto-apprendimento. Questa funzione permette, con la semplice pressione di un tasto, di definire il campo di rilevamento effettivo del dispositivo; ad esempio, l’apprendimento molto preciso della portata minima e massima (soppressione primo piano e sfondo) nell’ordine di ± 6 mm per gli interruttori ad ultrasuoni e l’acquisizione dell’ambiente circostante per gli interruttori fotoelettrici. 6.2 I finecorsa elettromeccanici Il rilevamento avviene attraverso un contatto fisico (sensore o organo di comando) con un oggetto fisso o mobile. L’azionamento del dispositivo di comando provoca un cambiamento di stato del contatto elettrico. L’informazione viene trasmessa al sistema di elaborazione attraverso un contatto elettrico (ON/OFF). Questi dispositivi composti da dispositivo di comando e contatto elettrico sono chiamati finecorsa. Sono presenti in tutti i sistemi di automazione e sono impiegati nelle applicazioni più svariate grazie alla loro versatilità e ai numerosi vantaggi offerti dalla loro tecnologia. b Movimenti di rilevamento A Fig. 3 Illustrazione dei diversi movimenti dei rilevatori comunemente utilizzati Le teste di comando o dispositivi di azionamento sono disponibili con diversi tipi di comandp (C Fig.3 ) per consentire il rilevamento in più posizioni e adattarsi facilmente agli oggetti da rilevare: - movimento rettilineo, - movimento angolare, - movimento multidirezionale. b Modo di funzionamento dei contatti L’offerta dei costruttori è caratterizzata dalla tecnologia utilizzata per l’azionamento dei contatti. v Contatto ad intervento rapido La manovra dei contatti è caratterizzata da un fenomeno di isteresi, ovvero da punti di intervento e rilascio distinti (C Fig.4 ). A Fig. 4 Le diverse posizioni di un contatto ad intervento rapido La velocità degli spostamenti dei contatti mobili è indipendente dalla velocità del dispositivo di comando. Questa particolarità consente di ottenere prestazioni elettriche soddisfacenti anche in caso di bassa velocità di spostamento del dispositivo di comando. Schneider Electric 137 6 Rilevamento dati 6.2 6.3 Finecorsa elettromeccanici Interruttori di prossimità induttivi I finecorsa con contatti ad azione rapida utilizzano sempre più frequentemente contatti a manovra positiva di apertura. Un apparecchio è detto a manovra positiva di apertura quando “garantisce che tutti gli elementi di contatto ad apertura possano essere riportati con sicurezza nella posizione corrispondente alla posizione di apertura dell'apparecchio, senza alcun collegamento elastico tra i contatti mobili e il dispositivo di comando al quale viene applicata la forza di azionamento”. Questo riguarda sia il contatto elettrico del finecorsa che il dispositivo di azionamento che deve trasmettere il movimento senza deformazione. Le applicazioni di sicurezza impongono l’utilizzo di apparecchi a manovra positiva di apertura. Posizione diseccitazione A Fig. 5 6.3 Posizione eccitazione v Contatto ad azione lenta (C Fig.5) Il modo di funzionamento dei contatti ad azione lenta è caratterizzato da: - punti di azione e rilascio non distinti, - velocità di spostamento dei contatti mobili uguale o proporzionale alla velocità dell’organo di comando (che non deve essere inferiore a 0.1 m/s = 6 m/mn). Al di sotto di questi valori l’apertura dei contatti avviene troppo lentamente a discapito del corretto funzionamento del contatto (rischio d’arco mantenuto troppo a lungo), - la distanza di apertura dipende anch’essa dalla corsa dell’organo di comando. Questi contatti sono per costruzione a manovra positiva di apertura: il pulsante agisce direttamente sui contatti mobili. Esempio di un contatto ad azione lenta Gli interruttori di prossimità induttivi Gli interruttori di prossimità induttivi sono utilizzati principalmente nelle applicazioni industriali e funzionano solo con materiali metallici, rilevano cioè senza contatto qualsiasi oggetto metallico. b Principio Un circuito induttivo (bobina con induttanza L) costituisce l’elemento sensibile. Questo circuito è associato ad un condensatore di capacità C per formare un circuito risonante ad una frequenza Fo generalmente compresa tra 100 KHz e 1 MHz. Un circuito elettronico permette di avere oscillazioni conformi alla formula: Queste oscillazioni creano un campo magnetico alternato davanti alla bobina. Uno schermo metallico posizionato all'interno del campo magnetico diventa sede di correnti di Foucault che costituiscono un carico addizionale, modificando di conseguenza le condizioni di oscillazione (C Fig.6). La presenza di un oggetto metallico davanti all’interruttore diminuisce il coefficiente di qualità del circuito risonante. 1° caso, senza schermo metallico: A Fig. 6 Principio di funzionamento di un interruttore induttivo Attenzione: 2° caso, presenza di uno schermo metallico: 138 Schneider Electric Il rilevamento avviene mediante la misura della variazione del coefficiente di qualità (dal 3% al 20% circa alla soglia di rilevamento). L’avvicinamento dello schermo metallico si traduce con una diminuzione del coefficiente di qualità e quindi una diminuzione dell’ampiezza delle oscillazioni. La distanza di rilevamento dipende dal tipo di metallo da rilevare (dalla sua resistività ρ e dalla sua permeabilità relativa µr ). b Descrizione di un interruttore induttivo (C Fig.7) A Fig. 7 Schema di un interruttore induttivo Trasduttore: È composto da una bobina in filo di rame intrecciato (filo di Litz) posizionata all’interno di un elemento in ferrite che dirige le linee di campo verso la parte anteriore dell’interruttore. Oscillatore: esistono numerosi tipi di oscillatore, quali ad esempio l’oscillatore a resistenza negativa fissa R uguale in valore assoluto alla resistenza parallela Rp del circuito oscillante alla portata. l l l l - Se l’oggetto da rilevare è oltre la portata nominale, Rp > -R allora le oscillazioni saranno mantenute, - Se al contrario l’oggetto da rilevare è al di qua della portata nominale, Rp < -R , allora le oscillazioni non saranno più mantenute e si avrà il blocco dell’oscillatore. l l l l Stadio di messa a punto: costituito da un rilevatore di cresta seguito da un comparatore a due soglie (Trigger) per evitare le commutazioni intempestive quando l’oggetto da rilevare è vicino alla portata nominale. Origina il fenomeno chiamato isteresi dell’interruttore (C Fig.7bis). Stadio di alimentazione e di uscita: consente di alimentare l’interruttore con ampie gamme di tensione d’alimentazione (da 10 VCC fino a 264 V AC). Il modulo di uscita consente di comandare carichi da 0.2 A in CC a 0.5 A in CA, con o senza protezione contro i cortociruiti. b Prestazioni del rilevamento induttivo A Fig. 7bis Isteresi dell’interruttore La distanza di rilevamento: - dipende dall’importanza della superficie di rilevamento. - Sn: portata nominale (su acciao dolce) variabile da 0.8 mm (interruttore Ø 4) a 60 mm (interruttore 80 x 80). - isteresi: corsa differenziale (dal 2 al 10 % di Sn) che evita i rimbalzi alla commutazione. - frequenza di rilevamento del passaggio degli oggetti davanti all’interruttore, detta di commutazione (max 5 kHz). b Funzioni particolari • Interruttori protetti contro i campi magnetici delle saldatrici. • Interruttori a uscita analogica. • Interruttori con fattore di correzione 1* per i quali la distanza di rilevamento è indipendente dal metallo rilevato (ferroso o non ferroso). • Interruttori selettivi materiali ferrosi e non ferrosi. • Interruttori per controllo rotazione: rilevatori di controllo sottovelocità sensibili alla frequenza di passaggio degli oggetti in metallo. • Interruttori per atmosfere esplosive (norme NAMUR). *Quando l’oggetto da rilevare non è in acciaio, la distanza di rilevamento dell’interruttore è proporzionale al fattore di correzione del materiale di cui è composto l’oggetto. DMat X = DAcciaio x KMat X I valori tipici del fattore di correzione (KMat X ) sono: - Acciaio = 1 - Inox = 0.7 - Ottone = 0.4 - Alluminio = 0.3 - Rame = 0.2 Esempio: DInox = DAcciaio x 0.7 Schneider Electric 139 6 Rilevamento dati 6.4 6.4 Interruttori di prossimità capacitivi Gli interruttori di prossimità capacitivi Gli interruttori di prossimità capacitivi sono adatti al rilevamento di tutti i tipi di materiali conduttori e isolanti quali vetro, olio, legno, plastica, ecc. b Principio Un interruttore di prossimità capacitivo è composto da un oscillatore i cui condensatori rappresentano la faccia sensibile. Sulla faccia sensibile dell’interruttore viene applicata una tensione sinusoidale che crea un campo elettrico alternato davanti all’interruttore stesso. Considerato che alla tensione sinusoidale è assegnato un valore rispetto ad un potenziale di riferimento (terra o massa ad esempio), la seconda armatura è costituita da un elettrodo collegato al potenziale di massa (armatura della machina, ad esempio). A Fig. 8 Assenza oggetto tra i 2 elettrodi I due elettrodi installati faccia a faccia costituiscono un condensatore la cui capacità è data dalla formula: ove ε0 = 8,854187.10-12 F/m permittività del vuoto εr permittività relativa del materiale presente tra i 2 elettrodi. 1° caso: Nessun oggetto tra i 2 elettrodi (C Fig.8) 2° caso: Presenza di un oggetto isolante tra i 2 elettrodi (C Fig.9) => (εr = 4) A Fig. 9 Presenza oggetto isolante tra i 2 elettrodi L’elettrodo di massa può essere in questo caso il tappeto in metallo di un nastro trasportatore. Quando il valore della costante dielettrica εr diventa superiore a 1 in presenza di un oggetto, il valore di C aumenta. Misurando l’aumento del valore di C è possibile rilevare la presenza dell’oggetto isolante. 3° caso: Presenza di un oggetto conduttore tra i 2 elettrodi (C Fig.10) con εr 1 (aria) => A Fig. 10 Presenza di un oggetto conduttore tra i 2 elettrodi La presenza di un oggetto in metallo si traduce anche in questo caso con un aumento del valore di C. b I diversi tipi di interruttori capacitivi v Interruttori capacitivi senza elettrodo di massa Il loro funzionamento si basa direttamente sul principio sopra descritto. Per rilevare materiali conduttori (metallo, acqua) a distanze importanti è necessario un collegamento alla massa (potenziale di riferimento). Applicazione tipo: Rilevamento di materiali conduttori attraverso un materiale isolante (C Fig.11). v Interruttori capacitivi con elettrodo di massa Non sempre è possibile trovare un collegamento alla massa, ad esempio nel caso in cui si desideri rilevare del materiale isolante (recipiente vuoto in vetro dell’esempio precedente). A Fig. 11 140 Rilevamento della presenza d’acqua in un recipiente in vetro o plastica La soluzione consiste nell’installare l’elettrodo di massa sulla faccia di rilevamento. Schneider Electric Il campo elettrico si crea indipendente dal collegamento alla massa (C Fig.12). Applicazione: Rilevamento di tutti i materiali. Possibilità di rilevare materiali isolanti o conduttori dietro una superficie isolante, ad esempio dei cereali in una scatola in cartone. b Prestazioni di un interruttore capacitivo Contaminanti (a): campo di compensazione (eliminazione della contaminazione esterna) (b): campo elettrico principale Elettrodo principale Elettrodo di compensazione Elettrodo di massa A Fig. 12 Principio di un interruttore capacitivo con elettrodo di massa La sensibilità degli interruttori capacitivi, secondo la formula base precedentemente indicata, dipende sia dalla distanza oggetto - rilevatore che dal materiale di cui è composto l’oggetto. v Distanza di rilevamento È legata alla costante dielettrica o permittività relativa εr del materiale di cui è composto l’oggetto da rilevare. Per poter rilevare una grande variétà di materiali i rilevatori capacitivi sono generalmente dotati di un potenziometro di regolazione della sensibilità. v Materiale La tabella della Fig. 13 riporta le costanti dielettriche di alcuni materiali. εr materiale Acetone 19.5 Aria 1.000264 Ammoniaca Etanolo 15-25 24 Farina 2.5-3 Vetro 3.7-10 Glicerina 47 Mica 5.7-6.7 Carta 1.6-2.6 Nylon 4-5 Petrolio 2.0-2.2 Vernice al silicone 2.8-3.3 Polipropilene 2.0-2.2 Porcellana 5-7 Latte in polvere Sale 3.5-4 6 Zucchero 3.0 Acqua 80 Legno secco 2-6 Legno verde 10-30 A Fig. 13 6 Costanti dielettriche di alcuni materiali Schneider Electric 141 Rilevamento dati 6.5 6.5 Interruttori fotoelettrici Gli interruttori fotoelettrici Parte operativa Parte comando Ricevitore di luce Emettitore di luce A Fig. 14 Analisi Misura Modulo di uscita Principio di un interruttore fotoelettrico Gli interruttori fotoelettrici consentono il rilevamento di oggetti di qualsiasi tipo, opachi, riflettenti o quasi-trasparenti e sono anche adatti alle applicazioni di rilevamento presenza persone (apertura di porte, barriere di sicurezza). b Principio (C Fig.14) Un diodo elettroluminescente (LED) emette degli impulsi luminosi, generalmente nel vicino infrarosso (da 850 a 950 nm). Il fascio di luce viene o meno ricevuto da un fotodiodo o fototransistor in funzione della presenza o assenza dell’oggetto da rilevare. La corrente fotoelettrica creata viene amplificata e confrontata con una soglia di riferimento per fornire un’informazione ON/OFF. b I diversi sistemi di rilevamento v Sistema a sbarramento (C Fig.14bis) Emettitore e ricevitore sono installati in due scatole separate. A Fig. 14bis Rilevamento a sbarramento L’emettitore, un LED posizionato nel fuoco di una lente convergente, crea un fascio luminoso parallelo. Il ricevitore, un fotodiodo (o fototransistor) posizionato nel fuoco di una lente convergente, fornisce una corrente proporzionale all’energia ricevuta. Il sistema fornisce un’informazione ON/OFF in funzione della presenza o assenza dell’oggetto all’interno del fascio luminoso. Vantaggi: La distanza di rilevamento (portata) può arrivare fino a oltre 50 m. in base alla dimensione delle lenti e quindi dell’interruttore. Svantaggi: Richiede due scatole e quindi di due alimentazioni separate. L’allineamento per distanze di rilevamento superiori a 10 m può presentare una certa difficoltà. Uscita A Fig. 15 Rilevamento a riflessione v Sistemi a riflessione Il rilevamento a riflessione può essere di due tipi: a riflessione diretta e a riflessione polarizzata. • A riflessione diretta (C Fig.15) Il fascio luminoso è generalmente nella gamma del vicino infrarosso (da 850 a 950 nm). Vantaggi: L’emettitore e il ricevitore sono nello stesso involucro (un unico cavo di alimentazione). La distanza di rilevamento (portata) è notevole, benchè inferiore a quella del sistema a sbarramento (fino a 20 m ). Svantaggi: Un oggetto riflettente (vetro, carrozzeria d’auto, ecc...) può essere visto come catarifrangente e non venire rilevato. A Fig. 16 Rilevamento a riflessione polarizzata • A riflessione polarizzata (C Fig.16) Gli interruttori a riflessione polarizzata emettono luce rossa visibile (660 nm). Il fascio luminoso emesso vie polarizzato verticalmente da un filtro polarizzante lineare, quindi viene depolarizzato e infine rinviato dal catarifrangente. Una parte del fascio luminoso rinviato ha quindi una componente orizzontale. Il filtro ricevitore lascia passare la luce riflessa sul piano orizzontale e la luce raggiunge il componente di ricezione. Un oggetto riflettente (specchio, lamiera, vetro) al contrario del catarifrangente non cambia lo stato di polarizzazione. La luce rinviata dall’oggetto non potrà quindi raggiungere il polarizzatore in ricezione (C Fig.17). Vantaggi: Permette di evitare gli svantaggi del sistema a riflessione diretta. Svantaggi: Ha un costo superiore e copre distanze di rilevamento inferiori: Rif. A Fig. 17 142 Principio del non rilevamento di materiali riflettenti Riflessione diretta IR -->15m Riflessione polarizzata ---> 8m Schneider Electric v Sistema a riflessione diretta (sull’oggetto) • A riflessione diretta (C Fig.18) Utilizza la riflessione diretta (diffusa) dell’oggetto da rilevare. Vantaggi: Non è più necessario il catarifrangente. Svantaggi: La distanza di rilevamento non supera i 2 m e varia con il colore dell’oggetto da “vedere” e dallo sfondo davanti al quale si trova (per una data regolazione, la distanza di rilevamento è maggiore per un oggetto bianco che per un oggetto grigio o nero) e uno sfondo più chiaro dell’oggetto da rilevare può compromettere il funzionamento del sistema. A Fig. 18 Riflessione diretta • A riflessione diretta con soppressione dello sfondo (C Fig.19) Questo sistema il rilevamento permette di rilevare oggetti di colore e riflettività diversi mediante triangolazione. La distanza di rilevamento (fino a 2 m) non dipende dal potere di riflessione dell’oggetto, ma solo dalla sua posizione: un oggetto chiaro viene rilevato alla stessa distanza di un oggetto scuro. Infine uno sfondo posto al di là della zona di rilevamento verrà ignorato. v Fibre ottiche • Principio Il principio della propagazione delle onde luminose nella fibra ottica è la riflessione totale interna. A Fig. 19 Riflessione diretta con soppressione dello sfondo La riflessione totale interna si verifica quando un raggio luminoso passa da un materiale ad un altro materiale avente indice di rifrazione inferiore. La luce viene riflessa totalmente (C Fig.20) e non si verifica alcuna perdita di luce quando l’angolo di incidenza del raggio luminoso è maggiore dell’angolo critico [θc]. La riflessione totale interna è regolata da due fattori: gli indici di rifrazione dei due materiali e l’angolo critico. Questi due fattori sono collegati dalla seguente formula: Conoscendo gli indici di rifrazione dei due materiali dell’interfaccia l’angolo critico è facilmente calcolabile. A Fig. 20 Principio della propagazione delle onde luminose nella fibra ottica Fisicamente l’indice di rifrazione di un materiale è il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto (c) e la sua velocità nel materiale (v). L’indice di rifrazione dell’aria è considerato uguale a quello del vuoto, poichè la velocità della luce nell’aria è all’incirca uguale a quella nel vuoto. • Fibre ottiche multimodali e monomodali Esistono due tipi di fibra ottica: multimodale e monomodale (C Fig.21). - Fibre ottiche multimodali La parte centrale delle fibre che conduce la luce ha un diametro grande rispetto alla lunghezza d’onda utilizzata (φ da 9 a 125 µm, Lo = da 0.5 a 1 mm). Il profilo dell’indice di rifrazione delle fibre multimodali può essere: a gradino (step-index) o graduale (graded-index). - Fibre ottiche monomodali La parte centrale delle fibre che conduce la luce ha un diametro molto piccolo rispetto alla lunghezza d’onda utilizzata (φ <= 1 µm, Lo = generalmente 1.5 µm). Le fibre monomodali hanno profilo d’indice a gradino. Sono utilizzate soprattutto per le telecomunicazioni. A Fig. 21 Principio della propagazione delle onde luminose nella fibra ottica È importante ricordare che la loro messa in opera richiede un’attenzione particolare, soprattutto nell’installazione delle fibre (sforzi di trazione ridotti e raggi di curvatura limitati come indicato dai produttori). Schneider Electric 143 6 Rilevamento dati 6.5 6.6 Interruttori fotoelettrici Interruttori ad ultrasuoni Le fibre ottiche più utilizzate nell’industria sono quelle multimodali che offrono i vantaggi di tenuta elettromagnetica (EMC o Compatibilità ElettroMagnetica) e semplicità di messa in opera. • Tecnologia degli interruttori Le fibre ottiche sono posizionate davanti al LED emettitore e davanti al fotodiodo o fototransistor ricevitore (C Fig.22). A Fig. 22 Principio di funzionamento di un interruttore a fibre ottiche Questo principio di funzionamento permette: - di allontanare l’elettronica dal punto di controllo, - di raggiungere spazi molto esigui o a temperature elevate, - di rilevare oggetti molto piccoli (nell’ordine del mm), - di funzionare in modo sbarramento o prossimità a seconda della posizione dell’estremità delle fibre. È importante notare che i collegamenti tra il LED emettitore o il fototransistor ricevitore e la fibra ottica devono essere realizzati con estrema cura per ridurre al minimo le perdite di trasmissioni. b Prestazioni degli interruttori fotoelettrici Le prestazioni di questi sistemi di rilevamento possono essere influenzate da diversi fattori quali: - la distanza (interruttore-oggetto), - il tipo di oggetto da rilevare (materiale diffusore, riflettente o trasparente, colore e dimensioni), - le caratteristiche ambientali (luce ambiente, presenza sfondo, ecc...). 6.6 Gli interruttori ad ultrasuoni b Principio I sensori ad ultrasuoni sono dispositivi composti da un trasduttore elettroacustico che convertono l’energia elettrica (C Fig.23) che gli viene fornita in energia meccanica di vibrazione. Possono essere piezoelettrici o magnetostrittivi a seconda che utilizzino il principio della magnetostrizione o l’effetto piezoelettrico (C Fig.23). L’interruttore a ultrasuoni misura il tempo di propagazione dell’onda acustica tra il rilevatore e l’oggetto da rilevare. A Fig. 23 Principio di un trasduttore elettroacustico La velocità di propagazione è di 340 m/s nell’aria a 20 °C (ad esempio per 1 m il tempo da misurare è dell’ordine di 3 ms). Il tempo viene misurato dal contatore di un microcontrollore. Il vantaggio dei sensori a ultrasuoni è rappresentato dalla grande distanza di rilevamento (fino a 10 m), ma soprattutto dalla capacità di rilevare qualsiasi oggetto che riflette il suono, indipendentemente dalla sua forma e dal colore. b Applicazione (C Fig.24) Eccitato dal generatore alta tensione il trasduttore (emettitore-ricevitore) emette un’onda ultrasonica pulsata (da 100 a 500 kHz a seconda del prodotto) che si sposta nell’aria alla velocità del suono. A Fig. 24 Principio di un interruttore ad ultrasuoni Nel momento in cui l’onda incontra un oggetto, un’onda riflessa (eco) ritorna verso il trasduttore. Un microprocessore analizza il segnale ricevuto e misura l’intervallo di tempo tra il segnale emesso e l’eco. Il confronto tra i tempi predefiniti o rilevati consente al microprocessore di determinare e controllare lo stato delle uscite. Conoscendo la velocità di propagazione del suono è possibile dedurre una distanza applicando la seguente formula: D = T.Vs/2 ove D: distanza dall’interruttore all’oggetto, T: tempo trascorso tra l’emissione dell’onda e la sua ricezione, Vs: velocità del suono (300 m/s). 144 Schneider Electric Il modulo di uscita [5] controlla un commutatore statico (transistor PNP o NPN) corrispondente ad un contatto a chiusura o ad apertura, o mette a disposizione un segnale analogico (corrente o tensione) direttamente o inversamente proporzionale alla distanza dell’oggetto misurata. b Particolarità degli interruttori ad ultrasuoni v Definizioni (C Fig.25) A Fig. 25 Limiti d’impiego di un interruttore ad ultrasuoni Zona cieca: Zona compresa tra la faccia sensibile dell’interruttore e la portata minima all’interno della quale nessun oggetto può essere rilevato in modo affidabile. In questa zona è impossibile rilevare gli oggetti in modo corretto. Evitare il passaggio di oggetti nella zona cieca durante il funzionamento dell’interruttore perchè questo potrebbe provocare un’instabilità delle uscite. Zona di rilevamento: campo nel quale l’interruttore è sensibile. A seconda dei modelli degli interruttori, la zona di rilevamento può essere configurata in regolabile o fissa con un semplice pulsante. Fattori d’influenza: Gli interruttori ad ultrasuoni sono adatti in modo particolare al rilevamento di oggetti duri e con una superficie piana perpendicolare all’asse di rilevamento. Tuttavia il funzionamento degli interruttori ad ultrasuoni può essere disturbato da diversi fattori: - Le correnti d’aria brusche e di forte intensità possono accelerare o deviare l’onda acustica emessa dal prodotto (espulsione del pezzo causata da un getto d’aria). - I gradienti di temperatura importanti nel campo di rilevamento. Un forte calore sprigionato da un oggetto crea zone a temperature diverse che modificano il tempo di propagazione dell’onda impedendo un rilevamento affidabile. - Gli isolanti fonici. I materiali quali il cotone, i tessuti, la gomma assorbono il suono; per questi prodotti si consiglia il rilevamento «a riflessione». - L’angolo tra la faccia dell’oggetto da rilevare e l’asse di riferimento dell’interruttore. Quando l’angolo è diverso da 90°, l’onda non viene più riflessa nell’asse dell’interruttore e la portata di lavoro diminuisce. Maggiore è la distanza tra l’oggetto e l’interruttore tanto più accentuato è questo effetto. Oltre i ± 10°, il rilevamento è impossibile. - La forma dell’oggetto da rilevare. Conseguentemente a quanto sopra precisato un oggetto molto spigoloso è più difficile da rilevare. v Modo di funzionamento (C Fig.26) A Fig. 26 Utilizzo degli interruttori ad ultrasuoni a) In modo prossimità o riflessione diretta, b) In modo riflessione • A riflessione diretta. Un solo ed unico interruttore emette l’onda sonora poi la capta dopo la riflessione su un oggetto. In questo caso è l’oggetto che garantisce la riflessione. • A riflessione. Un solo ed unico interruttore emette l’onda sonora poi la riceve in seguito alla riflessione di un riscontro fisso; di conseguenza l’interruttore è costantemente in funzione. Il riscontro fisso, in questo caso, sarà un elemento piano e rigido, eventualmente una parte della macchina. Il rilevamento dell’oggetto viene effettuato quindi mediante interruzione dell’onda. Questo sistema è adatto in modo particolare al rilevamento di materiali ammortizzanti o di oggetti spigolosi. • A sbarramento. Il sistema a sbarramento è composto da due prodotti indipendenti che devono essere posizionati faccia a faccia: un emettitore ad ultrasuoni e un ricevitore. b Prestazioni del rilevamento ad ultrasuoni Nessun contatto fisico con l’oggetto, quindi nessuna usura e possibilità di rilevare oggetti fragili o con vernice fresca. Rilevamento possibile di qualsiasi materiale, qualsiasi sia il colore, alla stessa portata, senza regolazione o fattore di correzione. Schneider Electric 145 6 Rilevamento dati 6.6 6.7 Interruttori ad ultrasuoni Sistema di identificazione a radio frequenza RFID o Radio Frequency IDentification Apparecchi statici: nessun pezzo in movimento all’interno dell’interruttore, quindi durata indipendente dal numero di cicli di manovra. Buona tenuta alle caratteristiche ambientali industriali: resistente alle vibrazioni e agli urti, resistente agli ambienti difficili. Funzione di apprendimento mediante semplice pressione su un pulsante per definire il campo di rilevamento effettivo. Apprendimento della portata minima e massima (soppressione dello sfondo e del piano anteriore molto precisa ± 6 mm). 6.7 Sistema di identificazione a radio frequenza RFID o Radio Frequency IDentification Questo capitolo presenta i dispositivi utilizzati per il salvataggio e la gestione dei dati memorizzati nelle etichette elettroniche a partire da un segnale radiofrequenza. b Generalità A Fig. 27 Organizzazione di un sistema RFID Il sistema di identificazione radiofrequenza (RFID) è una tecnologia di identificazione automatica relativamente recente, adatta alle applicazioni che richiedono il controllo di oggetti o persone (rintracciabilità, controllo accessi, smistamento, stoccaggio). Il principio è quello di associare a ciascun oggetto una capacità di memorizzazione accessibile senza contatto, in lettura e in scrittura. I dati vengono salvati in una memoria accessibile mediante semplice collegamento in radio frequenza, senza contatto né campo di visione, ad una distanza che da qualche centimetro può arrivare a diversi metri. Questa memoria prende la forma di un’etichetta elettronica o tag RFID, chiamata anche trasponder, all’interno della quale si trova un circuito elettronico e un’antenna. A Fig. 28 Presentazione degli elementi di un sistema RFID (Sistema Inductel di Telemecanique) b Principi di funzionamento Un sistema RFID è costituito dai seguenti elementi (C Fig.27 e 28): - Un’etichetta elettronica o tag, - Una stazione di lettura/scrittura (o lettore rfid). v Il lettore Modula l’ampiezza del campo irradiato dalla sua antenna per trasmettere degli ordini di lettura o di scrittura alla logica di elaborazione dell’etichetta. Simultaneamente, il campo elettromagnetico generato dalla sua antenna alimenta il circuito elettronico dell’etichetta. v L’etichetta A Fig. 29 Funzionamento di un sistema RFID Trasmette le sue informazioni in ritorno verso l’antenna del lettore modulando il suo proprio consumo. Questa modulazione viene rilevata dal circuito di ricezione del lettore che la converte in segnali digitali (C Fig.29). b Descrizione degli elementi v Le etichette elettroniche (C Fig.30) Le etichette elettroniche sono costituite da tre elementi principali contenuti in un involucro. • Antenna L’antenna deve essere adatta alla frequenza della portante, quindi può presentarsi sotto diverse forme: - Bobina in filo di rame, con o senza nucleo di ferrite (canalizzazione delle linee di campo), o ancora incisa su circuito stampato flessibile o rigido, o stampata (inchiostro conduttivo) per le frequenze inferiori a 20 MHz. A Fig. 30 146 Fotografia interna di un’etichetta RFID - Dipolo inciso su circuito stampato, o stampato (inchiostro conduttivo) per le frequenze molto alte (>800 MHz). Schneider Electric • Un circuito logico di elaborazione Il suo ruolo è di assicurare l’interfaccia tra gli ordini captati dall’antenna e la memoria. La sua complessità dipende dalle applicazioni, dalla semplice configurazione fino all’utilizzo di un microcontrollore (ad esempio schede di pagamento protette con algoritmi di criptografazione). • Una memoria Per memorizzare le informazioni nelle etichette elettroniche vengono utilizzati diversi tipi di memorie (C Fig.31). Tipo Vantaggi Inconvenienti ROM • Buona resistenza alle temperature elevate • Solo lettura • Prezzo basso EEPROM • Nessuna pila o batteria di emergenza • Tempo di accesso relativamente lungo in lettura o scrittura • Numero di scritture limitato a 100 000 cicli per byte RAM • Rapidità di accesso ai dati • Richiede di inserire una pila di emergenza nell’etichetta • Capacità elevata • Numero illimitato di letture o scritture FeRAM (ferroelettrica) • Rapidità di accesso ai dati • Numero di scritture e letture limitato a 10 12 • Nessuna pila o batteria di emergenza • Capacità elevata A Fig. 31 6 Diversi tipi di memorie utilizzate per memorizzare le informazioni nelle etichette elettroniche Le capacità di queste memorie vanno da qualche byte fino a più decine di k byte. a b Alcune etichette dette «attive» integrano una pila che alimenta la parte elettronica. Questa configurazione consente di aumentare la distanza di dialogo tra l’etichetta e l’antenna, ma richiede la sostituzione regolare della pila. v Un involucro A Fig. 32 a e b Diverse forme di etichette RFID adatte al loro uso Per riunire e proteggere i tre elementi attivi di un’etichetta sono stati creati involucri adatti a ciascun tipo di applicazione, quali ad esempio: (C Fig.32a) - Badge formato carta di credito per controllo accesso delle persone, - Supporto adesivo per identificazione dei libri nelle biblioteche, - Capsula in vetro (microchip) per identificazione degli animali domestici (iniezione sottocutanea), - Targhette in plastica per l’identificazione di capi di abbigliamento e di biancheria, - Targhette per il controllo della posta. Sono disponibili molte altre varianti di involucri: portachiavi, «chiodi» in plastica per l’identificazione di pallet di legno, o contenitori resistenti agli urti e ai prodotti chimici (C Fig.32b) adatti alle applicazioni industriali (trattamento superfici, forni, ecc...). v Le stazioni: A Fig. 33a A Fig. 33b Stazione d’interfaccia RFID LLettore RFID Telemecanique Inductel Una stazione (C Fig.33a) svolge la funzione di interfaccia tra il sistema di gestione (controllore programmabile, computer, ecc...) e l’etichetta elettronica, attraverso un’apposita porta di comunicazione (RS232, RS485, Ethernet, ecc...). A seconda delle applicazioni si può anche integrare un certo numero di funzioni complementari: - ingressi/uscite ON/OFF, - elaborazione locale per funzionamento in autonomo, - comando di più antenne, - rilevamento con un’antenna integrata per un sistema più compatto (C Fig.33b). Schneider Electric 147 Rilevamento dati 6.7 Sistema di identificazione a radio frequenza RFID o Radio Frequency IDentification v Antenne Le antenne sono caratterizzate dalle loro dimensioni (che determinano la forma della zona nella quale possono scambiare le informazioni con le etichette) e dalla frequenza del campo irradiato. L’utilizzo di ferriti permette di concentrare le linee di campo elettromagnetico in modo da aumentare la distanza di lettura (C Fig.34) e diminuire l’eventuale influenza di masse metalliche vicine all’antenna. Le frequenze utilizzate dalle antenne sono ripartite su più bande distinte, poiché ogni banda presenta dei vantaggi e degli inconvenienti (C Fig.35). A Fig. 34 Influenza di un’antenna in ferrite sulle linee di campo elettromagnetico Frequenza Vantaggi Inconvenienti Applicazione tipica 125-134 khz (BF) • Immunità agli ambienti (metallo, acqua, ecc...) • Bassa capacità di memoria • Tempo di accesso lungo • Identificazione degli animali domestici 13.56 Mhz (HF) • Protocolli di dialogo antenna/etichetta normalizzati (ISO 15693 - ISO 14443 A/B) • Sensibilità agli ambienti metallici • Controllo dei libri nelle biblioteche • Controllo dell’accesso • Pagamenti 850 - 950 Mhz (UHF) • Bassissimo costo delle etichette • Distanza di dialogo importante (diversi metri) • Gamme di frequenze non omogenee da un Paese all’altro • Disturbi creati da ostacoli (metallo, acqua, ecc...) nella zona • Gestione dei prodotti nella distribuzione 2.45 Ghz (micro-onde) • Velocità elevata di trasferimento tra antenna ed etichetta • Distanza di dialogo importante (diversi metri) • « Buchi » nella zona di dialogo difficili da controllare • Costo dei sistemi di lettura • Controllo dei veicoli (pagamenti autostradali) A Fig. 35 Descrizione delle bande di frequenze utilizzate in RFID Le potenze e le frequenze utilizzate variano in funzione delle applicazioni dei diversi Paesi. Sono state identificate tre grandi zone geografiche di riferimento: Nord America, Europa e resto del mondo. A ciascuna zona e a ciascuna frequenza corrisponde un modello autorizzato di spettro di emissione (norma CISPR 300330) nel quale ciascuna stazione/antenna RFID deve essere iscritta. v Codifica e protocollo I protocolli di scambio tra le stazioni e le etichette sono definiti da norme internazionali (ISO 15693 - ISO 14443 A/B). Vi sono anche standard più specializzati in corso di definizione, ad esempio quelli destinati al settore della grande distribuzione (EPC -Electronic Product Code-) o per l’identificazione degli animali (ISO 11784). b Prestazioni del sistema d’identificazione RFID Rispetto ai dispositivi a codice a barre (etichette o marcature e lettori), il sistema d’identificazione RFID presenta i seguenti vantaggi: - possibilità di modifica delle informazioni contenute nell’etichetta, - lettura/scrittura attraverso la maggior parte dei materiali non metallici, - insensibilità a polveri, incrostazioni, ecc. - possibilità di registrare diverse migliaia di caratteri in un’etichetta, - confidenzialità delle informazioni (blocco dell’accesso ai dati contenuti nell’etichetta). Tutti questi vantaggi concorrono allo sviluppo dell’identificazione RFID nel settore dei servizi (ad esempio: controllo accessi sulle piste da sci) e della distribuzione. La diminuzione costante dei prezzi delle etichette RFID dovrebbe inoltre portare i dispositivi RFID a sostituire i tradizionali codici a barre sui contenitori (cartoni, container, bagagli) in diversi settori, quali la logistica e i trasporti, ma anche sui prodotti in corso di fabbricazione nell’industria. 148 Schneider Electric 6.7 6.8 Sistema di identificazione a radio frequenza RFID o Radio Frequency IDentification Sistemi di visione Tuttavia è importante precisare che, utilizzando questi sistemi, l’attraente idea dell’identificazione automatica del contenuto dei carrelli davanti alle casse degli ipermercati, senza spostamento della merce, non può ancora essere presa in considerazione per ragioni fisiche e tecniche. 6.8 Sistemi di visione b Principio È l’occhio della macchina che fornisce la vista al sistema di automazione. Su un’immagine presa da una fotocamera le caratteristiche fisiche dell’oggetto sono digitalizzate e permettono quindi di conoscerne (C Fig.36): - le dimensioni, - la posizione, - l’aspetto (stato della superficie, colore, luminosità, presenza di difetti), - la marcatura (loghi, marchi, caratteri, ecc...). A Fig. 36 Controllo di un pezzo meccanico. I contrassegni indicano le zone verificate dal sistema L’utente può anche automatizzare funzioni complesse: - di misura, - di guida, - e d’identificazione. b I punti chiave del sistema di visione 6 Un sistema di visione industriali è costituito da un sistema ottico (illuminazione, fotocamera e gruppo ottico), associato ad un’unità di elaborazione e ad un comando di azionatori. • Illuminazione È essenziale avere un’illuminazione specifica e ad hoc, in grado di creare un contrasto sufficiente e stabile, per valorizzare gli elementi da controllare. • Fotocamera e Ottica Dalla scelta dell’ottica e della fotocamera dipende la qualità dell’immagine (contrasto, definizione); questo con una distanza definita fotocamera/oggetto e un oggetto da esaminare ben determinato (dimensione, stato della superficie e dettagli da acquisire). • Unità di elaborazione L’immagine acquisita dalla fotocamera viene trasmessa all’unità di elaborazione che contiene gli algoritmi di formazione e di analisi dell’immagine necessari alla realizzazione dei controlli. I dati ottenuti vengono successivamente trasmessi al sistema di automazione o comandano direttamente un azionatore. v Illuminazione • Le tecnologie di illuminazione - Illuminazione a LED (Diodo Elettro Luminescente) Attualmente è il tipo di illuminazione privilegiato che assicura un’illuminazione omogenea di lunghissima durata (30 000 ore). È disponibile a colori, ma il campo coperto è limitato a 50 cm circa. - Illuminazione a tubo fluorescente alta frequenza Illuminazione a luce bianca che assicura una lunga durata (5 000 ore); il volume illuminato o «campo» è importante e dipende evidentemente dalla potenza luminosa utilizzata. - Illuminazione alogena Illuminazione a luce bianca caratterizzata da una breve durata (500 ore); richiede una potenza notevole e può coprire un campo importante. Schneider Electric 149 Rilevamento dati 6.8 Sistemi di visione Questi tipi di illuminazione possono essere applicati in diversi modi. Per far risaltare la caratteristica da controllare vengono utilizzati principalmente cinque sistemi(C Fig.37): - Anulare, - Retro-illuminazione, - Lineare diretto, - Radente, - Coassiale. Sistemi Caratteristiche Applicazioni tipo • Insieme di LED disposti ad anello • Consigliato per un controllo di precisione, di tipo marcatura Anulare • Sistema d’illuminazione molto potente • Permette d’illuminare l’oggetto lungo il suo asse, dall’alto Retroilluminazione • Illuminazione posizionata dietro l’oggetto e di fronte alla fotocamera • Consigliato per misurare le dimensioni di un oggetto • Consente di mettere in evidenza la sagoma dell’oggetto (ombra cinese) • o analizzare elementi opachi Lineare diretto • Utilizzato per mettere in evidenza una piccola superficie • Consigliato per la ricerca di difetti precisi, dell’oggetto da controllare e creare un’ombra portata il controllo della filettatura, ecc... Radente • Rilevamento dei bordi (contorni) • Controllare una marcatura • Consigliato per controllare i caratteri stampati, lo stato di una superficie, rilevare le graffiature, ecc... • Rilevare i difetti su superfici vetrate o metalliche Coassiale • Consente di mettere in evidenza delle superfici liscie • Consigliato per controllare, analizzare e misurare perpendicolari all’asse ottico orientando superfici metalliche piane o altre la luce verso uno specchio semi-riflettente superfici riflettenti A Fig. 37 150 Tabella dei diversi tipi di illuminazione per i sistemi di visione industriale Schneider Electric v Fotocamere e ottica • Le tecnologie delle fotocamere - Fotocamera digitale CCD (Charged Coupled Device). Attualmente queste fotocamere vengono privilegiate per la loro buona definizione. Per i processi continui si utilizzano fotocamere lineari (CCD a configurazione lineare). In tutti gli altri casi si utilizzano fotocamere a configurazione matriciale (CCD matriciale). A Fig. 38 I formati di rilevatori utilizzati nell’industria Le fotocamere industriali utilizzano diversi formati di risoluzione del sensore (C Fig.38) definiti in pollici: 1/3, 1/2 e 2/3 (1/3 e 1/2: videocamera, 2/3 e oltre: alta risoluzione industriale, televisione, ecc...). Le ottiche sono dedicate a ciascun formato per utilizzare tutti i pixel disponibili. - Fotocamera con sensore CMOS: progressivamente sostituita dalla tecnologia CCD. Costo interessante –> utilizzo per applicazioni base - Fotocamera Vidicon (tubo): ormai obsoleta. • La scansione Le fotocamere utilizzano principalmente due modi per visualizzare il segnale video: la scansione interlacciata e la scansione progressiva (Progressive scan = full frame). A Fig. 39 Scansione interallacciata Nel caso in cui le vibrazioni e la presa d’immagine al volo siano frequenti si consiglia di utilizzare un sistema a Scansione progressiva (Progressive Scan) o Full Frame. I rilevatori CCD consentono l’esposizione di tutti i pixel nello stesso momento. • La scansione interlacciata La scansione interlacciata, usata nei formati televisivi standard, visualizza soltanto la metà delle linee orizzontali in una volta (C Fig.39). Viene visualizzato il primo campo, contenente le linee con numero dispari, seguito dal secondo campo, contenente e linee con numero dispari. Questa tecnica permette di non aumentare la larghezza di banda a prezzo di qualche difetto poco visibile su uno schermo piccolo, in genere lo scintillio. A Fig. 40 Scansione progressiva A Fig. 41 Confronto delle scansioni • La scansione progressiva È la tecnologia utilizzata in informatica: visualizza tutte le linee orizzontali di un immagine in una volta, come frame singolo (C Fig.40). A differenza della scansione interlacciata permette di acquisire l’immagine riga per riga: le immagini acquisite non vengono suddivise in campi diversi come accade con la scansione interlacciata. Questo tipo di tecnologia è particolarmente utile nelle applicazioni di videosorveglianza, soprattutto nel caso in cui sia necessario visualizzare in dettaglio immagini in movimento come nel caso di persone in fuga. Il suo interesse consiste soprattutto nell’eliminazione dello scintillio e nell’ottenimento di un’immagine stabile (C Fig.41). • Il gruppo ottico - Gli obiettivi più utilizzati negli ambienti industriali sono quelli da avvitare con passo C o CS, Ø 25.4 mm. - La distanza focale (f in mm) si esprime direttamente a partire dalle dimensioni dell’oggetto da inquadrare (H in m), dalla distanza D tra l’oggetto e l’obiettivo (D in m) e dalla dimensione dell’immagine (h in mm): f= D x h/H (C Fig.42). Si avrà anche angolo di campo = 2 x arctg (h/(2xf)). Quindi minore è la distanza focale e più il campo coperto è grande. - La scelta del tipo di obiettivo si effettua quindi in funzione della distanza D e della dimensione del campo visualizzato H. v Unità di elaborazione La sua elettronica ha due funzioni fondamentali: formare l’immagine e poi analizzarla migliorata. A Fig. 42 La distanza focale Schneider Electric 151 6 Rilevamento dati 6.8 Sistemi di visione • Algoritmi di formazione dell’immagine Le pre-elaborazioni cambiano il livello di grigio dei pixel. Il loro scopo è di migliorare l’immagine, per poterla analizzare con più efficacia. Tra le possibili funzioni di pre-elaborazione le più utilizzate sono: - la binarizzazione, - la proiezione, - l’erosione/dilatazione, - l’apertura/chiusura. • Algoritmi di analisi di immagine. Nella tabella della Fig. 43 sono presenti diversi algoritmi di analisi di immagine. È importante notare che nella colonna «Requisiti» sono indicate le elaborazioni d’immagine che precedono questa analisi. Algoritmo Principio di funzionamento e utilizzo di analisi dell’immagine privilegiato (in grassetto) Linea Finestra binaria Finestra livello di grigio Requisiti Vantaggi Limiti Conteggio di pixel, d’oggetto Presenza/Assenza, conteggio Binarizzazione ed eventualmente regolaz. dell’esposizione Molto rapido (<ms) Attenzione alla stabilità dell’immagine rispetto alla binarizzazione Conteggio di pixel Presenza/Assenza, analisi di superficie, controllo d’intensità Binarizzazione ed eventualmente regolazione esposizione Rapido (ms) Attenzione alla stabilità dell’immagine rispetto alla binarizzazione Calcolo del livello di grigio medio Presenza/Assenza, analisi di superficie, controllo d’intensità Nessuno Binarizzazione ed eventualmente regolazione esposizione Bordo binario Rilievo bordo su immagine binaria Misura, presenza/assenza, posizionamento Bordo livello di grigio Rilievo bordo su immagine a livello di grigio Misura, presenza/assenza, posizionamento Nessuno ed eventualmente regolazione esposizione Estrazione di forma Conteggio, rilevamento oggetto, rilevamento misure e parametri geometrici Posizionamento, ri-posizionamento, misura, smistamento, identificazione Binarizzazione ed eventualmente regolazione esposizione Confronto avanzato Riconoscimento di forma, posizionamento, ri-posizionamento, misura, smistamento, conteggio, identificazione Nessuno Riconoscimento caratteri (OCR) o verifica di caratteri o loghi (OCV) Attenzione particolare al contrasto dell’immagine. Ingrandire al massimo l’immagine. Utilizzare un riposizionamento OCR/OCV A Fig. 43 152 Precisione al pixel. Attenzione alla stabilità dell’immagine rispetto alla binarizzazione Precisione sub-pixel Richiede un possibile. Pre-elaborazione riposizionamento proiezione livello preciso di grigio possibile Numerosi risultati estratti, polivalente. Consente un riposizionamento a 360° Facile da realizzare Lettura di ogni tipo di carattere o logo mediante apprendimento di una biblioteca (alfabeto) I diversi algoritmi di analisi dell’immagine utilizzati nei sistemi di visione industriali Schneider Electric Precisione al pixel. Attenzione alla stabilità dell’immagine rispetto alla binarizzazione. Tempo da 10 a 100 ms Riconoscimento limitato a 30°. Tempo da 10 a 100 ms se modello e/o zona di ricerca importante Attenzione alla stabilità della marcatura da controllare nel tempo (ad es. pezzi imbutiti) 6.9 6.9 Encoder optoelettronici Gli encoder optoelettronici b Presentazione di un encoder rotativo optoelettronico v Composizione L’encoder rotativo optoelettronico è un rilevatore di posizione angolare. L'asse dell'encoder è collegato meccanicamente all'albero della macchina che lo trascina e fa ruotare un disco ad esso collegato che presenta una serie di parti opache e trasparenti in successione. A Fig. 44 Encoder rotativo optoelettronico La luce emessa da diodi elettroluminescenti (LED) attraversa le zone trasparenti del disco giungendo sui fotodiodi ricevitori. I fotodiodi generano quindi un segnale elettrico che viene amplificato e convertito in segnale digitale prima di essere trasmesso ad una unità di elaborazione. La Fig. 44 mostra un encoder rotativo optoelettronico. v Principi La rotazione di un disco graduato, funzione dello spostamento dell’oggetto da controllare, genera degli impulsi tutti simili in uscita da un rilevatore ottico. La risoluzione, ovvero il numero di impulsi al giro, corrisponde al numero di piste sul disco o ad un multiplo di quest’ultimo. Più il numero di punti è elevato, più il numero di misure al giro consentirà una divisione più fine dello spostamento o della velocità dell’oggetto mobile collegato all’encoder. Esempio applicativo: taglio in lunghezza. La risoluzione si esprime con la formula distanza percorsa per 1 giro numero di punti Quindi, se il prodotto da tagliare misura 200 mm e la precisione del taglio è 1 mm, l’encoder dovrà avere una risoluzione di 200 punti. Per una precisione di 0.5 mm la risoluzione dell’encoder dovrà essere uguale a 400 punti. v Realizzazione pratica (C Fig.45) La parte emissione viene realizzata da una sorgente luminosa tripla composta da tre fotodiodi o LED (per la ridondanza), con una durata dai 10 ai 12 anni. A Fig. 45 Principio di un encoder incrementale Un ASIC associato al rilevatore ottico consente di ottenere dei segnali digitali dopo l’amplificazione. Il disco è in POLYFASS (Mylarmica) incassabile per risoluzioni che raggiungono: - 2 048 punti per un diametro di 40 mm, - 5 000 punti per un diametro di 58 mm, - 10 000 punti per un diametro di 90 mm, o VETRO per risoluzioni superiori e frequenze di lettura elevate, fino a 300 KHz. b Gamme di encoder optoelettronici L’offerta dei costruttori consente di coprire tutte le applicazioni industriali. con diverse gamme di prodotti (C Fig.46) : - gli encoder incrementali che consentono di conoscere la posizione di un oggetto mobile e di controllarne lo spostamento mediante conteggio bidirezionale degli impulsi emessi, - gli encoder assoluti di posizione che forniscono la posizione esatta su uno o più giri. A Fig. 46 Disco graduato di un encoder incrementale Entrambe le gamme offrono varianti quali: - gli encoder assoluti multi-giro, - gli encoder tachimetrici che forniscono anche le misure di velocità, - i tachimetri che elaborano le informazioni per fornire le misure di velocità. Schneider Electric 153 6 Rilevamento dati 6.9 Encoder optoelettronici Tutti questi dispositivi utilizzano tecniche simili e si distinguono per la finestratura dei dischi e il modo in cui il segnale ottico viene elaborato o codificato. v Encoder incrementali Gli encoder incrementali sono adatti alle applicazioni di posizionamento e di controllo dello spostamento di un oggetto mobile mediante conteggio bidirezionale degli impulsi emessi. A Fig. 47 Principio di rilevamento del senso di rotazione e del top zero • Il disco di un encoder incrementale è composto da due tipi di piste: - una o più piste esterne (vie A e B), suddivise in “n” intervalli uguali, alternativamente opachi e trasparenti, ove “n” rappresenta la risoluzione o il numero di periodi dell'encoder. Dietro la pista esterna sono installati due fotodiodi scalati che forniscono segnali digitali A e B ogni qual volta il fascio luminoso attraversa una zona trasparente. Lo sfasamento di 90° elettrico (1/4 di periodo) dei segnali A e B consente di determinare il senso di rotazione: (C Fig.47). In un senso, il segnale B è a 1 in corrispondenza del fronte di salita del segnale A, mentre nel senso opposto è a 0, - una pista interna (pista Z) comprendente una sola finestra, che fornisce la posizione di riferimento e che consente una reinizializzazione ad ogni giro (top 0). Il segnale Z, chiamato "top zero" è sincronizzato con i segnali A e B. • Utilizzo delle vie A e B Gli encoder incrementali consentono tre livelli di precisione di elaborazione: - utilizzo dei fronti di salita solo della via A: elaborazione semplice, corrispondente alla risoluzione dell'encoder, - utilizzo dei fronti di salita e di discesa solo della via A: la precisione di elaborazione è raddoppiata, - utilizzo dei fronti di salita e di discesa delle vie A e B: la precisione di elaborazione è quadruplicata. (C Fig.48). • Eliminazione dei disturbi Qualsiasi sistema di conteggio può essere disturbato dalla comparsa di parassiti in linea che vengono conteggiati come impulsi emessi dall'encoder. A Fig. 48 Aumento del numero di punti Per evitare questo rischio la maggior parte degli encoder incrementali emette, oltre ai segnali A, B e Z, i segnali complementari A, B et Z . Se il sistema di elaborazione è progettato per poterli utilizzare (comandi numerici NUM ad esempio), i segnali complementari consentono di differenziare gli impulsi encoder dagli impulsi parassiti (C Fig.49), evitando che questi ultimi vengano presi in considerazione, o addiritttura la ricostruzione del segnale emesso (C Fig.50). v Encoder assoluti • Principio di realizzazione Gli encoder assoluti sono destinati alle applicazioni di controllo spostamento e posizionamento di un oggetto mobile. Sono rotativi e funzionano in modo simile ai rilevatori incrementali, ma se ne distinguono per il tipo di disco che presenta più piste concentriche divise in segmenti uguali alternativamente opachi e trasparenti. Un encoder assoluto emette costantemente un codice che rappresenta l'immagine della posizione reale dell'oggetto mobile da controllare. A Fig. 49 Eliminazione dei disturbi A Fig. 50 154 Ricostruzione di un segnale disturbato con e senza segnale complementare Schneider Electric La prima pista interna (C Fig.51) è composta da una metà opaca e da una metà trasparente. La lettura di questa pista consente di determinare in quale metà si trova l’oggetto (MSB: Most Significant Bit). Le piste successive, dal centro verso l’esterno del disco, sono suddivise in quattro quarti alternativamente opachi e trasparenti. La lettura di questa pista, combinata con la lettura della pista precedente, consente di determinare in quale quarto di giro è situato l’oggetto. Le piste successive consentono infine di determinare in quale ottavo di giro, sedicesimo di giro, ecc., si trova l’oggetto. A Fig. 51 Dischi incisi da un encoder assoluto La pista esterna, corrisponde al bit meno significativo (LSB : Least Significant Bit). Il numero di uscite parallele corrisponde al numero di bit o di piste del disco. L’immagine dello spostamento richiede una coppia diodo/fototransistor pari ai bit emessi o alle piste del disco. La combinazione di tutti i segnali in un dato istante fornisce la posizione dell’oggetto. Per ogni posizione angolare dell'asse il disco degli encoder assoluti fornisce un codice numerico. Un solo codice corrisponde ad una sola posizione. Il codice emesso da un encoder assoluto può essere un codice binario o un codice Gray (C Fig.52). A Fig. 52 Segnale fornito in codice Gray da un encoder rotativo assoluto • Vantaggi degli encoder assoluti L’encoder assoluto presenta due importanti vantaggi rispetto all’encoder incrementale: - insensibilità alle interruzioni dell’alimentazione dal momento che alla messa sotto tensione o in caso di interruzione della tensione l’encoder fornisce un’informazione immediatamente utilizzabile dal sistema di elaborazione, corrispondente alla posizione angolare reale dell’oggetto. L’encoder incrementale richiede tuttavia una reinizializzazione prima di poter utilizzare utilmente i segnali. - insensibilità ai disturbi in linea. Un disturbo può modificare il codice emesso da un encoder assoluto, ma questo codice torna automaticamente corretto alla scomparsa del disturbo. Con un encoder incrementale il disturbo viene elaborato tranne che nel caso in cui vengano utilizzati i segnali complementari . • Utilizzo dei segnali Per ogni posizione angolare dell’asse il disco fornisce un codice che può essere un codice binario oppure un codice Gray: A Fig. 53 Principio di transcodificazione di Gray in binario - Il codice binario permette di effettuare le 4 operazioni aritmetiche su numeri espressi in questo codice ed è quindi direttamente utilizzabile dai sistemi di elaborazione (controllori programmabili ad esempio) per effettuare calcoli o comparazioni. Tuttavia presenta l'inconveniente di avere più bit che cambiano di stato tra due posizioni con conseguente possibile ambiguità di lettura. Per evitare questa ambiguità gli encoder assoluti generano un segnale d’inibizione che blocca le uscite ad ogni cambio di stato. - Il codice Gray presenta il vantaggio di avere un solo bit che cambia tra due numeri consecutivi evitando possibili ambiguità di lettura. Per essere utilizzato da un sistema di automazione il codice Gray deve essere precedentemente transcodificato in binario (C Fig.53). • Utilizzo di un encoder assoluto Nella maggior parte delle applicazioni, la costante ricerca di ottimizzazione della produttività impone spostamenti rapidi a grande velocità con successivi rallentamenti che permettano posizionamenti precisi. A Fig. 54 Posizionamento di un oggetto mobile su un asse Per raggiungere questo obbiettivo con schede I/O standard, quando la velocità è elevata è necessario controllare gli MSB in modo da far intervenire il rallentamento a un semi-giro (C Fig.54). Schneider Electric 155 6 Rilevamento dati 6.9 Encoder optoelettronici v Varianti degli encoder Per rispondere alle diverse esigenze d’impiego sono disponibili diverse varianti di prodotti quali: - Encoder assoluti multi-giro, - Encoder tachimetrici e tachimetri, - Encoder ad asse pieno, - Encoder ad asse cavo, - Encoder ad asse traversante. v Associazione encoder - unità di elaborazione I circuiti d’ingresso delle unità di elaborazione devono essere compatibili con i flussi d’informazioni forniti dagli encoder (C Fig.55). Unità di elaborazione Encoder Incrementale Assoluto Frequenza del segnale (kHz) =< 0,2 Controllori programmabili Ingressi ON/OFF X Conteggio rapido Schede d’assi X X X X Controllo numerico Microcomputer > 40 Collegamento in parallelo X X Ingressi paralleli X Schede specifiche A Fig. 55 =< 40 X X X X Principali tipi di unità di elaborazione utilizzate nell’industria b I rilevatori di velocità b -c a -a c S N -b -b' S c' A Fig. 56 Gli encoder sopra citati permettono di fornire un’informazione di velocità mediante elaborazione del segnale di uscita. N -a' -c' b' a' Rappresentazione schematica di un alternatore tachimetrico La panoramica sui rilevatori non è completa se tralasciamo di citare i rilevatori analogici di velocità, utilizzati principalmente per i sistemi di asservimento velocità e associati in particolare ai variatori per motori a corrente continua. Per il funzionamento ad anello chiuso dei convertitori di frequenza i variatori moderni utilizzano un rilevatore di velocità virtuale che, a partire da grandezze elettriche misurate nel variatore, ricostituiscono la velocità reale della macchina. v Alternatore tachimetrico Questo rilevatore di velocità (C Fig.56) è composto da uno statore formato da più avvolgimenti e da un rotore che integra dei magneti. Questo dispositivo è simile ad un alternatore. La messa in rotazione provoca delle tensioni alternate negli avvolgimenti dello statore. L’ampiezza e la frequenza del segnale generato dipendono direttamente dalla velocità di rotazione. Per realizzare un asservimento o un’indicazione della velocità è possibile utilizzare sia la tensione (efficace o raddrizzata) che la frequenza. Lo sfasamento degli avvolgimenti permette di rilevare facilmente il senso di rotazione. v Dinamo tachimetrica A Fig. 57 156 Rappresentazione schematica di una dinamo tachimetrica e di una realizzazione industriale Questo tipo di rilevatore di velocità è composto da uno statore che comprende un avvolgimento fisso e da un rotore che incorpora dei magneti (C Fig.57). Il rotore è dotato di un collettore e di spazzole. Schneider Electric Questo dispositivo cchina è simile ad un generatore di corrente continua. Il collettore e il tipo di spazzole vengono scelti per limitare le tensioni di soglia e le discontinuità di tensione al passaggio delle spazzole. Permette di funzionare su un’ampia gamma di velocità. La messa in rotazione induce una tensione continua la cui polarità dipende dal senso di rotazione e la cui ampiezza è proporzionale alla velocità. Ampiezza e polarità possono essere utilizzate per realizzare un asservimento o avere un’indicazione della velocità. La tensione fornita da questo tipo di rilevatore è compresa tra 10 e 60 volt/1000 giri al minuto; in alcuni modelli di dinamo può essere programmata dall’utente. v I sensori di velocità a riluttanza variabile Lo schema della Fig. 58 mostra questo tipo di sensore. Il nucleo magnetico della bobina è sottoposto ai flussi d’induzione di un magnete permanente. La bobina è posizionata a lato di un disco (ruota polare) o di un elemento ferromagnetico rotante. Lo scorrimento delle discontinuità magnetiche (denti, fessure, fori) del disco o dal pezzo in rotazione provoca una variazione periodica della riluttanza del circuito magnetico della bobina che induce in quest’ultima una tensione di frequenza e d’ampiezza proporzionali alla velocità di rotazione. A Fig. 58 Rappresentazione schematica di un rilevatore a riluttanza variabile L’ampiezza della tensione dipende: - dalla distanza bobina/pezzo, - dalla velocità di rotazione: inizialmente è proporzionale a questa velocità. A bassa velocità l’ampiezza può essere troppo ridotta per essere rilevata, al di sotto di questa velocità limite il rilevatore diventa inutilizzabile. L’ampiezza di misura dipende dal numero di discontinuità magnetiche del pezzo in rotazione. La velocità minima misurabile è tanto più bassa quanto più elevato è il numero di passi. In compenso la velocità massima misurabile sarà tanto più elevata quanto più basso sarà il numero di passi a causa della difficoltà di elaborare segnali di frequenza elevata. Le possibilità di misura variano in una gamma da 50 giri/min a 500 giri/min con una ruota da 60 denti ad una gamma da 500 giri/min a 10000 giri/min con una ruota da 15 denti. La composizione del tachimetro a corrente di Foucault è simile; questo dispositivo è utilizzabile a fianco di un elemento rotante in metallo non ferromagnetico. L’insieme bobina magnete permanente è sostituito da un circuito oscillante. La bobina, che è la testa di misura, costituisce l’induttanza L del circuito di un oscillatore sinusoidale. L’avvicinamento di un conduttore in metallo modifica le caratteristiche L e R della bobina. La rotazione di una ruota dentata davanti alla bobina produce, al passaggio di ciascun dente, l’interruzione dell’oscillatore che viene rilevato, ad esempio, dalla modifica della corrente d’alimentazione dell’oscillatore. Il segnale corrispondente ha una frequenza proporzionale alla velocità di rotazione e la sua ampiezza, non essendo qui determinata dalla velocità di rotazione, è indipendente da questa velocità. Ne risulta che questo tipo di rilevatore è utilizzabile a basse velocità. Questo tipo di sensore può anche essere utilizzato per la misura di sottovelocità o sovra-velocità, come ad esempio il sensore induttivo per controllo rotazione XSAV o XS9 di Telemecanique. Schneider Electric 157 6 Rilevamento dati 6.10 6.10 Pressostati e vacuostati Pressostati e vacuostati b Cos’è la pressione? La pressione è il risultato di una forza applicata su una superficie. Se P è la pressione, F la forza e S la superficie, si avrà la relazione P=F/S. La terra è circondata da uno strato d’aria che ha una certa massa e quindi esercita una data pressione chiamata “Pressione atmosferica”. La pressione atmosferica è data in hpa (ettopascal) o mbar. 1hPa = 1mbar. a A Fig. 59 b c Esempio di rilevatori di pressione (marchio Telemecanique) a: Pressostato elettromeccanico tipo XML-B b: Pressostato elettronico tipo XML-F c:Trasmettitore di pressione tipo XML-G L’unità di misura della pressione del Sistema Internazionale è il Pascal (Pa): 1 Pa= 1N/1m2 L'unità di misura più comunemente utilizzata è invece il bar: 1bar = 105Pa = 105N/m2 = 10N/cm2 Pressostati, vacuostati e trasmettitori di pressione hanno la funzione di controllare, regolare o misurare una pressione o una depressione in un circuito idraulico o pneumatico. I pressostati o vacuostati trasformano un cambiamento di pressione in segnale elettrico “ON/OFF” al raggiungimento dei punti di riferimento visualizzati. Possono essere elettromeccanici o elettronici (C Fig.59). I trasmettitori di pressione (detti anche rilevatori analogici) trasformano la pressione in un segnale elettrico proporzionale e sono a tecnologia elettronica. b I rilevatori per il controllo della pressione v Principio A Fig. 60 Principio di un rilevatore di pressione elettromeccanico (marchio Telemecanique) Gli apparecchi elettromeccanici utilizzano lo spostamento di una membrana, di un pistone o di un soffietto per azionare meccanicamente dei contatti elettrici (C Fig.60). I I trasduttori di pressione elettronici Telemecanique sono caratterizzati da una cellula ceramica di misura della pressione (C Fig.61). La deformazione di questa cellula, dovuta alla variazione di pressione, viene rilevata dalle resistenze del Ponte di Wheatstone serigrafate sulla ceramica stessa. La variazione della resistenza viene in seguito trattata dal circuito elettronico integrato per dare un segnale digitale o proporzionale alla pressione (es.: 4-20mA , 0-10v…). Il controllo o la misura della pressione risultano dalla differenza tra le pressioni ai due lati dell’elemento sottoposto alla pressione. A seconda della pressione di riferimento, si utilizza la seguente terminologia: Pressione assoluta: misurata rispetto ad un contenitore sigillato, generalmente sotto vuoto Pressione relativa: misurata rispetto alla pressione atmosferica. A Fig. 61 Sezione di un rilevatore di pressione (marchio Telemecanique) Pressione differenziale: misura la differenza tra due pressioni. È importante notare che i contatti elettrici di uscita possono essere: - di potenza, bipolari o tripolari, per il comando diretto di motori monofase o trifase (pompe, compressori, ecc...), - standard, per il comando delle bobine di contattori, relè, elettrovalvole, ingressi controllore, ecc... v Terminologia (C Fig.62) • Terminologia generale A Fig. 62 158 Rappresentazione grafica dei termini comunemente utilizzati - Gamma di funzionamento È l'intervallo definito dal valore minimo del punto inferiore (PB) ed il valore massimo del punto superiore (PA) per i pressostati e i vacuostati. Corrisponde all’ampiezza di misura dei trasmettitori di pressione (o rilevatori analogici). È importante notare che le pressioni visualizzate sugli apparecchi hanno per base la pressione atmosferica. Schneider Electric - Calibro Valore massimo del campo di funzionamento per i pressostati. Valore minimo del campo di funzionamento per i vacuostati. a - Punto d’intervento superiore (PA) È il valore massimo della pressione regolato sul pressostato o sul vacuostato e in corrispondenza del quale il contatto cambierà di stato quando la pressione sarà crescente. b - Punto basso di riferimento (PB) È il valore minimo della pressione regolato sul pressostato o sul vacuostato e in corrispondenza del quale l’uscita del prodotto cambierà di stato quando la pressione sarà discendente. - Differenziale È la differenza tra il punto d’intervento superiore (PA) e il punto d’intervento inferiore (PB). c - Apparecchi a differenziale fisso Il punto d’intervento inferiore (PB) è direttamente collegato al punto d’intervento superiore (PA) attraverso il differenziale. A Fig. 63 Rappresentazione grafica dei termini specifici all’elettromeccanica - Apparecchi a differenziale regolabile La regolazione del differenziale consente di fissare il punto d’intervento inferiore (PB). • Terminologia specifica dell’elettromeccanica (C Fig.63): - Precisione d’impostazione del punto di riferimento (C Fig.63a) Tolleranza tra il punto d’intervento visualizzato e il valore reale di attivazione del contatto. Per un punto d’intervento preciso (1a installazione del prodotto), utilizzare il riferimento di un dispositivo di taratura (manometro, ecc.). - Ripetibilità (R) (C Fig.63b) È la variazione del punto di intervento tra due manovre successive. - Deriva (F) (C Fig.63c) È la variazione del punto di intervento per tutta la durata dell’apparecchio. • Terminologia specifica dell’elettronica: - La gamma di misura (EM) di un sensore di pressione corrisponde all’intervallo delle pressioni misurate dall’apparecchio. È compresa tra 0 bar e la pressione corrispondente al calibro del sensore. A Fig. 64 Rappresentazione grafica: a) la linearità. b) l'isteresi. c) la ripetibilità. - La precisione è costituita dalla linearità, dall’isteresi, dalla ripetibilità e dalle tolleranze di regolazione. È espressa in % del campo di misura del sensore di pressione (% EM). - La linearità è la differenza maggiore tra la curva reale del sensore e la curva nominale (C Fig.64a). - L’isteresi è la differenza maggiore tra la curva a pressione ascendente e la curva a pressione discendente (C Fig.64b). - La ripetibilità è la banda di dispersione massima ottenuta facendo variare la pressione in date condizioni (C Fig.64c). - Le tolleranze di regolazione sono le tolleranze di regolazione fornite dal costruttore del punto zero e della sensibilità (pendenza della curva del segnale di uscita del sensore). - Derive in temperatura La precisione di un sensore di pressione è sempre sensibile alla temperatura di funzionamento. È proporzionale alla temperatura e si esprime in % EM / °C. A Fig. 65 Rappresentazione grafica delle derive: a) della sensibilità. b) del punto zero. - Deriva della sensibilità e del punto zero (C Fig.65a e b) Il punto zero corrisponde al valore del segnale in assenza di pressione. La sensibilità fornisce il rapporto tra il segnale di uscita e la pressione. Schneider Electric 159 6 Rilevamento dati 6.10 Pressostati e vacuostati - Pressione massima ammissibile ad ogni ciclo (Ps) Pressione che un pressostato è in grado di sopportare ad ogni ciclo senza alcun effetto sulla sua durata. È pari, come minimo, a 1,25 volte il calibro dell’apparecchio. - Pressione massima ammissibile accidentalmente È la pressione massima, fuori choc di pressione, a cui il sensore di pressione può essere sottomesso occasionalmente senza causare danni all’apparecchio - Pressione di rottura È la pressione oltre la quale il sensore di pressione rischia di presentare una fuga o un’esplosione della parte meccanica. Tutte queste definizioni riguardanti le pressioni sono di fondamentale importanza nella scelta del prodotto in grado di rispondere in modo ottimale alle esigenze applicative. v Altre caratteristiche dei rilevatori di presenza In questo capitolo sono state presentate le diverse tecnologie di rilevamento, ognuna delle quali presenta particolari vantaggi e limiti d’impiego. Per scegliere tra una tecnologia e un’altra è necessario tenere conto anche di altri criteri valutando con attenzione i dati riportati nelle tabelle di scelta inserite nei cataloghi dei costruttori. In base ai rilevatori è necessario prendere in considerazione in modo particolare: - le caratteristiche elettriche, - le caratteristiche ambientali, - le opzioni di messa in opera. b Criteri di scelta A Fig. 66 Collegamento 2 fili e 3 fili I paragrafi successivi presentano alcuni esempi di criteri di scelta che, senza essere centrati sulla funzione base, presentano vantaggi nella messa in opera e nell’utilizzo. Tutte queste informazioni sono presenti nei cataloghi dei costruttori e permettono di scegliere il dispositivo in modo corretto. v Le caratteristiche elettriche • La tensione d’alimentazione che può essere AC o DC tenendo conto della gamma di variazione. • Le tecnologie di commutazione: tecnologia “2 fili” o “3 fili” (C Fig.66). Tecnologia “2 fili”: il sensore è alimentato in serie con il carico ed è quindi soggetto ad una corrente residua allo stato non passante e ad una caduta di tensione allo stato passante. L’uscita può essere normalmete aperta o normalmete chiusa (NO/NC) ed essere quasi costantemente protetta contro i cortocircuiti. Tecnologia “3 fili”: il rilevatore possiede due fili di alimentazione e un filo per la trasmissione del segnale di uscita (o più, in caso di prodotti a più uscite). L’uscita può essere del tipo a transistor PNP o NPN. Entrambe le tecnologie sono comuni a molti costruttori, ma è importante prestare particolare attenzione alle correnti residue e alle cadute di tensione ai morsetti dei sensori: valori bassi garantiscono una miglior compatibilità con qualsiasi tipo di carico. v Caratteristiche ambientali • Elettriche: - immunità ai disturbi in linea, - immunità alle radiofrequenze, - immunità agli shock elettrici, - immunità alle scariche elettrostatiche. 160 Schneider Electric 6.10 Pressostati e vacuostati 6.11 Conclusione • Termiche Generalmente tra -25 e +70° per arrivare fino a -40 +120°C. • Umidità/polveri Grado di protezione dell’involucro (tenuta stagna): IP 68 ad esempio per applicazioni sottoposte a emissioni di olio da taglio nelle macchine utensili. v Opzioni di messa in opera - 6.11 Forma geometrica (cilindrica o parallelepipeda), Scatola in metallo/in plastica, Montaggio immerso o non immerso nel metallo, Dispositivi di fissaggio, Tipo di collegamento, con cavo o connettore, Funzioni di auto-apprendimento. Conclusione b E in futuro? Le prestazioni dei sensori elettronici migliorano continuamente grazie all’evoluzione dell’elettronica, sia per quanto concerne le caratteristiche elettriche dei componenti che le loro dimensioni. Con il boom delle telecomunicazioni (Internet, telefoni cellulari), le frequenze di lavoro dell’elettronica sono aumentate, da qualche centinaia di MHz ai Ghz. Di conseguenza è possibile, ad esempio, misurare più facilmente le velocità di propagazione delle onde e quindi liberarsi da fenomeni fisici locali. Inoltre, le tecnologie Bluetooth o Wi FI hanno permesso la realizzazione di dispositivi wireless (senza fili), con collegamenti radio su frequenze dell’ordine di 2.4 Ghz. Altro aspetto interessante dell’elettronica moderna è rappresentato dall’elaborazione digitale del segnale: la diminuzione dei costi dei microcontrollori consente di aggiungere funzioni evolute a semplici sensori (autotuning sulle caratteristiche ambientali con acquisizione eventuale presenza di umidità, fumo, elementi metallici vicini, rilevatori “intelligenti” con funzioni di autocontrollo). Grazie alle evoluzioni tecnologiche i sensori di rilevamento sapranno rispondere in modo ottimale alle esigenze iniziali ed essere al contempo facilmente adattabili alle evoluzioni e ai cambiamenti futuri; tutto questo ad un costo pressochè invariato. Il processo di innovazione richiede tuttavia investimenti importanti che attualmente solo i grandi produttori sono in grado di affrontare. b L’importanza dei rilevatori Tutti i progettisti e gli utenti di sistemi automatici, dalla semplice porta di garage alla catena di produzione, sanno bene che il corretto funzionamento di un sistema di automazione dipende dalla scelta dei sensori atti a: - proteggere i beni e le persone, - rendere più affidabile il sistema di automazione di un processo industriale, - ottimizzare il controllo e comando delle apparecchiature industriali, - controllare i costi di gestione. I rilevatori hanno tuttavia precise esigenze per quanto concerne la loro messa in opera e il loro utilizzo, esigenze inerenti le tecnologie utilizzate. La tabella della Fig. 67 elenca le caratteristiche delle diverse tecnologie. Questo per meglio valutare i limiti d’impiego e le regolazioni necessarie ai diversi prodotti. In caso di dubbio o di difficoltà nella scelta del prodotto consigliamo di consultare gli specialisti dei costruttori. Schneider Electric 161 6 Rilevamento dati 6.12 6.12 Guida alla scelta delle diverse tecnologie Guida alla scelta delle diverse tecnologie Oggetto rilevato Distanza di rilevamento Ambiente Tecnologia Trasferimento e messa in forma Vantaggi Elementi indeformabili Mediante contatto da 0 a 400mm (leva) Meccanica Contatto elettromeccanico Intuitivo, contatto a secco di forte potenza Contatto positivo Pezzi metallici --> 60mm Induttiva Statico ON/OFF o analogico Robusto, a tenuta stagna Difficilmente perturbabile Magneti --> 100mm Magnetica Contact reed Rileva attraverso tutti i materiali non ferrosi Tutti i tipi --> 300m Senza polveri Senza presenza di fluidi Fotoelettrica --> 60 mm Secco Capacitiva --> 15m Senza rumori rilevanti (onde d’impulso) Senza vapori Ultrasonica Etichetta elettronica, libri, pezzi, pacchi… Alcuni metri Sensibile al metallo Radiofrequenza Dati numerici Oggetti da semplici a complessi --> 1m Richiede un’illuminazione specifica Ottica Algoritmo di riconoscimento Controllo di presenza, Dati digitali o analogici di forma, di colori Qualsiasi tipo di pezzo A Fig. 67 162 Guida alla scelta dei sensori Schneider Electric Portata elevata Rilevamento di tutti i tipi di oggetti Statico ON/OFF o analogico Rilevamento attraverso tutti i materiali non conduttori Robusto Rileva i materiali trasparenti e le polveri Etichetta per lettura scrittura, rintracciabilità 7 capitolo Sicurezza delle persone e delle macchine La regolamentazione europea in materia di sicurezza delle persone e dell’ambiente, le norme IEC per le macchine e i prodotti. Esempi applicativi di prodotti e di reti di sicurezza Sommario 7. Sicurezza delle persone e delle macchine b 7.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 166 1 b 7.2 Gli incidenti sul lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 167 b 7.3 La legislazione europea e le norme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 169 b 7.4 Il concetto di funzionamento sicuro (safe operation). . . . . . . pagina 176 b 7.5 L acertificazione e il marchi CEE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 177 2 b 7.6 I principi per gli organi di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 179 b 7.7 Le funzioni di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 180 b 7.8 La sicurezza delle reti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 182 3 b 7.9 Esempio applicativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 183 b 7.10 Le funzioni e i prodotti di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 185 b 7.11 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagina 186 4 5 6 7 8 9 10 11 12 M Schneider Electric 165 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.1 Introduzione Dopo la presentazione e la definizione delle normative che regolano la sicurezza, ci dedicheremo alle macchine oltre che alla tecnologia dei diversi prodotti, al fine di soddisfare le esigenze dei Clienti e risolvere i diversi vincoli legislativi. 7.1 Introduzione b Il ruolo della sicurezza e definizioni La legge esige che vengano adottate delle misure preventive per preservare e proteggere la qualità dell’ambiente e la salute del genere umano. Per raggiungere questi obbiettivi, il legislatore ha elaborato delle direttive europee che devono essere applicate dagli utenti dei mezzi di produzione oltre che dai costruttori di apparecchiature e macchine. Il legislatore ha fissato anche la responsabilità verso eventuali incidenti. • A dispetto dei vincoli imposti, la sicurezza delle macchine presenta le seguenti conseguenze positive: - Eliminazione degli incidenti sul lavoro. - Protezione dei lavoratori e del personale mediante misure di sicurezza appropriate che prendono in considerazione l’uso delle macchine e delle caratteristiche ambientali locali. • Tutto ciò permette di ridurre i relativi costi diretti e indiretti - Riducendo i danni fisici. - Riducendo i premi assicurativi. - Riducendo le perdite di produzione e le eventuali penalità di ritardo. - Limitando i danni e le spese di manutenzione. • Un funzionamento sicuro implica due concetti, la sicurezza e l’affidabilità del processo (C Fig.1) - La sicurezza è la proprietà di un apparecchio di limitare ad un livello accettabile i rischi corsi dalle persone. - L’affidabilità di funzionamento è la capacità di un sistema o di un apparecchio di realizzare la funzione per la quale è stato definito in qualsiasi momento e per un tempo specificato. A Fig. 1 La sicurezza e affidabilità del processo • La sicurezza deve essere presa in considerazione fin dall’inizio del progetto e mantenuta per l’intera durata di vita della macchina, quindi dal trasporto, installazione, avviamento, manutenzione, fino allo smantellamento • Le macchine e gli stabilimenti sono fonti di rischi potenziali e la Direttiva Macchine esige uno studio dei rischi per l’intero insieme, al fine di ridurre questa eventualità al di sotto del rischio tollerabile • La norma EN 1050 definisce il rischio nel seguente modo (C Fig.2): il rischio è la gravità moltiplicata per la possibilità di comparsa Probabilità di comparsa Rischio legato al potenziale pericolo A Fig. 2 166 = Gravità dei danni legati al potenziale pericolo Definizione del rischio Schneider Electric x - frequenza e durata di esposizione - possibilità di limitare o evitare la probabilità di comparsa dell’evento che può provocare danni 7.1 7.2 Introduzione Gli incidenti sul lavoro • La norma europea EN 1050 (principio dell’analisi dei rischi) Definisce un processo iterativo per realizzare la sicurezza delle macchine in base al quale il rischio per ciascun potenziale pericolo può essere determinato in quattro tappe. Questo metodo fornisce una base per la riduzione indispensabile dei rischi utilizzando le categorie descritte dalla norma EN 954. Il diagramma della Fig. 3 illustra questo processo che descriveremo in dettaglio nelle pagine che seguono. 7 A Fig. 3 7.2 Il processo di sicurezza delle macchine Gli incidenti sul lavoro Un incidente sul lavoro provoca una lesione più o meno grave, dovuta al lavoro stesso, su di una persona intenta a lavorare o ad intervenire su di una macchina (installatore, operatore, tecnico della manutenzione, ecc...). b Fattori all’origine degli incidenti sul lavoro • Fattori legati agli uomini (progettisti o utilizzatori) - Errori nella progettazione della macchina e negli studi preliminari. - Assuefazione ai rischi (abitudine e ripetitività dei gesti) e banalizzazione dei comportamenti di fronte al pericolo. - Sottostima dei rischi con conseguente neutralizzazione delle protezioni. - Riduzione dell’attenzione nelle funzioni di controllo (fatica). - Mancato rispetto delle procedure. - Aumento dello stress (rumore, ritmo di lavoro, ecc.). - Precarietà dell’impiego che può portare ad una formazione insufficiente. - Manutenzione scarsa o mal eseguita può essere all’origine di rischi imprevedibili. Schneider Electric 167 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.2 Gli incidenti sul lavoro • Fattori legati alle macchine - Dispositivi di protezione inadatti. - Alta tecnologia dei sistemi di controllo e comando. - Rischi relativi alla macchina (movimento alternativo di una macchina, avviamento intempestivo o arresto precario). - Macchine non adatte all’impiego o alle caratteristiche ambientali (allarmi sonori coperti dal rumore prodotto dal parco macchine). • Fattori legati agli impianti - Circolazione delle persone (linee di produzione automatizzate). - Assemblaggio di macchine di provenienza e tecnologia diverse. - Flusso di materiale o prodotti tra le macchine. b Le conseguenze - Pericolo più o meno grave per l’integrità fisica dell’utilizzatore. - Arresto della produzione della macchina interessata. - Arresto del parco macchine dello stesso tipo per perizie, ad esempio, da parte dell’Ispettorato del lavoro. - Modifica delle macchine per messa in conformità, se necessaria. - Cambio del personale e formazione sul posto di lavoro. - Deterioramento dell’immagine aziendale. b Conclusione La spesa legata agli infortuni sul lavoro nell’Unione Europea è stimata in circa 20 miliardi di Euro. Per prevenirli ed azzerarne le possibili cause ed effetti negativi sono necessarie azioni energiche e tecnicamente qualificate che coinvolgano l’intera popolazione aziendale: è indispensabile un impegno effettivo che richiede per prima cosa una volontà politica e strategica dell’impresa. La riduzione degli incidenti sul lavoro dipende dalla sicurezza delle macchine e dei componenti. b Tipi di rischi Le cause che possono portare ad una lesione o ad un danno alla salute del personale possono essere classificati in tre gruppi principali come mostrato dalla Fig. 4. A Fig. 4 168 I principali rischi di una macchina Schneider Electric 7.3 7.3 La legislazione europea e le norme La legislazione europea e le norme L’obbiettivo principale della Direttiva Macchine 98/37/CE è quello di garantire un livello di sicurezza minimo alle macchine e all’equipaggiamento immessi sul mercato della Comunità Europea. Al fine di autorizzare la libera circolazione delle macchine e delle apparecchiature all’interno della Comunità Europea il costruttore deve apporre sul prodotto il marchio CE creando così una documentazione di autocertificazione e di dichiarazione di conformità della sua macchina. La Direttiva Macchine in vigore dal 1995, vale anche per tutti i componenti di sicurezza a parire dal gennaio 1997. L’utilizzatore ha inoltre l’obbligo di rendere il suo parco macchine conforme alla Direttiva Sociale 89/655/CEE che fissa gli obbiettivi minimi di protezione nell’ambiente di lavoro e che riguarda in particolare l’impiego dei prodotti. b Le norme di riferimento v Introduzione Le norme comuni europee traducono in termini teorici le specifiche relative ai requisiti fondamentali in materia di sicurezza definiti dalla Direttiva corrispondente. L’obbiettivo principale è di garantire un livello di sicurezza minimo alle macchine e alle apparecchiature immessi sul mercato della Comunità Europea, autorizzandone la libera circolazione all’interno dei Paesi della Comunità Europea. v I 3 tipi di norme europee legate alla sicurezza • Norme di tipo A Sono le norme fondamentali che specificano i principi generali di progettazione applicabili a tutti i tipi di macchine. EN ISO 12100 (prima EN 292). • Norme di tipo B Sono le norme di gruppo, relative agli aspetti particolari della sicurezza o legate ad un dispositivo di sicurezza specifico utilizzabile su una vasta gamma di macchine. • Norme di tipo B1 Sono le norme relative a caratteristiche specifiche dei dispositivi elettrici delle macchine, EN 60204-1 (es: rumore, distanze di sicurezza, dispositivi di controllo, ecc...). • Norme di tipo B2 Sono le norme relative ai dispositivi di sicurezza di arresto di emergenza, compresi i dispositivi di comando a due mani, (EN 574) le barriere di sicurezza (EN 418), ecc... • Norme di tipo C Sono le norme di sicurezza per le diverse famiglie di macchine (es: presse idrauliche EN 693, robot, ecc...) e che forniscono prescrizioni dettagliate applicabili. La Fig. 5 presenta in modo non esaustivo le diverse norme. A Fig. 5 Le diverse norme Schneider Electric 169 7 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.3 La legislazione europea e le norme La tabella della Fig. 6 elenca, senza tuttavia citarle tutte, le norme europee legate alla sicurezza. Standard EN ISO 12100-1, -2 A Sicurezza delle macchine - Nozioni fondamentali Parte 1 Terminologia metodologia Parte 2 Principi tecnici EN 574 B Dispositivi di comando a due mani- norme di studio EN 418 B Dispositivi di arresto di emergenza - norme di studio EN 954-1 B Prescrizioni di sicurezza - norme di studio EN 349 B Distanza minima per evitare lo schiacciamento delle persone EN 294 B Distanze di sicurezza per impedire il raggiungimento delle zone pericolose con gli arti superiori EN 811 B Distanze di sicurezza per impedire il raggiungimento delle zone pericolose con gli arti inferiori EN 1050 B Sicurezza delle macchine Principi per la valutazione del rischio EN 60204-1 B Sicurezza delle macchine - Dispositivi elettrici delle macchine - Parte 1: prescrizioni generali EN 999 B Posizionamento dei dispositivi di protezione in funzione della velocità di avvicinamento delle parti del corpo EN 1088 B Dispositivi di bloccaggio associati a dispositivi di protezione - Principi di progettazione e di scelta EN 61496 B Apparecchiature di protezione elettrosensibili EN 60947-5-1 B Apparecchi elettromeccanici per circuiti di comando N 842 B Segnali visivi di pericolo - Esigenze generali, progettazione e prove EN 201 C Macchine per la lavorazione della gomma e delle materie plastiche - Macchine a iniezione Prescrizioni di sicurezza EN 692 C Presse meccaniche - Sicurezza EN 693 C Sicurezza - Presse idrauliche EN 289 C Macchine per la lavorazione della gomma e delle materie plastiche - Presse - Prescrizioni di sicurezza EN 422 C Macchine per stampaggio mediante soffiaggio per la fabbricazione dei corpi cavi - Prescrizioni per la progettazione e la costruzione EN 775 C Robot manipolatori industriali - Sicurezza EN 415-4 C Sicurezza delle macchine d'imballaggio Parte 4: pallettizzatori e depallettizzatori EN 619 C Prescrizioni di sicurezza e EMC per le apparecchiature di movimentazione meccanica dei carichi isolati EN 620 C Prescrizioni di sicurezza e EMC per i trasportatori a cinghie fisse per prodotti sfusi EN 746-3 C Dispositivi termici industriali Parte 2: prescrizioni di sicurezza per la generazione e l’utilizzo di gas d'atmosfera EN 1454 C Motoseghe, seghe a disco, a motore termico Sicurezza. A Fig. 6 170 Tipo Soggetto Alcune norme della sicurezza macchine Schneider Electric v La norma armonizzata EN 954-1 Parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza La norma EN 954-1 “Parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza” è entrata in vigore nel mese di marzo del 1997. Questa norma di Tipo B fornisce prescrizioni di sicurezza e consigli sui principi di progettazione delle parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza. Per queste parti la norma specifica delle categorie e descrive le caratteristiche delle loro funzioni di sicurezza. Nelle norme di Tipo C queste parti di sistema sono chiamate categorie. In questa norma le prestazioni di sicurezza in relazione con il grado di comparsa dei guasti sono classificate in cinque categorie (B, 1, 2, 3, 4). È in progetto un’evoluzione (EN ISO 13849-1 PR). • Categorie di guasto (C Fig.7) • Diagramma dei rischi Comportamento del sistema Principi per ottenere la sicurezza B Un guasto può portare ad una perdita della funzione di sicurezza. Scelta del componente adatto 1 Stesso risultato di B ma con l’esigenza di una maggior affidabilità della funzione di sicurezza. Scelta del componente adatto 2 Un guasto può portare ad una perdita della funzione di sicurezza tra due ispezioni periodiche; questa perdita viene rilevata dal controllo (ad ogni test). Autocontrollo 3 Se il guasto è unico, la funzione di Ridondanza sicurezza è sempre garantita. Possono essere rilevati solo alcuni guasti. L’accumulo di guasti non rilevati può portare alla perdita della funzione di sicurezza. 4 Quando si verificano dei guasti la funzione di sicurezza è sempre garantita. I guasti verranno rilevati in tempo per non perdere la funzione di sicurezza. A Fig. 7 7 Ridondanza + autocontrollo Le cinque categorie di guasto A seconda della definizione del rischio, nella norma EN 954-1 viene proposto un metodo pratico di selezione della categoria che prende in considerazione: - S: La gravità delle lesioni. - F: La frequenza dell’occorrenza e/o dell’esposizione a potenziali pericoli. - P: La possibilità di evitare l’incidente. Le categorie risultanti definiscono la tenuta ai guasti e il comportamento del sistema di controllo in caso di guasto (C Fig. 8). S Risultato dell’incidente S1 Lesioni non gravi S2 Lesioni gravi, incapacità permanente, decesso. F Presenza nella zona pericolosa F1 Da raro ad abbastanza frequente F2 Da frequente a permanente P Possibilità di previdenza P1 Talvolta possibile P2 Virtualmente impossibile A Fig. 8 Griglia di scelta Schneider Electric 171 Sicurezza delle persone e delle macchine Per illustrare questo concetto, procediamo con una valutazione dei rischi su una pressa idraulica alimentata manualmente (C Fig.9). - Gravità delle lesioni: S2, rischio d’invalidità. - Frequenza ed esposizione: F2, la presenza dell’operatore è permanente. - Possibilità di impedire la comparsa del pericolo: P2, è virtualmente impossibile impedire la comparsa del pericolo. Il diagramma indica un rischio di categoria 4. Per completare questo esempio, selezioniamo una barriera a bloccaggio (norma EN 1088). In questo esempio (C Fig.10), lo schema è conforme alla categoria 4. Quando si verificano dei guasti, questi ultimi vengono rilevati in tempo ad evitare la scomparsa della funzione di sicurezza. A Fig. 9 Valutazione del rischio su una pressa idraulica A Fig. 10 Valutazione del rischio su una barriera a bloccaggio v Sicurezza funzionale e livello d’integrità di sicurezza (safety integraty level SIL) Le nuove tecnologie consentono dei risparmi che possono essere realizzati con una strategia di protezione intelligente. Questa norma prende in considerazione l’utilizzo di queste tecnologie nei prodotti e nelle soluzioni di sicurezza proponendo delle linee direttrici per calcolare la probabilità di guasto. Un numero sempre maggiore di prodotti e dispositivi di sicurezza dedicati alla sicurezza delle macchine integrano dei sistemi elettronici programmabili complessi; ed è proprio in ragione di questa complessità che nella pratica è difficile determinare il comportamento di tali dispositivi in caso di guasto. Per questo motivo, la norma IEC/EN 6158 intitolata « Sicurezza funzionale dei sistemi elettrici, elettronici ed elettronici programmabili relativi alla sicurezza » propone un nuovo approccio valutando l’affidabilità delle funzioni di sicurezza. Per l’industria e i settori che mettono in opera dei processi, questa è la norma base per la sicurezza. La norma IEC/EN 62061 specifica invece i requisiti e fornisce consigli per la progettazione, l'integrazione e la convalida dei sistemi di comando elettrici, elettronici ed elettronici programmabili relativi alla sicurezza (SRECS) per le macchine nel quadro della norma EN 61508. La norma EN 62061 è armonizzata con la Direttiva Macchine europea. Il livello di sicurezza integrato (SIL) è la nuova valutazione definita dalla norma IEC 61508 riguardante la probabilità di guasto di una funzione o di un sistema di sicurezza. 172 Schneider Electric • Definizione della sicurezza funzionale secondo la norma IEC/EN 61508 La sicurezza funzionale è un elemento della sicurezza di un’apparecchiatura sotto controllo (Equipment Under Control: EUC). Dipende dal corretto funzionamento dei sistemi legati alla funzione di sicurezza che includono dispositivi elettrici, elettronici, elettronici programmabili, oltre che altri dispositivi esterni che partecipano alla riduzione dei rischi. • Livelli d’integrità di sicurezza (SIL) Vi sono due modi di definire la SIL, a seconda che il sistema di sicurezza funzioni in modo di bassa sollecitazione o, al contrario, che funzioni in continua o a forte sollecitazione. La SIL è suddivisa in 4 livelli (da SIL1 a SIL4): più la SIL è alta, più la disponibilità del sistema di sicurezza è elevato. La sicurezza si ottiene mediante riduzione dei rischi (IEC/EN 61508). Il rischio residuo è quello che rimane una volta adottati i mezzi di protezione (C Fig.11). I sistemi di protezione elettrici, elettronici, ed elettronici programmabili (sistemi E/E/EP) contribuiscono alla riduzione dei rischi. A Fig. 11 7 La riduzione dei rischi L’integrità di sicurezza esamina la probabilità di guasto. Per una macchina, la probabilità di guasto pericoloso all’ora di un sistema di controllo nella norma IEC/EN 62061 è chiamata PFHd (C Fig.12). A Fig. 12 Posizionamento della norma EN 61508 e delle norme che ne derivano SIL sistema di sicurezza funzionante in modo di forte sollecitazione Probabilità di guasto pericoloso all’ora (PFHd) sistema di sicurezza funzionante in modo di bassa sollecitazione Probabilità media di guasto per attivare la funzione prevista (PFDa) 4 > = 10-9 to 10-8 > = 10-5 to 10-4 3 > = 10-8 to 10-7 > = 10-4 to 10-3 2 -6 > = 10 to 10 > = 10-3 to 10-2 1 > = 10-6 to 10-5 > = 10-2 to 10-1 A Fig. 13 -7 Livello di SIL Schneider Electric 173 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.3 La legislazione europea e le norme La norma IEC 61508 considera due modi di sollecitazione: - forte sollecitazione o modo continuo, quando il sistema relativo alla sicurezza viene sollecitato più di una volta all’anno o ad una frequenza doppia della frequenza di verifica del dispositivo. - bassa sollecitazione, quando il sistema relativo alla sicurezza viene sollecitato meno di una volta all’anno o ad una frequenza inferiore al doppio della frequenza di verifica del dispositivo. Il funzionamento a bassa sollecitazione è considerato dalla norma IEC/EN 62061 come non applicabile alla sicurezza macchine. È importante notare anche che il livello SIL 4 non viene preso in considerazione dalla norma IEC/EN62061, poiché non è applicabile alla riduzione dei rischi normalmente associati alle macchine. L’integrità di sicurezza si calcola mediante la probabilità di guasto λ (C Fig.13) che si esprime con la seguente formula λ= λs+λdd +λdu ove: λs è il tasso di guasti senza pericolo λdd è il tasso di guasti pericolosi rilevati λdu è il tasso di guasti pericolosi non rilevati Nella pratica il rilevamento dei guasti pericolosi viene effettuato mediante funzioni specifiche. Il calcolo del PFHd per un sistema o un sotto-sistema, dipende da più parametri: - Il tasso di guasti pericolosi (λd) degli elementi del sotto-sistema. La tolleranza agli errori, ossia il livello di ridondanza del sistema. L’intervallo di tempo di diagnostica (T2). L’intervallo di tempo di verifica del sistema di sicurezza (T1) o la durata (il minore dei due). - Il rischio di guasti comuni (λ). Il grafico della Fig. 14 illustra la norma IEC/EN 61508-5 e i parametri del rischio. A Fig. 14 174 Grafo del rischio Schneider Electric Parametro del rischio Classificazione Commenti Conseguenze (C) C1 Lesioni non gravi Frequenza e tempo di esposizione nella zona pericolosa (F) C2 Invalidità permanente di una o più persone, decesso di una persona C3 Decesso di più persone C4 Decesso di numerose persone F1 Da rara a molto frequente esposizione nella zona pericolosa F2 Da frequente a permanente esposizione nella zona pericolosa P1 Possibile in alcune condizioni P2 Quasi impossibile Possibilità di evitare l’evento pericoloso Probabilità di comparsa non desiderata (W) La classificazione è stata sviluppata per prendere in considerazione le lesioni e i decessi delle persone. Sarebbe necessario sviluppare altri approcci nei riguardi dell’ambiente e dei danni materiali Vedere il commento sopra riportato Questo parametro prende in considerazione: • Il modo operativo del processo (controllato, eseguito da personale addestrato • o meno) • La rapidità di comparsa del fenomeno pericoloso (immediato, rapido, lento) • La facilità d’identificazione del fenomeno pericoloso (ad esempio: visto immediatamente, rilevato da mezzi tecnici o meno) • Le possibilità di evacuazione dalla zona pericolosa (uscite di sicurezza utilizzabili, non utilizzabili o utilizzabili in alcune condizioni) • Le eventuali esperienze simili W1 Comparse non desiderate L’obiettivo del fattore W è di stimare la frequenza di comparsa dell’evento bassissime e non desiderato senza aggiungere sistemi di sicurezza di tipo E/E/EP e senza bassissima occorrenza prendere in considerazione dispositivi esterni di riduzione del rischio. W2 Comparse non desiderate basse Se non esiste alcuna base di esperienza per un caso simile, il fattore W e bassa occorrenza può essere il risultato di un calcolo che tiene conto delle peggiori condizioni. 7 W3 Comparse non desiderate relativamente alte e occorrenze frequenti A Fig. 15 Parametri di rischi (esempio nella norma IEC/EN 61508) La Fig. 16 presenta il processo di valutazione del rischio per una macchina. A Fig. 16 Processo di valutazione Schneider Electric 175 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.4 7.4 Il concetto di funzionamento sicuro (safe operation) Il concetto di funzionamento sicuro (safe operation) Il funzionamento sicuro è la messa in pratica delle nozioni sviluppate nei paragrafi precedenti che comprendono più aspetti: - Lo studio e la realizzazione della macchina, inclusa la stima del rischio. - L’installazione, l’implementazione e la convalida. - L’utilizzo della macchina, inclusa la formazione. - La manutenzione con prove periodiche di verifica. Il concetto di funzionamento sicuro può essere suddiviso in cinque tappe. b Prima tappa: stima del rischio (norme EN ISO1200-1, EN 1050) L’obbiettivo è di eliminare o ridurre il rischio e selezionare una soluzione di protezione efficace per le persone. Per facilitare questa valutazione verrà utilizzato il procedimento iterativo già proposto nella Fig. 3. Prima di effettuare la stima del rischio, sarà necessario identificare i potenziali pericoli. Sarà possibile effettuare un’analisi rigorosa ed esauriente utilizzando l’AMDEC (Analisi dei Modi di Guasto e della loro Gravità). b Seconda tappa: decisione delle misure di riduzione del rischio (norma EN ISO 12100-1) Evitare o ridurre il più possibile i potenziali pericoli a livello della progettazione (norma EN ISO 1200-2). Utilizzare i dispositivi di sicurezza per proteggere le persone contro i pericoli che non è possibile eliminare con disposizioni ragionevoli o ridurre ad un livello accettabile in fase di progettazione (norme EN 418, EN 953 barriere, EN 574 dispositivi di comando a due mani, EN 1088 bloccaggi associati a barriere). Informare sul modo di utilizzo della macchina. b Terza tappa: definizione delle esigenze e delle categorie (norma EN 954-1) In funzione delle stime preliminari dei rischi, nella norma EN 954-1 viene fornito un metodo pratico di selezione di un sistema di controllo. b Quarta tappa: progettazione delle parti del controllo relative alla funzione di sicurezza (norma EN 954-1) In questa fase il progettista della macchina seleziona i diversi prodotti. In fondo al capitolo vengono proposti alcuni esempi basati sull’utilizzo dei prodotti di sicurezza Schneider Electric. b Quinta tappa: convalida del livello di sicurezza ottenuto e delle categorie (norma EN 954-1) La convalida dovrà confermare che le parti considerate del controllo che intervengono sulla sicurezza siano conformi alle esigenze. Questa convalida deve essere effettuata mediante apposite analisi e test (norma EN 954-1 clausola 9). Ad esempio, uno di questi test è la simulazione di guasto sui circuiti con i componenti realmente installati, in particolar modo nel caso in cui sussista un dubbio sul comportamento dei circuiti rispetto agli studi teorici. 176 Schneider Electric 7.5 7.5 La certificazione e il marchio CE La certificazione e il marchio CE Il processo di certificazione e apposizione del marchio CE sulle macchine è suddiviso in sei tappe: 1. Individuazione delle normative applicabili 2. Conformità alle esigenze essenziali riguardanti la salute e la sicurezza 3. Redazione della documentazione tecnica 4. Esame di conformità 5. Redazione della dichiarazione di conformità 6. Apposizione del marchio CE b La Direttiva Macchine La Direttiva Macchine è storicamente il primo esempio del «Nuovo approccio» per un’armonizzazione tecnica e normativa dei prodotti. Si basa su: - Esigenze essenziali relative alla salute e alla sicurezza che devono essere rispettate prima che la macchina venga immessa sul mercato. - Un processo volontario di armonizzazione delle norme intrapreso dal Comitato Europeo di Nominalizzazione (CEN) e dal Comitato Europeo di normalizzazione elettrica (Cenelec). - Procedure di valutazione di conformità adeguate ai tipi di rischi e associate ai tipi di macchine. - Il marchio CE apposto dal costruttore per indicare che la macchina è conforme alle direttive applicabili. Le macchine su cui è apposto questo marchio sono libere di circolare nella Comunità Europea. La direttiva ha semplificato notevolmente le leggi nazionali in vigore e di conseguenza eliminato barriere che rendevano difficile il commercio nell’Unione Europea. Tutto ciò ha permesso anche di ridurre il costo sociale degli incidenti. Le direttive del «Nuovo Approccio» sono applicabili solo ai prodotti che vengono messi in circolazione o in servizio per la prima volta. La lista delle macchine in oggetto si può trovare nella Direttiva Macchine allegato 4. b Le esigenze essenziali La Direttiva Macchine allegato I raggruppa le esigenze essenziali in materia di salute e sicurezza per l’immissione sul mercato e la messa in servizio delle macchine e dei componenti di sicurezza all’interno della Comunità Europea. Ne deriva che: - nessun Paese membro della Comunità Europea può opporsi alla circolazione di un prodotto che risponde alle esigenze della direttiva - se al contrario le esigenze della direttiva non vengono soddisfatte, l’immissione sul mercato del prodotto può essere vietata o può essere richiesto il ritiro dal mercato del prodotto stesso. Nell’Unione Europea questo riguarda i costruttori o i loro distributori, ma anche gli importatori e i rivenditori che commercializzano o mettono in servizio le macchine. b Le norme armonizzate Il modo più semplice per dimostrare la conformità alle direttive è di essere in conformità con le Norme Europee Armonizzate. Se per un prodotto dell’allegato 4 della Direttiva Macchine non esiste una norma armonizzata, o le norme esistenti non sono adatte a coprire le esigenze di sicurezza essenziali o il costruttore considera che tali norme non siano applicabili al suo prodotto, è possibile sollecitare un accordo presso una terza parte, un organismo abilitato. Schneider Electric 177 7 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.5 La certificazione e il marchio CE Gli Organismi Notificati sono abilitati dai singoli Stati Membri dell’Unione Europea per l’attività di certificazione in forza della propria “expertise” riconosciuta per emettere una tale opinione (TÜV, BGIA, INRS, HSE, etc.) La presenza di una parte terza, anche se autorizzata dalla Commissione Europea ad attestare la conformità di un prodotto, non esime tuttavia il produttore dalla sue responsabilità; in definitiva è sempre il costruttore o il suo rappresentante a rispondere della conformità del prodotto. b Dichiarazione di conformità In base all’articolo 1 della Direttiva Macchine il costruttore o il suo rappresentante ufficiale stabilito nella Comunità Europea deve compilare una Dichiarazione Europea di Conformità per ciascuna macchina (o componente di sicurezza). Questo al fine di certificare che la macchina o il componente di sicurezza è conforme alla Direttiva. Prima dell’immissione sul mercato il costruttore o il suo rappresentante deve presentare un fascicolo tecnico alle autorità competenti. b Marchio CE Per concludere, il marchio CE deve essere applicato sulla macchina dal costruttore o dal suo rappresentante ufficiale nella Comunità Europea. Il marchio CE è obbligatorio dal 1° gennaio 1995 e può essere apposto solo se la macchina rispetta l’insieme delle direttive applicabili, quali ad esempio: - La Direttiva Macchine 98/37/EC - La Compatibilità Elettromagnetica (EMC) 89/336/EEC - La Direttiva Bassa Tensione 73/23/EEC Esistono altre direttive applicabili a seconda dei casi quali ad esempio la Direttiva ascensori, la direttiva apparecchi medicali ecc... Il marchio CE è il passaporto che permette la libera circolazione della macchina nella Comunità Europea e la sua commercializzazione in tutti i Paesi della comunità senza tener conto delle normative proprie di ciascun Paese. Il metodo della marcatura CE è riassunto nello schema della Fig. 17. A Fig. 17 178 Metodo della marcatura CE Schneider Electric 7.6 7.6 I principi per gli organi della sicurezza I principi per gli organi della sicurezza b Linea direttrice per realizzare un controllo di sicurezza La norma EN 954-1 definisce le esigenze di sicurezza relative agli organi di sicurezza di un sistema di comando. La norma definisce 5 categorie e descrive le proprietà specifiche delle relative funzioni di sicurezza che sono: - i principi di sicurezza base. - i principi di sicurezza provati. - i componenti di sicurezza provati. A Fig. 18 Qualche esempio di sistemi elettrici provati Per illustrare la nozione di principio di sicurezza provato, qui di seguito viene presentato un estratto della lista riportata nella norma EN 945-2: - Utilizzare contatti legati meccanicamente. - Utilizzare cavi ad un solo conduttore per evitare i cortocircuiti. - Prevedere distanze adatte fra le bobine di un contatto per consentire la tenuta agli choc elettrici e garantire l’isolamento del circuito. - Evitare le condizioni indefinite: costruire sistemi di controllo deterministici. - Utilizzare il modo di azione positivo. - Sovradimensionare. - Semplificare il sistema di controllo. - Utilizzare dei componenti con un modo di guasto. - Utilizzare dei temporizzatori senza alimentazione utilizzando l’energia di un condensatore. - Prevedere della ridondanza (raddoppiamento dei componenti critici). Qui di seguito vengono proposti anche alcuni esempi per sistemi elettrici (C Fig.18): - Interruttori con modo di attivazione positivo. - Arresti di emergenza (secondo la norma EN 60947-5-5). - Interruttori di potenza. - Contattore principale (solo quando sono soddisfatte le esigenze aggiuntive della norma). - Contattori ausiliari con contatti legati meccanicamente, (solo quando sono soddisfatte le esigenze aggiuntive della norma). - Valvola elettromagnetica. I paragrafi che seguono forniranno al lettore un certo numero di informazioni su nozioni tecniche conosciute principalmente dagli specialisti del settore. A Fig. 19 Principio dell’attivazione positiva b Azione positiva È un’azione di apertura di circuito diretta (IEC 60947-5-1): la separazione dei contatti è il risultato di un movimento dell’interruttore mediante un dispositivo di comando rigido. La Fig. 19 illustra come l’apertura dei contatti normalmente chiusi sia garantita dal movimento dell’asta rigida e sia invece indipendente dalle molle. A Fig. 20 Simbolo di contatto ad apertura diretta Ogni elemento di contatto ad azione di apertura di circuito deve essere identificato, all’esterno, in modo chiaro e indelebile dal marchio riportato nella Fig. 20. b Contatti legati meccanicamente I relè, i contattori e gli interruttori comprendono generalmente una serie di contatti. Per le operazioni di sicurezza è necessario conoscere la posizione di ciascuno di questi contatti quando sono utilizzati in una catena di sicurezza. A Fig. 21 Contatti legati meccanicamente In queste condizioni è possibile determinare il comportamento del circuito in caso di guasto. I contatti legati meccanicamente forniscono una soluzione che risponde a questa esigenza (C Fig.21). Schneider Electric 179 7 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.6 7.7 I principi per gli organi della sicurezza Le funzioni di sicurezza La norma (IEC/ EN 60947-5-1) definisce i contatti legati meccanicamente nel seguente modo: “[ …] I contatti legati sono contatti collegati meccanicamente in modo da garantire che i contatti in apertura ed i contatti in chiusura non si chiudano mai contemporaneamente. In caso di saldatura di un contatto in apertura, i contatti in chiusura non dovranno più potersi chiudere durante l’eccitazione della bobina. In caso di saldatura di un contatto in chiusura, i contatti in apertura non dovranno più potersi chiudere durante la diseccitazione della bobina”. 7.7 Le funzioni di sicurezza A partire dalla stima dei rischi, la sicurezza può essere garantita mediante l’adattamento delle funzioni esistenti (C Fig.22). Come già detto precedentemente questo può essere realizzato in due modi: - utilizzando la ridondanza o l’autocontrollo. - aumentando la sicurezza dei componenti. Contrariamente all’approccio classico che consisteva nel suddividere i sistemi di automazione in funzioni per gestirli singolarmente, la sicurezza deve essere vista globalmente. Per facilitare la realizzazione di sistemi di automazione i costruttori di componenti propongono dei prodotti specifici certificati che integrano insiemi di funzioni. La Fig. 23 presenta delle soluzioni generiche corrispondenti alle prime quattro categorie (B, 1, 2, 3). Verranno analizzate in dettaglio in esempi di applicazioni standard; infine verrà presentata una realizzazione più complessa. Per soddisfare le esigenze della categoria 4, vengono proposti dei moduli di sicurezza; un esempio viene riportato alla fine del capitolo. A Fig. 22 Adattamento delle funzioni di controllo esistenti b L’arresto di emergenza E 1 2 3 A Fig. 23 180 Soluzioni generiche di sicurezza Schneider Electric 7.7 Le funzioni di sicurezza L’arresto di emergenza (C Fig.24) è destinato ad allertare o a ridurre gli effetti di un potenziale pericolo per le persone, la macchina o il processo. L’attivazione dell’arresto di emergenza è manuale. A Fig. 24 Arresto di emergenza L’arresto di emergenza deve: - per la categoria di arresto 0: provocare l’arresto mediante sospensione immediata dell'alimentazione di potenza agli attuatori di macchina (arresto non controllato) o mediante disinnesto meccanico. Se necessario, è possibile applicare un dispositivo di arresto non controllato (ad esempio un freno meccanico). - per la categoria di arresto 1: provocare l’arresto controllato mantenendo l'alimentazione di potenza agli attuatori di macchina fino all'arresto della macchina e sospendendo poi la potenza ad arresto avvenuto. Il dispositivo di comando ed il relativo attuatore devono operare secondo il principio dell'azione meccanica positiva (norma EN 292–2). La funzione d'arresto d'emergenza deve essere disponibile ed operante in qualsiasi momento, indipendentemente dal modo operativo. Lo schema della Fig. 25 mostra un esempio tipico di arresto di emergenza: 7 A Fig. 25 Schema di arresto di emergenza tipico Se il dispositivo di arresto di emergenza deve agire su più di un circuito, lo schema di sicurezza diventa complesso. Per questo motivo si consiglia di utilizzare un modulo di sicurezza. Lo schema della Fig. 26 rappresenta la funzione di arresto di emergenza per 2 circuiti. A Fig. 26 Arresto di emergenza per 2 circuiti Schneider Electric 181 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.7 7.8 Le funzioni di sicurezza La sicurezza delle reti Lo schema della Fig. 27 mostra l’associazione di un arresto di emergenza con un variatore di velocità (arresto categoria 1). A Fig. 27 7.8 Arresto di emergenza categoria 1 La sicurezza delle reti I progressi della tecnologia, una maggior affidabilità e la comparsa di nuovi standard hanno contribuito a far evolvere le reti industriali e rendere possibile il loro utilizzo per applicazioni più esigenti in termini di sicurezza. La maggior parte delle reti hanno una versione protetta; qui di seguito verrà descritta la rete ASI che viene utilizzata a livello componenti. Per ulteriori informazioni sulle reti, far riferimento al capitolo 9 Le rete industriali. b AS-Interface (ASI) AS-i (Actuator Sensor Interface) è un bus di campo di basso livello, nato per ridurre notevolmente il cablaggio di sensori ed attuatori (soprattutto digitali). Si tratta di una tecnologia non proprietaria, sviluppata da un consorzio a cui aderiscono molte fra le più note case che operano nell'automazione industriale. Velocità, riduzione dei tempi d’installazione, riduzione dei costi, semplificazione della manutenzione ed alta disponibilità sono le caratteristiche di questa rete standardizzata. La rete ASI è ideale per una trasmissione rapida e affidabile di piccole quantità di dati in un ambiente industriale difficile. v Integrità dei dati L’insensibilità alle interferenze nella trasmissione dei dati è una caratteristica importante nella messa in rete di rilevatori e attuatori in un ambiente industriale. Grazie all’utilizzo di una codifica specifica APM (alternating pulse modulation o modulazione alternata di impulsi) e al controllo permanente della qualità del segnale, il bus ASI offre la stessa integrità di dati degli altri bus di campo. v I componenti utilizzati sulla rete ASI Il logo ASI viene apposto sui componenti omologati dal centro test indipendente ASI. Questo certifica che prodotti provenienti da costruttori diversi funzioneranno senza problemi su una rete ASI. 182 Schneider Electric 7.8 7.9 La sicurezza delle reti Esempio applicativo v Master e gateway, alimentazioni, ripetitori Il cuore del sistema ASI è la presenza di una stazione Master o gateway con capacità di diagnostica. I controllori programmabili comuni oltre che i software PC possono sempre essere utilizzati poiché il componente collegato al bus ASI è visto come un ingresso o un’uscita remotata. L’alimentazione specifica garantisce anche un disaccoppiamento dei dati. Appositi ripetitori consentono di estendere la rete oltre i 100 m garantendo l’isolamento elettrico dei circuiti primari e secondari, aumentando così il grado di sicurezza in caso di cortocircuito. A Fig. 28 b Applicazione: controllo di un dispositivo di comando Dispositivo di comando a due mani su una pressa a due mani su un bus ASI (Safety at work) Gli operatori al comando di macchine pericolose possono incorrere in lesioni gravi. Fra le macchine pericolose vi sono quasi tutte le apparecchiature della famiglia delle presse idrauliche: presse, punzonatrici, piegatrici, ecc... La macchina viene spesso rifornita manualmente da un operatore. Durante la fase di lavoro vi è un rischio maggiore aggravato dall’abitudine e dalla ripetitività dei gesti. I dispositivi di comando a due mani (C Fig.28) sono dispositivi che obbligano l’operatore ad avviare l’operazione pericolosa azionando simultaneamente con ciascuna mano due comandi distinti. I dispositivi di comando a due mani comprendono due comandi e un dispositivo di arresto di emergenza. I quattro contatti di uscita dei due comandi (C Fig.29) sono controllati per assicurare la loro interdipendenza. A Fig. 29 Dispositivo di comando a due mani su un bus ASI 7.9 Esempio applicativo L’intervallo di tempo che separa la manovra dei due comandi non deve superare i 500 millisecondi e i due comandi devono essere azionati durante lo svolgimento completo del processo pericoloso della macchina. L’applicazione descritta e rappresentata nella Fig. 30 consente di illustrare in modo concreto alcune funzioni di sicurezza. A Fig. 30 Esempio applicativo Schneider Electric 183 7 Sicurezza delle persone e delle macchine 7.9 Esempio applicativo Il sistema comprende un controllore programmabile di media gamma che controlla fino a 6 variatori di velocità; ciascun variatore alimenta un motore e possiede un interruttore di protezione. Ogni motore possiede il proprio contattore. I variatori possono utilizzare le regolazioni di base o essere riconfigurati con il software Power Suite. Le alimentazioni: 400 V trifase e 230 V monofase sono distribuite ai diversi componenti (400 V trifase per i variatori e 230 V per l’alimentazione Phaseo). Tutti i variatori sono collegati filo a filo al controllore programmabile. La supervisione dei variatori si effettua da un terminale grafico touchscreen, configurato e programmato con il software VijeoDesigner. Il terminale grafico è collegato al controllore programmabile con collegamento Uni-Telway. Il controllore programmabile verrà configurato e programmato con il software PL7 Pro. Una colonna luminosa componibile indica lo stato reale del sistema (sotto tensione, fuori tensione, motore(i) in funzionamento, attesa di conferma, arresto di emergenza). L’interruttore principale è collegato in modo tale che se il sistema è scollegato, il controllore programmabile sia sempre alimentato per consentire le operazioni di diagnostica. Poiché i variatori di velocità vengono utilizzati con la loro regolazione di base, il software applicativo, in questo esempio, è ridotto alla sua più semplice espressione. L’hardware è stato invece scelto con lo scopo di controllare I/O complementari. Opzioni: Il sistema raggiunge il livello di sicurezza 4 con il modulo Preventa che comanda i contattori dei variatori. Questo modulo, non soltanto protegge i variatori, ma gestisce anche l’arresto di emergenza. Il sistema integra anche una seconda opzione di sicurezza per un livello di sicurezza 3 che provoca l’arresto automatico dei motori in caso di apertura di una delle cassette. Il modulo di sicurezza per i variatori di velocità è autoalimentato. In caso di arresto di sicurezza il riavviamento potrà avvenire solo dopo tacitazione. È possibile aggiungere un gateway (TSX ETZxx) verso il livello superiore per comunicare via TCP/IP. Questo schema può essere utilizzato per le seguenti applicazioni tipiche: - Macchine automatiche di piccole e medie dimensioni. - Macchine per l’imballaggio, macchine tessili, nastri trasportatori, distribuzione e trattamento acque, ecc... Sotto-sistemi automatizzati associati a macchine di dimensioni mediegrandi. 184 Schneider Electric 7.10 Le funzioni e i prodotti di sicurezza 7.10 Le funzioni e i prodotti di sicurezza b Schneider Electric offre una vasta gamma di prodotti di sicurezza. Qui di seguito forniamo, illustrata da qualche esempio, una breve presentazione delle diverse soluzioni Schneider Electric. In funzione della complessità della macchina la soluzione può essere costruita a partire: - da un controllore mono-funzione configurabile che gestisce una sola funzione. - da un controllore multi-funzione in grado di gestire simultaneamente due funzioni selezionabili da una base di 15 funzioni predefinite. - da un controllore multi-funzione che utilizza un software per configurare funzioni predefinite. - da un controllore programmabile di sicurezza con relativo software per realizzare una soluzione completa. I collegamenti possono essere effettuati filo a filo o con rete ASI di sicurezza. E Fig. 31 La tabella della Fig. 31 fornisce qualche esempio. Controllori di sicurezza Esempi di soluzioni Il controllore è associato alle seguenti funzioni Tipo di controllore Gamma XPS Mono-funzione Arresto di emergenza Protezione dei lavoratori mediante barriere di protezione Movimento di posizionamento 7 Categoria 4 XPS MP Selezione di due funzioni tra 15 predefinite Categoria 4 Protezione delle dita e delle mani in zona pericolosa Dispositivo di comando a due mani Categoria 2 Categoria 4 XPS MC Protezione di accesso dell’operatore in zona pericolosa Funzione configurabile mediante software XPS MF Controllore programmabile di sicurezza Logiciel Categoria 4 Arresto di un movimento pericoloso in qualsiasi zona nell’area di lavoro Categoria 4 Categoria 4 Protezione di un operatore che accede ad una zona pericolosa Protezione di un operatore che accede ad un insieme di zone pericolose Categoria 4 Categoria 4 Schneider Electric 185