ARBOR HISTORIAE STUDI DI STORIA DELLA CHIESA Direttore Bernard A, O. Praem Pontificio Comitato di Scienze Storiche Comitato scientifico Luigi Michele P Pontificia Università Lateranense (Roma) Luigi G, OSB Pontificio Ateneo Sant’Anselmo (Roma) Fidel Gonzalez F, MCCJ Pontificia Università Urbaniana (Roma) Emilia H Comenius University (Bratislava) Roberto R Pontificia Università Gregoriana (Roma) Claude P Université Lumièere Lyon (Lyon) ARBOR HISTORIAE STUDI DI STORIA DELLA CHIESA La Chiesa non agisce per estendere il suo potere o affermare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo. Joseph R, Messaggio Missionario Mondiale, Come le ramificazioni di un albero frondoso, la collana di studi ospita edizioni di documenti, studi storici e approfondimenti storiografici che illustrano, secondo un’ottica diacronica e interdisciplinare, la Storia della Chiesa nella sua longue durée. Le grandi tematiche della storia ecclesiastica vengono rilette alla luce delle più recenti acquisizioni storiografiche, così come anche le vicende storiche delle Chiese locali trovano spazio in questa collana, che si offre quale prisma dalle molteplici sfaccettature. Samuele Pinna Meditazioni sul Concilio Una lettura del Vaticano II con Benedetto XVI Presentazione di Piero Viotto Copyright © MMXV Aracne editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio Ai miei genitori, Francesco e Teresa, e a tutti i miei Maestri, in particolare al mio Arcivescovo il Cardinal Angelo Scola che mi ha incoraggiato in questa ricerca La Chiesa oggi non ha bisogno di nuovi riformatori. La Chiesa ha bisogno di nuovi santi. S G P II Indice Presentazione di Piero Viotto Introduzione Parte I Il Vaticano II alla luce della fede della Chiesa Capitolo I Porta fidei Capitolo II Come rileggere il Vaticano II Parte II Le costituzioni del Vaticano II Capitolo I Una realtà viva. La Liturgia: Sacrosanctum Concilium Capitolo II Un organismo umano–divino. La santa Chiesa cattolica: Lumen Gentium Capitolo III Parola vivente nella Chiesa. La Sacra Scrittura e la Tradizione: Dei Verbum Capitolo IV Umanesimo cristiano. L’uomo e la fede: Gaudium et Spes Indice Parte III Orientamenti conclusivi Vera e continua riforma. Il Mistero della Chiesa secondo Benedetto XVI Conclusioni. Cristo vive con noi anche oggi Presentazione di P V Un teologo, se è un vero teologo, non può essere un conservatore o un progressista, perché il suo sapere riguarda l’essere di Dio, che anche quando si manifesta nella storia, non può risolversi nel divenire, perché è sempre l’essere di Dio che si rivela, anche se in questo rivelarSi accetta i condizionamenti della storia umana, per manifestarsi all’uomo e farsi comprendere. I teologi conservatori o progressisti si fermano a studiare questi condizionamenti, psicologici e sociologici, a farne l’ermeneutica, e si distraggono dal loro vero compito che è la contemplazione di Dio, perché lo scopo ultimo del conoscere Dio è la preghiera, cioè l’adorazione, il riconoscimento di essere creatura davanti al suo Creatore, e, più profondamente, di essere un figlio amato dal Padre. Parlare di una teologia prima e dopo il Concilio Vaticano II significherebbe storicizzare la Rivelazione di Dio, che è compiuta in Cristo; anche se nel tempo può sempre meglio definirsi ed approfondirsi senza alterarsi. La teologia accresce per approfondimento, non per estensione del suo sapere. Sono queste le riflessioni che mi sono subito germogliate nella mente al termine della lettura di questo libro di un giovane teologo, che ho visto intraprendere la ricerca teologica, fin dai tempi del Seminario, dedicandosi allo studio del trattato La Chiesa del Verbo incarnato di Charles Journet, un’opera che Paolo VI teneva sul suo tavolo da lavoro durante il Concilio, per poterla consultare, come mi disse il suo segretario mons. Pasquale Macchi. Il libro che don Samuele Pinna dedica al Concilio Vaticano II, mediante un’accurata analisi degli scritti di Joseph Ratzinger–Benedetto XVI, non è un trattato di teologia, e nemmeno un libro di storia, ma una meditazione sull’avvenimento del Concilio, che nella Chiesa esprime la comunione nella fede dei credenti. C’è come un sottile filo rosso che attraversa queste pagine modulato sul ritmo insoddisfazione, desiderio di Dio, attesa, rivelazione, comunione con l’Assoluto. La Presentazione Chiesa viene così presentata nel suo doppio, e complementare, aspetto di Popolo di Dio e di Regno di Dio, le verità di fede non sono percepite solo nella loro oggettività di ciò che si crede (i dogmi), come id quod creditur, ma anche nella soggettività dell’atto del credere (la fede), come id quo creditur, ad esempio nella proclamazione del Credo durante la santa Messa. Questa mia conclusione la traggo dai presupposti teoretici del libro che, raccordando Scrittura, Tradizione, Magistero, sottolineano la trasmissione viva della Parola di Dio nella comunità cristiana, per cui grazie allo svilupparsi della tradizione apostolica la “voce” di Gesù giunge fino a noi. La comunità ecclesiale non consiste in una relazione inter–soggettiva, come sottolinea il domenicano M.D. Philippe che rileva: « per la fenomenologia l’unità degli uomini si realizza nella coscienza radicale dell’intersoggettività » , ma è una comunione con l’Assoluto trascendente attraverso la realtà oggettiva di Cristo, uomo e Dio, in cui l’unità dell’umanità si realizza. La Chiesa non è paragonabile con le realtà umane, che si autogiustificano nel divenire della storia. Benedetto XVI, commentando gli esiti del Concilio, avverte che la Chiesa « non è democratica, ma sacramentale, dunque gerarchica » (p. ), e garantita da un’Autorità a cui Cristo ha affidato il compito di confermare i fratelli nella fede. La Chiesa non è una realtà meramente sociologica, ma ontologica, è il legame tra l’umanità e la Divinità, la nostra comunione con il Cristo vivente. Il mistero della Chiesa è il prolungamento del mistero dell’Incarnazione, e la sua santità ne è la nota caratterizzante, perché il peccato non riguarda la sua persona, che è una, immacolata, in terra ed in cielo, ma i singoli fedeli, quando rifiutano i suoi insegnamenti e si sottraggono alla sua grazia salvifica. C’è un secondo filo rosso, meno percepibile, che si intreccia con il primo, che don Samuele Pinna lascia emergere, ed è la presenza di San Tommaso al Concilio, non solo perché il Vaticano II è il primo Concilio nella storia della Chiesa a raccomandare di seguire « le orme dei dottori della Chiesa, specialmente di San Tommaso » (Dichiarazione Gravissimum educationis), ma perché nel delineare i rapporti tra la fede e la ragione i Padri hanno sempre evitato ogni forma di fideismo riconoscendo alla ragione umana la capacità di conoscere l’Assoluto. D’altra parte nel Catechismo della Chiesa Cattolica gli scritti . M.D. P, Mystère du Corps mystique du Christ, La Colombe, Parigi , p. . Presentazione di San Tommaso sono i testi più citati e Paolo VI nella Lumen Ecclesiae () considera, al paragrafo , la filosofia tomista come un realismo critico, lontano sia dal relativismo scettico sia dal fideismo dogmatico, una filosofia che può connettere l’oggettività del sapere, presupposto del pensiero antico e medioevale, con la soggettività del conoscere, propria del pensiero moderno e contemporaneo . In fondo è proprio il problema della libertà religiosa che la Dichiarazione Dignitatis humanae risolve raccordando l’oggettività della verità con la soggettività della libertà, riconoscendo da una parte il dovere di rispettare la libertà di coscienza e dall’altra il diritto di testimoniare la verità. Ne consegue che in una società democratica lo Stato non può essere neutro ed indifferente ai valori, come nella Repubblica Francese, ma neutrale e collaborativo, come negli Stati Uniti di America. Tra queste considerazioni della introduzione e della conclusione, che forniscono il criterio interpretativo, dopo avere ripercorso le vicende del Concilio, a partire da Giovanni XXIII, e commentato i tre discorsi di Paolo VI all’apertura delle successive sezioni, don Samuele Pinna sviluppa quattro analisi, una per ciascuna delle Costituzioni. A riguardo della Sacrosantum Concilium evidenzia come la Liturgia non sia un paramento ma la vita stessa della Chiesa, come comunità orante, a partire dall’Eucarestia, che è il senso ultimo della Domenica, il giorno del Signore, sviluppando alcune considerazioni sulla preghiera, a partire dal volume Introduzione allo spirito della Liturgia di Benedetto XVI (). La Lumen Gentium, sulla natura della Chiesa, è esplorata in tutte le sue dimensioni a partire dal problema spinoso e cruciale della sussistenza, termine filosofico, diverso da quello di essere, prestato alla teologia, che permette da un lato l’affermazione che la Chiesa cattolica è l’unica Chiesa di Cristo e da un altro lato il riconoscimento di “elementi di santificazione e di verità” anche nella altre chiese, per cui si può appartenere invisibilmente alla Chiesa visibile. Don Samuele Pinna cita ripetutamente l’intervento di J. Ratzinger sulla ecclesiologia della Lumen Gentium in data febbraio . In un paragrafo si rileva come riconoscendo Maria madre della Chiesa il Concilio abbia introdotto la mariologia nella ecclesiologia. Journet . Cfr. P. V, Storia del pensiero moderno secondo Maritain, Città Nuova, Roma , e I., Storia del pensiero contemporaneo secondo Maritain, Città Nuova, Roma . Presentazione direbbe che in Maria si concentra e si perfezione tutta la santità che è diffusa nella Chiesa, usando un immagine significativa secondo la quale la persona della Chiesa sta alla persona di Maria come un poligono al cerchio. La quarta Costituzione Dei Verbum, sviluppa una catena di riflessioni sulle due sorgenti della rivelazione, la Scrittura e la Tradizione che purtroppo sono state separate, non solo dal protestantesimo ma anche da alcuni studiosi cattolici, quasi che queste sorgenti non avessero il medesimo autore nello Spirito Santo e potessero essere studiate separatamente. Il compito della Chiesa è proprio quello di tenerle unite. Benedetto XVI parla di un trascendimento del testo scritto per passare dalla lettera allo spirito, come raccomanda San Paolo. Questo trascendimento è necessario anche per cogliere l’unità della Sacra Scrittura che trascende le diverse culture, i diversi linguaggi ed i diversi stili degli scrittori succedutisi nel tempo. A questo riguardo ci aiuta di nuovo un termine filosofico, cioè l’analogia, perché la medesima verità di fede è presente nelle formulazioni linguistiche malgrado le variazioni espressive. L’analisi della Gaudium et Spes sul rapporto Chiesa–mondo può essere una ricapitolazione di tutti i lavori del Concilio, perché presenta come titola don Pinna l’umanesimo cristiano, quella “civiltà dell’amore” di cui parlava Paolo VI. Il cristianesimo non si sovrappone all’umanesimo, ma lo sopraeleva, rispettando l’autonomia delle realtà terrestri. Questo libro, che legge e valuta gli avvenimenti del Concilio attraverso gli scritti di J. Ratzinger–Benedetto XVI, che ne è stato prima un protagonista e poi un realizzatore dei documenti approvati, ma non trascura i contributi determinanti di Giovanni XXIII e di Paolo VI, è un ottimo strumento di lavoro per meditare i documenti conciliari. Introduzione Il Vaticano II nel magistero di Papa Benedetto XVI La ripresa di uno studio sul Concilio Vaticano II Il presente lavoro trova la sua origine nello studio del Concilio Vaticano II a partire dal cinquantesimo anniversario della sua apertura. L’allora Pontefice, Benedetto XVI, con l’Anno della Fede, da lui indetto, aveva chiesto, anche in uno dei suoi ultimi Discorsi, di riscoprire il Concilio: « è nostro compito, proprio in questo Anno della Fede, cominciando da questo Anno della Fede, lavorare perché il vero Concilio, con la sua forza dello Spirito Santo, si realizzi e sia realmente rinnovata la Chiesa » ( febbraio ). È, dunque, nata questa ricerca che però si è arenata, benché già conclusa, con le dimissioni di papa Ratzinger. Il lavoro è rimasto celato, fintantoché in un colloquio avuto con l’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola , è tornato il desiderio di rivedere e pubblicare queste semplici pagine , nella felice circostanza del cinquantesimo anniversario della chiusura dell’Assise conciliare. Il linguaggio usato è volutamente privo di tecnicismi e diretto, la bibliografia essenziale così come i riferimenti ad altri studi. Si è voluto “fare parlare” molto Benedetto XVI a partire dai suoi scritti. Si è cercato, pertanto, di dare una linea di interpretazione dell’ultimo Concilio ecumenico, nella consapevolezza sia di non poter esaurire i vari argomenti presi in esame sia di non riuscire ad analizzare tutto quello che il Papa emerito ha espresso sulle diverse tematiche qui trattate. . Cfr. A. S, Riforma della Chiesa e primato della fede. Per un’ermeneutica del concilio Vaticano II, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna . . Un ringraziamento particolare è rivolto a Davide Riserbato che ha rivisto pazientemente questo lavoro. Introduzione Chi ci spiega il Concilio? Da dove partire per parlare del Concilio Vaticano II? Cosa mettere in luce? Cosa tralasciare? Quale linguaggio usare? Quali linee guida proporre per la sua comprensione? Come “sintetizzarlo”? Su quali aspetti soffermarsi? Queste sono alcune delle domande che hanno ispirato il nostro lavoro e che, se proprio non l’hanno guidato, almeno hanno permesso di iniziarlo. Sono passati, infatti, più di cinquant’anni dall’apertura del Vaticano II eppure questo Concilio continua a far discutere . E qui nascono ulteriori domande, che riduciamo a una: “Cosa leggere per introdursi in quei testi solenni?”. Si susseguono periodicamente riletture e contributi variamente orientati su come interpretare e dove collocare l’ultimo Concilio in relazione al cammino storico della Chiesa. È innegabile che intorno al Vaticano II, soprattutto nel periodo dopo il Concilio (che perdura ancor oggi), si sono create interpretazioni, di “segno opposto”, che spesso non hanno permesso di comprenderlo nella sua autentica portata o, semplicemente, l’hanno oscurato proponendo visioni quasi del tutto “ideologiche”. E allora, in questa corsa continua di domande, come, nel guazzabuglio linguistico delle varie pubblicazioni, trovare quel riferimento che consenta di rileggere il Concilio nella giusta prospettiva? Cosa fare? Quando chiesero come si diventa teologo al più grande magister in sacra pagina di tutti i tempi, san Tommaso d’Aquino (unico “teologo” citato, per ben due volte, nei testi conciliari), rispose che bisognava mettersi alla scuola di un buon maestro di teologia. Come interpretare, dunque, il Vaticano II? Mettendosi alla scuola di un buon maestro di teologia che del Vaticano II non solo conosce “qualcosa”, ma l’ha profondamente compreso ed è, così, capace di ripresentarlo in modo compiuto. Ma ci chiediamo ancora: è possibile, nel panorama attuale, trovare qualcuno che abbia queste caratteristiche? La risposta è provvidenzialmente positiva: ci suggerisce un nome e un volto. Si tratta di papa Benedetto XVI. . Scrive, a tal proposito, O’Malley: « Gli scaffali delle biblioteche traboccano di libri sul Concilio Vaticano II. L’alluvione è cominciata quasi subito, appena dato l’annuncio del Concilio, e continua ancora oggi, coprendo una gran varietà di generi letterari » ( J. O’M, Che cosa è successo nel Vaticano II, Vita e Pensiero, Milano , p. ). Introduzione Perché proprio papa Benedetto? A ben guardare — e più si osserva e più si capisce — papa Benedetto XVI è la figura più adatta per spiegare il Concilio. Per diversi motivi: prima fu nominato perito conciliare , continuò il suo insegnamento come professore di teologia, poi divenne vescovo, cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e, infine, fu eletto Romano Pontefice della Chiesa cattolica. Joseph Ratzinger, da teologo, ha contribuito a dar forma e ha accompagnato il Concilio Vaticano II in tutte le sue fasi — come già osservato — in qualità di perito. Egli prese parte in misura rilevante alla genesi dei più vari testi, prima a fianco dell’arcivescovo di Colonia, il cardinale Joseph Frings, e più tardi quale membro autonomo di diverse Commissioni. Nel dopo Concilio Benedetto XVI continuò a insegnare teologia, interessandosi e studiando i testi del Vaticano II e spiegandoli alla luce di tutta la Tradizione della Chiesa agli alunni delle sue lezioni. Nominato vescovo dovette mettere in esercizio, in pratica, le decisioni conciliari nella sua Diocesi. Da cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede si è dovuto interessare di tutti i problemi della Chiesa universale, anche dell’ermeneutica (ossia dell’interpretazione) del Vaticano II. Da Sommo Pontefice, quale guida della Chiesa, ha proseguito — come i suoi Predecessori — il cammino nel solco segnato dal Vaticano II e, proprio a lui, è capitato di presiedere l’importante genetliaco del cinquantesimo anniversario dall’apertura. Detto questo, crediamo che la visione più alta e competente per spiegare un poco questo Concilio alla luce della fede della Chiesa non possa che essere quella del Papa emerito, Joseph Ratzinger . . I periti conciliari, scelti dal Papa o dai singoli vescovi, erano teologi di fiducia che nella fase preparatoria contribuivano a scrivere i documenti, che poi i Padri conciliari avrebbero discusso. Durante il Concilio, invece, aiutavano i vescovi a preparare i loro interventi, partecipavano poi alle varie commissioni incaricate di riscrivere, di rivedere o correggere i singoli testi. . Un profilo su Joseph Ratzinger, che riprende quanto qui proposto, lo si ritrova nel capitolo: Un Teologo sulla Cattedra di Pietro, in I. B, Cristo, Maria e la Chiesa, Jaca Book, Milano , pp. –; Cfr. anche C. G, Memoria e profezia del Concilio Vaticano II con Francesco Vescovo di Roma, Cittadella Editrice, Assisi , pp. –.