FILIPPO JUVARRA:
ARCHITETTO e SCENOGRAFO
Teato Regio Torino
2008-2009
FILIPPO JUVARRA:
ARCHITETTO E SCENOGRAFO
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Il teatro barocco ai tempi di Filippo Juvarra...
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Inquadramento storico delle classi dominanti nel 700’ piemontese.
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La vita di Filippo Juvarra...
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L’architettura del regno di Filippo Juvarra in Piemonte:
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Reggia di Venaria Reale
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Cartello di Rivoli
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Basilica di Superga
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Villa della Regina
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Palazzina di caccia di Stupinigi
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Filippo Juvarra e il Teatro Regio...
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L’evoluzione della scenografia Juvarriana...
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Elenco immagini
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Obbiettivo del percorso...
Il teatro Barocco ai tempi di Filippo Juvarra...
Nel periodo barocco gli scambi culturali portarono in tutta Europa una forma comune di
spettacolo teatrale.
Il periodo che và dal 1600 al 1700 si divide in primo, medio e tardo barocco.
Gli elementi che caratterizzano questo momento sono:
in campo musicale la nascita e lo sviluppo dell’opera cantata.
in campo artistico-teatrale la nascita e l’applicazione della prospettiva scenografica.
Nel 1637 a Venezia comparve il primo teatro d’opera con pubblico pagante, ampliando così la
tipologia di utenti (molto più vasto di quello si solo “corte”).
Per quanto riguarda la scenografia, si caratterizza per la spettacolarità delle rappresentazioni
ottenuta mediante l’ausilio di “macchine sceniche”.
L’area scenica si estese anche in profondità, oltre che in lunghezza, per far posto agli effetti
prospettici ed appunto alle macchine.
Fu così che gli architetti furono costretti a modificare la disposizione dei posti a sedere, per
dare una migliore visione prospettica, e per una migliore acustica.
Caratteristica in quest’epoca è la “scena ductilis”:
(teorizzata nel 1544 dal francese Philander)
Per mezzo di pannelli tirati di lato si rileva l’interno di quella o quell’altra scena. Le pareti
laterali della scena cambiano completamente insieme ai fondali. Per ottenere l’effetto
prospettico le quinte laterali diminuiscono l’altezza e per ciascuna c’è un bordo superiore o un
cielo.
Nel 1608 Giacomo Torrelli introdusse corsie per muovere le quinte laterali, con un argano
centrale posto sotto il palcoscenico, per i cambi simultanei.
Un’altra novità è l’introduzione di “scene di boschi”, con quinte forate che lasciano intravedere
le quinte successive.
La maggior parte dei frontespizi scenici disegnati nel 600’ erano semplicemente bidimensionali
a forma rettangolare (ossia piatte cornici di quadro che racchiudevano il palcoscenico vero e
proprio), mentre nel barocco si assisterà all’introduzione del Tridimensionale (ossia
decorazioni e figure in rilievo). Al rettangolo si sostituisce “l’arco di frontespizio”, con la
cornice superiore incurvata, alcuni di questi archi erano così profondi da diventare parte di
una facciata che guidava lo sguardo del pubblico nella scena.
Per quanto riguarda la nuova progettazione e costruzione dell’edificio si adatteranno tali
modifiche, che differenzieranno la struttura rispetto alla precedente, simile al Teatro
Farnese di Parma.
- I nuovi teatri saranno suddivisi in 5 gallerie, divise in palchi da pilastri ad archi (quindi
gallerie divise in scomparti separati) a differenza dei precedenti gradoni, ciò per favorire agli
spettatori maggiore comodità ed intimità. Questo sistema diventerà la norma per tutti i teatri
d’opera e non).
- Cambierà la forma: la precedente struttura a “U” della platea non era più adatta ad
assicurare la buona visibilità al pubblico, così fu sostituita dalla forma a ”staffa di cavallo” o a
“campana”.
- Per quanto riguarda l’illuminazione delle scene si utilizzeranno centinaia di candele e lumi ad
olio posti dietro i telai, per creare le luci colorate si utilizzavano vetri o vasi di vetro colorato.
Inquadramento storico delle classi dominanti nel ‘700 in Piemonte
Re Emanuele Filiberto nel 1563 fece di Torino non solo sede di corte, ma anche capitale del
potere e dell’arte, trasformandola seguendo i modelli romani ispirati al dio Apollo.
Alla fine del ‘700 irrompe l’armata napoleonica, il Re Carlo Emanuele IV abbandona la città di
Torino e nel frattempo si dà inizio alla costruzione della Reggia di Venaria, che si protrasse
per più di un secolo (dal 1659 al 1790).
La dinastia dei Savoia è una dinastia guerriera ma attenta al mondo dell’arte italiana ed
Europea, infatti alla fine del ‘700 si ha inizio alla stesura del libro “Storia pittorica dell’Italia”
dedicato alla Pittura in Piemonte, mentre Luigi Lanzi è l’iniziatore della moderna storia
dell’arte italiana.
I Savoia guardarono in molte direzioni avvalendosi di molte tecniche, dall’architettura, alla
scultura ai i mestieri preziosi, infatti già nel 1678 Giovanna Battista di Savoia istituì
un’Accademia.
Durante il regno di Vittorio Amedeo II, quando nel 1713 fu proclamato Re di Sicilia, chiamò a
lavorare a Torino il messinese Filippo Juvarra.
“Ombre e luci” venne soprannominato il bellicoso Re Carlo Emanuele III, in quanto nel 1737
diede fuoco alla sua quadreria e acquistò la collezione del Principe Eugenio.
Dopo Juvarra, nel 1739 a Torinop fu nominato Benedetto Alfieri architetto di corte.
Dando così il via nel XVIII secolo ad nuova realtà alla stagione artistica.
La vita di FILIPPO JUVARRA
(Messina 1678 - Madrid 1736)
Tra il 1644 e il 1682 nacquero a Pietro Juvarra, celebre argentiere, ben 14 figli. Particolari
cure furono riservate proprio all’ultimo dei maschi, Filippo, nato nel 1678 a Messina, quando
Pietro era quasi settantenne.
Filippo si dimostrò “fin dai primi anni... di natura molto vivace e di buonissimo intelletto”,
sicché, mentre i fratelli maggiori erano stati appena possibile messi a lavorare nella bottega
paterna, per lui si fece qualcosa di più.
Lo si destinò alla carriera ecclesiastica, allo scopo di procurargli un avvenire migliore; si
assecondò il suo gusto di “disegnare di figura”. Già da ragazzo possedeva libri “del Vignola,
Vitruvio, libri di Roma antichi e la scuola dei celebri antichi architetti”.
A 25 anni fu ordinato sacerdote.
Il quadro tracciato è quello di una giovinezza studiosa, vissuta nella cerchia di una famiglia
patriarcale e quasi agiata; se si pensa che nel ‘700 Palermo contava su 130000 abitanti 25000
accattoni, Filippo Juvarra era da considerarsi in una posizione quasi privilegiata. Una famiglia
stimata ma povera, cioè in necessità di lavorare per vivere. Infatti a soli 23 anni Juvarra fu
chiamato all’incarico delle decorazioni per le feste solennizzanti l’acclamazione di Filippo V di
Borbone a Re delle Due Sicilie.
Il suo primo lavoro è dunque uno di quelli che erano per lo più appannaggio di decoratori e di
scenografi, anziché di architetti.
Se ne può dedurre, sia un precoce interesse per l’allusivo artificio delle macchine e delle
invenzioni spettacolari, sia un desiderio di cogliere ogni occasione di lavoro possibile.
Nel 1705 Filippo Juvarra ottenne a Roma il suo primo successo: la vittoria –per l’architetturanel Concorso Clementino. Questo premio fu molto importante per l’inserimento di Juvarra nella
società di Roma perché divenne membro di diritto dell’Accademia di S. Luca e immediatamente
ebbe la sua prima offerta di lavoro (un apparato funebre in memoria di Leopoldo I).
Le prime scenografie vere e proprie che ci sono giunte di Juvarra appartengono al suo periodo
trascorso a Napoli (tra gennaio e aprile 1706), si pensi si tratti del Mitradate per il teatro di
Napoli, il San Bartolemeo.
In particolare “L’Atrio Reale” è interessante perchè al centro vi compaiono due colonnati,
intersecanti ad angolo retto e disposti diagonalmente rispetto al proscenio. Si capisce che
Juvarra conosceva la nuovissima maniera “per angolo” inventata da Ferdinando Bibiena.
Tra il 1707-1709 era a Roma, sono anni di vivace attività musicale e teatrale. È molto
importante il suo soggiorno a Roma per la progettazione del Teatro Ottoboni, per il quale
realizzò anche molte scenografie.
Nel 1711 esplose il suo metodo a forma sistematica pubblicando l’ “Architettura civile”.
Molto famosi sono i suoi “pensieri”, schizzi in cui la scena era definita come un luogo di pura
invenzione; non si è mai saputo se fossero destinati alla messa in scena.
Tra il 1715 e il 1725 Juvarra si dedicò allo sviluppo della città di Torino, dopo essere stato
nominato primo architetto.
In questi anni a Torino non esisteva una salda tradizione in campo d’opera e in musica, ma
nonostante ciò le stagioni del Teatro Carignano del 1715-22 e del Teatro Regio furono
interessanti soprattutto per la scenografia e per le nuove tendenze che si andavano
delineando, come la memorabile invenzione del Bibiena riguardo l’allusivo scambio tra la realtà
dell’ambiente naturale e l’artificiosa finzione delle effimere strutture scenico teatrali.
Dai progetti realizzati da Juvarra per il restauro del Teatro Regio si percepisce
l’ingrandimento dello spazio dedicato all’orchestra a discapito della profondità del
palcoscenico, pur rimanendo più profondo rispetto alla norma degli altri teatri.
Pianta e sezione della zona palchi del Teatro Ottoboni di Roma
Prospetto della zona palco del Teatro Ottoboni di Roma.
Palcoscenico del Teatro Capranica, Roma 1713.
L’architettura del regno di Filippo Juvarra in Piemonte
Filippo Juvarra viene nominato primo architetto civile nel settembre del 1714 da Vittorio
Amedeo II dando così inizio alla stagione sabauda del messinese.
Dopo la nomina come grande “regista” di Torino, Juvarra dona alla città una nuova fisionomia
apportandovi un orientamento romano e abbandonando sempre più la linea francese.
Juvarra mostra un interesse verso Bernini e Borromini, verso la cultura architettonica
francese per via del confort e dell’abitabilità, di quella tedesca (che ritroviamo nella Palazzina
di Stupinigi, nella Chiesa del Carmine e in Palazzo Madama), per i maestri del ‘500 come Leon
Battista Alberti, Michelangelo e Palladio (evidente nell’abside della Venaria Reale, nel connubio
tra la tradizione classica e le innovazioni personali).
Con la morte di Michelangelo Garove, Juvarra rielabora la struttura della parte vecchia di
Torino ridefinendo il nuovo volto degli ingressi alla città con piazze e porticati, visti come spazi
di accoglienza per chi arriva dalla Francia o da Milano.
Nel 1716 realizza progetti per i Quartieri Militari, elabora una nuova idea di piazza porticata
con lo spazio che da semicircolare diventa quadrata, le facciate a lesene prendono il nome di
Ordine Gigante.
A differenza dell’edilizia del ‘600 le fabbriche arrivano a tre piani elevando la fisionomia di
tutta la città.
La zona di comando: Palazzo Madama, i palazzi del governo e della burocrazia.
Nel 1718 si apre il cantiere di Palazzo Madama destinato a Maria Giovanna Battista di Savoia.
Viene visto come “nuovo Palazzo Reale” non come funzionalità ma come immagine emblematica.
L’incisione del Vasconi rivela il vero progetto con la facciata a nove campate, l’edificio al centro
si estende verso Palazzo Reale e a sud occupa gran parte della piazza. Il progetto è realizzato
solo in parte. Emerge la grande idea di regalità tipica del periodo napoleonico, visto come unico
monumento architettonico della città impreziosito anche dall’utilizzo di materiali pregiati come
la pietra di Chianocco.
Palazzo Reale negli anni di Juvarra rimane incolume da interventi esterni, ma all’interno adegua
gli ambienti alle nuove esigenze. Fu molto attento agli aspetti funzionali dei sovrani oltre che
agli aspetti che rappresentano il potere.
Nel periodo di Juvarra Palazzo Reale non viene modificato architettonicamente, ma solamente
all’interno in base alle nuove esigenze.
L’ala della biblioteca e degli archivi verrà terminata in seguito da Benedetto Alfieri.
Di Juvarra è il gabinetto cinese della Regina e la Scala delle Forbici realizzata nel 1720-1721
per il Principe di Piemonte Carlo Emanuele. Collega il primo piano con il secondo ed è formata
da tre rampe, decorata con raffinati stucchi che sostituiscono la monumentalità ed eleganti
ringhiere in ferro, non marmoree con riferimento alla Francia.
VENARIA REALE, CASTELLO DI RIVOLI, BASILICA DI SUPERGA
E PALAZZINA DI CACCIA DI STUPINIGI:
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Venaria Reale è una delle prime richieste di Vittorio Amedeo II per le sue residenze
extraurbane. Juvarra ingloba il già monumentale progetto di Garove, in corso di
esecuzione, in un disegno ancora più grande che sposta verso il borgo e verso sud i
limiti del complesso, ideando una nuova piazza antistante il palazzo, generata dalla
presenza della nuova cappella di corte dedicata a S. Uberto e un sistema di edifici di
servizi (scuderia e citroneria) quasi senza pari in Europa.
Il Castello di Rivoli è visto come reggia alternativa a Palazzo Reale a Torino. Il
progetto fu iniziato da Garove e continuato poi da Juvarra, questa reggia extraurbana
si basa su un modello francese, il rifacimento architettonico è quello della Reggia di
Versailles.Il palazzo viene diviso in due settori: verso Torino è la parte riservata al
sovrano, verso le montagne è la parte per il principe e altri membri della famiglia.
Al polo opposto del Castello di Rivoli c’è la Reale Chiesa di Superga realizzata su
progetti del 1716. La chiesa celebra le speranze di Vittorio Amedeo di vedere
trasformato il suo regno in regno europeo data anche la sua posizione collinare. La
struttura è costituita da un convento, un Palazzo Reale e le tombe dei Savoia (situate
nei sotterranei). È a pianta centrale, cupola e campanili laterali, l’elemento unificante
sono le colonne, un ordine gigante di lesene, diventano nel pronao colonne con sopra
una grande balaustra fino al timpano. Il progetto è differente da quello originale.
Juvarra si ispira a Bernini, Borromini, Rainaldi e Pietro da Cortona con rifacimenti alla
classicità romana e alla cultura francese. È “regista di una rivoluzione di gusto”.
Per la Palazzina di Caccia di Stupinigi i cantieri iniziano nel 1729, il committente è
Vittorio Amedeo II. Il progetto è aperto a 360° nei prati e nei boschi di caccia dando
così un nuovo profilo alle residenze. Non bastando Venaria come luogo di caccia nel
‘600 nasce l’idea di questa nuova struttura dotata di servizi per la caccia, un
padiglione reale, salone e appartamenti.
Lo schema di Juvarra è molto preciso, si basa su percorsi alberati e visuali, il salone e
al centro di una croce di Sant’Andrea, a ovest verso Orbassano, a est verso Vinovo, a
sud rotta Reale (boschi di caccia) e a nord verso Torino. L’interno è basato su un
disegno di aperture (definito, enfilade), una sequenza di porte in serie che
permettono di vedere ampliato (“strutture aperte”).
Archivio di Corte e Basilica di Superga
Palazzina di caccia di Stupinigi e Palazzo Madama.
Castello di Rivoli
Filippo Juvarra e il Teatro Regio...
Nel 1730 Vittorio Amedeo II abdica e nel 1732 muore.
Tale sovrano non aveva mai dato importanza ai luoghi dello spettacolo a differenza del figlio,
suo successore Carlo Emanuele III che da subito intende risistemare la città partendo proprio
dal centro, ossia da Piazza Castello, realizzando il “continum” (uffici per la direzione degli
affari, cioè la segreteria; gli uffici per gli incartamenti, cioè l’archivio; i luoghi per la vita di
relazione cioè il teatro). Collega quindi la cappella della sindone con gli appartamenti reali e
mediante un lungo corridoio utilizzato per il corpo delle segreterie, si allaccia al teatro, il
Nuovo Regio. Questo progetto fu commissionato a Filippo Juvarra, il quale nel 1731 realizzò un
enorme disegno (270 cm X 75 cm), tali idee però non corrispondono agli edifici attuali a parte
la sede degli archivi, infatti nel 1733 con lo scoppio della guerra di secessione polacca, che
durò molti anni , l’idea di Juvarra non si realizzò mai.
Il progetto da lui ideato consisteva in:
forma a staffa di cavallo con un imprecisato numero di ordini di 31 logge (tenendo
presente che la corona ne avrebbe occupate tre).
dimensioni non molto grandi, ma il più grande da lui progettato.
Prima di stabilirsi in Piemonte nel 1702, la carriera teatrale di Filippo Juvarra presenta due
momenti chiave:
Il primo, quando prepara i disegni per il Teatro S.Agostino di Genova (in data non
definita), inaugurato nel 1702 con struttura simile al Teatro Nuovo Falcone
(inaugurato 3 anni dopo nel 1705), composto da tre ordini di palchi e gallerie, pianta a
“U” allungata, atrio a forma trapezioidale, soffitto concavo con apertura centrale per
il lampadario. Il maestro di Juvarra era Carlo Fntana dal quale ne trae influssi, anche
se la tipica forma a staffa di cavallo da quest’ultimo molto utilizzata, nel 1695 verrà
dimostrata come la migliore per favorire visibilità e eudizione.
Il secondo momento è segnato dal viaggio compiuto da Juvarra in Portogallo tra il 1719
e il 1720 durante il quale lavora per la chiesa patriarcale e il regio palazzo di Lisbona,
dal quale ne trae parecchi elementi come la forma a staffa di cavallo, la stessa
quantità di spazio destinato alle logge , al palco e al retropalco, e l’ingresso a
cupoletta.
Filippo Juvarra dopo il viaggio a Lisbona nel 1721 tornerà a Torino , ma nel 1739 lo
succederà nella carica di primo architetto Benedetto Alfieri, il quale porterà a
compimento il lavoro di riqualifica del Teatro Regio.
L’evoluzione della scenografia Juvarriana...
Nel 1706 lo scenografo Francesco Bibiena ideò la prima “scena per angolo” per l’accademia del
Porto a Bologna, un nuovo metodo di rappresentazione prospettica.
Prima di questa innovazione la prospettiva teatrale metteva in relazione il palcoscenico e la
sala, collegandoli da un unico asse visivo centrale, quindi la scenografia si pone va come una
continuazione illusoria, ottenendo così un’unità prospettico-architettonica (tipica idea barocca:
fusione e continuità tra lo spazio reale e quello immaginario, ma alla fine del 600’ divenne solo
più uno schema, svuotato dal suo primitivo significato).
Con le innovazioni di Filippo Juvarra il palcoscenico perderà l’unità spaziale con la sala del
pubblico, diventando un “quadro” a sé, staccato dal mondo dello spettatore. Tale distacco sarà
più apparente che reale, infatti gli assi diagonali non saranno disposti a caso sul palcoscenico,
ma obbediranno a regole prospettiche stabilite a priori.
Anche le scenografie non architettoniche erano ordinate con rigore architettonico, ad esempio
nel rappresentare un bosco si avrà:
avanti uno spiazzo di radi ciuffi d’erba limitato ai due lati due quinte ad albero
al centro un arbusto a forma di cespugli (da considerarsi il perno della composizione)
a desta e a sinistra filari di piante, ecc.
Filippo Juvarra non era influenzato dal suo essere scenografo, ma soprattutto architetto,
infatti non si soffermò né sulle prospettive, né sul quadro ma concepiva la scena partendo da
un abbozzo, definito un “pensiero” realizzato in disegno, nel quale rappresentava con fantasia
l’idea spaziale.
Dall’idea-abbozzo disegnava una pianta sommaria della scena disponendo le quinte sul
palcoscenico (procedimento inverso rispetto al suo collega Bibbiena). Per Juvarra quindi la sua
opera è pura espressione artistica di uno spazio ideale senza sottostare alle regole
prospettiche.
Il primo risultato dell’abbandono del metodo prospettico della scena ad angolo fu la
diminuzione dell’importanza degli assi spaziali fissi e l’estensione dello spazio scenico,
sviluppando così forme spaziali meno angolate e più curvilinee.
Lo schema da lui utilizzato generalmente era composto da:
in primo piano ampio ambiente centrale interrotto da un colonnato in prospettiva
dietro si vedono tre gallerie, non più disposte angolarmente tra loro ma che si
chiudono dietro delle arcate su una parete circolare, dando così maggiore profondità.
fondale o ciclorama
L’attenzione dello spettatore tende a ricadere sul secondo livello o piano intermedio.
Nelle scene asimmetriche Juvarriane l’idea di spazio era molto complessa, ed erano concepite
come uno spazio non visibile dallo sguardo dello spettatore, posto in un luogo immaginario (non
precisato dallo scenografo).
L’impostazione ferrea dell’architettura della scena viene stravolta dall’uso del colore molto
pittorico e dall’uso della luce.
Infatti molto importante è il gioco delle luci e delle ombre, ottenuto ad acquarello,
proveniente da una sorgente nascosta ed imprecisabile che non vogliono esaltare la plasticità
realistica dell’architettura, ma a trasfigurarla fino a crearne una visione fantastica, né
realistica, né razionale, anche in questo caso opposta alla visione di Bibbiena.
Le architetture sono imponenti, monumentali, forte la libertà espressiva che darà spazio al
gusto per il fantasioso, pur rimanendo elegante.
Elementi che emergeranno dalle linee incurvate ed intersecanti, sciolte e libere.
La singolare posizione delle scenografie di Juvarra si svilupperà ancora di più nelle scene “non
architettoniche”, infatti il paesaggio non sarà più trattato prospetticamente.
Il paesaggio sarà caratterizzato da:
composizione libera da ogni asse spaziale e da prospettive ad angolo
scena disposta su strati successivi
Molto importante è proprio la “disposizione della scena su piani successivi”, che diventerà un
metodo di uno comune in tutte le scenografie successive. Per Juvarra la disposizione a strati è
il risultato di un gusto spaziale sottolineato dalle luci-ombre.
Il paesaggio sarà molto veristico, ciò sarà reso possibile dalla poesia dell’acquarello nei toni
bianchi e grigi.
La scena esotica è solo un aspetto, libero da ogni aderenza realistica, per creazioni di libera
fantasia, aprendo alla scenografia nuove prospettive in campi sconosciuti.
I sistemi tecnici dei macchinari e degli attrezzi utilizzati da Juvarra per i suoi “pensieri”:
I metodi da lui utilizzati erano strettamente connessi con la tradizione barocca,
riconoscibile nell’alternarsi di scene corte e lunghe e dall’introduzione del “carretto
matto” con didascalia (cioè, che si poteva muovere indipendentemente dal resto della
scena).
Uso di elementi scenici rotanti su perni, in modo da consentirne l’utilizzazione per più
scene (variando l’angolazione).
Palcoscenico sussidiario, posto sul fondo del palcoscenico rispetto al palcoscenico
fisso.
Alcuni documenti raccolgono i disegni delle macchine (es. “carretto” per l’opera che
porta le scene e per effetture i cambi di scena a vista).
“Macchina” = cubo, legato ad un sistema di funi, destinato ad essere calato in una
corrispondente area quadrata delimitata sul piano sottostante, utilizzata o come
strumento teorico o per delimitare la posizione del contrappeso, forse per le
apparizioni celesti.
“Teloni”, utilizzati frequentemente anche per i mutamenti a vista della scena.
Le attrezzature che rimangono documentate nei disegni delle “Istruzioni” sono di tipo
tradizionale, senza particolare innovazioni, si pensa però che Juvarra utilizzasse nuovi
accorgimenti tecnici non documentati e destinati a rimanere segreti.
La concezione scenica di Bibiena vide molti allievi, mentre l’attività di Juvarra rimase più che
altro legata a lui come architetto.
Infatti un vincolo fortissimo legava l’attività architettonica da quella teatrale, queste due
forme d’espressione per lui erano una sola cosa, evidente dal fatto che in quegli anni i critici ci
tenevano a differenziare, anzi fu importante proprio per la nascita di nuovi generi.
“Carretto”, probabilmente per il Teatro Ottoboni di Roma.
Elenco immagini:
010 / 011
Camera da Letto – Scena II del “Teodosio il Giovane”
Roma, Teatro Ottoboni, 1711.
012 / 013
Cortile nel Palazzo – Scena V del “Teodosio il Giovane”
Roma, Teatro Ottoboni, 1711
014 /015
Biblioteca - Scena VI del “Teodosio il Giovane”
Roma, Teatro Ottoboni, 1711
016 / 017
Salone - Scena X del “Teodosio il Giovane”
Roma, Teatro Ottoboni, 1711
018 / 019
Interno dei Giardini di Giunio – Scena II del “Giunio Bruto”, 1711
020 / 021
Deliziosa – Scena III del “Giunio Bruto”, 1711
022 /023
Piazza di Città – Scena V del “Giunio Bruto”, 1711
024 / 025
Portico – S cena IV del “Giunio Bruto”, 1711
026
Porticato – Scena IX del “Giunio Bruto”, 1711
027
Portico avanti al Tempio di Giove – Scena XVI del “Giunio Bruto”, 1711
028
Prospetto di Palazzo – Scena II del “Ciro”.
Roma, Teatro Ottobone, 1712.
029 / 030
Bosco sacro ad Apollo con Trono e Tempio – Scena III del “Ciro”.
Roma, Teatro Ottobone, 1712.
031 / 032
Atrio – Scena X del “Ciro”.
Roma, Teatro Ottobone, 1712.
033
Ingresso nobile – Una scena simile è la II dell’’ “Eraclio”.
Roma, Teatro Ottobone.
034
Sepolcro di Aurelio (Opera non identificata).
035
Cortile
Roma, Teatro Ottobone.
036
Atrio
Roma, Teatro Ottobone.
037
Atrio e scalone
Roma, Teatro Ottobone.
038
Deliziosa – Scena VI di “Tito e Berenice”
Roma, Teatro Capranica, 1714
040
Camera che introduce ad appartamenti reali
Per un teatro torinese
Obbiettivo del percorso...
Le opere di Filippo Juvarra sono lo spunto per riflettere sul tema della scenografia in epoca
barocca attraverso un percorso a più tappe...
Visita guidata alla REGGIA DI VENARIA REALE (durata 2 ore):
La visita alla Reggia si concentra sulla figura di Filippo Juvarra , scenografo e primo architetto
della corte sabauda dal 1714.
Prima di immergersi nella luce e nelle forme della Galleria Grande e della Chiesa di
Sant’Uberto, capolavori del grande architetto, il percorso di visita propone infatti
intepretazioni tridimensionali di alcuni pensieri di Juvarra, disegni liberi che, per usare le sue
parole, rappresentavano il piacere di fissare in un segno libero i pensieri.
Nell’allestimento proposto gli schizzi di Juvarra diventano scenografie teatrali che occupano lo
spazio della sala e coinvolgono il visitatore nell’atto creativo che precede il progetto: l’idea che
diventa segno grafico.
Visita guidata al TEATRO REGIO e lezione sulla STORIA DELLA SCENOGRAFIA
BAROCCA (durata 3 ore):
A scuola, a cura degli insegnanti di educazione artistica: realizzazione di un bozzetto ispirato
alle scenografie di Juvarra, eseguito su formato A4 e con tecnica a scelta.
Il tema del bozzetto può ispirarsi alla Galleria Grande della Venaria e i giardini verso i quali si
affacciava.
La particolarità del bozzetto è che dovrà essere progettato su tre livelli di profondità:
- primo piano, che funge da cornice
- secondo o piano intermedio, che evidenzia gli elementi tridimensionali come mobili o
elementi architettonici
- terzo piano o sfondo
I tre livelli bidimensionali, una volta sovrapposti, creeranno un’ effetto di profondità
tridimensionale tipico
delle scenografie barocche e delle scatole ottiche dell’800’.
LABORATORIO DI SCENOGRAFIA del Teatro Regio, durante il quale si realizzerà uno
dei bozzetti (durata 3 ore) :
Il Laboratorio si pone l’obiettivo di svelare i profondi legami tra progettazione architettonica
e visione scenica nell’opera di Filippo Juvarra, e di utilizzare le tecniche di realizzazione e gli
strumenti degli scenografi professionisti.
Durante il laboratorio si realizzeranno 3 tele delle dimensioni di 3 mt x 2 mt, che
(successivamente ritagliate e sovrapposte) riprodurranno in grande il bozzetto prescelto..