DISTURBI VISIVI E COLPO DI FRUSTA CERVICALE: ASPETTI
CLINICI E VALUTATIVI IN AMBITO INAIL
G. ALÌ*, P. U. CARLETTI**, E. ZINZINI***
* DIRIGENTE MEDICO I LIVELLO SOVRINTENDENZA MEDICA REGIONALE INAIL LOMBARDIA
** DIRIGENTE MEDICO I LIVELLO SEDE INAIL DI BRESCIA
*** MEDICO OCULISTA SEDE INAIL DI BRESCIA
INTRODUZIONE
Il termine ‘colpo di frusta’ cervicale (whiplash) venne introdotto per la prima volta nel
1928 da Crowe per indicare una sindrome caratterizzata da un danno esclusivo dei tessuti
molli del collo. Successivamente il significato di tale termine si è ampliato ed attualmente
identifica la maggior parte degli eventi traumatici che interessano il rachide cervicale in
caso di incidenti del traffico, cadute accidentali, traumi sportivi, ecc. che, dal punto di vista
fenomenologico, sono accomunati da una lesione traumatica del tratto cervicale della
colonna vertebrale indotta da abnorme e violenta flesso-estensione del collo, che accompagna contestualmente il movimento inerziale subìto dal capo quanto il corpo viene spinto in
avanti. (1,2)
Pertanto il ‘colpo di frusta cervicale’, nella piena accezione del termine, può comprende
una vasta gamma di quadri patologici a carico del distretto più craniale del rachide che si
differenziano per gravità, corteo sintomatologico, prognosi e trattamento. (1)
Nella pratica clinica il fenomeno suddetto sviluppa una sintomatologia contrassegnata tipicamente da dolore cervicale ed occipitale con irradiazioni al cingolo scapolare e al dorso,
che insorgono o acutamente o a breve distanza dal trauma, ma che tende ad aggravarsi per
l’insorgenza di una contrattura antalgica della muscolatura paravertebrale, del trapezio e dei
muscoli lunghi del collo. (2)
Con una certa frequenza, che nelle varie casistiche presenti il letteratura varia dal 10 al 25%
dei casi (3,4), i pazienti lamentano pure sintomi riferiti all’apparato visivo che non sempre
sono riconducibili alla sindrome vertiginosa che accompagna il colpo di frusta. I pazienti
possono riferire offuscamento visivo per vicino e/o per lontano con difficoltà alla concentrazione visiva (disturbi dell’accomodazione), comparsa di miodesopsie e/o fosfeni (alterazioni dei rapporti vitreo-retinici) e diplopia di varia entità (disordini dell’equilibrio oculomotore); più raramente riferiscono riduzione della percezione periferica, algie retro bulbari
o gravi riduzioni visive.
Si tratta quindi di una fattispecie di danno multiforme sia per manifestazioni cliniche che
per gravità, ma si tratta pure di una condizione che può comportare difficoltà valutative sia
per l’oculista che per il medico-legale in quanto a volte inficiata da preesistenze anche
misconosciute allo stesso paziente (alterazioni dei rapporti vitreo retinici, difetti refrattivi
compensati autonomamente, disturbi oculomotori a compenso labile, ecc.).
L’intento di questo lavoro è quello di correlare i più frequenti quadri sintomatologici ai
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concetti anatomici e fisiologici del sistema visivo nell’intento di fornire un contributo alla
chiarificazione di specificità di danno che possono essere corredate da un certo grado di
soggettività a scopo risarcitorio.
DISTURBI DELL’ACCOMODAZIONE
Rappresentano circa il 60% dei sintomi visivi lamentati in seguito a colpo di frusta cervicale (3.4). Essi sono riferiti variamente come offuscamento visivo per lontano e/o per vicino o
come difficoltà alla focalizzazione rapida di immagini poste a diverse distanze, o ancora
come insorgenza di astenopia anche dopo breve attività visiva a breve distanza.
Il meccanismo dell’accomodazione rappresenta la proprietà dell’occhio di variare il potere
refrattivo del cristallino a seconda della distanza alla quale si trova l’oggetto fissato. (fig.1)
Fig.1 Meccanismo dell’accomodazione
Tale funzione si esplica tramite la modulazione dello stato di contrazione del muscolo ciliare al quale il cristallino è connesso tramite il suo apparato di sospensione, chiamato zonula.
Il muscolo ciliare è situato posteriormente all’iride ed ha forma circolare; la sua contrazione
determina una rotazione in avanti del corpo ciliare e una detensione dell’apparato zonulare
con conseguente aumento di spessore, e quindi di potere, del cristallino; al rilasciamento del
muscolo corrisponde una riduzione di spessore e di potere della lente.
L’accomodazione è un fenomeno che avviene consensualmente alla convergenza ed alla
miosi; la prima consente un posizionamento adeguato dei bulbi oculari al fine di ottenere la
fissazione foveale a distanza ravvicinata e la fusione delle immagini, mentre la miosi con-
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sente una riduzione dei fenomeni di aberrazione sferica dovuti all’aumento della curvatura
del cristallino, migliorando la qualità dell’immagine. La miosi e l’accomodazione sono controllate dalle fibre parasimpatiche che originano nel nucleo mesencefalico di EdingerWestphal e giungono alle strutture periferiche per il tramite del 3° nervo cranico, innervando il corpo ciliare ed il muscolo sfintere pupillare.La convergenza è provocata dalla contrazione dei muscoli retti mediali tramite le fibre motorie del 3° nervo cranico; la miosi è
determinata dalla costrizione del muscolo sfintere pupillare controllato dalle terminazioni
parasimpatiche dello stesso nervo. Il muscolo dilatatore della pupilla è invece controllato da
fibre ortosimpatiche originate nel centro cilio-spinale di Budge posto a livello del segmento
midollare T1 e che si connettono nel ganglio cervicale superiore a livello della colonna laterocervicale. Il diametro pupillare in condizioni di ‘riposo’ è determinato dall’equilibrio tra i
due sistemi orto e parasimpatico. (fig.2)
Fig.2 Fibre simpatiche e parasimpatiche oculari
Emerge pertanto che l’innervazione autonoma del muscolo ciliare è mediata principalmente
dal sistema parasimpatico, ma molti studi di neurofisiologia oculare (5,6,7,8) volti ad individuare l’etiopatogenesi della miopia, sostengono l’esistenza di una funzione inibitoria
esercitata dal sistema ortosimpatico; la via effettrice non è stata ben individuata., ma sembra che gli impulsi siano convogliati dalle fibre simpatiche della catena gangliare paravertebrale e tramite il fascicolo longitudinale mediale (FLM), le quali contraggono connessioni
internucleari a livello della sostanza reticolare del mesencefalo.
Si può ipotizzare che il movimento abnorme di flesso estensione del collo che contrassegna il colpo di frusta cervicale possa coinvolgere anche le strutture nervose simpatiche
adiacenti, che subiscono un consensuale stiramento. La contrattura, la flogosi e l’edema
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della muscolatura intervertrebale, laterocervicale e dorsale che ne consegue potrebbe
contribuire al perpetrarsi del risentimento delle strutture nervose viciniori. L’effetto
finale potrebbe essere quindi una scarica inibitoria esercitata dal simpatico cervicale
sull’attività effettrice del parasimpatico nei confronti della funzione accomodativa.
Potrebbe essere questo il meccanismo sotteso alla rottura del delicato equilibrio che
regola la funzione accomodativa nei casi di distorsione del rachide cervicale (7.8) nei
quali al classico corteo sintomatologico si aggiungono offuscamento delle immagini ed
astenopia nell’attività visiva a breve distanza. Tale disturbo richiama la fisiologica presbiopia che interviene in relazione all’età.
Alcune precisazioni merita il caso di preesistenza di difetti refrattivi, ed in particolare di
ipermetropia. Si tratta di un difetto visivo che, se di grado non elevato, può rimanere misconosciuto al paziente in quanto esso è passibile di autocorrezione inconscia tramite il meccanismo di accomodazione. In pratica l’occhio ipermetrope esercita una messa a fuoco a tutte
le distanza di visione, mentre l’occhio emmetrope accomoda solo all’avvicinarsi dell’oggetto fissato (6,9).
Per quanto suindicato la distorsione del rachide cervicale potrebbe slatentizzare un’ipermetropia pregressa, per il vwenir meno dei meccanismi di autocorrezione, con la comparsa di
offuscamento visivo anche per lontano.
In caso di ipermetropia già nota e corretta i pazienti potrebbero lamentare un peggioramento della visione con le lenti in uso e necessitare di una correzione maggiore.
Vi è da sottolineare che in tutti i casi si tratta di disturbi transitori, la cui risoluzione è consensuale al miglioramento della situazione funzionale del rachide cervicale. I tempi di recupero possono variare in dipendenza sia della gravità del trauma subito, sia in relazione alla
preesistenza di difetti refrattivi ma generalmente sono compresi tra le 6 giorni e 8 settimane
(10,11).
ALTERAZIONI DEL VITREO E DEI RAPPORTI VITREO-RETINICI
Un altro sintomo riferito da circa il 10% dei soggetti passivi di trauma distorsivo del rachide cervicale è rappresentato dalle miodesopsie e/o fosfeni (3,4); è un disturbo qualitativo
della visione legato alla presenza di corpi mobili nel vitreo, costituiti da molecole proteiche
o grossolani aggregati molecolari, talora descritti come mosche volanti, ragnatele ecc.
Anche questo disturbo ha insorgenza acuta ma può essere segnalato con un certo ritardo
rispetto all’evento traumatico.
Il corpo vitreo è una struttura trasparente di consistenza gelatinosa che occupa lo spazio
compreso tra la parete posteriore del cristallino e la superficie retinica; ha grossolanamente
la forma di una sfera depressa anteriormente e rappresenta circa i due terzi del volume del
bulbo. Esso costituito da acqua per il 97%, mentre il restante 3% è rappresentato da componenti macromolecolari: collagene, acido ialuronico e proteoglicani. (12) Il corpo vitreo
svolge importanti funzioni biomeccaniche di assorbimento degli schok meccanici e quindi
ha un ruolo di protezione dei tessuti circostanti nei confronti dei traumi, grazie alle sue proprietà viscoelastiche. Il vitreo è contenuto da una sottile membrana (ialoide) che contrae
contatto con la membrana limitante interna della retina; tale contatto si fa più tenace anteriormente, a livello della base del vitreo, a livello della macula e della papilla posteriormente.(fig.3)
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Fig.3 Corpo vitreo
La sua struttura interna comprende pile di condensazioni membranose (plicate), formazioni
sacciformi e sottili fibrille che rappresentano l’impalcatura della matrice gelatinosa.
Come già segnalato la dinamica del colpo di frusta cervicale comprende un repentino movimento inerziale del capo che segue la spinta in avanti impressa al corpo durante l’evento. In
questo movimento anche il corpo vitreo subisce una sollecitazione consensuale analoga e
viene sospinto prima in avanti e quindi posteriormente.
Durante questa rapida dislocazione le fibrille collagene che costituiscono la struttura portante della matrice gelatinosa, possono subire rotture con la formazione di lacune, collasso
delle membrane, fino alla separazione del vitreo stesso dai suoi punti di ancoraggio alla
superficie retinica posteriore (distacco di vitreo). Tutte queste evenienze provocano una
maggiore mobilità del vitreo stesso e delle sue strutture di sostegno, e pertanto durante i
normali movimenti oculari, esse divengono percepibili in forma di scotomi relativi dovuti ai
corpi mobili (floaters), riferiti dai pazienti con il termine di ‘mosche volanti’.(fig.4)
Fig.4 Corpi mobili vitreali (floaters)
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Nella fase acuta possono anche essere percepiti flash luminosi legati ad anomale sollecitazioni retiniche da rebound del vitreo durante i movimenti oculari.(12)
Nella maggioranza dei casi il trauma distorsivo cervicale determina questo tipo di sintomatologia. Il distacco di vitreo propriamente detto, cioè la separazione tra vitreo e retina
(fig.5), si manifesta più raramente e di solito quando al trauma del rachide si associa un
trauma cranico in quanto, in occhi precedentemente sani, la citata proprietà del vitreo di
assorbire elasticamente le sollecitazioni meccaniche impresse al bulbo oculare in modo
indiretto, sono in grado di salvaguardarne i rapporti anatomici con la retina.
Fig.5 Distacco di vitreo
Sollecitazioni meccaniche indirette impresse su bulbi affetti da preesistenti situazioni patologiche a carico del vitreo possono invece delineare quadri clinici più importanti. Per esempio in occhi miopi elevati o medio-elevati, nei quali il vitreo già possiede minore compattezza o nei quali possono essere presenti degenerazioni vitreo retiniche periferiche, si
potrebbero manifestare un distacco di vitreo più o meno esteso con formazione di trazioni
vitreo-retiniche che possono esitare in vere e proprie soluzioni di continuo della retina.
In letteratura sono pure riportate come case report, lesioni più gravi a carico del segmento
posteriore e riconducibili al rebound vitreale successivo al colpo di frusta (13): emorragie
retiniche, retinopatia traumatica bilaterale, maculopatia traumatica (definita da alcuni autori
anglosassoni con il termine whiplash maculopathy) contrassegnati soprattutto da gravi e persistenti riduzioni visive (14,15,16,17); in assenza di preesistenze note bisognerebbe sospettare in questi casi una partecipazione al traumatismo o da parte della cintura di sicurezza che
può determinare compressione del torace con aumento della pressione nel piccolo circolo
(18,19), o un traumatismo contusivo diretto sul bulbo oculare da parte dell’air bag (20).
In questi casi pertanto sarà la valutazione oculistica attenta del singolo caso, anamnestica e
obiettiva, associata alle informazioni inerenti la dinamica dell’evento e alle risultanze delle
valutazioni ortopediche, a consentire di inquadrare compiutamente il quadro clinico. E’
comunque esperienza comune che all’epicrisi di alcuni rari casi ci si possa esprimere sul
rapporto di causa, solo in termini di probabilità.
In merito all’evoluzione di tali situazioni cliniche più frequenti, esse possono tendere ad attenuarsi, ma a persistere nel tempo. Le miodesospsie, che comunque non inficiano mai l’acutezza
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visiva, possono divenire meno significative sia per una progressiva idratazione dei corpi mobili
che li rende meno percepibili, sia per fenomeni di adattamento del paziente alla loro presenza,
grazie anche a fenomeni di origine corticale di soppressione delle immagini disturbanti.
Pertanto tranne in casi particolari, il disturbo visivo provocato dalle miodesopsie non rappresenta di regola una condizione così rilevante da giustificare un prolungamento della prognosi. Si ritiene invece che il disagio visivo possa essere più significativo in caso di obiettivati corpi mobili vitreali voluminosi, densi e proiettati centralmente; il disturbo qualitativo
della visione dovrebbe quindi essere congruamente valutato in quanto persistente e non
modificabile con terapie mediche o chirurgiche.
DISTURBI DELL’EQUILIBRIO OCULOMOTORE
La frequenza di questi disturbi varia nelle diverse casistiche dall’1 al 20% (fino al 50% nei
soggetti con sintomi cronici da distorsione del rachide cervicale) (21); essi sono riferiti
come diplopia, senso di disorientamento spaziale, difficoltà a definire le distanze rispetto ad
altri elementi dell’ambiente,ecc.
Tali disturbi, pur differenziandosi nella clinica, riconoscono un meccanismo comune che
coinvolge il riflesso cervico-oculare (COR) ed il riflesso vestibulo-oculare (VOR).
Come è noto le strutture capsulo legamentose e muscolari della colonna cervicale svolgono
non solo un ruolo di stabilizzazione passiva e controllo attivo dei segmenti cervicali, ma
sono anche sede di numerosi elementi propriocettivi che inviano stimoli posturali sia ai
muscoli oculari che alle strutture vestibolari, al fine di correggere la posizione del capo e
del corpo rispetto all’ambiente (riflessi di stabilizzazione) (22). E’ abbastanza intuitivo
comprendere che le alterazioni dello stato di contrazione dei muscoli intervertebrali, dei
muscoli lunghi del collo e le modificazioni dei rapporti spaziali tra le strutture capsulo-legamentose della colonna, possano determinare una scarica di informazioni propriocettive
abnormi, dirette agli organi effettori della stabilizzazione posturale. (23)
Fig.6 Muscoli estrinseci oculari
Le vie nervose implicate nel riflesso cervico-oculare e cervico-vestibolare seguono la via
comune del fascicolo longitudinale mediale e posteriore e portano queste informazioni ai
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muscoli oculari (Fig.6) e all’apparato vestibolare; quest’ultimo è poi connesso al sistema
oculomotore tramite il sistema vestibulo-oculare.
Quindi, poichè le afferenze propriocettive cervicali si integrano con il sistema vestibolare
ed oculomotore, contribuendo alla rappresentazione dello schema corporeo nello spazio ed
allo sviluppo dei riflessi posturali, lo stato di contrazione della muscolatura del rachide
entra a far parte di un circuito chiuso afferente-efferente in cui intervengono il sistema
vestibolare ed il sistema visivo.
La finalità di tale complesso sistema associativo è quella di mantenere le immagini stabili
sulla fovea, per consentire all’individuo di acquisire informazioni corrette sulla propria
posizione nello spazio e poter interagire con esso. (9)
E’ stato dimostrato che nei soggetti passivi di colpo di frusta cervicale la contrattura della
muscolatura propria del rachide e dei sistemi muscolari del collo e del dorso, porta ad un
incremento del riflessi cervico oculari rispetto a un gruppo di controlli sani comparabili per
età. Ciò porterebbe informazioni erronee relative alla posizione del capo che induce un raggiustamento dell’ allineamento oculare. A ciò si aggiunga l’intervento integrativo del sistema vestibolare e del riflesso vestibolo-oculare.(24,25,26,27,28)
Le manifestazioni cliniche a carico del sistema visivo sono più frequentemente rappresentate da deficit della convergenza con diplopia nella visione a distanza ravvicinata, diplopie
orizzontali di grado lieve-medio nella visione in distanza, sensazione di instabilità della fissazione, più raramente diplopie verticali; tutte queste alterazioni hanno insorgenza acuta,
decorso spontaneamente migliorativo ed hanno quindi carattere transitorio nella maggioranza dei casi. Solitamente quindi, questa sintomatologia, non richiede tempi di stabilizzazione
prolungati, né risultano esiti permanenti.
In letteratura sono descritti casi di paralisi transitoria di isolati muscoli oculari estrinseci
che però riconoscono una genesi diversa, verosimilmente da stiramento traumatico del
muscolo che si determina contestualmente alla succussione del bulbo; più frequentemente
interessano il muscolo obliquo superiore, il cui lungo ventre muscolare si articola a livello
della troclea (fig.6) o il muscolo retto esterno anch’esso dotato di lunghezza maggiore
rispetto agli altri muscoli (29,30). E’ stato pure segnalato un caso di oftalmoplegia internucleare (Sindrome di Horner). (31)
Anche per questa fattispecie di disturbi bisogna sottolineare che quadri ortottici più complessi e a risoluzione più lenta, ed in alcuni casi incompleta, devono suggerire l’esistenza di
preesistenze. Infatti l’assialità dei bulbi oculari, presupposto fondamentale alla visione
binoculare singola, è il risultato di un’armonico equilibrio tra muscoli oculari agonisti ed
antagonisti. Esistono equilibri per così dire, imperfetti che riconoscono varie cause, ma che
si stabiliscono fin dall’infanzia consentendo all’individuo di poter fruire di una visione
distinta (es. sindromi alfabetiche); esistono pure strabismi latenti o piccoli strabismi manifesti ben compensati e quindi asintomatici. In questi casi l’equilibrio muscolare precario
può essere interrotto bruscamente in occasione del trauma distorsivo del rachide e lo strabismo si rende manifesto.
Un attenta anamnesi ed una valutazione ortottica puntuale, corredata dallo studio della
motilità oculare e dal test di Hess Lancaster, fornisce informazioni utili all’inquadramento
diagnostico del caso.
La persistenza o la lenta risoluzione di una tale diplopia, sempre se avvalorata da controlli
ortottici ripetuti, può richiedere tempi di stabilizzazione più lunghi e, in rari casi, richiedere
l’uso, anche temporaneo, di lenti correttive (prismi). Occorrerà valutare ogni singolo caso
anche in merito al’eventuale sussistenza di esiti permanenti.
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CONCLUSIONI
Il cosiddetto colpo di frusta cervicale è l’evento traumatico statisticamente più frequente
negli incidenti stradali ed assume pertanto, all’interno di quella vera e propria malattia
sociale che è l’infortunistica stradale, una notevole rilevanza epidemiologica e quindi economica per l’enorme ricaduta dei costi a carico delle persone, della sanità e delle varie
forme di previdenza pubblica e privata.
Da poco meno di un secolo la distorsione del rachide cervicale è oggetto di studio in vari
ambiti specialistici, ma solo negli ultimi 50 anni, verosimilmente in correlazione all’incremento esponenziale degli eventi lesivi del traffico, la produzione scientifica ad essa dedicata ha raggiunto livelli veramente considerevoli sia in termini quantitativi sia in termini di
puntualità degli approfondimenti diagnostici, terapeutici, riabilitativi e, non ultimi, assicurativi. Le voci bibliografiche finora ammontano a circa 33.000, delle quali circa un terzo è
rappresentata dalla produzione scientifica in campo medico dal 1952 ad oggi.
La Quebec Task Force for Whiplash Associated Disorders, nel 1995, ha proposto linee guida
e scale di gravità dei quadri clinici nell’intento di contribuire all’attività diagnostica, terapeutica, riabilitativa e valutativa, fornendo indicazioni su percorsi quanto più possibile uniformi.
Una schematizzazione troppo rigida tuttavia difficilmente riesce ad essere veramente rappresentativa di una realtà tanto variegata per dinamica e violenza dell’evento, tipologia
delle lesioni, modalità di trattamento, problematiche valutative e da ultimo, ma non certo
per rilevanza, i risvolti lavorativi, sociali e psicologici che coinvolgono gli infortunati. A
dimostrazione di ciò sono a tutt’oggi in corso revisioni casisitiche che evidenziano le difficoltà applicative della classificazione QTF.(32,33)
A fronte di quanto detto vi è poi da rilevare che la varietà dei WAD può indurre a riconoscere
come tali, disturbi che con il colpo di frusta cervicale hanno unicamente una correlazione temporale; sono disturbi per i quali l’evento traumatico rappresenta il momento slatentizzante; da
ciò discende una condotta valutativa differente a seconda degli ambiti di tutela.
E’ esperienza comune che alcune fattispecie di disturbi possano influenzare un recupero e/o
un reintegro lavorativo dilazionato nel tempo, e non sempre giustificato; come pure poco
condivisibile risulta a volte, la relazione causale ed il relativo riconoscimento di un danno
permanente tra il disturbo e la distorsione del rachide cervicale.
Proprio in questo ambito abbiamo visto che si colloca il coinvolgimento del sistema visivo
nella sindrome da colpo di frusta cervicale; emerge comunque che anche in questo caso è
importante attenersi ai dati obiettivabili, all’ attenta raccolta anamnestica, al follow-up supportato da rilievi strumentali seriali per garantire all’infortunato un congruo percorso valutativo medico-legale.
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