www.aliceappunti.altervista.org RIASSUNTO DE “I NOSTRI GENI” DI EDOARDO BONCINELLI (EINAUDI EDITORE) CAPITOLO 1 Tutti noi siamo il frutto di una cellula uovo fecondata da uno spermatozoo, che in seguito a questo ha cominciato a moltiplicarsi. Solo dopo mesi l’embrione è pronto per lasciare il grembo materno, e solo dopo anni si potrà parlare di un essere umano a tutti gli effetti, che prende coscienza di sé e dell’ambiente che lo circonda. Non importa la lingua che parleremo: ognuno di noi ha le potenzialità per imparare qualunque lingua. Allo stesso modo non importa il clima del paese in cui abiteremo: abbiamo le potenzialità per sopravvivere a qualunque clima. Ora, i cromosomi della razza umana sono 46. 44 sono AUTOSOMI di 22 tipi diversi. 2 invece sono CROMOSOMI SESSUALI, che determinano il sesso dell’individuo. La donna ha cromosomi sessuali di tipo XX, mentre l’uomo ha cromosomi sessuali di tipo XY. 23 cromosomi provengono dalla madre e 23 dal padre. Dalla madre derivano 22 autosomi più un cromosoma X, e dal padre 22 autosomi più un cromosoma X o Y. Un individuo si definisce sano quando è fornito di tutte le caratteristiche biologiche tipiche della grande maggioranza dei suoi simili. Alcuni di questi parametri possono ovviamente essere influenzati dalle condizioni in cui cresciamo. Ma anche se tutti crescessimo nelle stesse identiche condizioni, ciascuno di noi avrebbe comunque caratteristiche sue proprie dettate dal proprio patrimonio genetico. Di seguito si analizzano alcune malattie connesse al corredo genetico. DALTONISMO: Il daltonismo è una patologia per la quale si hanno grandi difficoltà a riconoscere i colori, specialmente il rosso e il verde. Famoso è per esempio il racconto di infanzia di Hebert Simon, che, recatosi nel bosco insieme alla sua famiglia per raccogliere fragole, si rese conto di avere un problema perché non riusciva ad individuarle con la stessa velocità di tutti gli altri. Non ci si accorge subito di questa malattia perché non costituisce un ostacolo serio alla vita di tutti i giorni. Un maschio su 15 e una femmina su 200 presentano tale difetto. ALBINISMO: L’albinismo è diffuso in tutto il regno animale, egualmente tra maschi e femmine. Un individuo affetto da albinismo presenta le seguenti caratteristiche: capelli biondi, pelle rosea, occhi chiari venati di rosso e difficoltà a sostenere la luce. La causa della malattia è il fatto che il pigmento MELANINA non può essere sintetizzato poichè manca la proteina TIROSINA. La mancanza di uno specifico enzima, o la presenza nell’organismo di una sua forma inattiva, viene chiamata DIFETTO ENZIMATICO o METABOLICO. FENILCHETONURIA: Gli individui affetti da questa patologia presentano le seguenti caratteristiche: cute chiara, occhi azzurri, capelli biondi, e un ritardo mentale che diventa sempre più evidente. La causa di questa malattia è che manca nell’organismo la FENILALANINA-IDROSSILASI, l’enzima che catalizza la conversione dell’amminoacido fenilalanina in tirosina. Il danno non è dovuto alla mancanza di tirosina, ma all’accumularsi di fenilalanina, una sostanza tossica che ostacola lo sviluppo delle cellula e che viene espulsa, in chi è affetto dalla malattia, attraverso le orine. La malattia può essere comunque evitata con una dieta priva di fenilalanina, e ha prospettiva di guarigione. Un medico, nel 1934, si accorse che l’orina dei neonati affetti produce un colore verde se messa a contatto con il CLORURO DI FERRO. Questo permette di diagnosticare la malattia in fase precoce. Solo perché una malattia è GENETICA non significa che sia ineluttabile, e quand’anche non fosse possibile curarla, è possibile evitare di trasmetterla alla discendenza. TALASSEMIA-BETA (O ANEMIA MEDITERRANEA): Le caratteristiche di questa malattia sono una grave anemia, ingrossamento del fegato e della milza, ritardo dello sviluppo fisico e malformazioni ossee. La causa è la seguente. L’EMOGLOBINA (che trasporta ossigeno dai polmoni ai tessuti e l’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni) è formata da 4 catene polipeptidiche legate a due a due e poi legate insieme da una molecola contenente ferro, detta “eme”. Le 4 catene (chiamate “globine”) sono 2 di tipo alfa e 2 di tipo beta. Nella talassemia beta manca una catena beta e ci sono invece 3 catene alfa. TAY-SACHS: La malattia comporta disturbi neurologici con progressiva degenerazione dei tessuti nervosi. Tra il terzo e il sesto mese di vita si sviluppa lentezza motoria. Il bambino striscia, ma non cammina. La pigrizia aumenta, fino a diventare problematico anche alimentarsi, a causa dell’incapacità di deglutire. La paralisi si generalizza. Compaiono SORDITA’, CECITA’ e CONVULSIONI. I bambini affetti da questa patologia non superano i tre anni. LESCH-NYHAM: Questa patologia è dovuta alla mancanza di un enzima che catalizza la reazione di eliminazione dell’ACIDO URICO. Colpisce solo i maschi e comporta ritardo mentale, disturbi neurologici e spasticità. Inoltre i soggetti affetti hanno la tendenza a “mangiarsi letteralmente”: si mordicchiano e si feriscono DITA, LABBRA, BOCCA E LINGUA. MALATTIA DI HUNTINGTON: Sulla malattia di Huntington si suole dire che “un comitato di diavoli non avrebbe potuto progettare una malattia più crudele”. Gli individui affetti sono infatti normali fino a 40 ANNI, poi si presentano sintomi sempre più gravi connessi a disturbi psichici, quali SPASMI INVOLONTARI. Questo è il motivo per cui la malattia è nota anche come “corea” di Huntington. “Coréa” significa infatti “danza”. Il processo di questa malattia è DEGENERATIVO: inizia con lievi alterazioni di personalità attribuibili ad ansia ed esaurimento. Si perde interesse per il lavoro e gli hobby. Si vorrebbe solo dormire perché tutto fa fatica. Quando la depressione è forte vengono anche manie di grandezza ed allucinazioni. Poi iniziano i primi segni di DEGENARZIONE DEL SISTEMA NERVOSO e di PARALISI. Dopo circa dieci anni sopraggiunge la morte, dopo che si è perso il 20-30% delle cellule cerebrali. Viste alcune delle principali malattie genetiche esistenti, parliamo dunque dei GENI. Per ciascuna delle precedenti patologie è presente una specifica alterazione del patrimonio genetico in qualche punto di un cromosoma. A ciascuna di queste malattie corrisponde un GENE, o meglio la MANCANZA DI UN GENE. E’ buffo notare come è proprio dal fatto che i geni “commettono questi errori” che ci siamo potuti accorgere della loro esistenza. Questo rimanda al DNA. Ciascuna specie ha un DNA con uno specifico numero di nucleotidi. Il moscerino ne ha 200 milioni, il lievito di birra 20 milioni, un batterio 4 milioni e l’uomo 3 miliardi. Le caratteristiche genetiche di ognuno sono depositate in tratti di DNA detti GENI. Il GENOMA è l’insieme di tutti i geni di un determinato organismo. Il DNA è come una enciclopedia e i geni sono i capitoli che la formano. In realtà tale enciclopedia è scritta tutta di continuo: siamo noi a suddividerla. Ognuno di questi capitoli è composto da nucleotidi di lunghezza diversa. I nucleotidi sono quindi come le “pagine”. Nel DNA sono dunque presenti capitoli corti e lunghi. Vediamo che legame esiste tra GENI e PROTEINE. Consideriamo un piccolo gene composto da meno di 1000 nucleotidi. Questo gene codifica la produzione di una proteina composta –facendo un esempio- da 146 amminoacidi. Trascurando di descrivere la struttura delle proteine, diremo semplicemente che vi sono in tutto 20 tipi di amminoacidi e ciò che caratterizza una proteina è l’ordine secondo cui si succedono in essa i vari amminoacidi. La proteina è dunque come una FRASE. Dire che un gene codifica una determina proteina significa “che determina la natura e l’ordine degli amminoacidi che la compongono”. Il gene, dunque, TRADUCE una proteina. In altre parole gli amminoacidi che la compongono vengono codificati dai nucleotidi della REGIONE CENTRALE del gene, detta REGIONE CODIFICANTE. In che modo questo avvenga è presto spiegato. Sappiamo ad esempio che il gene della beta-globulina è composto da 441 nucleotidi, mentre tale proteina ha 146 ammonacidi. Questo significa che non c’è una corrispondenza uno ad uno tra nucleotidi e amminoacidi. Infatti i nucleotidi codificano a gruppi di 3, detti TRIPLETTE. Ogni tripletta codifica un amminoacido. Il CODICE GENETICO è una sorta di tabella delle corrispondenza tra triplette ed amminoacidi. Ogni tripletta è detta CODONE. Tornando all’esempio della beta-globulina, nei 441 nucleotidi del gene ci sono 146 triplette. Cioè 438 nucleotidi, più una tripletta finale che codifica la parola “STOP”. La prima tripletta di ogni regione codificante è sempre ATG (cioè corrisponde sempre all’amminoacido METIONINA). Quattro basi azotate danno luogo a 64 triplette possibili, ma gli amminoacidi sono 20. Questo eccesso è risolto mediante la DEGENERAZIONE DEL CODICE, ovvero lo stesso amminoacido può essere codificato da un certo numero di triplette. Le triplette di fine sono dette DI TERMINAZIONE, DI STOP o NON SENSO. L’apparato di codificazione deve mettere insieme i vari amminoacidi codificati e formare la proteina. Il loro ordine è dettato dalle triplette. Spesso le regioni non codificanti servono a specificare la lunghezza di una catena proteica. Parliamo adesso dell’RNA MESSAGGERO. Ci si chiede a questo punto come avviene il processo di traduzione. Il messaggio genetico deve essere portato nel CITOPLASMA della cellula, dove avviene il processo di traduzione. Ma il DNA è imprigionato nel nucleo. Di esso può uscire dal nucleo solo una sua “copia provvisoria perfettamente identica”, l’RNA (acido ribonucleico). L’RNA non è lungo come il DNA, quindi ne esistono molte molecole. Quest’RNA è chiamato RNA MESSAGGERO (o M-RNA). Il processo mediante il quale si passa dal DNA all’RNA è detto TRANSCRIZIONE, ovvero traslitterazione del messaggio genetico. L’enzima catalizzatore di tale reazione è l’RNA-POLIMERASI, che trascrive ogni gene nell’RNA. Adesso occorre passare dal linguaggio dei nucleotidi a quello degli amminoacidi. La traduzione dell’M-RNA avviene nei RIBOSOMI. A questo punto, però, deve intervenire un nuovo RNA, il T-RNA (DI TRASPORTO). Ne esiste uno specifico per ogni amminoacido, il quale porta tale informazione ai ribosomi, che assemblano la proteina. CAPITOLO 2 Abbiamo visto nel precedente capitolo come dal DNA si passi all’RNA e poi alle proteine. Tutto ciò è detto DOGMA CENTRALE. Ci si chiede però: cosa accade se un nucleotide muta la sua natura, per esempio un nucleotide della tripletta che codifica l’acido glutammico nella beta-globulina? In questo specifico esempio, se al posto della tripletta GAA si verificasse GTA si produrrebbe VALINA anziché acido glutammico, causando così ANEMIA FALCIFORME. Se la proteina non sintetizzata è un enzima, si hanno dunque le MALATTIE GENETICHE. Questo evento si chiama MUTAZIONE. Un gene mutato produce una proteina alterata. La malattia che ne deriva può essere mortale o ridurre lievemente le funzioni del corpo a seconda dell’importanza della proteina. Si è notato che: 1) Un gene che presenta mutazioni, le presenta in modo stabile, passando spesso di generazione in generazione. 2) Se si presentano nelle generazioni successive, i sintomi non sono affievoliti. E’ proprio come nel caso di un fiore rosso che viene incrociato con un fiore bianco: il risultato non è un fiore rosa, ma un fiore rosso o bianco di nuovo. 3) Le forme mutate di geni diversi vengono ereditate separatamente. 4) Sebbene mutato, il gene farà in modo che la proteina sintetizzata venga prodotta nella giusta quantità. Un gene può essere mutato STRUTTURALMENTE o FUNZIONALMENTE. Per il momento ci concentriamo sulla prima tipologia. Quando un gene è mutato strutturalmente, tale mutazione può interessare un nucleotide o più nucleoidi o l’intero gene. In questo caso si tratta di una DELEZIONE. La proteina che ne risulta è alterata o mutata del tutto. A volte accade anche che una porzione di gene si possa presentare due volte, e allora si parla di DUPLICAZIONE. Se la porzione contiene un numero di nucleotidi multiplo di 3 va tutto bene, perché la proteina elimina tale amminoacido in più. Non tutti i difetti hanno lo stesso peso. Diversi sono i risultati a seconda che avvenga delezione, duplicazione o sostituzione di un nucleotide. Supponiamo avvenga in un gene la delezione di 7 nucleotidi. In questo caso mancano due amminoacidi e un nucleotide. La proteina che viene fuori ne risulta completamente sconvolta. Se avviene la duplicazione di un nucleotide, invece, l’effetto è nullo. Se avviene invece la sostituzione di un nucleotide c’è una “mutazione di senso”. Alcune di queste mutazioni impediscono addirittura la nascita dell’individuo, altre ne provocano anche la morte. Accanto a queste mutazioni, ce ne sono poi altre totalmente innocue. Molte mutazioni – senza effetto- permettono infatti di distinguere gli individui. Senza mutazioni –sembrerà strano- ma saremmo forse identici. Ci sono poi mutazioni che compromettono 2 geni: in questo caso una mutazione portata da un gene non ha effetto finchè il gene con il quale questo coopera non muta a sua volta. Esistono poi MUTAZIONI DI TERMINAZIONE, cioè avviene che una tripletta normale sia trasformata in una tripletta di terminazione. Questa mutazione è deleteria perché porta ad una proteina amputata. Ci si può chiedere quale sia L’ORIGINE DELLE MUTAZIONI. Essa è spontanea, senza apparente motivo. Il meccanismo di replicazione del DNA può commettere errori, ma la loro frequenza è bassissima. Se la mutazione avviene nel DNA di cellule somatiche, la mutazione si dice SOMATICA ed i discendenti non ne risentiranno. In caso contrario la mutazione è presente nei gameti e si dice GERMINALE. Gli agenti chimici o fisici che aumentano il tasso di mutazione sono detti MUTAGENI, e le mutazioni che si verificano in loro presenza si dicono MUTAZIONI INDOTTE. Come per le caratteristiche fisiche, anche le mutazioni possono essere DOMINANTI O RECESSIVE. Dicevamo precedentemente che un gene può essere alterato strutturalmente o funzionalmente. In questo secondo caso possiamo avere assenza di qualunque effetto, riduzione di una funzione o creazione di una nuova funzione. Nella maggior parte dei casi una mutazione funzionale comporta che una proteina venga prodotta in quantità inferiore rispetto al normale, non essendo così capace di svolgere a pieno le proprie funzioni. Altre volte può invece accade il contrario: una proteina può essere prodotta in quantità eccessive, aumentando la funzione corrispondente. Ora, i cromosomi si presentano in coppie. Se la mutazione di verifica in uno dei due, l’effetto può non presentarsi. Una mutazione presente solo in una delle due coppie di cromosomi, ma il cui effetto si presenta ugualmente è detta DOMINANTE. Altrimenti RECESSIVA. Sono recessive le mutazioni che riducono la quantità o funzionalità di un enzima, mentre sono dominanti quelle che esagerano tale funzione. Tutto questo riporta al concetto di ETEROZIGOTE e OMOZIGOTE, FENOTIPO e GENOTIPO. Un individuo si dice OMOZIGOTE rispetto ad un gene quando presenta due coppie identiche di un gene. Si dice invece ETROZIGOTE rispetto ad un gene quando possiede due coppie differenti di quel gene. Il carattere che si presenta nell’eterozigote è detto DOMINANTE, mentre quello che si presenta solo nell’omozigote è detto RECESSIVO. Vedendo una persona non possiamo sapere se essa è omozigote o eterozigote ad una caratteristica. Per saperlo dobbiamo analizzare il suo patrimonio genetico. Il FENOTIPO comprende dunque le caratteristiche biologiche palesi di un individuo, mentre il GENOTIPO riguarda la sua costituzione genetica. Nelle malattie genetiche chi ha un genotipo proveniente dai due genitori di tipo normale/normale ha anche un fenotipo normale. Chi ha un genotipo normale/mutato presenta un fenotipo normale (a meno che la mutazione non sia dominante). Chi ha un genotipo mutato/mutato perenta anche un fenotipo mutato. L’albinismo, per esempio, è un DIFETTO EREDITARIO RECESSIVO dovuto alla mutazione genetica del gene che caratterizza l’enzima TIROSINASI. Gli albini dunque –per essere tali- devono possedere un genotipo omozigote all’albinismo. Questo avviene se entrambi i genitori sono eterozigoti alla malattia ed entrambi hanno quindi un fenotipo normale. Il 25% della prole sarà quindi omozigote albina e un altro 25% omozigote normale. CAPITOLO 3 La malattia di Huntington, a differenza dell’albinismo, è invece dominante. La fenilchetonuria è invece recessiva, il che significa che gli individui eterozigoti non la presentano. Tutti gli eterozigoti hanno la FENILALANINAN-IDROSSILASI di un omozigote normale. Conoscere il proprio genotipo è quindi importante, per evitare la procreazione tra due individui eterozigoti ad una mutazione genetica. Anche l’anemia falciforme è recessiva, tuttavia il eterozigoti presentano il cosiddetto TRATTO FALCEMICO o FALCEMIA, ovvero, in un’atmosfera povera di ossigeno i loro globuli rossi tendono ad assumere la forma a falce. Ma perché la sostituzione dell’acido glutammico con la valina produce tanto danno? Il fatto è che le catene beta devono legarsi tra loro, poi con quelle alfa per formare la struttura quaternaria dell’emoglobina. L’acido glutammico ha carica negativa, quindi le due catene beta si respingono leggermente creando un legame non troppo stabile. La valina è neutra, per cui l’associazione fra le due catene diventa troppo stabile ed esse non si associano facilmente con le catene alfa. Questo fa deformare il globulo, che assume una forma a falce, creando problemi alla circolazione. L’organismo, riconoscendoli come abnormi, li fa distruggere dalla milza. Tale malattia è presente soprattutto fra la popolazione nera e questo perché vivono in luoghi con alta diffusione di malaria. E’ stato infatti dimostrato che gli individui eterozigoti sopportano meglio la malaria, e la natura ha dunque provveduto. Anche nella malattia Tay-Sachs, recessiva, la causa di tutto è l’accumulo di SFINGOLIPIDI, il quale causa danni neurologici irreparabili. Questa malattia è diffusissima tra gli ebrei. La ragione è semplice: gli ebrei sono sempre stati soliti sposarsi tra loro. L’accoppiamento tra consanguinei è rischiosissimo, perché la probabilità che una mutazione rara sia presente in entrambi i genitori diventa più alta. Dicevamo che la malattia di Huntington è molto pericolosa, in quanto DOMINANTE. Ciò significa che si trasmette alla discendenza qualunque sia il patrimonio genetico dell’altro genitore con il 50% di probabilità. Non salta mai una generazione per comparire alla successiva, e quando compaiono i primi sintomi, chi ne è affetto ha già figli. Solo nel 1993 si è scoperto quale fosse il gene responsabile di tale malattia. Si trova sul braccio corto del cromosoma 4, codificante la proteina “HUNTINGTINA”. Per quanto riguarda la natura molecolare delle talessemie beta, sappiamo che esse compaiono quando ci sono 3 catene alfa ed una sola catena beta. Ma esse sono comunque normalissime. La talassemia beta è dunque un difetto di quantità, non di qualità. Forse il difetto si presenta non a livello del DNA, ma nella sua trascrizione come RNA. I geni sono la parte informativa del DNA. Le regioni di DNA a monte di essi servono a decidere se un gene deve essere trascritto e in che quantità. Quindi la talessemia beta è connessa ad essa. Possiamo dire che il gene della beta-globina è sempre più grande di ciò che è trascritto. Questa parte è detta REGIONE DI CONTROLLO. Nel gene della beta-globina, la zona prima del gene è detta PROSSIMALE ed ha un controllo stretto. Quella dopo è detta DISTALE ed ha un controllo generale. A volte la regione prossimale è detta PROMOTORE. Ad essa si legano proteine che decidono se trascrivere o no quel gene. Nella parte DISTALE si legano i fattori di controllo, che decidono se trascriverlo è possibile e lo rendono effettivo. RICAPITOLAZIONE: Nel gene una piccola parte è la regione codificante e contiene le informazioni per sintetizzare una proteina. Essa comincia sempre con ATG e termina con una tripletta di terminazione. Questa regione è il centro di una regione più ampia, che viene trascritta nell’RNA, e comprende una regione non trascritta a monte e una regione non trascritta a valle.Il primo nucleotide trascritto è detto SITO D’INIZIO, e l’ultimo è formato da 200 residui di adenina. L’eterozigote che ha un gene normale ed uno mutato è portatore di un lieve quadro clinico detto TALESSAMIA MINOR. Evitando l’unione di due eterozigoti si può prevenire la nascita di un figlio talassemico. Vediamo ora nel dettaglio le mutazioni dovute ai GENI DEL CROMOSOMA X. Il DALTONISMO, ad esempio, è molto più diffuso nei maschi che nelle femmine, così come l’EMOFILIA. Queste perché sono connesse ai geni del cromosoma X. Nelle femmine, che possiedono due cromosomi X, la malattia si sviluppa con minor facilità, perché il cromosoma X sano proveniente da uno dei genitori è dominante rispetto a quello mutato dell’altro. Nei maschi, invece, è presente un solo cromosoma X, e se questo è mutato, la malattia si presenta. Esistono vari tipi di daltonismo: DEUTERON, PROTAN (di cui il primo è il più diffuso) e TRITAN, nel quale manca anche il pigmento blu. Le donne si dicono dunque PORTATRICI sane, perché non presentano sintomi, ma trasmettono la malattia alla prole. Il patrimonio genetico del padre non ha alcun effetto. Riguardo l’emofilia, quella classica è detta “EMOFILIA A”. Il gene mutato è quello che codifica il fattore VIII della coagulazione. Di conseguenza ogni ferita diventa un’emorragia inarrestabile e potenzialmente fatale. Oggi i fattori di coagulazione sono introdotti dall’esterno mediante trasfusioni. Come esistono vari tipi di daltonismo connessi a geni sul cromosoma X, esistono vari tipi di emofilia. Come l’EMOFILIA B, in cui è modificato il fattore IX. Una malattia ancora più grave è la DISTROFIA MUSCOLARE, che porta alla sedia a rotelle e la morte sopraggiunge a 20 anni. Il gene difettoso responsabile è il più grande che si conosca, con 2.000.000 di nucleotidi, la cui trascrizione richiede un giorno. (QUESTO TESTO E' STATO INVIATO E PUBBLICATO ANCHE NELLA SEZIONE APPUNTI DEL SITO "SKUOLA.NET").